16 | SABATO 17 DICEMBRE 2016 | SPECIALE
SETTIMANALE
| il Popolo Cattolico
A CURA DELLA REDAZIONE DEL LICEO SCIENTIFICO E LINGUISTICO ‘GALILEO GALILEI’ DI CARAVAGGIO - COORDINAMENTO DI FILIPPO DE MARIANO
F E M M I N I C I D I O
Il piccolo uomo che usa violenza
sulle donne per sentirsi grande
di Vanessa Belloni
Dal 1999 il 25 novembre è la “Giornata
internazionale per l'eliminazione della violenza
contro le donne”. L’assemblea generale della
Nazioni Unite scelse questa data in ricordo del
brutale assassinio nel 1960 delle tre sorelle
Mirabal, considerate esempio di donne
rivoluzionarie per l'impegno con cui tentarono di
contrastare il regime di Rafael Leónidas Trujillo
(1930-1961), il dittatore che tenne la Repubblica
Dominicana nell'arretratezza e nel caos per oltre
30 anni.
La violenza contro le donne è fenomeno ampio
e diffuso tanto che dal 2001 esiste un termine «femminicidio» - che distingue in modo
inequivocabile la vittima di questo fenomeno.
6 milioni 788 mila donne hanno subìto nel
corso della propria vita una qualche forma di
violenza fisica o sessuale, il 31,5% delle donne
tra i 16 e i 70 anni; di queste, il 20,2% ha subìto
violenza fisica, il 21% violenza sessuale, il 5,4%
forme più gravi di violenza sessuale come stupri e
tentati stupri. Sono 652 mila le donne che hanno
subìto stupri e 746 mila le vittime di tentati stupri.
Il 2013 è stato l’anno nero dei femminicidi: 179
donne uccise, in pratica una vittima ogni due
giorni.
Ma non in tutti i paesi questo problema viene
analizzato dalla stessa prospettiva: in Italia si
presenta lo stupratore come un violento, una
persona orribile, in paesi come l’Ungheria, invece,
si attribuisce la responsabilità alla donna, dunque
l’uomo risulta quasi una persona coinvolta in un
evento che non ha potuto evitare. Uno spot
pubblicitario diffuso dalla polizia ungherese per
aumentare la consapevolezza sugli stupri sta
lanciando proprio questo messaggio. Nelle
immagini tre ragazze si preparano in casa prima di
uscire, in quello che sembrerebbe un sabato sera,
scegliendo abiti ammiccanti. In discoteca si
ubriacano e fanno uso di droghe, flirtano con dei
ragazzi e, una volta uscite, una ragazza viene
lasciata indietro senza che le altre ci facciano
molto caso. L’immagine finale è quella di questa
ragazza con il trucco e i capelli sfatti, i vestiti
leggermente strappati e una mano fra le gambe
seduta per terra in un vicolo dietro la discoteca.
Sono soprattutto i Paesi “poveri” quelli in cui è
condivisa una visione del genere: per il marito, il
fidanzato o il parente prossimo è quasi un dovere
utilizzare la violenza sulla donna per poterla
letteralmente comandare. In India 1704 donne
sono state stuprate nel 2014 solo nella zona
metropolitana di New Delhi e ogni giorno in tutto il
Paese sono violentate 92 donne (anche
bambine).
Ma un problema di prospettiva c’è anche nei
Paesi più sviluppati, qualcuno ha detto – e non gli
si può dare torto: «Viviamo in una società che
insegna alle donne a difendersi dallo stupro,
invece di insegnare agli uomini a non stuprare le
donne».
Nella giornata di giovedì 17 novembre, due classi del
Liceo Galilei, la 4aN e la 4aH, si sono recate a Sesto San
Giovanni, presso la sede della fondazione ISEC, per assistere alla presentazione del libro “I mille morti di
Palermo”, organizzata nell’ambito dell’evento “Book
City”. L’autore del saggio, Antonio Calabrò, ha parlato
della sua opera con Lorenzo Frigerio, giornalista e promotore di iniziative organizzate da “Libera”.
Nel suo libro, Calabrò, giornalista e scrittore, ci offre il
racconto preziosissimo e documentato di ciò che accadde a Palermo tra il 1979 e il 1992, quando morirono mille
persone, 500 ammazzate in strada e 500 scomparse nel
nulla.
Calabrò cita come esempio Giuseppe Russo, colonnello dei carabinieri, tra i primi ad accorgersi dei cambiamenti che stavano avvenendo all’interno di Cosa Nostra
negli anni a cavallo tra i ’70 e gli ‘80 e ucciso per questo.
Come lui, anche Mario Francese, giornalista, Piersanti
Mattarella, che voleva governare la Sicilia senza la mafia,
Gaetano Costa, magistrato che firmò dei rapporti utili alle
indagini contro la criminalità organizzata, e Rocco
DOPO LA GIORNATA MONDIALE DEL 1° DICEMBRE, COSA SANNO I GIOVANI?
Aids, il lungo silenzio
«Ogni due minuti un adolescente viene contagiato»,
«Nel 2016 gli adolescenti non sanno cos'è», «HIV: rischio
contagio sale tra i giovanissimi»: questi sono solo alcuni
dei titoli di giornali italiani, che esprimono la disperata
condizione in cui ci troviamo, nei confronti di questa
malattia.
I dati parlano chiaro, senza lasciare spazio all'immaginazione. Al 31 dicembre 2015, in provincia di Bergamo
risultano esserci 2.835 soggetti con infezione per un
tasso del 25,57 x 10.000 residenti. Gli uomini infetti
sono nettamente superiori alle donne: 2.098 contro 737.
Le fasce d’età più colpite sono quelle comprese tra 35 e
59 anni, ma tra i più giovani i numeri crescono in modo
progressivo: 8 casi nella fascia 15-19, 9 in quella 20-24,
79 in quella 25-29 e 139 in quella 30-34. Nel distretto di
Treviglio i casi sono 220, pari a un tasso del 39,85 per
10.000 residenti (15 punti sopra il dato medio provinciale, quindi).
I dati disponibili per il 2016 si fermano al 31 luglio: le
nuove infezioni registrate tra i residenti nella provincia
sono 24 (18 uomini e 6 donne, 15 italiani e 9 stranieri).
Difendiamoci, basta poco
La trasmissione sessuale è in assoluto la causa maggiore di diffusione del virus a livello mondiale, soprattutto
tra noi adolescenti. Qualsiasi tipologia di rapporto, omosessuale o eterosessuale che sia, senza l'uso di precauzioni, ha un alto rischio di contagio del virus, oltre che di
circa 30 altre infezioni sessualmente trasmissibili (IST).
L'utilizzo della pillola anticoncezionale, del diaframma o
della spirale non equivalgono a nessun tipo di protezione
dall'HIV, così come il coito interrotto. Anche per mezzo di
sangue contaminato è possibile riscontrare il virus, oltre
che ulteriori infezioni come EPATITE B e C.
A differenza di ciò che molti pensano, il virus non è
invece trasmissibile attraverso strette di mano, abbracci,
vestiti, baci, saliva, morsi, graffi, tosse, lacrime, sudore,
muco, urina e feci; neanche con l'utilizzo o scambio di
posate, bicchieri, piatti, asciugamani e lenzuola o con
eventuali punture di insetti è possibile contrarre l'infezione. Il virus non si trasmette nemmeno frequentando luo-
ghi pubblici quali palestre, piscine, docce o saune, bagni,
asilo, luoghi di lavoro, ristoranti, bar, cinema, locali o
mezzi di trasporto.
La prevenzione prima di tutto
Il vero strumento che gli uomini hanno a disposizione
contro il virus HIV è la prevenzione.
Per prevenire l'HIV, sarebbe sufficiente utilizzare le
giuste precauzioni nei rapporti sessuali. Per evitare invece che l'infezione si propaghi, è indispensabile sottoporsi
alle terapie di cura conosciute, da subito, senza perder
tempo.
Quando invece la trasmissione da prevenire è quella
verticale, tra madre e figlio, è fondamentale che vengano
mantenuti estremamente bassi i livelli di virus nella
madre, che non avrà la possibilità di allattare il figlio, che
è uno dei metodi di trasmissione dell'infezione.
Molti avranno sentito parlare della nuova invenzione
scientifica, che è stata velocemente diffusa nelle farmacie. Si tratta di un test anti-HIV, che si può effettuare
autonomamente e i cui risultati hanno un’attendibilità
vicina al 100%; va in ogni caso tenuto presente il periodo di incubazione del virus, il cosiddetto «periodo finestra», ed è necessario contattare un medico prima di iniziare qualsiasi tipo di terapia. Il test consiste in una piccola puntura sul polpastrello che permette, dopo soli 15
minuti, di avere un riscontro. Ha un costo di venti euro e
lo si può facilmente comprare in farmacia, senza la
necessità della ricetta medica, dopo la maggiore età.
È compito delle nuove generazioni salvaguardare le
proprie vite, attraverso l'informazione e la prevenzione,
perché ciò che sembra essere così lontano dalla nostra
realtà quotidiana si diffonde tacitamente in essa.
Viola Piana
UNA CONFERENZA DI LUISA FERRARI E NORMA TREZZI
La bioetica, una scienza sul confine
Un incontro tra il progresso della biomedicina e
gli interrogativi morali dell’umanità, una scienza della
sopravvivenza della specie
umana a lunga scadenza: è
questo il significato della
bioetica di cui Luisa Ferrari
e Norma Trezzi, autrici del
saggio "Questioni di bioetica. Metodologie didattiche
e strumenti", hanno avuto
occasione di discutere con
gli studenti delle classi
3aD, 4aH, 5aH e 5aD del
Liceo Galilei mercoledì 9
novembre e poi ancora
mercoledì 16 novembre.
Si è trattato di due
incontri che hanno cercato
di fornire un’inquadratura
generale circa gli obiettivi, Luisa Ferrari e, sullo sfondo, Norma Trezzi durante la conferenza del 9 novembre
le metodologie e le problenonché comprenderne gli insostituibili «principi di regolamatiche di un tema così complesso come quello dello
zione (di rispetto della persona, di beneficenza, di malefi“studio della condotta umana nell’ambito delle scienze
cenza e giustizia)».
della vita” (Enciclopedia di T.R. Warren – 1978).
In un momento successivo l’incontro ha avuto modo di
Attraverso la dettagliata analisi condotta dalla professospaziare verso argomenti di più ampio dibattito, i cosidressa Ferrari è stato possibile coglierne i fondamenti,
detti «dilemmi etici», frutto di
una duplice concezione della
bioetica: da un lato il paradigma morale cattolico della
«sacralità della vita», dall’altro
quello prettamente laico della
«qualità della vita».
Il confronto con i temi cruciali esposti dalla professoressa Trezzi ha permesso inoltre
di riflettere sul significato della
riproduzione umana, della vita
e dei risultati straordinari dell’ingegneria genetica, dimostrando l’effettivo approccio
pluridisciplinare che la complessità del panorama bioetico esige. Nel secondo incontro, tra le numerose metodologie d’intervento proposte
per affrontare i temi bioetici,
gli studenti hanno avuto modo
di sperimentare il «metodo
laboratoriale» - concentrandosi sul tema dei test genetici
e sulle relative problematiche etiche connesse - e di
approfondire e chiarificare il significato di alcuni termini
filosofici chiave.
Luca Lupo
P R E S E N TATO ‘ I M I L L E M O RT I D I PA L E R M O ’
Mafia, gli anni che prepararono le stragi
Chinnici, che prese il suo posto nella lotta contro la mafia
creando il pool antimafia.
Proprio il lavoro di questi ultimi e quello dei loro collaboratori, è stato ciò che ha permesso il maxiprocesso: 475
imputati, decine di avvocati, 327 condannati, 19 ergastoli, 114 assolti e un totale di 2265 anni di carcere assegnati. Il più grande processo mai celebrato in Italia.
Il giornalista Lorenzo Frigerio ha cominciato il suo intervento dicendo che «questo è un libro importante» perché
tutti, quando parlano di mafia, raccontano cosa sia successo dal 1992, anno delle morti di Falcone e Borsellino,
in poi, ma mai degli anni precedenti. Invece sono proprio
quegli anni che ci permettono di comprendere come si sia
arrivati alle stragi del ’92 e a quelle dell’anno successivo a
Milano, Firenze e Roma.
Frigerio si è anche soffermato sull’importanza del giornalismo e dei cronisti per l’informazione e per la formazione di un pensiero critico. «La criminalità organizzata è
ormai diffusa: dal sud d’Italia è risalita fino a espandersi,
più in là di Roma e più in là di Milano, fino al cuore
d’Europa», ha affermato Frigerio.
I due relatori hanno messo in guardia dal fenomeno
recente della “mitizzazione” della mafia, avvenuta soprattutto attraverso alcune serie televisive. È bene diffidare da
tutto ciò e riconoscere Cosa Nostra e tutte le altre organizzazioni mafiose come criminali, facendosi portatori di
legalità, senza mai dimenticare chi prima di noi ha combattuto queste realtà e ha dato la vita per il nostro Paese
In piedi, Lorenzo Frigerio; seduto al tavolo, Antonio Calabrò
perché, come dice Antonio Calabrò, «ci sono anche i
buoni in questo racconto».
Martina Raffaini, Roberta Moretti,
Elisa Sonzogni, Camilla Messaggi,
Valentina Fagioli, Gaia Albani