(Perspektiven no. 2/2005, pag. 10) LE SCIENZE BIOLOGICHE perspektiven no.2/2005 Essere biologi non significa limitarsi a collezionare piante o ad osservare le balene. Lo studio fornisce gli strumenti conoscitivi e i metodi scientifici che servono non solo per osservare la natura, ma, soprattutto, per interrogarla. Con indagini ed esperimenti pianificati con cura, si cerca di capire a fondo i vari processi vitali. Un colloquio con Andreas Dübendorfer, professore di genetica e biologia dello sviluppo all’università di Zurigo. Quali doti servono per lo studio delle scienze biologiche? A.D.: “Poiché la base delle discipline biologiche è costituita dalle materie scientifiche, non bisogna amare solo la biologia, ma anche la chimica, la fisica e la matematica. Le disuguaglianze di preparazione dovute alle diverse opzioni scelte al liceo andranno colmate con lo studio individuale. Nel mondo della scienza è indispensabile una buona conoscenza dell’inglese. Una forte motivazione aiuterà a superare le difficoltà di questo studio molto impegnativo.” Lo studio della biologia è adatto a giovani che desiderano occuparsi solo di animali o di piante, o, addirittura, che sono interessati a una sola specie animale? A.D.:” L’amore per la natura è lodevole, ma, da solo, non costituisce una motivazione sufficientemente solida. Solo in misura limitata lo studio pone gli studenti in contatto diretto con animali e piante. Per esempio, chi è mosso solo dall’interesse per le farfalle o i delfini rischia di sentirsi deluso dallo studio. La possibilità di trovare lavoro presso un giardino zoologico o un orto botanico esiste, ma è minima. Quasi nessuna biologa diplomata si occupa solo dei suoi animali preferiti e un giardiniere ha molte più occasioni di avere a che fare direttamente con alberi e fiori rispetto ad un botanico. Terminati gli studi, non si diventa guardiano d’animali, bensì ricercatore, insegnante, amministratrice, direttrice di un laboratorio … La capacità di meravigliarsi di fronte alla natura è un motore essenziale, che non può essere disgiunto dalla volontà di capire quello che abbiamo osservato. Quando notiamo che le femmine del topo nutrono anche i piccoli orfani di altre madri, ci domandiamo perché gli preme far vivere anche portatori di un patrimonio genetico estraneo. Dall’osservazione nascono domande a cui si cerca di trovare una risposta mediante indagini mirate.” Ci può fare altri esempi?” A.D.: ”L’uomo e la donna si distinguono per il numero di cromosomi X. Come mai le donne sane ne possiedono due e gli uomini sani solo uno, senza che la loro salute ne risenta? Se si pensa che basta un piccolo cromosoma 21 di troppo per far nascere una persona con la sindrome di Down, ci si domanda se la natura risolva il problema attivando meccanismi di compensazione. Oppure: come mai due tipi di mosca dal patrimonio genetico differenziato da cento milioni di anni ci sembrano molto simili, mentre abbiamo l’impressione di essere completamente diversi dallo scimpanzè, che, geneticamente, si differenzia ben poco da noi? Prendendo avvio da queste e molte altre domande, si formulano ipotesi, che si verificheranno con esperimenti. I vari rami della biologia si stanno intrecciando, i confini si sono fatti meno netti. Le scienze biologiche ora si intersecano anche con le discipline affini, come la medicina o la biochimica. Per esempio, le neuroscienze richiedono la collaborazione di specialisti del cervello, di biologi comportamentali e di medici, ma anche di informatici e di fisici. I problemi evolutivi non sono oggetto di discussione solo tra botaniche sistematiche, biologhe molecolari e zoologhe, ma intervengono nella discussione anche filosofe e teologhe. I problemi trattati sono interdisciplinari e uniscono i campi del sapere.” La nuova struttura degli studi, con i titoli di bachelor e di master, tiene conto di questa evoluzione? A.D.: “Il corso comincia con un vasto biennio di base, in cui si trattano i fondamenti della biologia, della biochimica, della chimica, della fisica e della matematica. All’università di Zurigo cerchiamo di presentare una panoramica su tutti gli indirizzi che si possono scegliere da noi. L’insegnamento di alcuni moduli è impartito da docenti di varie specializ1 zazioni. Per alcuni moduli opzionali entrano in considerazione, accanto a discipline della facoltà di scienze, come la geologia, anche materie di altre facoltà, per esempio la preistoria, la filosofia, il russo. Il terzo anno si frequentano otto corsi a blocco, scelti senza alcun vincolo tra una settantina di possibilità, come: struttura e dinamica cellulare, comportamento dei primati, genetica microbica, biocronologia e diversità, biologia evolutiva vegetale, trasmissione dei segnali e cancro, lavori sul terreno di paleontologia. Questi corsi intensivi durano tre settimane e mezzo. Se necessario, comprendono anche la fine settimana o alcune notti. Solo il lunedì resta libero, allo scopo di permettere la frequenza di corsi speciali. In quest’occasione, gli studenti si avvicinano alla ricerca sperimentale e ai suoi metodi. Durante e alla fine del corso avviene un controllo delle conoscenze, remunerato con punti di credito. La scelta effettuata non inciderà sul futuro accesso ai vari master. Chi prevede di intraprendere la via dell’insegnamento farebbe bene a frequentare corsi molto differenziati l’uno dall’altro; a chi mira alla ricerca, invece, conviene specializzarsi in un settore più ristretto. La decisione sulla specializzazione va presa solo all’inizio del master.” I futuri curricoli di master corrisponderanno alle attuali specialità di ogni sede universitaria? A.D.: “Sí. Zurigo, con i dodici master dell’università e i sette del politecnico offre il più ampio spettro della Svizzera. Per tradizione, l’università conserva un accento più medico, mentre il politecnico è più interessato alle applicazioni tecniche. I vari curricoli non si fanno concorrenza reciproca, ma si integrano a vicenda. Sono tanto compatibili da permettere agli studenti il passaggio dall’uno all’altro.” Dove troveranno un lavoro tutte le biologhe e i biologi che si diplomeranno nei prossimi anni? A.D.: “Il fine degli studi non è l’apprendimento di una professione, ma l’acquisizione di una cultura e di un metodo scientifico naturalistico, nell’accezione più larga del termine. I diplomati sono generalisti che, accanto a vaste conoscenze della loro materia, sanno affrontare i problemi considerandoli nel loro contesto complesso, sono abituati a pianificare un intervento, a lavorare in gruppo, a formulare in inglese, i risultati scientifici di una ricerca, a interpretare dati, a presentare al pubblico informazioni e conclusioni e a comunicare anche con interlocutori critici o in disaccordo. Per questo motivo si trovano biologi e biologhe in molti campi di lavoro diversi: l’insegnamento medio, medio - superiore, universitario, nelle scuole professionali e nelle SUP agronomiche e biotecnologiche, la ricerca, l’industria farmaceutica, chimica, medica, agrobiologia e alimentare (nella ricerca e lo sviluppo, la produzione, il controllo della qualità, la commercializ-zazione dei prodotti), il giornalismo, gli uffici per gli studi di compatibilità ambientale e la consulenza ecologica, la polizia criminale, l’amministrazione pubblica, la politica ambientale, la tutela dei beni ambientali, nei musei di scienze naturali, nei giardini zoologici (si conti quanti sono in Svizzera, però), nelle istituzioni dedite alla ricerca scientifica, nei laboratori e nelle cliniche… Avere interessi e capacità ad ampio raggio aiuta a trovare il posto di lavoro adatto. Anche nel mondo del lavoro, come negli studi, l’amore per gli animali non basta.” Nel sito: http://www.biology.unibe.ch/berufsbilder si trova la descrizione della carriera e dell’attività di biologhe e biologi diplomati all’università di Berna. Alex Butschi, 1978, dopo la maturità si è dato ai viaggi, poi ha lavorato otto mesi come flight attendant, per guadagnare un po’ di denaro e pagare i primi mesi di studio. Sta studiando biologia (con indirizzo in microbiologia dapprima, poi in biologia molecolare) all’università di Zurigo. Da un anno si reca quasi tutti i giorni all’istituto universitario di biologia molecolare, dove sta compiendo sperimentazioni genetiche con piccoli vermi chiamati Caenorhabditis elegans. Ne starebbero diecimila sul palmo della mano. Sono ermafroditi e non hanno bisogno di un partner 2 per generare centinaia di vermetti in un colpo solo. La gestazione dura tre giorni. Si nutrono di batteri. Possono essere congelati e, riportati alla temperatura dell’ambiente, riprendono tranquillamente la loro vita. Molti loro meccanismi vitali sono controllati da geni simili a quelli dell’uomo, così che si spera di poter applicare alle cure delle malattie umane le conoscenze acquisite sui vermi. Questi nematodi, come le cavie, le drosofile e i lieviti sono uno degli oggetti di studio favoriti dai biologi. perspektiven no. 2/2005 Un groviglio di vermi nella nebbia d’oro Alex Butschi è affascinato da questi esserini, che studia per capire quali geni sono responsabili per ogni processo cellulare. Ogni verme conta esattamente millenovanta cellule, ma, se diventa ermafrodita, ne perde centotrentuno e gliene restano novecentocinquantanove. Questa morte cellulare, chiamata apoptosi, è al centro delle ricerche compiute dal professor Michael Hengartner e dai suoi gruppi di studenti e ricercatori. Anche nell’uomo le cellule, quando non funzionano più a dovere o quando il loro patrimonio genetico si è guastato, attivano il meccanismo dell’apoptosi. Si suppone che, quando, per un blocco del gene responsabile, questo suicidio cellulare non funziona più, una cellula impazzita si moltiplica all’infinito, generando un tumore. Si sta cercando di capire se una cura rivoluzionaria contro i tumori potrebbe basarsi sulla riattivazione della morte delle cellule difettose. Si potrebbe procedere modificando un virus in maniera che attacchi le cellule cancerogene, oppure usare un virus come mezzo di trasporto per iniettare un gene sano per la regolazione cellulare all’interno delle cellule malate. Quello che, in teoria, sembra logico e fattibile deve essere analizzato e messo alla prova nella ricerca di base. Il lavoro di diploma di Alex costituisce solo una minima pietruzza del mosaico che il gruppo sta elaborando. Cerca di iniettare particolari sequenze di DNA negli zigoti del verme, così che la mutazione si trasmetta alla generazione seguente in maniera naturale. Siccome è molto laborioso inserire un gene in ogni singolo verme, Michael tenta di raggiungere risultati analoghi lavorando su intere colonie di animali. Mescola i segmenti di DNA che ha costruito e che ha fatto moltiplicare da batteri con polvere d’oro ridotta al diametro di 0,3 micrometri per granello e irrora i vermi col preparato spruzzato ad alta pressione. Sorprendentemente, quasi tutti i diecimila vermi sottoposti al rude trattamento sopravvivono. Per capire se il gene ha raggiunto la destinazione, Michael lo ha collegato a una sostanza marcante. Con il suo metodo attuale, la percentuale di successi è ancora minima, ma, nel mondo della ricerca, anche i risultati negativi hanno una valenza conoscitiva. Di solito, Alex sta in laboratorio dalle 8 alle 17. Spesso passa anche la domenica, perché i vermi devono essere nutriti. Quando deve esercitarsi a suonare o dare uno spettacolo di musica etnica con i suoi colleghi, rimane in laboratorio sul mezzogiorno, per poter andar via un po’ prima. Ha imparato a suonare due strumenti africani da autodidatta, ma ha già raggiunto un livello tale da permettersi di impartire lezioni private. L’attività musicale parallela non pregiudica lo studio, a patto che si eserciti con disciplina e modestia. Alex dedica tutte le sue energie allo studio e alla musica. Non gli resta tempo per altro. Abita ancora con i genitori, si mantiene con le borse di studio e le ore di lezioni private e non ha desideri consumistici. Che consigli dà ai compagni più giovani interessati alla biologia? Consiglia loro di rendersi conto dell’importanza che la chimica, la fisica e la matematica hanno per tutte le specializzazioni della biologia. Vale la pena di stringere i denti e impegnarsi a fondo durante il duro studio di base. E non si immagini che il biologo si limita a osservare gli animali o a catalogare piante. Anche se i suoi animali sono vermi, Alex è contento di quello che fa ed è convinto di aver trovato la materia giusta. Alla fine degli studi gli piacerebbe continuare a compiere ricerche nel campo della biologia molecolare. perspektiven no.2/2005 Gli studi in Svizzera In Svizzera le discipline biologiche si studiano a sette università e ai due politecnici. Dappertutto è stata introdotta la struttura degli studi concordata a Bologna, con i titoli di bachelor e di master. Al politecnico di Losanna, le scienze della vita comprendono due rami: le neuroscienze e la biologia dello sviluppo (genomica comparata, cellule staminali). Si conseguono il bachelor e il master. Il bachelor si consegue con centottanta punti di credito. Nell’ultimo anno si possono scegliere anche corsi corrispondenti ai propri interessi specifici. Con questo titolo si accede a studi di master, nella propria università o in un’altra, anche all’estero. Il titolo permette di esercitare un’attività professionale, ma, per molte funzioni, i datori di lavoro preferiscono i detentori di un master, se non di un dottorato. Il master, ottenuto in tre semestri, richiede novanta punti ulteriori e la redazione di un lavoro di ricerca. Ogni università offre indirizzi di master corrispondenti ai suoi punti di forza nella ricerca. Dopo questo titolo, equivalente al diploma che era conseguito in passato, si può preparare un dottorato, entrando a far parte di un gruppo di ricerca universitario. 3