della dinamica democratica. Tuttavia, generarono anche profondo scontento e, nel caso peggiore, la minaccia distruttiva del terrorismo. L’Italia dal Sessantotto al «riflusso» Il Sessantotto 1951 Terziario 26% Agricoltura 42% Industria 32% 1971 Percentuale di occupati per settore sul totale regionale: agricoltura, foreste e pesca industria Terziario 38% Agricoltura 17% Industria 45% terziario e pubblica amministrazione Principali settori dell’occupazione nel 1971 14.1 Gli anni delle battaglie civili I conflitti nella società italiana p. 314 Nell’Italia degli anni successivi al «miracolo economico» si aprì presto un profondo divario tra gli imponenti mutamenti sociali in atto e la capacità della politica di far fronte al cambiamento con opportune riforme. Si trattava di una contraddizione evidente tra la grande vivacità della società italiana e la lentezza delle istituzioni nell’asseconda- re tale movimento. Non a caso gli anni più dinamici del centrosinistra furono quelli dell’esordio, tra 1960 e 1963, prima ancora che il PSI entrasse stabilmente nel governo. Più avanti, la spinta riformista si indebolì, fino a provocare sempre maggiori difficoltà o addirittura una mancanza di comunicazione tra politica e società. Iniziò così un periodo di grandi conflitti ideologici e battaglie civili che ebbero al centro gli istituti tradizionali su cui si reggeva il paese: la scuola, la famiglia, il lavoro. Furono scontri sempre tesi e spesso violenti, che rientrarono di norma entro i limiti Tutto partì dalle aule scolastiche. Il movimento di protesta giovanile sorto negli Stati Uniti verso la metà degli anni Sessanta giunse con impeto nel 1968 in Europa e dunque anche in Italia. La ribellione contro l’autoritarismo degli insegnanti e l’incapacità della scuola a preparare gli studenti alla vita adulta attecchì dapprima nelle università. «Fuori i baroni» – rivolto ai docenti di lungo corso che governavano gli atenei come feudi personali – divenne lo slogan più urlato nelle facoltà occupate. La protesta si allargò presto anche agli istituti superiori, trovando terreno fertile nell’enorme aumento del numero di studenti generato dalla riforma sull’istruzione obbligatoria. Il movimento ampliò successivamente le sue rivendicazioni, lottando contro il perbenismo borghese, il conformismo della famiglia e della società, il nuovo consumismo, percepito come una minaccia del mercato alla libertà dell’individuo. Gli scontri tra giovani e polizia iniziarono il 1° marzo – con centinaia di feriti – presso la facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza di Roma e continuarono per mesi, in ogni regione d’Italia, con cortei, assemblee, occupazioni di scuole e atenei. Il movimento studentesco apparve subito molto politicizzato e ispirato da ideali politici di sinistra, ma allo stesso tempo in rotta con il PCI, considerato incapace di interpretare le vere aspirazioni del popolo. Ernesto «Che» Guevara, Ho Chi Minh e Mao Tse-tung divennero i nuovi modelli rivoluzionari cui ispirarsi: figure che interpretavano una radicale rottura con la società occidentale. In questo quadro la protesta avanzò rivendicazioni spesso confuse e la risposta che ricevette dalle istituzioni fu ancora più incerta. Le reazioni della politica andavano dallo snobbare i giovani alla tentazione di reprimere con la violenza le loro rivendicazioni. Il dialogo tra le parti fu scarso e inefficace e l’unico risultato che il Sessantotto ottenne fu la liberalizzazione degli accessi all’università. Rimase invece inattuata una riforma della scuola superiore ancora più urgente. Il movimento cominciò presto a trasformarsi perdendo la connotazione spontanea degli inizi; molti, delusi dagli scarsi risultati raggiunti, si organizzarono in formazioni politiche extraparlamentari (Lotta continua, Potere operaio, Il Manifesto, Avanguardia operaia) che ebbero una certa influenza politica ancora per diversi anni; alcuni, invece, decisero tragicamente di passare ai metodi violenti del terrorismo. L’«autunno caldo» del 1969 Conclusosi il Sessantotto studentesco, lo scontro si spostò nelle fabbriche. Qui, durante il cosiddetto «autunno caldo» del 1969, le trattative per il rinnovo dei contratti diedero agli operai il modo di unirsi per chiedere una riforma più generale delle norme che disciplinavano il lavoro. Le contestazioni investirono dunque l’assoluta libertà di licenziamento da parte degli imprenditori; le forti differenze di retribuzione tra Nord e Sud d’Italia; la scarsa sicurezza dell’ambiente di fabbrica, che causava continuamente incidenti e «morti bianche»; il basso livello generale dei salari, di gran lunga inferiori alle medie europee; la troppo rigida disciplina di reparto, che contingentava addirittura il tempo dedicato ai bisogni fisiologici. Studenti milanesi in sciopero per l’autogestione degli istituti scolastici, 1968. © Loescher Editore – Torino 274 1945 liberalizzazione degli accessi: pratica che permise l’iscrizione all’università di studenti provenienti da qualsiasi tipo di scuola superiore, cosa prima negata. La mancata riforma degli istituti superiori fece però sì che entrassero nell’università studenti con una preparazione insufficiente. © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 275 3 14 L’Italia dal Sessantotto al «riflusso» Il mondo diviso dalla Guerra fredda Tweet Storia p. 430 Esattamente come accaduto per la scuola, le istituzioni rimasero sorprese dall’estensione e dal vigore della protesta. Gli operai occupavano gli impianti, picchettavano l’ingresso degli stabilimenti e impedivano l’entrata a chi voleva lavorare, scendevano in corteo e si piazzavano sui binari di tram e treni, interrompendo il servizio pubblico. Nel solo 1969 si accumularono in Italia oltre 230 milioni di ore di sciopero. Vennero colte di sorpresa, almeno in un primo momento, anche le grandi organizzazioni sindacali. La CGIL (la Confederazione generale italiana del lavoro, che raccoglieva comunisti e socialisti), la cattolica CISL (Confederazione italiana dei sindacati dei lavoratori) e la UIL (l’Unione italiana del lavoro fondata da socialdemocratici e repubblicani) dovettero scendere a patti con i consigli operai sorti spontaneamente all’interno dei reparti e mal disposti a seguire le direttive provenienti dall’alto. Fu necessario un lungo lavoro di mediazione per ritrovare l’accordo: i tre grandi sindacati fecero proprie le rivendicazioni della base e riuscirono così a riprende- re in mano la situazione, ottenendo rinnovi contrattuali assai vantaggiosi. La pressione esercitata dagli operai sul sistema economico e sociale era dunque troppo forte per essere ignorata dall’imprenditoria e dalla politica, ed essi ottennero un risultato assai migliore di quello avuto dagli studenti. Nel 1970 il Parlamento approvò lo Statuto dei lavoratori , che accoglieva molte richieste dei salariati: • divieto per il padrone di licenziare senza giusta causa; • poter manifestare le proprie opinioni politiche e sindacali sul luogo di lavoro; • poter tenere assemblee in fabbrica; • obbligare le aziende a mettere a disposizione luoghi per l’affissione di materiale di propaganda e di informazione. [Testimonianze documento 7, p. 319] Nel contempo il governo adottò misure più moderne e favorevoli ai lavoratori in campo pensionistico e assicurativo, in materia di disoccupazione e di lavoro femminile. La battaglia per il divorzio Il referendum sul divorzio (1974) Votanti contro l’abrogazione del divorzio (in %) dal 35 al 40 dal 40 al 45 dal 45 al 50 dal 50 al 55 dal 55 al 60 dal 60 al 65 dal 65 al 70 dal 70 al 75 dal 75 al 80 Un altro istituto, tradizionale fondamento della società, fu al centro in quegli anni di aspre lotte: la famiglia. Nel 1970, infatti, il Parlamento (per iniziativa dei deputati laici del PSI e del PLI) introdusse nell’ordinamento italiano il divorzio. Immediatamente partì la battaglia volta alla sua abrogazione. La Chiesa cattolica e la Democrazia cristiana profusero tutte le loro energie nella promozione di un referendum popolare contro il divorzio, che venne invece difeso dalle forze politiche laiche e dai settori più aperti della società. Fu allora che emerse, per il costante ed efficace attivismo a favore di un allargamento dei diritti civili, il Partito radicale di Marco Pannella. Il referendum si svolse nel 1974 e il 59,3% dei votanti si dichiarò contrario all’abrogazione del divorzio. Si trattò di una svolta epocale, che indicava un cambiamento profondo della morale degli italiani. L’anno successivo il Parlamento modificò il diritto di famiglia, rendendo assai più forte la posizione della donna e dei figli rispetto alla consolidata autorità dell’uomo. La nuova parità tra coniugi allineava così la legge italiana a quelle delle più avanzate società del mondo occidentale. Attentato a piazza della Loggia a Brescia, 1974. 14.2 La minaccia del terrorismo Terrorismo «nero» e «rosso» Tra anni Sessanta e Settanta, l’Italia soffrì la peggiore delle minacce alla stabilità e alla democrazia. A gettare il paese nel sangue e nella paura fu il terrorismo, figlio diretto delle tensioni sociali dell’epoca, nelle sue due opposte matrici: quella di destra, che caratterizzò il terrorismo cosiddetto «nero», e quella di sinistra, responsabile del terrorismo chiamato «rosso». Profondamente diversi l’uno dall’altro, costituirono entrambi una minaccia pericolosissima per la vita democratica del paese. Il contrasto al terrorismo fu vincente solo grazie alla mobilitazione della società – che isolò estremisti e violenti – e della politica: uomini di governo e di partito, pur divisi da opposte ideologie, seppero muoversi all’unisono per scongiurare la minaccia e riaffermare la vitalità delle istituzioni repubblicane. A Il terrorismo di destra e la «strategia della tensione» Già a metà degli anni Sessanta emerse da destra una concreta minaccia. Essa fu portata da forze che intendevano impedire, ad ogni costo, quello spostamento verso sinistra dell’asse della politica italiana che si profilava con l’arrivo dei socialisti al governo. Nel 1967 si venne a sapere che Giovanni De Lorenzo, un generale dei Carabinieri, dopo aver organizzato un reparto militare corazzato pronto ad intervenire in caso di Strage alla stazione di Bologna, 2 agosto 1980. pericolo, aveva in realtà preso accordi con gli ambienti di destra per attuare un colpo di Stato che mettesse fine alla politica di centrosinistra. Anni dopo si scoprì una nuova organizzazione, con gli stessi obiettivi, detta Gladio creata con lo scopo di affiancarsi alla NATO nel fronteggiare un’eventuale invasione sovietica. Gladio assunse come suo scopo principale quello di contrastare – se necessario con la violenza – una possibile ascesa al governo del Partito comunista. Le tentazioni sovversive della destra divennero però pratica terroristica solo dopo il Sessantotto, ad opera di formazioni come Ordine nuovo o Avanguardia nazionale, che si richiamavano apertamente al fascismo. Queste organizzazioni inaugurarono la cosiddetta «strategia della tensione»: colpire l’Italia con violenze e attentati incolpando la sinistra per spingere l’opinione pubblica a invocare una stretta politica conservatrice. Furono anni di stragi terribili e sanguinose. Si cominciò il 12 dicembre 1969, nel pieno dell’«autunno caldo» operaio, quando una bomba esplose a Milano nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana, causando sedici morti. Poi vi fu la strage di Piazza della Loggia a Brescia, nel 1974: otto vittime uccise da un ordigno durante una manifestazione sindacale. Sempre nel 1974, il treno Italicus saltò in aria in galleria, tra Firenze e Bologna, ancora per una bomba: dodici vittime. Infine, la pagina più dolorosa di tutte: la strage della stazione di Bologna, con 87 morti il 2 agosto 1980. Il tentativo di attribuire la responsabilità di questi fatti sanguinosi all’estremismo di sinistra non riuscì. Le colpe della destra © Loescher Editore – Torino 276 1945 Album p. 288 © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 277 3 14 L’Italia dal Sessantotto al «riflusso» Il mondo diviso dalla Guerra fredda La «strategia della tensione» (1969-1980) 14.3 Il «compromesso storico» e il caso Moro Luogo e data La Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana a Milano subito dopo l’esplosione della bomba, prima pagina del «Corriere della sera», 12 dicembre 1969. Milano, 12 dicembre 1969 Bomba nella Banca dell’Agricoltura in piazza Fontana: 16 morti e 45 feriti Brescia, 28 maggio 1974 Bomba in Piazza della Loggia durante una manifestazione sindacale: 8 morti e 94 feriti Linea ferroviaria BolognaFirenze, 4 agosto 1974 Bomba sul treno Italicus: 12 morti e 105 feriti Bologna, 2 agosto 1980 Bomba nella stazione di Bologna: 87 morti e 200 feriti emersero presto, così come il coinvolgimento negli attentati di parte degli apparati dello Stato. Nonostante gli sforzi della magistratura, depistaggi e silenzi non hanno mai permesso di portare in tribunale i mandanti delle stragi, persino a decenni di distanza dai fatti. All’epoca, l’opinione pubblica italiana e la classe politica che la guidava ebbero comunque il grande merito di non cedere alla tentazione autoritaria, provocando in questo modo il fallimento della «strategia della tensione». Le Brigate Rosse e il terrorismo di sinistra anni di piombo: l’espressione coniata dai giornalisti si riferisce sia al piombo dei proiettili usati dai terroristi sia alla cupezza del clima avvertito nella vita politica e sociale. Conseguenze Il terrorismo di sinistra sorse e si esaurì più tardi rispetto a quello di destra. Si servì dello stesso strumento – la violenza politica – per ottenere scopi completamente diversi: spingere la popolazione alla rivoluzione e all’instaurazione di un regime comunista. Tuttavia, trovò anch’esso un baluardo insormontabile nella volontà degli italiani di difendere le istituzioni democratiche del paese. All’interno del terrorismo di sinistra, le Brigate Rosse furono l’organizzazione di maggiore fama e dinamismo. Fondate da Alberto Franceschini e Renato Curcio nel 1970, scelsero presto la lotta clandestina. Ricorsero a intimidazioni, sequestri lampo di dirigenti di fabbrica, attentati incendiari, proclami ideologici. A partire dal 1974, con il rapimento del giudice genovese Mario Sossi, passarono al cosiddetto «attacco al cuore dello Stato», che mirava all’indebolimento e al sovvertimento delle istituzioni. Nel 1976 assassinarono il procuratore della Repubblica di Genova Francesco Coco e da quel momento cominciò un’inarrestabile escalation di omicidi politici. Vittime non erano solo i più fedeli servitori dello Stato, dai magistrati ai poliziotti, ma anche avvocati, giornalisti o chi, anche all’interno della stessa sinistra, si mostrava contrario agli intenti rivoluzionari dei brigatisti e ai loro metodi. La stella a cinque punte delle BR divenne il simbolo più triste e noto di questa stagione, ma altre formazioni dell’estremismo rosso, come i Nuclei armati proletari o Prima linea, insanguinarono l’Italia negli anni Settanta. Tutte insieme rivendicarono nel solo 1977 circa 280 attentati. I morti causati dal terrorismo di sinistra furono 8 nel 1976, 7 nel 1977 e 29 nel 1978. Fu coniata allora, per designare quell’epoca, l’espressione «anni di piombo» . L’attacco al cuore dello Stato culminò nel 1978 con il rapimento e l’assassinio di Aldo Moro. Proprio i 55 giorni di permanenza del politico DC nelle mani delle Brigate Rosse e la sua uccisione segnarono, allo stesso tempo, l’apice della forza e l’inizio della parabola discendente per le BR. [ I NODI DELLA STORIA p. 286] L’incertezza politica e la fine del «centrosinistra» Al principio degli anni Settanta, dunque l’Italia era percorsa dai forti conflitti sociali inaugurati dal Sessantotto studentesco e appariva minacciata dalla crescente aggressività del terrorismo. Aveva dunque bisogno di una guida politica forte e sicura. Il «centrosinistra» aveva da tempo esaurito la propria spinta riformista e alla testa della Repubblica si susseguivano governi deboli e di breve durata. La legislatura iniziata nel 1968 terminò nel 1972 e quella cominciata nel 1972 si chiuse nel 1976: né l’una né l’altra completarono il ciclo di cinque anni previsto dalla Costituzione e per ben due volte Giovanni Leone – presidente della Repubblica dal 1971 – fu costretto a sciogliere le Camere e indire elezioni anticipate. Sintomatico del clima di incertezza che andò creandosi in questo periodo e della stima calante di cui la politica godeva nel paese fu lo sconcerto provocato nell’opinione pubblica dall’emergere dei primi grandi scandali legati al finanziamento illecito dei partiti attraverso le «tangenti» pagate dagli imprenditori; o dalla spartizione che gli stessi partiti facevano di poltrone e cariche per soddisfare la fame di potere dei propri uomini, pratica che prese il nome di «lottizzazione» . Il presidente della Repubblica Giovanni Leone. Emerse in questi anni anche il fenomeno dell’evasione fiscale, che già negli anni Sessanta gli esecutivi avevano in parte tentato di combattere, ma che proprio all’inizio degli anni Settanta iniziò ad assumere contorni di massa e sempre più consistenti dal punto di vista quantitativo. La crisi economica degli anni Settanta Alla mancanza di un indirizzo politico preciso si aggiunse poi un’improvvisa e grave crisi economica. L’economia italiana aveva dato segni di vistoso rallentamento già a partire dalla fine degli anni Sessanta. Gli aumenti salariali ottenuti dai lavoratori con le lotte dell’«autunno caldo» avevano infatti determinato una notevole crescita del costo del lavoro e dell’inflazione. In questa situazione di debolezza l’Italia, come il resto dell’Occidente, venne investita in pieno dallo shock petrolifero innescato dalla Guerra del Kippur del 1973. E il nostro paese, che con le importazioni di greggio soddisfaceva i tre quarti del proprio fabbisogno energetico, soffrì pesantemente. Il rincaro dell’«oro nero» mise in seria difficoltà l’apparato industriale italiano. I costi di produzione aumentarono molto e rapidamente, il prezzo delle merci crebbe e la loro competitività, sul mercato interno e su quelli internazionali, diminuì. La stretta produttiva costrinse le aziende a licenziare e i numeri della disoccupazione aumentarono in misura drammatica. Il debito pub- 1945 lottizzazione: pratica secondo la quale i partiti al potere si spartivano gli incarichi negli enti pubblici in proporzione ai voti ottenuti alle elezioni. Il termine spregiativo «lottizzazione» nacque in analogia con l’usanza di dividere un terreno in lotti prima di procedere alla sua vendita. «Anni di piombo»: un autonomo mascherato spara contro la polizia durante una manifestazione in un viale di Milano. © Loescher Editore – Torino 278 tangenti: termine utilizzato per indicare il compenso estorto in seguito a minacce o favori illeciti. © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 279 3 14 L’Italia dal Sessantotto al «riflusso» Il mondo diviso dalla Guerra fredda che non credevano più allo spauracchio della rivoluzione proletaria. Lo dimostrarono le elezioni politiche del giugno 1976: la DC ottenne il 38,7% dei voti, ma il PCI crebbe fino al 34,4%, mentre i socialisti si attestarono poco sotto il 10%. Le indicazioni offerte dalla consultazione popolare erano chiare e si inaugurò allora la stagione della cosiddetta «solidarietà nazionale», che durò dal 1976 al 1979. Il paese fu guidato da tre successivi governi presieduti dal democristiano Giulio Andreotti e sostenuti dal voto esterno di tutti i partiti, compreso il Partito comunista. Sembrò questa la formula più adeguata per affrontare la grave crisi economica e soprattutto l’ondata di violenza terroristica che insanguinava l’Italia. Il delitto Moro Giulio Andreotti. politica deflazionistica: è un modo per combattere l’inflazione da eccesso di domanda e far frenare il disavanzo dei conti con l’estero. blico si impennò a causa dell’incremento delle spese assistenziali e lo Stato cercò di fronteggiare il suo bisogno di liquidità emettendo carta moneta. La lira perse così ancor più valore, andando incontro a una pesante svalutazione. Nel contempo, l’inflazione raggiunse vertici impensabili solo pochi anni prima: toccò il 24% nel 1974 e per tutta la seconda metà del decennio oscillò tra 10% e 20%, causando gravi difficoltà finanziarie a molte famiglie. Ad alimentarla erano non solo tradizionali elementi inflazionistici come l’aumento della moneta circolante e la crescita del prezzo dei beni al consumo, ma anche la cosiddetta «scala mobile», un meccanismo adottato nel 1975 per accordo di sindacati e industriali che assicurava l’adeguamento automatico dei salari al costo della vita. Nel complesso, il Pil calò del 3,6% nel solo 1975. Quando poi il governo adottò politiche deflazionistiche intese a ridurre la quantità di moneta circolante, il costo del denaro crebbe e ottenere prestiti divenne ancora più difficile. Ne derivarono nuove ondate di chiusure aziendali e licenziamenti, e molti italiani ricorsero al «lavoro nero», non garantito dal punto di vista previdenziale e mal retribuito, ma nascosto alle autorità e dunque svincolato dall’obbligo fiscale: una risposta emergenziale dei cittadini alle circostanze straordinariamente difficili in cui versava l’economia nazionale. Enrico Berlinguer. DC e PCI: «compromesso storico» e «solidarietà nazionale» Agli occhi di molti elettori, le difficoltà del sistema politico ed economico italiano avevano una causa ben definita: trent’anni di potere incontrastato della Democrazia cristiana e la mancanza di una forza di governo alternativa al partito di centro cattolico. Era dunque responsabilità del principale partito di opposizione, il PCI, proporsi come interlocutore credibile per il cambiamento. A indicare la nuova strada fu nel 1973 Enrico Berlinguer, appena eletto segretario del Partito comunista. Egli temeva che un ingresso dei comunisti al governo avrebbe rafforzato le tentazioni autoritarie della destra. Per questo escluse l’ipotesi di un governo delle sinistre anche nel caso queste avessero ottenuto la maggioranza parlamentare. L’esperienza drammatica del Cile (dove nel settembre del 1973 il colpo di Stato di Pinochet aveva rovesciato il governo comunista democraticamente eletto di Allende) dimostrava, secondo Berlinguer, la necessità di un «compromesso storico», cioè una collaborazione fra cattolici e comunisti. Cercò inoltre di sganciarsi dalla tutela dell’Unione Sovietica, condannando la repressione della «Primavera di Praga» del 1968 e lanciando il progetto di un comunismo europeo autonomo da Mosca. Berlinguer riuscì in questo modo a intercettare il consenso di molti italiani moderati, Questa difficile fase della storia italiana trovò un culmine inaspettato e tragico nella primavera del 1978. Il 16 marzo, un commando delle Brigate Rosse rapì a Roma Aldo Moro e uccise i cinque uomini della sua scorta. L’obiettivo dei terroristi era chiaro: colpire il progetto di un’eventuale partecipazione al governo dei comunisti attraverso il politico democristiano, che più di tutti aveva voluto il dialogo tra i moderati e la sinistra. Il rapimento e la strage della scorta disorientarono l’opinione pubblica del paese, che subito si spaccò. Da un lato c’erano quanti sostenevano la necessità di trattare con i brigatisti e scarcerare i compagni detenuti per ottenere la liberazione di Moro. Dall’altra stavano coloro che rifiutavano di cedere sostenendo che ogni trattativa avrebbe compromesso la credibilità dello Stato. Anche i partiti si divisero aspramente. Il governo Aldo Moro prigioniero delle Brigate Rosse, 1978. e i comunisti scelsero la fermezza, mentre socialisti e parte dei democristiani si orientarono alla trattativa. Le affannose ricerche del covo brigatista non produssero risultati e a niente servì l’appello per la liberazione di Moro rivolto ai terroristi dal pontefice Paolo VI, mentre ulteriore disorientamento generavano gli accorati messaggi che Moro stesso indirizzava ai politici e agli italiani dalla sua prigionia. Il luogo del rapimento Moro e del massacro della sua scorta con automobili vuote crivellate dai colpi, 16 Marzo 1978, Roma. © Loescher Editore – Torino 280 1945 © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 281 3 14 L’Italia dal Sessantotto al «riflusso» Il mondo diviso dalla Guerra fredda Dopo 54 giorni di prigionia le BR uccisero lo statista. Il suo corpo venne ritrovato il 9 maggio nel bagagliaio di un’automobile, in pieno centro di Roma (in via Fani), non distante dalle sedi di DC e PCI. La sua morte segnò l’apice degli «anni di piombo» e diede un colpo fatale al dialogo tra cattolici e comunisti: il prezzo da pagare per il confronto era infatti troppo alto. La stagione delle ultime riforme nei tardi anni Settanta Nonostante le gravi turbolenze politiche e sociali, la «solidarietà nazionale» aveva fruttato un’ultima, poderosa stagione di riforme. Nel 1978 furono approvate quattro importanti leggi. Una prevedeva l’introduzione del cosiddetto «equo canone», vale a dire l’imposizione di prezzi controllati nel mercato degli affitti, e veniva incontro alla «fame di case» degli italiani. Un’altra, la legge 180, anche detta «legge Basaglia», chiudeva gli ospedali psichiatrici (dove spesso i malati venivano tenuti in condizioni disagiate) e innovava profondamente i metodi di cura dei malati mentali. Con una terza legge si creò il Sistema sanitario nazionale, che garantiva assistenza medica gratuita a tutti i cittadini ed estendeva il ruolo del Welfare State italiano. L’ultima, la più discussa, legalizzava l’aborto. Era la legge 194, che consentiva l’interruzione di gravidanza presso le strutture pubbliche entro i primi novanta giorni di gestazione. Introdotta dopo furibonde polemiche, venne sottoposta nel 1981 a referendum abrogativo. E come già accaduto a proposito del divorzio, il fronte conservatore fu sconfitto: il 68% dei votanti confermò la legge. Questi provvedimenti testimoniavano ancora la volontà della politica di guidare il cambiamento del paese. Ma furono un segnale estremo. Nel 1979, il PCI chiese di entrare al governo. Ma la DC, che aveva appena immolato Moro sull’altare del dialogo, rifiutò. E anche gli Stati Uniti si mostrarono contrari. Il risultato fu un nuovo scioglimento delle Camere: la legislatura era durata appena tre anni. Dopo il voto, che confermò le posizioni dei partiti maggiori, il PCI passò all’opposizione: la «solidarietà nazionale» era finita. E si apriva un nuovo periodo di instabilità politica. 14.4 Gli anni Ottanta: l’Italia del «riflusso» La crisi dei partiti e il «pentapartito» Nel 1978, il Parlamento elesse come presidente della Repubblica il socialista Sandro Pertini. Uomo già ultraottantenne ma dinamico, Pertini si conquistò immediatamente l’affetto degli italiani per il suo spirito indipendente, per il suo stare dalla parte dei cittadini, per la bonarietà e la simpatia dei suoi interventi pubblici. Fu però quest o il solo segnale di rinnovamento proveniente dalle istituzioni. Terminata l’esperienza del «compromesso storico», la Democrazia cristiana tornò a guidare governi di centro che avevano breve durata e corto respiro politico. E si dovette attendere il 1981 affinché la presidenza del Consiglio venisse affidata a una personalità non cattolica: il repubblicano Giovanni Spadolini. Era la prima volta nel dopoguerra. Nacque allora la formula del «pentapartito», che avrebbe guidato l’Italia per circa un decennio grazie all’intesa tra PRI, PLI, DC, PSI e PSDI. Spadolini, nonostante gli sforzi per mediare i contrasti fra i vari partiti che governavano, fu costretto a rassegnare le dimissioni nel dicembre 1982. A lui successe Amintore Fanfani che però riuscì a Il presidente della Repubblica Sandro Pertini. governare solo fino all’aprile dell’83. Le ricorrenti crisi di governo condussero, tuttavia, nel 1983 e nuovamente nel 1987 a nuove elezioni anticipate. In una sola occasione, le forze parlamentari agirono di comune accordo: nel 1985 per l’elezione del democristiano Francesco Cossiga a presidente della Repubblica. In tal modo, il solco che separava i cittadini dalla classe politica al potere, colpevole di sprechi e inefficienza, si allargava sempre più, mentre i partiti maggiori sperimentavano una profonda crisi interna. La Democrazia cristiana non riusciva a rinnovare programmi e uomini: sfumava in questa maniera il patto che ne aveva fatto la rappresentante dell’elettorato moderato per lunghi decenni. Il Partito comunista invece puntava tutte le sue carte sulla «questione morale» – sulla necessità per l’Italia di un governo competente e onesto – ma si trovava chiuso in una sterile opposizione politica. La morte di Berlinguer, nel 1984, lo privò inoltre di una guida davvero carismatica e in sintonia con i suoi sostenitori. Papa Giovanni Paolo II colpito da un colpo di pistola sparato da Ali Agca, 13 marzo 1981. La sconfitta del terrorismo e le nuove minacce alla stabilità dell’Italia Il delitto Moro segnò il punto più alto e insieme l’inizio del declino delle Brigate Rosse. Quell’avvenimento scosse infatti molte coscienze e portò finalmente un cedimento nel sistema di complicità che permetteva ai terroristi di nascondersi e agire impunemente: così accadde che nelle fabbriche gli operai denunciassero per la prima volta i reclutatori delle BR. Lo Stato approvò poi le leggi sul pentitismo , promettendo sconti di pena a chi collaborava con la giustizia. Per questa via, molti militanti si arresero e la struttura armata clandestina del terrorismo rosso venne abbattuta nel giro di pochi anni. Sulla vita pubblica italiana gravavano però molte altre minacce. Nel giugno 1980, un DC-9 della compagnia aerea Itavia esplose in volo nei cieli di Ustica, causando 81 morti. Nel maggio 1981, mentre salutava la folla in Piazza San Pietro, papa Giovanni Paolo II fu raggiunto e gravemente ferito da due colpi di pistola, esplosi dal killer turco Mehmet Ali Agca, membro dell’organizzazione di estrema destra Lupi Grigi. In entrambi i casi, la magistratura indagò tra mil- Il museo per la memoria di Ustica, con i rottami del DC-9. le difficoltà e non poté accertare i mandanti ultimi degli attentati. Nello stesso 1981 venne alla luce la lista dei 953 aderenti alla loggia massonica P2, guidata da Licio Gelli. L’associazione segreta, cui appartenevano personalità politiche, dell’esercito e dell’economia, lavorava per una svolta autoritaria delle istituzioni. Nel settembre 1982 fu ucciso il nuovo prefetto di Palermo, l’uomo incaricato dallo Stato di combattere la mafia: il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa. E tra 1982 e 1986 furono assassinati, in circostanze e con responsabilità mai chiarite, Roberto Calvi e Michele Sindona, tra i maggiori esponenti del mondo bancario e finanziario nazionale, coinvolti in molte torbide vicende economiche. Nell’insieme, questi fatti accrescevano nell’opinione pubblica la sensazione di instabilità del nostro paese e impedivano all’Italia una crescita democratica e serena. © Loescher Editore – Torino 282 1945 Francesco Cossiga. pentitismo: fenomeno che coinvolse decine di partecipanti alla lotta armata terroristica. I cosiddetti «pentiti», rivelando ai magistrati importanti informazioni (nomi, nascondigli, responsabilità), godettero di sconti di pena e poterono tornare presto in libertà. © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 283 3 14 L’Italia dal Sessantotto al «riflusso» Il mondo diviso dalla Guerra fredda L’esecutivo di Bettino Craxi negli anni Ottanta 8 per mille: meccanismo con cui lo Stato italiano ripartisce, in base alle scelte dei contribuenti, l’8‰ dell’intero gettito fiscale: tutti coloro che pagano le tasse possono indicare a chi destinare l’8‰ del denaro da loro versato. Anche i soldi di chi non esprime una preferenza vengono distribuiti sulla base della suddetta percentuale. Ad approfittare dell’incerta situazione politica dei primi anni Ottanta fu il PSI di Bettino Craxi. Grazie alle sue capacità comunicative, Craxi riuscì a fare del Partito socialista il perno del panorama politico italiano, nonostante raccogliesse poco più dell’11% dei voti. E sotto la sua guida il paese sperimentò, nel cuore del decennio, un governo di buona durata e concreta progettualità politica. L’esecutivo rimase infatti in carica oltre mille giorni, tra le due elezioni anticipate del 1983 e del 1987. In tale periodo, grazie anche a una situazione internazionale favorevole, l’economia italiana si riprese. Il Pil, la cui dinamica aveva dato segnali di ripresa già all’inizio del decennio, crebbe al ritmo del 3% annuo. L’inflazione, che per tutti gli anni Settanta era stata l’incubo di politici e consumatori, fu abbattuta sotto il 5%, grazie in buona parte alla forte discesa del prezzo del petrolio. Gli scioperi diminuirono drasticamente a causa della diminuita conflittualità sindacale, la disoccupazione scese grazie alla ripresa del sistema produttivo e le entrate fiscali aumentarono, per via di un più stretto controllo sui redditi degli italiani. Nel 1984, Craxi riuscì anche a ridurre il peso della «scala mobile», che tanto incideva sull’inflazione: questa misura venne duramente osteggiata dalla CGIL e dal PCI, che promossero a riguardo un referendum popolare e vennero sconfitti. Il maggiore neo, sul piano economico, rimase l’altissimo debito pubblico: 113.000 miliardi di lire nel 1987, pari al 92% del Prodotto interno lordo. Si trattava di un problema che derivava da decenni di gestione inefficiente dei conti pubblici e che nessun governo, allora e dopo, riuscì a fronteggiare in maniera efficace. Craxi ottenne importanti risultati anche in altri settori. Nel 1984, il governo italiano e il Vaticano firmarono una revisione del Concor- Bettino Craxi. dato del 1929. Il cattolicesimo non fu più «sola religione dello Stato», Roma smise di versare ai sacerdoti un sostegno economico e soprattutto divenne facoltativo l’apprendimento della religione a scuola, sostituibile con un’attività alternativa. In cambio la Chiesa ottenne l’istituzione del sistema di finanziamento dell’8 per mille . In politica estera – pur accettando lo schieramento in Italia dei missili nucleari Cruise – il leader socialista condusse una politica meno legata agli Stati Uniti di quella praticata in quarant’anni di governi democristiani. Il lungo governo Craxi rimase comunque un episodio. Dopo le elezioni del 1987, tornarono gli esecutivi a guida DC. E solo il crollo del comunismo, alla fine degli anni Ottanta, diede al sistema politico italiano una scossa tale da causarne un mutamento radicale. I mutamenti economici e sociali negli anni del «riflusso» Negli stessi anni in cui la politica stentava a trovare una strada definita, la società italiana cambiava in profondità, in parte proprio in seguito ai profondi mutamenti economici del periodo. Le difficoltà economiche degli anni Settanta avevano messo in crisi la grande industria. Quella sostenuta dallo Stato, per esempio nei settori petrolchimico e siderurgico, fu grandemente ridimensionata. E al Sud, a causa della cattiva gestione, dovette addirittura chiudere i battenti. I gruppi privati, come la Fiat, furono costretti a licenziare e introdurre nuovi processi produttivi: la catena di montaggio lasciò spazio ai primi robot di fabbrica, sulla scorta del post-fordismo che si imponeva nell’intero Occidente. Tutto ciò si tradusse in una considerevole perdita di importanza sociale degli operai e delle organizzazioni sindacali, protagonisti delle lotte sociali e politiche del decennio precedente. Epocale a questo riguardo fu l’esito della vertenza che nel 1980 oppose la Fiat stessa ai sindacati. Il progetto del grande gruppo industriale di ristrutturare la produzione con il licenziamento di ben 14.000 operai provocò scioperi e fortissime tensioni sociali, cui risposero in ottobre i capireparto e i quadri intermedi dell’azienda, che sfilarono in 40.000 per le vie di Torino chiedendo la fine delle lotte a oltranza e la ripresa del lavoro. Fu il segnale che il clima interno al sistema di fabbrica italiano era cambiato. E non a caso quello scontro si chiuse con l’accettazione, da parte delle centrali del sindacato, delle proposte dei padroni. Crescevano nel contempo in tutta l’Italia centrale e settentrionale le piccole e medie imprese, spesso a conduzione familiare, che da allora in poi avrebbero costituito il nerbo della nostra economia. Indicate collettivamente con l’espressione «Terza Italia», esse dimostrarono infatti una grande capacità di adattarsi velocemente ai bisogni del mercato, soprattutto perché non gravate dalle lentezze che affliggevano aziende con migliaia e migliaia di operai. I salariati delle piccole e medie imprese, per esempio, trattavano spesso i rapporti di lavoro direttamente con la proprietà, senza la mediazione dei sindacati. Soprattutto, però, si sviluppò il settore dei servizi. Nel 1985, il terziario occupava il 54% dei lavoratori, contro il 34% dell’industria e appena il 12% dell’agricoltura. Furono dunque impiegati, commercianti, professionisti e tecnici a prendere il posto degli operai come ceto di riferimento delle analisi sul «sistema Italia». E furono le loro scelte a determinare il clima dominante nell’epoca del cosiddetto «riflusso». Gli anni Ottanta videro infatti un netto ridimensionamento delle battaglie ideologiche, sostituite da un nuovo interesse per la sfera privata della vita. Niente più cortei, manifestazioni, occupazioni. E grande preoccupazione invece per la carriera, per divertimento e felicità, per una vita affettiva appagante. Era un ripiegamento sull’individualità giustificato dalla stanchezza e dalla delusione per gli scarsi risultati ottenuti nel precedente decennio di lotte. La lotta alla mafia Un discorso a parte merita il problema della mafia e della lotta dello Stato contro questa potente organizzazione criminale. La mafia, nata verso la metà dell’Ottocento in Sicilia, si è col tempo profondamente radicata nella società dell’isola, ramificandosi in diverse altre regioni italiane e persino oltre i confini d’Italia. La sua vicenda è parallela e, per molti versi, intrecciata a quella dello Stato unitario. Tra anni Settanta e Ottanta, la mafia af- Il luogo dell’omicidio di Rocco Chinnici, capo dell’Ufficio istruzione del Tribunale di Palermo che indaga sugli omicidi politici di mafia, 29 luglio 1983, Palermo. fermò il proprio potere in Sicilia con metodi brutali, eliminando chiunque si ponesse sulla sua strada. Furono uccisi in quel periodo i giudici Cesare Terranova e Rocco Chinnici, il procuratore di Palermo Gaetano Costa, il presidente democristiano della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, il politico comunista Pio La Torre, «colpevole» di aver proposto una legge che attaccava i patrimoni dei mafiosi. Al fine di sradicare il fenomeno mafioso – obiettivo a cui lo Stato non ha mai rinunciato, – nel 1982 fu inviato a Palermo il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Egli aveva ottenuto straordinari successi nella lotta al terrorismo grazie all’uso di personale investigativo scelto, alla tecnica dell’infiltrazione e alla legislazione sui pentiti, e sperava di minare con gli stessi strumenti la compattezza della mafia siciliana. Dalla Chiesa doveva infatti indagare sui vasti e diversificati affari della mafia: dal traffico internazionale di stupefacenti all’intrusione nel sistema degli appalti pubblici, dal commercio di armi al riciclaggio di denaro spor- © Loescher Editore – Torino 284 1945 © Loescher Editore – Torino 1957 Entra in produzione la Fiat 500 1961 Gagarin primo uomo nello spazio 1969 Armstrong primo uomo sulla Luna 1986 Incidente nucleare di Chernobyl 1990 285 3 14 L’Italia dal Sessantotto al «riflusso» Il mondo diviso dalla Guerra fredda Aule del bunker del maxi processo, 1986. co attraverso attività lecite. Voleva infine gettare uno sguardo sui rapporti tra uomini di mafia e uomini politici, diventati ormai sistematici e che prevedevano lo scambio di favori reciproci: diffusissima era per esempio la pratica illecita del «voto di scambio», che prevedeva l’assegnazione di un appalto a un’impresa controllata dalla mafia dietro la garanzia di ricevere un certo numero di voti in una consultazione elettorale. Dalla Chiesa fu ucciso in un attentato a Palermo poco dopo il suo arrivo nella città. L’omicidio scioccò profondamente l’opinione pubblica italiana e segnò finalmente una svolta nell’azione dello Stato. Tra 1986 e 1987 si svolse a Palermo il primo maxi processo che vedeva imputati boss del calibro di Luciano Liggio e Michele Greco. Furono comminati diciannove ergastoli, mentre le norme sui pentiti – applicate alla mafia proprio come desiderava Dalla Chiesa – iniziarono a scalfire l’omertà caratteristica dell’«onorata società», producendo vistose defezioni tra le sue fila. Tutto ciò non fu che l’inizio di una lotta più aspra che è in corso ancora oggi. 1968-1969 Protesta degli studenti e degli operai 1969-1982 Terrorismo 1970 Statuto dei lavoratori 1974 Referendum sul divorzio I NODI DELLA STORIA Gli anni Settanta furono certamente un momento difficile per l’Italia e il mondo intero. Gli effetti della grande crescita economica successiva alla fine della Seconda guerra mondiale erano terminati già sul finire del decennio precedente e la crisi petrolifera successiva ai conflitti arabo-israeliani, determinò un momento difficile nell’economia mondiale. La crisi di leadership degli Stati Uniti, determinata dalla frustrazione per l’andamento fallimentare della guerra in Vietnam, conobbe il suo punto più basso con le incolori presidenze dei successori di Nixon negli anni Settanta. In Italia, l’avvio della crisi coincise con l’inizio di una delle stagioni più fosche della storia repubblicana: i cosiddetti «anni di piombo». La violenza politica, che era stata sporadica e limitata a pochi e gravi momenti di tensione negli anni precedenti, esplose all’indomani della strage di piazza Fontana, l’oscuro avvio di quella che sarebbe stata chiamata la «strategia della tensione». La conflittualità sociale e politica, altissima all’indomani del Sessantotto studentesco e operaio, travalicò spesso i limiti del normale confronto politico per trasformarsi in un scontro duro e spesso violento. La presenza di una numericamente limitata ma decisa area neofascista generò un confronto, con i militanti di opposta fede politica, che spesso sfociò in pestaggi, ferimenti e uccisioni. A partire dalla metà del decennio, come si è visto, accanto alla minaccia stragista della destra eversiva 286 © Loescher Editore – Torino comparve la violenza terroristica delle Brigate Rosse e degli altri gruppi armati di estrema sinistra. La minaccia del terrorismo rosso avrebbe toccato il suo apice con il delitto Moro e la lunga scia di sangue degli anni immediatamente precedenti e successivi. Sarebbe un errore, tuttavia, descrivere quel decennio solo all’insegna della cupa violenza e della stagnazione economica. In realtà si trattò di un’epoca controversa, caratterizzata da profonde passioni e da una generale modernizzazione del paese. Il referendum sul divorzio, con la conferma dell’istituto votato qualche anno prima, faceva entrare l’Italia nel novero delle nazioni giuridicamente più evolute, così come il varo dello Statuto dei lavoratori, se non fu in grado di limitare la conflittualità sociale, ne determinò i confini normativi. Nel clima di collaborazione, difficile e controverso quanto si vuole, tra forze politiche di matrice ideologica molto diversa, furono votate leggi di riforma fondamentali. La legge 180 che, recependo le migliori esperienze del riformismo psichiatrico italiano, metteva fine alla vergogna del sistema manicomiale; la legge che autorizzava l’aborto; la riforma sanitaria, che stabiliva il principio del diritto universale alla salute gratuita e pubblica. La scuola elementare fu resa più moderna ed efficiente; il nuovo diritto di famiglia mise fine a decenni di subalternità femminile nelle famiglie e nelle aule dei tribunali. Alla fine degli anni Sessanta, un grande movimento di protesta attraversa l’Italia e ha i suoi protagonisti negli studenti, negli operai e nelle donne. Tra anni Sessanta e Settanta si creò e crebbe il divario tra società italiana, che mutava in profondità, e classe politica al governo. L’incapacità del centrosinistra di modernizzare il paese con riforme adeguate favorì il sorgere di forti tensioni, che ebbero al centro le tradizionali istituzioni della società: la scuola, il mondo del lavoro, la famiglia. Nel 1968 la protesta studentesca contro l’autoritarismo e l’arretratezza dell’istruzione dilagò in scuole e università. Nel 1969, furono gli operai a rivendicare regole più giuste e retribuzioni più alte per il lavoro, ottenendo dal Parlamento lo Statuto dei lavoratori, che riequilibrava i rapporti di fabbrica tra padronato e manodopera. Partì infine una lunga battaglia per l’allargamento dei diritti civili, che culminò nel 1970 con l’introduzione legislativa del divorzio, confermata anche da un referendum popolare nel 1974. 2 1975 Riforma del diritto di famiglia Gli anni Settanta in Italia: solo «anni di piombo»? 1 1976-1979 «Solidarietà nazionale» 1978 Rapimento e uccisione di Aldo Moro 1980 Attentato alla stazione di Bologna 1981-1992 Governi di pentapartito 1983-1986 Governo Craxi Gli anni Settanta sono gli anni del terrorismo, di destra e di sinistra, che punta a destabilizzare il paese per abbattere la democrazia. Fuori dal gioco della democrazia repubblicana si posero quanti vollero rivolgere istituzioni e società con la violenza. Il terrorismo di destra si richiamava all’esperienza fascista e si nutriva di importanti collusioni con forze armate e servizi segreti. Tra 1969 e 1980 si macchiò di numerosi e sanguinosissimi attentati: a Milano nel 1969, a Brescia e sul treno Italicus nel 1974, a Bologna nel 1980. Il terrorismo di sinistra, che ebbe nelle Brigate Rosse la sigla più nota, tra metà anni Settanta e primi anni Ottanta scelse la strada degli omicidi politici contro magistratura, polizia, avvocatura, politica, mondo giornalistico. Pur muovendo da ispirazioni ideologiche contrapposte, terroristi di destra e di sinistra avevano il medesimo obiettivo: sovvertire l’ordine democratico. In senso conservatore i primi, in senso rivoluzionario marxista i secondi. 3 La gravissima crisi economica e sociale dell’Italia viene affrontata e superata grazie al «compromesso storico» tra Democrazia cristiana e Partito comunista. A tutto ciò, il mondo politico rispose con una nuova formula di governo. Il centrosinistra fu sostituito dal «compromesso storico», e costruito sul dialogo tra Democrazia cristiana e Partito comunista. Con l’appoggio esterno del PCI, DC e moderati affrontarono la crisi sociale, le gravi difficoltà economiche seguite allo shock petrolifero del 1973 e l’emergenza di ordine pubblico incombenti sul paese. Furono gli anni della «solidarietà nazionale», inaugurata nel 1976 e messa a durissima prova, già nella primavera 1978, dal rapimento e dall’uccisione del democristiano Aldo Moro per mano delle Brigate Rosse. L’anno successivo, il PCI chiese di entrare al governo. Avuta risposta negativa, tornò all’opposizione. Il fragile dialogo tra cattolici e comunisti si ruppe così definitivamente e il paese tornò sotto la guida di ministeri a presidenza DC. 4 Superata l’emergenza, gli anni Ottanta sono un periodo di crescita economica e di ripiegamento dalle ideologie politiche al privato. Negli anni Ottanta crebbe l’instabilità politica dei governi (unica eccezione fu l’esecutivo del socialista Bettino Craxi tra 1983 e 1986). E aumentò la sfiducia dei cittadini verso i partiti. L’economia tornò a crescere: Pil, produzione e occupazione si incrementarono, l’inflazione scese, la lira riacquistò stabilità. Si assistette al declino della grande industria, di Stato o privata. Si affermarono le piccole e medie imprese, più flessibili e dinamiche, e soprattutto il settore terziario, che finì per occupare oltre la metà dei lavoratori italiani. Nel contempo, una società imperniata non più sulla classe operaia ma sui ceti medi sperimentò il cosiddetto «riflusso»: rifiuto delle ideologie e delle lotte che avevano caratterizzato il decennio precedente e ripiegamento dell’individuo sulla sua vita privata. © Loescher Editore – Torino 287 3 14 L’Italia dal Sessantotto al «riflusso» Il mondo diviso dalla Guerra fredda Una stagione di lutti e lapidi: il terrorismo in Italia Con la strage di piazza Fontana, a Milano, il 12 dicembre 1969, in Italia cominciò la fase della cosiddetta «strategia della tensione», scandita da attentati terroristici e tentativi di colpi di Stato. Una serie di trame oscure che coinvolsero esponenti di estrema destra e servizi segreti, nazionali e internazionali, cercarono di porre fine ai profondi movimenti sociali e politici del ‘68 e ‘69 e di imporre la necessità di una svolta autoritaria e antidemocratica. L’Italia infatti era considerata un paese di confine nella geopolitica della Guerra fredda, alleata della NATO, ma sede del più importante Partito comunista occidentale. Dai primi anni Settanta, al terrorismo «di destra» si aggiunse il terrorismo «di sinistra», compiuto da piccoli gruppi clandestini che avevano scelto la lotta armata in nome della «rivoluzione». Le manifestazioni contro il terrorismo Oltre ai funerali per le vittime del terrorismo, le manifestazioni contro la violenza rappresentavano forme di riappropriazione di uno spazio pubblico (vie e piazze), lacerato dai conflitti sociali e politici. In particolare, contro il terrorismo «di sinistra», che contava su consensi e appoggi nel mondo studentesco e operaio, furono decisive le manifestazioni, spontanee o organizzate dai sindacati e dai partiti politici. Queste manifestazioni, infatti, cercarono di isolare i terroristi e i loro fiancheggiatori, denunciandone la presenza nelle fabbriche e nelle università. Particolarmente memorabile fu la manifestazione che si svolse a Torino, nel novembre 1977, all’indomani dell’assassinio del vicedirettore de «La Stampa», Carlo Casalegno, da parte delle Brigate Rosse. I funerali come riti collettivi In quella stagione segnata dalla violenza terroristica, i funerali delle vittime furono riti collettivi fondamentali, pregni di significati simbolici. Furono infatti l’occasione di mobilitazione da parte della società civile, che si opponeva agli atti di destabilizzazione della Repubblica democratica e che testimoniava la propria volontà di resistere all’obiettivo prioritario del terrorismo: incutere paura all’opinione pubblica e costringerla nelle proprie case. Il primo, imponente funerale si svolse per le 14 vittime di piazza Fontana, il 15 dicembre 1969: alle centinaia di migliaia di partecipanti fecero da servizio d’ordine gli operai di Sesto San Giovanni. Manifestazione contro il terrorismo: militanti comunisti e democristiani sfilano assieme. La contrapposizione politica e ideologica Il clima di contrapposizione politica e ideologica che segnò il periodo del terrorismo impedì che si riuscisse ad accertare la verità giudiziaria di molti fatti violenti. Particolarmente rivelatore delle tragiche lacerazioni che segnarono gli anni Settanta è l’accostamento di due lapidi dedicate a Giuseppe Pinelli, l’anarchico accusato della bomba di piazza Fontana e precipitato dal quarto piano della questura di Milano durante un interrogatorio. Le due lapidi offrono diverse versioni dell’accaduto: secondo la prima era «morto tragicamente», per la seconda fu «ucciso innocente». I funerali delle vittime della strage di Piazza Fontana, Milano, Piazza Duomo. 288 © Loescher Editore – Torino Lapide commemorativa di Giuseppe Pinelli: «morto tragicamente». Lapide commemorativa di Giuseppe Pinelli: «ucciso innocente». © Loescher Editore – Torino 289 3 14 L’Italia dal Sessantotto al «riflusso» Il mondo diviso dalla Guerra fredda Ragiona sul tempo e sullo spazio Impara il significato 1 4 ATTIVITÀ 2 Osserva la cartina a p. 274 e illustra i settori di occupazione in Italia, individuando l’attività economica prevalente al Nord, al Centro e al Sud. 1 2 3 4 5 6 7 8 Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento; poi distingui con tre colori diversi gli eventi riconducibili all’autunno caldo, quelli che riguardano la strategia della tensione e quelli che si riferiscono al terrorismo di sinistra. 1 Nel viene approvato lo Statuto dei lavoratori, che accoglie molte richieste dei salariati, a cominciare dal divieto per il padrone di licenziare senza una giusta causa 2 Nel il referendum sul divorzio boccia la proposta abrogazionista avanzata da Chiesa cattolica e Democrazia cristiana 3 Nel le Brigate Rosse rapiscono il presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro, che aveva mostrato una certa apertura nei confronti del Partito comunista 4 Nel ha luogo la strage della stazione di Bologna, compiuta da organizzazioni terroristiche di destra 5 Nel le Brigate Rosse assassinano il procuratore della Repubblica di Genova Francesco Coco 6 Nel ha luogo la strage di Piazza della Loggia a Brescia 7 Nel una bomba esplode nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana, a Milano; è l’inizio della «strategia della tensione» 8 Nel il Parlamento approva la legge che istituisce il diritto al divorzio 9 Nel muore Erico Berlinguer, guida carismatica del Partito comunista 10 Nel viene introdotta la legge sull’aborto; la legge 194 consente l’interruzione di gravidanza presso le strutture pubbliche entro i primi novanta giorni di gestazione Scrivi quale significato assumono i seguenti concetti nel periodo del «riflusso». 5 Perbenismo borghese Conformismo Evasione fiscale Loggia massonica Morti bianche Picchettaggio Depistaggio Autogestione Prova a riflettere sul significato di «battaglie civili» e, alla luce di quello che hai letto nel capitolo, spiega a che cosa si riferiscono; scrivi poi un esempio di battaglia civile dei giorni nostri. Osserva, rifletti e rispondi alle domande 6 Osserva la mappa concettuale relativa alla situazione italiana dal Sessantotto agli anni Ottanta. Poi rispondi alle domande. La situazione sociale e politica italiana dal Sessantotto agli anni Ottanta Esplora il macrotema 3 Completa il testo. La contestazione giovanile iniziata nel 1968 dà avvio a un decennio di alta conflittualità politica e sociale; conclusosi il Sessantotto studentesco, infatti, lo scontro si sposta nelle fabbriche. Qui, durante il cosiddetto «(1) caldo» del 1969, le trattative per il rinnovo dei (2) permettono agli operai di unirsi per chiedere una riforma più generale delle norme che disciplinano il lavoro. Le contestazioni investono l’assoluta libertà di licenziamento da parte degli imprenditori, le forti (3) di retribuzione tra Nord e Sud d’Italia, la scarsa sicurezza dell’ambiente di fabbrica, il basso livello generale dei salari e la troppo rigida disciplina di reparto. Se in un primo momento le rivendicazioni degli operai colgono impreparate le organizzazioni sindacali, successivamente i tre grandi (4) (CGIL, CISL e UIL) riescono a riprendere in mano la situazione, ottenendo importanti conquiste sia sul piano contrattuale (innalzamento dei (5) ) che su quello dei diritti (Statuto dei lavoratori). Le lotte studentesche e operaie hanno l’effetto di generare una forte politicizzazione a sinistra di buona parte della società italiana, nonché la formazione di (6) extraparlamentari e un forte consenso nei confronti del PCI. Tuttavia, già a metà degli anni Sessanta emerge da destra una concreta minaccia, portata avanti da forze che intendono impedire quello spostamento verso (7) dell’asse della politica italiana che si profilava con l’arrivo dei socialisti al governo. Formazioni come Ordine nuovo o Avanguardia nazionale, che si richiamano apertamente al (8) , danno avvio alla cosiddetta «strategia della tensione»: una lunga serie di attentati terroristici, inaugurati dalla strage di piazza Fontana a (9) , il cui obiettivo è quello di colpire l’Italia con violenze e attentati incolpando la sinistra. Ciononostante le colpe della destra emergono presto, così come il coinvolgimento negli attentati di parte degli apparati dello (10) . Mostra quello che sai 7 290 © Loescher Editore – Torino 1 Quali fattori determinano la crisi sociale degli anni Settanta? 2 Perché i governi di centrosinistra entrano in crisi? 3 In che senso si parla di «riflusso» negli anni Ottanta? Osserva l’immagine a p. 279 (a destra): che cosa rappresenta? Qual è il suo valore simbolico? © Loescher Editore – Torino 291