UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTA’ DI ARCHITETTURA Corso di Laurea in Scienze dell’Architettura_L17 Corso di Teoria e Storia del Restauro Il restauro nel XX secolo Restauri a Cagliari nel secondo dopoguerra prof. arch. Caterina Giannattasio Restauri a Cagliari nel secondo dopoguerra Restauri e Ricostruzioni Demolizioni e Ruderi Vuoti Urbani RESTAURI E RICOSTRUZIONI 1. Chiesa di Sant’Eulalia 4. Chiesa del Carmine 2. Chiesa di Santa Teresa 5. Chiesa di San Saturnino 8. Palazzo Vivanet 3. Chiesa di Sant’Anna 6. Chiesa di San Domenico 7. Bastione di San Remy 6 3 4 7 8 2 1 5 Chiesa di Sant’Eulalia (1941-1948) - Raffaello Delogu Nel 1943, la chiesa è profondamente danneggiata dai bombardamenti. Delogu si occupò di documentare i danni subiti dalla chiesa, segnalando il crollo della parete destra dell’abside e le gravi lesioni delle volte a crociera. I danni più consistenti riguardarono le parti della fabbrica interessate dall’intervento dell’ingegner Simonetti del 1914/19: le volte a crociera “alleggerite” e “riconsolidate” con l’uso del cemento armato, e il lato destro dell’abside ripristinato secondo la stessa procedura. Chiesa di Sant’Eulalia (1941-1948) - Raffaello Delogu Tra il 1945-46 Delogu si occupa dello sgombero delle macerie e della messa in sicurezza della chiesa, con provvedimenti tesi a consolidare la struttura. L’abside fu ricostruita per anastilosi, e l’intera chiesa fu intonaca, come previsto precedentemente per il campanile. Santa Teresa La chiesa, sorta tra il 1623 e il 1691, si trova nella parte alta del quartiere Marina, prospiciente la piazzetta Dettori. L'impianto della chiesa era a navata unica, su di essa si aprivano tre cappelle per lato. La cupola ottagonale, posta al di sopra dell'incrocio del transetto con l'aula, e impostata su un alto tamburo sul quale si aprono otto finestre rettangolari, è conclusa da un lanternino. Via Santa Teresa, fotografata da Edouard Delessert nel 1854. La facciata della chiesa di Santa Teresa. Santa Teresa 1848: sconsacrata, diventa proprietà del Demanio dello Stato, e nel 1882 i beni in essa contenuti sono messi in vendita. 1884: diventa sede dell'Archivio di Stato, fino al 1927-29. 1944: la chiesa è gravemente compromessa dai bombardamenti. 1949: adattata a sala da concerto, in sostituzione del Teatro civico, distrutto e non ricostruito. 1950-53: trasformata dal Genio Civile in Auditorium del Conservatorio di Musica. 1982-84: si configura l’assetto attuale con la demolizione delle cappelle laterali. Chiesa di Santa Anna Colpita dai bombardamenti aerei, nel 1943, i danni interessarono le coperture, con il crollo delle cupole, e profonde lesioni nelle parti strutturali. La ricostruzione mirava essenzialmente al ripristino dei valori spaziali e prospettici, non tenne conto dell’apparato decorativo, risalente al 1906 e considerato di poco pregio. Due immagini della chiesa nel 1943. Chiesa di Santa Anna Raffaello Delogu provvide alla ricostruzione integrale delle parti crollate, in analogia con l’impianto originale. Il ripristino del campanile fu, per ragioni economiche, ottenuto mediante l’impiego di un intonaco che simulava la tessitura in conci lapidei. La chiesa in un’immagine degli anni ’20, dopo il bombardamento del ‘43 e in una fotografia attuale. Chiesa del Carmine L'antica chiesa, edificata nel 1580, dall’ordine dei Carmelitani, era un pregevole esempio di architettura gotico - catalana e presentava al suo interno l'interessante cappella Ripoll, che costituiva una delle prime e poche costruzioni ispirate ai canoni rinascimentali a Cagliari. La Chiesa prima dei bombardamenti. Facciata, navata centrale e volta a botte. La Chiesa dopo i bombardamenti, navata destra. Chiesa del Carmine Raffaello Delogu per la chiesa gotico-rinascimentale del Carmine propone e realizza una ricostruzione ‘in stile’. Alcuni frammenti lapidei della famosa cappella Ripoll furono recuperati e conservati nella nuova chiesa. L'attuale chiesa del Carmine, dunque, è stata costruita, sopra i resti del cinquecentesco complesso dei carmelitani, in stile neoromanico. Affianca l'edificio l'alto campanile a canna quadra, sormontato da una piramide. L'interno è a tre navate, divise da pilastri e arcate a tutto sesto. Le coperture sono lignee. Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu La chiesa di San Saturnino oggi. Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu Pochi anni dopo il completamento dei lavori del Tamarelli, la basilica fu colpita durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale (13 maggio1943) e riportò numerosi danni. 1942-43: agendo d’anticipo Delogu si occupa di eseguire apprestamenti difensivi antiaerei, misure di protezione antiaerea a favore di «quegli edifici di eccezionale interesse, che, per la loro ubicazione» si trovavano «maggiormente esposti ad eventuali offese aeree». Provvide, per gli esterni, al blindamento con cassoni in legno contenenti terra o sabbia e, per gli interni, all’incastellatura con sacchi a terra. Tali apprestamenti furono coadiuvati da campagne fotografiche e di rilevamento anch’essi come misura precauzionale di protezione antiaerea, con la collaborazione di professionisti esterni. Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu I bombardamenti del 1943 causarono: crollo della volta a botte della nave mediana; Conseguente crollo dell’arcone tra il semicatino absidale e la navata centrale; crollo della navatella di sinistra, fatta eccezione dei muri perimetrali esterni; crollo del campanile a vela conseguentemente al dissesto del pilastro d’angolo; lesioni nella cupola, in corrispondenza dei raccordi angolari. Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu I lavori di restauro successivi ai bombardamenti iniziano sotto la direzione del soprintendente Raffaello Delogu nel 1948 e terminano nel 1952. Impostati prevalentemente sul recupero del monumento mediante consolidamento statico e anastilosi, senza indulgere in implicazioni stilistiche arbitrarie. Ciò è stato possibile grazie alla documentazione esistente, prodotta durante i precedenti e recenti lavori di restauro e al tipo di apparecchiatura muraria del monumento, in conci squadrati di calcare duro, rimasti in gran numero intatti sul posto e che potevano essere reimpiegati. Operazioni preliminari al restauro: Sgombero delle macerie (durato per quasi tutto il 1943); Raccolta e classificazione del materiale superstite attraverso una accurata e minuziosa numerazione ed assemblaggio dei vari elementi originari; Rilievo grafico e fotografico; Studi sulla cronologia delle strutture; Ricerche archeologiche nell’area a contorno della basilica. Sezione longitudinale BA e Sezione longitudinale della navatella sinistra dopo l’incursione del 13 maggio 1943, scala 1:50 (Archivio Disegni, Sovrintendenza BAPPSAD delle province di Cagliari e Oristano, post 1943). Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu Interventi strutturali Consolidò le parti superstiti, seguendo 2 criteri: in presenza di strutture che fossero in grado di restare in piedi, nonostante i dissesti subiti, «si preferì non manometterle sia per non doversi demolire anche quanto su di esse si appoggiava sia per conservare un saggio originale della tecnica osservata dai costruttori», nella maggior parte dei casi rinunciando ad eliminare strapiombi e deformazioni; in presenza di strutture prive di tale margine di sicurezza, si optò per lo smontaggio e il rimontaggio «nella posizione d’origine ma con appiombi e legamenti di malte che assicurassero una assoluta stabilità». Interventi di smontaggio e rimontaggio Smontò e rimontò le cortine pericolanti. Fianco destro, fianco sinistro e zona absidale dopo l’incursione del 13 maggio 1943, scala 1:50 (Archivio Disegni, Sovrintendenza BAPPSAD delle province di Cagliari e Oristano, post 1943). Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu Interventi di consolidamento Consolidò le strutture murarie con colate di cemento; Consolidò la cupola con catene in corrispondenza degli archi, occultando le chiavi al di sotto della muratura, e provvide alla cerchiatura dell’imposta mediante l’inserimento di un ferro piatto. Interventi di ricostruzione Ricostruì la volta a botte della navata centrale e l’arco del abside, col supporto delle fotografie preventivamente scattate, realizzando lungo i due lati un cordolo di cemento armato annegato nella muratura, alto 1 m e largo 32 cm. Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu Interventi di demolizione Demolì i muri di tompagnamento delle arcate delle navatelle; Demolì i settecenteschi muri di tompagnamento delle arcate del dado centrale, ormai seriamente compromessi, sostituendoli con altri in blocchetti di cemento intonacato e tinteggiato, di spessore molto più ridotto (20 cm anziché 70 cm), in modo tale da mettere in risalto, sia internamente che esternamente, le imposte degli archi. Chiesa di San Saturnino (1948-1952) - Raffaello Delogu Interventi di restauro Provvide alla sistemazione delle coperture della zona absidale ricostruita, opportunamente impermeabilizzate e dotate di un nuovo manto di rivestimento anche per la semicalotta absidale, e convogliando le acque piovane in un unico collettore; Restaurò il manto in tegole a squame del dado centrale, realizzato nel XVIII secolo; Rimise in luce le fondamenta dell’abside; Effettuò la patinatura delle parti nuove con l’utilizzo di miscele a base di silicati. Lavori di risistemazione delle quote di calpestio Ricostituì la quota pavimentale della basilica del XII secolo, con mattoni disposti a spina di pesce, cercando di riguadagnare e di sistemare i vari livelli storici, ovvero quello della necropoli pagano-cristiana, della basilica originaria (più alto rispetto alla quota di quest’ultima di 70 cm) e della basilica romanico-vittorina (più alto al piano della struttura bizantina di 1,60 m). Effettuò il terrazzamento dei fossati, in corrispondenza delle fondazioni dei bracci settentrionale e meridionale e della platea sottostante il dado, oltre che in corrispondenza della zona absidale, in modo da consentire una facile lettura della sovrapposizione tra l’abside quadrangolare di epoca bizantina e quella ad essa sovrapposta, di forma semicircolare, di epoca romanica. San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu La chiesa conventuale venne eretta in stile gotico probabilmente intorno alla fine del XIII secolo, come attesterebbero anche i ritrovamenti in seguito agli scavi condotti sotto il pavimento dell'attuale cripta. L'impostazione stilistica definitiva, sia della chiesa che del convento e del chiostro, venne data successivamente secondo i canoni dello stile gotico catalano, introdotto dagli aragonesi, a cui si aggiunsero elementi del classicismo rinascimentale, arrivati in Sardegna nel XVI secolo, durante la dominazione spagnola. San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu 1245: arrivo dei Domenicani a Cagliari e realizzazione di una prima struttura (a unica navata con tetto ligneo su capriate). XV sec.: la chiesa fu modificata secondo forme gotico-catalane Inizi XVI sec.: volte stellari. 1580: cappella del Rosario. 1679-1767: il complesso ospita una stamperia. 1866: soppressione degli ordini religiosi e incameramento del convento dal Demanio 1930: dopo il Concordato il convento torna alla primitiva destinazione. 1943: danni bellici. 1954: realizzazione di una nuova chiesa su progetto di R. Fagnoni. San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu Il chiostro. San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu Il chiostro. San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu 1946 Delogu si occupa di: sgomberare le macerie; demolire le parti pericolanti della chiesa e del chiostro; restaurare i danni e la nuova copertura delle ali est ed ovest del chiostro; restaurare integralmente l’ala sud dello stesso chiostro, provvisoriamente chiuso e trasformarla in cappella in sostituzione, per le necessità liturgiche dell’Ordine proprietario, della chiesa distrutta; recintare tutta l’area monumentale con apposito muro. San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu «Premesso che (…) tre quarti delle strutture della chiesa sono andati distrutti, sembra doversene senz’altro scartare la ricostruzione e ciò sia perché i materiali originari, come gemme, costolature, peducci scolpiti, paramenti in pietra da taglio sono andati, nel crollo, completamente frantumati, essendo stati ricavati in materiale tufaceo, sicché non potrebbe disporsene per il reimpiego, sia perché falso ed oggi pressoché impossibile sarebbe, data la diversa sensibilità ed educazione dell’artigianato edile, un rifacimento di quegli elementi come gemme, peducci, intagli in tufo, nei quali risiedeva grande parte della chiesa nelle forme originarie, a meno di non volere perpetrare un “rifacimento in stile”, sia impossibile oltre che per una questione di principio anche per le pressoché insormontabili difficoltà che si incontrerebbero nella esecuzione, resta da vedere quale sorte debba riservarsi ai ruderi». Dopo il bombardamento del 1943 San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu «Si presentano al riguardo due soluzioni: 1 rinunciare a conservare quanto della chiesa è rimasto, demolendone i ruderi e restituendo l’area alla fabbricazione di nuova chiesa; 2 ultimare il restauro del chiostro, ricostruendo l’ala crollata, la quale essendo stata costruita sul finire del Cinquecento con forme del tardo Rinascimento prive di ornati e perfettamente regolari e simmetriche, potrebbe essere ricostruita in assoluta analogia col modello originario. Per la seconda ipotesi si può : 1 conservare, previo consolidamento ma sempre allo stato di rudere, quanto della chiesa è rimasta; 2 provvedere al restauro della Cappella del Rosario la quale, nonostante i gravissimi danni subiti, può essere ripristinata; 3 provvedere al restauro dell’ala del chiostro crollata lasciandone a giorno il lato in origine chiuso dal muro a destra della navata della chiesa, in modo da ottenere una continuità spaziale e panoramica tra gli ambienti del chiostro e della chiesa; 4 comprendere tutta l’area circostante al convento, al chiostro ed alla chiesa entro una fascia di vegetazione ad alberi ad alto fusto, recintandola, con cancellata; 5 ripristinare il giardino nel chiostro ed estenderlo nell’area della chiesa le cui rovine verrebbero parzialmente fatte ricoprire da piante rampicanti a verde perenne». San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu «Di queste due ipotesi la prima sembra da scartare soprattutto per un motivo e cioè perché a fianco ed in adiacente con l’antico chiostro sorgerebbe una nuova chiesa che, essendo svincolata dalle forme della chiesa distrutta e dovendo essere di linee necessariamente moderne non potrebbe che inserirsi violentemente entro un complesso - costituito da chiostro o dal convento - che ha una sua atmosfera antica così spiccata da non potere in nessun modo essere contaminata con moderne interpolazioni. A ciò si aggiunga che i ruderi della chiesa, per quanto ridotti ed essi stessi crudamente feriti, hanno un loro fascino ed una loro suggestività e rivestono tuttora - come tra l’altro nel particolare degli orci a rinfianco della crociera del presbiterio - notevole significato documentario circa i modi del costruire gotico in Sardegna nel Cinquecento». San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu Resta allora la seconda soluzione «che appare (a giudizio dello scrivente) quella più rispettosa sia di quanto rimane della chiesa che dalla conservazione al chiostro e dal convento, e cioè all’“ambiente”, del loro carattere. Tutto l’assieme monumentale, sopravvissuto, restaurato ed allo stato di rudere, verrebbe compreso, valorizzato e ancora meglio ambientato nel parco dove la Cappella del Rosario ripristinata e restituita al culto, potrebbe restare come cappella votiva dedicata alle vittime dei bombardamenti sulla città di Cagliari». «(…) L’Ordine dei Predicatori potrebbe chiedere la ricostruzione della chiesa in altro nuovo quartiere della città dove, mancando ed essendo fortemente popolato, è sentita la esigenza di una nuova chiesa. A ciò si aggiunga che la chiesa di S. Domenico era ubicata in un quartiere servito da molte altre chiese vicinissimo tra loro alle quali se ne è aggiunta in questi ultimi mesi ancora un’altra quasi limitrofa a quella in parola». Raccomandata del prof. Delogu al Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e Belle Arti di Roma, Cagliari, 24 luglio 1946. San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu Negata la possibilità che la chiesa dei padri Domenicani venga costruita in altro luogo, propone un’alternativa, anch’essa non accolta: «fermo restando il progetto di conservazione dei ruderi e la loro ambientazione, in una col chiostro, entro un parco, si sarebbe consentito di fare costruire la nuova chiesa nell’area, limitrofa a quella della chiesa antica, già occupata da un vestibolo e da una grande sacrestia, oggi in demolizione. In tal modo la nuova chiesa sarebbe rimasta comunicante col convento, i ruderi sarebbero stati conservati ed il chiostro non avrebbe subito il temuto imbottigliamento. In più sarebbero venute a far parte della nuova chiesa la Cappella del Rosario, convenientemente restaurata ed alcuni minori ambienti utilizzati per la Sagrestia e servizi». Rifiutata anche questa proposta, chiede al Ministero di delegare un membro del Consiglio Superiore ad effettuare un sopraluogo «allo scopo di prendere cognizione sul posto dei problemi sopra riassunti e di studiare, di concerto con questo Ufficio e con la parte interessata, la soluzione da proporre al Consiglio stesso». Raccomandata del prof. Delogu al Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e Belle Arti di Roma, Cagliari, 7 marzo 1947. San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu «Premesso che oltre un terzo delle strutture del notevole monumento - che doveva considerarsi come la più significativa testimonianza del gotico aragonese in Sardegna - è tuttora in piedi e cioè praticamente conservabile dopo gli opportuni lavori di restauro e consolidamento; premesso che i ruderi di detta chiesa risultano di strutture ed elementi architettonici e d’ornato di per se stessi del più alto pregio sia come documentazione storica che come significato estetico; premesso altresì che l’insieme delle rovine si presenta come suggestivo quadro al contempo pittoresco e architettonico nel cuore di un antico quartiere costituito di piccole case in tracciato viario estremamente minuto e complesso; aggiunto che l’area dei ruderi è immediatamente contigua all’area sulla quale si conserva l’antico chiostro aragonese che risulta nelle sue strutture perfettamente omogeneo con le strutture e l’ornato dei ruderi; la Soprintendenza ritiene doveroso raccomandare ancora un riesame della questione allo scopo di trovare una soluzione che mentre non ignori le prescritte finalità di tutela e conservazione del patrimonio monumentale della nazione, proprie di questa Amministrazione, sia anche sollecita degli interessi dell’Ordine consegnatario dell’edificio». Raccomandata del prof. Delogu al Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti di Roma, 18 Febbraio 1948. San Domenico (1946-1949) – Raffaello Delogu 1949 Nulla-osta della Soprintendenza per la realizzazione del progetto di restauro e ricostruzione della chiesa e del chiostro alle seguenti condizioni: che venga riportata alla forma prevista nel progetto, già approvato dal Superiore Ministero, la ricostruzione della zona a destra del presbiterio della cripta provvedendosi, precisamente, a ricostruire nelle forme di origine i due archi che immettevano dal presbiterio medesimo e dalla navata nell’antico di comunicazione tra chiesa ed antisagrestia e la volta a crociera che ricopriva dello andito; che l’accesso alla scala di comunicazione tra il chiostro e la Sagrestia della chiesa superiore venga ricavato attraverso la porta gotica, ora obliterata, prospettante sull’ala est del chiostro medesimo; che l’ala nord del chiostro venga ricostruita riprendendo le sagome di origine nelle archeggiature e nei pilastri dei due ordini; che nella faccia interna nel nuovo pilastro previsto all’angolo nord-ovest del chiostro venga segnato, mediante inserzione nella muratura di cantoni opportunamente disposti, lo sviluppo originario delle arcate dell’ala nord del chiostro medesimo. Raccomandata al Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e Belle Arti di Roma, 9 Aprile 1949. San Domenico (1952-1954) – Raffaello Fagnoni San Domenico (1952-1954) – Raffaello Fagnoni San Domenico (1952-1954) – Raffaello Fagnoni San Domenico (1952-1954) – Raffaello Fagnoni La chiesa superiore ha una sola navata, ristretta in corrispondenza del presbiterio affiancato da due altari, che seguono lo schema gotico-catalano del primitivo impianto. Un profondo coro completa lo spazio coperto dalla grande cupola ogivale, mentre il tradizionale rosone è sostituito da una finestra alta, lunga e stretta che conclude la facciata ad andamento orizzontale. L’interno della vecchia chiesa e della nuova a confronto. San Domenico (1952-1954) – Raffaello Fagnoni Un alto campanile completa il sagrato. L'esterno si distingue per l'uso del calcare usato a vista anche nell'interno, dove dalle pareti laterali partono le straordinarie strutture in cemento armato che sorreggono la copertura. Due fasci di nervature, che ricordano quelle gotiche, si innalzano a formare, intrecciandosi, una fitta rete che su un piano orizzontale richiama gli schemi delle volte a crociera distrutte. Bastione di San Remy Realizzato tra il 1896 e il 1902, ad opera degli ingegneri comunali Fulgenzio Setti e Giuseppe Costa, riprendendo il progetto di sistemazione dei bastioni meridionali già previsto dall’architetto Gaetano Cima nel piano urbanistico del 1858. Gravemente danneggiato dai bombardamenti, il complesso fu ripristinato “com’era e dov’era” nel 1958. Il suo arcone trionfale, completamente distrutto, è stato ricostruito con un intervento di falso storico nel quale oggi non è possibile distinguere le parti originali da quelle oggetto di restauro. Bastione di San Remy Il Bastione in un’immagine del 1943. Il Bastione in un’immagine attuale. Palazzo Vivanet Costruito nel 1893-95 su committenza dei fratelli Antonio e Filippo Vivanet in una zona nevralgica, prospiciente la stazione ferroviaria. Il progetto dell'architetto Cesare Picchi applica elementi stilistici neogotici alla tipologia del palazzo multipiano che abbraccia tutto un isolato. La sequenza di portici a sesto acuto è la prima applicazione del regolamento edilizio della città di Cagliari, che prevedeva la sequenza di porticati per il fronte della via Roma sul quale affaccia l'edificio. L'architettura neogotica faceva così la sua comparsa ufficiale a Cagliari. L'edificio, con pianta a U sviluppata su tre piani, andava a occupare una preminente posizione lungo l'asse stazione-centro città, ed inaugurava l'assetto porticato che la via Roma assumerà nei primi anni del Novecento, proseguito dal nuovo Municipio. Squarciato nella parte centrale durante i bombardamenti del 1943, oggi, è perfettamente visibile la ricucitura dei mattoni sostitutivi gli originali nel prospetto sulla via Roma. Palazzo Vivanet Oggi 6 DEMOLIZIONI E RUDERI 1. Chiesa di Santa Lucia 2. Chiesa di Santa Caterina 3. Mercato Civico 4. Teatro Civico 5. Palazzo Aymerich 5 7 4 6. Case Floris 7. Chiostro di San Francesco 8. Palazzo del Consiglio Regionale 2 3 1 8 Santa Lucia Ricordata nel 1119 col nome di Santa Lucia di Civita insieme alla scomparsa chiesa di San Salvatore, sorge un secolo prima della fondazione del Castello pisano in quello che era il quartiere del porto dei mercanti di Cagliari, allora detto Bagnaria. La chiesa era stata concessa in quella data ai monaci di San Vittore di Marsiglia, insediati nella chiesa di San Saturno. Di questa fase tardo medievale non conosciamo né la forma esatta né il tipo di impianto. Danneggiata dai bombardamenti del 1943, il Provveditoriato alle Opere Pubbliche, come era solito nei primi interventi post-bellici, quando il parametro di giudizio adottato era quello della sicurezza statica dell’organismo architettonico, ne decise la demolizione, anche in ossequio al piano di ricostruzione del 1947, che prevedeva al suo posto una piazza poi mai realizzata. Dalla documentazione fotografica eseguita dal Genio Civile prima degli interventi di demolizione risulta che, sebbene la cupola del presbiterio e il locale annesso fossero letteralmente scoperchiati, il pulpito e gli altari, danneggiati nelle parti decorative, erano tuttavia in condizioni tali da permettere un agevole recupero. Vennero demolite le parti pericolanti e tamponate le tre cappelle di destra, conservando unicamente le strutture murarie di divisione tra esse e la navata principale, insieme all’imposta della copertura a volta, che ancora oggi agisce da contrafforte agli edifici adiacenti. Santa Lucia Tra ottobre e dicembre 2011 si è svolta una campagna di scavo nello spazio antistante il rudere della chiesa di Santa Lucia a Cagliari. La campagna di scavo 2011 costituisce uno stralcio inserito in un più ampio progetto di recupero del rudere della chiesa avviato nel 2005. Il progetto è finalizzato alla fruizione del monumento e alla musealizzazione dei reperti, mediante le indagini archeologiche e le ricerche d'archivio. Santa Caterina Eretta alla fine XVI secolo dall'Arciconfraternita dei Genovesi, nella via Manno, era contraddistinta da un’elegante portale barocco in pietra a colonne tortili, ed interni ad unica navata di forme manieriste. Nel 1944 in seguito ai danni provocati dalle bombe fu scoperta nelle sostruzioni delle chiesa una cripta. Tale ritrovamento determinò da parte della Soprintendenza ai Monumenti la prescrizione di una serie di indicazioni: La costruzione di un nuovo edificio di culto, nello stesso sito del preesistente, progettato in forme architettoniche del tutto svincolate dall’antico; La costruzione di un locale attiguo alla nuova chiesa per conservare i reperti scultorei salvati dalle macerie e dove esporre il materiale documentario illustrante il monumento prima e dopo la distruzione bellica. Il progetto, redatto dal Genio Civile e mai realizzato prevedeva un moderno edificio di culto con struttura in cemento armato svincolata dagli edifici vicini, il ripristino della sottostante cripta, appena riscoperta, un pronao e un’abside. Santa Caterina La chiesa di Santa Caterina in via Manno. Il grande magazzino sorto nel luogo dell’antica chiesa. Santa Caterina Verso gli anni Sessanta è stata realizzata la nuova chiesa di Santa Caterina in via Scano, con un progetto completamente variato e in un luogo diverso da quello originario, a causa della permuta dell’area di via Manno come sede dei magazzini Upim. La nuova chiesa di Santa Caterina in via Scano. Mercato civico Nel 1886, fu inaugurato nel largo Carlo Felice il Mercato civico, progettato dall'ingegner Enrico Melis, allievo dell'architetto Cima. Il mercato era formato da due fabbricati distinti e separati da una strada, oggi detta via del Mercato Vecchio. L'edificio principale, constava di un prospetto in cui si distinguevano tre avancorpi in trachite di Serrenti. Dall'avancorpo centrale, tramite un ampio arco trionfale, si accedeva all'interno, coperto da lastre di vetro rette da strutture portanti in ghisa e ferro. L'edificio minore era invece caratterizzato da un bel porticato, sostenuto da colonne doriche che reggevano una trabeazione decorata da metope e triglifi, realizzato in trachite di Serrenti. Il complesso fu demolito nel 1957, quando il comune di Cagliari cedette l'area ad alcune importanti banche, che edificarono, in luogo dello storico monumento, le loro sedi, nei palazzoni che si vedono ancora oggi. Resti del vecchio mercato (trasferito poi nell'attuale sede, nel quartiere San Benedetto) sono, in sito. Teatro Civico Eretto nel 1774 da Saverio Belgramo per il barone Francesco Zapata di Barumini, venne ceduto al Comune nel 1831 e distrutto durante i bombardamenti del 1943. Teatro Civico Nel 2006 lo spazio è stato restituito al suo uso storico, con un progetto ispirato al criterio del minimo intervento e alla contemporaneità dell’integrazione. Si è trattato del restauro conservativo della cortina muraria e dell’installazione, all’interno del vuoto ricavato dalla rimozione delle macerie, della piattaforma della platea, del palco e di un sistema di ballatoi che richiamano i livelli originali dei palchi, ospitanti le dì sedute degli spettatori. Il progetto ha rispettato il vuoto creato dai bombardamenti, mediante la scelta di recuperare lo spazio come teatro all’aperto, escludendo qualsiasi copertura della struttura per ricrearne il volume originario. Palazzo Aymerich Realizzato nel XIX sec. su progetto di Gaetano Cima come palazzo residenziale di proprietà della famiglia Aymerich di Laconi, fino al 1935. Chiostro di San Francesco 1875: Crollo della chiesa. 1939: Vincolo sul chiostro. 1940: Espulsione dei militari, insediatisi nel 1861, su richiesta di Delogu. 1943: Danni bellici. Chiostro di San Francesco I bombardamenti del ’43 peggiorarono la situazione del chiostro, causando il crollo quasi totale del primo piano e contribuendo ad accelerarne il degrado. In buona parte, i resti e le macerie furono utilizzate per la ricostruzione di altre strutture danneggiate dalla guerra. Nel 1946 alcuni locali del chiostro furono occupati dalla sede cittadina del Partito Sardo d’Azione, come testimoniano i due affreschi presenti nei bracci est e ovest. Nel 1949 gli edifici adiacenti al lato sud del chiostro furono demoliti, per consentire l’apertura di via Mameli. 1944: Delogu avanzò l’ipotesi di trasformare il chiostro nella nuova sede del Conservatorio musicale. Pertanto, chiese al Provveditorato di far predisporre il progetto di trasformazione ai suoi organi tecnici. Il progetto, affidato a Ottone Devoto, non fu però mai realizzato. Anni sessanta: furono presentati diversi progetti per la sopraelevazione e la trasformazione dell’area del chiostro in edifici residenziali e commerciali, tutti respinti dalla Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie, in virtù del vincolo monumentale apposto. Anni ottanta: ipotesi di recupero e riqualificazione dell’area: una prima proposta fu quella di destinare il convento a Centro di Cultura e Museo delle Opere d’Arte; inoltre si avanzò l'ipotesi di realizzarvi una sede della Pinacoteca Nazionale. Schema planimetrico del complesso conventuale, con l'indicazione dei corpi di fabbrica non più esistenti. Chiostro di San Francesco Le prime azioni di tutela sul monumento furono avviate nel 1989, ad opera della Soprintendenza ai Beni Architettonici per le province di Cagliari e Oristano, mentre i primi lavori di conservazione ebbero luogo nel 1991, sempre a cura della Soprintendenza, e riguardarono la soluzione di alcuni problemi concernenti le strutture portanti e la successione di volte a crociera che definiscono gli spazi al piano terra. Viste del chiostro oggi. Palazzo del consiglio regionale L’edificio nasce dall’unione di quattro isolati: uno apparteneva alla Banca d’Italia, uno comprendeva il Palazzo Cavanna, gravemente danneggiato dai bombardamenti, e il palazzo Rossetti, mentre i due isolati più interni comprendevano case a schiera. I lavori cominciarono nel 1963 e furono interrotti nel 1966, per riprendere all’inizio degli anni Ottanta e terminare nel 1988. Lo stile moderno Dell’edificio rispetto agli altri presenti nella strada ha alimentato altre polemiche. L’intento di proseguire il porticato descritto dagli altri stabili è compromesso dal mancato rispetto del ritmo delle arcate osservato uniformemente dal resto della palazzata di via Roma. Al di sopra del portico architravato, il prospetto è chiuso da vetrate progressivamente aggettanti. La pianta, disposta ad H tra il corpo che dà su via Roma e quello affacciato su via Sardegna, ha il suo centro nell’aula consiliare. VUOTI URBANI 1. Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio 2. Edificio in via Porto Scalas 1 2 Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio La guerra e i bombardamenti del 1943 causarono gravi danni alla struttura urbana ed edilizia di Stampace. Il Piano di ricostruzione approvato, assegnò un ruolo dominante alla viabilità, in funzione della nuova edilizia pubblica e privata; proprio in nome di questa logica sarà allargata la via Santa Margherita, a discapito della consistenza urbana, con la demolizione a più riprese delle due spine di edifici tra le vie San Giorgio e Santa Margherita, e delle due chiese, meno note ma non meno importanti per la storia del quartiere: Santa Margherita e San Giorgio. Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio Nel 1961, sarà proprio l’allargamento della via Santa Margherita a separare in due settori la parte più antica del quartiere, determinando un fittizio confine divenuto importante arteria di scorrimento. Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio 1 Ottobre 1994: dopo una settimana di piogge e la conseguente caduta di un cornicione della “spina di ruderi” posta tra via Fara e via Santa Margherita (una ventina di edifici residenziali, quattro dei quali ancora abitati), la Giunta Comunale procede alla demolizione dell’intero isolato, privando il quartiere, ancora una volta, di un importante frammento urbanistico medievale. Isolato tra via Fara, via Santa Margherita e via San Giorgio Edificio in via Porto Scalas Portico Romero Oggi il Portico Romero è una breve strada che mette in comunicazione via San Domenico con via Garibaldi, ma in questo punto, lungo le mura che dal XII-XIV secolo delimitavano il quartiere, vi era una delle torri con porta di accesso. La torre fu demolita nel XIX secolo e della struttura antica rimase un modesto portico che, ultimo residuo delle mura di Villanova, fu demolito nel 1963. Piazza Palazzo Piazza Palazzo in una foto precedente al 1943. Sistemazione post-bellica della Piazza . BIBLIOGRAFIA • G.Spano, Guida della città di Cagliari, Tipografia Timon, Cagliari 1861. • G. Spano, Guida della città e dintorni di Cagliari, Tipografia Timon, Cagliari 1861. • T. Kirova, F. Masala, M. Pintus, Cagliari. Quartieri storici. Villanova, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 1985. • T. Kirova, F. Masala, M. Pintus, Cagliari. Quartieri storici. 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