1. Dinamica relativistica a) Quantità di moto e massa relativistica b

APPUNTI SULLA RELATIVITA’ RISTRETTA (2/2)
1. Dinamica relativistica
a) Quantità di moto e massa relativistica
b) Seconda legge di Newton ed energia
c) L’equivalenza fra massa ed energia
d) Unità di misura per massa-energia e quantità di moto
e) L’esperimento di William Bertozzi (sulla velocità limite)
2. Relatività ed elettromagnetismo
1. Dinamica relativistica
a) La quantità di moto
In relatività è necessario introdurre una nuova definizione di quantità di moto,
affinchè il principio di conservazione di questa grandezza continui a valere.
La definizione classica Sp =mu
S viene sostituita da Sp =γm0u
S , con m0 massa propria
o massa riposo.
Esempio dimostrativo
Consideriamo un evento di urto elastico bidimensionale fra due masse uguali:
la quantità di moto si conserva.
Analisi secondo la fisica classica
Spiniziale = Spfinale
→
mu
S =mUS
→ in due dimensioni mu
S x+muS y = mUS x+mUS y
Osservatore O ′: i corpi A e B hanno uguale massa m, velocità iniziali uguali in
modulo e opposte in direzione, quindi la quantità di moto totale è nulla, cioè
u’yB = -u’yA e u’xB = -u’xA e poiché l’urto è elastico si ha
u’yA= -U ’yA=U ’yB= -u’yB
e
u’xA=U ’xA= -U ’xB= -u’xB
L’osservatore O ′ nota che, durante la collisione, le componenti y ′ delle velocità invertono semplicemente i segni, mentre le componenti x ′ rimangono invariate.
1
S ′xB = -u
S ′xA, si avrà
Osservatore O: scelto Sv = u
S yA e
u
S xA= 0 e u
S yA = u
S ′yA = −U
S yB;
Su yB = u
S ′yB = −U
secondo la meccanica classica le componenti y della velocità non vengono
influenzate dalla trasformazione e la quantità di moto si conserva:
Spiniziale = Spfinale
→
in modulo
con UyA = uyA e UyB = uyB , quindi
muyA − muyB = −mUyA + mUyB
muyA − muyB = −muyA + muyB
2muyA = 2muyB (*)
e poiché i corpi hanno la stessa massa è u yA = u yB .
Analisi relativistica
Questo risultato non è in accordo con le trasformazioni di Lorentz, per le quali risulta
uyB
′
per il corpo B: uyB
= vuxB
γ 1− 2
c
uyA
′
per il corpo A: uyA
=
essendo uxA = 0
γ
uy B
vux B
1−
c2
in contraddizione con il risultato classico!
′
′
Supponendo di avere uyA
= uyB
, si ricava che uyA =
cioè
u yA u yB
Le componenti y della velocità sono influenzate dalle trasformazioni relativistiche:
non hanno gli stessi valori in due riferimenti diversi e se sono uguali fra loro in
modulo in un riferimento, non lo sono necessariamente in un altro.
Se il principio di conservazione della quantità di moto deve valere per tutti i sistemi
di riferimento inerziali, è necessaria una nuove definizione di massa:
2
l’equazione (*) 2muyA = 2muyB viene riscritta
mA
uyA
da cui si ricava
mB = mA
=
uyB 1 − vuxB
c2

mA


mB =

vu


1 − x2 B

c

u −v
′


v(=uxB
) = xBvuxB



1− 2
c
c2
→ v=
1−
uxB
r
u
1 − xB
c
2
!
2mAuyA = 2mBuyB
⇒
mB = r
mA
uxB 2
1−
c
Possiamo generalizzare la formula con le seguenti considerazioni:
- la formula precedente si può applicare a qualsiasi urto
- le masse mA e mB a riposo sono uguali e le indichiamo con m0 (massa a riposo
o massa propria in ciascun riferimento)
- per l’osservatore O la massa B si muove in direzione x con velocità uxB, che più in
generale indichiamo con u, quindi si può scrivere
m0
m= r
2
u
1−
c
che ci esprime come la massa relativistica m di un corpo che si muove alla velocità
u, varia con u secondo la funzione crescente m=m(u), per la quale si ha che
lim m(u) = m0
u→0
lim m(u) = +∞
e
u→c
3
Dire che la massa di un corpo aumenta con la velocità significa affermare che
l’inerzia del corpo aumenta con la velocità.
Conclusione - Per rendere la conservazione della quantità di moto negli urti una legge
che sia sperimentalmente valida in tutti i sistemi di riferimento, dobbiamo definire
la quantità di moto, non come Sp = m0Su , ma come 
Sp = r
m0 u
S
2
u
1−
c
m0ux


px = r

2


u


1
−


c




 p y = r m0u y
2
u
con componenti
1
−


c




 pz = r m 0 u z


2

u


1
−


c
b) Seconda legge di Newton ed energia
Le considerazioni che seguono, pur avendo carattere generale, si limitano al moto di una particella
e al moto relativo dei riferimenti O e O ′ lungo l’asse x.
S = m d Su = m Sa deve essere così generalizza:
dp
0
0
dt
dt


m0 u
S d
S
S = dp
F
= r

dt dt
u 2
1−
c
S=
La seconda legge di Newton F
L’energia cinetica
Definizione generale: l’energia cinetica K di una particella di velocità u è il lavoro
compiuto da una forza esterna per aumentare la velocità della particella da zero al
valore u (teorema dell’energia cinetica).
K nella meccanica newtoniana:
R
R dx
R u=u
R u=u
1
du
du = m0 u=0 udu = m0u2
K= u=0 Fdx = m0 dx = m0
dt
2
dt
K nella meccanica relativistica:
R u=u
R
R
R dmu
dx
K= u=0 Fdx =
dx = d(mu)
=
(udm + mdu)u =
dt
Rdtu=u 2
= u=0 (u dm + mudu)= (⋆)
___________________________________________________
m= r
2 u
m0
2
= m20 → m2c2 − m2u2 = m20c2
1
−
→
m
2
c
u
1−
c
differenziando quest’ultima equazione si ha: 2mc2 dm − 2mu2 dm − 2m2udu = 0
e dividendo per 2m: c2 dm − u2 dm − mudu = 0 → u2 dm + mudu = c2 dm
____________________________________________________
R u=u
R m=m
(⋆) = u=0 c2dm=c2 m=m dm = mc2 − m0c2
0
4
K=mc2 − m0c2
o anche

1
K = m0c2 s
2 − 1 



 1− u
c

K=m0c2(γ − 1)
Indicando
E = mc2
con il nome di energia totale e detta m0c2 l’ energia a riposo della particella,
si può scrivere
E = K + m0c2
Importanti considerazioni:
- l’energia totale E = mc2 della particella è la somma della sua energia cinetica
e della sua energia a riposo;
- per u=0 K=0 ed E=m0c2
l’energia totale della perticella è l’energia a riposo;
1
- per u« c K= m0u2
l’espressione relativistica dell’energia cinetica coincide
2
con quella classica (si dimostra mediante sviluppo in serie);
K
- la relazione K=mc2 − m0c2 si può scrivere m − m0 = 2 ed evidenzia che
c
un aumento di energia cinetica di una particella comporta un aumento della sua
massa inerziale m.
Relazione fra energia totale, energia a riposo e quantità di moto





1

2 s

K = m0c 

2 − 1 





u




1−
c
→ eliminando u si ottiene (K + m0c2) = (pc)2 + (m0c2)2, cioè


m
u
0


p= r

2


u


1−

c
E 2 = (pc)2 + (m0c2)2
con immediata interpretazione grafica
5
c) L’equivalenza fra massa ed energia
La formula
E = mc2
esprime il principio di equivalenza massa-energia.
Nella meccanica classica la conservazione della massa e la conservazione dell’energia
sono due leggi fondamentali indipendenti fra loro.
La teoria della relatività afferma, invece, che la massa non è più una costante
(non è invariante) e rappresenta una forma di energia da aggiungere nel computo
dell’energia totale, alle classiche forme cinetiche e potenziali.
Ogni qualvolta un corpo assorbe o cede una quantità di energia E, la sua massa
∆E
aumenta o diminuisce di una quantità ∆m = 2 .
c
d) Unità di misura per massa-energia e quantità di moto
In fisica atomica e nucleare l’energia di una particella è misurata in elettronvolt,
unità di misura, in questo contesto, più comoda del joule:
Def.: un ev è l’energia cinetica acquistata da un elettrone quando è accelerato tra
due punti A e B tra i quali è mantenuta la d.d.p. di 1 V.
∆K = L = q∆V → 1 eV=1,602·10 −19J
Il principio di equvalenza massa-energia suggerisce un nuova utile unità di misura
- per la massa:
E=mc2 → m =
nel S.I.:
1
E
c2
→ la massa si può misurare in
eV
c2
eV
= 1, 782 · 10−36 kg
c2
Esempio
La massa a riposo dell’elettrone è m0 = 9, 11 · 10−31 kg .
E = m0c2 F 9, 11 · 10−31 · (3 · 108)2 = 8, 20 · 10−14 J =
=
8, 20 · 10−14
1, 602 · 10−19
F
5,12·105 eV = 0, 512 Mev
6
quindi la massa a riposo dell’elettrone vale m0 F 0,512 MeV/c2 .
- per la quantità di moto:
eV
γ è adimensionale, m0 si misura in 2 , v si può esprimere in
c
eV
unità di c , quindi p si misura in
c
eV
nel S.I.: 1 = 5, 34 · 10−28 kg · m/s.
c
p=γm0v →
e) L’esperimento di William Bertozzi (sulla velocità limite)
Nel 1963 lo scienziato William Bertozzi effettuò un esperimento con l’intento
di dimostrare l’esistenza della velocità limite. Allestì un apparato sperimentale
mediante il quale venivano creati degli elettroni liberi, che poi erano accelerati
mediante opportune differenze di potenziale.
Bertozzi procedette alla misurazione della velocità degli elettroni al variare della
loro energia cinetica, ovvero al variare delle differenze di potenziale fornite loro per
accelerarli ed ottenne i seguenti risultati:
7
Analisi dei risultati
- I valori di v2 corrispondono a quelli sperimentali solo per valori molto bassi di
energia cinetica.
- Al crescere dell’energia cinetica la velocità degli elettroni aumenta, ma molto meno
di quanto dovrebbe in base alle leggi della meccanica classica.
- Quando la velocità degli elettroni aumenta, aumenta anche la loro massa inerziale,
ovvero la resistenza che oppongono all’accelerazione.
- Al crescere dell’energia cinetica la velocità tende a stabilizzarsi intorno a un valore
fisso v2=9 · 1016 (m/s)2, che rappresenta la velocità limite.
Conclusioni
- Il valore della velocità limite corrisponde a quello della velocità della luce.
- La velocità della luce è la velocità limite alla quale una particella può avvicinarsi
senza mai raggiungerla.
- L’esperimento è in accordo con le previsioni della relatività, che aveva proposto
una nuova formula per calcolare l’energia cinetica.
2. Relatività ed elettromagnetismo
Trasformazioni di E e B
(per velocità relativa v fra O e O ′ lungo l’asse comune x-x ′)
______________________________________________
Quanto segue si basa sull’assunto dell’invarianza della carica elettrica (q = q ′).
Questa ipotesi è ritenuta valida sia perchè consistente con tutti i risultati basati su
di essa, sia perchè ha avuto diretta conferma sperimentale.
______________________________________________
Quando si trasformano le coordinate spazio-temporali per mezzo delle equazioni di
trasformazione di Lorentz, si trova che le equazioni di Maxwell rimangono invariate
in forma e i campi elettrico E e magnetico B si trasformano secondo le seguenti
formule:

′


Bx = Bx


 ′
v
B y = γ B y + 2 Ez
c


v
 ′

 Bz = γ Bz − 2 E y
c

′



 Ex = Ex
′
E y = γ(E y − vBz)



 E ′ = γ(Ez + vB y)
z
Le componenti del campo E in O dipendono sia dalle componenti di E ′ che di B ′ in
O ′, idem per le componenti del campo B.
Queste trasformazioni mescolano i campi tra loro: non ha più senso parlare di campo
elettrico o di campo magnetico, bensì di campo elettromagnetico.
8
______________________________________________
Se per esempio ho una carica q in quiete nel primo riferimento O, avrò, in O, un
q
campo elettrico come quello previsto dalla legge di Coulomb E=k 2 e nessun
r
campo magnetico.
Nel secondo riferimento O ′ avrò un campo elettrico

′



 Ex = Ex
′
E y = γE y
e quindi non



 E ′ = γEz
z
molto diverso
 dal precedente almeno per basse velocità, ma avrò anche un campo
magnetico
non nullo.
′



B = Bx

 x′
v
B y = γ 2 Ez
c


′
v


 Bz = γ 2 E y
c
, piccolo per piccole velocità, quando γ
F
1 e
v
F 0, ma
c2
Questo fatto, cioè che una carica in movimento genera un campo magnetico, naturalmente era già noto nella teoria classica, quindi l’apparire ora di questo campo
magnetico non è una cosa strana, è semplicemente una manifestazione del fatto
che i due campi elettrico e magnetico sono espressioni di un’unica entità fisica: il
campo elettromagnetico e vedere l’uno o l’altro è solo una questione di sistemi di
riferimento.
_______________________________________________
L’ unificazione profonda dei concetti di campo elettrico e magnetico è uno dei pilastri
della teoria della relatività, che, in realtà, si caratterizza proprio per tutta una
serie di unificazioni (spazio e tempo, energia e momento, campo elettrico e campo
magnetico).
Il "paradosso" della teoria classica delle interazioni magnetiche
Esempio classico della relazione tra un campo E e un campo B in due sistemi di riferimento
9
Consideriamo un filo percorso da corrente i nel verso delle x negative e poniamo
una carica q , negativa, ad una distanza data dal filo, in moto, rispetto al filo, con
la stessa velocità u degli elettroni di conduzione (u
S =vS deriva F 10-4 m/s).
Consideriamo inoltre i riferimenti O del filo, nel quale q ha velocità Su = Sv e il
riferimento O ′, solidale alla carica q, che fissiamo sull’asse y ′: Sv è quindi anche la
velocità relativa fra O e O ′ (u
S = Sv = Sv deriva).
Interpretazione classica
Nel riferimento O del filo la carica
risentirà della forza di Lorentz, che la farà
S = q ES + Su × BS = qvS × BS ES = 0, Su = Sv 0, BS 0 .
avvicinare al filo: F
Nel riferimento O ′ della carica, dal punto di vista classico, nulla cambia per
il campo magnetico (invece di cariche negative che si muovono "verso destra" avrò
cariche positive che si muovono "verso sinistra" e cioè la stessa corrente di prima),
solo che ora la carica è ferma e dunque non ci saranno effetti magnetici:
′
′
′
′
S
F = q E + u × B = 0 E ′ = 0, u ′ =0 e B ′ 0 e la carica, secondo l’interpretazione
classica del fenomeno, non dovrebbe risentire di alcuna attrazione verso il filo!
Interpretazione relativistica
Nel riferimento O del filo, la carica risente di un campo magnetico avente unica
i
S è diretto lungo il verso negativo
componente Bz ( Bz = −µ0 , dove il segno “−” indica che B
2πr
S = q ES + Su × BS = qvS × BS ES = 0, Su =vS 0, BS 0 , quindi
dell’asse z): F
F = q vBz
Nel riferimento O ′ della carica, la carica risentirà, sia della presenza di un campo
magnetico, sia della presenza di un campo elettrico diretto come l’asse y positivo,
dati dalle formule
Bz′ = γ Bz
E y′ = −γvBz
Il campo elettrico origina la forza che attira la carica negativa verso il filo:
S ′ =0, B ′ 0 , quindi
S y′
F ′ = q E ′ + Su ′ × B ′ = q E
E ′ 0, u
F ′ = qE y′
da cui F ′ = −qγvBz → F ′ = −γF .
Il fatto che la carica si avvicini al filo deve essere una proprietà invariante, cioè
indipendente dal riferimento.
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