TUMORE DELLA VESCICA: LE PRINCIPALI TERAPIE Nei pazienti con tumori superficiali la mortalità è bassa e la lesione può essere asportata completamente con una resezione trans-uretrale e folgorazione. I tumori invasivi (che si estendono al muscolo) mostrano invece una sopravvivenza che raggiunge il 50% a 5 anni. La chemioterapia adiuvante (cioè somministrata dopo la chirurgia) attualmente non ha ancora un ruolo definito. Le recidive locali in caso di tumori superficiali dopo asportazione sono trattate con instillazioni endovescicali di chemioterapia o con bacillo Calmette-Guérin (BCG). I tumori che hanno invaso la parete vescicale in profondità richiedono invece una cistectomia parziale o radicale. In alternativa può essere utilizzata la radioterapia da sola o in combinazione con la chemioterapia. Quando il tumore genera metastasi è necessaria la chemioterapia, disponibile in combinazioni diverse. In tutti i casi è necessaria una forte e strutturata collaborazione multidisciplinare fra urologi, oncologi radioterapisti e oncologi medici. Chirurgia Esistono diversi possibili interventi come: resezione trans-uretrale (TUR-B): consiste nell’introduzione in vescica attraverso l’uretra di uno strumento ottico dotato di un resettore. Questa tecnica permette di asportare il tumore oppure di bruciarlo tramite il metodo della folgorazione con elettricità ad alta energia cistectomia radicale: consiste nella rimozione della vescica, dei tessuti e dei linfonodi adiacenti. Si esegue quando il tumore è esteso alla parete muscolare o la sorpassa. Nell’uomo vengono asportati contestualmente la prostata e le vescicole seminali, nella donna (di norma) utero, ovaie e parte della vagina. La cistectomia radicale è oggi il trattamento più utilizzato per le neoplasie vescicali muscolo-infiltranti, anche se è possibile attuare strategie di conservazione dell’organo in pazienti selezionati cistectomia parziale: non è uno standard terapeutico e deve essere eseguita solo in pazienti selezionati e in casi particolari L’asportazione della vescica ha un impatto considerevole sulla qualità della vita dei pazienti che l’introduzione delle tecniche di ricostruzione ha solo parzialmente ridotto. Radioterapia Utilizza radiazioni ad alta frequenza per demolire le cellule tumorali e ridurre le dimensioni del cancro. Viene utilizzata sia come unico trattamento (approccio unimodale) con una finalità quasi sempre palliativa, sia con chirurgia e chemioterapia (approccio trimodale). Questo avviene in pazienti selezionati, con una finalità curativa ed in alternativa alla cistectomia. La terapia trimodale (che include anche resezione endoscopica citoriduttiva, radioterapia esterna e chemioterapia sistemica) ha lo scopo di preservare le funzioni fisiologiche della vescica con una conseguente migliore qualità di vita. Numerose esperienze cliniche hanno dimostrato che con questo approccio conservativo sono stati ottenuti risultati paragonabili a quelli raggiunti con la chirurgia. La radioterapia trova una sua indicazione nel trattamento dei sintomi nei pazienti in progressione dopo chirurgia ed in quelli metastatici. Viene largamente utilizzata nei pazienti che per comorbidità, età avanzata o assoluto rifiuto, non risultano idonei ad una cistectomia radicale. Le limitazioni della radioterapia sono invece rappresentate dalla moderata radiosensibilità di questa neoplasia e dalla elevata probabilità che le dosi alte di radiazioni su tutta la vescica possano indurre effetti collaterali tardivi. Tra questi si segnalano la riduzione della distensibilità dell’organo per fibrosi della parete e la comparsa di episodi di ematuria di difficile controllo. Questa strategia terapeutica può causare, a volte, effetti collaterali quali arrossamento della pelle, nausea e fatigue. Chemioterapia Prevede la somministrazione di farmaci per via endovenosa al fine di distruggere le cellule tumorali che si sono sviluppate nella vescica e negli eventuali altri organi colpiti. Nel caso delle forme superficiali viene utilizzata l’instillazione endovescicale con l’obiettivo di prevenire le recidive. I principali agenti utilizzati per instillazione endo-vescicale sono tiotepa, doxorubicina (epirubicina) e mitomicina C; tuttavia il farmaco più utilizzato è una forma attenuata dell’agente che provoca la tubercolosi (BCG). Nelle forme infiltranti o in quelle già diffuse al di fuori della vescica la chemioterapia cerca di distruggere le cellule tumorali che si sono sviluppate negli altri organi. I principali agenti chemioterapici usati sono rappresentati da cisplatino, carboplatino, gemcitabina, methotrexate, doxorubicina, vinblastina, paclitaxel e vinflunina. La chemioterapia può avere effetti collaterali, a volte anche importanti, tra cui nausea e vomito, perdita di appetito, perdita dei capelli, piaghe alla mucosa della bocca, suscettibilità alle infezioni (per mancanza di globuli bianchi), emorragie o ematomi frequenti (da mancanza di piastrine) e stanchezza o fiato corto (per riduzione dei globuli rossi). La maggior parte di queste controindicazioni scompare quando viene interrotto il trattamento. Immuno-oncologia È una tecnica basata sulla capacità di alcuni farmaci di stimolare il nostro sistema immunitario a riconoscere e aggredire la malattia. In Italia attualmente viene utilizzata nel trattamento di alcune neoplasie come il melanoma, il carcinoma del polmone e del rene. Sta dimostrando di poter essere efficace anche per il tumore della vescica in stadio avanzato. Si tratta di una nuova opportunità e, attualmente, studi clinici mostrano come l’immuno-oncologia sia meglio tollerata dai pazienti rispetto alla tradizionale chemioterapia. Atezolizumab, in particolare, è la prima e unica molecola immuno-oncologica approvata dall’ente regolatorio americano (FDA, Food and Drug Administration) per il trattamento del cancro della vescica. L’efficacia di atezolizumab è stata evidenziata nello studio IMvigor 210 (multicentrico di fase II, a due coorti, in aperto) che ha valutato la sicurezza e l’efficacia della molecola nei pazienti affetti da carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico, indipendentemente dall’espressione di PD-L1. I pazienti arruolati nello studio sono stati suddivisi in due coorti. La coorte 1 era costituita da pazienti che non avevano ricevuto precedenti terapie per il carcinoma uroteliale della vescica localmente avanzato o metastatico e che non potevano essere sottoposti a chemioterapia di prima linea a base di cisplatino. La coorte 2 includeva pazienti la cui malattia era progredita durante, o in seguito, ad un precedente trattamento con un regime di chemioterapia a base di platino (seconda linea o successive). I dati aggiornati della coorte 2 (pazienti precedentemente trattati con chemioterapia a base di platino) dello studio IMvigor 210, presentati all’ultimo congresso ESMO (European Society of Medical Oncology) che si è svolto a Copenhagen a ottobre 2016, hanno evidenziato un tasso di risposta obiettiva (ORR) del 16%. La sopravvivenza globale (OS) mediana è stata di 7,9 mesi e dopo 12 mesi era al 37%. A Copenhagen sono stati presentati anche i dati aggiornati della coorte 1 (cancro precedentemente non trattato, prima linea) che hanno evidenziato un tasso di risposta obiettiva (ORR) del 23%. La sopravvivenza globale (OS) mediana era di 15,9 mesi e dopo 12 mesi era del 57%.