TEORIA DEL FATTO GIURIDICO E DELLA FATTISPECIE SOMMARIO: 1. Il problema del fatto giuridico e la teoria della fattispecie. - 2. Teoria della fattispecie e applicazione del diritto: il sillogismo giudiziale. - 3. Teoria della fattispecie e rapporti di fatto. - 4. Considerazioni conclusive. 1. Il problema del fatto giuridico e la teoria della fattispecie. Il concetto di fatto può assumere rilievo in prospettive distinte. Il termine è usato per indicare il singolo elemento costitutivo di una categoria comprensiva di più dati di fatto. Tale categoria comprensiva può essere chiamata essa stessa fatto o fatto complesso ovvero fattispecie (dal latino «facti species», «apparenza» o «immagine» del fatto, impiegato dalla dottrina civilistica italiana per tradurre il vocabolo tedesco «Tatbestand»1). Il pensiero giuridico ha affrontato il problema del fatto in prevalenza dal punto di vista delle vicende del rapporto. L’attenzione, inizialmente puntata sugli effetti, è stata spostata in seguito sui fatti produttivi di quegli effetti, in particolare sui modi di acquisto della proprietà e sulle fonti delle obbligazioni. Il giurista ha preso coscienza di un dato: le vicende del rapporto presuppongono un fatto storico o naturale. Esse si producono perché un fatto è accaduto. La teoria del fatto giuridico muove dall’esigenza di considerare il profilo dinamico del rapporto, analizzando gli avvenimenti per i quali quest’ultimo si costituisce e si svolge. Da qui, la necessità di selezionare nella storia e nella realtà gli accaduti dotati di importanza giuridica. Tale scelta non è imposta da una qualità intrinseca del fatto, ma implica l’assunzione di un criterio. Da questo punto di vista, il problema del fatto s’intreccia con la questione del fatto rilevante, ossia del fatto valutato secondo il criterio della giuridicità. La dottrina al riguardo nel corso del tempo ha elaborato soluzioni differenti, facendo leva in particolare sugli effetti. Il fatto appunto nella sua accezione originaria più generale (ormai superata) è qualunque circostanza cui l’ordinamento riconnette conseguenze giuridiche. Tali conseguenze giuridiche in ambito civilistico sono state identificate con la nascita, la modificazione, l’estinzione di diverse figure. Si è parlato dapprima di diritti soggettivi, poi di rapporto giuridico, da ultimo di situazioni giuridiche soggettive ovvero di figure di qualificazione giuridica. Secondo una prima ricostruzione offerta dalla dottrina, quindi, il fatto storico o naturale diventa giuridico mediante una relazione posta dal diritto obbiettivo. Il criterio che consente di attribuire giuridicità ad un fatto è dato dal riferimento agli effetti giuridici: il fatto è giuridico se ed in quanto si trova in relazione con un’entità dell’ordine giuridico, ossia con l’effetto. In questa prospettiva i fatti che il diritto lascia sforniti di effetti sono fatti giuridicamente irrilevanti e il concetto di rilevanza perde la propria autonomia: si identifica con l’efficacia e si risolve in essa. Secondo un diverso indirizzo il fenomeno giuridico è costituito da due ordini di elementi: l’elemento formale, che promana dal diritto obiettivo; l’elemento materiale, insito nel fatto. La norma descrive ipotesi di fatto e statuisce effetti giuridici. Il processo di qualificazione si svolge nei due momenti della rilevanza e dell’efficacia. Si verifica la possibile corrispondenza del fatto concreto con uno schema normativo (momento della rilevanza) e si ricollegano al fatto le conseguenza predisposte dalla norma (momento dell’efficacia). La rilevanza non Il concetto del fatto giuridico in origine ha trovato particolare approfondimento nell’ambito della dottrina penalistica, soprattutto in Germania, dove, appunto, si faceva uso del termine Tatbestand per indicare la somma di tutti gli estremi cui si riconnette l’applicazione della pena. In tal senso il concetto generico di Tatbestand è stato impiegato come equivalente di fatto giuridico. La dottrina civilistica italiana ha tradotto l’espressione col termine fattispecie, mentre la corrispondente dottrina penalistica nell’analisi del reato continua a usare la parola fatto. 1 indica una proprietà intrinseca, ma una qualificazione del fatto, operata dalla norma. Il fatto entra nel sistema dei fenomeni giuridici quando l’elemento formale si sovrappone ad esso. Fatto giuridico è il fatto riconosciuto dal diritto e la giuridicità in quest’ottica non dipende dal legame con gli effetti, ma dalla qualificazione operata dalla norma. La conseguenza giuridica è ricollegata non a un qualsiasi fatto, bensì a quel fatto che l’ordinamento ha assunto ad oggetto di una determinata ipotesi normativa. 2. Teoria della fattispecie e applicazione del diritto: il sillogismo giudiziale. La norma giuridica si presenta come una frazione dell’ordinamento, che si compone di una parte fattuale e/o condizionante (la fattispecie intesa come schema logico e normativo) e di una parte effettuale e/o consequenziale (gli effetti giuridici). La norma, insomma, contempla uno o più fatti eventuali e ad essi riconnette uno o più effetti, anch’essi eventuali. Il criterio della rilevanza risiede nella conformità al tipo normativo e dipende dalla possibilità che il fatto (fattispecie concreta) rientri o non rientri in una delle figure predisposte dal diritto (fattispecie astratta). L’applicazione del diritto si svolge secondo un ritmo sillogistico2. La premessa maggiore è data dalla norma, quella minore dalla fattispecie concreta. L’operazione con cui si riconduce un accadimento storico (fattispecie concreta) alla fattispecie astratta di una norma è detta «sussunzione giuridica». Il processo di applicazione del diritto, preordinato conformemente alla fattispecie, si risolve in una conclusione sillogistica. La sussunzione dunque rappresenta l’assunzione della premessa minore del «sillogismo giudiziale». Sillogismo giudiziale Premessa maggiore Norma Premessa minore Fattispecie concreta riconducibile ad una fattispecie astratta } sussunzione Conclusioni applicazione della norma L’evento è sussunto nello schema astratto di una determinata fattispecie legislativa, attraverso un processo di semplificazione che porta a non considerare gli elementi «minori» ma solo quelli «salienti». 3. Teoria della fattispecie e rapporti di fatto. La teoria esposta, sebbene a lungo dominante, si rivela insoddisfacente. Significativa, al riguardo, è la questione dei c.d. rapporti di fatto. Si allude, con tale espressione, a quelle ipotesi dotate di particolare rilievo sociale e però sprovviste di uno o più elementi contemplati dalla fattispecie astratta. È stato elaborato al riguardo il concetto di fattispecie «imperfetta», stante il difetto di uno degli elementi astrattamente contemplati dalla disposizione normativa. La locuzione «di fatto» qui viene contrapposta a quella «di diritto», allo scopo di evidenziare la carenza descritta; tale mancanza, tuttavia, non si traduce in un’assenza di giuridicità, al contrario. Rapporti «di fatto», dunque, discendono pur sempre da fatti giuridicamente rilevanti. Affiora in questi casi una dissociazione tra fonte ed effetto. Tale discrasia si manifesta in particolare nei c.d. rapporti contrattuali di fatto, dove si riscontra la presenza di obbligazioni contrattuali pur in mancanza di un valido contratto. La categoria è disomogenea. Include le trattative contrattuali, il trasporto di cortesia, la locazione nulla o proseguita di fatto dopo la scadenza, il rapporto di lavoro a cui fondamento sia un atto nullo, la società il cui atto costitutivo si riveli successivamente invalido, la fornitura di acqua, luce, gas, pubblico Il sillogismo si sostanzia nella deduzione di una conclusione da una premessa maggiore in congiunzione con una premessa minore. 2 trasporto (ci si riferisce, in buona sostanza, alla prestazione dei servizi di pubblica utilità). Il novero testé riprodotto può essere raggruppato due grandi classi: nella prima, rientrano le ipotesi caratterizzate dalla mancanza della conclusione di un contratto tramite scambio di dichiarazioni di volontà; nella seconda, si ritrovano ipotesi accomunate dall’esistenza di una volontà comune, alla quale, tuttavia, non sia possibile attribuire valore costitutivo, ad esempio perché essa si presenta inficiata da profili di invalidità. Tutte le figure descritte, quindi, pur nella loro eterogeneità, sono affini in quanto si costituiscono poiché accadono fatti, non già perché si conclude un contratto. Si tratta, in definitiva, di situazioni «di fatto» assimilabili a fattispecie contrattuali, dalle quali, però, differiscono per deficienza di presupposti di validità o per riduzione di elementi costitutivi3. A partire dalla teoria dei rapporti contrattuali di fatto la dottrina tedesca è giunta a teorizzare l’esistenza di rapporti obbligatori da comportamento sociale tipico. La tesi richiamata induce a enucleare obblighi sociali di prestazione, a prescindere dalla volontà dell’agente, ma in forza del significato che la condotta da costui posta in essere assume alla luce degli usi dei traffici, non essendo consentito a ciascun individuo di sottrarsi alle conseguenze giuridiche di un proprio atto4. La teoria classica della fattispecie non offre un’adeguata sistemazione giuridica a tali fatti i quali pongono all’attenzione del giurista un conflitto che dev’essere risolto. Un evento, un accadimento, un comportamento, quindi, non sempre può essere ricondotto ad una fattispecie. Accade, altresì, che dal fatto sia possibile ritagliare una fattispecie concreta da incasellare in una fattispecie astratta e tuttavia, ben può darsi che tale soluzione non risulti congrua. Il fatto in questi casi viene modificato o comunque adattato al modello, di modo che le peculiarità del caso concreto risultano sacrificate. Si pensi a titolo esemplificativo alla responsabilità da contatto sociale. Si tratta di ipotesi che possono essere ricondotte, talvolta con evidenti forzature, al fatto illecito ex artt. 2043 ss. c.c., con esiti poco soddisfacenti in termini di tutela del soggetto danneggiato5. La questione, quindi, viene risolta mediante una diversa interpretazione dell’art. 1173 cc. Il rinvio, in chiusura, agli altri atti o fatti idonei, infatti, è stato inizialmente inteso come un riferimento a fonti «nominate», ossia a: promesse unilaterali, titoli di credito, gestione di affari, pagamento dell’indebito, arricchimento senza causa. Tale ricostruzione, con evidenza, appare un retaggio del principio di tipicità di ogni singola fonte; secondo il quale, in ossequio alla certezza del diritto, ogni rapporto obbligatorio troverebbe la sua fonte in una fattispecie tipica, espressamente contemplata dal legislatore e delineata in ogni singolo elemento. Siffatto assunto è stato messo in discussione, stante la possibilità riconosciuta ai privati di concludere contratti atipici. Anche la tipicità dell’illecito è stata contestata. Si è giunti, così, a rimeditare la tipicità della terza categoria di fonti dell’obbligazione; il che ha autorizzato a conferire un carattere elastico alla stessa ed a ricondurre ad essa il contatto sociale qualificato. Per ulteriori indicazioni sulla tematica dei rapporti contrattuali di fatto si rinvia al materiale didattico relativo agli obblighi di protezione ed a quello dedicato alla responsabilità da contatto sociale. 4 La Corte Federale di Giustizia tedesca ha risolto una ormai celebre controversia facendo applicazione della teoria richiamata. Il caso era il seguente: un comune aveva affidato ad una società la gestione di un parcheggio riservato in uno spazio pubblico e lo aveva incaricato di sorvegliare l’area nonché di riscuotere il pedaggio in alcune ore della giornata; una signora si era introdotta nello spazio in questione e aveva lasciato in sosta la propria vettura, ma successivamente aveva dichiarato di rifiutare la sorveglianza e di non voler pagare il pedaggio. La Corte ha condannato la conducente del veicolo, poiché ha ritenuto che il suo comportamento avesse un significato sociale tipico e fosse, pertanto, vincolante, indipendentemente da una sua eventuale volontà in tal senso. 5 In questi casi, ad esempio, non si considera la circostanza che i soggetti interessati non siano «estranei». Si rinvia, in proposito, al relativo materiale didattico. 3 4. Considerazioni conclusive. Ciò dimostra come sia possibile una nuova interpretazione della norma, rimanendo invariato l’enunciato linguistico contenuto nella fonte. Niente allora si oppone a che il ragionamento giudiziario sia presentato sotto forma di sillogismo, purché non sfugga un dato: tale forma di ragionamento di per sé non garantisce il valore della conclusione. La premessa maggiore del sillogismo giudiziale non si risolve nella norma di legge puramente e semplicemente, ma si identifica con la legge interpretata ed elaborata. Il fatto e la norma non sono entità tra loro antitetiche e separate. Si registra, invece, una continua interazione tra i due termini, sicché difficilmente si può ancora negare che il fatto abbia un ruolo nell’individuazione della disciplina applicabile al caso concreto. Attraverso le indicazioni fornite dall’ordinamento giuridico nel suo complesso possono filtrare valori tutelabili tramite la nascita di situazioni giuridiche soggettive, ma sempre con la mediazione di fatti. Il mutamento dell’assetto politico e ideologico, l’introduzione della Carta costituzionale consegnano una visione dell’ordinamento quale complesso di criteri e principi desumibili dall’intero corpus della normativa e in particolare da quella di rango costituzionale. Ad esso l’interprete deve attingere per trovare risposta al conflitto prospettato da un fatto il quale, non più mera ipotesi da sussumere in una fattispecie espressamente consegnata, diviene giuridico e dunque oggetto di valutazione in quanto richiami l’idea della convivenza e della relazionalità. Il sillogismo giudiziale non necessariamente è costretto ad uscire di scena. Importante, piuttosto, è la scelta delle premesse da ricercare all’interno del complesso ordinamentale: da esse dipende la congruità della conclusione e, dunque, della soluzione. Da ciò dipende l’attuazione del diritto. Riferimenti bibliografici: ALLARA M., Le vicende del rapporto giuridico. ANGELICI C., Rapporti contrattuali di fatto, in Enc. Giur. Traccani, XXV, Roma, 1991. BETTI E., Teoria generale del negozio giuridico, Napoli, 2002, rist. CAMMARATA A.E., Il significato e la funzione del fatto nell’esperienza giuridica, in Formalismo e sapere giuridico, Milano, 1963. CAMMEO F., Corso di diritto amministrativo, rist. a cura di G. Miele, Padova, 1960. CATAUDELLA A., Fattispecie, in Enc. dir., XVI, Milano, 1967. CATAUDELLA A., Note sul concetto di fattispecie giuridica, Riv. trim. dir. proc. civ., 1962. CORDERO F., Le situazioni soggettive nel processo penale, Torino, 1956. DE GIOVANNI B., Fatto e valutazione nella teoria del negozio giuridico, Napoli, 1958. FALZEA A., Efficacia giuridica, in Enc. dir., XIV, Milano, 1965. FALZEA A., Fatto giuridico, in Enc. dir., XVI, Milano 1967. FALZEA A., Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano, 1939. FALZEA A., La condizione e gli elementi dell’atto giuridico, Napoli, 1979. FRANCESCHELLI V., I rapporti di fatto. Ricostruzione della fattispecie e teoria generale, Milano, 1984. FUNAIOLI C.A., I rapporti di fatto in materia contrattuale, in Annali dell’Università di Ferrara. Scienze giuridiche, 1950-1952, I. HAUPT G., Sui rapporti contrattuali di fatto, ed. italiana di G. Varanese, Torino, 2012. IRTI N., Rilevanza giuridica, in Norme e Fatti. Saggi di teoria generale del diritto, Milano, 1984. LIPARI N., Rapporti di cortesia, rapporti di fatto, rapporti di fiducia, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1968. MAIORCA C., Fatto giuridico – Fattispecie, in Noviss. Dig. It., VII, Torino, 1961. MONATERI P.G., Fattispecie, in Dig. Disc. Priv., Sez. civ., VIII, Torino, 1992. MOSCHELLA R., Fatto giuridico, in Enc. giur., XIV, Roma, 1989. PARESCE E., Interpretazione (filosofia), in Enc. dir., XXII, Milano, 1972. PERLINGIERI P., Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 2006. PUGLIATTI S., L’atto di disposizione e il trasferimento dei diritti, 1927, ora in Diritto civile Metodo. Teoria. Pratica. Saggi, Milano, 1951. RICCA L., Sui cosiddetti rapporti contrattuali di fatto, Milano, 1965. SANTORO PASSARELLI F., I fatti giuridici, in Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1986. SCOGNAMIGLIO R., Fattispecie, in Enc. giur., XIV, Roma, 1989. SCOGNAMIGLIO R., Fatto giuridico e fattispecie complessa (considerazioni critiche intorno alla dinamica del diritto), Riv. trim. dir. proc. civ., 1954. STELLA RICHTER G., Contributo allo studio dei rapporti di fatto nel diritto privato, Riv. trim. dir. proc. civ., 1977.