UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
FACOLTA’ DI ARCHITETTURA
Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura_L17
Corso di Teoria e Storia del Restauro
Il restauro nel XX secolo
Restauri a Cagliari nel secondo dopoguerra
prof. arch. Caterina Giannattasio
Restauri a Cagliari nel secondo dopoguerra
Restauri e Ricostruzioni
Demolizioni e Ruderi
Vuoti Urbani
RESTAURI E RICOSTRUZIONI
1. Chiesa di Sant’Eulalia
4. Chiesa del Carmine
2. Chiesa di Santa Teresa
5. Chiesa di San Saturnino 8. Palazzo Vivanet
3. Chiesa di Sant’Anna
6. Chiesa di San Domenico
7. Bastione di San Remy
6
3
4
7
8
2
1
5
Chiesa di Sant’Eulalia (1941-1948) - Raffaello Delogu
Nel 1943, la chiesa è profondamente danneggiata dai bombardamenti.
Delogu si occupò di documentare i danni subiti dalla chiesa, segnalando il crollo della
parete destra dell’abside e le gravi lesioni delle volte a crociera.
I danni più consistenti riguardarono le parti della fabbrica interessate dall’intervento
dell’ingegner Simonetti del 1914/19: le volte a crociera “alleggerite” e “riconsolidate” con
l’uso del cemento armato, e il lato destro dell’abside ripristinato secondo la stessa
procedura.
Chiesa di Sant’Eulalia (1941-1948) - Raffaello Delogu
Tra il 1945-46 Delogu si occupa dello sgombero delle macerie e della messa in sicurezza
della chiesa, con provvedimenti tesi a consolidare la struttura.
L’abside fu ricostruita per anastilosi, e l’intera chiesa fu intonaca, come previsto
precedentemente per il campanile.
Santa Teresa
La chiesa, sorta tra il 1623 e il 1691, si trova nella parte alta del quartiere Marina,
prospiciente la piazzetta Dettori.
L'impianto della chiesa era a navata unica, su di essa si aprivano tre cappelle per lato.
La cupola ottagonale, posta al di sopra dell'incrocio del transetto con l'aula, e impostata su
un alto tamburo sul quale si aprono otto finestre rettangolari, è conclusa da un lanternino.
Via Santa Teresa, fotografata da Edouard
Delessert nel 1854.
La facciata della chiesa di Santa Teresa.
Santa Teresa
1848: sconsacrata, diventa proprietà del Demanio dello Stato, e nel 1882 i beni in essa
contenuti sono messi in vendita.
1884: diventa sede dell'Archivio di Stato, fino al 1927-29.
1944: la chiesa è gravemente compromessa dai bombardamenti.
1949: adattata a sala da concerto, in sostituzione del Teatro civico, distrutto e non
ricostruito.
1950-53: trasformata dal Genio Civile in Auditorium del Conservatorio di Musica.
1982-84: si configura l’assetto attuale con la demolizione delle cappelle laterali.
Chiesa di Santa Anna
Colpita dai bombardamenti aerei, nel 1943, i danni interessarono le coperture, con il crollo
delle cupole, e profonde lesioni nelle parti strutturali.
La ricostruzione mirava essenzialmente al
ripristino dei valori spaziali e prospettici, non
tenne conto dell’apparato decorativo, risalente
al 1906 e considerato di poco pregio.
Due immagini della chiesa nel 1943.
Chiesa di Santa Anna
Raffaello Delogu provvide alla ricostruzione integrale delle
parti crollate, in analogia con l’impianto originale.
Il ripristino del campanile fu, per ragioni economiche,
ottenuto mediante l’impiego di un intonaco che simulava
la tessitura in conci lapidei.
La chiesa in un’immagine degli anni ’20, dopo il bombardamento
del ‘43 e in una fotografia attuale.
Chiesa del Carmine
L'antica chiesa, edificata nel 1580, dall’ordine dei Carmelitani, era un pregevole esempio di
architettura gotico - catalana e presentava al suo interno l'interessante cappella Ripoll, che
costituiva una delle prime e poche costruzioni ispirate ai canoni rinascimentali a Cagliari.
La Chiesa prima dei
bombardamenti. Facciata,
navata centrale e volta a botte.
La Chiesa dopo i
bombardamenti, navata
destra.
Chiesa del Carmine
Raffaello Delogu per la chiesa gotico-rinascimentale del Carmine propone e realizza una
ricostruzione ‘in stile’.
Alcuni frammenti lapidei della famosa cappella
Ripoll furono recuperati e conservati nella nuova
chiesa.
L'attuale chiesa del Carmine, dunque, è stata
costruita, sopra i resti del
cinquecentesco complesso dei carmelitani, in
stile neoromanico.
Affianca l'edificio l'alto campanile a canna
quadra, sormontato da una piramide. L'interno è
a tre navate, divise da pilastri e arcate a tutto
sesto. Le coperture sono lignee.
Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu
La chiesa di San Saturnino oggi.
Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu
Pochi anni dopo il completamento dei
lavori del Tamarelli, la basilica fu colpita
durante i bombardamenti della Seconda
Guerra Mondiale (13 maggio1943) e
riportò numerosi danni.
1942-43: agendo d’anticipo Delogu si
occupa di eseguire apprestamenti
difensivi antiaerei, misure di protezione
antiaerea a favore di «quegli edifici di
eccezionale interesse, che, per la loro
ubicazione» si trovavano
«maggiormente esposti ad eventuali
offese aeree».
Provvide, per gli esterni, al blindamento
con cassoni in legno contenenti terra o
sabbia e, per gli interni, all’incastellatura
con sacchi a terra. Tali apprestamenti
furono coadiuvati da campagne
fotografiche e di rilevamento anch’essi
come misura precauzionale di
protezione antiaerea, con la
collaborazione di professionisti esterni.
Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu
I bombardamenti del 1943 causarono:
crollo della volta a botte della nave
mediana;
Conseguente crollo dell’arcone tra il
semicatino absidale e la navata centrale;
crollo della navatella di sinistra, fatta
eccezione dei muri perimetrali esterni;
crollo del campanile a vela
conseguentemente al dissesto del
pilastro d’angolo;
lesioni nella cupola, in corrispondenza
dei raccordi angolari.
Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu
I lavori di restauro successivi ai bombardamenti iniziano sotto la direzione del
soprintendente Raffaello Delogu nel 1948 e terminano nel 1952.
Impostati prevalentemente sul recupero del monumento mediante consolidamento statico e
anastilosi, senza indulgere in implicazioni stilistiche arbitrarie.
Ciò è stato possibile grazie alla documentazione esistente, prodotta durante i precedenti e
recenti lavori di restauro e al tipo di apparecchiatura muraria del monumento, in conci
squadrati di calcare duro, rimasti in gran numero intatti sul posto e che potevano essere
reimpiegati.
Operazioni preliminari al restauro:
 Sgombero delle macerie (durato per quasi tutto
il 1943);
 Raccolta e classificazione del materiale
superstite attraverso una accurata e minuziosa
numerazione ed assemblaggio dei vari elementi
originari;
 Rilievo grafico e fotografico;
 Studi sulla cronologia delle strutture;
 Ricerche archeologiche nell’area a contorno
della basilica.
Sezione longitudinale BA e Sezione longitudinale della
navatella sinistra dopo l’incursione del 13 maggio 1943, scala
1:50 (Archivio Disegni, Sovrintendenza BAPPSAD delle
province di Cagliari e Oristano, post 1943).
Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu
Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu
Interventi strutturali
Consolidò le parti superstiti, seguendo 2 criteri:
 in presenza di strutture che fossero in grado di restare in
piedi, nonostante i dissesti subiti, «si preferì non
manometterle sia per non doversi demolire anche quanto su
di esse si appoggiava sia per conservare un saggio originale
della tecnica osservata dai costruttori», nella maggior parte
dei casi rinunciando ad eliminare strapiombi e deformazioni;
 in presenza di strutture prive di tale margine di sicurezza,
si optò per lo smontaggio e il rimontaggio «nella posizione
d’origine ma con appiombi e legamenti di malte che
assicurassero una assoluta stabilità».
Interventi di smontaggio e rimontaggio
 Smontò e rimontò le cortine pericolanti.
Fianco destro, fianco sinistro e zona absidale dopo l’incursione del 13
maggio 1943, scala 1:50 (Archivio Disegni, Sovrintendenza BAPPSAD
delle province di Cagliari e Oristano, post 1943).
Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu
Interventi di consolidamento
 Consolidò le strutture murarie con colate di cemento;
 Consolidò la cupola con catene in corrispondenza degli
archi, occultando le chiavi al di sotto della muratura, e
provvide alla cerchiatura dell’imposta mediante
l’inserimento di un ferro piatto.
Interventi di ricostruzione
 Ricostruì la volta a botte della navata centrale e l’arco del
abside, col supporto delle fotografie preventivamente
scattate, realizzando lungo i due lati un cordolo di cemento
armato annegato nella muratura, alto 1 m e largo 32 cm.
Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu
Interventi di demolizione
 Demolì i muri di tompagnamento delle arcate delle navatelle;
 Demolì i settecenteschi muri di
tompagnamento delle arcate del dado
centrale, ormai seriamente
compromessi, sostituendoli con altri
in blocchetti di cemento intonacato e
tinteggiato, di spessore molto più
ridotto (20 cm anziché 70 cm), in
modo tale da mettere in risalto, sia
internamente che esternamente, le
imposte degli archi.
Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu
Interventi di restauro
Provvide alla sistemazione delle coperture della zona absidale ricostruita, opportunamente
impermeabilizzate e dotate di un nuovo manto di rivestimento anche per la semicalotta
absidale, e convogliando le acque piovane in un unico collettore;
 Restaurò il manto in tegole a squame del dado centrale, realizzato nel XVIII secolo;
 Rimise in luce le fondamenta dell’abside;
 Effettuò la patinatura delle parti nuove con l’utilizzo di miscele a base di silicati.
Lavori di risistemazione delle quote di calpestio
 Ricostituì la quota pavimentale della basilica del XII secolo,
con mattoni disposti a spina di pesce, cercando di
riguadagnare e di sistemare i vari livelli storici, ovvero quello
della necropoli pagano-cristiana, della basilica originaria (più
alto rispetto alla quota di quest’ultima di 70 cm) e della basilica
romanico-vittorina (più alto al piano della struttura bizantina di
1,60 m).
 Effettuò il terrazzamento dei fossati, in corrispondenza delle
fondazioni dei bracci settentrionale e meridionale e della
platea sottostante il dado, oltre che in corrispondenza della
zona absidale, in modo da consentire una facile lettura della
sovrapposizione tra l’abside quadrangolare di epoca bizantina
e quella ad essa sovrapposta, di forma semicircolare, di epoca
romanica.
San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu
La chiesa conventuale venne eretta in stile gotico probabilmente intorno alla fine del XIII
secolo, come attesterebbero anche i ritrovamenti in seguito agli scavi condotti sotto il
pavimento dell'attuale cripta. L'impostazione stilistica definitiva, sia della chiesa che del
convento e del chiostro, venne data successivamente secondo i canoni dello
stile gotico catalano, introdotto dagli aragonesi, a cui si aggiunsero elementi del
classicismo rinascimentale, arrivati in Sardegna nel XVI secolo, durante la
dominazione spagnola.
San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu
1245: arrivo dei Domenicani a Cagliari e
realizzazione di una prima struttura (a unica
navata con tetto ligneo su capriate).
XV sec.: la chiesa fu modificata secondo forme
gotico-catalane
Inizi XVI sec.: volte stellari. 1580: cappella del
Rosario.
1679-1767: il complesso ospita una stamperia.
1866: soppressione degli ordini religiosi e
incameramento del convento dal Demanio
1930: dopo il Concordato il convento torna alla
primitiva destinazione.
1943: danni bellici.
1954: realizzazione di una nuova chiesa su
progetto di R. Fagnoni.
San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu
Il chiostro.
San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu
Il chiostro.
San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu
1946 Delogu si occupa di:
 sgomberare le macerie;
 demolire le parti pericolanti della chiesa e del chiostro;
restaurare i danni e la nuova copertura delle ali est ed
ovest del chiostro;
restaurare integralmente l’ala sud dello stesso chiostro,
provvisoriamente chiuso e trasformarla in cappella in
sostituzione, per le necessità liturgiche dell’Ordine
proprietario, della chiesa distrutta;
recintare tutta l’area monumentale con apposito muro.
San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu
«Premesso che (…) tre quarti delle strutture
della chiesa sono andati distrutti, sembra
doversene senz’altro scartare la ricostruzione e
ciò sia perché i materiali originari, come
gemme, costolature, peducci scolpiti,
paramenti in pietra da taglio sono andati, nel
crollo, completamente frantumati, essendo
stati ricavati in materiale tufaceo, sicché non
potrebbe disporsene per il reimpiego, sia
perché falso ed oggi pressoché impossibile
sarebbe, data la diversa sensibilità ed
educazione dell’artigianato edile, un
rifacimento di quegli elementi come gemme,
peducci, intagli in tufo, nei quali risiedeva
grande parte della chiesa nelle forme
originarie, a meno di non volere perpetrare un
“rifacimento in stile”, sia impossibile oltre che
per una questione di principio anche per le
pressoché insormontabili difficoltà che si
incontrerebbero nella esecuzione, resta da
vedere quale sorte debba riservarsi ai ruderi».
Dopo il bombardamento del 1943
San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu
«Si presentano al riguardo due soluzioni:
1 rinunciare a conservare quanto della chiesa è rimasto, demolendone i ruderi e restituendo
l’area alla fabbricazione di nuova chiesa;
2 ultimare il restauro del chiostro, ricostruendo l’ala crollata, la quale essendo stata
costruita sul finire del Cinquecento con forme del tardo Rinascimento prive di ornati e
perfettamente regolari e simmetriche, potrebbe essere ricostruita in assoluta analogia col
modello originario.
Per la seconda ipotesi si può :
1 conservare, previo consolidamento ma sempre allo stato di rudere, quanto della chiesa è
rimasta;
2 provvedere al restauro della Cappella del Rosario la quale, nonostante i gravissimi danni
subiti, può essere ripristinata;
3 provvedere al restauro dell’ala del chiostro crollata lasciandone a giorno il lato in origine
chiuso dal muro a destra della navata della chiesa, in modo da ottenere una continuità
spaziale e panoramica tra gli ambienti del chiostro e della chiesa;
4 comprendere tutta l’area circostante al convento, al chiostro ed alla chiesa entro una
fascia di vegetazione ad alberi ad alto fusto, recintandola, con cancellata;
5 ripristinare il giardino nel chiostro ed estenderlo nell’area della chiesa le cui rovine
verrebbero parzialmente fatte ricoprire da piante rampicanti a verde perenne».
San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu
«Di queste due ipotesi la prima sembra da scartare soprattutto per un motivo e cioè perché
a fianco ed in adiacente con l’antico chiostro sorgerebbe una nuova chiesa che, essendo
svincolata dalle forme della chiesa distrutta e dovendo essere di linee necessariamente
moderne non potrebbe che inserirsi violentemente entro un complesso - costituito da
chiostro o dal convento - che ha una sua atmosfera antica così spiccata da non potere in
nessun modo essere contaminata con moderne interpolazioni.
A ciò si aggiunga che i ruderi della chiesa, per quanto ridotti ed essi stessi crudamente
feriti, hanno un loro fascino ed una loro suggestività e rivestono tuttora - come tra l’altro nel
particolare degli orci a rinfianco della crociera del presbiterio - notevole significato
documentario circa i modi del costruire gotico in Sardegna nel Cinquecento».
San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu
Resta allora la seconda soluzione «che appare (a giudizio dello scrivente) quella più
rispettosa sia di quanto rimane della chiesa che dalla conservazione al chiostro e dal
convento, e cioè all’“ambiente”, del loro carattere. Tutto l’assieme monumentale,
sopravvissuto, restaurato ed allo stato di rudere, verrebbe compreso, valorizzato e ancora
meglio ambientato nel parco dove la Cappella del Rosario ripristinata e restituita al culto,
potrebbe restare come cappella votiva dedicata alle vittime dei bombardamenti sulla città di
Cagliari».
«(…) L’Ordine dei Predicatori potrebbe chiedere la ricostruzione della chiesa in altro nuovo
quartiere della città dove, mancando ed essendo fortemente popolato, è sentita la esigenza
di una nuova chiesa. A ciò si aggiunga che la chiesa di S. Domenico era ubicata in un
quartiere servito da molte altre chiese vicinissimo tra loro alle quali se ne è aggiunta in
questi ultimi mesi ancora un’altra quasi limitrofa a quella in parola».
Raccomandata del prof. Delogu al Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e Belle
Arti di Roma, Cagliari, 24 luglio 1946.
San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu
Negata la possibilità che la chiesa dei padri Domenicani venga costruita in altro luogo,
propone un’alternativa, anch’essa non accolta:
«fermo restando il progetto di conservazione dei ruderi e la loro ambientazione, in una col
chiostro, entro un parco, si sarebbe consentito di fare costruire la nuova chiesa nell’area,
limitrofa a quella della chiesa antica, già occupata da un vestibolo e da una grande
sacrestia, oggi in demolizione. In tal modo la nuova chiesa sarebbe rimasta comunicante col
convento, i ruderi sarebbero stati conservati ed il chiostro non avrebbe subito il temuto
imbottigliamento. In più sarebbero venute a far parte della nuova chiesa la Cappella del
Rosario, convenientemente restaurata ed alcuni minori ambienti utilizzati per la Sagrestia e
servizi».
Rifiutata anche questa proposta, chiede al Ministero di delegare un membro del Consiglio
Superiore ad effettuare un sopraluogo «allo scopo di prendere cognizione sul posto dei
problemi sopra riassunti e di studiare, di concerto con questo Ufficio e con la parte
interessata, la soluzione da proporre al Consiglio stesso».
Raccomandata del prof. Delogu al Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e Belle
Arti di Roma, Cagliari, 7 marzo 1947.
San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu
«Premesso che oltre un terzo delle strutture del notevole monumento - che doveva
considerarsi come la più significativa testimonianza del gotico aragonese in Sardegna - è
tuttora in piedi e cioè praticamente conservabile dopo gli opportuni lavori di restauro e
consolidamento; premesso che i ruderi di detta chiesa risultano di strutture ed elementi
architettonici e d’ornato di per se stessi del più alto pregio sia come documentazione
storica che come significato estetico; premesso altresì che l’insieme delle rovine si presenta
come suggestivo quadro al contempo pittoresco e architettonico nel cuore di un antico
quartiere costituito di piccole case in tracciato viario estremamente minuto e complesso;
aggiunto che l’area dei ruderi è immediatamente contigua all’area sulla quale si conserva
l’antico chiostro aragonese che risulta nelle sue strutture perfettamente omogeneo con le
strutture e l’ornato dei ruderi;
la Soprintendenza ritiene doveroso raccomandare ancora un riesame della questione allo
scopo di trovare una soluzione che mentre non ignori le prescritte finalità di tutela e
conservazione del patrimonio monumentale della nazione, proprie di questa
Amministrazione, sia anche sollecita degli interessi dell’Ordine consegnatario dell’edificio».
Raccomandata del prof. Delogu al Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale delle Antichità e
Belle Arti di Roma, 18 Febbraio 1948.
San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu
1949 Nulla-osta della Soprintendenza per la realizzazione del progetto di restauro e
ricostruzione della chiesa e del chiostro alle seguenti condizioni:
che venga riportata alla forma prevista nel progetto, già approvato dal Superiore Ministero,
la ricostruzione della zona a destra del presbiterio della cripta provvedendosi, precisamente,
a ricostruire nelle forme di origine i due archi che immettevano dal presbiterio medesimo e
dalla navata nell’antico di comunicazione tra chiesa ed antisagrestia e la volta a crociera che
ricopriva dello andito;
che l’accesso alla scala di comunicazione tra il chiostro e la Sagrestia della chiesa
superiore venga ricavato attraverso la porta gotica, ora obliterata, prospettante sull’ala est
del chiostro medesimo;
che l’ala nord del chiostro venga ricostruita riprendendo le sagome di origine nelle
archeggiature e nei pilastri dei due ordini;
che nella faccia interna nel nuovo pilastro previsto all’angolo nord-ovest del chiostro
venga segnato, mediante inserzione nella muratura di cantoni opportunamente disposti, lo
sviluppo originario delle arcate dell’ala nord del chiostro medesimo.
Raccomandata al Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e Belle Arti di Roma, 9
Aprile 1949.
San Domenico (1952-1954) – Raffaello Fagnoni
San Domenico (1952-1954) – Raffaello Fagnoni
San Domenico (1952-1954) – Raffaello Fagnoni
San Domenico (1952-1954) – Raffaello Fagnoni
La chiesa superiore ha una sola navata, ristretta in corrispondenza del presbiterio affiancato
da due altari, che seguono lo schema gotico-catalano del primitivo impianto. Un profondo
coro completa lo spazio coperto dalla grande cupola ogivale, mentre il tradizionale rosone è
sostituito da una finestra alta, lunga e stretta che conclude la facciata ad andamento
orizzontale.
L’interno della vecchia chiesa e della nuova a confronto.
San Domenico (1952-1954) – Raffaello Fagnoni
Un alto campanile completa il sagrato.
L'esterno si distingue per l'uso del calcare
usato a vista anche nell'interno, dove dalle
pareti laterali partono le straordinarie strutture
in cemento armato che sorreggono la
copertura. Due fasci di nervature, che
ricordano quelle gotiche, si innalzano a
formare, intrecciandosi, una fitta rete che su un
piano orizzontale richiama gli schemi delle
volte a crociera distrutte.
Bastione di San Remy
Realizzato tra il 1896 e il 1902, ad opera degli ingegneri
comunali Fulgenzio Setti e Giuseppe Costa, riprendendo il
progetto di sistemazione dei bastioni meridionali già
previsto dall’architetto Gaetano Cima nel piano
urbanistico del 1858.
Gravemente danneggiato dai bombardamenti, il
complesso fu ripristinato “com’era e dov’era” nel 1958.
Il suo arcone trionfale, completamente distrutto, è stato
ricostruito con un intervento di falso storico nel quale
oggi non è possibile distinguere le parti originali da quelle
oggetto di restauro.
Bastione di San Remy
Il Bastione in un’immagine del 1943.
Il Bastione in un’immagine attuale.
Palazzo Vivanet
Costruito nel 1893-95 su committenza dei fratelli
Antonio e Filippo Vivanet in una zona nevralgica,
prospiciente la stazione ferroviaria.
Il progetto dell'architetto Cesare Picchi applica
elementi stilistici neogotici alla tipologia del
palazzo multipiano che abbraccia tutto un isolato.
La sequenza di portici a sesto acuto è la prima
applicazione del regolamento edilizio della città
di Cagliari, che prevedeva la sequenza di porticati
per il fronte della via Roma sul quale affaccia
l'edificio.
L'architettura neogotica faceva così la sua
comparsa ufficiale a Cagliari. L'edificio, con
pianta a U sviluppata su tre piani, andava a
occupare una preminente posizione lungo l'asse
stazione-centro città, ed inaugurava l'assetto
porticato che la via Roma assumerà nei primi
anni del Novecento, proseguito dal nuovo
Municipio.
Squarciato nella parte centrale durante i
bombardamenti del 1943, oggi, è perfettamente
visibile la ricucitura dei mattoni sostitutivi gli
originali nel prospetto sulla via Roma.
Palazzo Vivanet
Oggi
6
DEMOLIZIONI E RUDERI
1. Chiesa di Santa Lucia
2. Chiesa di Santa Caterina
3. Mercato Civico
4. Teatro Civico
5. Palazzo Aymerich
5
7
4
6. Case Floris
7. Chiostro di San Francesco
8. Palazzo del Consiglio Regionale
2
3
1
8
Santa Lucia
Ricordata nel 1119 col nome di Santa Lucia di Civita insieme
alla scomparsa chiesa di San Salvatore, sorge un secolo
prima della fondazione del Castello pisano in quello che era il
quartiere del porto dei mercanti di Cagliari, allora detto
Bagnaria.
La chiesa era stata concessa in quella data ai monaci di San
Vittore di Marsiglia, insediati nella chiesa di San Saturno. Di
questa fase tardo medievale non conosciamo né la forma
esatta né il tipo di impianto.
Danneggiata dai bombardamenti del 1943, il Provveditoriato
alle Opere Pubbliche, come era solito nei primi interventi
post-bellici, quando il parametro di giudizio adottato era
quello della sicurezza statica dell’organismo architettonico,
ne decise la demolizione, anche in ossequio al piano di
ricostruzione del 1947, che prevedeva al suo posto una piazza
poi mai realizzata. Dalla documentazione fotografica eseguita
dal Genio Civile prima degli interventi di demolizione risulta
che, sebbene la cupola del presbiterio e il locale annesso
fossero letteralmente scoperchiati, il pulpito e gli altari,
danneggiati nelle parti decorative, erano tuttavia in condizioni
tali da permettere un agevole recupero. Vennero demolite le
parti pericolanti e tamponate le tre cappelle di destra,
conservando unicamente le strutture murarie di divisione tra
esse e la navata principale, insieme all’imposta della
copertura a volta, che ancora oggi agisce da contrafforte agli
edifici adiacenti.
Santa Lucia
Tra ottobre e dicembre 2011 si è svolta una
campagna di scavo nello spazio antistante il
rudere della chiesa di Santa Lucia a Cagliari. La
campagna di scavo 2011 costituisce uno stralcio
inserito in un più ampio progetto di recupero del
rudere della chiesa avviato nel 2005. Il progetto è
finalizzato alla fruizione del monumento e alla
musealizzazione dei reperti, mediante le indagini
archeologiche e le ricerche d'archivio.
Santa Caterina
Eretta alla fine XVI secolo dall'Arciconfraternita
dei Genovesi, nella via Manno, era
contraddistinta da un’elegante portale barocco
in pietra a colonne tortili, ed interni ad unica
navata di forme manieriste.
Nel 1944 in seguito ai danni provocati dalle
bombe fu scoperta nelle sostruzioni delle
chiesa una cripta. Tale ritrovamento determinò
da parte della Soprintendenza ai Monumenti la
prescrizione di una serie di indicazioni:
La costruzione di un nuovo edificio di culto,
nello stesso sito del preesistente, progettato in
forme architettoniche del tutto svincolate
dall’antico;
La costruzione di un locale attiguo alla nuova
chiesa per conservare i reperti scultorei salvati
dalle macerie e dove esporre il materiale
documentario illustrante il monumento prima e
dopo la distruzione bellica.
Il progetto, redatto dal Genio Civile e mai
realizzato prevedeva un moderno edificio di
culto con struttura in cemento armato
svincolata dagli edifici vicini, il ripristino della
sottostante cripta, appena riscoperta, un
pronao e un’abside.
Santa Caterina
La chiesa di Santa Caterina in via Manno.
Il grande magazzino sorto nel luogo dell’antica
chiesa.
Santa Caterina
Verso gli anni Sessanta è stata realizzata
la nuova chiesa di Santa Caterina in via
Scano, con un progetto completamente
variato e in un luogo diverso da quello
originario, a causa della permuta dell’area
di via Manno come sede dei magazzini
Upim.
La nuova chiesa di Santa Caterina in via Scano.
Mercato civico
Nel 1886, fu inaugurato nel largo Carlo Felice il Mercato
civico, progettato dall'ingegner Enrico Melis, allievo
dell'architetto Cima. Il mercato era formato da due fabbricati
distinti e separati da una strada, oggi detta via del Mercato
Vecchio. L'edificio principale, constava di un prospetto in
cui si distinguevano tre avancorpi in trachite di Serrenti.
Dall'avancorpo centrale, tramite un ampio arco trionfale, si
accedeva all'interno, coperto da lastre di vetro rette da
strutture portanti in ghisa e ferro. L'edificio minore era
invece caratterizzato da un bel porticato, sostenuto
da colonne doriche che reggevano
una trabeazione decorata da metope e triglifi, realizzato in
trachite di Serrenti.
Il complesso fu demolito nel 1957, quando il comune di
Cagliari cedette l'area ad alcune importanti banche, che
edificarono, in luogo dello storico monumento, le loro sedi,
nei palazzoni che si vedono ancora oggi. Resti del vecchio
mercato (trasferito poi nell'attuale sede, nel quartiere San
Benedetto) sono, in sito.
Teatro Civico
Eretto nel 1774 da Saverio Belgramo
per il barone Francesco Zapata di
Barumini, venne ceduto al Comune
nel 1831 e distrutto durante i
bombardamenti del 1943.
Teatro Civico
Nel 2006 lo spazio è stato restituito al suo uso storico,
con un progetto ispirato al criterio del minimo
intervento e alla contemporaneità dell’integrazione.
Si è trattato del restauro conservativo della cortina
muraria e dell’installazione, all’interno del vuoto
ricavato dalla rimozione delle macerie, della
piattaforma della platea, del palco e di un sistema di
ballatoi che richiamano i livelli originali dei palchi,
ospitanti le dì sedute degli spettatori. Il progetto ha
rispettato il vuoto creato dai bombardamenti,
mediante la scelta di recuperare lo spazio come teatro
all’aperto, escludendo qualsiasi copertura della
struttura per ricrearne il volume originario.
Palazzo Aymerich
Realizzato nel XIX sec. su progetto di
Gaetano Cima come palazzo
residenziale di proprietà della famiglia
Aymerich di Laconi, fino al 1935.
Chiostro di San Francesco
1875: Crollo della chiesa.
1939: Vincolo sul chiostro.
1940: Espulsione dei militari, insediatisi nel 1861, su richiesta di Delogu.
1943: Danni bellici.
Chiostro di San Francesco
I bombardamenti del ’43 peggiorarono la situazione del
chiostro, causando il crollo quasi totale del primo piano e
contribuendo ad accelerarne il degrado. In buona parte, i resti e
le macerie furono utilizzate per la ricostruzione di altre strutture
danneggiate dalla guerra.
Nel 1946 alcuni locali del chiostro furono occupati dalla sede
cittadina del Partito Sardo d’Azione, come testimoniano i due
affreschi presenti nei bracci est e ovest.
Nel 1949 gli edifici adiacenti al lato sud del chiostro furono
demoliti, per consentire l’apertura di via Mameli.
1944: Delogu avanzò l’ipotesi di trasformare il chiostro nella
nuova sede del Conservatorio musicale. Pertanto, chiese al
Provveditorato di far predisporre il progetto di trasformazione ai
suoi organi tecnici. Il progetto, affidato a Ottone Devoto, non fu
però mai realizzato.
Anni sessanta: furono presentati diversi progetti per la
sopraelevazione e la trasformazione dell’area del chiostro in
edifici residenziali e commerciali, tutti respinti dalla
Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie, in virtù del vincolo
monumentale apposto.
Anni ottanta: ipotesi di recupero e riqualificazione dell’area: una
prima proposta fu quella di destinare il convento a Centro di
Cultura e Museo delle Opere d’Arte; inoltre si avanzò l'ipotesi di
realizzarvi una sede della Pinacoteca Nazionale.
Schema planimetrico del complesso conventuale, con l'indicazione dei corpi di fabbrica
non più esistenti.
Chiostro di San Francesco
Le prime azioni di tutela sul monumento furono avviate nel 1989, ad opera della
Soprintendenza ai Beni Architettonici per le province di Cagliari e Oristano, mentre i primi
lavori di conservazione ebbero luogo nel 1991, sempre a cura della Soprintendenza, e
riguardarono la soluzione di alcuni problemi concernenti le strutture portanti e la
successione di volte a crociera che definiscono gli spazi al piano terra.
Viste del chiostro oggi.
Palazzo del consiglio regionale
L’edificio nasce dall’unione di quattro isolati: uno
apparteneva alla Banca d’Italia, uno comprendeva il
Palazzo Cavanna, gravemente danneggiato dai
bombardamenti, e il palazzo Rossetti, mentre i due
isolati più interni comprendevano case a schiera.
I lavori cominciarono nel 1963 e furono interrotti nel
1966, per riprendere all’inizio degli anni Ottanta e
terminare nel 1988. Lo stile moderno
Dell’edificio rispetto agli altri presenti nella strada ha
alimentato altre polemiche. L’intento di proseguire il
porticato descritto dagli altri stabili è compromesso
dal mancato rispetto del ritmo delle arcate osservato
uniformemente dal resto della palazzata di via Roma.
Al di sopra del portico architravato, il prospetto è
chiuso da vetrate progressivamente aggettanti. La
pianta, disposta ad H tra il corpo che dà su via Roma e
quello affacciato su via Sardegna, ha il suo centro
nell’aula consiliare.
VUOTI URBANI
1. Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio
2. Edificio in via Porto Scalas
1
2
Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio
La guerra e i bombardamenti del 1943 causarono gravi danni alla struttura urbana ed edilizia
di Stampace. Il Piano di ricostruzione approvato, assegnò un ruolo dominante alla viabilità,
in funzione della nuova edilizia pubblica e privata; proprio in nome di questa logica sarà
allargata la via Santa Margherita, a discapito della consistenza urbana, con la demolizione a
più riprese delle due spine di edifici tra le vie San Giorgio e Santa Margherita, e delle due
chiese, meno note ma non meno importanti per la storia del quartiere: Santa Margherita e
San Giorgio.
Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio
Nel 1961, sarà proprio l’allargamento della via Santa Margherita a separare in due settori la
parte più antica del quartiere, determinando un fittizio confine divenuto importante arteria di
scorrimento.
Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio
Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio
Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio
Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio
Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio
Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio
1 Ottobre 1994: dopo una settimana di piogge e la conseguente caduta di un cornicione
della “spina di ruderi” posta tra via Fara e via Santa Margherita (una ventina di edifici
residenziali, quattro dei quali ancora abitati), la Giunta Comunale procede alla demolizione
dell’intero isolato, privando il quartiere, ancora una volta, di un importante frammento
urbanistico medievale.
Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio
Edificio in via Porto Scalas
Portico Romero
Oggi il Portico Romero è una breve strada che mette in comunicazione via San Domenico
con via Garibaldi, ma in questo punto, lungo le mura che dal XII-XIV secolo delimitavano il
quartiere, vi era una delle torri con porta di accesso. La torre fu demolita nel XIX secolo e
della struttura antica rimase un modesto portico che, ultimo residuo delle mura di Villanova,
fu demolito nel 1963.
Piazza Palazzo
Piazza Palazzo in una foto precedente al 1943.
Sistemazione post-bellica della Piazza .
BIBLIOGRAFIA
• G.Spano, Guida della città di Cagliari, Tipografia Timon, Cagliari 1861.
• G. Spano, Guida della città e dintorni di Cagliari, Tipografia Timon, Cagliari 1861.
• T. Kirova, F. Masala, M. Pintus, Cagliari. Quartieri storici. Villanova, Silvana Editoriale, Cinisello
Balsamo 1985.
• T. Kirova, F. Masala, M. Pintus, Cagliari. Quartieri storici. Castello, Silvana Editoriale, Cinisello
Balsamo 1985.
• T. Kirova, F. Masala, M. Pintus, Cagliari. Quartieri storici. Marina, Silvana Editoriale, Cinisello
Balsamo 1989.
• T. Kirova, F. Masala, M. Pintus, Cagliari. Quartieri storici. Stampace, Silvana Editoriale,
Cinisello Balsamo 1995.
• D.Scano, Forma Karalis, a cura del Comune di Cagliari, pref. di E. Endrich, Società Editrice
Italiana,
• M. Rassu, Baluardi di pietra: storia delle fortificazioni di Cagliari, Aipsa, Cagliari 2003,
pp. 236.
• C. Giannattasio (a cura di), Antiche ferite e nuovi significati. Permanenze e trasformazioni nella
città storica (Workshop Internazionale di Restauro Architettonico e Urbano - Atti del
Seminario, Cagliari, 14-15 settembre 2007), Gangemi Editore, Roma 2009.
• F. Masala, Architettura dall’Unità d’Italia alla fine del ‘900, collana “Storia dell’arte in
Sardegna”, Nuoro, Ilisso, 2001