La riforma del Titolo V della Costituzione e le

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La riforma del Titolo V della Costituzione e le criticità della frammentazione in 21 sistemi
regionali
“Una sanità a pezzi, meno diritti, più diseguaglianze”.
La Riforma del Titolo V del 2001
Nell’ottobre 2001 viene approvata la riforma dell’art. 17 della Costituzione.
La riforma intende affermare un'organizzazione pubblica di tipo federalista nella quale allo Stato
spettano solamente i compiti essenziali che non possono essere soddisfacentemente svolti dalle
Regioni e dagli enti locali.
Le motivazioni principali sono di tipo politico contingente, ma anche di adeguamento alla nuova
realtà dell'ordinamento regionale, alla riforma degli enti locali realizzata nel decennio 1990-2000 ed
al decentramento amministrativo (su come realizzare tale adeguamento istituzionale lavorarono tre
commissioni bicamerali per le riforme istituzionali negli anni 80-90).
La riforma veniva inoltre presentata come particolarmente utile ad avvicinare le istituzioni ai
cittadini e le decisioni al territorio.
La riforma costituzionale, conformemente all'impianto federalista che la ispira, conferisce alle
Regioni piena dignità rispetto allo Stato, il quale non può dunque più vantare la precedente generale
prevalenza su tutti gli altri soggetti pubblici. Stato e Regioni sono titolari di distinte potestà
legislative, individuate direttamente dalla Costituzione; in particolare le competenze devolute alle
regioni vengono raggruppate nelle “materie di legislazione concorrente”.
Nell’ambito della tutela della salute, lo Stato ha legislazione esclusiva (art. 117, comma 2, lettera
m) nella “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”; si noti come non compaia il termine
salute.
Sono materie di legislazione concorrente quelle relative (art. 117 comma 3, lettera g) alla “tutela
della salute”.
Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la
determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Risultati dell’impianto federalista sulla salute degli italiani.
In questi 15 anni si sono evidenziate 5 importanti criticità.
Incertezza normativa con conflittualità continua ed estenuanti trattative tra lo stato e le regioni.
Formazione, negli anni, di 21 Sistemi Sanitari, ognuno con un proprio modello, con attribuzione di
competenze e regolamenti diversi alle singole professioni sanitarie, con frammentazione dei servizi
e delle modalità erogative degli stessi.
Aumento della spesa sanitaria regionale dopo la riforma del Titolo V, accompagnata da deficit in
molte Regioni che hanno costretto i cittadini a subire aumenti di tasse.
Peggioramento dei servizi, senza corrispondenti modifiche organizzative e strutturali necessarie a
far recuperare efficienza al sistema.
Aumento delle differenze nella possibilità di accesso ai servizi e nella salute tra le regioni del nord e
quelle del sud Italia con minaccia all’universalità del SSN.
“Fin dai tempi dell’unificazione dell’Italia la speranza di vita della popolazione italiana è stata
caratterizzata da un incremento progressivo e regolare. Questo incremento negli ultimi vent’anni
…[ha presentato]… una crescita molto più pronunciata al Nord…per convergere verso i valori
delle regioni più virtuose del Centro Italia. Al contrario l’incremento dell’aspettativa di vita è stato
più lento nel Sud e nelle Isole, che, connotate da valori più favorevoli della media nazionale fino
agli anni 90, hanno rallentato i loro progressi per posizionarsi ben al di sotto della media a partire
dal 2010”
(L’equità nella salute in Italia, Secondo rapporto sulle disuguaglianze sociali in sanità, Giuseppe Costa et al. Franco Angeli 2014).
Si vedano a questo proposito le differenze tra le diverse regioni nell'adempimento ai LEA, così
come emergono dalla mappa di monitoraggio dell'Italia e dalla cosiddetta griglia LEA.
http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=1302&area=programmazioneSanitariaLea&menu=l
ea
http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6_Lea.jsp?lingua=italiano&id=3962&menu=lea&idP=1302
Altrettanto indicativi delle profonde differenze dei risultati delle cure che si possono ricevere, a
seconda dell'area di residenza, sono i dati del Programma Nazionale Esiti.
http://95.110.213.190/PNEed14/risultati/default_struasl.php
Cosa prevede la riforma in approvazione ? Potrà porre rimedio a questa situazione?
In questi mesi si sta discutendo tra Senato e Camera la modifica radicale del Titolo V della
Costituzione, all'interno del quale il tema più dibattuto è la riforma del Senato.
L'art. 31 del Disegno di legge governativo (il cosiddetto DL Boschi), nella versione approvata il 13
ottobre dal Senato e che dovrà avere ancora 3 letture parlamentari prima di essere sottoposta al
referendum confermativo , abolisce il comma 3 dell’attuale art. 117 (materie di legislazione
concorrente) e tra le materie sulle quali lo stato ha legislazione esclusiva comprende:
“determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che
devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; disposizioni generali e comuni per la
tutela della salute, per le politiche sociali e per la sicurezza alimentare”.
Va sottolineato che nella versione originale del DL al posto di “disposizioni generali e comuni”
veniva utilizzato il termine “norme”, mentre nel testo del 2001 veniva riservata alla legislazione
dello Stato “la determinazione dei principi fondamentali”.
L'art. 31 stabilisce inoltre che: “spetta alle Regioni la potestà legislativa in materia di…
programmazione e organizzazione dei servizi sanitari e sociali”.
Infine prevede la possibilità per lo Stato di delegare alle regioni la potestà regolamentare anche su
materie di sua competenza esclusiva e definisce la cosiddetta clausola di supremazia, per la quale lo
Stato può intervenire in materie non riservate alla legislazione esclusiva qualora "lo richieda la
tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale".
Va anche detto che, in modo nettamente contraddittorio con la filosofia del DL, all'art. 30 è stato
inserita la possibilità di devolvere alle Regioni la potestà legislativa “sulle disposizioni generali e
comuni per le politiche sociali”.
E' difficile prevedere se questo nuovo impianto costituzionale, che, come detto, potrà esplicare i
suoi effetti non prima della fine del 2016, avrà un impatto significativo sull'organizzazione del
Servizio Sanitario a livello regionale o rimarranno parole sulla carta. Per esempio la terminologia
usata, disposizioni generali e comuni, piuttosto che norme o principi fondamentali, potrà prestarsi
maggiormente a un'interpretazione centralista o piuttosto lascerà spiragli all'autonomia regionale ?
La potestà legislativa, demandata alle Regioni, in materia di programmazione quanto peserà ancora
sulle differenze nell'accesso ai servizi tra cittadini di diverse regioni ?
In ogni caso, i medici italiani
lotteranno per poter lavorare in un servizio sanitario nazionale che non perda le sue caratteristiche
di universalità, solidarietà, eguaglianza;
continuano a ritenere che il Sistema sanitario possa essere uno strumento potente di contrasto alle
disuguaglianze e di perequazione nei confronti dei soggetti svantaggiati affinché in Italia non si crei
quel meccanismo (noto come “la trappola della povertà” ) a causa del quale la persona malata che
non ha i mezzi per curarsi si impoverisce ulteriormente, perdendo la sua capacità di generare
reddito;
intendono svolgere un’azione sempre più intensa di advocacy nei confronti di tutti i cittadini per
una piena realizzazione dell’art. 32 della Costituzione.
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