Arte e Cultura I Palazzi dei Pallavicini e Lomellini al Vastato fra XVI e XIX secolo di Simona Bossini I palazzi dei nobili Tommaso Pallavicini e Agostino Lomellini nella zona del Vastato a Genova, sono inseriti nelle liste dei rolli delle case obbligate agli alloggiamenti pubblici. Gli elenchi, che coprono l’arco temporale dal 1576 al 1664, di edifici privati divisi in diversi bussoli destinati ad essere sorteggiati secondo la qualità dei personaggi da ospitare su precettazione della Repubblica di Genova. Molto poco si conosce delle loro vicende storico-architettoniche. Rimasti nell’oblio per lungo tempo, causa le profonde trasformazioni subite nel corso del XIX secolo, sono stati poco oggetto di riflessione. Il palazzo di Tommaso Pallavicini Le prime notizie risalgono al 1588 quando fu inserito nel rollo come proprietà del nobile Cristoforo Spinola. Ereditato dal figlio Agostino fu nuovamente inserito nel rollo del 1599 e, ancora, nel 1664 a nome di Tommaso Pallavicini1. Il primo documento in cui è citato il palazzo, come proprietà del Pallavicini, è una richiesta di modifica di certi sporti fatta ai Padri del Comune in data 7 settembre 1620 che così asserisce: Illustrissimo Tomaso Pallavicino fabbrica una sua casa questa nella contrada del Guastato alla quale restano due sporti 2 . Ancora in una supplica del Pallavicini ai Padri del Comune troviamo un diretto riferimento alla collocazione dell’edificio nel tessuto cittadino, l’antico documento datato 7 dicembre 1621 recita: Illustrissimo Tomaso Pallavicino va fabbricando la sua casa dalla piazza del Guastato e per maggiormente abbellire quelle parti desidererebbe abbassare la strada che resta dinanti et a lato della casa(..) 3. Da un documento conservato presso l’Archivio di Stato di Genova abbiamo appreso che l’architetto Bartolomeo Bianco A fronte Paolo Gerolamo Piola, Allegoria dell’Astronomia, olio su tela, Genova, Palazzo di Agostino Lomellini. si accordò nel febbraio del 1618, con Giò.Agostino Balbi per edificare un palazzo in presenti civitate genue in via nuova magnifici Balbi vicino ecclesia Beata Maria Annunziata Vastati per la somma di 125.000 lire. Dall’atto si evince inoltre che nel giugno del medesimo anno si impegnò in alcuni lavori per la dimora di Tommaso Pallavicini, è quindi plausibile ritenere che sia stato l’artefice della ricostruzione4. Dall’Estimo del 1798, un documento catastale che offre un quadro esauriente delle proprietà immobiliari e dei loro valori, si apprende il nome del successivo proprietario: il marchese Francesco Gropallo5. Tale informazione è ulteriormente convalidata dalla descrizione fornitaci dall’Anonimo del 1818: …sulla strada superiore alla Nunziata in faccia è l’altro palazzo del quondam Vincenzo Lomellini, che fa corpo con quello a ponente del marchese Gropallo 6. Anche l’Alizeri, nella sua Guida artistica della città di Genova, edita nel 1846, lo indicò come committente delle decorazioni, purtroppo oggi scomparse, sulla facciata. Il prospetto dell’antico edificio è noto grazie a Rubens che lo inserì nell’edizione de I palazzi moderni di Genova raffigurandolo in tre incisioni: esternamente ed internamente nei due piani nobili di cui era costituito; successivamente attraverso l’incisione settecentesca, raffigurante la piazza della Nunziata, dell’abate Antonio Giolfi. Una riproduzione fotografica dell’inizio del Novecento documenta la prima grande trasformazione: l’allora proprietario, il senatore Gerolamo Rossi 7, aggiunse un piano più un casotto che aumentò lo sviluppo in altezza dell’edificio. Al 1930 risale il cambiamento più radicale: fu tagliato il pianterreno per creare il portico viario su via Bensa. Quest’intervento fu attuato per volere dell’Acquedotto de Ferrari Galliera che da allora è il proprietario dell’edificio. 23 Il palazzo di Agostino Lomellini Attiguo al palazzo di Tommaso Pallavicini è quello del nobile Agostino Lomellini che lo ricevette in eredità da Filippo, proprietario dal 1572; fu anch’esso inserito nel rollo del 15888. Nell’ Estimo catastale del 1798 risultava, fra i palazzi più superbi, come proprietà di Vincenzo Lomellini; proprietà riconfermata da altre fonti antiche fra cui il Ratti, che così scriveva: Il palazzo del sig.r Vincenzo Lomellini, la cui sala è ornata di quadri del nostro Giovannandrea Carlone. E’ qui un salotto eccellemente dipinto ad ornamenti da Tommaso Aldovrandini con una Venere, e dei putti nella volta di Paologirolamo Piola(..). Nel salotto contiguo ve ne hanno quattro altri pur in mezze figure dello stesso Vandyck. Uno di scuola Venziana, ed un altro di Giacinto Rigaud Parigino(…) 9. Alcune delle opere pittoriche citate dallo storiografo genovese si trovano ancora nelle sale, trasformate in uffici del Dipartimento di filosofia dell’ Università di Genova, del palazzo attualmente della famiglia Cattaneo Adorno. Fra queste l’affresco illustrante Amore e putti eseguito da Paolo Gerolamo Piola eccezionalmente in collaborazione col quadraturista bolognese Tommaso Aldovrandini, che fu ricordato dallo storiografo Orlandi nel suo Abecedario pittorico quando il Piola era ancora vivente10. L’Aldovrandini dipinse una griglia generale di architettura che, oltre a misurare la dimensione spaziale del salone, fungeva da supporto alla cupola magnificamente decorata da Paolo Gerolamo Piola. Alle pareti le raffinate quadrature simulano delle cornici mistilinee, che custodivano dipinti oggi perduti, decorate ai lati da festoni e al di sotto da colombe con ra- 24 cemi lumeggiati d’oro. I festoni collegano le cornici mistilinee a quelle di forma ovale che fungono da sovrapporta. A giunzione fra le pareti e la cupola si innesta una ficta balconata sulla quale si palesano, uno per parete, quattro medaglioni monocromi, decorati con scene legate al mito di Venere (la nascita di Venere, Adone con i cani, Venere con fiori, l’ultimo è purtroppo illeggibile), sotto ad ognuno vi sono delle panoplie con trionfi militari. Poco al di sotto della balconata corre una scanalatura decorata da alcuni mascheroni. Negli angoli a sostegno della cupola sono quattro vasi a finto bronzo ornati da fiori e da figure leonine. Emerge alla vista una magnifica fusione fra gli elementi architettonici e le figure dei putti attorniati da fiori e da colombe, elemento tradizionalmente legato alla figura della dea Venere, che è la regina dell’affresco sulla cupola. Costei è infatti collocata al centro, colta in torsione, posizione che causa un rapido movimento del manto blu che avvolge parzialmente la veste di colore grigio-ocra. Come in una rappresentazione teatrale la gestualità rasenta i toni della magniloquenza, manifestando enfaticamente la soddisfazione di Venere, scelta da Paride come la più bella, che alza verso l’alto la mano che trattiene il pomo. Sopra: Giolfi –Tessera – Chiesa – Torricelli, “Veduta della Piazza della Nunziata”, stampa all’acquaforte, Genova, Collezioni d’arte di Banca Carige. A fronte In alto, il prospetto su Via Bensa del Palazzo Rossi Martini e in basso il prospetto dello stesso palazzo su Piazza della Nunziata, dopo le trasformazioni ottocentesche. Genova, Archivio Storico del Comune di Genova. Arte e Cultura Testimoni all’evento sono i graziosi putti che ora volteggiano spargendo fiori, ora giocano fra loro, la leggiadria di queste figure apre ad un gusto settecentesco, affine e, nello stesso tempo, distante dai putti vibranti ed ariosi delle opere del padre Domenico. Il tema di questo affresco, strettamente correlato al Concilio degli dei, funge da griglia su cui innestare la declinazione apologetica delle grandi famiglie che richiedono a Paolo Gerolamo di approntare i teatri dell’autoglorificazione dipinta nelle loro dimore. Nel palazzo è conservato anche un dipinto su tela attribuibile, anche se solo su basi stilistiche, al periodo maturo di Paolo Gerolamo, che rappresenta l’Allegoria dell’Astrologia. Per questa raffigurazione il Piola si rifece ai dettami stilati dal Ripa: “Donna vestita di colore celeste, con una corona di stelle in capo. Nella destra mano terrà uno scettro, nella sinistra una sfera, ed accanto un’Aquila(..)”11, ponendo, in primo piano, al centro della tela, la figura dell’Astrologia che è leggermente ruotata verso destra con lo sguardo rivolto verso l’alto, nella mano sollevata in alto tiene il compasso mentre nell’altra stringe uno stilo poggiante sul globo celeste. A lato un delizioso putto, di chiara reminiscenza paterna, è distratto dal cannocchiale che stringe fra le mani. Nella parte inferiore vi sono una clessidra ed un cartiglio, forse a simboleggiare il Tempo, mentre a sinistra, seppur parzialmente nascosta dalla cornice in stucco, si nota la testa di un’aquila. Tipica del pittore è la figura femminile, soprattutto nella definizione dei tratti somatici, esplicitati nella fronte bombata, nel disegno rettilineo della piramide nasale. Dall’osservazione diretta si ravvisano le caratteristiche intrinseche alla scrittura di Paolo Gerolamo che emergono, con grande forza, in un dettato composto che sfocia nella restituzione di un volto preziosamente smaltato dai grandi occhi fissi, solo lievemente sfiorati da accenti di penombra. Abbreviazioni A.S.Ge.= Genova, Archivio di Stato A.S.C.G.= Genova, Archivio Storico del Comune Note 1 E. POLEGGI, Invenzione dei rolli. Genova città di palazzi, Milano, 2004, p.165. 2 A.S.C.G., Atti dei Padri del Comune, f.80, doc. 317, 1620 Settembre 7. 3 A.S.Ge., Diversorum Collegii, f.54, doc. 461, 1621 Dicembre 7. 4 A.S.Ge. Fondo notai antichi Ambrogio Rapallo, 1618 Febbraio 7. 5 L. GROSSI BIANCHI-E.POLEGGI, Una città portuale del Medioevo, Genova nei secoli X-XVI, Genova, 1980, pp.314-316. 6 Descrizione della città di Genova da un anonimo del 1818, Genova, 1969, p.114. 7 A.S.C.G., Ufficio dei lavori pubblici, doc. 123, 1911 Luglio 14. 8 E.POLEGGI, Una reggia repubblicana. Atlante dei palazzi di Genova 1576, 1664, Torino, 1998, p.166. 9 C.G.RATTI, Istruzioni di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura ed architettura, Genova, 1780., p.161. 10 A.TONCINI CABELLA, Paolo Gerolamo Piola e la sua grande casa genovese, Genova, 2002, p.119. 11 C.ORLANDI, Iconografia del cavaliere Cesare Ripa perugino, tomo I, Perugina, 1764, pp.173-174. Arte e Cultura 25