Tutti a scuola del modo di dire - oggi pressoché scomparso dal nostro vocabolario - è chiaramente una metafora che sta per il laccio che stringeva i capi d’abbigliamento intimo femminile. Di significato affine alla prima versione della locuzione, l’espressione “dare un ago per avere un palo”, vale a dire cercare di ottenere un grossissimo beneficio in cambio di poco. La locuzione si basa - è intuitivo - sul confronto dimensionale dei due oggetti (ago e palo). FARE LA BOCCA A CUL DI POLLO Chissà quanti amici lettori - per la loro attività avranno avuto modo di conoscere delle persone che mettono in pratica - naturalmente in senso figurato - questo modo di dire dal “sapore” volgare (di cui chiediamo scusa; ma la lingua, come tutti sappiamo, è fatta anche di locuzioni volgari, e non per questo debbono essere ignorate). Chi, dunque, fa la bocca come quegli animali da cortile? La persona che quando parla contrae le labbra per assumere un atteggiamento affettato e usa un linguaggio estremamente ricercato; in altre parole: la persona che posa. Per coloro che aborriscono dalla volgarità proponiamo un altro modo di dire che ha lo stesso significato: “parlare in punta di forchetta”. L’origine della locuzione si spiega da sé: fino a qualche secolo fa, l’uso delle posate, della forchetta in particolare, era sconosciuto alle classi sociali meno abbienti; queste adoperavano le mani. Quando l’usanza delle posate si diffuse “a tappeto”, il popolino continuò, però, a ignorarle perché considerava l’impiego delle posate un’inutile “fatica” oltre che uno sciocco “esibizionismo”. Il concetto di affettazione, dunque, dalla tavola si estese al linguaggio e al comportamento. DAR DEL FIENO ALLE OCHE Questo modo di dire ha lo stesso significato dell’altro, forse più conosciuto, “portar vasi a Samo”, vale a dire fare una cosa inutile, perdere solamente del tempo che potrebbe essere impiegato in attività redditizie. L’isola greca di Samo, nell’Egeo, nell’antichità era famosissima per i suoi vasi di ceramica verniciati di un rosso lucido, i “vasa samia”, lavorati magistralmente dagli artigiani che li esportavano in tutto il mondo allora conosciuto. Chi portava vasi a Samo faceva, quindi, una cosa “perfettamente inutile”. Come coloro che danno del fieno alle oche le quali non mangiano erbe secche: si fa presto a darglielo, ma si butta via il tempo, tanto è vero che l’espressione ha assunto anche il significato di “gingillarsi”, “trastullarsi”. Giovanni Gherardini, nel supplemento al suo vocabolario, alla voce in oggetto (vale a dire al motto “dar del fieno alle oche”, ndr) spiega: “Fare cosa di nessuna difficoltà, cose da non richiedere né ingegno né coraggio, siccome è di fatto il dare il fieno alle oche: e cita il solo esempio dell’Aretino in ‘Rime Burlesche’ (3.33) – ‘ch’altro è saper dare all’oche il fieno’. E altro è tracannar l’acqua del legno; e altro è lo scarcare un corpo pieno’ ”. Con significato affine le espressioni, ‘più moderne’, “portare acqua in mare”; “portare coccodrilli in Egitto”; “portar frasconi a Vallombrosa” (particolarmente in uso in Toscana, essendo un luogo ricco di boschi); “portar pietre alla muriccia” (la ‘muriccia’ è un monte di pietre, un muro a secco che si trova, spesso, in mezzo a un campo). Nuove direzioni • n. 15 maggio-giugno 2013 67