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 Irene Fantappiè, Michele Sisto (eds.) Letteratura italiana e tedesca 1945-­‐‑1970: Campi, polisistemi, transfer Deutsche und italienische Literatur 1945-­‐‑1970: Felder, Polysysteme, Transfer Roma, Istituto Italiano Studi Germanici, 2013, pp. 295 «Di tutte le forme di "persuasione occulta" la più implacabile è
quella esercitata semplicemente dall'ordine delle cose» (Pierre Bourdieu,
Risposte. Per un'antropologia riflessiva, Torino, Bollati Boringhieri, 1992,
p. 130). La frase potrebbe fare da epigrafe al volume intitolato
Letteratura italiana e tedesca 1945-1970 a cura di Irene Fantappiè e
Michele Sisto: sedici studi, volti a ricostruire i (micro-)contesti storicoletterari delle aree italiana e tedesca del secondo dopoguerra. I
contributi sono, infatti, accomunati da un postulato critico di rinnovo
della storiografia letteraria, materia dominata da "persuasioni occulte"
riconducibili, nella fattispecie, a una matrice idealistica, ossia a quanto
Bourdieu ha chiamato «ideologia carismatica del creatore». Negli scorsi
decenni, i cultural studies, complici i teorici della decostruzione, hanno
certo contribuito a smascherare simili concezioni. Sennonché, esaurita
la sua carica iconoclasta, la "scuola culturale" e la sua idea della
letteratura quale alleato di un potere repressivo, si è rivelata debole,
lasciando trapelare l'originaria spinta risentita (o, con Francesco
Orlando, «invidiosa») dei suoi fautori. I problemi teorici legati alla
storia e al valore, anziché risolversi, sono rimasti più che mai aperti.
Le ricerche promosse da Fantappiè e da Sisto offrono
un'occasione per riattualizzarne la verifica. Restituendo agli eventi
letterari una dimensione concreta, di prodotti sociali, con-figurati
all'interno di un sistema dotato – com'è scritto nell'introduzione – di
«struttur[e] e [...] dinamiche specifiche» (p. 8), gli studi del volume
corrispondono al postulato secondo cui ogni intelligenza storica non
Between, vol. V, n. 9 (Maggio/ May 2015) Irene Fantappiè, Michele Sisto (eds.), Letteratura italiana e tedesca 1945-­‐‑1970 (Fabien Kunz-­‐‑Vitali) idealistica della letteratura deve passare attraverso la ricostruzione dei
fattori extratestuali che ne condizionano produzione e ricezione.
Questo postulato era già stato formulato da Hans Robert Jauss nel suo
saggio Literaturgeschichte als Provokation der Literaturwissenschaft (1967).
Per superare l'impasse cui la storiografia letteraria era stata condannata
dalle due scuole formalista e marxista, Jauss aveva individuato una
soluzione nell'estensione del problema a un fattore fino allora
sottovalutato: la comunità dei lettori. Questa comunità, i rapporti di
forza che la strutturano e ne segnano le attività costituisce anche il
fulcro del volume in questione. Le categorie operative tuttavia non
sono più quelle jaussiane – «pubblico» o «orizzonte d'attesa»
(Erwartungshorizont) – ma strumenti mutuati dalla sociologia di
Bourdieu, in particolare, dalla teoria del «campo» secondo cui, con le
parole di Anna Boschetti (introduzione a Le regole dell'arte, Il
Saggiatore, 2013, p. 12), «le diverse attività umane tendono a
organizzarsi come "campi di produzione" relativamente autonomi,
caratterizzati da specifiche forme di funzionamento». La nozione, e il
suo corollario concettuale, rende ragione dei fattori e dei meccanismi
realmente coinvolti nella nascita della letteratura e nel suo "divenire
sociale".
A dispetto di un pregiudizio diffuso tra gli addetti ai lavori,
l'approccio sociologico qui proposto, grazie proprio alla duttilità dei
suoi strumenti, non sottende schemi di spiegazione semplici,
ingenuamente incentrati sull’idea di un rapporto causa-effetto tra
contesto e testo. E questo senza pertanto versare in eccessi teorici di
segno opposto! In effetti, il sempiterno problema della relazione tra
letteratura e mondo è qui risolto con rispetto per gli equilibri difficili
che esistono tra i due termini. Lo esemplificano saggi come quello della
stessa Boschetti, ma anche quello di Heribert Tommek, entrambi
insistendo sull'interdipendenza complessa, costituita da «vincoli» e
«possibilità» (p. 60), tra il campo letterario e quello, inglobante, della
politica e dell'economia. Gli eventi letterari, infatti, non sono
sincronizzati con il «tempo sociale», ma risultano da uno scontro
conflittuale tra «logiche di temporalizzazione» (Verzeitlichungslogiken)
che, come illustra Tommek, sono incommensurabili (pp. 46-47).
L'ipotesi è convalidata, tra gli altri, dal saggio di Anna Baldini –
un'appassionante incursione nel campo della letteratura italiana del
dopoguerra in cui l'autrice interroga e demistifica il valore della
categoria neorealismo. La denominazione neorealista, infatti, non è
fondata sull'esperienza empirica di proprietà interne alle opere, ma su
interessi riconducibili a tensioni interne al campo («principio di
classificazione» che serve a «portare avanti il conflitto che anima
incessantemente il campo letterario», p. 111). Una descrizione come
2 Between, vol. V, n. 9 (Maggio/May 2015) quella che Calvino propone nella prefazione de Il sentiero dei nidi di
ragno, per cui il neorealismo sarebbe una stagione letteraria forgiata dal
clima politico, non solo risulta storicamente insufficiente, ma convalida
un'«eziologia» semplicista, in cui l'arte è ancillare alla storia, allorché la
relazione tra i due è «indiretta, costituita dalla trasformazione
contemporanea delle posizioni dominanti nei diversi campi» (p. 127).
Mentre alcuni saggi sono impostati in modo tendenzialmente
monadico, esaminando e comparando strutture di campi di singoli
paesi (Italia, Francia, BRD, DDR), altri sono sin dall'inizio incentrati
sulle interdipendenze tra più macro-strutture nazionali, e sui rispettivi
transfer, vantando così una novità decisiva rispetto al modello di
Bourdieu. Infatti, come scrive ancora Boschetti, «diventa sempre più
evidente che neppure il fenomeno più locale si può spiegare senza
situarlo nel sistema di relazioni più ampio, mondiale, di cui fa parte»
(p. 60). Da qui il grande interesse per il fenomeno della «letteratura
tradotta». «L'importazione di un testo o di un autore straniero», così
Michele Sisto, «può infatti contribuire in misura assai più rilevante di
un testo autoctono alla modificazione dello "spazio dei possibili"» (p.
78). Ne consegue la sfida di ridefinire lo statuto della letteratura
tradotta: non più parte staccata e raminga, ma «corpus di testi» (p. 77)
innestato dinamicamente nella tradizione nazionale.
È questo uno degli assiomi principali illustrati, tra gli altri,
proprio da Sisto. Integrando alla teoria dei campi elementi concettuali
attinti dalla riflessione di Even-Zohar (ma anche dalla «sociologia della
traduzione», per cui vedi il saggio di Gisèle Sapiro), la ricerca di Sisto
mira a «dare cittadinanza» ai testi letterari tradotti in Italia negli anni
tra 1945 e 1970; a «ricostruirne il ruolo effettivo nelle trasformazioni del
sistema letterario [italiano]» (p. 79). In effetti, nel movimentato campo
editoriale del dopoguerra, in tensione tra forze egemoni, detentrici di
un potere anche materiale (Mondadori, Bompiani), e nuovi entranti,
costretti a giocarsela su un piano economico prevalentemente
simbolico (Einaudi, Scheiwiller, Feltrinelli), la traduzione si rivela
essere, specie per questi ultimi, la principale risorsa per la conquista di
legittimità e prestigio. Un esempio è fornito dal caso Vanni Scheiwiller,
nuovo entrante nel 1953, per cui, come precisa Mila Milani, «l'apporto
straniero raggiungerà ben presto più della metà della produzione
poetica totale» (p. 99). Ora, a parte la disponibilità dell'editore a
investire nella traduzione, cosa decide del successo di un'importazione
straniera? La risposta di Sisto non smentisce il grado di elaborazione
che, in generale, distingue il modo di pensare degli autori di questo
volume. Nella fattispecie: perché un elemento «tradotto» possa
divenire «fattore attivo nella trasformazione del sistema» (p. 94), non
basta né la qualità del primo, né l'ingegno (o il potere) dell'editore.
3 Irene Fantappiè, Michele Sisto (eds.), Letteratura italiana e tedesca 1945-­‐‑1970 (Fabien Kunz-­‐‑Vitali) Piuttosto è necessaria una fitta combinatoria di fattori, sia esterni
(«sensu lato politici», ibid.) che interni al campo. Lo mostra l'esempio
della traduzione-consacrazione dei testi usciti dalla fucina del Gruppo
'47: un'operazione riuscita solo grazie al convergere favorevole degli
interessi di Feltrinelli con quelli dei nuovi entranti neo-avanguardisti.
Ora, come bene avverte Sisto, i testi d'origine non escono da
simili manovre senza subire notevoli trasformazioni. È un problema
che interessa anche il contributo di Irene Fantappiè – tra i più densi e
notevoli, non fosse che per originalità di metodo. L'attenzione di
Fantappiè spetta all'esperienza di Fortini autore-saggista-traduttore.
Tramite un'incursione analitica nell'officina – e nel tessuto di due testi –
dell'auto-antologia di traduzioni, Ladro di ciliegie, l'autrice interroga il
lavoro di Fortini alla luce di due manovre "manipolatorie",
corrispondenti alle categorie bourdieuiane della sélection e del
marquage. Come dimostra Fantappiè, si tratta di due micro-funzioni
utili al profilarsi della «postura» di Fortini (p. 167) e che,
contemporaneamente, incidono sugli equilibri di forza interni al campo
(a vantaggio di una «linea Brecht-Fortini», p. 160). L'autrice con forza
ribadisce l'idea della funzione intersistemica della traduzione («un
processo quasi completamente interno al campo letterario d'arrivo», p.
149). Ma lo fa anche in base al fatto che, come palesa il caso studiato, il
lavoro di traduzione non implica soluzione di continuità, ma si confonde
con la parte dell'opera convenzionalmente definita «originale». Una
costatazione, quest'ultima, che ci invita a riflettere su un problema che
trascende l'ambito tematico stretto della raccolta, vale a dire: sulla
possibilità di distinguere «tra writing e rewriting» (pp. 149 e 168).
In realtà, nel saggio di Fantappiè è implicito ancora un altro
problema. Il suo studio assume un rilievo particolare in quanto è
l'unico a proporre un'analisi di testo, insinuando così l'ipotesi della
complementarità tra metodo filologico e sociologico. Certo, l'interesse
di curatori e autori è dichiarato, il taglio specialistico delle loro ricerche
legittimo. Del resto, l'adesione al modello di Bourdieu non cancella
ogni loro disponibilità al coinvolgimento problematico. Tutt'altra
questione è, invece, se la via da loro battuta possa veramente portare
all'auspicato rinnovo della storiografia letteraria. Le riserve che a
questo proposito viene da menzionare sono, in sintesi, quelle suggerite
da Francesco Orlando in una lettera-risposta alla recensione che
Romano Luperini aveva dedicato al suo studio gattopardesco,
L'intimità e la storia (vedi Allegoria, anno XI, n. 32/maggio-agosto, pp.
134-37). Mi piace ricordarle qui, non per opporle alle ragioni degli
"studiosi entranti". Ma per proporle, nella speranza di continuare il
dialogo su alcune domande che per fortuna rimangono aperte.
4 Between, vol. V, n. 9 (Maggio/May 2015) «Il problema mi pare eluso, non risolto, se il rischio di
soggettività che ha reso sospetta ogni ricerca di un fondamento del
valore nella consistenza oggettiva dell'opera, porta semplicemente a
sostituire al soggetto singolo una comunità di soggetti. [...] E se proprio
comunità dev'essere, di grazia quale? Fra noi e Montale saranno già
cinquanta, fra noi e Goethe mille, fra noi e Omero diecimila. Il terreno
che dovrebbe garantirsi come più stabile di quello dell'analisi del testo,
è in realtà infinitamente più sfuggente».
L’autore Fabien Kunz-­‐‑Vitali Fabien Kunz-­‐‑Vitali, nato in Svizzera, si è formato alle Università di Basilea, Ginevra e Pisa. Ha concluso il suo dottorato alla Scuola Normale Superiore di Pisa con uno studio sulla saggistica e su materiali inediti di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. È stato docente alla LMU di Monaco. Oggi insegna letteratura italiana e francese all'ʹUniversità di Amburgo. Email: fabien.kunz@uni-­‐‑hamburg.de La recensione Data invio: 15/05/2015 Data accettazione: 30/09/2015 Data pubblicazione: 30/11/2015
Come citare questa recensione Kunz-­‐‑Vitali, Fabien, “Irene Fantappiè, Michele Sisto (eds.), Letteratura
italiana e tedesca 1945-1970: Campi, polisistemi, transfer”, Censura e auto-­‐‑
censura, Eds. A. Bibbò, S. Ercolino, M. Lino, Between, V.9 (2015), http://www.Betweenjournal.it
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