Il canone e la formazione del Secondo Testamento

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IL PROBLEMA DEL CANONE
Il termine canone deriva dal greco e significa “misura”, “regola”, “norma” e con esso si
indica l’insieme dei libri accettati come autentici, cioè ispirati da Dio e componenti le Sacre
Scritture. Oggi, quindi, il canone della Bibbia della Chiesa cattolica e delle Chiese ortodosse
accetta per il Primo Testamento il canone alessandrino della Settanta (46 libri) seguono poi i
27 libri del Secondo Testamento. Solo con il Concilio di Trento si stabilirà in maniera
definitiva il canone (1546).
Scorrendo il testo biblico notiamo che oltre alla grande divisione in Primo e Secondo
Testamento e alla divisione nei singoli libri, ogni libro presenta la divisione in capitoli e in
versetti. L'attuale divisione dei libri biblici in capitoli è opera abbastanza recente, risale infatti
all'inizio del XIII secolo ed è opera dell'esegeta e arcivescovo di Canterbury Etienne Langton;
la suddivisione dei capitoli in versetti si deve invece all'attività del tipografo Robert Estienne
verso la metà del XVI secolo.
Grazie a questi accorgimenti, oggi, citare e ricercare un testo biblico è alquanto semplice.
I criteri di accettazione del canone sono: a) l’origine apostolica, reale o apparente di un libro;
b) la sua conformità alla Regula fidei cioè con il pensiero degli apostoli fondatori; c) la sua
presenza nella tradizione patristica.
COME FU SCRITTA LA BIBBIA?
Poniamoci un'ulteriore domanda: chi ha scritto i libri della Bibbia? I testi non sono frutto di
autori solitari che, appartati nei loro studi, scrivono; i libri biblici nascono all'interno di una
comunità inserita nelle dinamiche della storia, all'interno di una comunità credente.
La categoria di "autore" secondo il significato usato oggi, quindi, non ci aiuta a comprendere
il reale significato; di molti libri non si conosce il nome dell'autore, altri sono frutto di più
autori, spesso l'attribuzione è fittizia o è una sorta di richiamo ideale.
Questo non significa che gli autori non ci siano stati, anzi, alcuni avevano personalità
notevoli, pensiamo a Isaia per il Primo Testamento o a Paolo per il Secondo; di altri
conosciamo il nome e abbiamo alcune notizie biografiche; ma l'autore biblico si sente
esclusivamente al servizio del popolo e dunque merita di essere ricordata più la sua opera che
il suo nome. Il testo che noi leggiamo è frutto di una lenta maturazione, di molti ritocchi e
approfondimenti che arriva a compimento, spesso, dopo molto tempo. Il testo biblico ha una
complessa formazione e una composizione progressiva. All'inizio abbiamo una serie di eventi,
di esperienze fondanti che segnano in modo indelebile la vita del popolo d'Israele e dei primi
cristiani: l'esodo, la conquista della Terra di Canaan, il ministero di Gesù, la prima
predicazione degli apostoli.
Questi eventi fondanti sono rielaborati prima oralmente dalla comunità, poi in varie forme
scritte vengono fissati e tramandati nella e dalla comunità credente. Diventano oggetto di
riflessione, predicazione, celebrazione, tradizione.
Solo successivamente si arriva alla redazione finale, al testo come noi oggi lo possiamo
leggere. La redazione dei vari testi è frutto di lavoro lento e complesso che si estende per
oltre un millennio, di qui la difficoltà nell'attribuire a molti di essi una precisa data di stesura.
Per alcuni la prima tappa redazionale fu di natura orale; è a partire dal secondo millennio a.C.
che alcuni racconti, o meglio raccolte di racconti, cominciano a formare una sorta di memoria
collettiva. L'invenzione della scrittura, a partire dall'XI secolo a.C., farà sì che alcune di
queste raccolte cominceranno a essere fissate in forma scritta.
L'epoca della monarchia, tra la fine dell'XI secolo e la prima parte del X, sarà un momento
chiave per la formazione del testo scritto.
Un secondo periodo importante per la redazione sarà l'epoca dell'esilio e il successivo ritorno
da Babilonia, intorno alla metà del IV secolo a.C.; è in tale frangente che prende forma quello
che sarà un corpus di Scritture completato soltanto nel I secolo dell'era cristiana.
LA FORMAZIONE DEL SECONDO TESTAMENTO
Quando e come furono scritti i 27 libri che compongono il Secondo testamento? E’
fondamentale analizzare il contesto nel quale si formano le Scritture cristiane. Dopo il primo
smarrimento per la tragica fine del Maestro di Nazareth e la lenta presa di coscienza nella
fede del Risorto, caratteristica fondamentale, della prima comunità cristiana sarà l’impulso
missionario: attraverso l'attività della predicazione e i viaggi degli apostoli e dei primi missionari ben presto la prima comunità dei cristiani esce prima dalle mura di Gerusalemme e
poi dai confini di Israele.
L'ampia distribuzione geografica che sin dai primi decenni caratterizza il mondo cristiano ha
postulato la necessità di comunicare, ecco quindi che fin dalla prima metà del I secolo,
cominciano a circolare fra le comunità cristiane scritti, o meglio lettere, che diffondono anche
fra le comunità lontane la voce degli apostoli.
Ma è a partire dal 70 che vede la luce il nucleo centrale degli scritti del Secondo Testamento;
alcuni fatti giustificano questo: la caduta di Gerusalemme (70 d.C.) impone l'emigrazione
forzata della comunità cristiana e, di conseguenza, il sorgere di nuovi centri come Antiochia
nell'alta Siria, Efeso nel mondo ellenico, e infine Roma, centro dell'impero.
In secondo luogo si assiste alla fine dell'epoca apostolica: gli apostoli, figure uniche nella
fondazione del cristianesimo, iniziano a scomparire, si impone quindi la necessità di fissare la
loro testimonianza che forzatamente deve passare da orale a scritta.
Ultimo elemento è la comparsa delle prime avvisaglie di conflittualità col mondo pagano,
l'aumento della differenziazione dall'ebraismo e il crescente rapporto con l'ellenismo.
È in questo complesso e dinamico contesto che si formano gli scritti propri della religione
cristiana; schematizzando possiamo dire che:
• come punto di partenza abbiamo il fatto storico della vita di Gesù di Nazareth, la sua
attività pubblica: il suo annuncio del regno, i suoi miracoli, i suoi detti, le sue parole, la
sua passione, morte, risurrezione;
• la testimonianza di fede della prima comunità cristiana nella risurrezione di Gesù
Cristo. I discepoli predicano, insegnano e celebrano che Gesù è risorto dai morti;
• il sorgere di una prima tradizione comune, prima in forma orale poi in forma scritta,
con la composizione di raccolte e detti;
• la redazione finale dei vari scritti; l’arco di tempo impiegato per la redazione finale
degli scritti del Secondo Testamento va dalla metà del I secolo al 100 circa d.C.
La parola Vangelo deriva dal greco εύαγγέλιον e significa “buona notizia”.
La redazione finale dei Vangeli avviene fra il 65 e il 100 d.C. ed è il risultato di un lungo
processo. Dopo una prima proliferazione di raccolte di detti e di fatti di Gesù, tra il 50 e il 65
circa d.C., Marco, per primo, attorno al 65-70 scrive il primo Vangelo, tale operazione è resa
necessaria dal fatto che morendo i primi testimoni oculari, i discepoli, occorre integrare e
fissare in forma scritta la tradizione di Gesù. Questa esigenza, unita al fatto di dover
preservare la fede dal sorgere delle prime eresie spingerà Matteo e Luca a comporre altri
Vangeli in forma più estesa, servendosi del materiale di Marco e di altro materiale, non
conosciuto da Marco, confluito in quella che gli studiosi chiamano “fonte Q” (dall'iniziale
della parola tedesca Quelle che significa fonte), oltre che di materiale proprio, come per
esempio nei racconti dell'infanzia. Questa è detta dagli studiosi teoria delle due fonti.
Il Vangelo di Giovanni, invece, seguirà percorsi propri.
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