Continua a leggere - Liceo Scientifico Ulisse Dini

GIUGNO 2016
N°3
IN PRIMA
PAGINA:
INCONTRO CON
ANDREA CASHETTO
“MATTI,
SIAMO TUTTI
MATTI!”
UBI MAIOR,
MINOR CESSAT
TORNEO DI
CALCETTO 2015/2016
L’Ulisse
Incontro con Andrea Caschetto di Niccolò Ferrini
Venerdì 8 Aprile, nella palestra del liceo Dini, gli alunni del quarto anno
della scuola hanno avuto l’occasione di partecipare ad un incontro con
Andrea Caschetto, un ragazzo di 25 anni.
Andrea è stato invitato dai rappresentanti del Liceo a esporre prima gli
eventi più significativi della sua vita per poi introdurre la sua “grande storia”.
Si è presentato come un giovane cordiale e gioviale disposto a parlare della
sua infanzia con un tono ironico. Egli è riuscito a limitare una grave malattia
che gli impediva alle volte di ricordare gli eventi passati; è riuscito ad
accettare questo ostacolo e a conviverci con molta positività. Proprio questa
positività lo ha portato, al termine dei suoi studi, a fare qualcosa di originale,
innovativo e toccante: fare il giro del mondo in 80 orfanotrofi. È così che con
gioia, passione, semplicità e forte intensità emotiva Andrea ha colpito il
cuore di molti ragazzi grazie alle sue storie e ai video da lui presentati, girati
negli orfanotrofi più fatiscenti. Andrea non solo ci ha fatto conoscere le
proprie esperienze ma ci ha fornito importanti lezioni di vita, ci ha svelato i
lati più toccanti della vita, più duri e crudeli e lo ha fatto con una leggerezza
colloquiale con la quale è riuscito a coinvolgere e destare grande interesse in
tutti i presenti.
Cinque alunni della nostra scuola hanno vinto il concorso
“Cittadini europei, cittadini del mondo” 2016. Quello che segue è
l’elaborato di una delle vincitrici, che ha scelto di svolgere la traccia
riportata in corsivo.
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N°3
Ubi maior, minor cessat di Clara Irene Becuzzi
Secondo il grande storico britannico Toynbee gli europei oggi di fronte
all’ascesa dei grandi Stati di dimensione continentale (Usa, Cina, India,
Russia, Brasile) hanno la scelta tra “unirsi o perire” come i greci delle poleis
di fronte all’ascesa dell’impero romano e come gli abitanti degli stati
regionali del Rinascimento di fronte al consolidamento dei primi Stati
moderni europei. Rifletti su questa affermazione e sul rischio che corre la
civiltà europea moderna.
La storia dell’umanità è stata scandita da un continuo nascere, fiorire e
decadere di numerose civiltà. Lo storico britannico Toynbee affermò il fatto
che gli stati moderni europei avrebbero potuto dare inizio al proprio
processo di decadenza per un’incapacità di affrontare unitariamente gli stati
emergenti, come le poleis greche e gli stati regionali del passato che
cedettero alla potenza dei romani e delle monarchie nazionali. Civiltà
diverse, età diverse, stessa causa di rovina. Lo stato del presente a cui l’uomo
è riuscito a giungere non è dunque un punto di arrivo ma solamente di
passaggio.
Prendiamo in considerazione l’Europa: essa è una delle zone più ricche del
globo e pone al primo posto il liberismo economico (almeno per quanto
riguarda i paesi più avanzati) e la democrazia. Nel vecchio continente
sembra però emergere in modo progressivo la mancanza di un aspetto
plausibilmente indispensabile: l’unione in senso proprio. Tra i vari stati
membri non vi è una sufficiente collaborazione in ambito decisionale tant’è
che la Primavera araba, la questione dell’Ucraina, la crisi della Grecia,
l’immigrazione e le guerre in Siria sono solo alcune delle tante circostanze in
cui l’Europa si è mostrata divisa.
Tuttavia sulla scena mondiale risultano essersi affermati quasi
completamente alcuni stati che, dopo secoli di dittature, sono riusciti a
risollevarsi in un periodo davvero breve. Si tratta delle nazioni che vengono
indicate congiuntamente con l’acronimo BRIC (Brasile, Russia, India, Cina).
Il BRIC è contraddistinto da un forte fattore demografico e deve il proprio
sviluppo economico alle grandi disponibilità di materie prime, a un basso
debito pubblico e a una politica che punta all’investimento. Ovviamente
questo è solo un lato della medaglia: il basso costo della manodopera e il
limitato rispetto dei diritti umani causa un enorme divario all’interno della
popolazione. In ogni caso, questi paesi sembrano essere sulla giusta rotta per
precedere economicamente la potenza europea ed essa risulta impreparata
perché, tutto sommato, non si era mai trovata ad affrontare una difficoltà di
questo genere.
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Secondo Toynbee, la condizione degli stati moderni europei è riscontrabile
con quella delle poleis del V-IV sec. a.C.. Prima di allora nessuna civiltà era
stata al pari di quella greca in ambito culturale e politico nonostante la sua
popolazione non costituisse uno stato unitario e il territorio fosse diviso in
città-stato indipendenti. Anticamente il raggiungimento del bene personale
era vincolato al bene della propria città-stato tant’è che Protagora, sofista di
Abdera, asserì il fatto che ogni individuo, prima di essere tale, era cittadino
della polis a cui apparteneva. La frammentazione territoriale greca non
rappresentò un vero e proprio ostacolo finché non subentrarono dapprima i
macedoni e in seguito i romani. Questi ultimi, pur sviluppatisi in tempi
successivi rispetto alle poleis, erano uniti e guidati da un forte spirito
espansionistico. Non ci volle molto prima che i romani annettessero le cittàstato al loro vasto impero. Ciò avvenne perché le poleis, abituate a conflitti
tra pari (come la Guerra del Peloponneso), non compresero in tempo che
l’unica strategia realmente efficace per salvarsi sarebbe stata quella di agire
in modo concorde.
Toynbee sostenne che uno sviluppo simile si ebbe anche in seguito alla
nascita degli Stati regionali nella penisola italiana. Essi erano territori
innovativi a livello statale e finanziario ma ognuno di questi, anche se
sufficientemente grande per essere autonomo, risultava troppo piccolo per
ottenere l’egemonia dell’intera penisola. A causa delle guerre di predominio
tra gli Stati regionali, l’Italia divenne debole e incapace di contrastare le
ormai concrete minacce esterne. Si stavano difatti affermando delle
monarchie nazionali che, seppur meno all’avanguardia, erano unite dal
punto di vista politico e sociale. Come i romani nei confronti delle poleis,
anche le monarchie nazionali considerarono il territorio italiano come una
zona strategica da acquisire. Il trattato di Noyon del 1516 decretò per primo
questo fatto in modo “ufficiale”.
Un altro fattore fu storicamente decisivo: la sottovalutazione delle nuove
potenze. Gli stati regionali, ad esempio, credevano che allearsi con le nuove
monarchie nazionali potesse risolvere la condizione policentrica italiana. Si
parla infatti di “machiavellismo”, termine nato da un’interpretazione de Il
Principe (opera scritta dal rinomato filosofo dell’epoca Nicolò Machiavelli),
che fa riferimento all’insieme degli atteggiamenti immorali di un
determinato signore che, pur di accrescere il proprio potere, si serviva di
tutti coloro che gli sarebbero potuti risultare utili. Per fare un esempio,
Ludovico Sforza, reggente al ducato di Milano, ritenne opportuno allearsi
con la Francia angioina affinché indebolisse il regno di Napoli ma alla fine
verrà fatto esiliare proprio dagli stessi francesi che avevano invaso la città
aragonese. Anche nel caso delle poleis si ebbe una sottovalutazione analoga:
le città-stato invero considerarono i romani come coloro che li avrebbero
semplicemente liberati dal dominio macedone.
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L’Europa è in una situazione affine; i vari membri dell’Unione sono tra loro
in un rapporto conflittuale generato da forti individualismi nazionali e ogni
stato ha come scopo quello di emergere rispetto agli altri. Inoltre ogni paese
è interessato ad instaurare un rapporto privilegiato con gli stati che gli
procurano le materie prime (come la Russia) sottovalutando il fatto che il
non avere un’interconnessione delle infrastrutture (comune) in Europa per
l’importazione di materie prime potrebbe portare gli stati del BRIC a
rafforzarsi sempre di più.
In merito agli USA, c’è da dire che essi rappresentano la parte dominante del
globo fin dalla caduta dell’URSS e per questo non possono essere presi in
considerazione come gli stati del BRIC. Gli Stati Uniti, se vogliamo, hanno in
parte già raggiunto alcune tappe del processo previsto da Toynbee: nella
Seconda Guerra Mondiale, intervenendo per liberare l’Europa dalla
dittatura, non hanno esitato a disporre sul territorio basi militari, tuttora
attive. Sebbene i periodi storici comparati siano nettamente diversi, l’azione
degli USA allude a un “controllo territoriale” simile a quello dei romani nei
confronti delle poleis (anche per esse era stata promossa la liberazione dai
precedenti domini oppressivi).
Quali sono dunque i rischi per la civiltà europea se gli stati membri dell’UE si
dividessero e USA e BRIC possedessero l’intero monopolio globale? Di sicuro
si riscontrerebbe una grave crisi economica poiché ogni ipotetico ex membro
non sarebbe abbastanza forte da competere con gli immensi stati rivali. Ciò
provocherebbe un alto tasso di disoccupazione e di inflazione e quindi un
maggior rischio di deficit. I titoli di stato e il debito pubblico dei singoli paesi
sarebbero facilmente comprati dalle grandi potenze determinando così una
perdita di controllo degli affari finanziari interni (questo è però un fenomeno
già in atto). Presumibilmente si verrebbe a creare una malsana competitività
tra i vecchi membri considerato che ognuno di loro vorrebbe riuscire a
distinguersi e a comparire sulla scena mondiale. Anche per quanto riguarda i
diritti umani potrebbero verificarsi dei cambiamenti dal momento che per
garantire un sufficiente numero di entrate gli ex membri dovrebbero
diminuire i costi della manodopera e aumentare le ore di lavoro (il basso
indice demografico rispetto al BRIC rappresenterebbe uno svantaggio).
Inoltre si formerebbero nuove frontiere che comporterebbero lo sviluppo di
un protezionismo economico nazionale anziché di scambi di tipo liberista.
Se l’Europa si unisce, può realmente cambiare le cose; ne è la prova la
risposta degli stati membri alle guerre nella ex Iugoslavia. Dopo la caduta del
comunismo, l’UE è stata in grado di intervenire al meglio per garantire la
ripresa di questi paesi (basti pensare al vertice di Zagabria). In quel
momento l’unione ha fatto la differenza.
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L’Europa ha bisogno di un’organizzazione più federale, di una realtà nuova.
Una realtà non esattamente come quella degli Stati Uniti poiché, nonostante
vada riconosciuto che essi devono la propria condizione di superpotenza alla
forma di governo della repubblica federale, milioni di persone non vengono
tutelate dal sistema sanitario perché non coperte da garanzia assicurativa e il
settore privato è molto più finanziato di quello pubblico (i servizi migliori
riservati solo alle persone più abbienti causano un forte divario sociale).
Tutto sommato, non sarebbe la prima volta nella storia in cui ubi maior,
minor cessat. Ma come tutte le altre civiltà del passato, anche quella europea
ha l’opportunità di scegliere. Scegliere di commettere lo stesso errore per
l’ennesima volta o scegliere di dare una svolta alla storia dell’umanità,
unendosi. Questo è il momento giusto per agire, per cambiare all’insegna di
un’Europa migliore che in fondo ha tanto da offrire.
“Matti, siamo tutti matti!” di Vincenzo Lovisi
Ciao Darwin non è certo il tipo di programma televisivo che non lascia
l'amaro in bocca a chi ama il buon gusto, zeppo com'è d’ignoranza,
pacchianeria e tanta, tanta esuberanza. Di primo acchito, infatti, si presenta
come uno show di un'estrema leggerezza, privo di contenuti significativi; un
circo intento semplicemente a catturare le attenzioni del pubblico più
becero.
Ma è davvero tutto qui? Questo sconclusionato programma non ha altre basi
su cui poggiare il suo smisurato trash se non le larghe spalle del suo
conduttore Paolo Bonolis? No, naturalmente.
Ciao Darwin è in realtà portatore di grandi
morali e insegnamenti, così grandi e gloriosi
da riuscire a sostenere tutta la sua
strampalata impalcatura e da renderlo il più
grande varietà per ora in onda.
Pensate un attimo allo svolgimento del gioco:
due fazioni, totalmente agli antipodi, si
scontrano in un “laboratorio antropologico”
per far sopravvivere il proprio genotipo a spese di quello avversario. Il mezzo
con cui possono raggiungere tale obiettivo sono delle sfide tra le più
disparate, da cui esce vincitore solo chi si conquista le grazie del pubblico
presente in studio; ad eccezione dell'ultima la vera ed unica prova che
sancisce il più meritevole di “sopravvivere”, ovvero un gioco a quiz dove, chi
ha la peggio, finisce letteralmente con l'acqua alla gola.
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Questa formula, semplice e al contempo bislacca, riesce tutte la volte a
dimostrare come le categorie in cui si suddivide il mondo siano solo nella
nostra testa: tutti i concorrenti infatti affrontano gli stessi pericoli, hanno le
stesse paure, manifestano le stesse lacune culturali e sfoggiano lo stesso e
smodato attaccamento a valori intrisi di contraddizioni.
Il programma suggerisce, in parole povere, come tutti siamo, bene o male,
sulla stessa barca; un’imbarcazione dove hanno ragione, e torto, tutti quanti.
Ma in questa confusione, chi ha la meglio? La meglio ce l'ha colui il quale ha
più sapere, più saggezza, più cultura: e non conta il giudizio degli altri, o il
tuo aspetto fisico, o il tuo ceto sociale, per vincere basta avere passione per il
sapere, e un po' di fortuna.
Ma le gloriose basi dello show non finiscono qui, il suo insegnamento va
oltre la singola puntata, il senso stesso del programma trova la sua morale
ultima proprio nel ripetersi dello spettacolo. Infatti, nonostante le varie
edizioni e i continui scontri, ancora l'umanità dimostra di arrancare nel
capire quanto detto in precedenza, facendoci giungere ad un'unica
conclusione: siamo sull'orlo di un'apocalisse.
Ogni settimana, Ciao Darwin è la cronaca tragicomica dell'intera razza
umana, una specie animale che è rimasta bloccata in un circolo vizioso, la
quale, dopo tante lezioni, reitera gli stessi errori, senza demordere e senza
rendersi conto che, tutte le volte in cui ride dei grotteschi e caricaturali
concorrenti dello show, in verità altro non fa che ridere di se stessa.
Corso letterario “C’era una svolta”
Incipit di Paolo Giordano
Tutti davano per scontato che la notte successiva al sabotaggio avessi
dormito molto male, o non avessi dormito affatto, che mi fossi rigirato fra le
lenzuola sudate in preda a chissà quale senso di colpa. Invece no. Mi ero
addormentato prima delle undici, come sempre, con un numero di Rat-Man
ancora fra le mani, che al mattino trovai irrimediabilmente stropicciato dal
peso della mia schiena. E il rimorso per quello che avevo fatto non mi aveva
colto neppure allora, se proprio devo dirlo, giusto un po’ di dispiacere per le
condizioni del fumetto. Mi chiusi a chiave nel bagno, feci una doccia che
saturò la stanza di vapore profumato, poi decisi di rasarmi con molta
schiuma. Mia sorella sosteneva che la mia abitudine di farmi la barba a
giorni alterni fosse ridicola, dal momento che sulle guance avevo soltanto
una peluria rada e per di più bionda. Regolarmente si piazzava dietro la
porta e iniziava a tempestarla di pugni. Era sicura che mi ostinassi nel rito
della rasatura per dispetto, soltanto per impedirle l’accesso al bagno. Ma,
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come forse ho già detto, le persone danno per scontate molte cose che poi di
rivelano sbagliate, e mia sorella non è di certo un’eccezione.
Era già metà febbraio, quell’anno non c’era stata neve, neppure una
volta, ma il freddo non si era allentato nemmeno per un giorno a partire da
dicembre. Sul ponte che attraversavo ogni mattina per raggiungere la
fermata dell’autobus tirava vento di traverso e io avevo dimenticato la
sciarpa. Questo mi guastò in parte l’umore. La verità è che non pensavo
affatto al pomeriggio passato. C’erano altre cose più urgenti delle quali mi
sarei dovuto occupare nelle ore successive: una potenziale interrogazione di
chimica da scampare e, soprattutto, un mazzo di settanta prevendite per la
festa di sabato che non ero ancora riuscito a piazzare.
Credo proprio che sia stato Gianluca a farmi tornare alla mente il
sabotaggio. Alla fermata mi si avvicinò con un’aria da cospiratore. Aveva le
spalle contratte e della sua faccia si vedevano soltanto gli occhi: il mento era
infossato nella giacca e il berretto copriva per intero la fronte. Gli invidiai la
sciarpa.
«Allora, che si fa?», disse, costringendomi a sfilare uno degli
auricolari.
«In che senso?»
«Io non ho nessuna intenzione di entrare, oggi.»
«Per chimica?»
Mi lanciò un’occhiata infastidita. «Ma sei scemo?»
Fu soltanto a quel punto che certe immagini del giorno prima mi
esplosero nella testa come piccoli petardi. All’incirca la stessa sensazione di
quando hai appena richiuso la porta di casa e ti accorgi di avere dimenticato
le luci della camera accese, la finestra spalancata, le chiavi in bella vista
sulla scrivania, e sai benissimo che tutto ciò avrà delle ripercussioni serie
sul resto della tua settimana.
«Quindi che cosa proponi?», dissi.
Cercavo lo stesso di non apparire agitato, come se non me importasse
molto, dopotutto. Gianluca si sollevava sulle punte, sul piede destro e sul
sinistro alternativamente. Mi dava sui nervi. Non era stata sua, l’idea?
«Fa troppo freddo per stare fuori tutta la mattina», disse.
«Io andrei e basta. Non sei un po’ curioso di vedere?»
Gianluca si sfilò il berretto e prese a grattarsi la testa come un
forsennato. Avevo da sempre delle perplessità sulla frequenza dei suoi
shampoo. Ci fu un movimento generale delle persone in attesa alla fermata,
tutte insieme mossero un passo in avanti. Dal fondo della strada l’autobus si
stava avvicinando.
Continuazione di Vincenzo Di Lillo, fra i 23 finalisti del concorso che ha avuto più
di 2000 partecipanti in Italia.
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Mi rimisi l'auricolare nell'orecchio. Indicai a Gianluca il pullman e salimmo.
“Singing don't worry about a thing cause every little thing gonna be alright”.
La musica riprese il possesso della mia mente e le parole di Bob ebbero la
meglio sui miei pensieri. Guardai fuori dal finestrino, la pista da skate, il
centro commerciale, il cinema , il campetto da basket , sempre i soliti posti
con la solita gente, con le solite facce e i soliti gesti. Guardai Gianluca col suo
berretto da yankee, sembrava uscito da un college americano. Aveva
un'espressione strana, un po' divertita un po' impaurita. Mi tolsi le cuffie.
Eravamo arrivati davanti a scuola. Appena scesi dal pullman vidi Maurizio e
Antonio. Tutti mi guardavano con aria interrogativa come se aspettassero
degli ordini. Li salutai uno per uno con un cenno della testa poi Antonio mi
chiese col suo accento romano :
“Ma che entramo davero?”
“Ovvio”, risposi.
“Giustì te la stai facendo sotto?”, continuai.
Poi tutti e tre, compreso Gianluca, mi guardarono dubbiosamente.
“Ragà se non entriamo saremo i primi sospettati, andiamo e godiamoci lo
spettacolo.”
Maurizio buttò la sigaretta per terra, la spense con la suola della scarpa,
scosse la testa in segno di rassegnazione e si avviò verso l'entrata di scuola.
Ripensai al pomeriggio precedente, mi scappò un sorriso. Poi pensai al
momento dell'inaugurazione, a quando sarebbero stati tolti gli enormi teloni
che coprivano le facciate della palestra e sarebbe scoppiato il caos. Ripensai
a Bob e a quando diceva che fin quando il colore della pelle di un uomo sarà
più importante del colore dei suoi occhi sarà sempre guerra. Pensai che
aveva ragione. Suonò la campanella. Entrammo in classe e ci sedemmo ai
nostri soliti posti. La voglia di seguire la lezione era minima, se non nulla,
come al solito. I pensieri erano tanti e si susseguivano nella testa senza un
ordine definito. Intanto Gianluca aveva preso un foglio e una matita e aveva
iniziato la creazione di una nuova piccola opera d'arte. Finì la prima ora, ne
rimaneva solo una all'inaugurazione. La prof. di chimica, la mitica prof.
Barsetti, detta anche “la Cassazione” per le sue interrogazioni che
assomigliavano molto a condanne con sentenza definitiva e prive di qualsiasi
possibilità di appello, entrò subito in classe. Guardò l'elenco degli alunni sul
registro e poi sentenziò: “ Magrissi, alla lavagna” . Maurizio cacciò
un'imprecazione piena di sentimento ed estro poi si alzò con aria sconsolata
e si diresse verso la lavagna. L'ora di lezione volò, così, tranquilla per tutti
noi, tranne che per Maurizio a cui volò invece un tre sul registro. Uscimmo
di classe e ci dirigemmo all'inaugurazione organizzata dalla scuola per
celebrare la riverniciatura della facciata della palestra. Per l'occasione erano
stati invitati sindaco, vicesindaco e assessori ovvero le figure più in vista
della realtà politica locale. Arrivarono con le loro tipiche camicie verdi e con
la loro tipica parlata settentrionale. Io, Antonio, Gianluca e Maurizio ci
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sedemmo in prima fila, iniziavamo a provare tutti un po' di paura ma
d'altronde quello era il nostro spettacolo e per tanto quelli erano i nostri
posti.
Finalmente arrivò il momento tanto atteso e, dopo un breve discorso
introduttivo, il preside ordinò di togliere i teli che coprivano la facciata della
palestra. In un attimo tutti videro l'inaspettata opera d'arte: un atleta nero
con un pugno alzato verso il cielo dominava la facciata della palestra. L'atleta
indossava un guanto nero ed era il simbolo della lotta all'apartheid. Il
sindaco e i suoi collaboratori guardarono l'opera furiosi. Ci guardammo tutti
e quattro negli occhi, eravamo fieri di noi stessi, fieri del nostro capolavoro,
sì, questa volta avevamo vinto.
Leicester.. un miracolo targato Italia di Lorenzo
Franco
“Se il Leicester City dovesse vincere il campionato quest'anno, mi presenterei
nudo in trasmissione...”, così aveva esordito questa estate un giornalista
inglese tifoso del Leicester in maniera alquanto ironica. Niente infatti
lasciava presagire qualcosa di diverso per questa piccola squadra di bassa
classifica, appartenente ad una città in cui il Rugby la fa da padrone, e dove il
calcio non ha mai avuto molto seguito. Tutti si sarebbero aspettati un
classico campionato con eventuale salvezza o retrocessione, e invece no…
Durante le vacanze estive il club annuncia l'esonero dell'allenatore, che
aveva condotto la squadra ad una salvezza insperata nella passata stagione
(2014/2015); al suo posto il romano Claudio Ranieri, famoso allenatore
italiano dal passato più o meno glorioso in squadre come Cagliari,
Fiorentina, Juventus, Roma, Inter e alcune esperienze estere tra cui una già
in Inghilterra con il Chelsea.
Dal punto di vista del mercato dei calciatori, non arrivano invece particolari
rinforzi, e la squadra rimane praticamente la stessa della stagione
precedente, ma grazie al nuovo allenatore qualcosa cambia. Già da subito
infatti le Foxes, così chiamati i giocatori poiché sullo stemma del club è
raffigurata una volpe, mostrano un'ottima condizione fisica e mentale e
iniziano a vincere partita dopo partita. Sono in molti a stupirsi di ciò, anche
se i più maliziosi e pignoli spiegano gli ottimi risultati attraverso l'intensa
preparazione atletica, i cui effetti miracolosi normalmente spariscono già
con l'arrivo dell'Autunno, quando i giocatori, stanchi, cominciano a piegarsi
sulle ginocchia, e il loro gioco diventa sempre più grigio e lento, così come la
caduta inesorabile delle foglie dagli alberi in questa stagione. Ma questo non
è il caso del Leicester; infatti con il passare del tempo, il gruppo acquisisce
sempre più compattezza, il gioco si fa più interessante e, complice anche un
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fallimentare campionato da parte delle grandi squadre, i ragazzi di Ranieri si
ritrovano all'inizio del 2016 in testa alla Premier League, secondo molti il
campionato più duro e affascinante, con il solo Tottenham ad inseguire a
poche lunghezze, mentre tutto il mondo ormai è affascinato e già grida al
miracolo.
Le Foxes sono già degli idoli per appassionati di calcio e non, e tutti ormai
faranno il tifo per loro fino alla fine, anche se non dovessero riuscire ad
arrivare primi a Maggio. Ma il miracolo continua, questo è l'anno di Ranieri
e del suo Leicester e nessuno può arrestare la loro cavalcata verso il trionfo e
la gloria. La squadra dispone di alcuni giocatori che hanno subito una
crescita fenomenale nel corso del tempo. Il giocatore-simbolo della squadra
è il bomber Jamie Vardy, idolo indiscusso della tifoseria, che fino a pochi
anni fa, giocando in categorie dilettantistiche, per mantenersi lavorava in
fabbrica e che ora è divenuto il mito calcistico di una generazione. Ma il
merito del successo va anche a Ryad Mahrez, trequartista algerino, eletto
miglior giocatore della Premier League in questa stagione; e come
dimenticare il capitano Wes Morgan, il portiere Kasper Schmeichael (figlio
d'arte) e tutti gli altri?! Ovviamente una grandissima porzione del merito va
anche all'allenatore, che ha saputo cambiare magistralmente la mentalità dei
suoi giocatori, trasformandoli in vincenti, ed è riuscito ad unire benissimo il
gruppo con una semplicità infinita; tutta questa città inglese a un centinaio
di Km da Londra, si è unita ai calciatori e si è trasformata nel 12° uomo in
campo. Ogni domenica infatti il pubblico del King Power Stadium è sempre
stato a fianco della squadra, che ha saputo ricambiare questo affetto con un
regalo che nessuno si sarebbe mai immaginato: il piccolo Leicester,
Cenerentola della Premier League,
campione d'Inghilterra. Ebbene sì, alla
fine le Foxes ce l'hanno fatta, sbancando
letteralmente i bookmakers che a inizio
stagione quotavano 5000:1 la loro
vittoria finale. Grazie al pareggio contro
il Manchester United e al pareggio del
Tottenham con il Chelsea, la ex di
Ranieri (guarda caso), il Leicester ha
conquistato matematicamente il titolo.
Il 7 Maggio al King Power si sono svolti i festeggiamenti con l'alzata della
coppa, conditi da un perentorio 3-1 sull'Everton. A Leicester questo giorno
non lo scorderanno mai, perché fiumi di turisti da mezza Europa hanno
invaso la cittadina per festeggiare insieme agli abitanti del posto una favola
divenuta realtà, un sogno pazzesco praticamente inimmaginabile...lo
tramanderanno alle generazioni future, sicuramente!
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Torneo di Calcetto di Marco Vignudelli
Sono stati 3 mesi intensi, 58 partite, 28 squadre e più di 200 giocatori iscritti
a questo torneo di calcetto. Non c’è mai stata una partecipazione così ampia
nella storia recente del Dini. Il credo di noi quattro rappresentanti sin
dall’inizio dell’anno era proporre attività quasi completamente gratuite
aperte a tutti ed infatti così è stato. Grazie agli immensi sforzi fatti siamo
riusciti ad organizzare addirittura tre balli in modo da avere risorse
finanziarie a sufficienza per coprire tutte le attività. Il torneo vero e proprio
(il costo del campo in pratica) è venuto a costare un po’ meno di 2000 euro
che, per alcuni di voi, potranno sembrare un sacco di soldi ma potrete
trovare conferma dai più esperti che il prezzo che siamo riusciti a strappare è
stato molto buono. La finale invece è stata una cosa pianificata da molto
tempo: doveva essere qualcosa di strepitoso che riuscisse a coinvolgere tutti
in modo da ripagare coloro che non avevano preso parte al torneo, e infatti
così è stato! Alla finale c’erano più di 300 persone sugli spalti, molti da altre
scuole (anche rappresentanti d’istituto
invidiosi) che sono rimasti letteralmente a
bocca aperta per l’organizzazione e il costo
a testa per i partecipanti al torneo (siamo
una delle pochissime scuole che organizza
il torneo di calcetto così seriamente senza
costi per i ragazzi). A inizio torneo
abbiamo chiesto un contributo di 2 euro a
giocatore che sono serviti a coprire le
spese superflue che non avevano a che fare
col torneo vero e proprio (premiazione,
medaglie e rinfresco). Per preparare la finale abbiamo lavorato tre settimane
tra giri ai supermercati ore e ore al telefono con fornitori vari ecc. ma il
risultato ha ripagato tutti gli sforzi. C’è infine da sottolineare la strepitosa
vittoria del torneo da parte dei Döner Kàleb per 4 a 3 contro gli Scarsenal
che hanno avuto l’onore di essere premiati da sua maestà Albino!
L’ultima avventura di Pablo
di Alessio Dué e Federico Fiaschi
Mezzolla
Anno 20**,
Pergamon Museum, Berlino
Pablo trattenne il fiato mentre inseriva i codici di sicurezza rubati. Il più
piccolo errore poteva essergli fatale. Un colpo impossibile, ma non per lui;
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già si compiaceva al pensiero della faccia delle guardie quando si sarebbero
accorti del furto del secolo. All'improvviso scattò l'allarme, ma Pablo non si
fece prendere dal panico: anche questo rientrava nei piani. Un drone lo
aveva fatto scattare dall'altra parte dell'edificio, vicino all'altare di Zeus.
Aveva i minuti contati per correre fino al suo obiettivo e attivare il
teletrasportatore: aveva già piazzato l'altro nel suo caveau nel cratere del
Vesuvio. Scivolando sul pavimento, arrivò in pochi secondi all'opera d'arte:
la Porta di Ishtar, un enorme monumento babilonese, che rappresentava il
sogno di molti collezionisti. Piazzò il dispositivo e lo attivò con un click.
L'opera scomparve con Pablo.
L'ispettore Zwei giunse al museo appena venne informato dell'accaduto;
iniziò subito le indagini: un furto del genere richiedeva la massima priorità e
discrezione, i giornali non dovevano sapere niente, data la dimensione dello
scandalo. Ispezionando la scena del crimine tentò di immaginare come il
misterioso ladro avesse potuto rubare un'opera di quella grandezza senza
farsi notare ed eludendo tutti i sistemi di sicurezza. Conosceva una sola
persona che poteva mettere in atto un furto del genere, ma non era il caso di
saltare a conclusioni affrettate: prima aveva bisogno di prove. Infilò una
mano nella tasca per prendere il suo taccuino, ma trovò un biglietto da parte
di un certo Pablo: il suo istinto non si era sbagliato.
Vesuvio, Napoli
Il genio del crimine si materializzò nel suo covo assieme alla refurtiva: la
tanto agognata opera occupava un posto d'onore tra i suoi innumerevoli
trofei. Lì lo attendeva Baldassare, il suo fidato maggiordomo, che subito lo
accolse con un:
“Bentornato, signore. Debbo dedurre che il colpo sia andato a buon fine.”
“Splendidamente, amico mio: sono rimasti di stucco.”
“Me ne compiaccio, signore; desidera festeggiare il suo ennesimo colpo ben
riuscito?”
“Stappa una di quelle bottiglie rubate lo scorso anno, sono molto soddisfatto
del mio lavoro!”
Ufficio dell'ispettore Zwei, Berlino
Hans Zwei stava riflettendo sul caso quando ricevette una telefonata
anonima: rispose.
“Ufficio dell'ispettore Zwei. Con chi sto parlando?”
“Crrr… Non le è dato saperlo. Ho un'informazione che potrebbe interessarla
crrr...”
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GIUGNO 2016
N°3
La chiamata era disturbata.
“Parli!”
“Crrr… so dove avverrà il prossimo colpo del ladro Pablo”
“Perché dovrei crederti?”
“Il suo prossimo obiettivo è l'obelisco di crrr...” tu… tu… tu…
La telefonata terminò.
Qual era la maggiore sfida per Pablo? L'obelisco di Washington, ovviamente!
Allertò immediatamente l'ufficio di Washington: questa volta non gli sarebbe
sfuggito. Fece mobilitare FBI, CIA, Marines e NSA.
Washington DC, USA
Una figura incappucciata si stava avvicinando al Monumento a
Washington, l'obelisco situato nei pressi della Casa Bianca. Pablo si stupì
dell'elevata sorveglianza; sarebbe passata inosservata a chiunque, ma non al
suo occhio esperto. Attivò un radiocomando: subito una nuvola di fumo
avvolse la Casa Bianca e la zona circostante al monumento, distraendo la
sicurezza: ora poteva attivare indisturbato il raggio rimpicciolente camuffato
da fotocamera; contemporaneamente estrasse dal suo zaino il suo mini-jet
pack e prese il volo con l'obelisco. Quando le guardie se ne accorsero fecero
partire due caccia che immediatamente si accostarono al ladro cercando di
costringerlo alla resa, ma Pablo, grazie ai suoi trucchi e con qualche
ammaccatura, riuscì a fuggire.
Covo di Pablo nel Vesuvio, Napoli
L'abile ladro ritornò malconcio al suo amato rifugio. Ma lo attendeva una
terribile notizia: tutti i suoi tesori erano scomparsi, Baldassare compreso!
C'era solo un biglietto lasciato sul pavimento:
Alla prossima, signore. La ringrazio per tutti i suoi regali!
-Baldassare
Pablo, adirato, si disse:
«Il mio fidato maggiordomo mi ha tradito! Ma ora la mia vendetta sarà
terribile! Questo luogo è ormai compromesso, lo devo abbandonare: con il
mio stile, ovviamente!»
Poco dopo, una piccola sagoma si allontanò volando dalle pendici del
Vesuvio, che subito dopo esplose in un abbagliante lampo rosso ed in un
fragore tremendo.
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GIUGNO 2016
N°3
Ufficio dell'ispettore Zwei, Berlino
L'ispettore ricevette la notizia attraverso la polizia di Napoli: era esploso il
Vesuvio!
Ma la notizia più importante era il ritrovamento di un cadavere incenerito,
corrispondente ai parametri biometrici di Pablo. Era dunque finita la sua
incredibile storia fatta di furti memorabili e di intricatissime fughe? Zwei
decise di osservare di persona la zona dell'esplosione e di verificare se
effettivamente il corpo fosse di Pablo. Era ragionevolmente sicuro del fatto
che la sua morte fosse un trucco architettato per far interrompere le ricerche,
ma non poteva appurarlo se non presentandosi sulla scena del presunto
ultimo spettacolo del famoso ladro.
Si stava preparando per partire quando ricevette una telefonata dai suoi
agenti in Italia: aveva dimenticato di avere uomini sul campo! Ancora una
volta il suo istinto aveva colto il segno, era davvero una montatura ordita da
Pablo, probabilmente al fine di agevolare la sua fuga.
Da qualche parte in cielo, rotta verso le Hawaii
Si era portato dietro il suo intero arsenale: la sua diabolica vendetta stava
per compiersi! Ma prima avrebbe dovuto ritrovare la sua vittima, il suo ex
maggiordomo Baldassare. Un gioco da ragazzi, grazie ai localizzatori piazzati
nella refurtiva; nessuno poteva prendersi gioco di lui! Baldassare gli aveva
sempre raccontato che il suo sogno era quello di ritirarsi in un'isoletta delle
Hawaii con una noce di cocco all'ombra di una palma. Se il localizzatore non
sbagliava, il traditore si trovava da qualche parte sull'isola Niihau.
Dall'alto del suo elicottero lo individuò su una tranquilla spiaggia a nord,
ma c'era qualcosa di sospetto: non c'era alcun luogo possibile sull'isola dove
nascondere tutta la sua refurtiva, se non… nell'oceano? Si lanciò con il
paracadute verso Baldassarre per coglierlo di sorpresa, ma era una trappola,
e al contatto con il suolo scattò una botola che lo fece cadere per altri 200
metri sotto il livello del mare. Era una delle entrate segrete per il covo del
suo maggiordomo: lo stava aspettando.
“E così, ci ritroviamo…” esordì Baldassarre.
“Sarà l'ultima volta!” Con un repentino gesto della mano azionò una
cintura esplosiva. La detonazione fu devastante: quella era l'ultima risorsa di
Pablo.
Fine, o quasi…
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GIUGNO 2016
N°3
Il capitano di Matilde Tizzani
20 Aprile. Partita allo stadio Olimpico tra Roma e Torino. Al 41' minuto del
secondo tempo sul punteggio di 2-1 per i granata, Spalletti getta nella
mischia il capitano giallorosso.
Pochi secondi, punizione di Pjanic, sponda
di Manolas e spaccata sul secondo palo di
Totti. Gli sono bastati 23 secondi per
segnare il gol del pareggio.
E l'Olimpico in piedi, carico di gioia, euforia,
adrenalina per un gol che "Er Pupone"
regala alla sua squadra. Con questo gol
divampa la speranza di riuscire a portarsi a
casa anche questa partita. L'ennesima con il
capitano in campo, che come un generale dell'Antica Roma guida i suoi
compagni in battaglia. Tra loro c'è ben altro che complicità, sono una
famiglia, la famiglia di ogni romano e tifoso di questa grande squadra. E lui,
l'inimitabile Totti, si rallegra, saltando sotto la curva Sud, di questa grande
possibilità che ha concesso ai romani.
Poi l'azione ricomincia. A 6 minuti dal novantesimo minuto Perotti crossa,
deviazione di Maksimovic e stavolta Calvarese concede il rigore.
Lo stadio intero si blocca, i respiri cessano, gli sguardi di tutti i tifosi fermi
immobili su quel pallone; è come se il tempo si fosse fermato, anche lui
curioso di vedere l'esito di questa partita, destinata a rimanere nella
memoria di molti. Il capitano. È lui che ha in mano tutto il potere, è lui che
determina il risultato della partita. L'arbitro fischia, Totti parte e fa gol!
Fa secco Padelli e porta a casa quel gol, uno dei 248 che lo rendono
detentore del record.
Lui, Francesco Totti, la cui carriera a 40 anni dovrebbe vedere le prime luci
di un tramonto, brilla ancora; continua ad illuminare la vita di milioni di
tifosi che con le lacrime agli occhi lo applaudono. Con lui hanno vissuto le
più belle vittorie, le più amare sconfitte. Con lui hanno condiviso una vita
intera e dopo tutto ciò continuano a rimanere sbalorditi dalla bravura di
quello che un tempo era "il bimbo de oro" e che ora è il CAPITANO! Niente da aggiungere, lui rimane uno dei migliori giocatori di tutti i tempi,
non solo per gli innumerevoli tiri che ha segnato, ma per tutto quello che c'è
dietro: la dedizione, la passione, lo sforzo per un amore comune.
La sua gioia l'ha lasciata trasparire in un piccolo e dolce " Ti amo" alla sua
Ilary. La grandezza di un uomo si vede da come tiene alle cose e alle persone.
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GIUGNO 2016
N°3
Sponsorizzato da: British School Pisa
LA REDAZIONE
Caporedattori: Giacomo Castellani, Alice Petrillo
Impaginazione: Alessio Cipolli, Giacomo Castellani
Redattori: Clara Irene Becuzzi, Francesco Fiorini, Gaia
Egizzo, Matilde Tizzani, Stefano Ceccanti, Sundus Khalil,
Lorenzo Franco, Laura Barsuglia, Vincenso Lovisi.
Hanno partecipato: Pietro Gizzi, Gaia Egizzo, Alessandro
Celandroni, Marco Vignudelli, Margherita Mordini,
Martina Mughini, Martina Carrara, Serena D’Angelo,
Niccolò Ferrini, Vincenzo Di Lillo, Alessio Dué, Federico
Fiaschi Mezzolla.
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