La direzione sanitaria per la creazione del valore

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Catania 17-18-19-20 settembre 2008
34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O.
La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
Catania - Centro Fieristico Le Ciminiere
Relazione annuale del Presidente Nazionale A.N.M.D.O.
Dott. Gianfranco Finzi
E’ con mio grande onore e soddisfazione relazionare tutti i soci A.N.M.D.O. sullo stato della nostra Associazione.
Desidero innanzitutto ringraziare vivamente il Senatore Antonio Tomassini, presidente della 12° Commissione permanente Igiene e Sanità del Senato e l’onorevole Giuseppe Palumbo, presidente della Commissione Affari Sociali
della Camera, per essere presenti al nostro congresso.
L’ultimo Congresso Nazionale di Rimini ha rappresentato un importantissimo momento di riflessione per tutti noi:
si è concluso il quadriennio 2003-2007 durante il quale ho avuto il privilegio di rappresentare i Medici delle Direzioni Ospedaliere in qualità di Presidente Nazionale. In questo quadriennio si è registrato un considerevole aumento
del numero di iscritti e il moltiplicarsi di importanti attività ed eventi scientifici grazie al contributo ed alla fattiva collaborazione di tutti i soci. Lo sviluppo dei filoni scientifici nei vari indirizzi, che si possono sinteticamente riassumere in quello igienistico, organizzativo-gestionale e della ricerca della qualità, ha portato un’intensificazione senza precedenti degli appuntamenti congressuali a livello periferico regionale o interregionale.
Il Congresso di Rimini ha anche festeggiato il 60° compleanno dell’Associazione dei Medici delle Direzioni Ospedaliere a testimonianza del fatto che nonostante l’”età” l’A.N.M.D.O. rappresenta ancora una associazione dinamica, propositiva e produttiva costituendo un importante punto di riferimento per tutti i Medici delle Direzioni Ospedaliere in Italia.
Questa edizione del 34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O. vuole rappresentare un continuum tra l’attività sindacale e l’attività scientifica svolta nel recente passato dall’associazione e gli obiettivi futuri. E’ obiettivo comune e
condiviso continuare nella ricerca di creare valore per i cittadini, per il personale sanitario e tecnico delle Aziende
Sanitarie ed Ospedaliere. La creazione del valore garantisce infatti lo sviluppo e la sopravvivenza nel tempo e assicura la possibilità di soddisfare, secondo modalità diverse, le esigenze di tutti gli stakeholders. Anche per quest’anno si è cercato infatti di realizzare un momento di confronto e di discussione tra tutti i professionisti che operano nel settore della Sanità Italiana. Infatti l’ANMDO sostiene da sempre lo spirito di collaborazione tra i diversi
professionisti che operano in ambito sanitario attraverso un complesso di azioni interprofessionali, strettamente
coerenti e collegate tra loro, che convergono verso un comune obiettivo di sviluppo. Numerosi progetti di ricerca
A.N.M.D.O., attivati negli ultimi anni, hanno previsto la collaborazione di diverse figure professionali del mondo della Sanità Italiana.
Non a caso è stato organizzato nella stessa sede che ospiterà il 34° Congresso ANMDO, il Centro fieristico “Le
Ciminiere” di Catania, il 2° Congresso Nazionale S.I.A.I.S. (Società Italiana dell’Architettura e dell’Ingegneria per la
Sanità) “Il Governo Tecnico In Sanita’ : Un Valore Indispensabile per lo Sviluppo Sostenibile”, nello stesso periodo: 18-19-20 Settembre 2008.
Per il futuro l’A.N.M.D.O. ritiene necessario impegnarsi affinché la funzione di Direzione Sanitaria e ospedaliera venga rivalutata al fine di costituire la componente fondamentale e insostituibile di qualunque sistema Sanitario moderno, capace di assicurare alla popolazione efficacia, efficienza e appropriatezza. Senza una Direzione Sanitaria
aziendale, ospedaliera, di presidio e dei servizi territoriali competente e autorevole molto difficilmente una organizzazione sanitaria è in grado di creare valore e perseguire con successo l’obiettivo del benessere organizzativo
e della sostenibilità.
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ATTIVITÀ SINDACALE
L’attivita dell’area sindacale, coordinata dal Segretario Generale per la Segreteria Sindacale Dott. Sergio Pili, è stata caratterizzata nel 2008 da importanti mutamenti che hanno sconvolto i rapporti dell’A.N.M.D.O. con la Federazione Sindacale FESMED e che hanno portato all’accordo siglato il 18 maggio 2008 tra ANMDO ed ANPO.
Il 18 di Dicembre del 2007 il nostro Direttivo approvò una risoluzione di indisponibilità alla cessione delle deleghe
alla FESMED alle condizioni e nel contesto della proposta allora formulata. Analoghe risposte di indisponibilità ricevettero le proposte di unione formulateci da SMI (Sindacato dei Medici Italiani) e FIALS Medici. Tutte le proposte, seppur con lievi sfumature, presupponevano la completa perdita della nostra identità, delle nostre prerogative sindacali e lo scioglimento in un’altra organizzazione.
Abbiamo provato senza successo ad opporci alla decisione dell’ARAN e ai tempi ristrettissimi di cessione delle deleghe dei propri iscritti imposti alle Associazioni minori come la nostra. Nel frattempo abbiamo mantenuto il nostro rapporto con la FESMED. Non abbiamo ceduto le deleghe alla FESMED, ma in qualità di fondatori mantenevamo il diritto a far parte degli organi esecutivi dell’Associazione e a partecipare alle scelte. Abbiamo spiegato al
direttivo della FESMED i motivi della nostra decisione e abbiamo chiesto al Presidente dell’Associazione che tenesse conto che i tempi di maturazione delle nostre decisioni, che non avevamo potuto e voluto schiacciare su
quelli imposti dal CCNQ, sarebbero stati più lunghi e che nel frattempo avremmo gradito mantenere la nostra collocazione in FESMED di Associazione non cedente deleghe che mantenendo il nostro status e pagando il contributo spese previsto dallo Statuto.
La risposta non negativa del Presidente della FESMED ci ha indotto a ritenere, inizialmente, che avremmo potuto
mantenere il nostro Status. In occasione della prima riunione del direttivo FESMED la possibilità di mantenere un
rapporto corretto, ancorché non cordiale, si è mostrata difficile da praticare. Al rappresentante ANMDO è stato immediatamente notificato che non avrebbe più svolto la funzione di segretario, in quanto tutte le cariche erano riservate ad iscritti FESMED, e che in assenza di una cessione di deleghe da realizzarsi nel giro di due settimane
(tanto mancava al congresso nazionale di Rimini di fine marzo) il direttivo avrebbe provveduto a revocare gli incarichi di rappresentanza (fiduciari, vice fiduciari etc.) che i soci ANMDO ancora ricoprivano in FESMED. Non ci rimaneva altro che prendere atto della ruvidezza con cui la FESMED ci diceva “o dentro o fuori” e della totale chiusura al mantenimento di una posizione, peraltro statutariamente prevista, di presenza solo come Associazione per
il tempo necessario alla maturazione delle nostre decisioni. Ho personalmente informato i colleghi che occupavano incarichi di alto livello nella FESMED pregandoli di rassegnare le dimissioni. Negli stessi giorni in cui FESMED
ci invitava a risolvere la nostra posizione la Presidenza dell’ANPO ci chiese la disponibilità ad incontrare una nostra delegazione per parlare delle direzioni tecniche nelle Aziende Sanitarie e della possibilità di confrontare le posizioni dei “Primari” e quelle dei “Direttori Sanitari”.
Ugo Aparo e Sergio Pili hanno incontrato una delegazione dell’ANPO riscontrando non poche affinità tra le missioni e le politiche delle nostre Associazioni. Ovviamente fummo sorpresi dalla scoperta di una realtà totalmente
diversa da quella proposta ai direttivi della FESMED e la sorpresa divenne stupore quando leggendo lo statuto del
nuovo soggetto sindacale formato da ANPO, ASCOTI e FIALS notammo che l’incipit dell’articolo 1 recitava “Ai soli
fini dell’art. 6 del CCNQ integrativo del 24 settembre 2007, è costituito fra le tre Associazioni Sindacali A.N.P.O. –
NUOVA ASCOTI– FIALS un nuovo soggetto sindacale denominato “ASSOCIAZIONE SINDACALE ANPO- ASCOTI FIALS MEDICI” (…….). Ai soli fini dell’art. 6, cioè ai soli fini della conta degli iscritti, facendo quindi salva non
solo l’identità e l’integrità di ciascuna associazione fondatrice ma anche l’autonomia finanziaria e perfino la sua natura sindacale seppure per i soli aspetti disgiunti dalla contrattazione. Erano esattamente i contenuti delle richieste da noi formulate al Presidente della FESMED del mese di Ottobre del 2007. Richieste che il Presidente FESMED
respinse perché, sostenne, non erano consentite dall’ARAN in quanto il CCNQ imponeva “la successione a titolo
universale dell’accettante nel possesso delle deleghe del cedente”. Inutile dire che, senza porre in dubbio la buona fede di alcuno, ci sono state raccontate cose non vere e che mentre il Presidente della FESMED ci assicurava
che la cessione delle deleghe andava fatta in un certo modo perché esisteva solo quel modo, altri riuscivano a conciliare il rispetto del CCNQ e la salvaguardia delle Associazioni e della loro identità. Abbiamo comunque insistito
nel chiedere al Presidente FESMED che venisse accolta la nostra richiesta di mantenimento di una posizione intermedia (che abbiamo chiamato di congelamento) con la speranza che potesse comunque maturare una decisione diversa dalla rottura con la vecchia associazione che, nonostante tutto, abbiamo contribuito a formare e a
far crescere. In data 18 Aprile abbiamo esaminato la questione nel corso di una riunione della Segreteria Sindacale conclusasi con il mandato al Segretario Sindacale di approfondire i contatti con l’ANPO e di verificare i rapporti con FESMED raccomandando comunque la ricerca di una soluzione che, fatta salva la garanzia del mantenimento dell’identità e dell’autonomia finanziaria dell’ANMDO, la mantenesse nell’ambito della negoziazione del
CCNL. La verifica dei rapporti con FESMED è esitata in un nulla di fatto.
I nostri soci hanno ricevuto un’asciutta e burocratica nota con la quale il Presidente si dichiara costretto a revo-
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care gli incarichi fiduciari stante la situazione di mancata cessione delle deleghe da parte nostra. In Campania il
Fiduciario regionale FESMED ha promosso una scorretta iniziativa sindacale censurata dallo stesso presidente della FESMED. Addolora vedere FESMED insidiare i nostri iscritti e non possiamo sottrarci al dovere di vanificare i desideri dei nostri ex alleati.
Molto più interessante e fruttuoso si è rivelato il rapporto con l’ANPO. Nelle settimane successive alla risoluzione
della Segreteria Sindacale e in adempimento al mandato conferitomi ho approfondito i temi correlati all’attualità
sindacale ed esplorato le possibilità e gli eventuali termini di un accordo. E’ stato proposto inoltre, dopo averne
informato la Presidenza dell’ANMDO, di lavorare ad un intesa di valenza strategica che avesse come orizzonte oltre la nostra sopravvivenza come soggetto sindacale a tutto campo che mantiene la sua presenza nell’ambito della contrattazione pubblica e fa il suo esordio in quello della sanità privata, l’affermazione di una nuova soggettività delle direzioni tecniche del Servizio Sanitario volta a riaffermare i valori di autonomia della professione medica
nelle sue fondamentali espressioni: clinica e organizzativa. Autonomia sempre più minacciata dall’ingerenza della politica e dalla disinvoltura di direzioni generali sempre meno illuminate e sempre più rampanti e improvvisate.
Nel corso dei contatti con l’ANPO abbiamo riscontrato un’ampia identità di vedute e ricevuto soddisfacenti e credibili garanzie di mantenimento, per l’ipotesi di una convergenza organizzativa, delle nostre prerogative (autonomia finanziaria, soggettività sindacale per gli aspetti disgiunti dalla contrattazione e non collegati alle esigenze dei
temi del CCNQ dell’Agosto 2007, rappresentanza negli organismi esecutivi dell’organizzazione). Alla luce delle convergenze osservate il Dr. Pili ha preparato col collega Adriano Ramello, vicepresidente dell’ANPO, un incontro tra
i vertici delle due Organizzazioni. L’incontro si è tenuto il 18 maggio u.s. a Roma e ha prodotto due documenti che
contengono le basi dell’intesa strategica tra ANMDO e ANPO finalizzata al rilancio del ruolo delle direzioni tecnico-professionali e all’assunzione di un maggior peso nell’equilibrio con le direzioni politiche, il primo, i fondamenti per un intesa operativa col nostro ingresso nell’associazione ANPO-ASCOTI-FIALS Medici, il secondo. Il 24 maggio a Sorrento si è tenuto il consiglio direttivo nazionale dell’ A.N.M.D.O. La notizia dell’intesa raggiunta con l’Associazione dei primari ospedalieri (ANPO) per costituire un nuovo soggetto sindacale ANMDO-ANPO-ASCOTIFIALS MEDICI ha suscitato uno scrosciante applauso liberatorio e fugato i timori tra i colleghi di una perduta rappresentatività sindacale della nostra associazione provocati dalle notizie fatte circolare in tal senso, in maniera surrettizia e profondamente scorretta, dal segretario regionale della FESMED campana. Le iniziative di contrasto,
poi, di scarsissimo contenuto sindacale e scientifico, messe in atto da uno sparuto gruppetto di colleghi che hanno lasciato l’ANMDO, insoddisfatti per non aver ottenuto un ruolo nell’associazione, hanno gettato le basi per la
rinascita di una associazione viva e vitale come non mai.
La sanità può oggi accrescere il valore dei propri servizi, contenerne i costi e abbassarne la spesa, non con politiche di taglio, imperanti finora, ma con politiche di miglioramento della gestione, praticate e realizzate nel cuore
delle organizzazioni professionali mediche e sanitarie con la cultura e le tecniche di cui gli operatori sanitari, e i
medici in primis, sono depositari. Il Sindacalismo medico non può sottrarsi a questa sfida. Non può tenere la categoria più importante della sanità a vivacchiare ai margini delle corti di direzioni generali sempre più in affanno e
rendersi complice dello sfascio del sistema. Occorre rilanciare la centralità dei medici e della loro capacità di governance. L’ANMDO e l’ANPO si alleano per questo e si propongono, ponendosi al servizio di una vasta alleanza
di medici, come architetti di un sistema equilibrato ed efficace governato da dirigenti scelti secondo le competenze
e non secondo l’appartenenza, in cui le garanzie al cittadino le dia il Sistema e non il Partito, in cui i ruoli di direzione clinica siano chiari, certi e raggiunti con regole meritocratiche e i ruoli di direzione organizzativa siano appannaggio di professionisti e non di dilettanti della medicina igienistico-organizzativa. Il Sindacalismo medico ha
un nuovo protagonista.
ATTIVITÀ SCIENTIFICA
L’attività scientifica nazionale, Coordinata dal Segretario Scientifico Prof. Ugo Luigi Aparo, è stata ricca di avvenimenti; riporto la densa e variegata attività di corsi e congressi a cui ha collaborato ANMDO o che sono stati organizzati dalla nostra Associazione nel 2008:
24 GENNAIO 2008 (ANCONA)
SICUREZZA IN OSPEDALE E RISPARMIO ENERGETICO: 2 ESIGENZE DA INTEGRARSI
8 - 9 FEBBRAIO 2008 (ROMA)
1° CONGRESSO NAZIONALE SHITA HEALTH TECHNOLOGY ASSESSMENT IN ITALIA: MODELLI, STRUMENTI ED ESPERIENZE
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7 - 8 MARZO 2008 (PARMA)
CONVEGNO INTERREGIONALE SICUREZZA DEL PAZIENTE E GESTIONE DEL RISCHIO:
DALLE PAROLE AI FATTI. ESPERIENZE E PROSPETTIVE REGIONALI A CONFRONTO.
FEBBRAIO - APRILE 2008 (MILANO)
CORSO SDA BOCCONI ANMDO (IV EDIZIONE) - LA DIREZIONE MEDICA DI PRESIDIO OSPEDALIERO:
COMPETENZE TECNICHE, ORGANIZZATIVE GESTIONALI (3 MODULI)
14 MARZO 2008 (VIAREGGIO)
5° GIORNATA NAZIONALE SULLE SALE OPERATORIE TRA SICUREZZA ED EFFICIENZA
3- 5 APRILE 2008 (CREMONA)
TGO - MOSTRA CONVEGNO DELLA TECNOLOGIA E GESTIONE OSPEDALIERA.
17-18 APRILE 2008 (IVREA)
2° CONVEGNO NAZIONALE “L’OSPEDALE: TECNOLOGIA, SICUREZZA E AMBIENTE”.
24 APRILE 2008 (SIRACUSA)
CONVEGNO REGIONALE ANMDO SICILIA “LA SOSTENIBILITÀ DEI COSTI PER L’OSPEDALE PULITO:
VINCOLI ED OPPORTUNITÀ. ESPERIENZE A CONFRONTO”.
28 – 31 MAGGIO 2008 (BOLOGNA)
EXPOSANITÀ 2008
22-23 MAGGIO 2008 (NAPOLI)
CONVEGNO INTERREGIONALE ANMDO SEZIONE CAMPANIA
“SICUREZZA DEL PAZIENTE E GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO: DALLE PAROLE AI FATTI.
ESPERIENZE E PROSPETTIVE REGIONALI A CONFRONTO”
25-27 MAGGIO 2008 (POZZO FACETO DI FASANO - BR)
1° CONGRESSO NAZIONALE GISIO – INFEZIONI CORRELATE ALL’ASSISTENZA SANITARIA.
4-7 GIUGNO 2008 (SAN DONATO MILANESE - MI)
WORLD CONGRESS OF STERILIZATION
20 – 21 GIUGNO 2008 (NUORO)
“LE INFEZIONI OSPEDALIERE: UN APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE”
11 LUGLIO 2008 (ENNA)
CONVEGNO REGIONALE ARESP - ANMDO SEZIONE SICILIA “HTA, ALLA LUCE DEGLI ORIENTAMENTI REGIONALI,
QUALE FUTURO? IL PUNTO DI VISTA DEGLI ATTORI PRINCIPALI”
La rivista trimestrale ”L’OSPEDALE”, diretta dalla Presidenza e curata dalla Segreteria Scientifica, ha mantenuto
l’obiettivo di stampa e distribuzione di 5.000 copie certificate.
Il periodico bimensile “A.N.M.D.O. NEWS” curato dalla Presidenza e dalla Segreteria Sindacale, continua ad essere una valida fonte di comunicazione con i soci. Nel 2008 sono già stati pubblicati 4 numeri ed un numero speciale sulla situazione sindacale ANMDO, superando così la pubblicazione di periodico bimensile. Anche nel 2008
è stata inoltre mantenuta l’“ANMDO NewsLetter”, che vuole essere un ulteriore strumento di comunicazione con
i soci.
Il sito internet dell’Associazione www.anmdo.org, ora coordinato dal Dott. Egidio Sesti, si è aggiornato continuamente nella sua veste di presentazione ed è uno strumento fondamentale di informazione. Nell’ultimo anno il sito
è stato visitato da oltre 97.000 persone, che hanno consultato più di un milione di pagine.
I gruppi di lavoro A.N.M.D.O. per il 2008 hanno riguardato le seguenti tematiche:
- Centrale di sterilizzazione ideale
- Linee guida per l’accreditamento dei servizi di pulizia e sanificazione ambientale
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- Il Progetto delle Sale Operatorie: risultati e prospettive
- Il Progetto Controllo Infezioni Ospedaliere.
Sono state pubblicate con la collaborazione della nostra associazione due importanti linee guida: “Linee guida per
il corretto utilizzo degli antisettici – disinfettanti“ e “Linee guida per l’accreditamento delle centrali di sterilizzazione“.
Infine è stato siglato l’accordo con l’ANPO ed il CNIM per la realizzazione del progetto di formazione “Trasferimento
di conoscenze/competenze: Qualità e Normazione in ambito sanitario”.
L’obiettivo del progetto formativo “Trasferimento di conoscenze/competenze: Qualità e Normazione nell’Ambito
Sanitario“ consiste:
• nella realizzazione di un corso tale da consentire un meccanismo virtuoso di scambio di conoscenze e competenze, tra persone partecipanti (selezionate e rappresentanti le associazioni CNIM – ANPO e ANMDO), relative
ai settori della qualità e della formazione nell’ambito sanitario. In particolare, trasferire competenze inerenti le verifiche ispettive dei Sistemi di Gestione per la Qualità (ISO 19011, ISO 9001, SINCERT RT-04, etc.) ad un gruppo di Esperti Tecnici del Settore sanitario (ETS), e viceversa, trasferire competenze in ambito sanitario ad un gruppo di tecnici del settore Qualità (Responsabili del Gruppo di Verifica Ispettiva (RGVI) o Addetti al Gruppo di Verifica ispettiva(AVI));
• nella formazione e definizione di team di esperti / gruppi di verifica ispettiva (RGVI, AVI e ETS), provenienti dalle
tre associazioni e competenti ciascuno nei propri ambiti, in grado di poter effettuare in modo efficace, ed in linea con i regolamenti applicabili, attività di ispezione (verifiche ispettive/audit) sulle modalità gestionali adottate
dalle aziende del settore sanitario e orientate al miglioramento della qualità dei servizi.
Anche il resoconto economico per l’anno in corso è del tutto positivo per proiettarsi con assoluta tranquillità, e serenità, verso nuove sfide a difesa, e tutela, della professionalità di tutti gli associati.
Come Presidente mi impegno per il 2009 ad incentivare l’attività sindacale e culturale dell’Associazione, continuando
gli incontri, gia iniziati, con i presidenti delle sezioni regionali, al fine di cogliere le esigenze e le necessità emergenti
in tutto il territorio. Concludo con un sentito ringraziamento a tutti i membri del Direttivo, che con il loro impegno
organizzativo hanno contribuito alla crescita della nostra Associazione, e a tutti i soci che hanno sostenuto attivamente le attività proposte dell’ANMDO.
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
Iª SESSIONE
17 settembre
Sala Aragona
La diffusione delle migliori esperienze
Moderatori:
R.Elia (Ragusa)
R.Ristagno (Messina)
M.P. Piluso (Catania)
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L’OSPEDALE D’INSEGNAMENTO FRA DIDATTICA E ASSISTENZA
A.Firenze, V. Gelsomin., G.Calamusa, M. Morici, M. Di Pasquale, ML. Muangala, L. Aprea
Dipartimento Di Scienze Per La Promozione Della Salute
INTRODUZIONE
Gli ospedali d’insegnamento sono strutture di importanza cruciale in qualsiasi sistema sanitario. In essi, si svolge una parte importante dell’attività formativa delle professioni medico-sanitarie e della ricerca scientifica, entrambe determinanti, per la capacità del sistema sanitario, nel fornire un livello di servizi quali-quantitativo adeguato. L’attività formativa e quella di ricerca presentano la necessità di essere svolte in stretta connessione con
l’attività assistenziale, per il contributo di conoscenze e di esperienza che derivano da questa. Il contemporaneo svolgimento di tali attività, tuttavia, “interferisce” con l’erogazione dell’assistenza ospedaliera sotto diversi
aspetti, tra i quali quello relativo ai costi dell’assistenza. Attualmente, nella realtà italiana, le Aziende Ospedaliero Universitarie, al pari delle altre strutture di offerta ospedaliere, vengono finanziate in base alle prestazioni
prodotte ed erogate, attraverso il sistema di remunerazione a DRG. Il governo regionale riconosce a tali istituti
di cura un finanziamento ulteriore, in ragione dei maggiori costi di produzione per effetto dell’attività congiunta
di assistenza, didattica e ricerca. In questo senso, si è espresso il Decreto Interministeriale del 31/07/1997 in
cui si prevede che il governo regionale riconosca un finanziamento aggiuntivo al fine di compensare i maggiori costi indotti sulle attività sanitarie, dalle funzioni didattiche e di ricerca.
CONTENUTI
Si avverte l’esigenza di una maggiore integrazione tra il momento della formazione e quello dell’assistenza , al
fine di rendere il binomio sanità-gestione delle risorse quanto più omogeneo ed unificato. Di qui la necessità di
individuare percorsi e criteri di valutazione condivisi, al fine di raggiungere una più efficace cooperazione tra i
sistemi. Se la formazione non è adeguata il sistema non può funzionare secondo i criteri della qualità. L’esperienza attuale in molte realtà universitarie si fa forte del ruolo formativo dei nuovi medici, infermieri, tecnici di radiologia, etc.. al fine di inserirli in una realtà ospedaliera il cui modello di cura e assistenza costituisce un punto di riferimento per l’attività didattica. In questo modo gli studenti e/o gli specializzandi hanno l’opportunità di
apprendere nuove cognizioni iniziando allo stesso tempo la formazione professionale, acquisendo una preparazione aderente alla pratica medico-sanitaria e integrata da competenze gestionali ritenute ormai indispensabili.
CONCLUSIONI
E’ auspicabile garantire, pertanto, che la finalità assistenziale si coniughi in modo inscindibile anche con quella di didattica e di ricerca. Il rapporto tra Università e Servizio Nazionale è fondamentale non soltanto con riferimento alla formazione dei professionisti della sanità, attraverso i percorsi di laurea e di specializzazione ma anche , in senso più lato, garantendo una corretta formazione continua nonché qualitativamente valida dei percorsi
didattico-professionali post lauream. E proprio la qualità del sistema deve essere un obiettivo primario, visto che
spesso si sono prodotte prestazioni in grandissima quantità, che oltretutto si rivelano in gran parte inutili, dimenticando la qualità delle prestazioni .Si deve invece promuovere una nuova modulazione del sistema ed una
ridefinizione degli equilibri all’interno delle stesse strutture sanitarie.
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IIª SESSIONE
17 settembre
Sala Aragona
Nuove strategie contro la criticità
Moderatori:
A. Militello (Ragusa)
A. Seminerio (Agrigento)
F.Giurlanda (Trapani)
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
IIª SESSIONE
17 settembre
Sala Aragona
Tavola Rotonda – L’ANMDO Sicilia per una alleanza
delle Professioni per il cambiamento
Presiede:
L. Aprea (Palermo)
L.Maniaci (Palermo)
A.Sciacca (Catania)
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L’ANMDO SICILIA PER UNA ALLEANZA
DELLE PROFESSIONI PER IL CAMBIAMENTO
R.Cunsolo
Direzione Medica di Presidio – AOU “Vittorio Emanuele, Ferrarotto, S.Bambino”- Catania
INTRODUZIONE
Un’analisi approfondita dell’attuale realtà sanitaria porta a ritenere come essa risulti caratterizzata da istanze sociali di “pretese”, peraltro legittimamente condivisibili, di qualità delle prestazioni sanitarie erogate dal SSN; vincolata da obiettvi di risultato di produttività; fortemente segnata da indirizzi di politica sanitaria a livello regionale e nazionale orientati sia al contenimento della spesa sanitaria attraverso lo strumento, talora virtuale, del
dovere di pareggio del bilancio che alla razionalizzazione delle risorse disponibili. In ragione di ciò, il compito
precipuo del direttore sanitario di azienda o di presidio e quindi anche dell’associazione che li rappresenta, e
cioè l’ANMDO, è quello di riuscire a: cogliere innovazioni e scoperte per coniugarle e intregrarle con l’organizzazione; contribuire al miglioramento del livello qualitativo dell’assistenza; essere garanti dell’erogazione di servizi sanitari, improntandoli sempre più ai principi di efficacia, efficienza, appropriatezza ed equità. Risultati per
il cui raggiugimento anche l’ANMDO Sicilia è chiamata a svolgere un impegno costante verso politiche sanitarie da incentrare sulla concertazione e sull’alleanza con le categorie e le professioni gravitanti nel mondo sanitario.
CONTENUTI
L’evoluzione delle conoscenze e i continui aggiornamenti legislativi, sia in materia di igiene e sicurezza che in
termini di nuove prospettive di rimodulazione organizzativa del SSN, impongono un contestuale sviluppo di professionalità nell’ambito delle Direzioni Sanitarie in grado di orientare l’interesse aziendale verso settori specialistici che non si limitino al tradizionale approccio gestionale dell’igiene e dell’organizzazione dei servizi ospedalieri e del territorio, ma che contribuiscano all’attuazione del governo clinico, al fine sia di supportare atti e comportamenti dei clinici nelle scelte diagnostiche, terapeutiche e riabilitative sia di sostenere relazioni con altre categorie lavorative (personale del comparto) o soggetti terzi dei processi assistenziali (settori tecnici e amministrativi, fornitori, forze sociali) o ancora altre strutture del territorio. La sostenibilità al cambiamento implica una
serie di requisiti indispensabili per attuare potenziali alleanze: complementarietà di compiti e ruoli; reciproco rispetto dei riferimenti socio-culturali; consenso su problemi e obiettivi; disponibilità allo scambio o condivisione
di risorse; appartenenza ad un settore specifico.
CONCLUSIONI
In tale contesto l’ANMDO, quale contenitore di professionalità impegnate nella gestione dei fenomeni e delle dinamiche sanitarie, si trova nelle condizioni di offrire ulteriore slancio alla qualità tecnica (competenza professionale)
e percepita (soddisfazione di utenti ed operatori), all’efficienza tecnica e allocativa delle risorse, alla gestione del
rischio. In particolare, partendo dall’assunto secondo cui ogni gruppo al suo interno presenta non solo uniformità e conformismo ma anche dissenso e conflitto tali da introdurre nella dinamica del proprio contesto operativo elementi di innovazione e mutamento (Moscovici), anche un’associazione o una società scientifica o un sindacato possono essere quindi capaci di: stabilire legami orizzontali con specialità interne alla struttura sanitaria (dialogo staff direzionale con clinici e condivisione di risorse dipartimentali) e di alimentare trasversalità relazionali con altri soggetti (enti pubblici, società scientifiche, ordini o albi).
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
APERTURA
DEL CONGRESSO
17 settembre
Letture Magistrali
Moderatori:
Moccaldi (Roma)
G. Finzi (Bologna)
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INNOVAZIONE, RICERCA E SOSTENIBILITÀ
U. L. Aparo
(Roma)
Il fine ultimo di qualsiasi organizzazione è la creazione di ricchezza in modo continuo e crescente nel tempo. Ricchezza intesa come valore complessivo –economico, politico e sociale- e non come semplice valore monetario.
La creazione continua del valore garantisce lo sviluppo e la sostenibilità, assicurando la possibilità di soddisfare,
secondo modalità diverse, le esigenze sia degli shareholders, ovvero degli azionisti, sia degli stakeholders, ovvero di tutti i soggetti, fisici e giuridici, che hanno un interesse o sono coinvolti dalle attività dell’organizzazione stessa. Un’azienda intesa come organizzazione, non importa se sia o meno a fine di lucro, crea valore quando ha come
obiettivo strategico primario la sostenibilità, intesa come la capacità di continuare a svolgere indefinitamente le attività dettate dalla propria visione e missione, tenendo in debito conto il loro impatto sul capitale sociale e umano.
Questi concetti valgono anche per le organizzazioni sanitarie e tutti i sistemi sanitari dei Paesi sviluppati sono consapevoli sia della necessità della sostenibilità, sia dell’incombere di grandi criticità sulla tenuta economica e operativa delle proprie organizzazioni. I fattori di criticità esistenti si ripercuotono sulla sostenibilità del sistema. La domanda di prestazioni è destinata ad ampliarsi enormemente. La prospettiva della medicina riparativa e personalizzata, che oggi intravediamo nella genomica, nell’ingegneria tessutale, nella biologia molecolare più avanzata, modificherà fra qualche decennio il nostro stesso modo di concepire la realtà. Il sistema sanitario italiano continua a
confermare con forza la missione fondamentale di tutelare la salute della popolazione tramite prevenzione, cura e
riabilitazione, senza limiti dichiarati.Ciò comporta, conseguentemente, il diritto per ogni cittadino di fruire di tutte
le prestazioni occorrenti al proprio benessere. Il costo attuale della Sanità nel nostro paese corrisponde quindi, con
ovvia approssimazione, ad un volume e una articolazione di prestazioni capace di produrre il livello di salute raggiunto e rispondere alla domanda espressa. Il problema dei costi del sistema sanitario contiene in sé e fuori di sé,
alcuni importanti fattori di criticità interni ed esterni. Nel medio-lungo periodo la prospettiva muta con il mutare delle condizioni epidemiologiche e dell’evoluzione dell’offerta connessa allo sviluppo scientifico e tecnologico, ma è
indubbio che l’evoluzione qualiquantitativa dell’offerta non potrà che spingere in alto la spesa sanitaria.Il rischio di
non essere più in grado di mantenere un’offerta di prestazioni sanitarie adeguate ad un paese sviluppato è dunque concreto. La ricerca di modi per ridurre il costo dell’assistenza sanitaria passa attraverso il miglioramento drastico nell’erogazione dei servizi. La medicina traslazionale può fornire un contributo importante alla creazione del
valore. Se ieri si poteva pensare ad un approccio sequenziale fra ricerca, clinica e industria perché c’era il tempo
per trasferire la conoscenza da un settore all’altro, oggi questo tempo non c’è più. Bisogna operare in modo parallelo. Per farlo occorrono figure professionali innovative. Attenzione. Innovative, non nuove. Questo vale anche
per le Direzioni Sanitarie. La Governance delle aziende sanitarie necessita di medici di Direzione Sanitaria che abbiano un bagaglio di conoscenze sufficientemente ricco da poter dirigere con grande competenza le dinamiche
innovative descritte. Ed è quindi necessario un grande sforzo formativo. La ricerca, lo sviluppo e l’innovazione costituiscono il fulcro dell’evoluzione delle conoscenze. In Sanità, come d’altronde deve essere in qualsiasi settore,
esiste innovazione se e solo se vengono interessate tutte le componenti esistenti, dall’organizzativa alla gestionale,
dalla tecnologica al governo delle risorse.
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Iª SESSIONE
18 settembre
Sala Bellini
Qualita’ e Sicurezza
Moderatori:
R. Curini (Roma)
R.Li Donni (Palermo)
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MODELLO OPERATIVO ED ORGANIZZATIVO
DI GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO
G. Privitera, C. Ugatti, V. Catalani
La qualità delle cure non può prescindere dalla sistematica adozione di strategie per la sicurezza dei pazienti. È
un processo che si va rafforzando in tutti i Paesi europei e che in Italia deve necessariamente svilupparsi, coinvolgendo
tutti i livelli del SSN, nazionale, regionale e aziendale.
La gestione del rischio è un elemento essenziale del governo clinico. Nel settore sanitario un piano di Risk Management deve interessare tutte le aree in cui l’errore può manifestarsi durante le varie fasi del processo clinico assistenziale del paziente e deve prevede l’identificazione delle fonti di errore, lo sviluppo di meccanismi che limitino la probabilità che questo si verifichi, la riduzione del ricorso ai fattori umani, il miglioramento dell’accesso alle
informazioni, la standardizzazione dei processi, la formazione e aggiornamento continuo degli operatori sanitari ed
indirettamente la riduzione dei costi, abbattendo gli eventi avversi prevenibili.
La funzione di gestione del rischio fornisce all’organizzazione le informazioni necessarie per “imparare dagli errori” con l’obiettivo di aumentare la sicurezza del paziente, migliorare la qualità dell’assistenza, ridurre il contenzioso per ridurre i costi dei risarcimenti.
Le attività di analisi dei rischi e di misurazione delle performance organizzative richiedono un approccio interdisciplinare
con l’interazione di tutti gli attori coinvolti nel processo di produzione e gestione del rischio, siano essi interni che
esterni.
Vi è l’esigenza di realizzare Unità dedicate alla Gestione del Rischio Clinico dotate delle risorse adeguate per gestire in modo multi-professionale gli aspetti organizzativi, economico-finanziari, strutturali, connessi alla gestione
dei rischi aziendali. Inoltre è necessario inserire nelle direzioni sanitarie, e in particolare nelle Unità Operative, figure professionali specifiche per favorire un’analisi a tutto campo delle criticità.
L’efficacia di un sistema di Gestione del Rischio Clinico, si commisura a tre elementi:
il cambiamento della concezione dell’errore: non più visto come fallimento individuale, ma come occasione di miglioramento per l’intera organizzazione;
l’adozione di strumenti idonei per la rilevazione e l’analisi dei rischi, per il loro trattamento ed infine per il monitoraggio nel tempo;
la creazione di soluzioni organizzative ad esso orientate.
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LA DIREZIONE SANITARIA ED IL SERVIZIO DI PREVENZIONE
E PROTEZIONE: ORGANIZZAZIONE E COMPETENZE
G. Trianni, M. Ungheri
Assunto che la prevenzione e protezione dai rischi, la sicurezza quindi, siano elemento costitutivo e necessario,
se pur non sufficiente, della Qualità delle prestazioni e dei servizi sanitari a tutela della salute, gli autori propongono una lettura del rapporto tra Direzione Sanitaria e Servizio di Prevenzione e Protezione sotto due specifiche dimensioni:
• la dimensione disciplinare o tecnico scientifica
• la dimensione dei vincoli normativi dell’organizzazione.
La dimensione disciplinare o tecnico scientifica di tale relazione è da inquadrare nell’ambito dei rapporti tra la Prevenzione e Protezione dei Lavoratori e la disciplina di Igiene in generale e di Igiene Ospedaliera in particolare.
Al riguardo gli Autori intendono richiamare l’attenzione sulle seguenti evidenze:
• La scienza che si occupa in maniera olistica della prevenzione e della protezione della salute dell’uomo dai pericoli/ rischi costituiti dall’ambiente e dalle attività umane è l’Igiene.
• La prevenzione e la protezione della salute dei Lavoratori costituiscono parte della più vasta problematica della
tutela della salute dell’uomo e quindi parte della più vasta disciplina igienistica
• I pericoli/rischi per la salute dell’uomo nello specifico ambiente ospedaliero, e più in generale negli ambienti sanitari e nell’esercizio delle attività di assistenza, è una branca/ambito dell’Igiene: l’Igiene Ospedaliera.
• La specificità dell’azienda sanitaria come azienda di servizi “a contatto con il pubblico” e quindi come ambito
nel quale le tipologie di pericolo/rischio sono comuni a varie “tipologie di esposti”, delle quali i lavoratori sono una
componente, essendo invece delle stesse diversificate circostanze/modalità ed intensità di esposizione; nello specifico di un ospedale con ogni evidenza sono oltre ai lavoratori, i pazienti, i visitatori e gli studenti, se la struttura è
sede di attività di insegnamento. Esiste uno dei seguenti rischi, desunti dall’articolato del D.Lgs 81/2008 che sia
ad esclusiva esposizione dei lavoratori e non anche di pazienti, visitatori, studenti?:
– Stress Lavoro Correlato (Titolo I art. 28 e 32)
– Emergenze e Incendio ((Titolo I Sez. IV)
– Movimentazione manuale di carichi (Titolo VI)
– Video Terminali (Titolo VII)
– Agenti Fisici (Titolo VIII)
– Agenti Chimici (Titolo IX)
– Agenti Biologici (Titolo X)
– Atmosfere Esplosive (Titolo XI)
Sotto il profilo dei vincoli normativi dell’organizzazione la relazione tra direzione sanitaria e servizio di prevenzione
e protezione va articolato tenendo conto di due elementi
– Il funzionigramma delle Aziende Sanitarie così come sancito nell’Atto Aziendale normato dal D.Lgs 502/1992 e
s.m. con riferimento ai valori (Artt. art. 1 comma 1 e 8 coma 4) alle competenze Regionali (Art. 2, comma 2 sexies)
alle funzioni del Direttore Sanitario di Azienda (Art. 3 commi 1bis e 7) e del Direttore Medico di Presidio (Art. 3 ed
art. 4 comma 9 – art 15 bis)
– Il D. Lgs 81/2008 in particolare con gli artt. 30 - 31- 32 - 33, il quale esplicita la multidisciplinarietà e multiprofessionalità delle attività di prevenzione e protezione.
Il combinato della dimensione disciplinare e della dimensione normativa dell’organizzazione aziendale su richiamate consentono di affermare e rivendicare la centralità del Direttore Sanitario d’Azienda e del Direttore Medico
di Presidio nonché della disciplina e degli Specialisti in Direzione Medica di Presidio nel Sistema Aziendale di Gestione del Rischio e nel suo sotto insieme costituito dalla Prevenzione e Protezione dei Lavoratori.
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
IIª SESSIONE
18 settembre
Sala Bellini
Igiene e tutela ambientale
Moderatore:
F.Blangiardi (Ragusa)
S. Pili (Carbonia)
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SANITÀ E SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE
P.Castellano, P. Novelli
(Roma)
I.S.P.E.S.L. -Dipartimento Igiene del Lavoro – Laboratorio Agenti Chimici
INTRODUZIONE
La sostenibilità ambientale nell’ambito dell’evoluzione di modelli organizzativi nel settore sanitario rappresenta, allo
stato attuale, una tematica che sta suscitando una forte attenzione nel contesto di una caratterizzazione dell’“ospedale” quale sorgente puntiforme di emissione di inquinanti
La molteplicità di sostanze chimiche, quali farmaci, anestetici, radionuclidi, liquidi di contrasto, solventi e disinfettanti, utilizzate dalle strutture sanitarie a scopo medico-diagnostico, curativo, preventivo e di ricerca si riflette in una
considerevole presenza nelle acque reflue di miscele di sostanze chimiche organiche ed inorganiche ad alto potenziale inquinante caratterizzate da elevata solubilità e persistenza. Tali composti vengono denominati “Contaminanti
Emergenti” indicando con il termine, di recente introduzione, una vasta gamma di sostanze chimiche ad elevato
rischio per la salute umana e, in particolare, per i lavoratori esposti, per le quali attualmente non sono state previste specifiche regolamentazioni, ma sulle quali si sta focalizzando l’interesse della comunità scientifica. Una delle problematiche rilevanti in tale ambito è legata all’utilizzo crescente di farmaci antiblastici nei reparti oncologici,
la maggior parte di questi classificati come CMR (Cancerogeni, Mutageni e tossici per la Riproduzione), per i quali diversi studi ne hanno rilevato la presenza negli scarichi delle strutture ospedaliere. La predisposizione di idonei
interventi di prevenzione e di protezione a tutela degli operatori esposti in relazione alle procedure di manipolazione
dei farmaci chemioterapici nelle fasi di preparazione e di somministrazione, non trova tuttavia analogo riscontro
nell’ambito dell’espletamento di attività inerenti agli interventi tecnici di manutenzione sugli impianti delle acque
reflue degli scarichi dalle strutture sanitarie mancando, ad oggi, una adeguata sensibilizzazione su tale problematica.
CONTENUTI
Diverse ricerche hanno evidenziato una problematica legata alla presenza di chemioterapici antiblastici (quali 5fluorouracile, doxorubicina, daunorubicina, epirubicina e composti del platino) nelle acque reflue di strutture ospedaliere a seguito della mancanza di idonei sistemi di inattivazione di tali sostanze preliminarmente alla immissione delle stesse negli impianti fognari. In considerazione agli aspetti della farmacocinetica, una rilevante percentuale
dei principi attivi somministrati viene infatti rilasciata tal quale o sottoforma di metaboliti (talvolta caratterizzati da
un maggiore grado di tossicità rispetto al farmaco stesso) attraverso gli escreti dei pazienti. In tale contesto l’esposizione professionale di operatori addetti alle procedure ordinarie e straordinarie di manutenzione del sistema fognario della struttura ospedaliera, rappresenta una tematica di interesse che richiede necessariamente la messa
a punto di una procedura standardizzata per un approccio in sicurezza alla problematica a tutela dei lavoratori esposti, oltre che ai fini di una riduzione del rischio ambientale.
CONCLUSIONE
La messa a punto di un approccio metodologico integrato “sicurezza e ambiente” richiede la predisposizione di
un efficace sistema di prevenzione finalizzato alla tutela dei lavoratori esposti oltre che di una ottimizzazione degli interventi ingegneristico-ambientali. La “strategia” dovrà pertanto contemplare la stesura di linee guida inerenti alle corrette procedure di inattivazione chimica dei chemioterapici antiblastici, la messa a punto di metodologie
analitiche innovative per l’individuazione della presenza di tali sostanze, anche a livello di tracce, nelle acque reflue dei reparti oncologici, nonché l’applicazione di tecnologie speciali da integrare ai processi standard di trattamento delle stesse acque per l’abbattimento degli inquinanti in esame.
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IL CAMBIAMENTO CLIMATICO E LE MALATTIE TROPICALI: LA
PREVENZIONE DEL RISCHIO CHIKUNGUNYA E DENGUE IN ITALIA
F. Francia
(Bologna)
Direttore Dipartimento Sanità Pubblica AUSL di Bologna
Il cambiamento climatico pone le precondizioni ambientali della massiccia presenza di vettori di malattie infettive
diffuse normalmente a latitudini tropicali. Sino ad oggi il pericolo è stato considerato teorico, per la mancanza di
serbatoi naturali, rappresentati da soggetti infetti in fase viremica. La globalizzazione degli scambi e la rapidità con
la quale e possibile trasferirsi da paesi in cui sono endemiche queste patologie ad altri comunque infestati da vettori ha invece reso reale quanto si era solo ipotizzato. Nell’estate 2007 in Emilia-Romagna abbiamo assistito allo
svilupparsi di una epidemia di chikungunya che ha interessato 4 province con circa 250 casi ed un decesso Si tratta di una patologia caratterizzata da esordio improvviso di febbre > 38,5° e artralgia invalidante, non spiegabile con
altre condizioni cliniche. La conferma è laboratoristica, mediante la PCR in fase viremica o tramite la ricerca anticorpale.
E’ la prima volta in un paese occidentale e si tratta di un segnale che va colto per dar vita ad interventi di prevenzione. L’azione dovrà implementarsi mediante due percorsi: la sorveglianza entomologica e la lotta alla zanzara tigre da un lato e d’altro lato la sorveglianza sanitaria della popolazione.
Occorrerà perseguire la massima riduzione possibile della densità di popolazione delle zanzare e la individuazione più precoce possibile dei casi sospetti, per attuare immediatamente le misure di controllo finalizzate a impedire la trasmissione del virus dalla persona alle zanzare e da queste a un’altra persona.
Il medesimo vettore è in grado di trasmettere, in presenza di serbatoi naturali, anche la Dengue, nota anche come
febbre spaccaossa.
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LA SANITÀ: FUTURE STRATEGIE DI TUTELA AMBIENTALE
Lagravinese
Direttore Dipartimento di Prevenzione - ASL BA – BARI
PREMESSA
In questo lavoro ho voluto esprimere un punto di vista prospettico, fondato non solo su razionalità e logica, ma anche su attese, speranze e, talvolta, “sogni”, tuttavia senza pretese di sintesi né di completezza, ognuno infatti potrà cogliere indicazioni e fonti di personale elaborazione.
L’infrastruttura del mondo sta cambiando, o meglio, sta invecchiando rapidamente.
I sistemi di comunicazione, di controllo, di trasporto, le loro infrastrutture (autostrade, ferrovie, aerovie, linee telefoniche, ecc.), le professionalità necessarie a gestirle, tutto sta cambiando e invecchiando in fretta.
Il motivo è in parte nella migrazione che sta avvenendo da un mondo a un altro, dal mondo che hanno conosciuto i nostri nonni, formidabile e inarrivabile, che ha visto nascere l’aereo, l’elettricità, la tv, il frigorifero e mille altre
cose, a quello apparentemente più tecnologico, ma in realtà solo più “compresso” nel suo sviluppo, che sta vedendo la nascita della società dell’informazione.
Quella dei nostri nonni è stata “rivoluzione”.
Le cose non c’erano prima e sono arrivate.
Quella che noi stiamo vivendo è una “migrazione”, stiamo passando da un mondo “pesante”, quello dell’acciaio,
della meccanica ecc. a un mondo “leggero”, quello delle informazioni, del controllo virtuale di ogni cosa, comprese
le nostre vite e la nostra privacy, mirabilmente anticipato dalle parole di Italo Calvino, che nelle sue “Lezioni Americane” scrisse: “La seconda rivoluzione industriale non si presenta come la prima con immagini schiaccianti quali presse di laminatoi o colate d’acciaio, ma come i bits di un flusso di informazione che corre sui circuiti sotto forma di impulsi elettronici. Le macchine di ferro ci sono sempre, ma obbediscono ai bits senza peso.”
Era il 1985: l’era digitale era cominciata da appena un anno, con l’arrivo dell’Apple Macintosh, la macchina destinata a cambiare per sempre le nostre vite, facendo uscire definitivamente il computer dalle sale degli specialisti
per farlo entrare nelle nostre case e nei nostri uffici.
Tutto ciò ha comportato, ovviamente, una grande mutazione nella sanità italiana, anche come, evidentemente, conseguenza dei notevoli cambiamenti verificatisi nella società e nella cultura generale del Paese.
Gli ultimi anni, poi, si sono presentati addirittura come equivalenti a secoli, nel senso che i cambiamenti sono stati così rapidi che dieci anni sono equivalsi a cento anni del passato.
Le trasformazioni hanno modificato profondamente il modo di intendere la sanità, di rilevare i bisogni di salute, di
organizzare i servizi e le attività per offrire risposte sempre più adeguate alle attese dei cittadini, ed hanno coinvolto tutti, direttamente o indirettamente: le istituzioni, gli operatori sanitari, i singoli assistiti, la collettività intera.
EFFETTI AMBIENTALI DELLA CRESCITA E TUTELA DELLA SALUTE
È in atto un conflitto che è destinato ad inasprirsi drammaticamente nei prossimi decenni, fra le grandi conquiste
della medicina (sorrette dagli ulteriori e prodigiosi sviluppi che ci possiamo attendere nel campo delle scienze e
delle tecniche in senso lato) e il parallelo ed inscindibile processo della crescita economica che comporta – con
l’antropizzazione dell’universo – il degrado dell’ambiente e delle stesse condizioni igienico-sanitarie che la medicina cerca di migliorare.
La pessimistica aspettativa che il conflitto sia destinato ad inasprirsi deriva dal fatto che i due fenomeni hanno una
radice comune e sono destinati ad autoalimentarsi secondo un evidente meccanismo di causalità circolare di non
facile controllo.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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TAVOLA ROTONDA
17 settembre
Sala Bellini
Esperienze regionali a confronto in tema di
“Qualità e sicurezza”
Moderatori:
U. Podner Komarony (Torino)
F. Longanella (Napoli)
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QUALITÀ E SICUREZZA: INQUADRAMENTO NORMATIVO
G. Messori Ioli
(Torino)
In tema di qualità, sicurezza e risk management (gestione del rischio), i principali riferimenti normativi e i documenti
contenenti indicazioni in tema possono essere di seguito evidenziati:
•L. 502/1992 (e S.M.I.)
art. 8: prevede che le ASR attivino un sistema di monitoraggio e controllo sulla qualità dell’assistenza e sull’appropriatezza delle prestazioni rese
art. 10: stabilisce adozione metodo di VRQ delle prestazioni
•D.P.R. 14/01/1997 (accreditamento istituzionale): requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attività sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private, prevedendo che le ASR si dotino di attività e procedure relative alla valutazione e miglioramento della qualità
•D. Lgs. 229/1999
art. 1
comma 2: il S.S.N. assicura, attraverso risorse pubbliche e in coerenza con i principi e gli obiettivi indicati dagli art.
1 e 2 della L. 833/78, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano Sanitario Nazionale nel rispetto
dei principi della dignita’ della persona umana, del bisogno di salute, dell’equita’ nell’accesso all’assistenza, della qualita’ delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonche’ dell’economicitÀ nell’impiego delle risorse
comma 7: sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del S.S.N. le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che:
b) non soddisfano il principio dell’efficacia e dell’appropriatezza, ovvero la cui efficacia non e’ dimostrabile in base
alle evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle
indicazioni raccomandate
•D.P.C.M. 29/11/2001 (definizione dei LEA): definizione di percorsi diagnostico-terapeutici “appropriati” per efficienza (R.O./D.H.) e qualità delle cure
•D. Lgs. n° 626/94, completamente trasfuso nel D.Lgs. 81/08, recante il nuovo T.U. sulla sicurezza sul lavoro.
•D.M. 05/03/2003: istituzione Commissione Tecnica sul Rischio Clinico – pubblicazione monografia “R.M. in Sanità-il problema degli errori” marzo 2004
•Decreto (Dirigenziale) 20/02/2006: istituzione del “Gruppo di lavoro per la Sicurezza dei pazienti”: proposta di un
sistema di monitoraggio degli eventi sentinella; elaborazione di un manuale per l’analisi degli errori; implementazione della formazione; individuazione di metodologie di coinvolgimento dei pazienti; proposta di un sistema di monitoraggio delle polizze assicurative
•D.P.R. 07/04/2006 (approvazione del P.S.N. 2006/08): obiettivo 4.4: promozione del governo clinico e della qualità nel SSN, attraverso il tema del rischio clinico e della sicurezza dei pazienti
•Luglio 2006: diffusione di un “Glossario” - Ministero della Salute su Sicurezza dei pazienti e gestione del rischio
clinico
•Settembre 2006: diffusione del “Rapporto sulla 1° rilevazione nazionale relativa agli aspetti assicurativi in ambito di gestione del rischio”
•“Patto per la Salute” del 5/10/2006 (Ministero della Salute): adozione di un programma nazionale per la promozione permanente della qualità nel SSN
•D. M. 01/12/2006: attivazione Sistema Nazionale di Riferimento per la Sicurezza dei Pazienti
•Intesa Stato-Regioni, sancita dalla Conferenza 20/03/2008, concernente la gestione del rischio clinico e la sicurezza dei pazienti e delle cure, ai sensi dell’art. 8 della L. 06/2003 n° 131
•Ministero della Salute: raccomandazioni agli operatori sanitari diffuse dalla Commissione Tecnica Rischio clinico
(aggiornate a marzo 2008).
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SICUREZZA DEI PAZIENTI: L’ESPERIENZA DELL’ AZIENDA PROVINCIALE
PER I SERVIZI SANITARI DI TRENTO
C.Buriani
Azienda provinciale per i servizi sanitari, Trento
INTRODUZIONE
La sicurezza dei pazienti rappresenta un elemento prioritario nel sistema della cure. In tale ottica la Azienda provinciale per i servizi sanitari ha attivato negli ultimi anni varie iniziative sviluppate in Piani settoriali di valenza annuale. Tra esse l’azienda ha attivato nel 2007 un sistema informatico di incident reporting. L’avvio della attività di
segnalazione, spontanea ed anonima, degli eventi avversi (errori comportanti un danno al paziente, nears misses
e no harms events ) ha riguardato la rete ospedaliera pubblica, costituita da n. 7 ospedali (due ospedali di riferimento provinciale, Trento e Rovereto, e n. 5 ospedali di distretto).
CONTENUTI
L’attività di segnalazione, iniziata al primo gennaio 2007 (i dati si riferiscono all’anno), ha riguardato 5 macro-eventi predefiniti:
• le cadute accidentali dei pazienti;
• gli errori nell’utilizzo dei farmaci;
• la comparsa di piaghe da decubito;
• gli eventi avversi trasfusionali;
• la ritenzione di corpi estranei chirurgici.
Sul totale delle 462 segnalazioni registrate nell’anno di riferimento, 226 (49%) hanno riguardato cadute accidentali di pazienti, 178 (il 38%) errori nella somministrazione dei farmaci, 52 (11,5%) la presenza di piaghe da decubito, 4 (1 %) il riscontro di corpi ritenuti nel sito chirurgico, 2 (0,5 %)eventi avversi trasfusionali.
Le 226 cadute accidentali segnalate hanno riguardato pazienti con età media elevata (72 anni), prevalentemente
in regime di degenza ospedaliera (187 segnalazioni); 30 segnalazioni durante l’accesso al Pronto soccorso ospedaliero, 9 eventi traumatici durante visita ambulatoriale.
Nello stesso periodo di riferimento il data-base dell’incident reporting ha registrato 52 segnalazioni di piaghe da
decubito.
L’analisi dei dati evidenzia come la maggior parte delle piaghe da decubito sia stata osservata in pazienti provenienti da altre strutture sanitarie e/o assistenziali (in 11 casi da Residenze sanitarie per anziani ed in 10 casi da altre strutture socio-sanitarie non qualificate).
I casi registrati dal data-base dell’incident reporting riguardo gli errori di terapia prevenibili ed evitabili sono stati
178. La segnalazione ha riguardato eventi accaduti prevalentemente nei giorni feriali (82,6%): gli errori di terapia
sono stati prevalentemente osservati nelle ore del mattino (103 casi) con una minore incidenza nelle ore pomeridiane (57) e della notte (16).
La tipologia dell’errore è stata così indicata:
• errata prescrizione del farmaco (102 casi, 55%),
• errata somministrazione del farmaco (56 casi, 30,5%)
• errata preparazione del farmaco (27 casi, 14,5%).
Il data-base dell’incident reporting ha registrato inoltre 2 errori trasfusionali: uno registrato su un paziente ricoverato, l’altro relativo ad un accesso in Pronto Soccorso: un caso è avvenuto a causa della mancata verifica di congruità tra il gruppo sanguigno del paziente e la sacca trasfusa, l’altro per lo scambio del paziente. Gli eventi segnalati hanno avuto conseguenze negative sul paziente con un prolungamento dei tempi di degenza ed hanno comportato l’adozione di misure correttive di carattere sia organizzativo che professionale.
Nel periodo di riferimento il data-base ha, infine, registrato 4 eventi avversi con ritenzione di materiale di medicazione (garza o altro) e/o strumentario chirurgico segnalati riguardo a pazienti degenti in ricovero ordinario (1) ed in
regime di day hospital (3).
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ESPERIENZE REGIONALI A CONFRONTO IN TEMA DI QUALITÀ
E SICUREZZA: IL PIEMONTE
F. Casassa
(Torino)
In tema di qualità e sicurezza, e quindi anche di risk management, il Piemonte figura tra le prime regioni in Italia
per le iniziative in tema, tra le quali si segnalano:
Accreditamento Istituzionale Regionale (nelle sue diverse fasi 2001-2008)
Appropriatezza clinico-organizzativa, verifica sulla qualità della documentazione clinica, LG e PDTA, requisiti strutturali e tecnologici.
Assicurazione Regionale rischi responsabilità civile ASR
(DGR 14/05/04 n° 9)
La Regione promuove la predisposizione di strumenti idonei a migliorare l’efficienza e l’economicità nella gestione dei rischi di responsabilità civile delle Aziende Sanitarie Locali (ASL): a seguito di procedura ad evidenza pubblica, il fondo speciale è stato affidato alla gestione di uno studio peritale, che esamina le richieste di risarcimento tra 1.500 e 500.000 Euro. Al di sotto dei 1.500 Euro vi è un risarcimento diretto da parte di fondi aziendali.
Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari (AReSS)
Progetto Risk Management (2004/5)
Sviluppo di una metodologia specifica di studio dell’errore medico
Definizione di una metodologia finalizzata alla gestione dei rischi
Attivazione di progetti di valutazione e prevenzione del rischio
Implementazione operativa di:
Linee di indirizzo per la gestione del disservizio
Linee di indirizzo per la raccolta e gestione del consenso informato
Metodologia utilizzata
Istituzione di unico gruppo di lavoro regionale con 1-2 rappresentanti per ogni quadrante
Elaborazione documento finale AReSS
Presentazione dei documenti alle ASR: il 12-04-06 (consenso informato) il 19-12-06 (disservizio)
Esperienze Gestione Rischio Clinico
Iniziative a livello locale (ASO e ASL): ASO Molinette, ASL TO 5, ASL Novara e Alessandria, etc.
Istituzione di Gruppo di Gestione del Rischio clinico a livello Regionale
(D.G.R. n° 23/28 del 25/01/2007), coordinatore dott. M. RAPELLINO,
con i seguenti sottogruppi tematici:
DISPOSITIVI MEDICI (dott. RONCO)
GESTIONE DEL CONTENZIOSO (dott.ssa TUDINI)
TERRITORIO e R.M. (dott.ssa PALERMO)
FORMAZIONE (dott. VALENZANO)
INFEZIONI OSPEDALIERE (dott. FARINA)
FARMACI (dott.ssa STECCA)
INCIDENT REPORTING (dott. MESSORI IOLI e dott.ssa RACITI)
(Segue sul sito www.amndo.org)
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LA RETE ONCOLOGICA REGIONALE DI BASILICATA
S. D’Auria
(Potenza)
Dirigente Medico di Direzione Sanitaria
Azienda Ospedaliera Regionale “S. Carlo” – Potenza
INTRODUZIONE
In ambito oncologico la erogazione di prestazioni e servizi di alta qualità assume un carattere particolarmente critico e significativo sia perché il paziente ed i familiari ripongono spesso grandi aspettative nei confronti degli specialisti e delle strutture sanitarie alle quali si rivolgono, sia perché l’errore nel paziente oncologico si inserisce in un
vissuto di sofferenza e in una esperienza della malattia intrinsecamente dolorosa.
CONTENUTO
Una rete oncologica ben organizzata, assicurando la presa in carico globale del paziente, è espressione di affidabilità e di ergonomia del Sistema Sanitario, in quanto consente il superamento di criticità che sono tipiche dell’oncologia
e dalle quali possono scaturire rischi di un percorso diagnostico-terapeutico inadeguato.
Viene in questo contesto presentata la Rete Oncologica Regionale, istituita nella Regione Basilicata quale espressione di un modello operativo che, grazie alla integrazione funzionale di attività assistenziali intra- ed extra-ospedaliere e quindi ad un’assistenza multidisciplinare strutturata, garantisca al paziente, nelle varie fasi evolutive della patologia neoplastica, l’appropriatezza e la efficacia delle prestazioni sanitarie. D’altra parte, la equità e la facilitazione dell’accesso ai percorsi di diagnosi e cura comporta un’attenuazione delle diseguaglianze assistenziali sul
territorio regionale, mentre la valutazione dei bisogni a più ampio raggio consente di ottimizzare la razionalizzazione
delle risorse disponibili.
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GESTIONE DEL RISCHIO
O. Di Marino
Ogni struttura sanitaria deve ricercare, insieme all’efficienza e all’efficacia delle prestazioni erogate, anche la sicurezza del servizio offerto:
Affinché l’organizzazione sanitaria garantisca cure di qualità è quindi necessario implementare dei sistemi per la
gestione del “rischio”, quest’ultimo inteso come la condizione o evento potenziale, che può modificare l’esito atteso del processo e quindi anche comportare perdite o danni per l’azienda e per le persone coinvolte.
La Regione Lombardia, individuata l’importanza di percorrere questa strada, s’è fatta promotrice di alcune iniziative volte a indirizzare le realtà sanitarie presenti nel proprio territorio a prender coscienza dell’argomento e a fornir loro strumenti e metodi per affrontarlo.
E’ stato inoltre creato un data base che raccoglie, dall’anno 1999, tutte le richieste di risarcimento danni pervenute nelle Aziende Sanitarie della Regione e che viene aggiornato ogni semestre.
Con la collaborazione dell’ANIA (Associazione Nazionale tra le Imprese Assicuratrice) è stato intrapreso un canale di comunicazione con le Compagnie di Assicurazione finalizzato alla definizione di percorsi condivisi come la Mappatura dei Sinistri in tema di Responsabilità Civile.
Il campione di riferimento è costituito dalle seguenti aziende:
• 15 Aziende Sanitarie Locali (totalità del SSR lombardo)
• 29 Aziende Ospedaliere (totalità del SSR lombardo)
• 6 Fondazioni
I rischi considerati appartengono alle seguenti categorie:
• Rischio Clinico – eventi che hanno un impatto sul mantenimento del buono stato di salute del Paziente-Assistito e che sono direttamente o indirettamente collegati all’attività clinica o assistenziale;
• Rischio Lavoratore – eventi che intaccano la sicurezza e la salute del lavoratore;
• Rischio Struttura – eventi che hanno un impatto sul mantenimento del buono stato di salute del Paziente-Assistito, del Dipendente o dei Terzi e che non sono direttamente collegati all’attività clinica (cadute, danneggiamenti
persone, ….);
• Danneggiamenti accidentali – eventi accidentali quali furti, smarrimenti e danneggiamenti di cose di proprietà
del paziente, dipendente o terzo.
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QUALITÀ E SICUREZZA: PERCORSO TRACCIATO
DALLA REGIONE TOSCANA ED ESPERIENZE MATURATE
NELLA AZIENDA SANITARIA DI FIRENZE
Tiziana Faraoni
Direzione Sanitaria del Presidio Ospedaliero del Mugello Azienda Sanitaria di Firenze
INTRODUZIONE
La qualità delle cure sanitarie intesa quale sviluppo integrato delle dimensioni tecniche, gestionali, relazionali e percepite, finalizzate a prevenire e soddisfare i bisogni di salute della popolazione, non può prescindere dalla sistematica adozione di strategie per la sicurezza del paziente Gli anni recenti della storia delle organizzazioni sanitarie infatti sono caratterizzati da un interesse crescente per la sicurezza del paziente, quale elemento qualitativo fondamentale della cura erogata.
CONTENUTI
Nel recente Piano Sanitario Regionale Toscano 2008-2010 sono previste importanti innovazioni del sistema assicurazione della qualità e gestione del rischio clinico. Viene ritenuto fondamentale considerare la gestione del rischio
clinico e la promozione della sicurezza come strumenti finalizzati al miglioramento della qualità. La revisione critica dei processi assistenziali e l’individuazione di sistemi di sicurezza che tutelino il paziente e gli operatori rappresentano
attività strategiche per pratiche cliniche sempre più appropriate e basate sull’evidenza scientifica. Al fine di raggiungere standard di efficienza ed efficacia elevati , mediante criteri economici congruenti, verranno definiti obiettivi organizzativi, tecnologici e formativi del sistema qualità differenziandoli tra essenziali e di eccellenza. Gli obiettivi essenziali vengono raggiunti attuando tutti i requisiti strutturali ed organizzativi di base, per operare in modo
coerente alle aspettative di un servizio sanitario moderno ed efficiente, garantendo tutte le prestazioni ed i servizi
essenziali. Gli obiettivi di eccellenza riguardano invece la realizzazione di progetti specifici di qualità che qualifichino
il servizio sanitario regionale in alcune delle sue azioni più rilevante. In questo ambito si inserisce il sistema di attestazione volontaria delle buone pratiche per la sicurezza del paziente. Le buone pratiche sono il risultato di specifiche campagne di sperimentazione e di informazione su alcuni rischi presenti nelle strutture sanitarie. Pertanto
l’accreditamento istituzionale, oltre al ruolo ad esso attribuito di strumento di regolazione dell’accesso al mercato sanitario, rivela con maggiore forza la sua stretta connessione con il tema della qualità. La Regione Toscana, a
cominciare dall’anno 2003 ha adottato una serie di iniziative tese al miglioramento della sicurezza del paziente con
la costituzione del Centro Regionale per la Gestione del Rischio Clinico e la Sicurezza del Paziente. Il percorso intrapreso ha puntato a dare un assetto organizzativo alla gestione del rischio. E’ stato molto investito sulla formazione: all’inizio sono stati formati sedici referenti ( clinical risk manager ) in altrettante aziende. Poi sono stati preparati altri operatori, in ogni reparto/struttura, a svolgere il ruolo di facilitatori ovvero di coloro che promuovono l’attivazione di audit o rassegne di mortalità e morbilità a seguito di eventi avversi. La formazione sta continuando a
tappeto coinvolgendo tutte le figure professionali con l’obiettivo che la gestione del rischio clinico diventi una pratica quotidiana. In tutti i reparti delle nostre aziende gli operatori hanno a disposizione le schede di segnalazione,
che possono consegnare al facilitatore della loro struttura anche in maniera anonima. E’ stato costituito nel 2005
un coordinamento per ogni Area Vasta per la gestione del rischio clinico e delle coperture assicurative. La Regione sta impegnandosi inoltre per costruire un database sui sinistri, che sia patrimonio delle singole aziende e che
abbia una valenza regionale. Una prima meta da raggiungere è infatti quella di ridurre i livelli di sinistrosità mediante
la cultura di segnalare ed imparare dagli errori. L’ASL di Firenze ha iniziato il suo percorso di gestione del rischio
clinico, all’inizio essenzialmente culturale, fino dall’anno 2000; il percorso ha previsto varie tappe che hanno avuto in alcuni eventi importanti utili occasioni di approfondimento e di studio per un corretto approccio. Nell’anno 2002
nei presidi dell’azienda fiorentina sono stati realizzati vari incontri per discutere del problema dell’errore umano in
medicina e per presentare il metodo dell’audit clinico. I professionisti hanno potuto cogliere nell’audit clinico l’opportunità di imparare un nuovo metodo di lavoro che favorisce l’apprendimento tramite la partecipazione alle attività di gestione del rischio clinico. L’audit clinico, avendone riconosciuta la potenza formativa, viene quindi inserito nel piano della formazione continua e successivamente, tra gli obiettivi di budget, la effettuazione, da parte delle varie strutture organizzative, di un numero minimo di audit. L’Azienda Sanitaria di Firenze ha seguito poi il percorso tracciato dalla Regione Toscana ed in particolare ha realizzato un sistema di coordinamento aziendale per
la gestione del rischio clinico, ha costituito un sistema informativo per la gestione dei sinistri e di incident reporting per le azioni di prevenzione ed ha un programma di formazione per la preparazione del personale.
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QUALITÀ E SICUREZZA: L’ESPERIENZA DELLA REGIONE LIGURIA
E. Garbarino
Direzione Sanitaria ASL2 Savonese
Componente della Commissione Regionale di Coordinamento del Rischio Clinico
INTRODUZIONE
La tematica della qualità delle prestazioni sanitarie in termini di appropriatezza ed efficienza viene indicata quale obiettivo prioritario della Regione Liguria fin dagli anni novanta. A seguito delle più recenti indicazioni Ministeriali in termini di qualità e sicurezza, l’Ente Regione Liguria, con proprio atto deliberativo (n.1308 del 24/11/2006),
avvia formalmente il Sistema Regionale per la Gestione del Rischio Clinico con indicazioni per le Aziende Sanitarie e l’istituzione della Commissione Regionale di Coordinamento (C.R.C.).
CONTENUTI
Il modello organizzativo prevede a livello Regionale, la C.R.C., quale organo consultivo e propositivo, coordinata
dal dirigente del Settore Qualità e Appropriatezza delle prestazioni Sanitarie e Socio Sanitarie, composta dai Coordinatori delle Unità di Gestione del Rischio (U.G.R.) delle Aziende Sanitarie della Liguria, da un medico specialista in Medicina Legale e da un esperto in materia giuridica ed assicurativa.
A livello Aziendale le Unità di Gestione del Rischio sono tenute a implementare l’elaborazione di percorsi/protocolli operativi clinico terapeutici e/o assistenziali con particolare attenzione alle problematiche connesse con
gestione del rischio clinico utilizzando strumenti e/o raccomandazioni che vengono fornite dalla suddetta Commissione al fine di: garantire maggiore sicurezza del paziente e degli operatori; monitorare in modo sistemico
gli eventi avversi; promuovere, sviluppare e monitorare le iniziative formative per la gestione del rischio clinico.
Il Decreto n.43 del 23/02/2007, del Direttore Generale del Dipartimento Salute e Servizi Sociali nomina i componenti della Commissione Regionale di Coordinamento per il Rischio Clinico.
La D.G.R. n.208 del 07/03/2008, prende atto che nel corso dell’anno 2007 la C.R.C. ha lavorato attivamente per
la definizione di un programma di interventi comuni da adottarsi a livello delle Aziende Sanitarie e fornisce ai Direttori Generali obiettivi finalizzati alla gestione del rischio clinico all’interno delle Aziende Sanitarie, sulla base
delle proposte della Commissione Regionale di Coordinamento.
La D.G.R. n.621 del 06/06/2008, esplicita le indicazioni ai Direttori Generali delle Aziende Sanitarie per il raggiungimento degli obiettivi per la gestione del rischio clinico (piano operativo 2008-2009) di cui se ne riassumono
i principali:
• diffondere tra gli operatori la conoscenza degli strumenti di gestione del rischio con particolare riferimento all’Audit, attraverso opportune attività formative, di base e avanzate, modulate in base alle esigenze delle singole Aziende;
• adottare una scheda unificata di rilevazione degli eventi approvata dalla Commissione;
• attivare progetti di buona pratica clinico-organizzativa.
Si riportano alcuni dei principali progetti/esperienze condotte dalle Aziende Sanitarie Liguri: somministrazione
farmacologia con l’utilizzo della “dose unitaria”; utilizzo diffuso a tutte le Aziende della scheda unica integrata
di terapia; sistemi di identificazione dei pazienti mediante braccialetto a lettura ottica (bare-code/RFID); programmi
di gestione informatizzata della cartella clinica e delle sale operatorie; programmi di gestione della terapia anticoagulante (TAO); procedure per la prevenzione delle cadute dei pazienti, campagne per la sicurezza dei pazienti
(mani pulite, prevenzione delle cadute) etc.
La complessità della tematica inerente la sicurezza dei pazienti, solo in parte delineata, presuppone sicuramente
un approccio sistemico e funzionale permanente.
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L’ESPERIENZA DELLA REGIONE FRIULI – VENEZIA GIULIA
G. Sclippa, L. Regattin
ASS 4 “Medio Friuli” – UDINE
Presidio ospedaliero di San Daniele del Friuli
INTRODUZIONE
L’Agenzia Regionale per la Sanità (ARS) della Regione Friuli Venezia Giulia è da alcuni anni impegnata, all’interno
della cornice generale della Clinical Governance, in una attività di promozione, orientamento/coordinamento e monitoraggio dei temi e delle linee di lavoro che riguardano la qualità e, più in generale la sicurezza, nella erogazione
dei processi di diagnosi e cura.
Lo scopo della presente relazione è fornire una sintetica illustrazione delle attività più significative sviluppate in Regione e consolidate nell’ultimo quinquennio, fornendo per alcune di esse, una valutazione di impatto sui comportamenti degli operatori di un presidio ospedaliero inscritto nella rete degli erogatori regionali.
CONTENUTI
La relazione descrive brevemente e commenta le linee di lavoro di seguito listate.
L’Audit Civico come sviluppo di sistemi per la promozione della partecipazione dei cittadini alle scelte in sanità; il
monitoraggio della qualità della documentazione clinica come requisito per la valutazione dei processi di cura, per
la loro trasparenza e intelligibilità; l’affinamento e l’elaborazione condivisa della procedura per il consenso informato quale strumento teso a garantire partecipazione, consapevolezza, informazione, libertà di scelta e di decisione delle persone ammalate; l’introduzione nella rete ospedaliera della scheda di incident reporting per la segnalazione
strutturata dei near miss e degli eventi avversi, con una sintesi di quanto rilevato in un presidio ospedaliero; gli esiti dell’ormai più che decennale sistema di sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico.
Sarà anche fatto cenno agli altri progetti strutturati e trasferiti nella operatività delle aziende sanitarie e ospedaliere regionali: il monitoraggio del fenomeno lesioni da decubito nelle strutture ospedaliere e residenziali; la prevenzione delle cadute accidentali in ambito ospedaliero; la sicurezza in sala operatoria, con particolare riferimento alle
tecnologie/apparecchiature biomedicali; la sorveglianza del tasso di tagli cesarei nei punti nascita; la sperimentazione di alcuni indicatori, selezionati dal set di 29 indicatori dell’AHRQ, con l’utilizzo delle banche dati SDO, con
particolare riferimento agli “eventi sentinella”; la strutturazione di un sistema di raccolta e di una metodologia di
analisi delle segnalazioni di disservizio inoltrate dai cittadini/utenti.
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QUALITÀ E SICUREZZA. L’ESPERIENZA
DELL’ARNAS CIVICO DI PALERMO NELLA REGIONE SICILIA
G. Volo
Azienda Ospedaliera Civico e Benfratelli
Piazza Nicola Leotta, 2/A
Palermo
INTRODUZIONE
Come ha bene definito il Ministro della Salute, gestire il Rischio Clinico è un “processo sistematico, comprendente sia la dimensione clinica che quella gestionale, che impiega un insieme di metodi, strumenti, e azioni che consentono di identificare, analizzare valutare e trattare i rischi al fine di migliorare la sicurezza dei pazienti”.
CONTENUTO
La nostra Regione ha adottato due approcci sistematici:
1 - il sistema dei requisiti per l’accreditamento istituzionale (2002)
2 - il sistema degli standard della Joint Commission International (2006)
L’esperienza dell’ARNAS Civico si accresce applicando questi due approcci, ma in particolare il secondo, per il quale l’Azienda ha concluso la fase sperimentale e sta iniziando la fase di ricognizione del possesso dei relativi standard, al fine di arrivare, entro il Dicembre del 2009, al completo raggiungimento degli stessi con coinvolgimento
della intera Azienda..
CONCLUSIONE
Si può quindi dire che questa è certamente la via più efficace per ottenere un reale miglioramento della sicurezza,della appropriatezza, e della qualità delle nostre prestazioni.
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
TAVOLA ROTONDA
17 settembre
Sala Aragona
Sanità e sostenibilità ambientale
Moderatore:
F.Romano (Roma)
L.Murè (Enna)
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SANITÀ E SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE
C. Lazzari (*), G. Aiello (*), L. Wegher (**)
(*) Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico S.Orsola-Malpighi
(**) Azienda Sanitaria di Bolzano
INTRODUZIONE
L’ambiente rappresenta il luogo, lo spazio fisico, le condizioni biologiche in cui un organismo si trova, vive; viene
inoltre definito come l’insieme delle condizioni sociali, culturali, morali in cui una persona vive. Dal punto di vista
giuridico l’ambiente è un bene pubblico e collettivo al quale sono predisposti strumenti di controllo; in questo senso la nozione di ambiente può essere assunta in una triplice accezione: a) sinonimo di “paesaggio”; b) in riferimento
alla lotta contro l’inquinamento; c) urbanistica.
Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un aumento dei problemi correlati all’inquinamento ed al deterioramento delle risorse naturali. L’attenzione dell’opinione pubblica per le tematiche ambientali si è progressivamente andata a consolidare. Gli stessi problemi ambientali sono stati inseriti nei programmi politici di molti Paesi con aumento delle iniziative di politica ambientale a livello internazionale. Nonostante ciò si è venuta a verificare la crisi
del rapporto tra sviluppo e necessità di perseguire il cosiddetto “sviluppo sostenibile”, ossia sviluppo in grado di
garantire una certa qualità della vita ed il rispetto per le generazioni future.
CONTENUTI
In Italia la normativa in materia ambientale, che recepisce direttive comunitarie, prevede controlli sempre più incisivi e sanzioni sempre più pesanti. Nelle imprese, crescono le difficoltà, dovendosi adeguare ad una legislazione
in continua evoluzione e spesso di incerta interpretazione. La normativa in tema ambientale ha infatti subito in Italia una proliferazione incontrollata e spesso frammentaria e disorganica; ciò è legato anche alla complessità del
tema in questione che abbraccia diversi settori (acqua, suolo, aria, rifiuti, ecc…). Le stesse norme sono spesso state emanate in condizioni di emergenza.
L’attenzione al tema della sostenibilità ambientale ha quindi assunto un ruolo primario nella gestione delle attività
ospedaliere. Le norme in materia ambientale non possono essere disattese, in quanto possono essere notevoli le
conseguenze negative:
• in termini di costi, legati ad incidenti ambientali o a sanzioni;
• in termini di immagine negativa, cattivi rapporti con i dipendenti e ostilità della popolazione locale.
E’ quindi necessario un aumento di efficacia e di efficienza nella gestione delle problematiche ambientali da parte delle aziende sanitarie. Va modificata l’ottica in cui ci si dedica alle tematiche ambientali: l’ambiente non va più
vissuto come un vincolo, ma come fonte di opportunità, ovvero come il fattore attraverso il quale recuperare competitività e migliorare l’immagine aziendale.
In questo senso può essere d’aiuto l’applicazione volontaria di norme internazionali ISO 14000 in materia di Sistemi
di gestione ambientale (SGA), e del Regolamento comunitario 1836/93, meglio noto come Regolamento EMAS,
sull’adesione volontaria delle imprese del settore industriale al Sistema comunitario di ecogestione e audit. Tutto
ciò non comporta solo oneri, ma anche vantaggi dell’ecocompatibilità per le aziende sanitarie come ad esempio
minori consumi di risorse, miglioramento dei rapporti con una pluralità di stakeholders e miglioramento dell’immagine
aziendale nei confronti dell’opinione pubblica.
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IL SISTEMA SANITARIO REGIONALE PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE:
IL PROGETTO “MIGLIORAMENTO CONTINUO DEL PROCESSO
DI GESTIONE AMBIENTALE NELLE AZIENDE SANITARIE”
DELL’EMILIA-ROMAGNA
P.M.Antonioli°, D.Sgarzi°°, A.Venturi Casadei°°
° Az.Ospedaliero-Universitaria di Ferrara
°°Assessorato Politiche per la Salute Emilia-Romagna
INTRODUZIONE
“Lo Sviluppo Sostenibile è quello sviluppo che soddisfa i bisogni delle generazioni presenti senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”. Adoperarsi per la sostenibilità implica una revisione
di politiche, strategie e azioni da seguire nelle principali aree di contatto tra tutela ambientale, sviluppo sociale ed
economico onde fornire la base necessaria per una gestione integrata delle risorse naturali. Gli obiettivi di questo
approccio comprendono la riduzione al minimo del consumo delle risorse naturali, in particolare di quelle non rinnovabili e rinnovabili lentamente; la riduzione al minimo della produzione dei rifiuti ricorrendo quando possibile al
riuso e al riciclo; la riduzione al minimo dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua.
CONTENUTI
Nell’ambito della Direzione generale Sanità e politiche sociali, con la DGR 686/2007, è stato attivato il programma
regionale “Il Sistema Sanitario Regionale per uno sviluppo sostenibile”. Il ruolo della Regione su queste tematiche
è quello di fornire indirizzi/linee guida alle Aziende e supporto metodologico. Spetta, invece, a ciascuna Azienda
definire le azioni specifiche che intende sviluppare.
Le principali finalità del progetto sono:
• Riduzione degli impatti ambientali delle Aziende sanitarie ed, in particolare, della quantità e della pericolosità dei
rifiuti prodotti;
• Prevenzione primaria attraverso la riduzione dell’impatto ambientale legato allo smaltimento dei rifiuti pericolosi;
• Miglioramento della gestione ambientale delle Aziende sanitarie dovuto alla sensibilizzazione delle Direzioni aziendali;
• Definizione di Indicatori generali e specifici di sostenibilità;
• Avvio della funzione di marketing e comunicazione sociale in tema di promozione della salute della popolazione
e salute ambientale;
• Benchmarking: confronto fra esperienze per uniformare i comportamenti verso gli standard più elevati.
RISULTATI
Il programma, nel 2007, si è sviluppato su due progetti, coordinati fra loro:
• Qualificazione dei consumi energetici ed innovazione tecnologica;
• Miglioramento continuo del processo di gestione ambientale, in particolare in materia di trattamento dei rifiuti sanitari con riduzione delle quantità prodotte.
Per l’attuazione dei progetti sono stati istituiti due gruppi di lavoro; il gruppo regionale “Gestione ambientale”, coordinato da Servizio sanità pubblica, nel corso del 2007 ha avviato le seguenti linee di progetto:
• Rifiuti sanitari: Aggiornamento delle Linee Guida regionali, con l’inserimento di una parte sulla gestione degli scarichi idrici. - Collaborazione con Intercenter per la verifica di fattibilità dell’acquisto centralizzato dei servizi per la
gestione dei rifiuti. - Implementazione della banca dati regionale sulla gestione dei rifiuti sanitari. - Monitoraggio
dell’applicazione della DGR 1360/2006 “Approvazione delle Linee guida regionali per la gestione dei rifiuti prodotti nelle Aziende sanitarie dell’Emilia-Romagna”;
• Sistemi di Gestione Ambientali (SGA): introduzione di sistemi di contabilità ambientale nelle Aziende sanitarie, in
collaborazione con ARPA, in vista della realizzazione di SGA in linea con le norme volontarie di settore;
• Sistema Informativo (SI): estensione dei SI regionale per il monitoraggio dei rifiuti sanitari agli altri impatti ambientali
delle Aziende sanitarie, in collaborazione con ARPA. – Creazione di una banca dati che permetta la diffusione e
il confronto fra le diverse esperienze in atto nelle Aziende (benchmarking).
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REALIZZAZIONE DI UN OSPEDALE
SECONDO I CRITERI DI ECOCOMPATIBILITÀ
A. Benvenuto, M.A. Vantaggiato, F.Canino, S. De Paola
Azienda Ospedaliera Cosenza – P.O. Annunziata
INTRODUZIONE
L’Azienda Ospedaliera di Cosenza, è attualmente costituita da tre ospedali, Annunziata - Mariano Santo e Rogliano,
che nonostante i numerosi interventi di ristrutturazione e ampliamento subiti negli ultimi decenni, risultano assolutamente inadeguati a soddisfare le moderne esigenze di carattere sanitario, organizzativo, strutturale, tecnologico, normativo e gestionale.
Non potendo più mantenere questa suddivisione, che comporta enorme spreco di risorse sia umane che economiche è stato deciso, dai vertici dell’azienda e dalla Regione Calabria, nell’ambito di un programma di riammodernamento delle strutture sanitarie della regione, la costruzione di un nuovo Ospedale nella provincia di Cosenza.
Dovendo produrre su richiesta Regionale una relazione preliminare per la costruzione del nuovo ospedale, da presentare entro sessanta giorni dalla richiesta, l’Azienda Ospedaliera di Cosenza ha istituito apposita commissione
della quale gli autori erano componenti.
CONTENUTI
Gli autori hanno ipotizzato un modello di cittadella Ospedaliera che, per rispondere ai fabbisogni del cittadino, abbia una integrazione con la città a partire dal sito che deve essere scelto in rapporto all’ecologia e al rapporto ospedale ambiente, con attenzione al giusto dimensionamento, modificando anche gli spazi e le forme della degenza
ospedaliera, i primi divengono sempre più ristretti e le seconde sempre più specializzate e di breve durata, con aumento degli spazi dedicati ai servizi.
E’ fondamentale secondo gli autori valutare l’applicabilità di tecnologie sostenibili che sfruttino fonti rinnovabili o
assimilabili alle rinnovabili, e di implementazione di strategie di razionalizzazione dei consumi, già dalla fase di progettazione di un ospedale.
CONCLUSIONE
Vengono proposte due tipologie di progetto del nuovo ospedale, ma entrambe sono state pensate per rispondere da una parte all’esigenza di realizzare strutture organizzate già in fase progettuale in modo da permettere risparmi
energetici nelle zone dell’ospedale che non hanno necessità di funzionare di continuo e dall’altra strutture che possano sfruttare forme di energia rinnovabili.
Il modello di Ospedale ipotizzato rappresenta una componente di un sistema assistenziale complesso ed integrato
che dovrebbe funzionare in modo armonizzato e sinergico, per configurare una organizzazione dei servizi a rete.
Negli ultimi venti anni il rapidissimo sviluppo tecnologico ha imposto una nuova idea progettuale che, nel progetto-tipo di Renzo Piano, trova la massima espressione, con la realizzazione di una piastra dei servizi con aggregata la torre delle degenze.
Ai nostri giorni il tema dell’ambiente, dell’impatto paesaggistico e del risparmio energetico hanno condizionato l’edilizia ospedaliera che individua, quali criteri prioritari, per la realizzazione di un Ospedale, l’espandersi in orizzontale e l’organizzazione per intensità di cure.
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CONSIDERAZIONI SU UNA NUOVA “ECOLOGIA” DEL MANAGEMENT
G. Serafini
Direzione Medica Ospedaliera
Azienda Ospedaliera “ Ospedali Riuniti” Ancona
“Complessità” è una parola chiave del nostro tempo. I tradizionali contorni tra le scienze si modificano imponendo nuove sovrapposizioni e terreni interdisciplinari. Nella medicina, salute dell’individuo e stato dell’ambiente, si
rivelano sempre più interdipendenti e mai come oggi è stata chiara la reciprocità tra ecosistema interno all’uomo
ed ecosistema esterno dell’habitat. Benessere nella sfera mente-corpo ed equilibri ecologici complessivi sono due
aspetti dello stesso problema.
E, anche se non è chiaro come avviene il passaggio dalle molecole inorganiche a quelle organiche, la materia non
è più bruta e inerte come polvere, non appare più come “infera”, come “altro da noi” e gli esseri vegetali e animali, evoluzione animata della stessa materia, non ci appaiono più come cose da usare senza riguardo, ma piuttosto
esseri da curare anche con nuovi sviluppi della stessa Medicina; infatti, non dovremmo mai dimenticare che la materia non vivente e vivente interagisce con noi e ci condiziona nel nostro modo di essere, ci stimola continuamente portandoci a quel “senso di sé nell’atto di conoscere” che rappresenta il primo barlume di coscienza del mondo che ci circonda e della cui materia noi stessi siamo fatti e che, infine, ci condiziona nel nostro modo di pensare.
Coerentemente, dal punto di vista della psicologia, è possibile comprendere Jung e Hillman quando sostengono
che la nostra psiche non è al centro di tutte le cose come un occhio psicologico che guarda dall’alto e interpreta
il panorama della materia vivente e non vivente, ma piuttosto è come un organo recettore di un “anima del mondo” da cui trae la coscienza di sé immerso nel mondo.
Queste concezioni sollecitano la Medicina ad avere un orizzonte più ampio rispetto a quello attuale e il Management a rivedere molti concetti riguardo la scientificità, l’ efficacia, l’efficienza, l’appropriatezza delle prestazioni e
dei servizi di diagnosi e di terapia.
La Medicina dovrebbe coraggiosamente tracimare in svariate altre discipline, combinarsi con altre conoscenze e
trovare nuovi campi di azione con il fine di una più ampia ed autentica identificazione delle esigenze cliniche dei
singoli Pazienti-Esigenti.
Il Management sanitario dovrebbe profondamente ripensare i paradigmi del potere, dell’ efficienza e della crescita ed in particolare le idee di servizio,di manutenzione,secondo una concezione più etica, più rispettosa dell’ambiente oserei dire più “animica” sulla scia di antiche idee e nuove concezioni che fanno capolino nel mondo scientifico come “l’ipotesi di Gaia il pianeta vivente”.
L’evoluzione tumultuosa delle tecnologie che consentono all’uomo di modificare e manipolare la realtà della molecola, del gene, della società, impone oggi più che mai riflessioni etiche che riguardano oltre al “come” fare, anche il “perché” fare.
E’ insomma necessario una nuova Medicina, nuove visioni di governo delle organizzazioni e una nuova coscienza della loro complessità. Il mio contributo vuol essere un semplice spunto, uno stimolo alla meditazione seguendo un po’ la scia di alcune interessanti e originali concezioni di noti pensatori del nostro tempo.
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
IIIª SESSIONE
19 settembre
Sala Bellini
Appropriatezza ed equità - Iª Parte
Moderatore:
Del Giudice (Torino)
S. Giuffrida (Catania)
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SOSTENIBILITÀ ED EQUITÀ DEL SSN
A.Battista
(Bari)
Presidente ANMDO Regione Puglia
INTRODUZIONE
Come è noto, nei Paesi sviluppati la spesa sanitaria pubblica è in continuo aumento, sia per ragioni demografiche,
epidemiologiche e culturali, sia per motivi legati allo sviluppo scientifico e tecnologico.
Il problema è che un po’ in tutti i Paesi tale incremento del costo dei Sistemi sanitari avviene con un andamento
superiore rispetto alla crescita del PIL e nel caso dell’Italia in presenza di un enorme debito pubblico.
Si pone, pertanto, in modo sempre più acuto il problema della sostenibilità del nostro Sistema sanitario, già oggi
evidentemente sotto finanziato.
Per non dire del ritiro da parte del Governo del DPCM sui nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) per la mancanza di copertura economica.
E’ del tutto evidente che, se non si riescono a garantire quei servizi e prestazioni ritenuti essenziali per la tutela della salute, si pongono seri problemi di equità non solo nei confronti delle categorie di cittadini che esprimono bisogni, ma anche tra fasce sociali e/o aree geografiche diverse.
CONTENUTI
Al di là dei problemi sopra citati, non vi è dubbio che il nostro Sistema sanitario è fortemente caratterizzato da una
sostanziale mancanza di equità.
E’ facile intuire quanto la salute ed il modo di dare risposte siano condizionati dalle situazioni socio-economiche
e/o dalle condizioni di vita e di lavoro.
Basti pensare a come le disuguaglianze sociali determinino una diversa speranza di vita nonché una diversa distribuzione di patologie, e come il reddito consenta un diverso ricorso alla sanità privata.
Esistono differenze dello stato di salute, ma anche di offerta di servizi sanitari, tra centro e periferie delle grandi città, tra popolazione urbana e quella extra-urbana, tra Nord e Sud del Paese.
Per quanto riguarda i diversi sistemi regionali, va tenuto conto che è in atto il processo federalista e che si registrano differenze nell’erogazione di servizi e prestazioni che non sempre pongono i cittadini di tutte le aree del Paese nelle stesse condizioni di soddisfazione dei bisogni di salute.
Un ruolo di non poco conto svolge il sistema di finanziamento che attribuisce risorse molto diverse per entità alle
Regioni, determinando una diversità quali-quantitativa nell’organizzazione del sistema dell’offerta e, quindi, ulteriori aspetti di disequità.
Tutto ciò oggi avviene sebbene le Regioni più ricche alimentino un fondo perequativo.
Forse è opportuno individuare alcune direttici rispetto alle quali trovare soluzioni, tenendo sempre presente che l’equità deve rappresentare la bussola rispetto alle scelte:
1 - i LEA vanno individuati secondo rigorosi criteri epidemiologici ed assistenziali, includendo esclusivamente ciò
che è veramente essenziale per la tutela della salute ed escludendo ciò che è frutto di pressioni e condizionamenti
da parte di aziende fornitrici di beni e servizi o di categorie professionali;
2 - i criteri di riparto del finanziamento per il SSN devono essere tali da coprire il costo dei sistemi sanitari regionali, programmati ed organizzati per garantire i LEA;
3 - le scelte programmatorie delle Regioni devono avvenire su base rigorosamente epidemiologica, in modo da garantire la distribuzione dei servizi ed il loro dimensionamento sulla base degli effettivi bisogni di salute;
4 - la spesa per l’attività di prevenzione primaria va nettamente aumentata rispetto all’attuale 3-4% della complessiva
spesa sanitaria, in modo da incrementare l’equità del sistema ed il minor ricorso alle più costose attività di diagnosi,
terapia e riabilitazione.
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GARANZIA DELLA PROFESSIONALITÀ A TUTELA DEI CITTADINI
G. Re, F.Dazzani, M.Caroli
(Lugo, Ravenna)
INTRODUZIONE
La professionalità è da considerare il fondamento del contratto tra medicina e società, impegna il medico ad anteporre gli interessi dei pazienti ai propri, a fissare e mantenere standard di competenza e ad offrire alla società una
prestazione qualificata in materia di salute.1 Appropriatezza professionale e appropriatezza organizzativa sono strettamente correlate. Un intervento sanitario è definito appropriato dal punto di vista professionale se è di “provata”
efficacia, se è prescritto al “paziente giusto, nel momento giusto e per la giusta durata,” se è erogato dal professionista “giusto,” in altre parole, da colui che utilizza “in modo adeguato” le risorse sanitarie disponibili e confronta gli ipotetici effetti sfavorevoli con i benefici prevedibili. Appropriatezza ed efficacia non possono essere disgiunte
dal concetto di equità, quindi dal contesto sociale in cui vengono applicate.
CONTENUTI E CONCLUSIONI
Per quanto riguarda l’appropriatezza professionale, le Linee Guida (Clinical Practice Guidelines) costituiscono lo
strumento di riferimento. Le “Critical Pathways” rappresentano un aspetto essenziale per migliorare la “sicurezza” del paziente e ridurre l’alta “variabilità” di comportamenti umani. La valutazione delle strutture sanitarie avviene attraverso sistemi di certificazione e accreditamento. Il processo di accreditamento istituzionale adottato dalla
Regione Emilia Romagna, già da tempo avviato e che si concluderà a breve (dicembre, 2009), è appunto finalizzato alla garanzia degli utenti in merito alla qualità organizzativa e professionale delle cure erogate, direttamente
o per conto del Sistema Sanitario Nazionale. Le strutture coinvolte devono definire percorsi per l’inserimento del
personale, prevedere una valutazione dell’idoneità al ruolo, identificare formalmente, all’interno di ogni Dipartimento
ed Unità Operativa, figure cui attribuire una responsabilità specifica sulla formazione e definire piani formativi annuali. All’interno dei requisiti specifici relativi alle diverse strutture complesse, la normativa di accreditamento definisce poi i requisiti di clinical competence che devono essere posseduti dai professionisti per esercitare la loro
attività. Appare chiara l’importanza d’aver definito all’interno della deliberazione regionale 327/2004 espliciti requisiti
di professionalità e d’aver sancito la necessità di dimostrare le modalità adottate per verificarne il possesso.
Per quanto riguarda l’appropriatezza organizzativa, in particolare quella di setting (“nel posto giusto”), le evidenze
disponibili sono scarse, e utilizzano sostanzialmente due strumenti, il PRUO (protocollo di revisione d’uso dell’Ospedale)
e il SDS (software desease staging). Il setting individua le sedi più adeguate, e cioè il territorio (MMG/ continuità
assistenziale, assistenza domiciliare, ambulatori dei distretti, RSA/case protette, ospedali di comunità, Hospice),
il day care e la degenza ordinaria (di medicina interna, di altra specialistica, di terapia subintensiva, di terapia intensiva). Esempio d’integrazione2 tra Ospedale e Territorio è il “Progetto Bagnacavallo” indirizzato all’identificazione
di soggetti con NAFLD nella popolazione di una città del Nord Italia di circa 16,000 abitanti, con lo scopo di migliorare lo stile di vita, fornire i suggerimenti medici più adeguati, e prevenire una evoluzione irreversibile.
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Ann Intern Med. 2002;136:243-246
29° Congreso Mundial de Medicina interna,2008abstracts-Buenos Aires
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IL PROGETTO OLA (ORGANIZZAZIONE LEAN DELL’ASSISTENZA)
F. Gemmi, M.T. Mechi, A. Appicciafuoco.
Azienda Sanitaria di Firenze
INTRODUZIONE
L’Azienda Sanitaria di Firenze ha adottato una strategia di reingegnerizzazione del servizio erogato nei sei ospedali che costituiscono la propria rete di erogazione, basata sui principi del ‘lean thinking’ (pensiero snello). Anche
se nato nell’industria, il lean thinking è adottato con successo per l’analisi e l’innovazione anche nel settore dei servizi, in particolare nei sistemi sanitari evoluti.
Secondo questi principi si è proceduto alla riorganizzazione dei servizi ospedalieri per linee di attività: i processi
sanitari sono stati riletti sviluppando la dimensione orizzontale, che corrisponde al reale flusso del patient journey.
CONTENUTI
Il progetto OLA (Organizzazione Lean dell’Assistenza) è stato avviato all’inizio del 2007, dopo una fase di studio
di sei mesi. Sono state ridefinite le famiglie dei processi sanitari ospedalieri: Linea della Chirurgia d’urgenza, Linea
della Chirurgia programmata, Linea della High-care (comprende i ricoveri di tipo medico con alta intensità di assistenza), Percorso nascita, Linea Outpatients (attività sanitarie per non ricoverati), Linea della Low-care. Le linee di
indirizzo per ridisegnare i macroprocessi sono state definite attraverso eventi kaizen exemplar (“settimane prototipo”).
In seguito, le caratteristiche organizzative e strutturali definite nei kaizen exemplars sono state implementate distintamente nei singoli ospedali con eventi kaizen locali. Ad oggi sono stati effettuati quattro exemplars (per le due
Linee chirurgiche, per la High-care e per l’interfaccia fra Dipartimenti d’ Emergenza e altri reparti ospedalieri.
L’organizzazione per linee di attività è oggi attivata per i ricoveri chirurgici dei due ospedali di maggiori dimensioni (Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio e Ospedale Santa Maria Annunziata, rispettivamente nell’ottobre 2007 e
nel febbraio 2008) mentre negli altri ospedali l’avvio è programmato per l’autunno 2008. L’organizzazione della Linea della High Care sarà avviata dal mese di ottobre 2008. In tutti gli ospedali stanno continuando attività di gruppi di lavoro ed eventi kaizen su argomenti specifici (documentazione clinica informatizzata, care pathways, modello
assistenziale, organizzazione del lavoro in reparto, modifiche strutturali, visual management, bed management), per
il miglioramento continuo della qualità, la standardizzazione ed il consolidamento delle innovazioni apportate.
Le diverse fasi di progettazione sono state svolte tutte da operatori dell’Azienda Sanitaria di Firenze in orario di lavoro, coinvolgendo direttamente 320 persone.
CONCLUSIONE
La conduzione di un programma di innovazione dei processi ‘core’ di un’Azienda Sanitaria costituisce un’impresa di difficile attuazione, non priva di rischi ed impossibile a realizzarsi senza una decisa volontà del top management ed un consenso partecipato da parte di tutti i livelli professionali. Questi fattori sono stati accuratamente valutati prima dell’avvio del programma.
Tuttavia, a diversi mesi dall’attuazione della riorganizzazione, i risultati ottenuti sono incoraggianti, sia come performance (aumento del 10% della produttività a pari risorse; riduzione dell’8 % della degenza media chirurgica; riduzione del 21 % della degenza preoperatoria; riduzione dell’85% dei ricoveri in reparto non appropriato) che come
gradimento da parte dell’utenza. Ovviamente il metodo adottato richiede continuo monitoraggio ed interventi per
il miglioramento delle modifiche organizzative apportate.
BIBLIOGRAFIA
Mechi M.T., Gemmi F. et al. (2008) La riorganizzazione “snella” dell’assistenza ospedaliera. Salute e Territorio, 166
(XXIX): 14-18.
Jones D.T., Mitchell A. (2006) Lean thinking for the NHS. Lean Enterprise Academy, NHS Confederation, UK.
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TAVOLA ROTONDA
19 settembre
Governance della salute e sostenibilità del SSN
II PARTE
Moderatori:
M.Giuffrida (Catania)
A.Pellicanò
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IVª SESSIONE
20 settembre
Sala Bellini
Innovazione e ricerca
Moderatori:
G.Zotta (Roma)
G.Pelissero (Pavia)
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MEDICINA TRASLAZIONALE
L. Pagliaro
INTRODUZIONE
Esiste una ben documentata e larga variabilità di decisioni cliniche in pazienti che hanno uno stesso problema di
salute, fenomeno che è un chiaro indice di qualità sub-ottimale della pratica medica. E infatti, il 30-40% dei pazienti non ricevono trattamenti di provata efficacia, mentre il 20-25% ricevono trattamenti inutili o anche dannosi.
Un fattore importante (ma non unico) di variabilità ingiustificata e di qualità sub-ottimale della pratica medica è la
mancata o ritardata introduzione delle evidenze scientifiche dimostrate dalla ricerca (“quality chasm” ). Alla correzione di questo fattore sono finalizzate, con punti di attacco diversi, la medicina basata sull’evidenza (EBM) e
più recentemente la medicina traslazionale (MT), oggetto della presente lettura.
CONTENUTI
1 - L’obiettivo della MT è articolato: ridurre la distanza tra ricerca e pratica per migliorare la salute pubblica, ed elevare l’efficienza della ricerca per favorire gli studi innovativi. L’efficienza della ricerca è infatti assai bassa: è stato
stimato che meno di uno su dieci trattamenti ritenuti “altamente promettenti” negli studi di base entra nella pratica, e che l’intervallo fra una scoperta di base e la sua applicazione clinica va da 10 a 30 anni. Ne conseguono costi elevati che demotivano soprattutto la ricerca innovativa, che è a maggior rischio di insuccesso, come dimostra
la rallentata produzione di farmaci innovativi degli ultimi anni. Nel percorso dalla ricerca di base alla pratica MT identifica due livelli di ostacolo (“roadblocks”): il primo al passaggio da ricerca di base (“bench”:T1) a ricerca clinica (“bedside”:T2), che per la terapia si avvale essenzialmente dei trial controllati e randomizzati (RCTs); il secondo al passaggio dalla ricerca clinica alla pratica. Questo secondo passaggio è di più diretto interesse per le decisioni cliniche e per l’organizzazione sanitaria sul territorio e in ospedale.
2 - In Italia, il DL 288/233 stabilisce finalità traslazionali per la ricerca degli IRCCS, e ha obbiettivi di salute pubblica la ricerca delle Regioni. La ricerca traslazionale è tuttavia un campo relativamente nuovo: mancano criteri condivisi di previsione dell’impatto sulla pratica di una data ricerca, ed è spesso difficile la valutazione della credibilità metodologica e della rilevanza degli RCTs e delle linee-guida, strumenti principali della ricerca terapeutica e del
trasferimento da T2 alla pratica.
3 - La mancata o ritardata introduzione dei risultati della ricerca (underuse) non è il solo fattore di qualità sub-ottimale della pratica. Contribuiscono ad essa la sovrautilizzazione di procedimenti clinici non necessari (overuse), e
le preferenze di pazienti e medici indipendenti da evidenze scientifiche. Organizzazione sanitaria ed educazione
potrebbero essere almeno teoricamente gli strumenti più appropriati per la correzione di questi difetti.
CONCLUSIONI
MT ha l’obbiettivo di rimuovere gli ostacoli che ritardano o impediscono il passaggio dalla ricerca di base alla ricerca clinica e da questa alla pratica. E’ quest’ultimo passaggio che maggiormente interessa i clinici e i responsabili dell’organizzazione sanitaria. MT ha un ruolo decisivo per ridurre la distanza tra ricerca e pratica, senza dimenticare però che la qualità della pratica dipende anche da altri fattori che richiederebbero approcci diversi.
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BIOTECNOLOGIE IN SANITÀ
M. Capogrossi
L’integrazione tra scienza e tecnologia ha come obiettivo principale il miglioramento della salute pubblica. In questo contesto, le biotecnologie hanno acquisito una enorme importanza nel panorama scientifico industriale ed economico, basta ricordare i traguardi raggiunti dalla ricerca biotecnologica nell’identificazione di nuovi farmaci e vaccini. Il settore salute attende dallo sviluppo delle biotecnologie un forte impulso all’identificazione di approcci terapeutici innovativi basati sullo sviluppo delle conoscenze apportate dalla ricerca di base.
La terapia genica e cellulare rappresentano il settore più avveniristico per l’applicazione delle biotecnologie non
soltanto alle malattie genetiche ma anche al trattamento di patologie invalidanti come l’ischemia degli arti periferici e l’infarto del miocardio.
L’ischemia degli arti inferiori rappresenta un fenomeno diffuso tra la popolazione a causa della mancanza di trattamenti farmacologici efficaci. Nonostante le moderne tecniche di rivascolarizzazione chirurgica e di angioplastica, l’amputazione continua a rimanere un evento altamente probabile. Le conoscenze accumulate sui meccanismi biologici coinvolti nella formazione dei vasi hanno permesso di proporre e sviluppare nuovi approcci alternativi al trattamento delle patologie ischemiche. In particolare, la somministrazione di fattori di crescita mediante terapia genica e di cellule staminali, sono in grado di migliorare significativamente la perfusione tessutale in modelli animali. Diversi studi clinici di fase I e di fase II condotti in pazienti affetti da ischemia critica degli arti inferiori hanno dimostrato la sicurezza e l’efficacia della terapia, aprendo nuovi orizzonti per il trattamento di una patologia così
invalidante.
L’identificazione di cellule staminali residenti nel miocardio in grado di rigenerare il cuore ha creato grandi aspettative nel mondo scientifico e nell’opinione pubblica. L’aumento dell’età media determina un continuo incremento di pazienti colpiti da malattie cardiache per le quali il trattamento farmacologico spesso non è in grado di bloccare la progressione verso la fase di scompenso cardiaco che richiederebbe il trapianto come soluzione terapeutica. Le cellule staminali cardiache possono essere attivate mediante la somministrazione di specifici fattori di crescita esogeni o possono essere isolate da un frammento bioptico, amplificate ex vivo e somministrate nel miocardio
danneggiato. Tali cellule espletano il duplice effetto di promuovere la neo-vascolarizazione e di sostituire le cellule del tessuto danneggiato con cellule contrattili neoformate.
Questi nuovi approcci terapeutici hanno importanti ricadute economiche e sociali e potrebbero contribuire in modo
straordinario a migliorare la qualità della salute.
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INNOVAZIONE E RICERCA NELLE STRUTTURE DELL’OSPEDALE
M.Mauri
Introduzione
Vengono sinteticamente delineate le evoluzioni socio-economiche e culturali e gli straordinari, rivoluzionari progressi
nelle conoscenze - ad es. la nuova medicina dell’era post-genomica (medicina molecolare e medicina dei sistemi) e delle tecnologie.
CONTENUTI
L’evoluzione che già stiamo vivendo, e ancor più quella futura, portano a focalizzarsi sulla rivoluzione delle conoscenze e delle professionalità che consentiranno una nuova medicina, sia predittiva e preventiva che curativa, e
sulle straordinarie evoluzioni tecnologiche sui versanti (in ambito?) sia della diagnostica (imaging molecolare e funzionale) che delle terapie (chirurgia robotica, radioterapia avanzata, ecc.) e infine dei sistemi informatici e telematici.
Ne consegue la necessità di cambiare il modello funzionale e morfologico dell’Ospedale, da “medico-centrico” a
“paziente-centrico”, da organizzazione per funzioni a funzionamento per processi. E’ auspicabile l’introduzione, a
fianco della clinica, della ricerca e della didattica di strutture di ospitalità per malati non ricoverati, parenti, accompagnatori e addetti.
Si evidenziano le esperienze internazionali di riferimento più interessanti.
Si porta una brevissima descrizione di un esempio italiano, il progetto CERBA, città della scienza e della salute che
intende realizzare un centro di ricerca, innovazione e assistenza di valenza europea.
Si suggerisce un metodo per riprogettare i Servizi Sanitari e in particolare l’Ospedale, nel quale concentrare le terapie complesse e le alte tecnologie, che non deve più essere isolato e deve invece diventare nodo importante di
un network dei servizi per la salute, complesso ma integrato, armonizzato e sinergico con tutte le altre strutture
sanitarie sul territorio.
L’approccio metodologico deve seguire un iter razionale, coerente e senza deviazioni che parte dalla definizione
di mission e obbiettivi dello specifico Ospedale, dall’immagine che se ne vuole dare (la Vision) per poi definire i principi guida (o principi ispiratori), le Politiche e le Procedure di gestione.
Vengono illustrati esempi di principi informatori suggeriti per l’ospedale Modello dalla Commissione ministeriale
Veronesi-Piano-Mauri e di politiche perfezionate nella ricerca finalizzata, condotta per conto del Ministero della Salute dall’ASSR, sui “Principi guida tecnici, organizzativi e gestionali per la realizzazione e gestione di ospedali a alta
tecnologia e assistenza” della quale Mauri è stato Responsabile Scientifico.
Vengono inoltre ricordate e illustrate le peculiarità del nuovo modello di Ospedale e le linee guida per la loro progettazione e conduzione e in particolare per la messa a punto di politiche, principi operativi e procedure.
Si propongono esempi sulle analisi da effettuare per ogni specifico ospedale delle esigenze socio-sanitarie, territoriali, funzionali, finanziarie e gestionali per poter dare risposte adeguate a tutte le reali necessità.
CONCLUSIONI
E’ indispensabile che l’Ospedale, soprattutto quello di ricerca e innovativo, sia fortemente connesso e integrato
nella rete dei servizi per la salute, che deve essere cittadinocentrica (non più solo malato centrica) in un approccio olistico supportato dai nuovi sistemi informatici, che faccia evolvere dalla cura della malattia alla promozione
della salute, in un sistema a rete, del quale il nuovo Ospedale deve rappresentare un nodo avanzato. Un sistema
non più ospedalo-centrico ma uomo-centrico, nel quale la comunicazione, la condivisione dei dati e la sinergia siano al servizio della salute.
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
IVª SESSIONE
20 settembre
Sala Bellini
Moderatori:
U.L. Aparo (Roma)
G. Finzi (Bologna)
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IL PROGETTO ANMDO “CENTRALE DI STERILIZZAZIONE IDEALE”
A. Conti(1), C. Lazzari(2), D. Pedrini(2)
(1) Istituto Ortopedico Rizzoli – BOLOGNA
(2) A.O. S.Orsola Malpighi - BOLOGNA
INTRODUZIONE
Da circa due anni è operativo l’accreditamento volontario delle Centrali di Sterilizzazione secondo i requisiti ANMDO-CERMET. L’esperienza acquisita, che ha evidenziato scarsa omogeneità dimensionale e igienico-organizzativa
nelle centrali esaminate, ha suggerito l’opportunità di sviluppare un progetto di “Centrale di sterilizzazione ideale”
che possa costituire un interessante ed efficace riferimento per operatori e progettisti, completando quanto già eventualmente previsto dai requisiti regionali per l’autorizzazione e l’accreditamento derivati dal DPR 34/97.
CONTENUTI
In quest’ottica lo specifico gruppo di lavoro costituito dall’ANMDO ha proceduto ad una raccolta di dati, effettuata tramite somministrazione di un questionario a tutte le aziende sanitarie pubbliche italiane, mirata a censire, in
prima analisi, alcuni fattori di base quali le caratteristiche dell’ospedale (posti letto, n° di sale operatorie, n° di interventi chirurgici, ecc.) e le modalità organizzative-gestionali delle afferenti centrali di sterilizzazione (interna/esterna/mista, tipologia e parametrazione dell’attività, qualifica del responsabile, unità di personale impiegato, ecc.).
Sono pervenute a metà luglio 2008 e relativamente all’anno 2006, su una base stimata di circa 1300 strutture ospedaliere, n° 67 risposte da cui, pur nella relativa significatività del campione (di poco superiore al 5%) risulta che,
ad una dimensione media di poco più di 300 posti letto totali, di cui 115 chirurgici e 18 di day surgery, corrispondono 7,4 sale operatorie e 7245 interventi. Ciò richiede giornalmente il trattamento di oltre 63 unità di sterilizzazione con l’impiego di 4,5 operatori addetti, coordinati generalmente da un Dirigente medico o da un Infermiere
professionale. Sono ancora molto presenti le substerilizzazioni all’interno del blocco operatorio e sensibilmente diffuse modalità alternative al vapore quali gas plasma e acido peracetico.
L’avanzamento dello studio intrapreso richiede necessariamente un’indagine su ulteriori parametri indicatori, che
il gruppo di lavoro sta sintetizzando su un secondo questionario per la cui compilazione si sollecita l’ausilio di tutti i potenziali interessati. I nuovi indicatori ipotizzati sono, sinteticamente: le dimensioni delle centrali esistenti, suddivise per area (sporco/pulito/sterile/locali di supporto); l’ubicazione orizzontale e verticale entro la struttura sanitaria; la check list dei locali presenti; l’esistenza di percorsi separati per sporco e sterile; la dotazione di attrezzature; la dotazione di personale per area, l’orario di lavoro, il numero di kit/die trattati; la caratterizzazione ferri-teleria; mansioni e competenze del personale; grado di soddisfazione del personale e dell’utenza.
CONCLUSIONI
Sulla base dei dati acquisiti, che costituiscono lo stato dell’arte, e dell’esperienza dei componenti del gruppo di
lavoro, verranno infine elaborate linee di indirizzo che traccino l’identikit della Centrale di sterilizzazione ideale.
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IL PROGETTO CONTROLLO INFEZIONI OSPEDALIERE
G. Finzi, * A. Benvenuto**
* Azienda Ospedaliera S.Orsola-Malpighi (BO)
** Azienda Ospedaliera Cosenza
INTRODUZIONE
Nell’ambito della gestione del rischio clinico nelle strutture sanitarie, il rischio infettivo occupa un posto di enorme
rilevanza, perché le infezioni ospedaliere sono causa di morbosità, mortalità e inducono oneri aggiuntivi sul piano
umano e qualitativo ( sofferenze per i malati), sul piano economico (aumento dei tempi di degenza, del consumo
di farmaci e presidi, dell’impegno del personale) e infine sul piano meramente sanitario (impegno di risorse destinate alla diagnosi e terapia di complicanze indesiderate, non correlate alla patologia di ricovero, con conseguente diminuzione del grado di efficienza ed efficacia dei servizi ospedalieri), e pertanto costituiscono un problema rilevante per la sanità pubblica.
L’Anmdo, quale società scientifica dei medici di direzione sanitaria, che hanno tra le proprie competenze il coordinamento del controllo delle infezioni, ritiene di dover prioritariamente, tra le numerose attività in corso, dare particolare attenzione al problema del rischio infettivo, si è sentita così l’esigenza di individuare una specifica area di
attività che, occupandosi in materia intensiva del problema, rappresenti un riferimento qualificato, non solo per gli
addetti ai lavori ma anche per i media e il mondo sanitario in generale.
Questa attività è iniziata con l’elaborazione di linee guida per l’esigenza di uniformare i comportamenti e per avere un riferimento comune nella gestione della prevenzione del rischio infettivo nei vari ospedali dislocati in tutta Italia.
CONTENUTI
Resoconto attività 2007- 2008
L’attività nel 2007 si è concretizzata nella produzione di linee guida su:
– Prevenzione delle infezioni della ferita chirurgica nata dalla collaborazione dei medici della sezione Laziale e della sezione Calabria
– Prevenzione delle infezioni da CVC nata dalla collaborazione dei medici della sezione Puglia e della sezione Calabria
– Prevenzione delle infezioni da Aspergillo in Ospedale nata dalla collaborazione della sezione Piemonte e della sezione Calabria
– Prevenzione della diffusione della scabbia in ospedale elaborata dalla sezione Calabria
Le linee guida una volta elaborate sono state inviate al segretario scientifico e al presidente nazionale ANMDO per
la valutazione e da questi trasmesse ai componenti del direttivo, ai presidenti delle sezioni regionali per eventuali
suggerimenti e per la validazione
CONCLUSIONI
L’attività del 2008/2009 prevede:
– L’inserimento nel gruppo di rappresentanti di tutte le regioni, così da creare una rete stabile di referenti che possano interagire per via telematica nella stesura delle nuove linee guida, e partecipare a tutta l’attività promossa come
gruppo rischio infettivo
– elaborazione L.G. sulla prevenzione della diffusione della meningite in ospedale
– elaborazione L.G. sulla prevenzione della diffusione della tubercolosi in ospedale
– Sistema di verifica della compliance delle linee guida già elaborate, partendo da uno studio sullo stato dell’arte.
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
WORKSHOP
18 settembre
Sessione parallela in collaborazione con Roche
Il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA)
in Oncologia e le Reti Oncologiche Regionali:
Modelli Innovativi
Sala Bellini
Moderatori:
P. Amendola (Rionero in Vulture)
V. Castaldo (Avellino)
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MODELLO DI PDTA NELLA CHIRURGIA ONCOLOGICA POLMONARE
G. Morrone (*), A. Fabiani (**), R.M. Melotti (**), M. Taglioni(**), C. Tietz (**)
(*) Dipartimento di Scienze Chirurgiche Specialistiche e Anestesiologiche – Università degli Studi di Bologna
(**) Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico S.Orsola- Malpighi
INTRODUZIONE
Il carcinoma polmonare è la neoplasia più diffusa al mondo con prevalenza nei Paesi industrializzati, nei maschi
ultracinquantenni e tra i fumatori. In Europa è la prima neoplasia maligna nei maschi rappresentando il 21% dei
nuovi casi di tumore ed il 29% delle morti per cancro. I corrispondenti valori per il sesso femminile sono del 4% e
del 8%. L’evoluzione attesa per i prossimi anni è un aumento di incidenza e mortalità nelle donne, mentre gia nel
decennio tra la metà degli anni 80 e il 1994 si è registrato anche in Italia come nel resto del mondo una diminuzione di mortalità, nei maschi, di circa il 10% che raggiunge il 25% nella classe di età 35-64. La sopravivenza a 5
anni dalla diagnosi è rimasta sostanzialmente invariata negli ultimi decenni, e simile a quella degli altri paesi europei.
Nella regione Emilia-Romagna, l’incidenza del tumore del polmone, tassi standardizzati 1995-2000 vs. 2001-2006,
rappresenta la seconda causa di patologia neoplastica, considerato il rilevante aumento del tumore della prostata che è ora primo tumore nel sesso maschile, ed è in riduzione negli uomini (da 83 a 65,6 casi per 100.000 abitanti). Nelle donne l’incidenza si mantiene in generale su valori costanti (da 16,1 a 17,2 casi per 100.000 abitanti).
Tra gli uomini, la prima causa di decesso rimane di gran lunga la neoplasia al polmone (il 28,9% tra tutti i decessi
per tumore), mentre per le donne è il tumore della mammella (30%).
CONTENUTI
Nell’Azienda Policlinico S. Orsola –Malpighi di Bologna è stato organizzato un gruppo di lavoro multidisciplinare
per la elaborazione di un documento con le diverse fasi del percorso assistenziale del paziente con sospetto carcinoma del polmone allo scopo di garantire omogeneità di trattamento e di migliorare la qualità dell’assistenza in
coerenza con standard derivati dalle migliori evidenze scientifiche. Il documento, destinato a tutti i professionisti
dell’Azienda Policlinico S. Orsola – Malpighi che gestiscono il percorso assistenziale del paziente con patologia
polmonare, prevede un aggiornamento ogni 3 anni e/o sulla base di nuove evidenze disponibili.
Gli obiettivi specifici che si intendono raggiungere sono: migliorare i tempi di attesa dell’appropriato iter assistenziale fissando degli standard aziendali; migliorare gli aspetti informativi e comunicativi con il paziente; monitorare
i livelli di qualità delle cure prestate attraverso l’identificazione di indicatori di processo e di esito. In accordo con
la metodologia adottata in letteratura per l’implementazione delle linee guida, il documento è stato elaborato secondo le seguenti fasi: individuazione del gruppo di lavoro multidisciplinare, revisione della letteratura scientifica
per l’identificazione delle linee guida disponibili sull’argomento, valutazione della qualità delle linee guida reperite
e selezione della linea guida di riferimento, integrazione della linea guida su specifici argomenti, adattamento della linea guida al contesto locale e costruzione del percorso assistenziale, definizione degli indicatori per l’audit clinico, definizione delle modalità di aggiornamento,definizione del piano di diffusione ed implementazione.
Il gruppo di lavoro ha scelto come Linea guida di riferimento, dopo una valutazione critica delle Linee guida disponibili
sulla base dei tre criteri proposti da Grilli e coll. (Lancet 2000), la Linea Guida del Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) “Management of patients with lung cancer” del febbraio 2005.
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LE IMPLICAZIONI TARIFFARIE OVVERO COME FINANZIARE I PDTA
M. Nonis
Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio, Roma
E’ evidente che una delle questioni cruciali dei percorsi sia costituita dalla modalità del suo finanziamento: in prima approssimazione, almeno per molte delle patologie oncologiche trattate in ospedale, essa dovrebbe coincidere con un episodio di cura e quindi, in regime di degenza, con uno o più “DRG” che abbiano caratterizzato la
storia naturale della malattia in un determinato paziente. Per i trattamenti o l’assistenza prestata al di fuori della degenza, bisognerà invece ricorrere alla modalità di finanziamento adoperata per le singole prestazioni, in un ottica
di budget di patologia, essenzialmente correlato al fondo sanitario ed alla sua ripartizione per ‘quote capitarie’.
Il caso dei PDTA in Oncologia può essere emblematico e paradigmatico di una situazione complessa, per non dire
talora confusa, che vede il sovrapporsi e talvolta lo scontrarsi di logiche, criteri ed incentivi diversi legati al sistema di finanziamento, in quanto:
1 - l’attuale testo dell’articolo 8 sexies del 502/92 lascia ampio spazio alla discrezione delle regioni circa gli usi del
finanziamento per funzione (commi 2 e 3) rispetto a quello per prestazione (commi 4 e 5); per cui assistiamo a diverse esperienze, non sempre comparabili e inutilizzabili in processi di benchmark;
2 - questa constatazione comporta diversi ed innumerevoli mix degli incentivi finanziari legati rispettivamente e prevalentemente a rischi per il committente (sia esso Regione o AUSL), nel caso della quota capitaria e finanziamento per programmi, ovvero per l’erogatore (ospedaliero o non, e pubblico o privato che sia), nel caso di pagamento a prestazione;
3 - il che compromette il continuum of care ed impedisce una chiara definizione delle responsabilità sia in riferimento alle regole di buona pratica clinica ed EBM, sia rispetto all’ineludibile corretta allocazione delle risorse ed
equità nell’accesso alle cure.
Opportuna e necessaria la riflessione sulle implicazioni legate alle modalità di finanziamento dei PDTA oncologici,
con la conseguente proposta di modelli organizzativi coerenti e di rimborso appropriati al riguardo.
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SIMULTANEOUS CARE E CENTRALITÀ DEL MALATO ONCOLOGICO
V. Zagonel
Dipartimento di Oncologia e U.O.C. Oncologia
Ospedale “S.G.Calibita”, Fatebenefratelli, Isola Tiberina, Roma
Lo sviluppo delle conoscenze biologiche delle neoplasie porta alla individuazione di scelte terapeutiche sempre
più diversificate e personalizzate. In quest’ottica è possibile realizzare al meglio il progetto di umanizzazione della medicina, intesa come modus operandi che condiziona scelte strutturali ed organizzative in sanità, ed ogni atto
sanitario medico, infermieristico, o altro. L’umanizzazione costituisce il principale fattore determinante della buona medicina, quella cioè che coniuga nell’atto medico le conoscenze che derivano dalla Evidence Based Medicine, con l’unicità dell’esperienza soggettiva di malattia del singolo malato che si affida alle nostre cure.
Dal punto di vista organizzativo l’umanizzazione vede il malato come elemento centrale, dove il tempo e lo spazio
costituiscono variabili fondamentali, e richiede modelli gestionali flessibili e partecipativi, che dalla cultura del possesso, passino alla cultura del presidio. Il modello simultaneous care vuole essere una risposta concreta agli innumerevoli bisogni che il malato oncologico esprime nella evoluzione della malattia, ma al contempo, una modalità concreta di realizzare e misurare l’umanizzazione della medicina.
Simultaneous care è un modello traslato dagli Hospices, dove tutte le figure professionali intervengono con pari
dignità nella condivisdione di un programma personalizato di presa in carico del malato oncologico. Applicare questo modello fin dalla diagnosi, garantisce una più completa presa in carico del malato, e soprattutto la continuità
assistenziale nella diverse fasi della malattia. Anticipare i bisogni del malato è a tutti i livelli, la modalità migliore per
affrontarli da un punto di vista medico, etico ed economico. Simultaneous care prevede l’integrazione di più figure professionali, non solo per un corretto approccio integrato per la terapia del tumore, ma per tutti i sintomi che
il malato puà avere (dolore, necessità di riabilitazione, problemi di ordine sociale, etico, terapie palliative etc). Questo modello può essere realizzato attraverso una organizzazione dipartimentale che metta al centro i bisogni-non
solo fisici-che il malato esprime.
L’applicazione del modello simultaneous care richiede da parte degli operatiori disponibilità nel mettere in gioco
risorse interiori personali, riflessione critica del proprio operato, capacità di ascolto del malato (essere con), offrendogli
competenza, e una vera relazione di cura per una scelta terapeutica compresa e condivisa. Ma l’operatore dev’essere
formato anche al confronto, alla condivisione di un progetto assistenziale con altri colleghi e operatori. Il processo di umanizzazione richiede infatti una stretta cooperazione e condivisione tra i principali attori che intervengono nella gestione della malattia oncologica. La realizzazione di percorsi diagnostici-terapeutici (PDTA) specifici per
i diversi tipi di tumore, è uno strumento per favorire la condivisione tra operatori e valutare globalmente tutto l’iter
del malato oncologico.
Realizzare il modello simultaneous care significa realizzare l’umanizzazione della medicina
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
WORKSHOP
19 settembre
Sessione parallela in collaborazione con Roche
L’Artrite Reumatoide:
una malattia a forte impatto sociale
ma con scarsa priorità nei Piani Socio Sanitari
Moderatori:
P. Cantaro (Catania)
S. Reggiani (Modena)
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LE MALATTIE REUMATICHE
G.Tonutti
(Udine)
Il Piano Sanitario e Sociosanitario Regionale 2006-2008 del Friuli Venezia Giulia individua le Malattie Reumatiche
fra quelle con problemi di cura ed assistenza. Le motivazioni non risiedono solo nell’alta frequenza delle stesse,
basti pensare che sono responsabili del 27% delle pensioni di invalidità (seconde solo alle malattie cardiovascolari), ma per il fatto che sono tra le prime cause di ricorso a prestazioni del Servizio sanitario e nella gestione di questi pazienti si riscontra una grande variabilità di comportamenti dei medici che li hanno in carico, con forti dubbi
sull’appropriatezza di diverse prestazioni richieste ed erogate e di numerose prescrizioni terapeutiche.
Da quanto sopra emerge la necessità di definire protocolli e linee guida coinvolgendo gli specialisti, i medici di medicina generale, i distretti e la riabilitazione. In più è necessario intervenire con azioni preventive, quali l’attività fisica nell’anziano, coinvolgendo le forze sociali, il volontariato e le associazioni dei malati, anche considerando che
i soggetti affetti da tali patologie sono destinati a convivere a lungo con la malattia e necessitano di cure continue
e controlli a tempo indeterminato.
Il PSSR prevede che ad occuparsi di tali pazienti sia una rete di operatori, fra i quali i medici di medicina generale in primis, che a livello distrettuale gestiscono la complessità dei malati relazionandosi con l’area del sociale e
con gli altri operatori inseriti nelle Aziende Socio Sanitarie (reparti di Medicina e medici specialisti). I punti specialistici per i casi più complessi sono individuati a livello delle aziende ospedaliere, ospedaliero-universitarie e degli
IRCCS.
A Udine è presente l’unica struttura complessa di Reumatologia della regione che fa da riferimento culturale e tiene vivi i rapporti fra gli specialisti presenti nelle varie aziende, affinché in ambito regionale i pazienti possano ricevere trattamenti omogenei ovunque si presentino. A questo proposito il piano prevede la costituzione di un Dipartimento
sperimentale operativo a livello regionale per il coordinamento e l’indirizzo delle attività regionali di reumatologia.
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L’ARTRITE REUMATOIDE: UNA MALATTIA A FORTE IMPATTO SOCIALE
MA CON SCARSA PRIORITÀ NEI PIANI SOCIO SANITARI
G.Triolo
Unità Operativa e Cattedra di Reumatologia, Policlinico Universitario di Palermo;
piazza delle Cliniche 2, 90123 Palermo
INTRODUZIONE
L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica a coinvolgimento poliarticolare ad eziologia sconosciuta e patogenesi immuno-mediata che interessa lo 0.5-1% della popolazione generale. Può coinvolgere qualunque
articolazione diartrodale ma più frequentemente le piccole articolazioni delle mani e dei piedi a carattere simmetrico, risparmiando le interfalangee distali. Spesso erroneamente ritenuta una patologia benigna, si accompagna
in realtà ad una importante compromissione funzionale che si instaura già dalle prime fasi di malattia ed ha carattere evolutivo giungendo a ridurre le aspettative di vita dei pazienti. Già a poche settimane dall’esordio a livello della membrana sinoviale si evidenziano alterazioni che in tempi rapidi, se non adeguatamente trattate, sono in grado di danneggiare in maniera irreversibile le strutture articolari e di impegnare gravemente l’intero organismo con
la flogosi cronica associata. La malattia si associa ad una più elevata mortalità principalmente legata a conseguenze
cardiovascolari della infiammazione cronica, ad una aumentata incidenza di linfomi in relazione alla severità di malattia ed a complicanze legate agli interventi terapeutici. Le conseguenti disabilità sono responsabili del notevole
costo sociale della malattia: il paziente oltre alla sintomatologia dolorosa ed alla rigidità articolare, sperimenterà difficoltà crescenti nell’attività lavorativa e nella vita di relazione con un enorme impatto sulla qualità della vita propria e dei suoi familiari. Le evidenze più recenti indicano che l’intervento diagnostico e terapeutico precoce è essenziale per evitare che la malattia progredisca irreversibilmente verso la disabilità. L’introduzione di farmaci più
selettivi, capaci cioè di interferire in maniera più specifica nei meccanismi patogenetici (anti-citochinici, anti-B, anticooperazione cellulare) sta contribuendo a cambiare la storia naturale di questa malattia invalidante e ad assicurare ai pazienti affetti una qualità di vita sicuramente migliore.
E’ possibile definire l’ “impatto di malattia” la misura della perdita di salute legata alla malattia stessa, incluse conseguenza di morbilità e mortalità. In tal senso una misura comunemente utilizzata dell’impatto della malattia è rappresentata dalla DALYs (“Diasbility Adjusted Life Years”), una misura bidimensionale che integra sia la disabilità (morbilità) che la mortalità sviluppata dalla WHO e dalla WB (World Bank). In termini più semplicistici un DALYs può essere considerato come un anno di vita in salute perduta. Questo strumento non è specifico per l’artrite reumatoide e può essere utilizzato anche per confrontare patologie radicalmente differenti. Recenti studi hanno dimostrato che l’artrite reumatoide è una delle patologie con peggiore qualità di vita. In effetti l’artrite reumatoide rappresenta circa lo 0.8% di tutti di DALYs perduti in Europa; l’impatto della malattia sulla qualità di vita dei pazienti è elevato; solo la sclerosi multipla presenta valori paragonabili. A ciò si contrappone una scarsa priorità dei piani socio-sanitari soprattutto in una epoca di grande rivoluzione farmacologica con l’introduzione dei farmaci biologici.
Se da un lato ciò si estrinseca con un palese aumento dei costi sanitari (diretti) gli studi mostrano una riduzione di
quelli indiretti. E’ per questo motivo che i piani socio-sanitari dovrebbero far riferimento ai dati di costo-efficacia e
dei costi indiretti dove l’impatto della terapia biologica, soprattutto nelle fasi precoci potrebbe essere alquanto rilevante. L’utilizzo più oculato di questi farmaci si realizzerà però solo quando si riconoscerà che gli investimenti in
sanità devono essere visti nell’ottica della società e non solo analizzati per quanto compete al Servizio Sanitario
in termine di costi sanitari
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
WORKSHOP
19 settembre
Sessione parallela in collaborazione con Renova
La manutenzione degli impianti di ventilazione. Air duct system: la rigenerazione delle reti aerauliche
Moderatore:
L. Wegher (Bolzano)
E. Sesti (Roma)
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CANTIERI ED INFEZIONI
D. D’Alessandro
Dip. Architettura ed Urbanistica per l’Ingegneria, Sapienza Università di Roma
INTRODUZIONE
La presenza di cantieri in area ospedaliera è un evento frequente che comprende una vasta gamma di interventi:
dalla normale manutenzione dei reparti ai lavori di ristrutturazione più o meno vasti, fino alla costruzione di nuovi
edifici. Oltre ai rischi tipici del cantiere, in ambito ospedaliero, nell’ultimo trentennio, si è andato evidenziando anche un rischio infettivo correlato al sollevamento di polveri che veicolano nell’aria miceti filamentosi opportunisti
(soprattutto genere Aspergillus), responsabili di infezioni ad alto tasso di mortalità nei pazienti immunodepressi. Talvolta è stato segnalato un aumento di rischio di infezioni veicolate dall’acqua, prevalentemente Legionella, contratte a seguito dell’effettuazione di lavori che avevano interferito con la rete idrica.
CONTENUTI
L’infezione più segnalata è l’aspergillosi polmonare invasiva (API), grave infezione opportunistica la cui incidenza
è in aumento sia in ematologia che in altri contesti clinici. Le categorie ad alto rischio d’infezione sono i soggetti
gravemente immunodepressi a causa di: una neutropenia (PMN <500/mm3 per >2 sett.; se PMN <100/mm3 per
pochi gg); una terapia cortisonica massiccia e prolungata; deficit funzionali dei macrofagi e dei neutrofili; infezioni invasive concomitanti; lesioni gravi delle mucose causate da terapie citotossiche, ustioni gravi, interventi chirurgici estesi, ecc.
Si tratta di un patologia in aumento, che negli USA ha evidenziato un incremento di 8 volte tra il 1976 ed il 1996,
comportando 3,8 ricoveri per 100.000 abitanti, 176,272 giornate di degenza ed un costo complessivo di 633,1 milioni di dollari. Questo aumento è il risultato dell’incremento di trapianti di midollo e di organo e delle relative terapie immunosoppressive, dell’uso di protocolli chemioterapici sempre più aggressivi per il trattamento di induzione e consolidamento delle leucemie acute, delle terapie corticosteroidee massicce e prolungate, dell’uso prolungato di antibiotici a largo spettro ecc.
La presenza di cantieri è uno dei più importanti fattori di rischio della malattia, in quanto concorre all’aumento della contaminazione aspergillare in ambiente outdor e indoor. Nelle fasi dei lavori edili che comportano consistenti
produzioni di polveri (es: demolizioni, scavi, smontaggio e manutenzione di controsoffitti, ecc), si produce la così
detta “nuvola aspergillare” ricca di spore fungine veicolate dal particolato prodotto dal cantiere. Sebbene di breve durata, essa moltiplica per 10.000 la concentrazione di spore nell’aria. E’ stato ampiamente dimostrato che un
aumento di spore fungine in ambienti ove sono ricoverati pazienti colpiti da severa immunodepressione correla con
l’insorgenza di epidemie di aspergillosi invasiva nosocomiale.
La carica infettante di spore fungine necessaria per provocare l’AI non è nota, per i soggetti ad alto rischio si ritiene che la soglia di contaminazione sia compresa tra 0.009 e 0,2 UFC/m3 d’aria. Indefinito è anche il periodo di incubazione della malattia, che varia da qualche giorno a più mesi, in funzione dello stato di immunodepressione del
soggetto.
CONCLUSIONE
I cantieri sono un importante fattore di rischio infettivo in ospedale. Deve però essere sottolineato che la maggior
parte degli studi disponibili sono indagini di epidemie e non studi clinici controllati. Ciò non significa che i risultati siano di basso profilo; essi evidenziano in generale la relazione causa-effetto, ma non consentono di misurare
l’incremento di rischio attribuibile al cantiere, rispetto ad una situazione di normalità, per la quale in genere non sono
noti i valore di base di contaminazione. Questa limitazione metodologica impedisce di quantificare con esattezza
l’entità del beneficio ottenibile attuando idonee misure preventive; ciò nonostante, la rilevanza sanitaria delle conseguenze di tali infezioni e la disponibilità di efficaci misure di controllo – attuabili con costi contenuti – rende praticabile tale strada, in un’ottica più ampia di gestione del rischio.
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SANIFICAZIONE DELLE CONDOTTE DEGLI IMPIANTI
DI CLIMATIZZAZIONE: UN APPROCCIO INNOVATIVO
F. Viola
Re.Nova srl
L’obiettivo della manutenzione delle reti di distribuzione dell’aria negli impianti meccanici di riscaldamento, ventilazione e climatizzazione, è condurre le canalizzazioni per il trasporto dell’aria in uno stato di adeguata “pulizia”,
ovvero in una condizione in cui polveri e contaminanti microbiologici risultino assenti da tutte le superfici esposte
al contatto con l’aria trattata.
Un innovativo approccio alla manutenzione delle canalizzazioni aerauliche è stato adottato per la ricerca interdisciplinare, svolta dalla società Re.Nova srl in collaborazione con l’Università degli Studi di Padova, (Dip.to di Fisica Tecnica, Dip.to di Processi Chimici dell’Ingegneria) che ha condotto allo sviluppo di un brevettato sistema per
la bonifica e la sanificazione delle condotte per il trasporto dell’aria, proposto in commercio con il nome di Air Duct
Renewal System.
Il contributo della ricerca condotta risiede nell’aver individuato e sviluppato una tecnica innovativa ed una tecnologia in grado di raggiungere gli obiettivi consueti della bonifica dei canali aeraulici attraverso un processo di “rigenerazione” delle superfici interne delle canalizzazioni, rendendo superflua l’asportazione meccanica dei depositi di polveri e contaminanti microbiologici in esse presenti, sì da superare il limite del contatto meccanico con le
superfici da bonificare comune alle tradizionali tecniche di pulizia.
La rigenerazione delle reti aerauliche, ottenuta attraverso il controllo dei processi di deposizione turbolenta di specifici aerosol polimerici iniettati direttamente all’interno delle condotte per il trasporto dell’aria, si attua attraverso
la generazione di un film liquido polimerico sulle superfici interne delle canalizzazioni, in grado di bagnare ed impregnare i depositi di polvere su di esse presenti. Durante il successivo processo di polimerizzazione del film liquido, i depositi di polvere vengono progressivamente inglobati all’interno del rivestimento polimerico solido formantesi, sì da risultare infine indefinitamente vincolati al di sotto della nuova superficie generata.
In tal modo, il risultato ultimo del processo di rigenerazione è la costituzione di una nuova, ed in quanto tale pulita, superficie di interfaccia tra i canali rigenerati e l’aria in essi veicolata. All’azione meccanica di rigenerazione, il
prodotto polimerico appositamente sviluppato per Air Duct Renewal System, coniuga capacità di sanificazione,
avendo dimostrato di riuscire ad abbattere le cariche microbiche ricoperte dal film polimerico in stato liquido e di
essere in grado di contrastare una eventuale nuova contaminazione delle reti in una fase successiva alla polimerizzazione del prodotto.
Ulteriori attività di ricerca sono in corso per caratterizzare l’evoluzione nel tempo dell’azione biocida esercitata dalla superficie attiva generata. Le premesse paiono indicare la possibilità che le condotte rigenerate riducano il rischio di ricontaminazione, ostacolando la proliferazione locale di contaminati biologici.
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34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O.
La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
WORKSHOP
19 settembre
Sessione parallela in collaborazione con Plurima
Moderatori:
P.Argentero (Torino)
M.Mucci (Lanciano)
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34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O. - La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
DAL RISCHIO CLINICO AL PROCESSO DI STERILIZZAZIONE,
LA RINTRACCIABILITÀ DEI PRESIDI
NEL RISPETTO DELLA DIRETTIVA EUROPEA
I. Sanna*, G.C. Scarpini**. L.Abatangelo***
*Coordinatore Infermieristico del Blocco Operatorio e Centrale di Sterilizzazione del Presidio Ospedaliero di Vigevano dell’Azienda ospedaliera della Provincia di Pavia
**Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione dell’ Azienda Ospedaliera della Provincia di Pavia
***Medico Competente dell’ Azienda Ospedaliera della Provincia di Pavia
La normativa Europea in materia di sterilizzazione ha provveduto a definire ambiti, competenze, responsabilità in
un campo in cui si avvertiva l’esigenza di uniformare i metodi operativi.
La direttiva 93/42 recepita in Italia con D. Lgs. 46/97 ha chiamato in causa tutti coloro che sono produttori di dispositivi medici, in particolare si vuole analizzare chi produce materiale sterile sia a livello industriale sia in ambito ospedaliero.
La definizione di metodi di controllo, test di verifica, validazione del ciclo produttivo, non solo delle autoclavi o delle sterilizzatrici in genere, ma anche di tutte le altre attrezzature quali lavaferri ad acqua ad ultrasuoni, termosaldatrici, ecc.. Le norme tecniche del settore hanno dato linee guida precise da rispettare per tutti gli operatori che
si prefiggono lo scopo di ottenere un prodotto sterile certificato.
Quali responsabilità vedono coinvolte la Direzione Sanitaria Ospedaliera che ha in gestione le Centrali di Sterilizzazione al suo interno? Parlare di rintracciabilità dei prodotti sterili è realmente un’esigenza di tutti?
La risposta sta negli eventi di cronaca che, quotidianamente, vengono riportati alla ribalta dai giornali e dalla stampa in genere come “MALASANITÀ”che ci impongono di dare risposte ai cittadini che potenzialmente si espongono ad infezioni nosocomiali.
La metodologia utilizzata per la rintracciabilità dei Dispositivi Medici sia che venga prodotta a livello cartaceo sia
con l’ausilio dell’informatizzazione deve garantire in ogni momento del ciclo produttivo informazioni utili per i controlli sull’efficienza del servizio e sul peso lavorativo dello stesso, oltre a garantire prioritariamente la qualità del servizio sanitario offerto.
Tutti gli operatori sono coinvolti, ma in prima persona la Direzione Sanitaria che ne deve garantire l’efficienza, pertanto la rintracciabilità di tutto il processo deve essere la scelta aziendale per garanzia di soddisfazione sia del cliente-cittadino sia dell’operatore, assicurando sul posto di lavoro la sicurezza e l’igiene nell’organizzazione dell’attività.
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I CRITERI DI ACCREDITAMENTO VOLONTARIO
DEI SERVIZI DI PULIZIA E SANIFICAZIONE AMBIENTALE
G. Finzi., C. Lazzari.
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico S.Orsola-Malpighi
INTRODUZIONE
L’igiene ambientale del presidio ospedaliero svolge un servizio ad alto impatto sulla qualità della cura, non solo per
le implicazioni sul comfort alberghiero, ma anche per le implicazioni sulla efficacia ed efficienza dei servizi sanitari. Le Azienda Sanitarie ricorrono sempre più di frequente all’utilizzo di produttori esterni (outsourcing) per la progettazione e la successiva gestione del servizio di pulizia e sanificazione. Associazioni professionali e scientifiche
hanno affrontato insieme un percorso di ricerca volto a delineare Linee Guida di accreditamento volontario dei servizi di pulizia e sanificazione ambientale con l’obiettivo di predisporre un nuovo modello in grado di garantire al contempo i livelli igienici e qualitativi attesi in ambito del servizio di pulizia negli ospedali e di migliorare l’integrazione
del servizio stesso con le attività svolte in ambito ospedaliero, al fine di soddisfare le necessità del cliente interno
e dell’utenza esterna.
Lo scopo delle linee guida è duplice: valutare l’organizzazione delle aziende che erogano il servizio di pulizia da
una parte e controllare il rispetto degli condizioni presenti nello specifico appalto tra il Committente ed Assuntore.
CONTENUTI
Lo strumento proposto per eseguire questo tipo di valutazione è rappresentato dal processo di accreditamento
volontario: è uno strumento utile per assicurare che l’organizzazione che assume il compito di erogare il servizio
di pulizia e sanificazione ambientale abbia i requisiti e la giusta competenza per svolgere quel compito specifico,
il tutto calato nella singola realtà ospedaliera. Il modello sul quale si è ragionato per proporre un sistema di accreditamento, è il modello dell’“approccio per processi” della norma ISO 9001:2000. Tale approccio consiste nella capacità di gestire le attività di una determinata organizzazione attraverso l’identificazione e il controllo dei relativi processi ed interazioni in modo sistematico ed organico. Rispetto al passato è quindi necessario associare alla verifica dei livelli di qualità accettabili LQA una valutazione del sistema di pulizia e sanificazione ambientale basata su
un approccio per processi. In questo modo si viene ad integrare il controllo degli indicatori di risultato con indicatori di processo.
Particolare attenzione viene riservata al sistema dei controllo in Azienda: il servizio di pulizia e sanificazione ambientale è un processo ON/OFF e dai controlli effettuati sull’ambiente ospedaliero deve emergere un unico risultato: pulito o sporco (non “pulito solo in parte”). Non deve quindi passare l’idea per cui sia possibile accettare uno
stato di “non conformità” nelle aree dell’ospedale alto rischio per il paziente. Le aree più critiche dell’ospedale devono sempre essere necessariamente pulite: LQA deve essere quindi uguale ad 1. Per i Percorsi ad elevata intensità
di traffico aree Extrasanitarie ed aree di Servizio l’LQA può rimanere in linea teorica inferiore ad 1, anche se è auspicabile che vengano raggiunti i massimi livelli di qualità in tutti gli ambienti ospedalieri, in particolar modo per alcuni elementi presenti all’interno di tali aree. E’ quindi necessario associare alla logica dei controlli di aree ospedaliere a maggiore e minor rischio per i pazienti ed operatori sanitari, la logica dei controlli di elementi considerati critici indipendentemente dall’area in cui si trovano. Tali elementi devono risultare sempre conformi a seguito delle verifiche di controllo
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CENTRALI DI STERILIZZAZIONE: REQUISITI MINIMI
Ing. Daniela Pedrini
Responsabile del Coordinamento Attività Tecniche Integrate dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna
– Policlinico S. Orsola - Malpighi
Presidente “Società Italiana dell’Architettura e dell’Ingegneria per la Sanità” – S.I.A.I.S.
INTRODUZIONE
Negli ultimi anni si è assistito ad un cambiamento radicale dell’approccio alla sterilizzazione e degli ambienti in
cui vengono svolti tali processi di sterilizzazione, infatti l’attenzione all’intero processo e agli ambienti in cui tale
processo si svolge si è sviluppata notevolmente, in linea con una visione di “governo integrato del processo”.
Sempre al fine di salvaguardare la sicurezza e l’efficienza dei processi di sterilizzazione e per tutelare chirurghi,
operatori e pazienti, nell’ambito dell’accreditamento volontario delle Centrali di Sterilizzazione, partendo dai requisiti minimi, strutturali, impiantistici, tecnologici e organizzativi introdotti dalle norme tecniche del settore, sono
stati predisposti standard di riferimento più specifici ed integrati.
CONTENUTI
Per garantire la qualità del sistema di gestione dell’organizzazione e la qualità del processo di sterilizzazione (accettazione in servizio, qualificazione di prestazione fisica e microbiologica, convalida) occorre verificare, integrare
e approvare la corrispondenza dell’organizzazione, delle strutture e delle procedure di sterilizzazione allo standard di riferimento valutandone la completezza e l’estensione rispetto alle attività che è necessario governare.
La qualifica delle centrali di sterilizzazione, nel processo di accreditamento volontario, è il risultato di verifiche
ispettive integrate:
• di “sistema”, per la verifica dei requisiti di governo gestionale alla luce delle norme internazionali della serie
UNI EN ISO 13485;
• di tipo “tecnico”, per la verifica dei requisiti specifici relativi al processo di sterilizzazione da intendersi come
processo speciale ai sensi e per gli effetti del § 7.5.2 delle citate norme.
La serie di norme UNI EN ISO 13485 (recante «Dispositivi medici – Sistemi di gestione per la qualità – Requisiti
per scopi regolamentari») viene assunta come riferimento di base per verificare, integrare e approvare lo standard di riferimento per la qualifica delle centrali di sterilizzazione con l’obiettivo di sviluppare un livello che contempli requisiti gestionali di tipo generale e requisiti di processo di tipo speciale a garanzia della qualità del servizio offerto.
La revisione e il consolidamento dello standard di riferimento per la qualificazione delle centrali di sterilizzazione in ambito di accreditamento volontario, si pone l’obiettivo di:
garantire un livello adeguato di riferimento della qualità del servizio di sterilizzazione a salvaguardia dell’immagine altamente professionale del settore;
assicurare uniformità nell’assessment del servizio di sterilizzazione per garantire la sicurezza di chirurghi, operatori e pazienti nell’ottica della gestione del rischio e del miglioramento continuo dell’assistenza.
Ad esempio, relativamente al requisito “Infrastrutture” (che comprendono anche l’ambiente di lavoro), si pone
l’accento sulla necessità di considerare e valorizzare il posto di lavoro e le attrezzature ad esso associate, l’hardware,
il software, i servizi e le comunicazioni; vale a dire, tutto ciò che può aggiungere valore al processo. Inoltre, è
resa esplicita l’importanza dell’ambiente di lavoro (in termini di sicurezza, di ergonomia, ecc.) al fine di accrescere la motivazione, la soddisfazione e le performances del personale. L’organizzazione deve definire e gestire le condizioni dell’ambiente di lavoro necessarie per assicurare la conformità ai requisiti del prodotto / servizio.
CONCLUSIONI
I principi esposti sono stati tutti approfonditi nelle linee guida che rendono disponibile così un riferimento di altissimo livello, generato dall’integrazione delle normative tecniche con i requisiti propri dell’ambiente sanitario
esplicitati dalle linee guida elaborate da A.N.M.D.O., con il supporto di S.I.A.I.S. per le competenze tecniche specifiche.
L’adeguata applicazione di questo modello alle centrali di sterilizzazione può portare sicuramente valore aggiunto
in termini di qualità dei risultati raggiunti e di maggiore sicurezza per gli utilizzatori finali.
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
TAVOLA ROTONDA
19 settembre
L’integrazione tra i servizi
in tema di servizi esternalizzati: esperienze regionali
Moderatori:
F.Astorina (Caltagirone)
A. De Stefano (Napoli)
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L’INTEGRAZIONE TRA SERVIZI IN TEMA DI SERVIZI ESTERNALIZZATI:
ESPERIENZE REGIONALI
G.D’Onofrio
(Napoli)
I servizi esternalizzati (outsourcing) sono nati come risposta di flessibilità ed efficienza nei modelli organizzativi industriali alla precedente organizzazione del lavoro di stile tayloristica-fordistica.
Infatti, si è passati da conglomerati industriali che al proprio interno producevano tutti i servizi necessari alla esternalizzazione di tutto ciò che non rientra nel “core-business” di un’impresa; si è passati, cioè, ad una stagione post
fordista dell’ ”immateriale”, come la definisce Gorz, in cui la produzione assume caratteristiche nuove.
Nel settore della sanità queste considerazioni vengono ribadite sia per descrivere il processo mediante il quale si
arriva ad offrire beni e servizi alle persone, sia per quello relativo a cosa debba intendersi per costi che è necessario sostenere per produrre i beni e servizi che il settore sanitario offre.
In Campania, con il Dl. 1843/06, il Dl. 1853/08 e il 256/08, si è determinata una duplice strategia per l’acquisizione dei beni e servizi focalizzati, principalmente, sul fronte dei costi: da una parte si è individuata per ogni singola
azienda il costo massimo per l’acquisizione di beni e servizi per gli anni 2007/2010; d’altra parte si è creata una
società regionale (SoReSa SpA) che, finanziata con la cartolarizzazione di imposte regionali per trenta anni, ha il
duplice scopo di ripianare il debito contratto dalle aziende sanitarie campane fino al 2006 e centralizzare gli acquisti di beni e servizi.
Tale società, già prevista dalla LR 28 del 2003 e modificata dalla LR 24 del 2005, è stata perfezionata nei propri
compiti, in seguito all’accordo Mef e Ministero della Salute e Regione Campania in data 13.032007, con la Delibera regionale n. 515 del 30.03.2007 in cui si sono aggiunte anche le acquisizioni di beni e servizi anche non sanitari.
Tale necessità è stata determinata, oltre che dal rientro dal debito sanitario, anche dalla necessità di omogenizzare un quadro estremamente variegato sulle esternalizzazioni di beni e servizi.
Si vuole, però, rappresentare che, quando la sanità e l’organizzazione dei sistemi sanitari sono visti solo tramite
gli “occhiali” dell’economia, ci si concentra, sostanzialmente, sugli aspetti finanziari; si chiedono indicazioni o soluzioni su come procedere ad una ripartizione efficiente di carenti risorse poiché vi è la necessità di ragionare con
una funzione obiettivo ed un vincolo di bilancio.
Chi invece pensa all’economia in una prospettiva diversa, fa proprio l’insegnamento di Amartya Sen (nel suo libro
“La disuguaglianza”) sulla necessaria interazione tra sfera economica e sfera dell’etica, ritenendo utile ricostruire
i processi economici a partire dai contesti economici, sociali, culturali e politici nei quali essi sono inseriti e considerare che, l’anteporre i diritti al vincolo di bilancio, è un modo per ricondurre il discorso sull’efficienza entro un binario più interessante.
Si tratta, infatti, di capire attraverso quali procedure effettuare scelte di allocazione delle risorse, ma anche di reperimento delle stesse, che possono realizzare il maggior ampliamento delle “capibilities” delle persone di acquisire i “funzionamenti fondamentali dei quali la vita umana è costituita”.
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L’INTEGRAZIONE TRA SERVIZI IN TEMA DI SERVIZI ESTERNALIZZATI:
ESPERIENZE REGIONALI
A.Nitti
Direttore Sanitario Ospedale “F. Miulli” – Acquaviva Delle Fonti
INTRODUZIONE
L’Ospedale F. Miulli di Acquaviva delle Fonti ha la sua origine nel lontano 1158.
Si è presentata l’esigenza di progettare e costruire, in tempi brevi rispetto alla media italiana, un nuovo ospedale,
un nuovo “monoblocco” moderno e studiato per il futuro.
L’apertura del nuovo ospedale è sembrato il momento più opportuno per mettere in atto quanto auspicato dall’allora
Ministro della Sanità Bindi nel DL n. 229 del 19 giugno 1999 per ricercare nuove forme di espletamento dei servizi ritenuti non espressamente sanitari (no core) ma che assorbono buona parte delle risorse.
CONTENUTI
Seguendo il trend fino ad oggi presente nella sanità italiana, si è proceduto ad esternalizzare sempre più servizi,
anche per risolvere problematiche che nei plessi utilizzati in passato non esistevano.
Infatti, accanto a servizi tradizionali come il servizio di pulizie, la ristorazione per i degenti, l’ingegneria clinica ed
altri, è sorta l’esigenza di provvedere alla gestione di un grande parcheggio, ad una centrale di sterilizzazione centralizzata, alla mensa per i dipendenti, ecc..
Pertanto, conformemente a quanto previsto nel DL 229/1999, si sono intrapresi programmi di sperimentazione aventi ad oggetto nuovi modelli gestionali che prevedono forme di collaborazione tra la Struttura, posta all’interno del
Servizio sanitario nazionale, e soggetti privati, anche attraverso la costituzione di società a capitale misto. A seguito di ciò si assiste a forme differenziate di gestione dei servizi dove, accanto a servizi interamente espletati da
personale interno all’Ente, si trovano servizi completamente svolti in out sourcing e servizi gestiti da società a capitale misto o servizi eseguiti in parte da ditta esterna ed in parte da personale interno, dove l’obiettivo perseguito è la piena integrazione delle risorse utilizzate.
CONCLUSIONI
Oggi si presta una maggiore attenzione verso l’impiego di servizi esternalizzati, essendo messo in discussione il
paradigma della maggiore convenienza economica dei servizi in out sourcing.
Sicuramente i servizi affidati a ditta esterna presentano il vantaggio di una maggiore elasticità nell’organizzazione
del lavoro, caratteristica difficilmente importabile all’interno di una struttura che applica al proprio personale i contratti di lavoro pubblici e si confronta quotidianamente con le organizzazioni sindacali. Fondamentale, però, per un
buon risultato dell’estarnalizzazione è l’adozione di capitolati completi e chiari, seguiti da controlli sistematici che
verifichino compiutamente la corretta esecuzione delle opere affidate.
L’espletamento dei servizi con proprie risorse umane, d’altra parte, consente di utilizzare personale più legato all’Ente e che conosca meglio la sua “cultura” e l’ambiente di lavoro.
Il ricorso a soluzioni sperimentali di gestione mista, invece, può unire i vantaggi delle varie forme di espletamento
delle attività “no core”, con nuove prospettive future, tra cui la possibilità di “vendere” il know how acquisito all’interno, rendendo meno oneroso il servizio svolto per l’Ospedale.
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
IVª SESSIONE
18 settembre
Sala Verga
La gestione del rischio: strategie, programmi, azioni
Moderatori:
V. Giannotti (Arezzo)
G. Dal Pozzolo (Bassano del Grappa)
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“PROGETTARE LA SICUREZZA NELLA SOCIETÀ DEL RISCHIO”
O. Nicastro, R. Cinotti
INTRODUZIONE
La società attuale, con il ritmo delle sue modernizzazioni, approfondisce la distanza tra il mondo dei rischi controllabili, nel quale pensiamo ed agiamo, e il mondo dell’insicurezza non controllabile, anch’esso creato da noi (mod.
da Ullrich Beck). I rischi sono studiati e affrontati costantemente cercando di prevenirli o di ridurre al minimo le loro
conseguenze. Ci si impegna per evitare, attutire, prevenire problemi o crisi di un futuro più o meno lontano. Le scelte effettuate, nel nome del “progresso”, per controllare tali rischi spesso però danno luogo a problemi che contraddicono radicalmente il linguaggio istituzionalizzato del controllo e le promesse di controllo.
Il concetto di rischio in effetti è assolutamente moderno, che si riferisce alla probabilità che un evento (negativo)
si realizzi in riferimento alla gravità dei suoi esiti. Oltre ad avere un inquadramento tecnico-scientifico, il concetto
di rischio è influenzato dal contesto socio-culturale; un pericolo infatti viene trasformato in rischio dalle strutture
culturali, strutture inevitabilmente morali e politiche, che provvedono all’attribuzione della responsabilità del rischio
in questione a qualcuno (Lupton)
Il tema del rischio si fa sempre più pregnante quanto più si inserisce nel contesto di organizzazioni complesse, quali quelle che sono le aziende sanitarie.Si pone dunque l’esigenza di scegliere quale sia l’approccio più efficace alla
gestione del rischio, per le organizzazioni sanitarie.
CONTENUTI
La Regione Emilia-Romagna ha posto da diversi anni il tema della sicurezza tra le priorità della politica sanitaria
regionale, nell’ambito dei processi di accreditamento istituzionale delle strutture sanitarie e con progetti specifici
a livello centrale e periferico. L’approccio scelto ha considerato la sicurezza come parte imprescindibile di un’assistenza di buona qualità in quanto ne condiziona l’efficacia e l’accettabilità sia in termini professionali, sia come
giudizio degli utenti. La sicurezza influenza inoltre i risultati delle organizzazioni sia in termini strettamente economici ma anche rispetto ai costi umani e di immagine. L’Agenzia Sanitaria e Sociale Regionale ha lavorato innanzitutto per conoscere meglio il fenomeno degli incidenti e degli eventi avversi che avvengono durante i percorsi di
cura e per sperimentare e validare con le Aziende sanitarie strumenti e metodologie per la gestione e riduzione dei
rischi nelle strutture sanitarie.
La seconda esigenza che è emersa è stata quella di individuare un modello organizzativo relativo alla Gestione de
Rischio da proporre alle Aziende Sanitarie Regionali. Si è scelto e adottato un approccio gestionale globale alla sicurezza che comprende e integra sia aspetti statici e dinamici (definiti rispettivamente da requisiti strutturali e organizzativi) sia le modalità di controllo degli eventi avversi. Si è voluta promuovere la “gestione del rischio” intesa
come metodo con cui si affronta in modo sistematico la sicurezza e favorire pertanto, nelle diverse realtà, la creazione di un ambito di governo dei rischi, costituito da un sistema di valori e risorse, norme, procedure, comportamenti codificati e informazioni, volto a eliminare/limitare i pericoli presenti, e principalmente quelli legati all’erogazione delle cure.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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IL PROCESSO DI GESTIONE DEL RISCHIO:
IDENTIFICAZIONE, ANALISI, TRATTAMENTO
C. Ponzetti
L’efficacia e l’appropriatezza degli interventi sanitari sono divenuti valori fondanti dei sistemi sanitari dopo un lungo periodo in cui le modalità di governo del sistema erano esclusivamente guidate da aspetti gestionali - organizzativi
quali l’aziendalizzazione, l’efficienza operativa dei servizi, la gestione manageriale.
La Gestione del Rischio Clinico rappresenta l’insieme delle varie azioni complesse messe in atto per migliorare la
qualità delle prestazioni sanitarie e garantire la sicurezza del Paziente, sicurezza basata sull’apprendere dall’errore. Dal lontano 1972, quando Archibald Cochrane insisteva sull’impossibilità di “raggiungere l’efficienza dei servizi sanitari senza passare per l’efficacia”, abbiamo progressivamente assistito all’evoluzione dell’Evidence-based
Medicine (EBM) - strumento di pratica professionale e di formazione continua – in Evidence-based Health Care (EBHC)
- metodologie per migliorare l’erogazione dell’assistenza sanitaria – sino al Governo Clinico (Clinical Governance),
strategia di politica sanitaria che, contestualizzando nelle organizzazioni sanitarie gli strumenti metodologici dell’EBM-EBHC, si affida alla componente professionale per definire, mantenere e verificare gli standard di qualità clinica, guidati dai principi dell’efficacia appropriatezza degli interventi sanitari.
Contenuti
Componente fondamentale della Clinical Governance è la Gestione del Rischio e, quando si affronta il tema del
rischio clinico, è necessario soffermarsi a definire l’errore: l’errore è un fallimento nella pianificazione e/o nell’esecuzione di una sequenza di azioni che determina il mancato raggiungimento, non attribuibile al caso, dell’obiettivo
desiderato; una delle distinzioni più importanti è quella tra errore attivo ed errore latente.
L’errore attivo è per lo più ben identificabile ed è spesso riconducibile ad un’azione sbagliata commessa da un operatore o ad un incidente, ad esempio il malfunzionamento di una strumentazione. Gli errori latenti sono, invece, per
lo più insufficienze organizzativo - gestionali del sistema, che hanno creato le condizioni favorevoli al verificarsi di
un errore attivo.
Se può essere relativamente semplice individuare l’errore attivo, può essere, invece, piuttosto complesso individuare tutte le insufficienze latenti presenti all’interno di un sistema.
Sono stati sviluppati numerosi metodi di analisi per individuare le insufficienze che possono contribuire a causare un evento avverso. Tali metodi sono sostanzialmente basati su due approcci che peraltro non si escludono a
vicenda:
a - approccio proattivo: che studia possibili ambiti di rischio al fine di trattarli prima che diano effetti;
b - approccio reattivo: che studia le modalità di accadimento di eventi che si sono già realizzati.
Gli strumenti più utilizzati per l’identificazione del rischio sono i sistemi di segnalazione che si dividono in due categorie: sistemi “learning” (di apprendimento) e sistemi di “accountability” (di responsabilizzazione), riunioni per la
sicurezza, safety walkaround (giri per la sicurezza), focus group,revisione di cartelle cliniche, osservazione.
Il Clinical Risk Management utilizza strumenti reattivi e proattivi per l’analisi del rischio;Alla prima categoria d istrumenti appartiene la Root Cause Analysis (RCA), alla seconda la Failure Mode and Effect Criticality Analysis (FMECA).
Tutte le metodologie e gli strumenti utilizzati devono comunque essere finalizzati all’attuazione di cambiamenti nell’organizzazione sanitaria che migliorino la sicurezza.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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LA SEGNALAZIONE COME STRUMENTO DI SICUREZZA
N. Boccaforno
(Rimini)
INTRODUZIONE
La segnalazione degli eventi in sanità è uno degli strumenti fondamentali per la gestione della sicurezza delle cure.
Ha due valenze nodali:
Contribuisce ad ampliare la conoscenza sull’epidemiologia dei rischi connessi ai processi assistenziali generali indirizzando le politiche della sicurezza.
Coadiuva il Risk Management nel governo della sicurezza della singola struttura (ospedale, unità operativa, ecc.)
CONTENUTI
Identificare, analizzare, correggere è l’assioma su cui si basa la strategia della sicurezza delle cure.
L’identificazione dei rischi si avvale della segnalazione degli eventi avversi e di quelli sfiorati (near miss) quale partecipazione di tutti i professionisti e dei cittadini al processo di implementazione della sicurezza.
METODI DI SEGNALAZIONE
Reclami presso l’U.R.P.: segnano la “temperatura” del rapporto del cittadino con la struttura. Di frequente celano
disfunzioni organizzative che possono degenerare in rischi per il cittadino e la struttura. Hanno il vantaggio della
tempestività della segnalazione e della relativa presa in carico del problema. Attivano con maggiore facilità processi di mediazione atti a prevenire conflitti e contenzioso.
Richieste di risarcimento o contenzioso: segnalano i danni o presunti tali occorsi. Sono indice di gravità del rischio.
Consentono con più difficoltà azioni di revisione organizzativa a causa del tempo di latenza fra l’evento e la segnalazione.
Evidenziano la malpratice ma in virtù della latenza della segnalazione tendono ad “ipertrofizzarla” nella percezione ed analisi. Attivano con maggiore difficoltà processi di mediazione fra cittadino e struttura.
Eventi sentinella: eventi avversi di particolare entità, potenzialmente evitabili, che possono provocare morte o grave danno al cittadino…….Sono oggetto del programma ministeriale di segnalazione obbligatoria. Contribuiscono
ad indirizzare le politiche nazionali sulla sicurezza. Inducono audit clinico/organizzativi dai quali possono scaturire modifiche e riorganizzazioni dei percorsi assistenziali.
Incident reporting: segnalazione volontaria degli eventi e near miss. Consente l’analisi delle cause e dei fattori influenzanti l’evento stesso. Incentiva l’effettuazione di audit clinici ed organizzativi che indirizzano le strategie della sicurezza della struttura. Concorre ad instaurare un clima di fiducia negli operatori verso la leader- ship e il team
della sicurezza delle cure. E’ necessario che stimoli la reattività della struttura nella presa in carico del problema.
Un sistema “rispondente” è più produttivo di un sistema segnalante!
CONCLUSIONI
Nell’Ausl di Rimini è stato sperimentato negli ultimi due anni un sistema di segnalazione circolare che consente di
monitorare, attraverso i molteplici flussi di segnalazione, in concerto con i servizi del comitato della sicurezza aziendale, fattori di rischio collegati alla sicurezza dei pazienti e degli operatori. La successiva analisi ha determinato l’attivazione e implementazione delle relative strategie per il miglioramento della sicurezza. Queste si sono concretizzate attraverso cambiamenti organizzativi e strutturali negli ospedali di riferimento.
Ha consentito inoltre la formulazione di obiettivi di organizzazione e formazione specifici per l’azienda.
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CERCARE LA RADICE DELLE CAUSE
V. Molese
Direzione Sanitaria Irccs Int Fondazione G. Pascale Napoli
INTRODUZIONE
L’introduzione delle tecniche di Risk Management nelle diverse aziende sanitarie italiane sta avvenendo secondo
tempi, programmi e metodi alquanto diversi, in funzione delle dinamiche e strutture che si sono a tal fine attivate
nelle varie Regioni. Ciò sta conducendo a risultati eterogenei, anche in funzione dei diversi “substrati” culturali e
professionali in cui questi strumenti vengono calati. Il confronto tra queste esperienze è sicuramente stimolante,
in un’ottica di benchmarking reciproco, nonché utile per poter rendere più efficienti i percorsi di ciascun gruppo
che viene favorito dal bagaglio di criticità e punti di forza degli altri colleghi. In questa relazione viene presentato
un esempio di impiego di Root Cause Analysys, di cui si accennano finalità e metodi, in un evento “complesso” e
trasversale a molti settori strategici dell’Azienda.
CONTENUTI
L’evento, esposizione acuta e ripetuta di quasi tutti gli operatori del reparto di preparazione e somministrazione chemioterapici antiblastici a sostanze chimiche irritanti, dovuta ad una manutenzione non appropriata di attrezzature
sanitarie (CAPPE) ha causato l’assenza di numerosi lavoratori, la sospensione ed il trasferimento delle attività del
servizio in oggetto per due volte nel periodo in esame, con disagio per i pazienti e maggiori costi per l’organizzazione. L’evento è stato a posteriori analizzato con la metodica della root cause analysys da un gruppo multidisciplinare, rivelando la mancanza di barriere a livelli “profondi” dell’organizzazione.
CONCLUSIONI
Lo strumento Root Cause Analysys dimostra di prestarsi molto bene per problemi complessi, in cui è importante
ricercare le falle di sistema per evitare che esse diano di nuovo eventi a distanza, negli stessi o in altri settori. La
Root Cause Analysys è utile quando non viene ustata per correre dietro al problema, ma per prevenire, a partire
da eventi negativi o anche solo di allarme elevato, il verificarsi di scenari anche peggiori. Inoltre, in questo caso ancora si dimostra la crucialità di affidare la gestione dello strumento a funzioni e figure in stretta connessione con
la Direzione Sanitaria, che, nell’esercizio della governance del sistema azienda, è il crocevia delle informazioni e
luogo delle competenze indispensabili ad allestire e coordinare quella cabina di regia multi professionale che deve
essere un valido Team per la gestione del rischio clinico.
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ANALIZZARE I PROCESSI: IL RISCHIO INFETTIVO
G.Gregu
(Nuoro)
La rappresentazione di processo è uno degli elementi che caratterizza la versione delle norme ISO 9000/2000 e
l’approccio per processi è il principio base per il sistema di governo della qualità
L’applicazione all’interno di una organizzazione sanitaria complessa consente l’individuazione e quindi la necessità di governo non solo di processi gestionali ma anche di processi sanitari favorendo la visione globale dell’organizzazione, rappresentandola attraverso un insieme di attività correlate o interagenti.
Le infezioni nelle organizzazioni sanitarie sono un indicatore di qualità assistenziale infatti “un tasso elevato di infezioni ospedaliere indica malpractice in ambiente ospedaliero
Nell’analisi del rischio infettivo, estendendo il concetto di rischio infettivo a tutte le complicanze o conseguenze
infettive legate alle prestazioni sanitarie, indipendentemente dalla struttura erogante (ambulatorio, residenza sanitaria, ADI…..), oggi si parla di “complicanze infettive correlate a procedure sanitarie assistenziali”
L’insorgenza di una malattia infettiva in strutture sanitarie richiede la presenza di tre fattori (agente, ospite, ed ambiente) l’assenza di un solo fattore impedisce che la malattia insorga.
Per ottenere una rappresentazione semplificata del processo infettivo bisogna effettuare un’analisi al fine di avere:
• una conoscenza approfondita del processo quindi
conoscere i meccanismi di diffusione delle infezioni nelle strutture sanitarie pazienti personale visitatori in fase di
malattia infettiva o di incubazione o nello stato di portatori cronici o colonizzati possono essere sorgenti umane di
microrganismi
conoscere le manovre e le procedure di diagnosi e cure
la situazione igienico sanitaria ambientale
• rilevare le criticità
conoscere lo stato immunitario e la predisposizione alle infezioni dei pazienti
verificare l’applicazione dello norme fondamentali di igiene
• risolvere le criticità attraverso
la sensibilizzazione e la formazione del personale
L’adesione e la corretta applicazione dei protocolli standard
La pratica assistenziale evolve attraverso tre fasi che sono la diagnosi la cura e la riabilitazione in cui interagiscono diverse figure ( pazienti e operatori sanitari ) e fattori come l’ambiente e materiali organizzazione e strutture
In ognuna di queste fasi si può intervenire attraverso:
• la prevenzione precauzioni standard, dispositivi di protezione,igiene delle mani disinfezione, sterilizzazione,linee
guida;
• la sorveglianza attraverso indagini di prevalenza, incidenza….
• il controllo verifica delle procedure
Nell’analisi e valutazione del processo del rischio infettivo si deve quindi analizzare la procedura medico assistenziale
cioè il processo dato da quell’insieme di attività correlate o interagenti e di questa va verificata l’appropriatezza e
la sicurezza dell’azione svolta
Altro capitolo importante è il fatto che il rischio non è solo per il paziente utente ma anche per l’operatore sanitario
Nel primo caso il rischio è dovuto a più fattori che insistono nella stessa procedura come le condizioni immunitarie del paziente, le manovre diagnostiche o terapeutiche invasive, presenza e rispetto di procedure scritte e validate, corretto utilizzo dei DPI
Per l’operatore invece è dovuto a vari fattori come carico di lavoro mancata risposta alle procedure non utilizzo dei
DPI.
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
WORKSHOP
18 settembre
Sala Verga
La gestione del rischio:
strategie, programmi, azioni
II Parte
Moderatori:
V. Mastrandrea (Perugia)
A. Carbone (Roma)
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IL PAZIENTE: UNA RISORSA PER LA GESTIONE DEL RISCHIO
MT Cuppone, G.Pelissero
Direzione Sanitaria - IRCCS Policlinico San Donato, San Donato Milanese (MI)
INTRODUZIONE
Il rischio clinico può essere arginato attraverso iniziative di Risk Management messe in atto a livello di singola
struttura sanitaria, a livello aziendale, regionale, nazionale. Queste iniziative possono avere maggior efficacia se
prevedono, oltre alla partecipazione delle numerose figure che operano in ambito sanitario, anche il coinvolgimento del paziente e di tutte le altre parti interessate.
Il medico dovrebbe cercare di rendere quanto più partecipe il paziente nel processo di diagnosi e cura ed essere in grado di sfruttarne poi positivamente l’educazione; il paziente che acquisisce la capacità di assumere
un ruolo di partecipante, è in grado di offrire maggior collaborazione agli operatori sanitari.
La struttura ospedaliera può utilizzare tale tipo di paziente come risorsa per la gestione del rischio.
CONTENUTI
Aumentare il coinvolgimento del paziente potrebbe condurre a maggior efficienza dei processi di diagnosi e cura.
La maggior efficienza è raggiungile in tre modi:
• cure più efficaci, senza incrementi di costi;
• stessa efficacia delle cure, ma a minor costo;
• cure più efficaci, a minor costo.
Per migliorare l’efficienza e la sicurezza del “sistema” utilizzando il paziente come risorsa occorre procedere in
due passi successivi:
• identificare le attività con le maggiori inefficienze/criticità
• ridefinire i rispettivi ruoli di medico e paziente per le attività individuate
Se ai pazienti sono fornite informazioni di buona qualità su diagnosi, prognosi, opzioni di trattamento, rischi ed
effetti collaterali, allora questi saranno meno disposti ad accettare procedure rischiose e si orienteranno su trattamenti che danno migliori outcome. Molto dipende da come il medico presenta le informazioni.
Un intervento volto a far assumere al paziente un ruolo attivo rispetto al rischio clinico dovrebbe, fra l’altro, porre il paziente stesso come perno centrale di tutte le scelte ed includere le modalità di coinvolgimento del paziente e delle altre parti interessate nel piano della sicurezza clinica.
Le metodologie di coinvolgimento del paziente nella quotidianità possono comprendere:
- colloquio tecnico;
- interventi educativi;
- distribuzione di fogli ed opuscoli informativi illustrati;
- esposizione di manifesti che informano e rinforzano l’apprendimento.
CONCLUSIONI
Il ricorso al paziente quale risorsa per la gestione del rischio ed il miglioramento dell’efficienza, rappresenta un’opportunità ancora scarsamente utilizzata. Ciò è da ricondursi, a nostro avviso, alle difficoltà oggettive nelle quali si sta sviluppando, con fatica, una visione autenticamente contrattuale delle cure, che le consideri quindi il risultato di un accordo preso in piena consapevolezza fra le due parti, il paziente ed il medico.
Questo significa, da un lato, abbandonare molta parte della visione autoreferenziale della medicina clinica, che
pur essendo una lontana eredità della cultura medica ottocentesca, è ancora presente nel nostro mondo professionale. Dall’altro richiede di trovare, nell’ospedale, un momento di indirizzo e di coordinamento dell’attività
clinica, forte e autorevole, che sicuramente si può avvalere dei dipartimenti e dei loro responsabili, ma che a nostro giudizio non può non trovare il proprio punto di forza nell’azione e nella responsabilità della Direzione Sanitaria.
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GESTIONE EXTRAGIUDIZIARIA DEL CONTENZIOSO
NELLE ORGANIZZAZIONI SANITARIE
M. Faraca
Direzione Medico Ospedaliera – AF di Medicina Legale – Azienda Ospedaliera Universitaria di Bologna – Policlinico S.Orsola Malpighi
INTRODUZIONE
La gestione del rischio è il modo in cui le aziende sanitarie si rendono responsabili delle conseguenze indesiderate nel corso dei processi assistenziali e diagnostico-terapeutici.
L’assunzione di responsabilità per gli eventi avversi va dall’obbligo della loro prevenzione all’interno del programma di gestione del rischio, all’obbligo di coerenti interventi clinico-organizzativo, giurisdizionali e assicurativi fino
alla efficace ed efficiente gestione delle conseguenze del danno, integrando la gestione della prevenzione degli eventi avversi con la gestione di quelli produttivi di danno alla persona, le funzioni di riparazione e risarcimento con quelle di studio dei fenomeni e di correzione delle condizioni che facilitano l’errore, garantendo un equo e tempestivo
diritto risarcitorio.
CONTENUTI
L’Azienda ospedaliera universitaria di Bologna ha sperimentato, con risultati positivi in termini di tempestiva ed equa
compensazione del danno, la “gestione diretta” per i sinistri in franchigia e ritenzione (valore soglia di 50.000,00
Euro) e la “co-gestione” assicurativa per quelli di entità superiore, con l’obiettivo principale di privilegiare la risoluzione stragiudiziale delle richieste di risarcimento mediante tecniche di “conciliazione medico-legale” in contraddittorio
e di “negoziazione” legale.
Irrinunciabile e strategico è il totale coinvolgimento del management aziendale e lo sviluppo delle competenze e
professionalità del personale sanitario al fine di evitare l’avvilimento di consulenze esterne di professionisti che non
conoscendo l’organizzazione aziendale, le sue dinamiche relazionali e strutturali difficilmente possono essere utili ed efficaci nella gestione della sinistrosità e l’individuazione di strategie idonee a gestire, accanto a servizi di buona qualità, un sistema integrato di rischio clinico.
CONCLUSIONI
La “crisi assicurativa sanitaria” dovuta al graduale abbandono da parte di Compagnie di assicurazione della copertura del rischio da responsabilità professionale medica e l’entrata sul mercato di Compagnie europee e non solo,
ha portato alla stipula di diverse forme di contratto con incremento dei premi e garanzie più ridotte; ciò sta determinando nelle Aziende sanitarie, all’interno della ricerca di strategie, programmi, azioni della gestione del rischio,
la necessità al ricorso di programmi strutturati di gestione diretta e di co-gestione del contenzioso, la ricerca di strumenti che facilitino la composizione bonaria extragiudiziaria delle vertenze con ristoro per il cittadino e recupero
del rapporto di fiducia, di sicurezza e serenità che ne rappresentano il presupposto fondamentale sia per i professionisti
che per i cittadini.
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LA FORMAZIONE PER LA GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO.
L’ESPERIENZA DELLA SCUOLA SUPERIORE
SANT’ANNA IN REGIONE TOSCANA
S. Nuti - M. Bellonzi
Laboratorio Management e Sanità
Scuola Superiore Sant’Anna e Regione Toscana
INTRODUZIONE
La Commissione per la formazione sanitaria della Regione Toscana già nell’ottobre 2004 approvava il Piano di formazione per la gestione del Rischio clinico, fatto proprio dalla delibera di Giunta R.T. n. 302 del 21 febbraio 2005,
frutto anche di un apposito protocollo con la Federazione regionale degli Ordini dei medici – chirurghi ed odontoiatri. L’obiettivo era quello di acquisire conoscenze e metodi specifici che aiutino gli operatori sanitari a migliorare
le pratiche di lavoro ed il rapporto con i pazienti. La collaborazione fra il Centro regionale per la gestione del rischio
clinico e la sicurezza del paziente (GRC) e il Laboratorio Management e Sanità (MeS) della Scuola Superiore Sant’Anna e Regione Toscana ha permesso la realizzazione, a far data dal 2005, di diversi percorsi di alta formazione, per molteplici figure del sistema regionale, in tema di Clinical risk management.
CONTENUTI
Il percorso formativo principale ha riguardato nel 2006 il Clinical risk manager, un dirigente di area biomedica-infermieristica, politecnica o psico-sociale responsabile del sistema di gestione del rischio clinico a livello aziendale, voluto dal modello toscano GRC. Cinque fasi, per circa 200 ore d’aula e attività pratiche, hanno caratterizzato
il progetto didattico per questa figura, strategica per il sistema e interagente prevalentemente con i ruoli riconosciuti dell’Operatore sanitario-utente e del Facilitatore-delegato alla sicurezza.
Fase 1 Basi per la gestione dei rischi e discussione sulla funzione;
Fase 2 (Outdoor training) Comunicazione, risoluzione dei problemi, gestione dei conflitti;
Fase 3 Strumenti per l’identificazione del rischio (dati sanitari, amministrativi, incident reporting, reclami) e l’analisi del rischio (audit clinico, M&M review etc.);
Fase 4 Visite di studio (Gran Bretagna, Stati Uniti, Danimarca, Francia, Germania) ;
Fase 5 Project work individuale e presentazione pubblica del lavoro.
La seconda edizione del Corso (2007), una volta formati i Clinical risk manager regionali, ha destinato il percorso
ad altri professionisti e, per la prima volta, aperto l’esperienza toscana a soggetti provenienti da altri SSR. Nel 2008
è in programma la terza edizione del Corso.
CONCLUSIONI
La costruzione di un sistema sanitario più sicuro costituisce un problema vasto e complesso, e passa necessariamente da un cambiamento culturale e da scelte istituzionali chiare e coerenti. Il programma realizzato dalla Regione Toscana è volto a favorire la creazione di una presa di coscienza collettiva degli attori del sistema al problema della gestione dei rischi. Ha inoltre per obiettivo la messa in pratica di una rete di persone competenti, dedicate a stimolare il sistema ponendosi, in modo non colpevolizzante ma positivo, di fronte all’analisi dell’errore.
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LA FORMAZIONE DEL RISK MANAGER
Panà
Cattedra di Igiene Università di Roma Tor Vergata
Le responsabilità professionali del risk manager sono numerose, tra esse, in sintesi, si trovano l’individuazione delle fonti di rischio, clinico e non clinico, che caratterizzano il funzionamento della struttura sanitaria, la stima aggiornata
delle probabilità di manifestazione delle varie tipologie di rischio, la rilevazione dei quasi-rischi, degli errori e dei
sinistri denunciati e l’analisi delle variabili che hanno influito al loro manifestarsi,, la stima dell ’outcome, clinico ed
economico- gestionale, atteso con gli interventi preventivi, la selezione tra i rischi, clinici e non clinici, da “ritenere e da gestire in proprio” e quelli da “trasferire” al mercato assicurativo, la gestione delle richieste di indennizzo
per sinistri denunciati, la scelta e la negoziazione delle coperture assicurative, ecc. Questa figura professionale si
dovrebbe caratterizzare per la padronanza di metodologie di hazard analysis,
per capacità organizzativa notevoli (quality management, procedure, gestione risorse umane etc.), per una buona cultura clinico-sanitaria (infezioni ospedaliere, gestione medicinali, protocolli clinici complessi, etc.), legale/amministrativa/ finanziaria ed assicurativa (valutazione aspetti economico/legali/assicurativi, esperienza organizzativa, informativa, cartelle cliniche, consenso informato etc.
Dal profilo testè delineato è evidente che la formazione verosimilmente deve partire da un lato da quella universitaria con una evoluzione della formazione nel campo igienistico sin dal V anno di università mentre molto si sta facendo nelle Scuole di Specializzazione in Igiene che stanno dando ampi spazi formativi per costruire le competenze necessarie al Risk Manager. Verosimili indirizzi futuri potranno essere per il vasto campo dell’Igiene in campo Epidemiologico e di medicina preventiva, il campo della Igiene e tecnica ospedaliera prettamente gestionale e
il campo del Risk assessment e management.
Attualmente alcune virtuose regioni hanno iniziato un percorso formativi per i propri risk manager nell’ottica di una
tassonomia e glossologia condivisa con la individuazione di univoche metodologie gestionali.
Interessante l’iniziativa del Ministero della Salute che per dare pari opportunità alle singole regioni ma anche valorizzare le esperienze regionali stesse ha inteso finanziare la formazione dei formatori perché tutti i risk manager
possano condividere la stessa cultura di base per una circolazione delle esperienze ed una possibile esportazione non in maniera acritica ma piuttosto che comporti un restyling correlato alle esigenze locali. Certo la formazione degli adulti è una formazione più complessa che utilizza anche forme di didattica differenti e che deve tener conto delle differenti modalità di apprendimento. La formazione post base avanzata si può avvalere dunque di Master
di II livello che abbiano non solo una didattica formale ma soprattutto apprendimento tramite simulazioni, attività
di project work e di role planing.
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SUMMING UP: DOVE VOGLIAMO ANDARE
C.Ponzetti
(Aosta)
Per molti anni l’organizzazione del sistema sanitario si è basata su una nozione implicita di qualità imperniata sul
principio che l’arruolamento di personale adeguatamente formato e la disponibilità di strutture ed attrezzature adeguate fossero sinonimo di un elevato livello assistenziale. L’esplosione delle conoscenze, la parcellizzazione degli
approcci troppo orientata alla tecnologia, la razionalizzazione dei costi e gli aumentati bisogni di salute hanno minato questa nozione di qualità delineando la necessità di un approccio sistemico al problema dell’assistenza, cioè
un bisogno di maggior governo del sistema. A tal fine, durante gli anni ’80, gli amministratori e i responsabili politici del sistema sanitario hanno enfatizzato la necessità di applicare anche al settore sanitario le metodologie gestionali del total quality management (TQM) e del miglioramento continuo della qualità, che avevano dato buona
prova nel mondo industriale. Tuttavia, questi approcci, sviluppati in settori molto diversi dal sanitario, non hanno
avuto grande successo in ambito clinico, probabilmente per lo scarso coinvolgimento dei professionisti e l’orientamento fortemente centrato solo sugli aspetti gestionali-amministrativi e senza chiara identificazione del ruolo svolto dai clinici.
La Clinical Governance è il risultato dell’integrazione delle diverse dimensioni della qualità che concorrono a migliorare il servizio prodotto. Fra le numerose dimensioni della qualità esistenti, se ne possono individuare quattro
di tipo fondamentale, che la Clinical Governance ha il compito di unire: la competenza professionale (qualità tecnica); la capacità di soddisfare le aspettative e i valori delle persone assistite, dei loro familiari e dei dipendenti (qualità percepita); l’uso razionale delle risorse disponibili (efficienza tecnica e allocativa); il risk management, inteso come
minimizzazione dei rischi per i pazienti.
Il concetto di Clinical Governance è stato sistematizzato nel 1998 in Gran Bretagna ed ho assunto il significato non
di “governo clinico”, bensì di “coerente capacità di monitoraggio i dei fenomeni sanitari, loro indirizzo e gestione”.
Il significato concettuale di Clinical Governance è quindi l’utilizzo in ambiente sanitario di un modo di fare basato
su pochi, ma fondamentali aspetti: la responsabilità (accountability, ovvero rendere conto di ciò che si fa), la trasparenza, il coinvolgimento, la partecipazione consapevole del cittadino, l’etica e il valore del lavoro.
La sicurezza dei pazienti si colloca pertanto nella prospettiva di un complessivo miglioramento della qualità e dipende sostanzialmente dalle interazioni delle molteplici componenti che agiscono nel sistema. La Clinical Governance non va confusa con la Governance dell’Azienda Sanitaria: è una delle Governance esistenti e deve integrarsi
con le altre Governance quali la Research Governance, Information Governance, la Financial Governance, la Technical Governance, in un’ottica d’integrazione che prende il nome, appunto, di Integrated Governance.
Proprio nell’ambito della Integrated Governance occorre agire per prevenire gli eventi avversi.
Il processo di prevenzione deve essere proattivo, sistemico, pluriprofessioneale, pluridisciplinare e, rafforzando le
condizioni che promuovono comportamenti “sani”, deve “consentire l’identificazione dei problemi, prevenendo e/o
riducendo il rischio della loro insorgenza, limitandone la diffusione e/o le conseguenze”; definizione, quest’ultima,
non semplice ma necessaria, che sottintende, purtroppo una volta di più, il fattore essenziale per la prevenzione
degli eventi avversi: il capitale umano.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
WORKSHOP
19 settembre
Sessione parallela in collaborazione con Medix Italia
Monitoraggio dei Processi
di Sterilizzazione in Presenza Di Materiali Cavi
Moderatori:
Brusa (Torino)
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SPERIMENTAZIONE DI NUOVI METODI PER MONITORARE L’EFFICACIA
DEI PROCESSI DI STERILIZZAZIONE A VAPORE NELLA CENTRALE
DI STERILIZZAZIONE DELLE SALE OPERATORIE DI CHIRURGIA
GENERALE E D’URGENZA DEL PRESIDIO OSPEDALIERO
SANTA MARIA NUOVA ASL 10 FIRENZE
A.Poli
Coord. Az. Igiene e Infezioni Ospedaliere ASL 10 Firenze, P.O. “S.M. Nuova”, Firenze
INTRODUZIONE
Negli ultimi anni sono stati introdotti strumenti per la chirurgia mini-invasiva: laparoscopia, endoscopia, sonde
e cateteri di vario tipo la cui caratteristica di base è quella di avere un lume interno (oggetti cavi). Le attuali metodiche utilizzate per la sterilizzazione a vapore (test di Bowie Dick, indicatori/integratori chimici e biologici) non
sono in grado di monitorare in modo sufficiente almeno tre parametri importanti della sterilizzazione a vapore:
1) possibilità di rilevare bolle d’aria di dimensioni inferiori a 200 ml; 2) sterilizzazione degli oggetti cavi; 3) qualità del vapore. Diventa necessaria una procedura di validazione in conformità alle norme EN-ISO 900X ed EN
550-554.
OBIETTIVO
Valutare un nuovo sistema di monitoraggio di sterilizzazione in particolare nei carichi di strumenti cavi. Migliorare il controllo della sterilizzazione introducendo il sistema di rintracciabilità del materiale sterilizzato.
METODI E STRUMENTI
Tutto il processo è stata applicato esclusivamente al materiale autoclavabile in uso presso le sale operatorie del
P.O. S. Maria Nuova ASL 10 di Firenze (Es.: Containers Ferri chirurgici, Ferri in busta, etc..). Durante il mese di
sperimentazione sono stati effettuati n° 22 Cicli Test Bowie-Dick utilizzando sia il Test standard sia il test (in sperimentazione) a sei sezioni e n° 71 cicli di sterilizzazione monitorizzati con il controllo del lotto/rintracciabilità.
Sono stati esclusi dalla sperimentazione tutti i cicli di sterilizzazione effettuati con il materiale non utilizzato nella sala operatoria.
Come metodo sono stati utilizzati il controllo degli indicatori a sei sezioni per il Test di simulazione Bowie-Dick
ed il sistema degli indicatori a quattro sezioni per il monitoraggio della sterilità del lotto abbinati alla scheda di
ciascun ciclo che oltre a documentare quanto sopra, riporta anche i dati per la rintracciabilità.
RISULTATI
Dei 22 Cicli Test Bowie-Dick effettuati non ci sono state difformità di risultato tra il pacco Bowie-Dick Test Standard e il test di simulazione Bowie-Dick a sei sezioni.
Dalle “Schede di Registrazione e Documentazione della Sterilizzazione Giornaliera e con l’utilizzo del sistema a
quattro sezioni per il controllo di ogni singolo ciclo” è stato possibile estrapolare numerosi dati, incrociando i quali è stato possibile ottenere informazioni molto utili:
n° di Cicli con il test a quattro sezioni valido con ciclo autoclave valido,
n° di Cicli con il test a quattro sezioni non valido con ciclo autoclave valido rapporto al numero totale,
n° di cicli con il test a quattro sezioni non valido con ciclo autoclave abortito rapporto al numero totale.
Il numero di cicli di sterilizzazione in cui il test con il test a quattro sezioni risultava valido con ciclo autoclave
valido sono stati 59 pari all’83% dei cicli totali. Il numero di cicli di sterilizzazione in cui il test con il test a quattro sezioni risultava non valido con ciclo autoclave valido sono stati 9 pari al 13% dei cicli totali, mentre il numero di cicli di sterilizzazione in cui il test con il test a quattro sezioni risultava non valido con ciclo autoclave
abortito sono stati 3 pari al 4% dei cicli totali.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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BASI TEORICHE DI VERIFICA DELLA STERILIZZAZIONE A VAPORE
SATURO DEGLI STRUMENTI DOTATI DI LUME
R.Cunsolo
Direzione Medica di Presidio
Azienda Ospedaliera Universitaria “Vittorio Emanuele, Ferrarotto, S.Bambino”- Catania
INTRODUZIONE
Il consistente mutamento della composizione dei materiali da risottoporre a sterilizzazione a vapore con autoclavi ed il conseguente aumento dell’utilizzo degli strumenti dotati di lume interno hanno comportato una inevitabile rivisitazione delle tradizionali modalità di espletamento delle procedure di pulizia e dei processi di sterilizzazione. In particolare, l’esigenza di eseguire test di verifica della sterilità di un interno cavo, mediante apposito strumento in grado di riprodurre le medesime criticità di una cavità, trova piena approvazione nell’ambito di specifiche norme (tra cui EN 867.5). Per tale ragione la scelta del metodo più efficace per il trattamento degli strumenti cavi incontra difficoltà per via della limitatezza, da parte dei tradizionali sistemi di verifica dei processi di sterilizzazione a vapore saturo, nel rilevare volumi di gas non condensabili (NCG) inferiori a 200 ml. Quindi, la composizione mediamente utilizzata dei containers sottoposti a sterilizzazione, al cui interno è contenuto
un alto numero di strumenti cavi, impone di ricorrere all’uso di un test di verifica capace di riscontrare la presenza di bolle d’aria inferiori al millimetro ed eventualmente confinate in zone delle cavità di strumenti, difficilmente raggiungibili dal vapore, cioè dal veicolo più idoneo per assicurare un’appropriata temperatura per la sterilizzazione.
CONTENUTI
La limitatezza sopradescritta ha insite due importanti conseguenze: 1.impedire, qualora all’interno di un dispositivo cavo rimanessero intrappolate piccoli quantità di NCG, la penetrazione del vapore prodotto dall’autoclave con impossibilità a conseguire la necessaria garanzia di sterilizzazione nelle zone dello strumentario dove appunto il vapore non è penetrato; 2. creare un ambiente di sterilizzazione a secco, secondo parametri che non si
possono ottenere in un processo di sterilizzazione a vapore. Pertanto la permanenza di bolle d’aria ed il relativo rischio della sopravvivenza di colonie microbiche configurano, come del resto prevede il SAL (Sterility Assurance
Level), una condizione tale sia da rendere non valido il processso di sterilità che da precludere l’impiego di strumenti che risulterebbero contaminati.
CONCLUSIONI
Il ricorso a nuovi sistemi capaci di monitorare l’efficacia dei processi di sterilizzazione con autoclavi, come il sistema “gke”, risulta un efficace strumento di garanzia di sicurezza nel più ampio concetto di gestione del rischio
clinico e di quello infettivo. Il sistema è composto da: un dispositivo, con all’interno un indicatore chimico, per
simulare condizioni di estrema difficoltà di rimozione dell’aria e penetrazione del vapore, a carico vuoto; un dispositivo per il monitoraggio della sterilità di ogni lotto, al cui interno è inserito un indicatore chimico, a carico
pieno; un sistema di documentazione con etichettatrice, etichette a doppia adesività con indicatore di processo, scheda/verbale di sterilizzazione; sigillatura dei container. Anche sulla scorta di un’esperienza maturata nel
corso di un quinquennio nelle unità di sterilizzazione delle sale operatorie dei quattro PPOO dell’AOU Vittorio
Emanuele di Catania, il nuovo sistema ha incontrato i consensi degli utilizzatori, sia per gli aspetti prettamente
operativi che per quelli legati alla tracciabilità dell’intero processo, comprese le non trascurabili fasi di conservazione e archiviazione dei verbali di sterilizzazione.
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34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O.
La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
WORKSHOP
19 settembre
Sala Verga
I Servizi di gestione
per le strutture ospedaliere
Moderatori:
F. Ripa (Ivrea)
G. Fontana (Milano)
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LA SICUREZZA DEL LAVORO
NEI SERVIZI IN GESTIONE ESTERNA OSPEDALIERI
M. Diodato
Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione
Azienda Ospedaliero Universitaria di Bologna, Policlinico S.Orsola-Malpighi
INTRODUZIONE
L’art. 7 del D.Lgs 626 ha introdotto nel 1994, nel caso di contratto d’appalto o d’opera, obblighi precisi sia a carico dei datori di lavoro committenti che dei datori di lavoro delle ditte incaricate della esecuzione dei lavori aggiudicati. L’evoluzione della legislazione con l’abrogazione del D.Lgs. 626/94 e la pubblicazione del nuovo testo unico D.Lgs. 81/08 ha rafforzato e rimarcato la necessità di tali obblighi, che possono essere riassunti in:
- requisiti tecnico-professionali;
- informazioni da fornire alla ditta appaltatrice;
- cooperazione fra datori di lavoro, appaltatori e committenti;
- coordinamento della prevenzione e promozione della cooperazione a carico del datore di lavoro committente.
CONTENUTI
Nell’art. 26 del D.Lgs. 81/08 la verifica dei requisiti tecnico-professionali deve essere effettuata attraverso l’iscrizione alla C.C.I.A.A., la verifica del D.U.R.C. (documento unico di regolarità contributiva) e l’autocertificazione redatta dalla ditta appaltata. Tale verifica non deve prescindere dalla valutazione del possesso di attrezzature e mezzi d’opera idonei all’esecuzione dei lavori, dall’osservanza dei CCNL, dalla valutazione dell’andamento infortunistico e malattie professionali, dalla formazione e informazione in tema di tutela della salute, dal programma degli
investimenti attuati o previsti sempre in tema di tutela della salute.
Successivamente il legislatore richiede che il committente fornisca all’appaltatore informazioni relative ai rischi presenti nel luogo di lavoro. Queste devono essere tali ed in quantità sufficiente da permettere all’appaltatore di prendere in considerazione i rischi relativi all’ambiente di lavoro e di integrarli con quelli specifici della propria attività
in modo da procedere alla predisposizione delle idonee misure di prevenzione.
La cooperazione, fra lavoratori di diverse imprese e nello svolgimento di un lavoro in un stesso ambiente, è una
prassi consolidata da tempo e legata alla naturale socializzazione che si crea fra le persone; questa si attua molto spesso attraverso l’uso promiscuo di attrezzature. Il legislatore nel riconoscere in modo implicito questa situazione, chiede che la collaborazione non sia esclusivamente limitata alla sola realizzazione dei lavori ma anche estesa alla prevenzione dei rischi sul lavoro; inoltre ai datori di lavoro viene chiesto di informarsi reciprocamente sull’andamento della situazione dal punto di vista della salute e di intervenire per eliminare quei rischi dovuti alle interferenze fra i rispettivi lavori e all’uso comune delle attrezzature. Qualunque sistema mirato ad eliminare i rischi
citati, deve essere comunque attuato attraverso il coordinamento degli interventi di prevenzione e protezione.
Emerge quindi la chiara volontà del legislatore di determinare una maggiore responsabilizzazione del committente nel rapporto con l’appaltatore sugli aspetti di sicurezza del lavoro di quest’ultimo, sciogliendo di fatto qualsiasi
equivoco sulla presunta possibilità di “non ingerenza” del committente che spesso ha favorito condizioni di rischio
per assenza di organizzazione del complessivo lavoro. Il ruolo del committente non ha certo le caratteristiche di
una “ingerenza” vera e propria quanto piuttosto quelle di una concreta e fattiva cooperazione e di coordinamento per garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori. Questa volontà si traduce in termini pratici nell’obbligo da
parte del committente nella predisposizione di un documento unico di valutazione dei rischi interferenti (DUVRI)
specifico per ogni singolo appalto e che contenga, oltre alla valutazione dei rischi, le misure di protezione e prevenzione, le misure di cooperazione e di coordinamento adottate, la stima dei costi per l’adozione delle misure di
sicurezza e prevenzione.
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MONITORIZZAZIONE DEI SERVIZI APPALTATI:
DALLA LOGICA EPIDEMIOLOGICA ALLA LOGICA DI VERIFICA
DELLA QUALITÀ DELLE PRESTAZIONI
A.M. Longhitano
Direzione Sanitaria Azienda Ospedaliera Cannizzaro Catania
INTRODUZIONE
La Direttiva 2004/18/CE del Parlamento Europeo relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi ha introdotto rispetto alla legislazione in materia ( D.L. 358/92 modificato dal D.L. 402/98) alcune novità significative.
L’oggetto dell’intervento normativo, ovvero gli appalti pubblici, interessa le Aziende Sanitarie Pubbliche dal momento che queste indicono gare d’appalto al fine di acquisire beni e servizi.
Infatti, gli acquisti in sanità sono caratterizzati da criticità, difficoltà e situazioni di mercato assolutamente peculiari: basti pensare ai profili di sicurezza, alle norme tecniche specifiche, all’appropriatezza clinica ed in generale alla
complessità ed eterogeneicità di alcuni settori, quale ad es. quello biomedicale. Ciò ha portato negli ultimi anni le
aziende pubbliche a dotarsi di strumenti (procedure, capitolati, criteri di valutazione ecc.…) che nel rispetto della
normativa vigente e attraverso un approccio multidisciplinare consentono loro di effettuare gli acquisti di beni e servizi tenendo conto, sia nella scelta del tipo di gara che nella valutazione, di tutte le peculiarità del caso.
CONTENUTO
I servizi di igiene ambientale in ambito sanitario sono oggetto, per quanto concerne le modalità ed i risultati, di una
crescente attenzione sia da parte degli appaltatori che dalle imprese di servizio e dalle sue associazioni rappresentanti.
La tendenza ormai acclarata di utilizzare contratti di risultato in sostituzione dei contratti di prestazione, comporta, rispetto al passato, un impegno diverso e molto più profondo da condividere tra appaltatore ed appaltante per
quanto concerne come le aspettative del servizio dovranno essere attese.
La direttiva europea del 2004/18 in merito agli appalti di forniture, servizi e lavori, ha introdotto tra l’altro istituti innovativi per il miglioramento della capacità negoziale.
Infatti, in un settore dove il valore dei servizi prestati impatta concretamente e visibilmente sia nella limitazione del
rischio di contaminazione che nella customer satisfaction del cliente/paziente la presenza di apposite linee guida
ed il rispetto delle stesse sono di fondamentale importanza.
Le aree su cui operare per conciliare domanda ed offerta sono:
• Durata del contratto
• Adeguatezza nel riconoscimento economico in funzione del servizio erogato
• Criteri di selezione tra partner di garanzia e semplici fornitori (dialogo competitivo)
Gli obiettivi da raggiungere sono:
• Migliorare i processi di approviggionamento delle Aziende Sanitarie
• Migliorare la qualità dei beni e servizi acquistati
• Consentire alle Amministrazioni di conseguire un’ottimizzazione della spesa
In particolare, le Aziende sanitarie attraverso l’appalto si propongono di ottenere i seguenti obiettivi fondamentali:
1 - acquisire un servizio indispensabile alla funzionalità dell’attività sanitaria, nel rispetto sia delle condizioni igieniche che del patrimonio immobiliare;
2 - attività programmata in grado di mantenere il buon stato di conservazione degli immobili e garantirne la funzionalità d’uso;
3 - una moderna strumentazione tecnica che possa consentire trasparenza e facile accesso alle informazioni relative alla programmazione ed effettuazione delle attività, al fine di interagire con l’Assuntore per il conseguimento degli standard qualitativi previsti;
4 - l’ottimizzazione dei costi del servizio;
5 - la possibilità di controllo e monitoraggio del servizio.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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GLI ATTORI NEL GOVERNO DEI SERVIZI ESTERNALIZZATI
Paladino
(Livorno)
INTRODUZIONE
Le diverse correnti di pensiero, concordano nel definire esternalizzabile esclusivamente ciò che non è “core” dell’ospedale. Viceversa l’esternalizzazione dei servizi ospedalieri sta assumendo, dimensioni non immaginabili fino
a poco tempo fa. Tale tendenza può costituire una “opportunità” per gli ospedali, a condizioni che si accettino “consapevolmente” le conseguenze implicite in questa scelta e che si gestisca da parte dei diversi attori, l’appalto in
un’ottica di partnership.
MATERIALI E METODI
Il percorso che porta ad esternalizzare un servizio ospedaliero, può essere descritto sinteticamente come un “processo” costituito da tre fasi: (1)La Fase Preparatoria alla gara di appalto, (2)La Fase della Gara e (3)La Fase della Gestione dell’appalto. Gli attori coinvolti sono la Direzione Aziendale che appalta il servizio ed i relativi servizi
amministrativi (Appaltatore), i Professionisti sanitari dell’ospedale, la Direzione Medica di Presidio (DiMP) dell’ospedale,
la ditta fornitrice del servizio (Appaltato), il Produttore dei materiali e delle tecnologie che saranno utilizzate dall’appaltato per garantire il servizio stesso e ove esistente, l’Ente per l’Assistenza Tecnico Amministrativa di Area
Vasta (Estav). Ogni uno di questi attori ha compiti e funzioni specifiche. L’appaltatore definisce gli obiettivi che si
pone con la esternalizzazione del servizio e non solo i limiti economici del contratto che si presta a sottoscrivere.
In questo senso se è all’Estav che compete la nomina del collegio tecnico chiamato a redigere il capitolato di appalto, è l’appaltatore che stabilisce quali servizi intende esternalizzare e quali livelli di qualità si aspetta. La esternalizzazione dei servizi dovrebbe infatti costituire l’occasione per ripensare in chiave critica ai servizi e alla qualità
che l’ospedale offre ai suoi assistiti. Il capitolato di appalto deve contenere in maniera chiara gli obiettivi che il servizio posto in appalto deve conseguire lasciando alla ditta che intende partecipare alla gara il peso della progettazione tecnica che sarà poi valutata in fase di aggiudicazione della gara. Tale “onere” consente all’appaltato di sviluppare insieme al proprio produttore tutte le competenze che ne fanno un professionista qualificato capace di coniugare innovazione e contenimento dei costi. Solo in tale chiave ha senso esternalizzare: Porre nel capitolato la
descrizione pedissequa della prestazione che si intende ricevere oltre che mortificare le capacità imprenditoriali dell’appaltato, rischia di inficiare la capacità di controllo che la DiMP è chiamata a svolgere durante la fase della gestione dell’appalto. Superata sia la fase preparatoria alla gara, nella quale l’evento limite è la definizione del capitolato di appalto, che la fase della gara con la aggiudicazione dell’appalto, si arriva, ricorsi permettendo, alla fase
della Gestione dell’appalto. Questa si caratterizza per la necessità di stringere una “patto di solidarietà” (partnership) tra appaltato e appaltatore che abbia come fine ultimo il superamento dei diversi problemi che ogni appalto, specie nelle fasi di avvio, porta con sé. In questa fase le principali attività sono l’erogazione del servizio, il controllo ed il pagamento da parte dell’appaltatore per il servizio ricevuto. Il controllo deve essere di chi è chiamato a
governare nel suo insieme i servizi ospedalieri e quindi non può che essere che della DiMP.
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I CRITERI DI ACCREDITAMENTO VOLONTARIO DEI SERVIZI DI PULIZIA E
SANIFICAZIONE AMBIENTALE
G. Finzi., C. Lazzari.
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico S.Orsola-Malpighi
INTRODUZIONE
L’igiene ambientale del presidio ospedaliero svolge un servizio ad alto impatto sulla qualità della cura, non solo per
le implicazioni sul comfort alberghiero, ma anche per le implicazioni sulla efficacia ed efficienza dei servizi sanitari. Le Azienda Sanitarie ricorrono sempre più di frequente all’utilizzo di produttori esterni (outsourcing) per la progettazione e la successiva gestione del servizio di pulizia e sanificazione. Associazioni professionali e scientifiche
hanno affrontato insieme un percorso di ricerca volto a delineare Linee Guida di accreditamento volontario dei servizi di pulizia e sanificazione ambientale con l’obiettivo di predisporre un nuovo modello in grado di garantire al contempo i livelli igienici e qualitativi attesi in ambito del servizio di pulizia negli ospedali e di migliorare l’integrazione
del servizio stesso con le attività svolte in ambito ospedaliero, al fine di soddisfare le necessità del cliente interno
e dell’utenza esterna.
Lo scopo delle linee guida è duplice: valutare l’organizzazione delle aziende che erogano il servizio di pulizia da
una parte e controllare il rispetto degli condizioni presenti nello specifico appalto tra il Committente ed Assuntore.
CONTENUTI
Lo strumento proposto per eseguire questo tipo di valutazione è rappresentato dal processo di accreditamento
volontario: è uno strumento utile per assicurare che l’organizzazione che assume il compito di erogare il servizio
di pulizia e sanificazione ambientale abbia i requisiti e la giusta competenza per svolgere quel compito specifico,
il tutto calato nella singola realtà ospedaliera. Il modello sul quale si è ragionato per proporre un sistema di accreditamento, è il modello dell’“approccio per processi” della norma ISO 9001:2000. Tale approccio consiste nella capacità di gestire le attività di una determinata organizzazione attraverso l’identificazione e il controllo dei relativi processi ed interazioni in modo sistematico ed organico. Rispetto al passato è quindi necessario associare alla verifica dei livelli di qualità accettabili LQA una valutazione del sistema di pulizia e sanificazione ambientale basata su
un approccio per processi. In questo modo si viene ad integrare il controllo degli indicatori di risultato con indicatori di processo.
Particolare attenzione viene riservata al sistema dei controllo in Azienda: il servizio di pulizia e sanificazione ambientale è un processo ON/OFF e dai controlli effettuati sull’ambiente ospedaliero deve emergere un unico risultato: pulito o sporco (non “pulito solo in parte”). Non deve quindi passare l’idea per cui sia possibile accettare uno
stato di “non conformità” nelle aree dell’ospedale alto rischio per il paziente. Le aree più critiche dell’ospedale devono sempre essere necessariamente pulite: LQA deve essere quindi uguale ad 1. Per i Percorsi ad elevata intensità
di traffico aree Extrasanitarie ed aree di Servizio l’LQA può rimanere in linea teorica inferiore ad 1, anche se è auspicabile che vengano raggiunti i massimi livelli di qualità in tutti gli ambienti ospedalieri, in particolar modo per alcuni elementi presenti all’interno di tali aree. E’ quindi necessario associare alla logica dei controlli di aree ospedaliere a maggiore e minor rischio per i pazienti ed operatori sanitari, la logica dei controlli di elementi considerati critici indipendentemente dall’area in cui si trovano. Tali elementi devono risultare sempre conformi a seguito delle verifiche di controllo.
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LA ESTERNALIZZAZIONE DEI SERVIZI, QUALI VANTAGGI PER I PAZIENTI?
A.Lenzi
(Grosseto)
INTRODUZIONE
Ancora pochi decenni fa negli ospedali le mansioni oggi denominate “no core” erano svolte da personale interno,
con grosse squadre di operai spesso poco specializzati ma con una ancora sufficiente capacità operativa, in sistemi non ancora troppo complessi. Negli anni successivi si è cominciato ad esternalizzare tali servizi (nel tempo
pulizie, vitto, logistica, rifiuti speciali, servizi manutentivi, ecc…), “portando fuori” settori accessori della vita ospedaliera per ovviare alla carenza di personale e concentrandosi sulla parte sanitaria, il “core businnes” aziendale.
Questo ha dato anche la possibilità di riutilizzare il personale interno in altre mansioni più cogenti anche se con risultati controversi. Molto si è dibattuto sui vantaggi economico-qualitativi dei nuovi appalti, ma quante volte ci si
è interrogati sulla ricaduta di tali contratti direttamente sull’utente?
CONTENUTO
Nell’eterna questione “make or buy”, si espande dagli anni ’80 la fase dell’acquisto di prestazioni presso aziende
private che proprio in quegli anni si affacciano sul mercato e si specializzano. Tra le motivazioni, oltre alla citata
carenza di personale, c’è indubbiamente la sensazione di un processo che pare funzionare economicamente ed i
vantaggi portati da un regime “misto” che crea occasioni di incontro di esperienze e genera maggior know how
per tutti. Questi nuovi appalti, anche se non nati per migliorare la situazione dei pazienti, quali vantaggi portano –
appunto – agli utenti stessi? L’analisi andrebbe probabilmente suddivisa per tipo di appalto, ma tenendo la riflessione a livello generale, si possono annotare tra i vantaggi la maggiore possibilità per il malato di far sentire la propria voce e accedere a forme di verifica, suggerimento e contestazione del servizio, in quanto tali appalti si portano con sè quasi sempre un sistema evoluto di rintracciabilità dell’intervento e di questionari per sondare il gradimento anche da parte dell’utenza. Migliora, ad esempio, la possibilità per il paziente di conoscere la data dell’ultimo cambio del filtro del condizionatore, cosa solo pochi anni fa difficilmente raggiungibile. In linea teorica, grazie alla manutenzione programmata, dovrebbero anche diminuire le richieste di piccoli malfunzionamenti negli ambienti, mentre il maggiore livello di specializzazione del personale (si passa dal cacciavite ai notebook, dalla tuta
ai camici bianchi…) dovrebbe portare con sé una maggiore efficacia nei confronti delle vecchie squadre formate
spesso da “tuttofare” con bassi livelli di specializzazione e difficilmente gestibili. Tra i punti peggiorativi si possono invece annoverare una maggiora difficoltà di dialogare con l’operatore (spesso subappaltatore) nei confronti di
uno interno ben rintracciabile, una standardizzazione forte dei processi, in cui spesso si tende, ad es. per il settore vitto, a privilegiare la non nocività degli alimenti nei confronti delle loro caratteristiche organolettiche o nelle pulizie ad elaborare procedure e protocolli quando non sempre si è raggiunta la massima pulizia ed igiene. Come si
vede, però, le negatività citate non sono legate alla esternalizzazione in sè, ma alla eventuale (molto diffusa) mancanza di controlli interni.
CONCLUSIONI
Nell’eterna disputa tra sistemi di servizi interni alle Aziende sanitarie ed esterni, anche spostando il focus sui risultati
dal punto di vista dell’utenza, non esiste quindi un sistema intrinsecamente superiore all’altro. Realisticamente si
può dire che con le attuali dotazioni di personale che residua alle Aziende sanitarie (non reintegrabili con le attuali restrizioni normative) appare opportuno sperimentare forme più o meno avanzate di esternalizzazione
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
WORKSHOP
19 settembre
Sessione parallela in collaborazione con Gilead
Sala Verga
I Progetti di Sanità Pubblica
Moderatore:
A. Appicciafuoco (Firenze)
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PROGETTO BAGNACAVALLO: ESEMPIO CONCRETO D’INTEGRAZIONE
TRA OSPEDALE E TERRITORIO PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE
P. Giacomoni, FG Foschi, F.Dazzani, S.Savini, M.Bianchin, GF Stefanini, T. Casetti, G.Re
Dipartimento di Medicina Interna I, Dipartimento di Gastroenterologia, Distretto Sanitario di Lugo, AUSL di Ravenna
INTRODUZIONE
La salute è una risorsa dell’intera collettività. L’applicazione di misure di prevenzione ha portato ad allungare significativamente la vita, diminuendo drasticamente minorazioni ed invalidità. La sfida dei prossimi anni è rappresentata dalle malattie croniche, soprattutto quelle paradossalmente causate proprio dal benessere di cui oggi godiamo. Molti fattori di rischio possono essere rimossi adottando corretti stili di vita e portando di conseguenza ad
una riduzione significativa dell’incidenza di tali patologie.
La steatosi e la steatoepatite non alcolica (NASH) sono diventate le maggiori forme di epatopatia cronica del mondo occidentale, superando per incidenza tutte le altre forme di malattie epatiche (virali, autoimmuni,…), arrivando
a interessare fino al 25% della popolazione generale. E’ ormai chiaro che queste patologie sono strettamente correlate ad alterazioni metaboliche quali l’ obesità, il diabete, le iperdislipidemie, che a loro volta sono spesso la diretta conseguenza di uno stile di vita caratterizzato da eccessiva e scorretta alimentazione.
METODI
Dal luglio 2006, tutti i residenti del Comune di Bagnacavallo (Ravenna) di età compresa fra 30 e 60 anni (6920 cittadini) sono stati invitati a eseguire un prelievo ematico (assetto metabolico, funzionalità epatica, markers virali) e
una intervista (dati antropometrici, stile di vita, anamnesi patologica,…). A tal fine sono state impiegate in modo
integrato cospicue risorse fornite dalla AUSL di Ravenna (personale medico e infermieristico, esami bioumorali),
dal Comune di Bagnacavallo (supporto logistico-amministrativo, informazione ai cittadini), dalla Croce Rossa Italiana e da associazioni di Volontariato locale (personale adeguatamente addestrato). In tutti i casi con esami epatici alterati, e in gruppi di controllo selezionati (obesi, iperlipidemia, eccessivo consumo di alcol, normali), è stata
eseguita anche una ecografia del fegato. A tutti i soggetti con alterazioni metaboliche sono stati forniti consigli e
appositi manuali contenenti indicazioni alimentari e di stile di vita; a tutti i cittadini con esami epatici alterati è stata eseguita anche una visita specialistica (oltre alla ecografia).
RISULTATI
Allo stato attuale sono stati valutati 2866 abitanti (62% degli invitati, 1334 maschi, 1532 femmine, età media 49
anni). Le transaminasi sono risultate alterate nel 10% dei casi, la gammaGT nel 16%, HBsAg positivo nello 0.7%,
HCV Ab positivo nello 0.9%; al 55% dei soggetti è stata riscontrata ipercolesterolemia, al 15% ipertrigliceridemia,
al 27% ipertensione, al 14% obesità, al 5% iperglicemia; il 17% ha dichiarato eccessivo consumo di alcol, il 38%
fuma; sono state eseguite 954 ecografie, con riscontro di steatosi nel 55% dei casi; sono state date indicazioni
alimentari e sullo stile di vita a 1724 cittadini, e sono state eseguite 431 visite specialistiche epatologiche.
CONCLUSIONI
Il “Progetto Bagnacavallo” si conferma come vasto e innovativo studio sulla prevalenza e storia naturale della NAFLD
e della s.metabolica nella popolazione generale, reso possibile grazie alla fattiva e concreta collaborazione fra varie tipologie di Istituzioni, con il proponimento di migliorare lo stato di salute dei cittadini (che diventano pure essi
parte attiva del progetto nella misura in cui partecipano consapevolmente allo screening) tramite opportune indicazioni per correggere le abitudini alimentari e lo stile di vita, nonché una eventuale consulenza specialistica, e un
adeguato follow up nel tempo.
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
WORKSHOP
19 settembre
Sessione parallela in collaborazione con Steritalia e Servizi Italia
Sala Verga
Outsourcing per l’innovazione nella gestione
dello strumentario chirurgico:
da ferri chirurgici a dispositivi medici sterili
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IL RUOLO DELLO STRUMENTARIO SUL RISCHIO CLINICO:
ASPETTI EPIDEMIOLOGICI, NORMATIVI E MEDICO LEGALI
U. Staccini
Presidente Steritalia Spa
INTRODUZIONE
Per strumentario chirurgico dobbiamo genericamente intendere “ferri chirurgici” propriamente detti ed ogni altro materiale utilizzato in attività mediche invasive siano essere terapeutiche o diagnostiche.
Lo “strumentario chirurgico” è ricompreso in una più ampia classificazione dei “dispositivi medici” la cui produzione
ed utilizzo sono regolamentati dalla Direttiva Europea 93/42 CEE recepita in Italia con Decreto Legislativo 46/97
che ha cambiato in Europa ed in Italia il modo di produrre, commercializzare ed utilizzare i dispositivi medici.
CONTENUTI
La relazione si prefigge di offrire un contributo per analizzare lo stato attuale della applicazione della norma non
tanto sui dispositivi medici monouso – per i quali le responsabilità degli Operatori Sanitari sono ridotte alle sole
fasi di utilizzo – ma per tutti i dispositivi medici riutilizzabili il cui ricondizionamento è affidato a personale, strutture, metodiche non sempre conformi alle normative e direttive.
Nelle valutazioni di rischio clinico, le procedure invasive, e le procedure chirurgiche in particolare, rappresentano circa il 25% di tutti gli eventi avversi. Di tali complicanze una significativa percentuale risulta essere attribuibile all’uso dei dispositivi medici.
Nel Blocco Operatorio assistiamo ad una costante innovazione nella specificità e nella quantità dell’armamentario chirurgico che pone gli Operatori (Personale Medico ed Infermieristico) in diretta responsabilità nell’utilizzo e nella gestione di un parco tecnologico sempre più complesso.
Le procedure, le tecnologie e le caratteristiche ambientali delle aree adibite al ricondizionamento non sempre
rispondono alle direttive che ne governano l’adeguatezza (in particolare DPR 14 Gennaio 1997, Legge 626/94
e s.m.i., normativa di riferimento per impatto ambientale per lo smaltimento dei reflui di processo).
Nell’attuale contesto normativo europeo, in cui si tende a rendere evidente e tracciabile il rigore nel controllo dei
processi e che comporta risorse e competenze non sempre disponibili, al “governo clinico” competono maggiori responsabilità di tipo etico e giuridico nell’operare scelte non sempre sostenibili dalla Struttura Sanitaria
che può delegare all’outsourcing responsabilità per la ricerca delle risorse e per la soluzione delle problematiche ricorrenti.
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I SISTEMI PER LA GESTIONE DELLA QUALITÀ E DEL RISCHIO DEI
DISPOSITIVI MEDICI STERILI
S. Cencetti, C. Basili
Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico di Modena
PREMESSA
L’innovazione tecnologica che caratterizza il settore dei dispositivi medici genera importanti ricadute assistenziali. Affinché i vantaggi raggiunti in questo campo possano produrre miglioramenti in termini di efficacia terapeutica
e di qualità delle cure, è necessario garantire il rispetto dei requisiti di sicurezza previsti dalla Direttiva Europea 92/43
che vanno perseguiti, non solo come adempimento alla normativa vigente, ma come strumento per assicurare il
massimo livello di protezione della salute dei pazienti e degli utilizzatori dei dispositivi medici, in un’ottica di clinical governance aziendale.
OBIETTIVI
Il progetto rappresenta un modello sperimentale di gestione del rischio attraverso il quale realizzare un sistema di
governo delle attività legate alla produzione e all’utilizzo di dispositivi medici sterili di tipo invasivo. Il ricorso a metodologie riconducibili all’area del miglioramento continuo e del controllo del rischio, permette di raggiungere obiettivi quali l’identificazione dei pericoli e la conseguente riduzione del rischio associato al dispositivo medico.
METODI
Il progetto si sviluppa secondo la metodologia proattiva di gestione del rischio che mira alla individuazione ed eliminazione delle criticità del sistema prima che l’incidente o l’evento avverso si verifichino. È basata sull’analisi dei
processi secondo la norma UNI EN ISO 14971: 2004 e si articola nelle seguenti fasi:
– analisi del rischio;
– stima del rischio;
– valutazione del rischio;
– controllo del rischio;
– valutazione del rischio residuo;
– informazioni post-produzione.
RISULTATI
Lo studio ha permesso di raggiungere i seguenti risultati:
– identificazione dei pericoli associati ad ogni fase del ciclo di vita del dispositivo medico;
– stima della probabilità e gravità del rischio associato ad ogni pericolo;
– identificazione delle misure correttive per la riduzione del rischio;
– sistema di segnalazione e monitoraggio degli eventi avversi.
CONCLUSIONI
L’analisi condotta rappresenta un metodo di lavoro che offre alle strutture sanitarie la garanzia di erogare processi assistenziali sicuri nel rispetto dei requisiti previsti dalla normativa attualmente vigente nel settore dei dispositivi medici. Permette pertanto di realizzare un sistema di governo capace di migliorare l’appropriatezza, la qualità e
la sicurezza della prestazione chirurgica erogata.
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OUTSOURCING PER L’INNOVAZIONE NELLA GESTIONE
DELLO STRUMENTARIO CHIRURGICO:
DA FERRI CHIRURGICI A DISPOSITIVI MEDICI STERILI
G. Lippi
Azienda Sanitaria di Firenze
Sapere quanto costa la disponibilità dello strumentario chirurgico sterile rappresenta sia: (1) un utile complemento per la misurazione economica dei costi delle sale operatorie, ma soprattutto: (2) uno strumento indispensabile
per la pianificazione strategica sul lungo periodo (make or buy, ovvero: faccio in casa oppure esternalizzo il processo?).
Lo sviluppo di un costo pieno di prodotto per questo oggetto del costo (“dispositivi chirurgici sterili”) presenta notevoli difficoltà, tanto da poter essere affrontato solo attraverso strumenti contabili sofisticati (Activity-Based Costing, ABC).
Il presente articolo sviluppa una analisi dei costi estesa a tutto il processo di acquisizione-manutenzionesterilizzazione-movimentazione dello strumentario.
In sintesi: le immobilizzazioni di capitale sono notevoli (circa 12 milioni di euro per gestire un output di 20.000 interventi chirurgici all’anno), i costi variabili tutt’altro che indifferenti (circa 60 € per intervento chirurgico). L’analisi
costi-volumi (break-even analysis) suggerisce un punto di pareggio di 145 € / intervento, sempre per una centrale di sterilizzazione in grado di sostenere 20.000 interventi all’anno. Per motivi di economia di scala, a volumi inferiori corrispondono costi superiori.
In conclusione, si può affermare come scelte consapevoli di esternalizzazione non possano prescindere dalla disponibilità di analisi dei costi ancorché sofisticate.
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
TAVOLA ROTONDA
20 settembre
Le Regioni tra riqualificazione del SSN e l’affermazione di un
nuovo welfare: i Piani di rientro nelle esperienze regionali
Moderatori:
A.Rampa (Monza)
V. Raiola (Salerno)
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L’ATTENZIONE ALLA DOCUMENTAZIONE SANITARIA
G.Matarazzo
RISCHIO CLINICO E QUALITÀ DELLA DOCUMENTAZIONE SANITARIA
Di recente, si è svolto a Napoli un importante convegno scientifico, organizzato dall’Associazione Nazionale Medici delle Associazioni Ospedaliere (ANMDO), avente per titolo “La sicurezza del paziente e la gestione del rischio”.
Un particolare ringraziamento va al Dott. Bruno Zamparelli, Presidente Regionale ANMDO che, nell’organizzazione dell’evento, ha concepito il programma con le più recenti vedute sui molteplici aspetti della gestione del
rischio clinico di particolare interesse per i colleghi impegnati nelle Direzioni Sanitarie degli ospedali.
Elevato, pertanto, è stato il numero dei partecipanti con iscrizioni di colleghi provenienti anche dalle altre Regioni.
Ho avuto occasione di tenere nell’ambito della sessione “Le aree prioritarie di interesse del rischio clinico”, la
relazione sulla “Attenzione alla documentazione sanitaria”.
Risulta di tutta evidenza che nell’ambito della gestione del rischio clinico, che rientra nel più vasto capitolo della Clinical Governance, una posizione di rilievo è dovuto alla “qualità” della documentazione sanitaria.
Affermazione che sembra ovvia e alquanto scontata, ma chi ha esperienza di Direzione Sanitaria, sa bene che
così non è.
Periodicamente, non solo sulla stampa specializzata, ma anche sui quotidiani a larga diffusione, compaiono articoli di stampa che hanno come riferimento gli errori medici i cui titoli enfatizzano molto tali aspetti.
Pur se il fenomeno esiste e trova rispondenza sia negli aspetti organizzativi che comportamentali, è il caso di
ribadire che la percentuale è alquanto contenuta e bisogna dare atto ai medici ed agli operatori sanitari che l’assistenza sanitaria in Italia è di ottima qualità tale che il nostro Paese è il secondo al mondo per la qualità del servizio offerto da difendere strenuamente per il principio dell’equità ed universalità.
Ma è sull’importanza della documentazione sanitaria che mi voglio soffermare, e per essa della “cartella clinica”, la cui qualità è condizionata dalla disponibilità dei dati riportati.
La cartella clinica costituisce indispensabile fonte di notizie relative al percorso diagnostico-terapeutico del paziente e a valutazioni di tipo epidemiologico, che risultano essere le basi fondamentali per lo studio clinico, per
la ricerca scientifica e per la programmazione sanitaria.
È esperienza comune trovare cartelle cliniche incomplete ed illeggibili, difficili da consultare: assai spesso lacunose
per la scarsa propensione di coloro che la redigono, per l’accavallarsi in disordine di notizie relative ad affezioni od a sintomi vari simultaneamente presenti: definibili, in breve, di scarsa qualità.
Ormai tutti riconoscono l’importanza vitale delle cartelle cliniche e siamo d’accordo che, spesso, sono male impostate per noncuranza ma anche per la scarsa importanza data al problema durante il corso di laurea ed il tirocinio clinico cui sono sottoposti i laureandi in Medicina.
La cartella clinica, la sua regolare compilazione, la sua conservazione costituiscono una delle più chiare forme
di attività ospedaliera ed un indice insostituibile della qualità delle prestazioni erogate, uno standard cioè senza il quale la programmazione ed individuazione della diagnosi e della terapia conseguenti non possono essere logicamente garantite e controllate.
La cartella clinica si fonda sugli aspetti di contenuto e formali.
Per gli aspetti di contenuto è utile che la cartella clinica sia compilata in ogni sua parte quale quella per l’individuazione del paziente, l’anamnesi remota e prossima, l’esame obiettivo e gli aspetti collegati all’evoluzione della malattia con la compilazione del diario clinico e la conseguente terapia prescritta e praticata.
Ma importanza rivestono anche gli aspetti di natura formale con particolare attenzione alla leggibilità, alla chiarezza, alla tempestività, all’autenticazione, alla contestualità.
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MISURE DI RAZIONALIZZAZIONE E POTENZIAMENTO DEL SSR UMBRO
M. Rizzo
INTRODUZIONE
Il SSR umbro, nel rispetto della natura universalistica della sanità pubblica, intende perseguire la compatibilità fra
la globalità dell’assistenza offerta ai cittadini e il controllo dei costi attraverso misure di razionalizzazione della spesa, senza ridurre il livello di erogazione delle prestazioni.
Dal momento che nessun intervento può essere proposto valutando solamente le sue ricadute economico finanziarie, gli interventi di razionalizzazione e potenziamento del SSR si pongono all’interno degli indirizzi progettuali
del PSR; la cadenza temporale e la dimensione quantitativa degli interventi tengono conto pertanto della cornice
programmatica in cui essi sono stati pensati, una cornice fortemente improntata dall’affermazione del diritto alla
salute per tutti i cittadini.
CONTENUTI
La Regione Umbria ha previsto interventi per la razionalizzazione del SSR che ruotano intorno a quattro grandi aree:
• depurare delle ridondanze la rete ospedaliera regionale;
• sperimentare il Consorzio regionale dei servizi amministrativi;
• aumentare l’efficienza nella razionale utilizzazione del personale del SSR;
• attuare specifiche misure che riguardano rette e convenzioni, farmaceutica territoriale ed ospedaliera, laboratori unici aziendali e unificazione di presidi e dipartimenti aziendali.
Gli interventi per il potenziamento del SSR sono relativi, in particolare, alle aree della sicurezza nei luoghi di lavoro, della prevenzione secondaria e della salute mentale, dei consultori e servizi per l’età evolutiva.
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
Sessioni Parallele
18 settembre
Sala Raya
Il controllo delo rischio infettivo e la direzione sanitaria
I Parte
Moderatori:
M.A. Vantaggiato (Cosenza)
F.Auxilia (Milano)
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POLICIES AZIENDALI
A. Barbato
INTRODUZIONE
Nel panorama della gestione del rischio clinico, le complicanze infettive hanno un elevato impatto clinico ed economico e sono evitabili con l’adozione di misure di provata efficacia.
CONTENUTI
Con le circolari n. 52 del 1985 e n°8 del 1988 del Ministero della Sanità prende origine il coordinamento a livello
nazionale dell’attività di lotta alle infezioni ospedaliere prevedendo la costituzione di apposite Strutture Operative
per gestire il Programma di Controllo delle Infezioni Ospedaliere (Comitati per le Infezioni Ospedaliere).
Il C.I.O. (circolare 52/1985) deve comprendere almeno un rappresentante delle Aree Funzionali coadiuvato dal Direttore Sanitario Aziendale, un Dirigente del personale infermieristico e, deve essere composto in maggioranza da
esperti di Igiene, Malattie Infettive e Microbiologia.
Il Piano Sanitario Nazionale 1998-2000, parte seconda, punto 3 “La promozione della salute”, individua, fra gli obiettivi generali per la promozione della salute, la riduzione delle “malattie associate a condizioni igieniche” ed altre fortemente influenzate dall’efficienza del sistema sanitario”, identificando la prevenzione delle infezioni ospedaliere
come un’area prioritaria di intervento.
Importante obiettivo definito:“attivare un programma per la sorveglianza, la prevenzione e il controllo delle infezioni in ogni presidio ospedaliero, orientato sia ai pazienti sia agli operatori sanitari. Tale programma rappresenta un
criterio di accreditamento della struttura e deve prevedere l’istituzione di un Comitato di controllo delle infezioni
ospedaliere, l’assegnazione di specifiche responsabilità gestionali a personale qualificato e la definizione di politiche di intervento e di protocolli scritti”.
Il Piano Sanitario Regionale 2002 – 2004 sviluppa ulteriormente gli interventi di prevenzione e controllo delle Infezioni Ospedaliere al punto 5.2.2.3 “Azione programmata di lavoro e salute” prevedendo interventi mirati di prevenzione
e tutela della salute anche all’interno delle strutture sanitarie; ed inserisce fra gli obiettivi prioritari la riduzione dell’incidenza delle infezioni ospedaliere di almeno il 25%.
Il Piano Sanitario Regionale 2005/2007, prevede al punto 3.4.9.1 le attività di governo clinico mirate alla gestione
del Rischio Clinico ed alla tutela della Sicurezza del paziente nell’ottica della promozione del miglioramento della
qualità dell’assistenza.
Epidemiologicamente la frequenza della comparsa di una complicanza infettiva è stimata del 5-10% nei ricoverati in Ospedale, del 5% nei ricoverati in RSA e dell’1% negli assistiti a domicilio.
Negli ultimi anni si è assistito ad un cambiamento della tipologia delle infezioni in relazione, da una parte all’evoluzione delle procedure assistenziali: diminuzione della durata della degenza, erogazione di procedure sempre più
complesse non solo in ospedale ma anche in Residenza Sanitaria Assistenziale o a domicilio, dall’altra alla tipologia dei pazienti per l’aumento dei pazienti anziani con pluripatologia.
Tali processi infettivi si definiscono pertanto Infezioni Correlate a Processi Assistenziali (ICPA).
CONCLUSIONI
Gli obiettivi aziendali sono 3.
Valorizzazione della commissione sulle infezioni ospedaliere attraverso il potenziamento di alcune figure e l’introduzione di nuove: direttori sanitari d’azienda, direttori sanitari di presidio, medici di medicina generale, medici
di distretto, strutture infermieristiche ospedaliere.
Standardizzazione di indicatori di attività e di risultato: studi di prevalenza; sorveglianza delle antibiotico resistenze
(rete regionale); studi di incidenza da infezione da ferita chirurgica; definizione di pratiche assistenziali standard “evidence based”; partecipazione attiva all’archivio regionale dei dati epidemiologici.
Partecipazione rete regionale attraverso debito informativo.
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IL CONTROLLO DEL RISCHIO INFETTIVO E LA DIREZIONE SANITARIA:
ASPETTI ORGANIZZATIVI
R. Cocconi
Direzione Medica Ospedaliera
Azienda Ospedaliero-Universitaria “Santa Maria della Misericordia” - Udine
INTRODUZIONE
Le recenti linee-guida CDC per l’isolamento dei pazienti pongono particolare enfasi sugli aspetti amministrativi, intesi come elementi facilitanti il completo raggiungimento degli obiettivi di riduzione del rischio infettivo. Tra questi
l’inserimento del programma per il controllo del rischio infettivo tra gli obiettivi di sicurezza del paziente e degli operatori sanitari (come suggerito anche dai più recenti standard di accreditamento degli ospedali della Joint Commission International) e la cultura della sicurezza all’interno delle organizzazioni sanitarie intesa a rafforzare i comportamenti proattivi nei confronti dell’evento avverso.
CONTENUTI
Per assicurare che le istanze preventive, nello specifico quelle inerenti il rischio infettivo, non siano percepite come
elementi indipendenti nello svolgimento delle attività cliniche e assistenziali, è necessario che l’intera organizzazione sia consapevole e responsabilizzata in maniera attiva.
Le raccomandazioni internazionali pongono quindi particolare attenzione alla struttura organizzativa e al coordinamento delle attività di prevenzione e controllo del rischio infettivo.
Già la normativa italiana sull’argomento aveva individuato nel 1985 il Comitato per le Infezioni Ospedaliere (CIO)
ed il Gruppo Operativo quali elementi minimi per la promozione e la gestione dei programmi per la riduzione del
rischio infettivo, con l’intenzione di “assicurare un’operatività continua in materia di Infezione Ospedaliera”. Tuttavia negli anni tale organizzazione ha dimostrato punti di caduta dovuti, in sintesi, a difetti di penetrazione del programma tra i clinici e il personale di assistenza.
La necessità di rafforzare le azioni di prevenzione e controllo al “letto del malato” è affermato anche nelle gia menzionate linee-guida CDC in cui viene definito l’ “Infection Control Nurse Liason” ovvero l’infermiere che ha ricevuto adeguata formazione di base sulla prevenzione e controllo delle infezioni ma che mantiene il suo ruolo assistenziale
primario e rappresenta il “legame” tra i professionisti addetti al controllo delle infezioni ed il personale del reparto.
In base a ciò si ribadisce l’importanza della rete collaborativa dei “referenti” di reparto per la prevenzione e controllo del rischio infettivo, formata da medici e infermieri individuati sulla base della competenza ed interesse nel
campo della prevenzione e controllo delle infezioni correlate alle pratiche assistenziali. Le attività dei referenti di reparto dovrà essere prevista tra le funzioni e/o compiti assegnati ai singoli professionisti e svolta all’interno dell’orario
di lavoro. Al fine di educare i professionisti e aumentare la loro compliance al programma, la loro partecipazione
ad incontri ed attività specifiche, anche presso la propria sede di lavoro, può essere formalizzata sviluppando specifici progetti di formazione sul campo, secondo le indicazioni dell’ECM (Educazione Continua in Medicina).
Pertanto l’assetto organizzativo per il coordinamento del programma di riduzione del rischio infettivo potrebbe individuare le seguenti articolazioni: Comitato di indirizzo, con funzioni strategiche di promozione e supporto del programma; Gruppo Operativo per la prevenzione e il controllo del rischio infettivo (1° livello), con funzioni operative
e di gestione del programma; Gruppo Allargato per la prevenzione e il controllo del rischio infettivo (2° livello), con
funzioni di supporto e consulenza specialistica al Gruppo Operativo su temi specifici del programma; Rete Collaborativa del referenti di reparto (3° livello), con funzioni e compiti inerenti l’applicazione delle azioni previste dal programma, presso ogni articolazione organizzativa.
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
Sessioni Parallele
18 settembre
Sala Raya
Il controllo delo rischio infettivoe la direzione sanitaria
II Parte
Moderatori:
R.Predonzani (Imperia)
A.Appicciafuoco (Firenze)
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SORVEGLIARE PER CONTROLLARE:
LA MISURA COME STRUMENTO DI MIGLIORAMENTO
A. Agodi1, C. Pasquarella2
1Dipartimento di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Catania
2Dipartimento di Sanità Pubblica, Università degli Studi di Parma
INTRODUZIONE
La sorveglianza epidemiologica delle infezioni correlate all’assistenza (ICA), intesa come sistematica raccolta, analisi e disseminazione dei dati, rappresenta lo strumento essenziale nel controllo delle infezioni. Ci può essere il controllo delle infezioni senza sorveglianza ma chi agisce senza misurare, agisce senza uno dei più importanti strumenti della scienza: non potrà conoscere la qualità del proprio programma; non riuscirà ad identificare le priorità
e a valutare l’efficacia degli interventi di controllo; avrà difficoltà a supportare la necessità di miglioramento (Wenzel, 1988). Infatti, l’obiettivo principale della sorveglianza epidemiologica è il miglioramento della qualità dell’assistenza e la riduzione del tasso di infezioni. Semmelweis per primo utilizzò la sorveglianza per il controllo delle sepsi puerperali e più tardi il progetto SENIC pose le basi scientifiche a sostegno della misura per il controllo delle ICA.
Numerosi studi hanno dimostrato come l’implementazione di programmi di sorveglianza epidemiologica abbia portato ad una riduzione delle infezioni, in particolare, si stima una riduzione tra il 24 e il 57% per le infezioni del sito
chirurgico e del 20-29% per le infezioni in Unità di Terapia Intensiva, UTI (Gastmeier, 2007).
La riduzione delle infezioni viene attribuita all’effetto Hawthorne, cioè la tendenza a comportarsi meglio se osservati, alla migliorata comunicazione tra personale di reparto e addetti al controllo delle infezioni, con la conseguente
maggiore consapevolezza e adesione alle misure di controllo, e agli interventi nella strategia di controllo conseguenti all’attività di sorveglianza.
CONTENUTI
Presso la Clinica Urologica dell’AOU Vittorio Emanuele, Ferrarotto, S. Bambino di Catania è stato condotto uno
studio di sorveglianza patient-based al fine di valutare l’efficacia del feedback al personale nel ridurre l’incidenza
delle ICA e di costruire una serie di indicatori utili al benchmarking. Questo studio ha dimostrato l’efficacia del programma di sorveglianza e controllo nel ridurre significativamente i tassi di ICA, evidenziando il ruolo critico della
misura nel miglioramento della qualità dell’assistenza.
Nello studio di prevalenza con misure ripetute condotto presso la stessa AO, uno studio pilota è stato seguito dall’implementazione di un programma di controllo e da quattro misure di prevalenza, ripetute a intervalli di tre mesi
l’una dall’altra nei 20 reparti chirurgici dell’Azienda. Utilizzando l’approccio population-averaged, mediante generalized estimating equations è stato evidenziato un trend decrescente della prevalenza delle ICA, dimostrando l’efficacia del programma di controllo e l’importanza del miglioramento della profilassi antibiotica perioperatoria.
Infine, il GISIO della SItI ha coordinato il progetto SPIN-UTI (Sorveglianza attiva Prospettica delle Infezioni Nosocomiali nelle Unità di Terapia Intensiva) per la valutazione del rischio di ICA nei pazienti critici.
CONCLUSIONI
Il confronto di alcune misure di indicatori con quelle del report HELICS-ICU, relative ai dati dei Paesi Europei partecipanti al network, ha permesso di rilevare un messaggio positivo dalla rete, che viene rappresentata nella sua
veste migliore da tutte le Aziende che hanno partecipato al progetto, spinte dalla propria motivazione al raggiungimento di obiettivi di qualità attraverso strumenti di valutazione e di monitoraggio per la sicurezza del paziente.
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OUTSOURCING E RISCHIO INFETTIVO
P.Montresor
(Verona)
Ogni anno nei Paesi industrializzati vengono effettuati milioni di interventi chirurgici e di procedure invasive come,
ad esempio, le endoscopie gastrointestinali. Ognuna di queste procedure comporta un contatto fra i dispositivi medici e gli strumenti chirurgici ed i tessuti sterili e le membrane mucose dei pazienti.
Il maggior rischio di queste procedure è l’introduzione di un’infezione.
Inappropriate misure di disinfezione e di sterilizzazione non solo aumentano il rischio di provocare infezione, ma
anche di innalzare il numero di trasmissioni paziente-paziente e la disseminazione di germi nell’ambiente.
Le strutture sanitarie devono garantire politiche di sicurezza contro i danni che l’assistenza sanitaria può provocare agli assistiti per errori umani e di sistema. Quindi idonee procedure di disinfezione e pulizia sono essenziali
per assicurare che gli strumenti medici e chirurgici non trasmettano patogeni al paziente
La riduzione dei costi, la maggiore specializzazione, le politiche di riduzione delle logiche burocratiche della Pubblica Amministrazione, la necessità di concentrarsi sulle core-competiences e l’aumento della qualità dei servizi,
sono le motivazioni principali che inducono le Aziende Sanitarie ad esternalizzare i servizi.
La norma ISO 9001:2000 esordisce sostenendo che “per guidare e far funzionare con successo un’organizzazione bisogna dirigerla e tenerla sotto controllo in maniera sistematica e trasparente”.
Fra i principi delle norme ISO che possono essere utilizzati vi è l’approccio per processi, inteso questo nella sua
globalità come un mix interfunzionale di persone, metodologie, dispositivi, attrezzature e strutture.
Una visione dell’organizzazione non solo verticale, e quindi di unità operativa, di servizio, di centro di responsabilità, ma anche orizzontale, come un insieme concatenato di attività finalizzato a produrre prestazioni e servizi efficaci, sicuri ed appropriati e di qualità, è una visione di processo.
La buona riuscita dei processi cosiddetti primari, costituiti dalle attività puramente cliniche, è chiaramente influenzata
dallo svolgimento delle attività di supporto, processi secondari quali la ristorazione, il laboratorio, la radiologia, la
sterilizzazione, ecc., alcune delle quali affidate in outsourcing.
Rispetto al problema dei controlli e della gestione dei rischi, gli aspetti critici da monitorare non saranno solo quelli dei processi clinico primari, ma anche di quelli secondari, il cui impatto è tra l’altro più facilmente valutabile dal
paziente.
Si cita, ad esempio, la qualità dell’attività chirurgica e la sicurezza dell’intero processo chirurgico comprendente
la riduzione delle infezioni chirurgiche, che dipende non solo dall’appropriatezza della strumentazione ma anche
dall’adeguamento dei tutte le procedure di trattamento dello strumentario chirurgico agli standard di qualità e sicurezza definiti dalla normativa di riferimento.
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AMBIENTE ED INFEZIONI
E.Sesti
Direttore UOC Qualità Aziendale e Risk Management ASL Roma B
L’ambiente costituisce il condizionamento fondamentale della vita e dello sviluppo dell’uomo, tale visione, istituisce la linea guida per gli attuali sistemi sanitari che, tendono ad una gestione integrata ospedale-territoriocomunità. Tra i molti approcci di osservazione scientifica, si considera rilevante quello dell’osservatore per il quale l’ospedale di riferimento è sistema e tutto il contesto è ambiente e quello dell’osservatore per il quale l’ospedale di riferimento è sub-sistema rispetto al maggiore sistema sanitario osservato nel più vasto contesto ambientale. Il quadro concettuale di riferimento è quello del “setting-based approach”, dell’approccio basato sui settings,
dove il concetto di “setting”, più ampio di quello che deriva dalla semplice traduzione letterale (scenario, ambiente): si può tradurre “ambiente organizzato”. Le caratteristiche di un setting dipendono dalla sua componente fisica, dalle persone che lo frequentano; dalla sua organizzazione e struttura; dagli obiettivi che persegue; dai comportamenti ed alle relazioni interpersonali che vi si svolgono; dalle norme e dai valori che lo regolano; dalle aspettative che suscita in chi lo frequenta; dal mandato che ha ricevuto dall’intera comunità. Esempi di setting oltre l’ospedale possono essere le regioni, le città, le scuole, i luoghi di lavoro ed i “luoghi organizzati” che incidono sulla salute delle persone. Uno per tutti è la “famiglia”. Ai nostri giorni il rapporto dell’uomo con l’ambiente si è fatto critico, l’ospedale, i processi curativi, l’assistenza sanitaria producono come “effetti collaterali” (dannosi) problematiche e criticità alla vita dell’uomo, se non addirittura alla sua sopravvivenza. D’ora in poi non si potrà più parlare di
“infezioni ospedaliere”, ma bensì di infezioni correlate a pratiche assistenziali (ICPA) o “infezioni acquisite nelle strutture sanitarie”. Le ICPA includono una grande varietà di complicanze infettive accomunate dall’associazione esistente con uno specifico episodio assistenziale, la classificazione di una infezione come correlata all’assistenza si
basa esclusivamente sul rapporto temporale esistente tra infezione ed episodio di assistenza. Particolare attenzione merita la notevole differenza che esiste tra “lo sviluppo di attività di prevenzione delle ICPA in un setting” e
la “creazione di un setting che promuove la prevenzione delle ICPA”. Nel primo caso si tratta di iniziative isolate,
dovute alla buona volontà di qualcuno che attiva progetti di prevenzione delle ICPA. Nel secondo caso invece è
necessario che l’iniziativa parta dal management strategico del setting (Regione, Direzione Strategica ASL/AO) che
si assume l’impegno formale di modificarlo in modo che le attività di prevenzione delle ICPA diventino parte della
normale attività svolta da tutti i membri del setting stesso. La prevenzione delle ICPA contribuisce al miglioramento
della qualità dell’assistenza sanitaria. A tale scopo occorre attivare e sostenere il processo di riorientamento degli ospedali verso una cultura che aggiunga, alle tradizionali attività curative, organizzative ed ai suoi comportamenti quotidiani, attività ed azioni strategiche atte a ridurre le ICPA. Il setting Ospedale rappresenta lo snodo regionale ed interregionale di un sistema integrato di rete che consente il collegamento con presidi ospedalieri di livello locale e con strutture territoriali per la realizzazione di modelli organizzativi finalizzati alla presa in carico del
paziente, alla realizzazione di percorsi sanitari appropriati, alla garanzia della continuità delle cure e dello sviluppo
dell’accessibilità da parte dei cittadini.
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
Sessioni Parallele
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Sala Raya
Il controllo delo rischio infettivo e la direzione sanitaria
III Parte
Moderatori:
C.Signorelli (Parma)
M.Papa (Napoli)
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RUOLO DELLA DIREZIONE SANITARIA
NEL CONTROLLO DEL RISCHIO INFETTIVO
B. Cavallotti
Direttore medico di presidio Istituto Santa Maria e San Gallicano di Roma ( IRCSS di diritto pubblico )
La direzione sanitaria si è da sempre occupata del controllo del rischio infettivo, in particolare in ambito ospedaliero.
Ogni legge, che si è succeduta nel tempo, ha sempre attribuito alla direzione sanitaria il “governo” della funzione
igienico organizzativa ed essa è stata sempre esplicitata in modo puntuale anche se, assai spesso, con i limiti dettati da un organico molto limitato.
Ci si può quindi domandare se sono veramente serviti i vari comitati e commissioni, istituite e volute in proposito,
che al dire il vero, hanno però sempre affiancato o compreso la direzione sanitaria di presidio.
Assai spesso poi, la dove soprattutto non vi era intesa tra la direzione sanitaria aziendale e quella di presidio, il mancato dialogo tra le parti ovvero disposizioni impartite divergenti hanno determinato un peggioramento nella funzione igienico organizzativa, e quindi un mancato controllo sul rischio infettivo.
Assai spesso la figura del direttore sanitario di presidio viene messa in discussione, perché obsoleta, superflua o
ingombrante, cercando così di limitarne ruolo e funzioni.
Non è certo la figura del direttore sanitario aziendale, a cui spetta un ruolo di scelta strategica, che può sostituire
quella del direttore sanitario di presidio, la prima infatti non sempre ha esperienza nella gestione igienico organizzativa, la seconda invece è quella con maggiore esperienza, garanzia nel collegamento e mediazione tra le diverse componenti ospedaliere, nonché di maggiore durata nel tempo.
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CANTIERI ED INFEZIONI
D.D’Alessandro
Dip. Architettura ed Urbanistica per l’Ingegneria, Sapienza Università di Roma
INTRODUZIONE
La presenza di cantieri in area ospedaliera è un evento frequente che comprende una vasta gamma di interventi:
dalla normale manutenzione dei reparti ai lavori di ristrutturazione più o meno vasti, fino alla costruzione di nuovi
edifici. Oltre ai rischi tipici del cantiere, in ambito ospedaliero, nell’ultimo trentennio, si è andato evidenziando anche un rischio infettivo correlato al sollevamento di polveri che veicolano nell’aria miceti filamentosi opportunisti
(soprattutto genere Aspergillus), responsabili di infezioni ad alto tasso di mortalità nei pazienti immunodepressi. Talvolta è stato segnalato un aumento di rischio di infezioni veicolate dall’acqua, prevalentemente Legionella, contratte a seguito dell’effettuazione di lavori che avevano interferito con la rete idrica.
CONTENUTI
L’infezione più segnalata è l’aspergillosi polmonare invasiva (API), grave infezione opportunistica la cui incidenza
è in aumento sia in ematologia che in altri contesti clinici. Le categorie ad alto rischio d’infezione sono i soggetti
gravemente immunodepressi a causa di: una neutropenia (PMN <500/mm3 per >2 sett.; se PMN <100/mm3 per
pochi gg); una terapia cortisonica massiccia e prolungata; deficit funzionali dei macrofagi e dei neutrofili; infezioni invasive concomitanti; lesioni gravi delle mucose causate da terapie citotossiche, ustioni gravi, interventi chirurgici estesi, ecc.
Si tratta di un patologia in aumento, che negli USA ha evidenziato un incremento di 8 volte tra il 1976 ed il 1996,
comportando 3,8 ricoveri per 100.000 abitanti, 176,272 giornate di degenza ed un costo complessivo di 633,1 milioni di dollari. Questo aumento è il risultato dell’incremento di trapianti di midollo e di organo e delle relative terapie immunosoppressive, dell’uso di protocolli chemioterapici sempre più aggressivi per il trattamento di induzione e consolidamento delle leucemie acute, delle terapie corticosteroidee massicce e prolungate, dell’uso prolungato di antibiotici a largo spettro ecc.
La presenza di cantieri è uno dei più importanti fattori di rischio della malattia, in quanto concorre all’aumento della contaminazione aspergillare in ambiente outdor e indoor. Nelle fasi dei lavori edili che comportano consistenti
produzioni di polveri (es: demolizioni, scavi, smontaggio e manutenzione di controsoffitti, ecc), si produce la così
detta “nuvola aspergillare” ricca di spore fungine veicolate dal particolato prodotto dal cantiere. Sebbene di breve durata, essa moltiplica per 10.000 la concentrazione di spore nell’aria. E’ stato ampiamente dimostrato che un
aumento di spore fungine in ambienti ove sono ricoverati pazienti colpiti da severa immunodepressione correla con
l’insorgenza di epidemie di aspergillosi invasiva nosocomiale.
La carica infettante di spore fungine necessaria per provocare l’AI non è nota, per i soggetti ad alto rischio si ritiene che la soglia di contaminazione sia compresa tra 0.009 e 0,2 UFC/m3 d’aria. Indefinito è anche il periodo di incubazione della malattia, che varia da qualche giorno a più mesi, in funzione dello stato di immunodepressione del
soggetto.
CONCLUSIONE
I cantieri sono un importante fattore di rischio infettivo in ospedale. Deve però essere sottolineato che la maggior
parte degli studi disponibili sono indagini di epidemie e non studi clinici controllati. Ciò non significa che i risultati siano di basso profilo; essi evidenziano in generale la relazione causa-effetto, ma non consentono di misurare
l’incremento di rischio attribuibile al cantiere, rispetto ad una situazione di normalità, per la quale in genere non sono
noti i valore di base di contaminazione.
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IL PERCORSO DEL PAZIENTE ED IL RISCHIO INFETTIVO
(IL PROBLEMA DEL RISCHIO ATTRAVERSO LE INTERFACCE)
U. Moscato
Istituto di Igiene (Dir. Prof. G. Ricciardi) – Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” – Università Cattolica del Sacro Cuore – Sede di Roma
Nell’ultima decade, l’epidemiologia delle infezioni nosocomiali (promosse da Staphylococcus aureus, Enterococcus spp., Enterobacteriaceae, Pseudomonas aeruginosa e specie di Acinetobacter) ha mostrato dati d’incidenza
altalenante sia in Italia che in altri paesi, dimostrando che è un problema attuale e che molto ancora debba essere fatto nella prevenzione. Ciò che in realtà è andata aumentando (oltre il 60-70% in alcuni studi) è la resistenza
agli antibiotici, che alcuni ceppi batterici hanno evidenziato (VRE e MSRA), tanto da rappresentare un rischio non
solo per gli utenti quanto per il personale sanitario. Inoltre, un enorme dispendio di risorse è applicato al fine di contenere forme epidemiche che spesso disseminano reparti critici (terapie intensive, trapianti, reparti chirurgici, immunocompromessi, ecc..) con trasmissione autogena nel paziente; di cross-contaminazione da paziente a paziente
e tra questi ed il personale; ovvero da supporti e materiali presenti in ospedale. Molti fattori giocano un ruolo nell’adesione dei microrganismi anche a substrati inerti, con conseguente ritenzione o rimozione/distacco e trasporto/diffusione. Tra questi: topografia e natura del substrato, tipo e caratteristiche del microrganismo, ecologia di proliferazione, meccanismi di protezione attuati. La molteplicità delle possibili sorgenti indica l’estrema variabilità delle modalità di trasmissione e l’altrettanta difficoltà nell’opera di prevenzione. In particolare è bene iniziare a comprendere, sulla base della sempre più ampia evidenza scientifica, quali siano le reali azioni efficaci da attivare per
la prevenzione delle infezioni nosocomiali (in un ruolo pro-attivo), rispetto a decisioni solo empiriche, soggettive o
legate a vecchi miti percettivi (passive) che spesso si dimostrano non solo inefficaci ma per di più peggiorative dell’evento.
In questo contesto, le differenti interfacce tra sistema ospedaliero (inteso nel complesso di struttura, impianti, strumenti, dispositivi, organizzazione e persone) ed utente appaiono sempre più critiche e ben poco studiate riguardo al loro ruolo di patogenesi e trasmissione delle infezioni a fronte del notevole impegno di risorse attuato nella
loro gestione e manutenzione. Se da una parte, infatti, l’importanza nella lotta alle infezioni è evidente e consolidata per linee guida, procedure e protocolli, la formazione e informazione od il più semplice “lavaggio delle mani”,
molto percorso deve essere compiuto per altre interfacce persona-sistema. Pochi studi, infatti, e scarsa letteratura consentono ad oggi adeguate, oggettive, esperte ed efficaci “scelte” nell’ambito di interfacce talora sottostimate. Ne possono essere esempio in negativo:
Scarsa progettazione integrata e di sistema dell’”organismo ospedale”: inteso come complesso e non come singole unità edili, impiantistiche, strumentali e strutturali. Ne siano esempio impianti di ventilazione e climatizzazione, la cui importanza è evidente ma di cui spesso si equivocano potenzialità, obiettivi, limiti, svantaggi e funzioni.
Erroneo impiego di materiali atti a minimizzare l’adesione di microrganismi (biofilm) ed incrementare l’applicabilità di processi di sanificazione
Ignoranza delle procedure di pulizia e sanificazione con metodi e prodotti validati ed efficaci in funzione del rischio
stimato e contestualizzato, in particolare nel controllo delle diverse situazioni di formazione di biofilm
Carente applicazione ed utilizzo adeguato ed appropriato di dispositivi di protezione collettiva e/o personale contestualizzato alle reali condizioni di rischio
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FORMARE PROFESSIONISTI E UTENTI
PER IL CONTROLLO DEL RISCHIO INFETTIVO.
L’ESPERIENZA DELL’AZIENDA USL DI BOLOGNA
P. Farruggia*, R.Suzzi**, M.Benati***, D. Di Diodoro****
*Responsabile Area Dipartimentale Igiene e Qualità Servizi Residenziali
**Responsabile Area Omogenea Assistenziale Igiene e Prevenzione
***Servizio Formazione
****Responsabile Knowledge management
Azienda USL di Bologna
INTRODUZIONE
Per controllare il rischio infettivo è necessario un coinvolgimento di tutta l’organizzazione, creando un clima di continuo apprendimento della stessa (learning organisation). La formazione continua dei professionisti e il tema della
informazione/educazione di pazienti e visitatori costitutiscono un momento strategico per il Comitato Infezioni Ospedaliere (CIO) dell’Azienda USL di Bologna, fino dalla sua costituzione.
La formazione è rivolta alla rete dei referenti del CIO; articolata sui 9 ospedali del Presidio Ospedaliero Unico dell’Azienda USL di Bologna.
I referenti sono 1 medico e 1 infermiere o tecnico per ogni Unità operativa del Presidio (n.264) al fine di operare
secondo la metodologia del lavoro in team multiprofessionale e multidisciplinare.
La formazione specifica di una rete trasversale di referenti cosi ampia, ha l’intendimento di far crescere consapevolezza e cultura in tutta la struttura e favorire diffusi corretti comportamenti.
CONTENUTI
Formazione dei professionisti
Come è vero che le strategie efficaci di prevenzione e controllo delle infezioni nelle strutture sanitarie sono tipicamente multiintervento (3), così abbiamo sempre ritenuto che una formazione efficace su questi come su altri temi
debba avvalersi di una gamma piuttosto ampia di tipologie di intervento formativo.
L’utilizzo di differenti approcci formativi, consente di reiterare e meglio veicolare contenuti di pura competenza e
aspetti comportamentali, cosi importanti, questi ultimi, nel favorire l’adesione a corrette pratiche di controllo delle infezioni (4,5,6,7). In taluni casi, poi, l’approccio formativo consente il raggiungimento e il coinvolgimento di numeri più alti di operatori, ovvero consente il superamento, almeno parziale, di barriere logistiche; ciò è particolarmente importante nel caso dell’Azienda USL di Bologna che ha strutture localizzate su un territorio provinciale.
Le diverse metodologie da noi utilizzate sono:
Formazione residenziale
Formazione sul campo
Formazione blended
Autoformazione
EDUCAZIONE SANITARIA/INFORMAZIONE UTENTI E VISITATORI
Informazione e formazione di pazienti e visitatori viene curata nelle strutture del Presidio Ospedaliero Unico su alcuni principali e basilari temi, come l’igiene delle mani e l’igiene respiratoria, oltre al tema della sorveglianza degli
eventi epidemici e dei patogeni multiresistenti.
Per quanto riguarda l’igiene delle mani, siamo sito pilota italiano di prima applicazione delle LG WHO su questo
tema e l’intervento educativo a pazienti e visitatori rientra tra le azioni previste dalla Campagna “Clean Care is Safe
Care “.
Per quanto riguarda invece l’igiene respiratoria (respiratory etiquette) ci si è riferiti alle indicazioni dei Center for
Disease Control (CDC) e, ormai da alcuni anni, il rinforzo formativo viene riproposto all’insorgere dei primi sintomi
influenzali e di altre virosi respiratorie.
Un intervento formativo specifico rivolto a pazienti e visitatori è previsto dalla specifica procedura aziendale da noi
elaborata sulla prevenzione degli eventi epidemici e sulla sorveglianza attiva di patogeni multiresistenti.
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LA FORMAZIONE DEI REFERENTI DI REPARTO PER LE INFEZIONI
OSPEDALIERE (RIO): COSA FARE, COME E PERCHÉ
G. Paladino
INTRODUZIONE
La problematica delle Infezioni ospedaliere riguarda una percentuale che varia dal 5% al 10% dei ricoveri ospedalieri con un picco del 25% per i pazienti delle terapie intensive. Circa l’1% di questi casi, si conclude con il decesso del paziente. Ogni anno si verificano in Italia da 450.000 a 700.000 infezioni ospedaliere, il 30% delle quali
sarebbero “prevenibili”. In base a questi dati epidemiologici, ogni anno in Toscana sono attese circa 35.000 infezioni nosocomiali con 350 decessi correlati e con 65.000 giornate di degenza aggiuntive da attribuirsi direttamente
alla insorgenza della infezione ospedaliera. Le iniziative messe in campo dagli ospedali per contrastare tale fenomeno fanno ancora riferimento alle linee di indirizzo previste dal quadro normativo degli anni ‘85 / ’88 che individuano nel Comitato di Controllo delle Infezioni Ospedaliere (CCIO), nel Nucleo Operativo (NO) e nel “personale dedicato” (medici di Direzione sanitaria e infermieri epidemiologi), l’asse portante strategico. Il “vizio di fondo” di tale
assetto organizzativo è di demandare la sorveglianza sanitaria ad organismi e professionisti “esterni” al Reparto.
Da qui l’opinione diffusa che le attività di sorveglianza sanitaria siano un controllo “ispettivo burocratico” estraneo
al reparto. A seguito di tale situazione, è stato recentemente deciso di tentare un nuovo approccio consistente nel
capovolgimento della prospettiva relativa alla sorveglianza sanitaria: non più solo un controllo esterno ad opera della Direzione Sanitaria, bensì una strategia volta a trovare con gli operatori dei reparti clinici, le sinergie e le prospettive
comuni di intervento.
MATERIALI E METODI
L’esperienza di questi anni ci ha convinto della necessità di identificare per ogni reparto un Referente per le Infezioni Ospedaliere (RIO) il cui compito prevalente è quello di essere l’interfaccia tra il reparto ed il NO del CCIO. Il
referente di reparto rappresenta l’elemento chiave nel flusso comunicativo/informativo bi direzionale tra istanze macrosistemiche e microsistemiche e costituisce allo stesso tempo il punto di riferimento operativo per la Direzione
Sanitaria, il CCIO ed il NO. Per realizzare tale obiettivo la Regione Toscana, ha finanziato il corso di formazione dal
titolo: “Prevenzione e controllo delle infezioni ospedaliere: formazione dei Referenti di reparto per le Infezioni Ospedaliere”. Esso ha l’obiettivo di preparare una figura di riferimento, all’interno di ogni reparto, per la gestione “attiva” delle infezioni ospedaliere. Il RIO dovrà essere in grado di svolgere i compiti illustrati in Tabella 1. I contenuti
didattici del corso individuano nella conoscenza della normativa vigente, nel miglioramento della capacità organizzativo / professionale e nello sviluppo di una mentalità “pro attiva”, gli elementi qualificanti del percorso formativo.
CONCLUSIONI
I vantaggi ottenuti sono stati quelli di modificare la prospettiva della sorveglianza sanitaria consentendo così lo scambio di informazioni e la diffusione tra gli operatori sanitari della buona pratica igienico sanitaria. Il Corso ha previsto 4 edizioni (una per Azienda) di 28 ore ciascuna e la formazione in totale di 50 medici e 232 infermieri.
Tabella 1. Le Competenze del RIO
• Individuare i bisogni di sicurezza igienica degli utenti e degli operatori
• Collaborare con il CCIO ed il NO nella conduzione di studi epidemiologici e di ricerca
• Evidenziare i fattori di rischio infettivo generali e specifici della propria Unità Operativa
• Verificare la corretta applicazione di protocolli e procedure
• Segnalare gli “eventi sentinella” di reparto e collaborare per la soluzione dei casi
• Promuovere una cultura “pro attiva” per il controllo delle Infezioni nosocomiali
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34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O.
La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
TAVOLA ROTONDA
19 settembre
Sala Raya
Il controllo del rischio infettivo
e la direzione sanitaria
IV Parte
Moderatori:
I.Mura (Sassari)
P.Cacciari(Bologna)
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IL CONTROLLO DEL RISCHIO INFETTIVO E LA DIREZIONE SANITARIA
IV PARTE. IL CLINICO MEDICO
M. Guarino
Azienda Ospedaliero-Universitaria S.Orsola-Malpighi, Bologna
INTRODUZIONE
Le infezioni ospedaliere sono da annoverare tra i più comuni eventi avversi che colpiscono i pazienti ricoverati in
ospedale. Nel nostro paese, la prevalenza del fenomeno varia dal 5 al 8%. Si stima che circa 500.000 pazienti sviluppano ogni anno infezioni nosocomiali, responsabili di circa 5.000 decessi, con una spesa presuntiva non inferiore a 1000 milioni di Euro. L’80% delle infezioni ospedaliere si concentra in quattro siti: nell’apparato urinario (principalmente a causa del cateterismo vescicale), nei polmoni, nelle ferite chirurgiche e nel sangue.
CONTENUTI
Sebbene la maggioranza delle infezioni sia sempre stata registrata in terapia intensiva e chirurgia, il fenomeno è
rilevante anche nei reparti di medicina generale, dove, secondo una recente indagine nazionale coordinata dall’Istituto
Superiore di Sanità (2004), si verifica il 20% delle infezioni nosocomiali, di cui le più frequenti sono quelle urinarie
e polmonari. Sempre più spesso, infatti, vengono ricoverati in area medica pazienti fragili con ridotti poteri di difesa e quindi maggiormente predisposti alle infezioni, come anziani con patologie croniche, immunodepressi, pazienti con scarsa automia motoria e con disturbi cognitivi. Inoltre, il mutato approccio alle cure ospedaliere, caratterizzato
da una maggiore aggressività diagnostico-terapeutica, anche in area medica, nonché la proliferazione di ceppi antibiotico-resistenti, correlata al largo uso di antibiotici, concorrono all’aumentata frequenza delle infezioni nosocomiali.
Non tutti i fattori di rischio per le infezioni ospedaliere sono prevenibili. L’età, il sesso e la malattia di base del paziente ricoverato, non sono fattori modificabili, anche se vanno considerati nelle decisioni diagnostiche e terapeutiche.
Le infezioni correlate al processo assistenziale rappresentano un ambito su cui il medico ha invece responsabilità e competenze specifiche. La riduzione delle procedure non necessarie, la scelta di presidi più sicuri, l’ottimizzazione della durata della degenza e l’adozione delle misure che garantiscano maggiormente condizioni asettiche,
rappresentano strumenti di prevenzione efficaci a disposizione del clinico. Il medico esercita anche un ruolo centrale nella politica degli antibiotici, potendone favorire la prescrizione appropriata e supportata dai dati microbiologici, ed è il cardine per la buona riuscita di un progetto di sorveglianza delle infezioni nosocomiali, avendone la
responsabilità diagnostica.
CONCLUSIONI
La sfida per i prossimi anni è quella di ridurre significativamente le infezioni che rappresentano la frontiera su cui
si misura la qualità di un sistema sanitario.
Per raggiungere l’obiettivo, l’attenzione del medico alla sorveglianza del rischio infettivo deve diventare altrettanto importante di quella dedicata al processo diagnostico-terapeutico. Tuttavia, non basta la responsabile solitudine del medico, ma il contenimento del rischio infettivo in ambito ospedaliero richiede una gestione integrata di tutti i professionisti coinvolti nella lotta alle infezioni, nonché una politica sanitaria nazionale, regionale ed aziendale
fortemente orientata alla promozione di reti di sorveglianza, alla formazione degli operatori sanitari ed al monitoraggio sistematico dell’efficacia degli interventi.
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La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
TAVOLA ROTONDA
19 settembre
Sala Raya
Il controllo delo rischio infettivo e la direzione sanitaria
V Parte
Moderatori:
I. Angelillo (Napoli)
G.Pieroni (Bologna)
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FARMACIA OSPEDALIERA E CONTROLLO DELLE INFEZIONI.
C. Curti
Servizio di Farmacia, IRCCS Ospedale San Raffaele - Milano
INTRODUZIONE
Il Servizio di Farmacia presenta alcune caratteristiche peculiari che fanno sì che esso possa assumere un ruolo attivo nel controllo delle infezioni: è trasversale a tutte le unità operative, è tenuto istituzionalmente a svolgere attività di informazione-formazione-documentazione, è punto di filtro delle richieste e di raccolta di molti dati interessanti relativi ai consumi e/o all’impiego di farmaci, disinfettanti, dispositivi medici ed infine è “di frontiera” tra l’area
sanitaria e quella amministrativa.
CONTENUTI
Nella organizzazione sanitaria attuale l’approccio più efficiente ai problemi si ottiene in un contesto multidisciplinare. La farmacia è parte attiva di varie Commissioni, che fanno capo alla Direzione Sanitaria e che hanno impatto sul controllo delle infezioni: la Commissione Terapeutica con gli antibiotici e la loro gestione, la Commissione
Controllo Infezioni con antisettici e disinfettanti, il Comitato per il buon uso del sangue cui afferiscono le problematiche relative a sangue ed emoderivati, la Commissione Tecnica per la valutazione e scelta dei dispositivi medici, settore critico ed in rapida e costante evoluzione, il Comitato per la gestione del rischio clinico, rischio che in
parte si identifica come di natura infettiva. In questi team multidisciplinari, chiamati ad affrontare le problematiche
che, nei diversi settori, si pongono a livello locale, la farmacia può portare un utile contributo. Questo perché la specifica preparazione professionale e le informazioni e conoscenze che derivano al farmacista dalla operatività “sul
campo” gli consentono di intervenire sia in sede di valutazione per la scelta di prodotti/materiali (antisettici e disinfettanti, antibiotici, dispositivi medici) sia collaborando nella messa a punto di indicazioni per un uso appropriato
degli stessi e nelle attività di tipo informativo-educativo.
Inoltre la farmacia, mediante il monitoraggio e l’analisi dei consumi, può contribuire ad effettuare attività di sorveglianza fornendo dati che, almeno in prima ipotesi, consentono di valutare l’adesione ad alcune politiche indicate
dalle Commissioni.
CONCLUSIONI
Per i farmacisti è di grande interesse, professionale e umano, partecipare agli sforzi indirizzati a proteggere dal rischio infettivo; tale interesse deriva dalla consapevolezza di poter dare un apporto utile e significativo in vari settori e dall’esigenza di essere parte attiva in un comune processo di crescita culturale e professionale.
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La Direzione Sanitaria e Innovazione Creare Valore
SESSIONE
POSTER
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LA GESTIONE DELLA QUALITÀ E DELLA SICUREZZA NELL’ASL DI
VALLECAMONICA – SEBINO (BRESCIA)
R.Coccaglio
INTRODUZIONE
In un contesto caratterizzato da una crescente pressione economica e da una competitività sempre più marcata,
le aziende stanno implementando programmi di miglioramento continuo, al fine di ottimizzare la qualità dei prodotti e servizi offerti, incrementare la produttività e ridurre i costi.
Fornire prestazioni di qualità diviene, pertanto, una responsabilità primaria delle istituzioni sanitarie che non può
prescindere dal dovere morale ed etico di fornire la massima protezione possibile da eventuali danni conseguenti ad errori umani e di sistema.
IL GOVERNO CLINICO NELL’ASL DI VALLECAMONICA - SEBINO
L’ASL ha attivato un progetto, per l’implementazione e l’integrazione del Sistema di gestione per la qualità (SGQ)
con gli standard Joint Commission International (JCI) ed il Rischio clinico (RC), all’interno delle proprie Unità Operative. La gestione del RC, attuata con il SGQ, permette di tenere sotto controllo le attività assistenziali critiche,
attraverso l’uso di indicatori specifici e di garantire il miglioramento continuo delle prestazioni fornite al cliente finale. Poiché alla base degli errori c’è un sistema difettoso, il primo passo per la realizzazione di un programma di
prevenzione deve essere l’identificazione di tali difetti (non conformità) e la messa in atto di strategie per prevenirli. Il metodo più efficace per ridurre i punti deboli è identificare, analizzare e semplificare i processi. In questa prospettiva risulta fondamentale la metodologia della Norma UNI EN ISO 9001:2000. Nel SGQ una delle regole fondamentali nella gestione dei processi è quella di dotarsi di strumenti di governo che siano in grado di fornire ai ”clienti” una ragionevole sicurezza circa l’ottenimento del risultato atteso. La struttura organizzativa a supporto dello sviluppo di programmi ed attività del Governo clinico (GC) dell’azienda è descritta di seguito nella Tab.1 e nella Fig.1.
Tab. n. 1: struttura organizzativa a supporto dello sviluppo del GC dell’ASL Vallecamonica-Sebino.
Formazione
Implementazione linee guida
Percorsi diagnostico terapeutico
assistenziali e audit clinico
Gestione rischio clinico
Attività di medicina legale
Valutazione tecnologie sanitarie
Indicatori
Lo sviluppo e la formazione degli operatori sono sostenute dall’Ufficio Aggiornamento
e Formazione dell’ASL e contenute nel Piano di Formazione aziendale.
L’implementazione e la promozione delle Linee Guida all’interno delle strutture di
diagnosi e cura è demandato all’UQ aziendale. I dettagli sono contenuti
nella P UQ 7.03 Gestione delle Linee Guida.
La gestione dei percorsi diagnostico-terapeutico-assistenziali e attuazione di audit
clinico sono in fase di attivazione e di definizione delle responsabilità.
Si articola nelle seguenti attività:
• registrazioni delle rilevazioni di eventi (incident reporting), dei quasi eventi (near miss)
• analisi e trattamento dell’evento
• valutazione dell’efficacia del trattamento e monitoraggio
• formazione del personale sulla comunicazione del rischio al paziente
• formazione del personale sulla gestione del rischio clinico
• gestione degli eventi sentinella.
Il medico legale attua una valutazione del contenzioso, un’analisi della
documentazione clinica presente e pone in essere un miglioramento dei rapporti
con le Compagnie Assicurative.
La valutazione delle tecnologie sanitarie sono dettagliate nella documentazione
di sistema del Servizio Tecnologie Biomediche.
Il monitoraggio delle attività è reso possibile dall’utilizzo sistematico di indicatori
e strumenti di misurazione, recependo quelli proposti dalla Regione Lombardia
con DGR. n°46582 26/11/99:
Indicatori di struttura
Indicatori di processo
Indicatori di esito
Rilevazione della soddisfazione dell’utenza.
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DATI EPIDEMIOLOGICI DESCRITTIVI DEL SERVIZIO
ASSISTENZA SANITARIA AI NAVIGANTI SASN SEDE DI MESSINA
DEL MINISTERO DELLA SALUTE.
ASPETTI MEDICO-LEGALI E PREVENZIONISTICI
M.C. De Pasquale, R. Fazio, F. Giorgianni, C. Irrera, O. Manganaro (*)V. Malaspina (**)
(*) Medici ambulatoriali SASN Sede di Messina – Ministero della Salute
(**) Responsabile Sanitario SASN Sede di Messina – Ministero della Salute
INTRODUZIONE
Il Ministero della Salute attraverso i propri poliambulatori (SASN-Servizio Assistenza Sanitaria ai Naviganti-) eroga
assistenza sanitaria-medico generica e medico specialistica, nonché prestazioni medico legali che, per il personale navigante, marittimo e dell’aviazione civile, sono di competenza statale (Ministero della Salute); tenuto conto della tipologia del lavoro in mare, le affezioni di più frequente riscontro comportano inabilità da malattie che si
manifestano durante l’imbarco, inabilità da malattie che si manifestano successivamente allo sbarco, inabilità assoluta temporanea da infortunio, nonché le temporanee inidoneità alla navigazione (L.1486/1962) conseguenti a
pregresso infortunio o malattia.
Il poliambulatorio SASN di Messina, cui afferiscono le sedi di Catania e di Vibo Valentia, dipendente funzionalmente
dalla sede centrale di Napoli, ha in assistenza circa 5000 marittimi.
CONTENUTO
Il profilo del presente lavoro è finalizzato, attraverso lo strumento della raccolta dati e della descrizione dei singoli eventi, alla ricerca degli indicatori di rischio, necessari per gli interventi di programmazione a fine di prevenzione. La leva è rappresentata dalla fase osservazionale dei flussi assistenziali, sono stati effettuati presso la sede territoriale del SASN di Messina nel corso del 2005 n. 18648 prestazioni di medicina generale, 10136 prestazioni di
medicina specialistica; nel 2006 n. 21229 prestazioni di medicina generale e 10331 visite specialistiche. I dati ricavati dalle sedi SASN afferenti alle sedi di Messina sono sovrapponibili alla classificazione nosologica ricavata su
scala nazionale, nello stesso periodo considerato, redatte dall’istituto di previdenza (IPSEMA).
(Segue sul sito www.amndo.org)
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CONFRONTO TRA STUDI DI VALUTAZIONE DI INAPPROPRIATEZZA
DELL’USO IN OSPEDALE (METODICA PRUO) E ANALISI
DELL’ANDAMENTO DEI 43 DRG POTENZIALMENTE A RISCHIO DI
INAPPROPRIATEZZA CLINICA (DPCM DEL NOV. 2001)
M.Formoso, G.Giorgio,A.Sanguedolce,A. Nitti
Direzione Sanitaria Ospedale Miulli-Acquaviva delle Fonti (BA)
INTRODUZIONE
Il PRUO consente di classificare sia la giornata di ammissione che le specifiche giornate di degenza in appropriate od inappropriate.
La metodica PRUO valuta l’inappropriatezza organizzativa e non clinica ed è proprio per questa ragione che si sono
voluti confrontare i risultati di tale metodica con quelli più specificatamente inerenti l’inappropriatezza clinica e cioè,
il numero di drg, definiti nel testo DRG LEA, con durata di degenza dei ricoveri superiore ad un giorno.
OBIETTIVI
l’obiettivo dello studio è stato quello di valutare se esiste correlazione tra inappropriatezza organizzativa (PRUO)
e inappropriatezza clinica (DRG LEA)
MATERIALI E METODI
sono stati condotti negli anni ’04, ’05 e ’07 tre studi PRUO retrospettivi. Nel ’06 lo studio non è stato effettuato in
quanto l’ospedale si trasferiva nella nuova struttura, operazione durata circa 9 mesi.
Sono stati verificati per lo studio PRUO 842 ricoveri per un totale di 5648 giornate di degenza e coinvolte 17 UOC.
La metodica PRUO è stata applicata sempre dallo stesso operatore quindi indice di concordanza del 100%.
Dello stesso periodo e stesse UUOOCC è stata valutata anche la numerosità dei 43 DRG LEA espressa in percentuale
rispetto al numero complessivo di ricoveri ordinari con degenza superiore ad un giorno.
RISULTATI
analizzando l’andamento dei DRG LEA nelle varie UUOOCC nei periodi considerati si nota la corrispondenza anno
per anno della casistica ma con un trend in diminuzione del dato numerico e percentuale complessivo. Tendenza
che però si inverte nel 2007 probabilmente per il trasferimento dell’ospedale nel nuovo complesso a struttura di
monoblocco. Per quanto riguarda i risultati sull’inappropriatezza PRUO, anche in questo caso l’andamento negli
anni presi in esame UOC per UOC è sovrapponibile, fanno eccezione l’UOC di Oculistica (cambio del direttore) e
di Nefrologia (causa da verificare).
A differenza dei DRG LEA il trend sull’inappropriatezza è invece in costante diminuzione ed il trasferimento al nuovo ospedale monoblocco lo conferma ulteriormente.
Per quanto attiene all’obiettivo dello studio, per gli anni pre-trasferimento le due curve sono praticamente sovrapponibili
con eccezione del dato 2005 dell’ UOC di Odonto-ch max-facciale (probabilmente per la separazione organizzativa in due Unità Operative) e di quella di Cardiologia (notevole riorganizzazione della attività clinica avviata in tale
periodo, nettamente orientata verso l’emodinamica interventistica) che presentano un picco di aumento dell’inappropriatezza PRUO. Nel periodo post-trasferimento (completato nel luglio ’06) la riorganizzazione delle UUOOCC con accorpamenti sia strutturali che funzionali differenti rispetto al vecchio ospedale e il cambio di alcuni Direttori, ha portato a dei risultati meno sovrapponibili.
CONCLUSIONI
Dall’analisi dei dati utilizzati si osserva una corrispondenza tra le curve negli anni 04 05 dei DRG LEA e quelle dell’inappropriatezza PRUO che ha confermato l’obiettivo dello studio ovvero verificare una correlazione tra inappropriatezza clinica e organizzativa. Invece il trasferimento ha sicuramente, come abbiamo visto, condizionato i due
parametri valutati per l’anno ’07 dove tale correlazione è stata meno evidente. Quindi il controllo dei DRG LEA diventa fondamentale anche per la riduzione delle giornate di degenza inappropriate, con conseguente risparmio economico dei loro costi diretti ma, soprattutto, per la loro riconversione in nuovi ricoveri.
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L’IGIENE DELLE MANI NELLA PREVENZIONE DELLE INFEZIONI
OSPEDALIERE: CLEAN CARE IS SAFER CARE, L’ESPERIENZA
DELL’AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA VITTORIO EMANUELE,
FERRAROTTO, S. BAMBINO, NELLA IMPLEMENTAZIONE DI UN PROGETTO
PROMOSSO DALL’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ
P. Bellocchi, R. Cunsolo, M. Ruffino, S. Galeano, A. Trombetta, G. Condorelli, R. Di Stefano
INTRODUZIONE
Questa Azienda si è impegnata nella realizzazione del progetto “Clean Care is Safer care”, promosso dall’OMS,
finalizzato alla lotta alle infezioni ospedaliere, con l’obiettivo di implementare e diffondere corrette modalità di lavaggio delle mani e l’utilizzo in tale ambito di gel idroalcolici, quale misura efficace per la prevenzione delle II.OO.
legate all’assistenza.
Hanno partecipato al programma tre Unità Operative: UU.OO di Chirurgia Toracica, P.O.Vittorio Emanuele; Ematologia, P.O.Ferrarotto; Rianimazione, P.O.S.Bambino.
CONTENUTI
Il progetto, nella sua interezza, si è articolato in 5 fasi, per la durata complessiva di 1 anno, da aprile 2007 ad aprile 2008.
Per la sua realizzazione è stato istituito e addestrato un gruppo di lavoro dedicato.
Il percorso operativo ha richiesto un momento preliminare di valutazione della situazione al tempo zero, una fase
di formazione e di introduzione di cambiamenti comportamentali ed un momento conclusivo di valutazione degli
obiettivi raggiunti.
Il monitoraggio dell’andamento del progetto ha richiesto l’utilizzo di strumenti di valutazione oggettiva, costruiti in
forma di questionari o modelli di raccolta dati, su:
- struttura di ciascuna U.O. in studio;
- percezione di dirigenti ed operatori sanitari sulla rilevanza del lavaggio delle mani quale strumento di prevenzione delle II.OO.;
- conoscenze del personale sanitario rispetto alla problematica trattata;
- adesione all’igiene delle mani,(rapporto fra azioni di igiene delle mani eseguite/azioni di igiene delle mani necessarie);
- consumo di sapone/sol. alcolica per mani,
prima e dopo la fase di formazione e cambiamento. I dati raccolti sono stati caricati su un apposito data base e
sottoposti ad elaborazione informatica.
CONCLUSIONE
Il confronto dei risultati conseguiti prima e dopo la fase di formazione e cambiamento ha consentito di monitorare una aumentata sensibilità e consapevolezza degli operatori sanitari rispetto alla igiene delle mani ed al suo ruolo quale strumento per una efficace prevenzione delle infezioni legate all’assistenza e un miglioramento delle performance, nell’ambito dei comportamenti orientati alla riduzione delle II.OO..
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UTILIZZO DELLA TECNICA FMEA NEL PERCORSO DELLA PRECLAMPSIA
GRAVE ALL’INTERNO DELL’AO OIRM S. ANNA TORINO
G. Rabacchi, G. Poppa, A. Morra, P. Lombardo
Direttore Sanitario Presidio S. ANNA - AO OIRM S. ANNA Torino
INTRODUZIONE
Nell’ambito del progetto “Gestione del rischio nelle organizzazioni sanitarie” sviluppato dall’Azienda Ospedaliera
O.I.R.M. – S. ANNA di Torino è stato realizzato un progetto co-finanziato con un fondo Sociale europeo sono stati esaminati numerosi strumenti da applicarsi per l’identificazione e l’analisi del rischio in sanità.
Uno di questi è il Metodo FMEA/FMECA, che consiste in una tecnica sistematica per identificare e prevenire problemi sui prodotti o processi prima che essi insorgano, utilizzata da oltre 30 anni in settori industriali e recentemente
proposta dalla Joint Commission alle organizzazioni sanitarie quale strumento per la prevenzione dei rischi. La FMEA
(Failure Mode and Effect Analysis) è un’analisi di tipo qualitativo intesa a definire quello che potrebbe succedere
(il modo di guasto/errore) se si verificasse un difetto, una omissione, un errore;
Le fasi metodologiche della FMEA sono:
– identificazione dell’oggetto di analisi (prodotto/servizio, processo, ovvero parti componenti degli stessi);
– identificazione/descrizione delle attività a esso connesse;
– identificazione delle modalità di guasto/errore;
– analisi e determinazione dell’indice di priorità del rischio;
– identificazione delle azioni (preventive/migliorative/correttive) e delle misure
– misurare il “peso” di un possibile errore attraverso l’ I. P. R.
– per i risultati attesi.
OBIETTIVO
Obiettivo primario dello studio era verificare la fattibilità di uno strumento per rilevare le situazioni a rischio e individuare le priorità di intervento applicato ad un percorso di cura.
METODI
Il gruppo di lavoro aziendale costituito da dirigenti medici e professionisti del comparto ha svolto uno studio pilota per la rilevazione degli eventi potenzialmente pericolosi. Dopo la presentazione del progetto è stata applicata
la griglia FMEA di cui si rimanda alla letteratura (Cohen et al., 1994; Fletcher, 1997; Williams et al., 1994).al percorso
di cura relativo alla gestione della paziente con P.E.S.
Ciò che ne è risultato è riportato sinteticamente nella Tabella. Per quanto riguarda le analisi, ci si è soffermati soprattutto su quelle di tipo descrittivo.
Si sono ricavate le frequenze dei modi di risposta e delle aree di rischio, e misure sintetiche e di dispersione degli
indicatori e indici rilevati. In particolare si sono calcolate le misure per due gradi di affidabilità dei dati attraverso il
calcolo delle medie geometriche per modi di risposta e aree di rischio.
RISULTATI
La modalità di risposta più frequente è:carenza di personale, sovraccarico di lavoro, stanchezza, demotivazione
oltre che ad aspetti legati alla struttura dell’Azienda. Buoni risultati si è invece ottenuto per quanto riguarda gli aspetti relativi al.
CONCLUSIONI
La realizzazione dello studio ha prodotto un buon coinvolgimento dei professionisti, importante anche per il confronto tra le varie discipline. Attraverso un esplicito approccio metodologico si è ottenuta una misura del grado di
percezione degli eventi potenzialmente pericolosi per la paziente e dell’individuazione delle priorità di intervento
sanitarie che possono coinvolgere anche unità operative differenti. L’applicazione della FMEA ha quindi permesso di pervenire a un’adeguata analisi delle priorità di rischio e di fornire una serie di informazioni rilevanti in determinati contesti assistenziali. Le indicazioni ottenute saranno utilizzate per individuare la migliore allocazione di risorse che possa prevenire più efficacemente i rischi e migliorare le condizioni organizzative.
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ANALISI DELLA CASISTICA DI RICOVERO PRESSO UN ISTITUTO DI
RICOVERO E CURA A CARATTERE SCIENTIFICO – IPOTESI DI
CONFIGURAZIONE DI UN MODELLO DI WEEK SURGERY
G.Galmozzi*, L.Maione°, F.Argiolas*
*Direzione Medica, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Milano
° Istituto di Chirurgia Plastica, Facoltà Medica dell’Università degli Studi di Milano, Istituto Clinico Humanitas
INTRODUZIONE
La degenza dei ricoveri ordinari ospedalieri si è progressivamente ridotta sia per merito delle tecniche di diagnosi e cura (maggiore appropriatezza clinica), sia per una progressiva attenzione verso la erogazione delle prestazioni
a livelli assistenziali più adeguati (ambulatorio, Day hospital, riabilitazione, lungodegenza). All’interno dell’Istituto
Nazionale dei Tumori di Milano, un IRCCS oncologico dotato di 360 posti letto effettivi per il ricovero ordinario, è
stata condotta questa analisi al fine di identificare i reparti chirurgici che maggiormente possono beneficiare del
modello organizzativo definito “week surgery” (apertura del reparto nei soli giorni feriali).
MATERIALI E METODI
Sono stati utilizzati i dati sulla attività di ricovero ordinario rilevati attraverso i flussi informatici della Scheda di Dimissione Ospedaliera (SDO) ed il debito informativo Ministeriale. I dati sono stati importati ed integrati attraverso le
query di Microsoft Access 2003 (Copyright (C) 1992-2003 Microsoft Corporation). Le elaborazioni e i rispettivi grafici sono stati ottenuti attraverso il foglio di calcolo Microsoft Excel 2003 (Copyright (C) 1985-2003 Microsoft Corporation) ed il pacchetto statistico R version 2.6.2 (Copyright (C) 2008 The R Foundation for Statistical Computing).
RISULTATI
Dall’anno 2003 al 2007, la degenza media dei ricoveri ordinari dell’Istituto è passata da 8,5 a 7,2 giornate (-16%,
casi con degenza > di un giorno). Il maggiore contributo a questo abbattimento arriva dalle Chirurgie, che da 10,2
giornate di degenza media arrivano a 8,3 (-19%). Il numero totale delle giornate di degenza chirurgiche è passato da 66’963 a 48’580 (-27%), con un importante impatto sul tasso di occupazione dei posti letto (sceso dal 73%
al 65%). La casistica si distribuisce in modo assai differente tra le chirurgie: la mediana di degenza varia da un minimo di 2 giornate (Senologia, Endoscopia) ad un massimo di 12 (Chirurgia Colon-rettale). Oltre al reparto di Senologia, in cui il modello della week surgery è già stato attivato, si evidenziano altri 4 reparti che hanno una degenza mediana inferiore a 5: Endoscopia, Chirurgia Melanoma-sarcoma, Chirurgia Plastica e Otorinolaingoiatria.
In questi reparti, la proporzione di ricoveri con degenza fino a 5 giornate è compresa tra il 70% (Chirurgia Melanoma-sarcoma) ed il 95% (Senologia). Le patologie più frequentemente interessate dalla degenza breve sono il carcinoma della mammella (31%), la ricostruzione mammaria (15%) ed il melanoma cutaneo (18%, in particolare la
radicalizzazione delle strutture linfatiche).
CONCLUSIONI
Questa analisi preliminare mostra un forte razionale per il passaggio al regime di week surgery per alcuni reparti
chirurgici, in particolare per le patologie che meglio si prestano ad una chirurgia pulita, programmabile e gravata
da una modesta proporzione di complicanze. L’impatto principale sulla distribuzione delle risorse è rappresentabile in una diminuzione dei turni infermieristici, che passano da 21 a 16 settimanali (nell’ipotesi di una chiusura dal
sabato pomeriggio alle 14 fino al lunedì mattina alle 7). Considerando che la risorsa infermieristica (nei cinque reparti oggetto della analisi) rappresenta il 33% dei costi del personale e l’11% dei costi totali, si può facilmente desumere l’impatto –anche economico- di una simile riorganizzazione. A causa del percorso terapeutico più complesso (es. sarcomi) o per le possibili complicanze, è comunque presente una proporzione di casi che non è “dimissibile” nel fine settimana. Nei cinque reparti analizzati (3’604 ricoveri nel 2007) sono circa 18 i pazienti che, in
media, non vengono dimessi nel fine settimana. Ipotizzando un primo passaggio di aggregazione dei percorsi terapeutici assimilabili, sarebbe opportuno riunire nel fine settimana i 3 reparti di Senologia, Chirurgia Plastica e Chirurgia Melanoma-Sarcoma, i cui degenti non “dimissibili” (in media 13) possono trovare ospitalità presso un unico reparto.
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MODELLO SPERIMENTALE DI ACCOGLIENZA
A. Tedesco*, P. Trevisan*, Rosalia Buttà**, B. Bragante*, N. Agostino***, I. Grossi****
*Direzione Medica di Presidio
**SIT
***Direttore Direzione Medica di Presidio
****Direttore Sanitario
INTRODUZIONE
L’attenzione all’accoglienza, al comfort e all’orientamento all’interno della Struttura Ospedaliera è fondamentale per
l’Azienda Sanitaria che deve rispondere sempre più a logiche organizzative che ruotano attorno all’Assistito ed alle
sue esigenze come persona in condizione di bisogno. La creazione di un’efficace relazione interpersonale con il
Cittadino tramite un sistema di accoglienza attento ed umanizzato favorisce un clima di fiducia e rappresenta un
indicatore di qualità percepita dagli utenti.
CONTENUTI
Dal mese di maggio 2008 presso l’Ospedale Degli Infermi di Biella è attivo il servizio”Ospedale accogliente” realizzato dall’ASL BI in collaborazione con una associazione di Volontariato.
L’attività del progetto consiste nella istituzione di un punto di accoglienza sito presso l’ingresso principale che offre al cittadino informazione e orientamento circa gli uffici, i reparti di degenza e gli ambulatori. Si tratta quindi di
facilitare l’accesso alla fruizione dei servizi con persone dedicate che possono trasformare un momento di disorientamento e di ansia del cittadino in un momento di umanizzazione e di accoglienza, con una particolare cura e
attenzione alle categorie di persone più deboli e fragili.
L’attività in fase sperimentale è svolta dalle ore 8.00 alle ore 12.00 tutti i giorni dal lunedì al venerdì, cioè nelle ore
di maggior afflusso.
Per superare i vincoli legati dettati dalla scarsa conoscenza da parte dei volontari della struttura, della non conoscenza del progetto da parte dei cittadini e dalla difficoltà da parte dei volontari di essere riconosciuti dal cittadino, si è proceduto ad effettuare un corso di formazione dei volontari, a dotare gli stessi di un gilet di colore giallo
e di trasmettere l’attivazione del progetto alla popolazione tramite comunicato stampa.
CONCLUSIONI
L’attività è iniziata nel mese di maggio 2008 e si sta vagliando la possibilità di estendere l’attività stessa nelle ore
pomeridiane nonché anche in altre sedi dell’ASL (Poliambulatorio di Biella e Poliambulatorio di Cossato).
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IL PROGETTO DELL’AZIENDA USL3 DI PISTOIA PER IL MIGIORAMENTO
DEI TEMPI DI ATTESA DELLE PRESTAZIONI AMBULATORIALI
D.Mannelli,G.Corsini,E. Sensoli,C.Lupi
U.O. Direzione Sanitaria Ospedaliera del P.O. di Pistoia, Azienda USL3 Pistoia
INTRODUZIONE
Gli atti di pianificazione e di governo della Regione Toscana hanno rivolto particolare attenzione alla visita specialistica nel complesso dell’offerta specialistica ambulatoriale a hanno posto l’obiettivo di fornire risposte adeguate
alle esigenze dei cittadini, garantendo tempi di attesa diversi attraverso la redistribuzione delle prestazioni in diverse fasce di priorità. A questi indirizzi l’Azienda USL3 ha orientato l’azione di governo delle attese per prestazioni ambulatoriali.
CONTENUTI
Gli strumenti di gestione dei tempi di attesa che sono stati adottati sono costituiti da:
il sistema delle priorità di accesso;
il sistema bonus malus;
la piena applicazione del sistema CUP;
l’attuazione dei percorsi diagnostico-terapeutici.
Sono stati introdotti criteri di precedenza per l’accesso alle prestazioni specialistiche, che superano la logica binaria della urgenza o non urgenza della patologia, ponendosi l’obiettivo di fornire risposte adeguate alle esigenze
dei cittadini, mediante l’articolazione di tempi di attesa diversi attraverso la redistribuzione delle prestazioni in diverse fasce di priorità.
L’istituzione del cosiddetto sistema bonus malus stabilisce che l’utente ha diritto ad ottenere la prenotazione della prima visita specialistica cardiologica, ginecologica, oculistica, neurologica, dermatologica, ortopedica e otorinolaringoiatrica, con un tempo massimo di attesa di 15 giorni in uno dei punti di erogazione dell’Azienda USL e la
prenotazione di una radiografia con mezzo di contrasto, di una radiografia scheletrica e diretta d’organo, di un’ecografia internistica e ostetrico-ginecologica con un tempo massimo di attesa di 30 giorni in uno dei punti di erogazione dell’Azienda USL. Qualora l’Azienda non sia in grado di rispettare questo impegno, l’utente ha diritto a richiedere
un risarcimento forfetario pari a € 25,00.
La nostra Azienda è dotata di un CUP unico attraverso il quale è possibile accedere alla prenotazione delle prestazioni erogate anche dagli Istituti privati accreditati. Nel corso del 2004 è stato avviato il servizio di CUP telefonico, articolato su sei postazioni raggiungibili mediante un unico numero telefonico.
Sul versante dell’attuazione dei percorsi diagnostico-terapeutici si è proceduto con la separazione dei calendari
per prime visite specialistiche e per visite successive. Un progetto, in corso di attuazione, prevede la prenotazione diretta degli accessi successivi in sede di erogazione della prima visita.
CONCLUSIONI
Le strategie di governo dei tempi di attesa che sono state attuate non hanno garantito la generalizzata diminuzione delle attese, ma hanno assicurato l’equità di accesso e l’appropriatezza degli interventi in ragione del grado di
bisogno. L’obiettivo è stato conseguito attraverso la disponibilità di accesso in tempi rapidi alla prima visita specialistica e l’articolazioni di percorsi ambulatoriali complessi governati dallo specialista, il quale dispone dunque
della possibilità di accedere alla prenotazione di indagini diagnostiche con tempo di esecuzione commisurato al
grado di priorità del sospetto diagnostico.
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IL CONTRATTO A RISULTATO APPLICATO ALL’APPALTO DI PULIZIE NEL
P.O. DI PISTOIA
B.Mancieri, C.Cecchini, F.Greco,C.Lupi
U.O. Direzione Sanitaria Ospedaliera del P.O. di Pistoia, Azienda USL3 Pistoia
INTRODUZIONE
L’ AUSL 3 di Pistoia (P.O. di Pistoia e P.O. di Pescia) ha scelto di applicare un contratto a risultato al proprio appalto di pulizie, al fine di ottenere un controllo oggettivo dei risultati ottenuti.
Un contratto a risultato per definirsi tale deve basarsi su alcuni elementi fondamentali:
• Livelli minimi di qualità dei servizi che devono essere raggiunti per considerare un servizio conforme.
• Criteri, strumenti e modalità per la valutazione del raggiungimento dei livelli di qualità prefissati.
• Un sistema penalizzante per il fornitore in caso di non raggiungimento dei livelli di qualità prefissati.
In ambito sanitario è impossibile misurare costantemente tutti gli ambienti soggetti a servizio di pulizia, ma la norma UNI 13549 stabilisce i criteri statistici per identificare dei campioni rappresentativi la cui misurazione può essere considerata espressione del livello qualitativo globale.
CONTENUTI
Sono stati censiti gli ambienti da sottoporre a controllo, ne sono state caratterizzate la numerosità, la destinazione d’uso e il valore degli LQA (livello di qualità atteso):
1 - Aree Operatorie, LQA=0.95
2 - Aree Alto Rischio, LQA=0.90
3 - Aree di Degenza, LQA=0.80
4 - Aree Extra Sanitarie,- LQA=0.70
Sono stati definiti dall’Azienda i seguenti parametri e strumenti operativi:
a- il periodo temporale in cui i controlli devono essere eseguiti (bimestrale);
b - la frequenza del sorteggio degli ambienti da verificare;
c - il tipo di sorteggio casuale (e quando necessario mirato);
d - le misurazioni che devono essere effettuate in contraddittorio alla presenza di un rappresentate del fornitore
dei servizi con il supporto degli strumenti di misura;
e - le griglie di controllo con elementi sui quali eseguire la misurazione;
f - le misure limite per la definizione delle non conformità;
L’oggettività del contratto a risultato si basa su strumenti di controllo che permettono misurazioni inconfutabili:
• Scala di Bacharach, rilevatore comparativo di polvere su qualsiasi tipo di superficie verticale ed orizzontale
• Bassoumetro, strumento per la misurazione della polvere su qualsiasi tipo di pavimentazione.
Le misurazioni effettuate vengono inviate ad un software specifico per la registrazione e l’elaborazione, con l’applicazione di eventuali penali in caso di superamento del limite accettato.
CONCLUSIONI
Nel periodo preso in esame abbiamo potuto constatare che il Contratto a Risultato applicato all’appalto di pulizie
offre i seguenti vantaggi:
– monitoraggio costante del livello qualitativo del servizio erogato
– identificazione, in tempo utile, degli scostamenti dal LQA richiesto ed individuazione di eventuali azioni correttive.
E’ emersa la fondamentale importanza della formazione del personale addetto ai controlli, che deve essere in grado di valutare se le eventuali non conformità siano imputabili ad un errato o insufficiente servizio di sanificazione
o ad un’eventuale re-inquinamento non ascrivibile al fornitore.
Le verifiche effettuate nei primi otto mesi dell’anno 2007 nel P.O. Pistoia sono state 360, delle quali l’ 85,6% conformi e il 14.4% non conformi al livello qualitativo richiesto
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ISTRUZIONE OPERATIVA PER IL MANCATO RICONOSCIMENTO
DEL NASCITURO NEL PRESIDIO OSPEDALIERO DI PISTOIA
(AZIENDA USL3, PISTOIA)
G. Corsini, D. Mannelli, E. Sensoli, E. Mariotti, B. Mariani, T. Procopio,
S. Travaglia, B. Mancieri, F. Greco, L. Frosini,C.Lupi
U.O. Direzione Sanitaria Ospedaliera del P.O. di Pistoia, Azienda USL3 Pistoia
INTRODUZIONE
Per quanto il fenomeno appaia di entità limitata, il non riconoscimento di un figlio coinvolge, solitamente, una popolazione multiproblematica per vissuti di abbandono in età infantile, per un contesto familiare ostile (maltrattamenti,
violenza), per insufficienza mentale, per tossicodipendenza, per isolamento o sradicamento. Tutti questi fattori, associati, spesso, ad un’età molto giovane, rendono difficile o impossibile il cammino verso la maternità, verso l’elaborazione di un rapporto con il figlio che dia garanzie di cure sollecite ed affettuose e che sia fonte di fiducia e sicurezza.
CONTENUTI
La procedura è rivolta al personale dell’U.O. Pronto Soccorso, della U.O. Pediatria, della U.O. Ginecologia e Ostetricia, alle Ostetriche della Sala Parto, all’U.F. Consultori medici e all’U.O. Assistenza Sociale.
Sebbene il numero di casi storicamente attesi non sia elevato (circa 2 l’anno), la delicatezza del caso, che risulta
difficilmente gestibile in modo improvvisato nella frenetica vita quotidiana di reparto, richiede la predisposizione di
una istruzione operativa di presidio, che sia in grado di:
• offrire ad ogni operatore uno strumento che consenta di individuare ed attivare canali operativi corretti (sociali e
sanitari) e in modo tempestivo ed efficace;
• garantire alla donna un contatto immediato con l’assistente sociale per offrire un sostegno umano e psicologico nei momenti più critici;
• stabilire un iter efficace per la tutela dei diritti del nascituro e garantire allo stesso una collocazione pre-adottiva
in concordanza a quanto definito dal Tribunale per i Minorenni;
• gestire le informazioni nel rispetto della riservatezza e della privacy della partoriente.
CONCLUSIONI
Questi eventi sono rari ma necessitano di attenzioni complesse che richiedono un buon grado di competenza. Occorre pensare di favorire un tipo di accoglienza ospedaliera tale da garantire riservatezza e attenzioni maggiori rispetto alle altre partorienti, offrendo alle gestanti che non hanno deciso sul futuro del bambino o che hanno già
deciso per il non-riconoscimento, tutti i comfort necessari, affinché effettuino tale scelta con la dovuta privacy, in
piena libertà e consapevolezza, e dopo aver ricevuto tutte le informazioni e il supporto psicologico necessario.
Il non-riconoscimento del neonato partorito in situazione protetta (Ospedale, Case di cura), garantisce al bambino un’accoglienza non traumatica all’interno della società civile ed un futuro felice in un contesto familiare sereno.
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VALUTAZIONE PROGETTO REGIONALE “SULL’ACCOGLIENZA NEGLI
OSPEDALI DELLA REGIONE TOSCANA”: LA FIGURA DEL MEDICO TUTOR
O MEDICO DI RIFERIMENTO NEL P.O. DI PISTOIA
T. Procopio, S. Travaglia, F. Greco, G. Corsini, D. Mannelli, E.Sensoli, C. Lupi
U.O. Direzione Sanitaria Ospedaliera del P.O. di Pistoia, Azienda USL3 Pistoia
INTRODUZIONE
La figura del “Medico Tutor” o Medico di Riferimento è stata introdotta in Regione Toscana nell’ambito del Progetto Regionale sull’Accoglienza negli Ospedali. Il Medico Tutor ha il compito di garantire la specificità e la continuità del percorso diagnostico-terapeutico di tutti gli utenti, assicurando la corretta informazione al paziente, alla
sua famiglia e ai Medici di Medicina Generale. L’Azienda USL3 di Pistoia ha messo a disposizione delle singole Unità Operative (UU.OO.) un opuscolo informativo, da consegnare ad ogni degente al momento del ricovero, che contiene tutte le informazioni utili alla permanenza all’interno del Presidio Ospedaliero, compreso il nome del “Medico Tutor” identificato.
CONTENUTI
Sono state effettuate due indagini nell’annualità 2007, la prima nel mese di maggio e la seconda nel mese di dicembre. Gli utenti intervistati sono stati 139 nella prima rilevazione e 99 nella seconda, con una età media rispettivamente di 60 e 63 anni e una suddivisione per sesso così distribuita: 36% maschi e 60% femmine (4% missing)
nella prima indagine, 49% maschi e 51 % femmine nella seconda.
Osservando i dati rielaborati relativi alle due indagini, emerge che il 63% degli utenti intervistati nel mese di maggio dichiara di aver ricevuto l’opuscolo informativo al momento dell’ingresso, percentuale che si è elevata all’84%
nella seconda indagine, anche se dobbiamo tener presente la ridotta numerosità dei pazienti inclusi nel mese di
dicembre. Se si considera poi il dato relativo alla corretta compilazione, si riscontra che nella prima indagine il 56%
degli opuscoli risulta correttamente compilato, valore che si attesta al 76% nella seconda rilevazione.
Gli utenti giudicano positivamente l’introduzione della figura del medico tutor (87% I° rilevazione e 96% II° rilevazione), esprimendo apprezzamento in merito alla qualità del rapporto instaurato con il medico di riferimento (74%
I° rilevazione e 86% nella II° rilevazione).
Dalla rielaborazione dei dati raccolti nella prima indagine è possibile affermare che le informazioni contenute nell’opuscolo sono risultate utili al 60% delle persone intervistate, chiare al 53% ed esaustive al 40%. Nella seconda indagine tale valutazione ha rilevato l’utilità nel 78% degli intervistati, la chiarezza nel 55% e l’esaustività nel 38%.
Le informazioni di carattere sanitario ricevute al momento del ricovero sono state ritenute esaurienti, o abbastanza esaurienti, dall’86% degli intervistati, nella prima indagine, e dal 90% degli intervistati, nella seconda indagine.
CONCLUSIONI
La nostra rilevazione aveva lo scopo di verificare l’adesione delle varie UU.OO. al progetto regionale sull’ “Accoglienza negli Ospedali della Regione Toscana”, ed il grado di apprezzamento degli utenti. La valutazione positiva
formulata dagli intervistati conferma la buona intuizione alla base del progetto. Le maggiori difficoltà sono riscontrabili nella rigidità di alcuni operatori sanitari che risultano ostili al cambiamento organizzativo richiesto, elemento, quest’ultimo, indispensabile affinché tale progetto possa trovare completa applicazione.
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LA REALIZZAZIONE DELLA CLINICAL GOVERNANCE ATTRAVERSO UN
APPROCCIO SISTEMICO ALLE ORGANIZZAZIONI SANITARIE COMPLESSE.
L’ESPERIENZE SANITARIE COMPLESSE. L’ESPERIENZA DELL’AZIENDA
USL DELLA REGIONE VALLE D’AOSTA
C. Ponzetti*, R. Ippolito**, G. Vuillermin***
*Direttore Sanitario Azienda USL Regione Valle d’Aosta
**Direzione Sanitaria Ospedaliera
***Ufficio Qualità
L’Azienda USL della Regione Valle d’Aosta nella profonda convinzione che un sistema di Clinical Governance, perché sia efficace, deve nascere e crescere in un contesto organico che sappia coinvolgere l’intera organizzazione,
ha adottato un modello di approccio sistemico all’organizzazione sanitaria che vede gli operatori attivamente impegnati nel suo sviluppo già dal 2004.
L’approccio sistemico è stato tradotto in azioni e progetti che hanno interessato tutti i pilastri della Clinical Governance. Gli stessi, se non per i contenuti, sono innovativi per la modalità adottata di coinvolgimento globale di tutte le componenti aziendali, in termini strutturali e di operatori, attraverso un approccio educativo-formativo finalizzato alla crescita culturale organizzativa, con la sponsorship della Direzione aziendale.
Tra i metodi e strumenti adottati, partendo dal convincimento che il modello formativo non poteva svilupparsi esclusivamente attraverso un apprendimento teorico delle informazioni, ma doveva prevedere l’applicazione pratica dei
concetti acquisiti nella fase residenziale, la Direzione ha puntato sullo strumento della Formazione sul Campo, progettando percorsi educativi che prevedessero una componente applicativa quantitativamente importante, facendo ricorso anche a strumenti incentivanti, tra cui l’attribuzione di crediti ECM e la retribuzione di risultato.
I risultati finora ottenuti non consentono ancora una valutazione in termini di outcome, intesi come miglioramento
dello stato di salute dei cittadini, ma come risultati di processo o come output, stante che il breve periodo di applicazione non consente misurazioni più accurate.
L’implementazione di progetti mirati al governo clinico, ha consentito il raggiungimento dell’accreditamento istituzionale della Direzione Strategica, nelle sue diverse articolazioni, della Struttura Ospedaliera nel suo complesso, del Dipartimento di Prevenzione e dei Dipartimenti Amministrativi. Delle strutture accreditate, alcune hanno anche hanno perseguito un percorso di accreditamento all’eccellenza, ottenendo la certificazione ISO 9000. Nello sviluppo dei diversi progetti, tra cui l’attivazione di azioni di miglioramento e la gestione del rischio clinico, sono stati formati annualmente più di 1000 operatori appartenenti alle diverse professionalità, sono state attivate 45 azioni di miglioramento e sviluppati 140 progetti di contenimento del rischio clinico, attraverso lo studio di 46 processi in ambito ospedaliero e territoriale. Ulteriore importante output, è la redazione e diffusione della Carta Etica dell’AUSL, prodotta nell’ambito del progetto Ben Essere organizzativo.
Provando ad analizzare i risultati relativamente ai cambiamenti prodotti, si può certamente affermare che molte sono
state le modificazioni apportate alle prassi consolidate, sia a livello di singola struttura operativa che di sistema. Il
conseguimento di risultati duraturi nel tempo e di miglioramento degli esiti, resta comunque obiettivo prioritario aziendale.
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INTRODUZIONE DI UNA MODALITÀ INNOVATIVA DI RICHIESTA DEI PASTI
E. Gardino°, R. Urciuoli**, R. Giustini***, M. Careddu°°, C. Storri°°, R. Riccardi^, G. Cimarello*
°Coordinatrice Dietiste POC, **Dirigente medico di Direzione Sanitaria di Presidio POC, ***Coordinatrice Infermieristica SAIO-POC, °° Dietiste POC, ^ Dirigente SAIO AUSL Viterbo, *Direttore Sanitario Presidio Ospedaliero Centrale (POC) di Viterbo
INTRODUZIONE
La personalizzazione del vitto in ambito ospedaliero è un obiettivo di primaria importanza in quanto riveste sia aspetti psicologici che terapeutici per l’utente. Dare l’opportunità di scegliere un piatto al posto di un altro ad un persona ricoverata che non ha particolari problemi dietetici è fondamentale per l’utente, così come d’altra parte risulta
fondamentale dare l’opportunità di poter prescrivere una terapia dietetica specifica.
A tal fine un grande sforzo in genere viene fatto dai nutrizionisti per studiare diete efficaci da poter somministrare
all’interno degli ospedali, che però spesso incontrano problemi organizzativi che ne impediscono la pratica realizzazione.
CONTENUTI
Il progetto ha previsto l’elaborazione di un software specifico che meglio rispondesse alle esigenze delle varie UUOO
di degenza. Il Software elaborato dalla Ditta appaltatrice del servizio di ristorazione della nostra Azienda, consiste
in un programma per la prenotazione personalizzata di ciascun degente indipendentemente dal fatto che questi
sia sottoposto ad un regime di dieta normale o speciale; ne deriva che anche chi ha particolari esigenze alimentari ha la possibilità di scegliere fra più alternative, sempre nel rispetto delle proprie esigenze terapeutiche. I pasti
prenotati per ciascun degente possono essere visualizzati presso ogni centro richiedente e, nelle fasce orarie prestabilite, possono essere sottoposti a modifiche in base all’andamento clinico del paziente.
In un primo momento si è proceduto alla prenotazione personalizzata del vitto attraverso documentazione cartacea e che si è avvalsa dell’impiego di schede specifiche riportanti il menù giornaliero da compilare per ogni singolo paziente. Successivamente si sono svolti degli incontri con i Coordinatori Infermieristici delle UUOO, la Direzione Sanitaria, il Servizio infermieristico e le Dietiste, per poter procedere alla informatizzazione delle richieste, grazie alla quale ogni reparto, dopo aver compilato ed inviato la scheda di prenotazione dei pasti per il giorno successivo, può visualizzare i dati inseriti nel programma dal servizio di ristorazione e procedere alle opportune modifiche qualora necessario, sempre tramite PC. Il programma consente la gestione dei vitti dei pazienti ricoverati
anche successivamente alle prenotazioni, mediante l’utilizzo di una apposita schermata. La gestione del programma
si articola in 5 fasi di lavoro, suddivise in 5 fasce orarie: 1) elaborazione dei fogli di prenotazione per il giorno successivo con salvataggio dei dati sul server; 2) stampa cartellini pranzo e cena con le prenotazioni inviate il giorno
precedente, comprese le variazioni pervenute sino a quel momento; 3) variazioni cena intercorse dalle ore 10.30
alle ore 13.20; 4)stampa nuovi ricoveri sopraggiunti dalle ore 10.30 alle ore 12.40; 5) stampa variazioni cena intercorse dalle ore 13.20 alle ore 17.00.
CONCLUSIONE
Il progetto è stato avviato in alcune UUOO pilota, al fine di testare il programma ed evidenziare eventuali criticità.
Superata questa prima fase, si provvederà ad estenderlo a tutte le UUOO del POC, unitamente ad un sistema di
monitoraggio relativo alla corretta applicazione.
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GESTIONE APPROPRIATA DELLA SORVEGLIANZA CONTINUATIVA
E DELLA ASSISTENZA PERSONALIZZATA
R. Riccardi^, G.Cimarello*, R Urciuoli**, L. Guerini**, L. Fiocchetti°, R. Giustini°, D. Cappelli°, M. Cuboni°.
^ Dirigente SAIO AUSL Viterbo, *Direttore Sanitario Presidio Ospedaliero Centrale (POC) di Viterbo, **Dirigente medico di Direzione Sanitaria di Presidio POC, °Coordinatore Infermieristico SAIO-POC
INTRODUZIONE
Nell’attuare la presa in carico del paziente, può presentarsi l’esigenza di organizzare un tipo di assistenza più specifica, assidua e continuativa, fino ad arrivare alla necessità di garantire la presenza fisica costante di un operatore sanitario accanto all’assistito. La procedura inizialmente è stata realizzata per affrontare la complessità dell’accoglienza del paziente psichiatrico nel caso in cui necessiti una sorveglianza continuativa e/o assistenza personalizzata. L’obiettivo era individuare esattamente gli strumenti e le risorse per rispondere in termini di presenza e
di sostegno ad una situazione critica che deve essere prontamente risolta. In seguito la procedura è stata ampliata
ai casi che presentavano la stessa esigenza assistenziale e complessità organizzativa, ma la cui patologia di base
non era psichiatrica.
CONTENUTI
La Direzione Sanitaria, il Servizio di Assistenza Infermieristica ed Ostetrica, con la collaborazione di alcuni Coordinatori Infermieristici delle Unità Operative maggiormente interessate alle criticità sopra descritte, hanno proceduto all’elaborazione della procedura che si articola in diverse fasi: 1)Esecuzione di consulenza psichiatrica per conferma o esclusione di patologia psichiatrica; 2)Attivazione e scelta del tipo di sorveglianza continuativa da parte
dello Psichiatra o del Medico di Guardia (in caso di patologia non psichiatrica); 3) Rivalutazione dello status del paziente con intervalli non superiori alle 12 ore; 4) Cessazione della sorveglianza/assistenza continuativa.
Il medico, sull’apposito modulo, indicherà quale operatore sanitario sarà preposto alla sorveglianza continuativa/assistenza personalizzata; la procedura prevede il possibile coinvolgimento dell’infermiere di psichiatria, qualora sia necessaria un’ assistenza diretta specifica, dell’infermiere dell’Unità Operativa di ricovero del paziente, nel
caso di assistenza diretta, dell’A.S.S., O.S.S., O.T.A. nel caso di sorveglianza. La valutazione del medico può prevedere il coinvolgimento volontario dei familiari, accompagnatori o badanti in caso di indennità di accompagno.
La cessazione della sorveglianza/assistenza personalizzata viene disposta dal medico, sentito il parere del personale
infermieristico in turno e può avvenire in quanto non sussistono più le condizioni che lo hanno determinato o per
trasferimento del paziente presso l’U. O. SPDC o altro.
CONCLUSIONE
La formulazione della procedura ha permesso di delineare un percorso definito, stabilendo competenze e responsabilità
prescrittive a tutela della persona assistita e a garanzia dell’operatore.
L’applicazione della procedura, deve essere considerata un intervento temporaneo rispetto ad una situazione emergente e non la soluzione definitiva del bisogno di cura del paziente che necessita di una presa in carico complessiva.
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ABORTO SPONTANEO/TERAPEUTICO E MORTE INTRAUTERINA DEL FETO:
UN PERCORSO DIAGNOSTICO ALL’AVANGUARDIA IN FUNZIONE DELLA
PROCREAZIONE RESPONSABILE
R. Ottaviani§, G. Palla°, C. Bobbio°°, V. V. Gomes^, E. Pofi#, G. Pessina·, R. Urciuoli*, L. Guerini*
§ Direttore U.O.S.D. Citologia Citogenetica e Biologia Molecolare (POC),
° Direttore U.O.C. Ostetricia e Ginecologia (POC),
°° Dirigente medico Responsabile U.O.S. Diagnostica Prenatale (POC),
^ Direttore U.O.C. Anatomia Patologica (POC),
# Direttore U.O.C. Diagnostica per Immagini (POC),
· Responsabile scientifico Polo Biomedico-U.O.S.D. Citologia Citogenetica e Biologia Molecolare (POC),
*Dirigente medico di Direzione Sanitaria di Presidio (POC).
INTRODUZIONE
Garantire una procreazione responsabile ai cittadini rappresenta un obiettivo etico e morale per il servizio sanitario. Presso la Azienda USL-VT, integrando le moderne competenze di genetica, biologia molecolare, radiologia e
psicologia, è stata realizzata una procedura operativa volta alla creazione di un percorso diagnostico/assistenziale all’avanguardia in grado di descrivere le cause all’origine dell’aborto spontaneo/terapeutico e morte intrauterina del feto e di garantire un appropriato monitoraggio diagnostico/terapeutico per eventuali gravidanze future.
CONTENUTI
La necessità di realizzare una procedura operativa per la gestione clinica dell’aborto spontaneo/terapeutico e morte intreuterina del feto, ha condotto alla realizzazione di un percorso definito dove sono stati esplicitati compiti e
competenze di ogni Unità Operativa (UO) ospedaliera coinvolta nel percorso diagnostico. La redazione definitiva,
realizzata dalla Direzione Sanitaria di Presidio, è stata il frutto di un lavoro di équipe dei Responsabili e Coordinatori delle Singole UUOO coinvolte, di circa quattro mesi. Il percorso prevede le seguenti competenze:1)UOSD Citologia Citogenetica e Biologia Molecolare: indagini prenatali su amniociti, esami citogenetici e molecolari su materiale del prodotto abortivo, quali cariotipo, FISH (Fluorescent in situ Hibridization), Real-Time PCR per la ricerca
di polimorfismi genetici implicati nella poliabortività, Analisi mutazionale gene per la MTHFR, Determinazione fattore V di Leiden e fattore II (protrombina). 2)UOS Diagnostica prenatale e UOC Ostetricia e Ginecologia: Diagnosi
precoce, documentazione iconografica del prodotto abortivo prima dell’istaurarsi dei fenomeni tanatologici che potrebbero falsare la determinazione del periodo della morte intrauterina e per fini medico legali, prelievo campioni
biologici, raccolta dati, stesura dei consensi informati, invio dei campioni prelevati e del prodotto abortivo alle altre UUOO interessate. 3)UOC SPDC: Consulenza psichiatrica, rilascio certificazione. 4)UOC Direzione sanitaria POC:
Coordina le fasi della procedura, rilascia il “nulla osta” al riscontro diagnostico (per feti ≥ 20 settimane), verifica e
revisiona la procedura. 5)UOC Diagnostica per Immagini: Effettuazione di indagini radiografiche, relative al quesito diagnostico proposto, su feti dalle 19 settimane in poi. 6)UOC Anatomia Patologica: Riceve il feto, esegue il riscontro diagnostico. La UOC Ostetricia e Ginecologia coordina la raccolta delle refertazioni e provvede alla convocazione della coppia per la comunicazione ed illustrazione degli accertamenti diagnostici effettuati in collaborazione con gli specialisti delle altre UUOO.
CONCLUSIONI
In un anno sono stati effettuati, presso la Struttura di Belcolle, 45 tra aborti spontanei e terapeutici. Di questi 30
(66,6%) sono stati trattati secondo la procedura. Si sono rilevate 2 trisomie del cromosoma 21 (S. Down), 2 trisomie del cromosoma 22, ed 1 trisomia del cromosoma 15, per un totale di 5 trisomie (16,8%), 3 alterazioni genetiche complesse richiedenti ulteriori accertamenti (10%), 11 hanno mostrato cariotipo normale (36,6%) ed 11 (36,6%)
non hanno dato luogo a crescita cellulare. Per i restanti 15 casi non si è ricorso alla procedura perché avvenuti in
giorni festivi, nei quali alcuni dei servizi interessati non sono operativi, oppure perché la diagnosi della patologia
era stata precedentemente accertata.
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PERCORSO DI QUALITÀ E ACCREDITAMENTO DELLA CENTRALE DI
STERILIZZAZIONE E DEI FERRI CHIRURGICI, ESPERIENZA NELLA AUSL
VITERBO
G.Billi^, G.Cimarello*, F. Sileoni**, R.Urciuoli**, L.Guerini**, D.Cappelli°
^ Referente infermieristico Direzione Sanitaria POC processo di sterilizzazione, *Direttore Sanitario Presidio Ospedaliero Centrale (POC) di Viterbo, **Dirigente medico di Direzione Sanitaria di Presidio POC, °Coordinatore Infermieristico SAIO-POC
INTRODUZIONE
La sterilizzazione dei dispositivi medici risulta sempre più complessa sia per le nuove normative in materia sia per
il ruolo di primaria importanza nella gestione della prevenzione e nel controllo delle infezioni ospedaliere (Risk-Management)
CONTENUTI
Da gennaio 2008 nella AUSL di Viterbo è stata attivata una Centrale di Sterilizzazione in outsourcing con il compito di fornire il servizio al Blocco Operatorio Centrale di Belcolle (composto da 7 SO) ed BB.OO. dei cinque presidi ospedalieri aziendali. Tale progetto è risultato particolarmente innovativo sia per la realizzazione di una Nuova Centrale interna all’ospedale, sia per la gestione in outsourcing, non solo del Servizio di Sterilizzazione, ma anche della fornitura dello strumentario chirurgico, con notevoli vantaggi da parte della AUSL sui costi, tempi di manutenzione e di reintegro degli strumenti, nonché sulla garanzia di sicurezza e qualità del processo. La Direzione
Sanitaria di Belcolle ha curato l’organizzazione con i Responsabili dei Blocchi operatori dei 6 Presidi Ospedalieri
della Azienda USL Viterbo, per rendere possibile l’avvio nel modo più adeguato alle esigenze del progetto stesso.
Ruolo e responsabilità della Direzione Sanitaria di PO in questo servizio è quello di valutare tutti gli aspetti della
esternalizzazione. Su tali responsabilità il Direttore Sanitario di PO è vincolato da obblighi di legge come da D.Lgs
46/97 e Direttiva CEE 93/42 sui dispositivi medici, in cui è stabilito che le ASL debbano utilizzare esclusivamente
metodi convalidati e di provata efficacia e detiene la responsabilità personale nell’assicurare che il prodotto finito
sia sterile ed idoneo per l’utilizzo. Infatti, in linea con il D.Lgs 231/01, la Direzione Sanitaria di PO ha posto in essere modelli organizzativi, di gestione e controllo, idonei a garantire la correttezza dei processi, in funzione dell’ottenimento dei risultati attesi. Essendo la Sterilizzazione un “processo speciale” (norme EN 29000) la cui efficacia, non può essere garantita per mezzo di ispezioni e prove sul prodotto finito, per questa ragione i processi di
sterilizzazione vengono convalidati prima dell’utilizzo. Dunque dal gennaio 2008 la Centrale è stata certificata UNI
EN ISO 9001 (Sistemi di Gestione per la Qualità) e UNI EN ISO 13485 (che individua la procedura di qualità per la
produzione dei dispositivi medici) con verifica ispettiva annuale. Un elemento fondamentale nella gestione condivisa è stato la stesura di un Manuale di Centrale contenente tutte le procedure operative certificate, l’approntamento della modulistica necessaria per i rapporti con le BB.OO. e l’istituzione dei Registri di Centrale. Per mettere in atto il Sistema di Gestione di Qualità sono stati predisposti: il manuale, le procedure gestionali, le procedure
operative, le istruzioni operative e la modulistica di sistema. In tali documenti si identificano i processi necessari
per assicurare l’efficacia dell’operatività degli stessi.
CONCLUSIONI
la scelta di esternalizzare il servizio dettata dalle difficoltà economiche legate a garantire un Tecnology Assessment
adeguato per svolgere il servizio insourcing attualmente sta permettendo:
A) Ottimizzazione processi e percorsi di sterilizzazione nella intera AUSL Viterbo
B) Utilizzo di macchinari e attrezzature sofisticate aggiornate costantemente
C) Garanzia costante di conformità delle procedure e dei materiali
D) Migliorata gestione dei rischi legati al processo di sterilizzazione.
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DEFINIZIONE DI UNA PROCEDURA PER MIGLIORARE L’APPROPRIATEZZA
DELLE RICHIESTE DI ACCERTAMENTI DI DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
EFFETTUATE IN URGENZA DAL PRONTO SOCCORSO E OTTIMIZZARE
L’UTILIZZAZIONE DELLE RISORSE NEL RISPETTO DEL DLGS 187/2000
R. Urciuoli**, E. Pofi°, A. Cuzzoli^, L. Guerini**, F. Sileoni**, G. Cimarello*
** Dirigente Medico di Direzione Medica di Presidio (POC), °Direttore U.O.C. Diagnostica per Immagini (POC), ^ Direttore U.O.C. Pronto Soccorso e Breve Osservazione (POC), *Direttore Sanitario Presidio Ospedaliero Centrale (POC)
di Viterbo,
INTRODUZIONE
L’UO di Diagnostica per Immagini e l’UO di Pronto Soccorso del Presidio Ospedaliero Belcolle di Viterbo, insieme
alla Direzione Sanitaria dello stesso nosocomio, hanno condiviso come obiettivo di budget la definizione di una
procedura per la richiesta di indagini radiologiche effettuate in urgenza dal Pronto Soccorso, al fine di migliorare
l’appropriatezza delle richieste di accertamenti di Diagnostica per Immagini e ottimizzare l’utilizzazione delle risorse
nel rispetto del Dlgs 187/2000.
CONTENUTI
Nell’ambito della realizzazione dell’obiettivo sono state previste tre fasi: nella prima fase le richieste inoltrate dal
Pronto Soccorso, relativamente ad un periodo di due mesi, sono state raccolte dai medici dell’UO di Diagnostica
per Immagini, i quali hanno provveduto a riportare sulla stessa richiesta l’esito dell’accertamento (Negativo, Dubbio, Positivo) e al presenza di eventuali criticità; nella seconda fase la Direzione Sanitaria ha elaborato i dati estrapolati dalle richieste di Pronto Soccorso, considerando quali variabili: valutazione clinica, sospetto diagnostico principale, esame richiesto, correlazione tra sospetto diagnostico ed esame richiesto, esito dell’accertamento, presenza
di firma riconoscibile del medico richiedente; nella terza fase sono stati effettuati alcuni incontri collegiali (audit interdisciplinare tra le UUOO di Diagnostica per Immagini, Pronto Soccorso e Direzione Sanitaria), per una analisi
dei risultati emersi dall’indagine, al fine di elaborare un iter operativo volto ad un miglioramento della richiesta di
accertamenti radiologici in urgenza.
CONCLUSIONI
L’audit interdisciplinare è risultato un valido strumento per il cambiamento favorevole di un percorso, che ha portato alla definizione di una procedura condivisa che stabilisce in modo chiaro le modalità di richiesta degli esami
radiologici in urgenza, i compiti propri del medico di Pronto Soccorso e le competenze del Medico Radiologo, il
quale in base a quanto previsto dalla Dlgs 187/2000 può e deve valutare l’appropriatezza della richiesta e concordare
con il medico richiedente, qualora necessario, eventuali accertamenti diagnostici alternativi, anche al fine del raggiungimento della diagnosi nel minor tempo possibile e con minor radioesposizione del paziente.
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APROPRIATEZZA DELLE RICHIESTE DI ESAMI DIAGNOSTICOSTRUMENTALI, RISK ASSESSMENT E RISK
MANAGEMENT:FORMULAZIONE DI UNA NUOVA MODALITÀ DI
PRENOTAZIONE DEGLI ACCERTAMENTI DI DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
PER PAZIENTI IN REGIME DI RICOVERO
G. Cimarello**, E. Pofi°, A. Filoscia°°, L. Guerini*, R. Urciuoli*.
**Direttore Sanitario Presidio Ospedaliero Centrale (POC) di Viterbo, °Direttore U.O.C. Diagnostica per Immagini (POC),
°°Dirigente medico U.O.C. Diagnostica per Immagini (POC), *Dirigente Medico di Direzione Medica di Presidio (POC).
INTRODUZIONE
La necessità di migliorare l’attività della UOC di Diagnostica per Immagini, sia in termini di appropriatezza delle richieste di esami diagnostico-strumentali, sia in termine di qualità delle prestazioni effettuate, ha comportato la definizione di una nuova procedura per la richiesta di Accertamenti diagnostici da parte del Direttore della UOC di
Diagnostica per Immagini, condivisa dalla Direzione Sanitaria del Presidio Ospedaliero Centrale (POC) di Viterbo.
CONTENUTI
Inizialmente, alcuni pacchetti di prestazioni sono stati assegnati direttamente alle UUOO di degenza. Tale organizzazione
prevedeva anche le urgenze, secondo un principio di prioritarizzazione, ma queste venivano richieste in aggiunta
a quelle ordinarie, con conseguente surplus di richieste e aumento delle prestazioni erogate. Inoltre, la gestione
“diretta” delle richieste, da parte delle UUOO di degenza, non permetteva al medico radiologo la valutazione dell’appropriatezza delle stesse, momento di estrema importanza anche in base a quanto previsto dal D.Lgs. 187/2000.
Altra componente, che ha motivato l’esigenza della riorganizzazione della gestione delle richieste di accertamenti diagnostici, è stata la necessità di programmare ed eseguire i diversi accertamenti, esempio quelli di interesse
“neurologico” e quelli di interesse “internistico”, in sedute diagnostiche distinte, in quanto tale procedura e distribuzione degli esami consente di migliorare la “performance” diagnostica del medico radiologo, con riduzione in
maniera statisticamente significativa della possibilità di errore, come dimostrato in letteratura. Ciò nell’ottica più
ampia di una analisi del rischio e gestione del rischio clinico (Risk assessment e Risk management). La nuova organizzazione prevede: 1) invio delle richieste di accertamenti di Diagnostica per Immagini, compilate in maniera
completa, validate e firmate dal medico richiedente, entro le ore 13:00 di tutti i giorni lavorativi; 2) valutazione delle richieste nella stessa mattinata, da parte di un gruppo di lavoro composto dal Direttore della UOC di Diagnostica per Immagini (o suo sostituto) e dai medici radiologi in servizio presso la Sezione di Ecografia, TC, RM e Angiografia. Di ogni richiesta viene valutata: a) appropriatezza della richiesta, previste dalle linee guida nazionali di riferimento della SIRM; b) possibilità di ottenere informazioni da eventuali indagini eseguite in precedenza dal paziente (attraverso la consultazione del RIS); c) la possibilità di effettuare esami con tecniche alternative che si pongono lo stesso obiettivo ma non comportano esposizione alle radiazioni ionizzanti. Le richieste non correttamente compilate e ritenute inappropriate non sono accettate e sono rinviate alla UO richiedente con una breve relazione. Per le richieste urgenti la procedura prevede invece che il medico richiedente contatti telefonicamente il medico radiologo in servizio nella sezione interessata (RX, ECO, TC, RM) o il medico di guardia nei giorni prefestivi e
festivi, esponendo la richiesta e motivandola; il medico radiologo, tenendo conto della tipologia della richiesta e
delle norme previste dal Dlgs 187/2000, concorda con il medico richiedente la tempistica e la modalità dell’esame.
CONCLUSIONI
La realizzazione di tale procedura ha comportato un miglioramento in termini di appropriatezza delle richieste di
esami di Diagnostica per Immagini e ha inoltre favorito la collaborazione tra medico richiedente e medico radiologo.
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TRASFERIMENTO DI PAZIENTI CRITICI TRAMITE MEZZO AEREO:
EVENIENZA POCO FREQUENTE, MA CON IMPORTANTI RISVOLTI
ORGANIZZATIVI
M. Bo1, U. Fiandra1, M.C. Azzolina2, R. Arione2, A. Migliore3, R. Mosso1, IM. Raciti1, M. Rapellino1
SC Qualità Risk Management e Accreditamento, 2SC Direzione Sanitaria Presidio Molinette, 3SC Organizzazione
Attività Amministrative Ospedaliere, AOU San Giovanni Battista di Torino.
1
INTRODUZIONE
Per il trasferimento di pazienti critici su lunghe distanze può essere necessario predisporre un trasporto aereo, effettuabile tramite posto barellato su un volo di linea o volo aereo medicalizzato.
Nel primo caso la compagnia provvede alla creazione di un posto barellato in un’area dedicata dell’aeromobile, in
cui il paziente può essere assistito da personale sanitario, consentendo il trasferimento di pazienti anche fragili o
con importanti problemi sanitari in completa sicurezza. La seconda opzione, già utilizzata negli anni passati dalla
nostra Azienda, prevede, invece, la prenotazione di un aeromobile privato dotato di attrezzatura sanitaria per il trasporto di un singolo paziente.
Entrambi presentano adeguati livelli di sicurezza e qualità, ma determinano un diverso impatto economico ed organizzativo per la struttura sanitaria, da cui la necessità di individuare quale tipo di opzione attivare in via preferenziale.
CONTENUTI
Per valutare quale opzione sia preferibile attivare nelle diverse situazioni, si è proceduto identificando le principali compagnie in grado di fornire posti barellati su voli di linea, le tratte e le condizioni in cui il servizio è disponibile,
le diverse modalità di prenotazione previste, la documentazione necessaria ed il costo del trasporto. Il principale
vantaggio di questa soluzione è dato dalla possibilità di ottenere adeguati livelli di sicurezza a costi contenuti, mentre i principali svantaggi sono di tipo organizzativo: maggior tempo di attivazione della procedura da parte della
Compagnia (48-72 ore, esclusi sabato e festivi), presenza di orari di partenza vincolanti, assistenza infermieristica
e procedure di imbarco/sbarco del paziente a totale carico dell’Azienda Sanitaria, vincolo di pagamento anticipato - contanti o carta di credito -, con necessità di accesso alla cassa economale ed in generale la necessità di coordinare l’azione di diverse competenze – servizi infermieristici, servizio ambulanze, servizi amministrativi.
Il trasporto tramite volo privato medicalizzato, invece, viene attivato con le stesse modalità usualmente seguite per
il trasporto degli organi dedicati a trapianto. Esso presenta una serie di vantaggi, quali tempi di attivazione rapidi
(12-24 ore), orari e luoghi di partenza concordabili, personale sanitario messo a disposizione della compagnia aerea; pagamento tramite fatturazione. Lo svantaggio principale è, però, rappresentato dal costo decisamente elevato.
CONCLUSIONE
Il trasferimento tramite posto barellato su volo di linea rappresenta, in generale, la procedura di prima scelta, perché garantisce elevata sicurezza a costi favorevoli, anche se richiede maggiori oneri organizzativi, che possono,
comunque, essere fortemente mitigati predisponendo un percorso organizzativo che individui i dati necessari per
la prenotazione, le strutture cui far riferimento, e le modalità per coordinarle.
In un’ottica di razionalizzazione dell’uso delle risorse, pertanto, il trasferimento tramite volo aereo di linea è preferibile, anche se in caso di ritardi legati all’organizzazione interna o di concomitanza di week-end, il costo determinato dall’aumento dei giorni di degenza potrebbe rendere l’opzione meno vantaggiosa.
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34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O. - La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
GESTIONE DELLE NON CONFORMITÀ MINORI IN UN SERVIZIO
IMMUNOTRASFUSIONALE DI RIFERIMANTO REGIONALE
M.C. Azzolina1, I.M. Raciti1, D. Bassino2, A. Bordiga2, M. Lorenzi2, R. Arione1
1 S.C. Direzione Sanitaria P.O. Molinette, AOU San Giovanni Battista di Torino
2 S.C. Banca del Sangue, AOU San Giovanni Battista di Torino
INTRODUZIONE
Uno dei punti su cui si fonda il Sistema di Gestione della Qualità è la registrazione delle Non Conformità (NC) e la
loro gestione. Molte delle NC minori rilevate dal laboratorio di Immunoematologia dell’ A.O.U. San Giovanni Battista di Torino si riferiscono alla congruità di campioni e richieste inviati dai reparti per l’esecuzione dei test pretrasfusionali e/o l’assegnazione di emocomponenti.
Lo scopo principale di tale indagine è stata la verifica del sistema adottato per la registrazione delle NC minori in
Accettazione.
CONTENUTI
Per un periodo di tre mesi il Gruppo Qualità, costituito all’interno del Servizio ImmunoTrasfusionale (SIT) composto da 5 tecnici, ha verificato tutte le richieste pervenute al laboratorio (11758) suddividendole per i reparti serviti
(92) ed evidenziando quelle che avevano avuto bisogno di un intervento specifico per correzioni e/o integrazioni
e quelle ritenute non accettabili e non processate. I dati ottenuti sono stati confrontati per tipologie e percentuali
di NC con quelli raccolti dal registro delle Non Conformità, compilato da tutto il personale afferente al laboratorio
(53 tra tecnici, biologi e medici). Il 3.5% dei campioni/richieste ha avuto necessità di correzioni/integrazioni e lo 0.002%
dei campioni è stato giudicato non idoneo e non processato. Le cause di non conformità più frequenti sono state, nell’ordine:
– dati anagrafici errati sulla richiesta
– mancanza della firma sul prelievo
– dati anagrafici errati sul prelievo
Le segnalazioni sul registro delle non conformità sono in numero minore, ma rispecchiano la distribuzione per ospedale/reparto di quelle ricercate attivamente.
CONCLUSIONE
La percentuale di errore è molto più alta per i reparti che inoltrano poche richieste di sangue (con punte di non conformità fino al 50% delle richieste effettuate). I reparti che inviano molte richieste hanno valori di non conformità
molto più bassi ed in ogni caso inferiori al 3.5%.
La percentuale di non conformità registrate è comunque alta rispetto ai dati della letteratura, tanto più se rapportata al numero elevato di richieste che ogni giorno giungono al SIT della nostra azienda (213 come valore medio).
Il registro delle NC è uno strumento che rappresenta la realtà, anche senza riprodurla fedelmente. I dati messi a
disposizione da questo studio sono stati diffusi al personale medico ed infermieristico nel corso degli incontri con
i vari Dipartimenti ospedalieri e durante i corsi di formazione organizzati in collaborazione con l’Area di Formazione. Quanto emerso dalle registrazioni di NC è stato valutato da un gruppo di lavoro multidisciplinare composto anche da personale di Direzione Sanitaria, Risk Management e Banca del Sangue e contribuirà a favorire l’adozione
di tecnologie efficaci nella gestione di quello che, a tutt’oggi, è il più importante rischio in ambito trasfusionale: il
sangue sbagliato al paziente sbagliato.
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LA MOBILIZZAZIONE DEL PAZIENTE ALLETTATO
M.C. Azzolina, A. Russo, L. Bernocco, E. Fassero, I.M. Raciti, R. Arione
Direzione Sanitaria P.O. Molinette, AOU San Giovanni Battista, Torino
INTRODUZIONE
L’Azienda Ospedaliero Universitaria San Giovanni Battista di Torino è una Struttura Sanitaria di riferimento regionale ad altissima specialità dotata di 1300 posti letto. Gran parte dei pazienti è portatore di lesioni croniche che
non possono risolversi nell’ambito di un ricovero in regime ordinario.
CONTENUTI
Dal marzo 2003, al fine di migliorare la qualità dell’assistenza e di ridurre la spesa per il noleggio, è stato avviato
un progetto pilota, che segue il modello del Miglioramento Continuo della Qualità. Il progetto prevede l’orientamento
del Budget destinato al noleggio di materassi antidecubito ad aria, all’acquisizione e quindi alla capitalizzazione
delle tecnologie innovative relative al letto di degenza e superficie di prevenzione delle Lesioni da Decubito (LDD).
Lo scopo è quello di ridurre del 50% la spesa per il noleggio delle superfici antidecubito ad aria, mantenere alto il
livello di prevenzione delle lesioni attraverso l’acquisizione di materassi in schiuma alta densità per letti di degenza, sostituire letti di degenza a movimentazione meccanica con letti elettrici ergonomici nelle aree critica, medica
e chirurgica.
Nella fase sperimentale sono stati ottenuti i seguenti risultati:
riduzione del fabbisogno delle giornate di noleggio di superfici ad aria
miglioramento di standard di sicurezza ed assistenziali
riduzione dell’incidenza di LDD
annullamento delle cadute dei degenti allettati
riduzione del carico di lavoro del personale di assistenza per il cambio posturale
riduzione del rischio e danno relativo alla movimentazione manuale dei pazienti
Dal 2006 il progetto è stato ampliato ed esteso a tutti i reparti di degenza in cui si sono rilevate le criticità rispetto
all’esposizione al rischio dei degenti – prevalenza mappa priorità, criticità organizzative relative al carico di lavoro,
rischio 626/94 e alti consumi di noleggio.
CONCLUSIONI
Il progetto promosso dalla Direzione Sanitaria e gestito dall’Ufficio Controllo Qualità-Progetti ha coinvolto nella fase
operativa alcuni esperti tra cui l’ Epidemiologo, il Medico del lavoro, infermieri Referenti delle degenze coinvolte
ed operatori del Servizio Prevenzione e Protezione.
La valutazione dei costi diretti e indiretti ha permesso di quantificare i costi indotti da tecnologie in uso, obsolete,
inefficaci e quindi di definire la spesa necessaria per rispondere alle diverse esigenze.
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LO SVILUPPO DELLA FUNZIONE RISK MANAGEMENT IN UNA AZIENDA
SANITARIA: ATTUAZIONE DI UN PROGETTO “GESTIONE DEI RISCHI”
Guerra G., Giachino-Amistà M.T.*, Rebora M., Rubiolo M.T.*, Rosati N., Bedogni C°.
Direzione Sanitaria di Presidio Savigliano-Saluzzo, *Struttura Semplice Ufficio Qualità, °Direzione Aziendale ASL Cn
1-Regione Piemonte
INTRODUZIONE
Il tema del Risk management nelle aziende sanitarie si colloca nel tema più generale della qualità e della valutazione dell’outcome e pertanto è indispensabile conoscere ed analizzare quest’aspetto dell’assistenza sanitaria. In
tale contesto presso l’ASL 17 di Savigliano (accorpata dal 2008 nell’ASL Cn1) è stato avviato a partire dal 2004 un
percorso per lo sviluppo della gestione del rischio clinico; nel 2007 è stato costituito il Comitato Aziendale per la
Gestione del Rischio e la Valutazione dei Sinistri (delibera n. 51 del 16/04/07).
OBIETTIVI
Nel 2004-2005 è stato realizzato un Progetto formativo aziendale rivolto a tutti i direttori di struttura e coordinatori infermieristici e tecnici (112 operatori formati in 6 edizioni) dal titolo:
“E se qualcuno ti chiedesse la ragione di certi comportamenti?......Un approccio all’implementazione dei sistemi
qualità in Sanità ed alla sua verifica”.
Dopo il percorso formativo, l’Ufficio per la Qualità ha coordinato, in collaborazione con la direzione aziendale, un
progetto su base volontaria denominato “Gestione Rischi”, con l’obiettivo di implementare le conoscenze apprese e di realizzare la mappatura di alcune fasi dei diversi processi assistenziali erogati nelle strutture sanitarie coinvolte nel progetto: Dipartimento Anti-Invalidante (S.C. Medicina Gen.– S.S.Medicina Fisica e Riabilitazione – S.S.Riabilitazione Cardiologia), S.C. Neurologia, S.C. Cardiologia, Blocco Operatorio.
METODI
Nel Dipartimento Anti-invalidante è stato individuato il percorso “Gestione del paziente affetto da ictus in regime
di ricovero ordinario” (Codici diagnosi ICD 9 CM – 2002: dal n. 430 al 438 + 342), scelto in base a criteri di complessità assistenziale, coinvolgimento di equipe multiprofessionale, trasversalità della problematica a livello aziendale. La metodologia adottata comprende: descrizione del percorso, analisi di processo, mappatura e identificazione dei rischi da controllare, stesura del relativo progetto di miglioramento. Dall’analisi del processo si sono identificate, mediante la tecnica del brainstorming, 20 attività a rischio, tra le quali sono state oggetto di piano di miglioramento le seguenti: 1) prescrizione della terapia, 2) somministrazione della terapia, 3) mobilizzazione del paziente, 4) somministrazione degli alimenti al paziente.
Il processo di miglioramento è stato avviato nell’ultimo triennio mediante: Attuazione azioni correttive: stesura procedure e istruzioni operative “Gestione del paziente con disfagia” “Mobilizzazione del paziente”, adozione cartella integrata (prescrizione, trascrizione, preparazione e somministrazione farmaci) Monitoraggio: verifica tecnica a
campione e utilizzo schede di verifica, con registrazione dati. Segnalazione evento avverso: utilizzo scheda di segnalazione.
RISULTATI
Nel periodo preso in considerazione tra n. tot 1192 pazienti ricoverati (n. 85 con ictus) sono stati segnalati i seguenti
eventi avversi/rischi: scambio paziente nella somministrazione della terapia (n. 3 casi), errore diluizione dosaggio
(n. 10 casi), prescrizione telefonica (n.14 casi), disfagia (n. 2 casi), mancata/inadeguata mobilizzazione (n. 4 casi).
Non si sono registrati eventi con conseguenze di gravità compresa tra 5 e 10 della scheda FMEA/FMECA. La valutazione e la ridefinizione delle azioni di miglioramento proseguono a tutt’oggi, mediante briefing settimanali di tutta l’equipe del Dipartimento.
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EPIDEMIA DI MORBILLO IN PIEMONTE: GESTIONE OSPEDALIERA
DELL’EVENTO NEL PRESIDIO DI SAVIGLIANO (CN)
Rebora M., Rosati N., Guerra G., Peraldo-Neja R.^, Liggera L., Frandino E., Todaro M.A.*, Bedogni C.°
Direzione Sanitaria di Presidio Saluzzo-Savigliano-Struttura Semplice Prevenzione Infezioni Ospedaliere – ^Medico Infettivologo CIO–*Medico Competente- °Direzione Aziendale- ASL Cn1-Regione Piemonte
INTRODUZIONE
In Piemonte dal mese di Ottobre 2007, a partire da un caso indice importato dall’Inghilterra, si è verificato un focolaio epidemico di morbillo nell’ambito dell’ex ASL 17 di Savigliano (Cn), che ha assunto caratteristiche di epidemia, estendendosi ad altre ASL limitrofe. Dal 19.09.07 al 16.05.08 i casi notificati a livello regionale in classe II
(D.M. 15/12/90) risultano essere n. 1233, dei quali n. 201 presso l’ex ASL n.17; i ricoveri ospedalieri registrati nel
Simi (Sistema informativo malattie infettive) nello stesso periodo sono stati 107.
METODI
Presso il Presidio Ospedaliero dell’ex ASL n. 17, nei mesi intercorrenti, sono state intraprese le seguenti misure per
il controllo dell’epidemia nei confronti dei pazienti, visitatori ed operatori sanitari suscettibili:
• verifica dell’applicazione delle procedure di isolamento aereo, previste dal protocollo aziendale CIO, indagine epidemiologica su sorgente infezione e identificazione dei contatti in ambito ospedaliero (pazienti e operatori sanitari suscettibili esposti) per ogni caso di morbillo (sospetto o accertato), segnalato all’interno della struttura (DEA,
reparti), da parte del GO CIO
• sensibilizzazione dei clinici (soprattutto presso il DEA e l’S.C. Pediatria) per l’immediata segnalazione dei casi sospetti
• costituzione di un gruppo operativo multidisciplinare, comprendente Responsabili Direzione Sanitaria/S.S. Prevenzione Infezioni Ospedaliere, Medicina del Lavoro, DEA, Servizio Igiene Pubblica, per implementare le misure
di controllo già in atto (identificazione casi sospetti al “triage”, utilizzo stanza isolamento presso DEA) ed introduzione di ulteriori misure di controllo (es. modifica percorso consulenze pediatriche)
• accertamento anamnestico e/o sierologico dello stato di immunizzazione relativo al morbillo degli operatori sanitari del Presidio e offerta della vaccinazione antimorbillo in caso di dato anamnestico e/o sierologico negativo
e/o dubbio
Risultati
Nel periodo considerato (03/10/07-29/07/08) sono stati notificati in totale presso il Presidio Ospedaliero di Savigliano n. 62 casi di morbillo, dei quali n. 57 accessi di Pronto Soccorso seguiti da dimissione a domicilio e n. 5 casi
presso le strutture degenziali.
Si sono verificati n. 3 casi di morbillo in operatori sanitari suscettibili (2 Medico e 1 Infermiere); relativamente al caso
dell’Infermiere l’indagine epidemiologica ha consentito di identificare la fonte del contagio in un paziente affetto
da morbillo, durante il turno lavorativo.
Su 703 operatori sanitari a tutt’oggi testati per morbillo (pari al 69.9% del personale in organico 703/ 1005) n. 2
sono risultati negativi ed hanno ricevuto offerta di vaccinazione.
CONCLUSIONI
L’evento epidemico di morbillo che ha “investito” l’ambito territoriale dell’ASL, all’interno del quale è collocato il
Presidio Ospedaliero di Savigliano, ha richiesto un rafforzamento delle misure di isolamento di norma applicate,
una fattiva collaborazione con il Medico Competente e soprattutto un approccio condiviso alla problematica con
i Servizi di Prevenzione territoriali, al fine di contenere il diffondersi dell’infezione.
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PROGETTO SPERIMENTALE DI RADIOLOGIA DOMICILIARE
Minniti D.*, Grosso M.**, Beux A.***, Cammarota T.****, Barbaro S.*, Davini O.*
* Direzione Sanitaria – AOU S. Giovanni Battista di Torino
** SC Radiologia 2 – DEA - AOU S. Giovanni Battista di Torino
*** SC Neuroradiologia - AOU S. Giovanni Battista di Torino
**** SC Radiodiagnostica 5 - AOU S. Giovanni Battista di Torino
INTRODUZIONE
La radiologia domiciliare si inserisce nel più ampio contesto della diagnostica domiciliare, obiettivo della quale è
rilevare informazioni diagnostiche presso l’abitazione del paziente. Pur rappresentando una preziosa risorsa a beneficio della persona assistita, la diagnostica domiciliare deve essere pensata come valida alternativa al servizio
ospedaliero per gli esami per i quali la tecnologia portatile sia in grado di garantire adeguati livelli qualitativi e di sicurezza e per i casi in cui le condizioni cliniche della persona rendano meno gravoso effettuare l’esame a domicilio piuttosto che in ospedale. Il progetto di Radiologia Domiciliare, in quanto attività rivolta a persone allettate e non
deambulanti, è destinato ai pazienti dell’Istituto di Riposo della Vecchiaia (IRV) e dell’Ospedalizzazione a Domicilio dove risultano difficilmente applicabili modelli ad elevata integrazione strutturale. A volte il trasporto di malati
particolarmente complessi costa alla società mediamente più della prestazione stessa, sottraendo, tra l’altro, mezzi e strutture ad attività per casi gravi ed urgenti. E’ possibile che per il trasporto debbano venire coinvolti uno o
più familiari della persona, presupponendo la perdita di giornate lavorative.
CONTENUTI
Studio Osservazionale, non randomizzato, a due bracci. Durata dello studio: da aprile 2008 ad aprile 2009.
Primo braccio: pazienti provenienti dall’Istituto di Riposo per la Vecchiaia (IRV) di Torino in cui l’esame radiologico
richiesto verrà eseguito nella casa di riposo stessa.
Secondo braccio: pazienti della casa Geriatria Carlo Alberto di Torino a cui l’esame radiologico verrà effettuato presso i servizi di radiologia dell’AOU S. Giovanni Battista di Torino.
Potenza dello studio: 100 pazienti consecutivi per ogni braccio.
Esami radiologici eseguibili: torace, addome, bacino, anca e principali articolazioni/piccoli segmenti per le seguenti
tipologie di pazienti: persone affette da patologie polmonari, cardiache, oncologiche, neurologiche, osteoarticolari, persone sottoposte ad interventi ortopedici per posizionamento protesi o con difficoltà di movimento o non
deambulanti o disabili.
Tecnologie già predisposte per l’attuazione del progetto: veicolo con alimentazione benzina/metano allestito con
sistema Computed Radiography con possibilità di visualizzazione ed elaborazione in tempo reale delle immagini
acquisite; tubo radiogeno portatile con generatore ad alta frequenza.
Formazione e addestramento del personale tecnico e medico: corso ECM in data 24/11/2007.
CONCLUSIONI
I dati acquisiti in corso di sperimentazione saranno oggetto di analisi al fine di confermare o meno l’ipotesi di partenza relativa a sostenibilità, affidabilità e validità delle attività svolte.
I vantaggi attesi da tale progetto sono di tipo sociale, relazionale ed economico.
A volte il trasporto di malati particolarmente complessi costa alla società mediamente più della prestazione stessa, sottraendo, tra l’altro, mezzi e strutture ad attività per casi gravi ed urgenti.
E’ possibile che per il trasporto debbano venire coinvolti uno o più familiari della persona, presupponendo dunque la perdita di giornate lavorative.
Un aspetto meno evidente, ma straordinariamente importante, è quello umano: le persone stanno sicuramente meglio a casa loro e in tale sede la relazione malato – professionista è enormemente favorita con grande beneficio e
soddisfazione di entrambe le parti.
Al termine del progetto si prevede di poter implementare l’attività di radiologia sul territorio con ampie ricadute sul
piano organizzativo sociale ed economico.
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IL NUOVO NIGUARDA:
PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA E PRINCIPI OPERATIVI
C. Nicora, N.V. Orfeo, G. Bollini*, G. Bellavia, R. Cosentina
Direzione Sanitaria, A.O. Niguarda Ca’ Granda Milano
*D.I.T.R.A., A.O. Niguarda Ca’ Granda Milano
Il progetto per il Nuovo Ospedale Niguarda Ca’ Granda, nella massima continuità con la tradizione di eccellenza
che da sempre lo caratterizza, ha lo scopo di assicurare un forte sviluppo e un adeguamento della struttura ai requisiti più innovativi in termini di tecnologia, funzionalità e comfort.
Il percorso progettuale ha tenuto conto dei criteri definiti dalla Commissione del Ministero della Sanità sul Nuovo
Modello di Ospedale (“Veronesi-Piano”), presentato dal Ministero della Sanità nel marzo del 2001, e perfezionati
e completati da metodologia, linee guida, politiche, principi operativi ed esempi di procedure nella ricerca dell’Agenzia
per i Servizi Sanitari Regionali pubblicata nel novembre 2003.
Area interessata dai lavori
Posti-letto previsti
Blocchi clinici
Blocchi servizi e diagnostica
Poli tecnologico-logistici
Parcheggio
Investimento
263.000 mq
1305
3
1
2
1050 posti-auto
260.000.000 €
La progettazione di un ospedale è la concretizzazione di un’idea e l’integrazione di competenze e valori; nel nostro caso il percorso si sta sviluppando lungo una direttrice sia condivisa concettualmente sia vissuta nel quotidiano (il nuovo ospedale sta nascendo all’interno del vecchio comprensorio e mantenendo in funzione tutte le attività sanitarie in essere).
Si ricordano gli interventi principali previsti dal progetto:
Realizzazione di due complessi di nuova edificazione (piastre sud e nord) di 3 livelli fuori terra più 2 interrati ed un
piano tecnico di copertura, raccordati in testa da un corpo di fabbrica destinato al collegamento con gli edifici esistenti ed ai percorsi orizzontali e verticali
Realizzazione, in zona baricentrica, di spazi dedicati ai servizi comuni di diagnostica per immagini “pesanti”, ai previsti laboratori per la medicina molecolare e disponibili per le tecnologie future
Realizzazione di una nuova centrale tecnologica, di una nuova “central supply” e di spazi per la logistica, prevalentemente seminterrati, per i servizi generali
Realizzazione di un sistema di gallerie e percorsi protetti organizzato su tre livelli:
Livello
quota –2
quota –1
quota terreno
Destinazione
reti impiantistiche e tecnologiche; trasporto (automatizzato e manuale) di mezzi e materiali
percorsi interni e sanitari (personale e pazienti ricoverati)
percorsi per esterni (visitatori, ambulatoriali, personale in fase non operativa)
– Realizzazione di un ingresso principale rinnovato con servizi connessi, centro commerciale e centro congressi
– Interventi sugli edifici esistenti:
(Segue sul sito www.amndo.org)
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L’HEALTH TECHNOLOGY ASSESSMENT PRESSO
L’AOU SAN GIOVANNI BATTISTA DI TORINO
Barbaro S.*, Minniti D.*, Freda P.**, Borsarelli L.***, Pagano P.*, Arione R.*, Davini O.*
* Direzione Sanitaria - AOU San Giovanni Battista di Torino
** SC Ingegneria Clinica - AOU San Giovanni Battista di Torino
*** SC S.I.T.R.A. - AOU San Giovanni Battista di Torino
INTRODUZIONE
Da Gennaio 2007 è stato attivato presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino un nucleo di valutazione delle tecnologie sanitarie con l’obiettivo di verificarne le caratteristiche tecniche, l’efficacia e l’efficienza, la sicurezza clinica, le indicazioni d’uso, l’impatto economico, al fine di una precisa e accurata pianificazione strategica. La S.C. Igiene Ospedaliera e Gestione delle Tecnologie Sanitarie della Direzione Sanitaria, con deliberazione n. 6/3/75/2007 dell’11 gennaio 2007, è stata incaricata del coordinamento di tale nucleo di valutazione (denominato “Commissione Metodologica di Health Technology Assessment - HTA”), attraverso il quale si è iniziato a pianificare l’acquisizione di apparecchiature sanitarie e di presidi sulla base del principio dell’HTA, definendo
le attrezzature da acquisire con carattere di priorità, impiegando competenze tecniche e professionali per la valutazione delle proposte di acquisizione onde evitare l’introduzione di tecnologie il cui impiego fosse sprovvisto di
sufficiente evidenza scientifica o rappresentasse una duplicazione di attrezzature già esistenti.
CONTENUTI
Ad oggi la Commissione Metodologica di HTA si è occupata delle seguenti tematiche:
• Presentazione delle tipologie di acquisto effettuate con il finanziamento erogato dalla Regione Piemonte (con D.G.R.
47-3073 del 05.06.2006).
• Presentazione della programmazione degli investimenti tecnologici relativa al triennio 2008/2010.
• Valutazione dell’opportunità di attivare la procedura di sostituzione valvolare aortica per via percutanea.
• Definizione dell’iter procedurale per l’utilizzo della metodica IORT.
• Prostatectomia radicale robotica
• Valutazione dell’opportunità di attivare una seconda area di Cardiologia Interventistica mediante l’acquisizione
di una apparecchiatura radiologica fissa ad Alta Tecnologia.
• Implementazione del laboratorio di Ecocardiografia della S.C.D.U. Cardiologia 1
• Valutazione dell’opportunità di aggiornamento tecnologico dell’apparecchiatura Ablatherm per il trattamento HIFU
del carcinoma prostatico
• Procedimento radiologico interventistico minimamente invasivo per il trattamento delle fratture vertebrali (Cifoplastica)
• Valutazione dell’opportunità di acquisiste un mammografo digitale dotato della funzione di “acquisizione immagini mediante tomosintesi”.
• Valutazione dell’introduzione di metodica innovativa di rivascolarizzazione cardiaca non invasiva
• Valutazione sull’utilizzo del sistema integrato per somministrazione e monitoraggio di ossido di azoto nel Dipartimento Cardiovascolare e Toracico.
• Procedura di impianto valvolare aortico transapicale nei pazienti con stenosi valvolare aortica
• Valutazione dell’opportunità di attivare la procedura di posizionamento di valvole endobronchiali
• Valutazione dell’introduzione del sistema di posizionamento per spaziatore interspinoso
• Inoltre la sottocommissione di HTA ha definito una scheda unificata e una procedura interna per tutte le richiesta di tecnologie sanitarie. Attualmente sono state valutate da tale subcommissione oltre 500 richieste tra apparecchiature e dispositivi medici.
• Contestualmente è stato completato (giugno 2008) il censimento delle tecnologie sanitarie presenti in Azienda
avvalendosi del software applicativo Infohealth®.
CONCLUSIONI
Attualmente è in fase di definizione, presso l’Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari (AreSS) della Regione Piemonte
un centro di riferimento di HTA a livello meso; il nostro modello prevede, anche attraverso la realizzazione di reports di miniHTA su tutte le tecnologie sanitarie valutate, di contribuire alla produzione di evidenze/raccomandazioni sia a livello locale sia a livello regionale (AreSS).
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STUDIO SULL’APPROPRIATEZZA E ACCETTABILITÀ DELLA
RISTORAZIONE OSPEDALIERA AL FINE DI PREVENIRE LA
MALNUTRIZIONE
Barbaro S.*, Minniti D.*, Zozzoli S.*, Demagistris A.**, Scipioni S.*, Borsarelli L.***, Palmo A.**
* Direzione Sanitaria – AOU S. Giovanni Battista di Torino
** SC Dietetica e Nutrizione Clinica - AOU S. Giovanni Battista di Torino
*** SC S.I.T.R.A. - AOU S. Giovanni Battista di Torino
INTRODUZIONE
Il miglioramento del benessere psico-fisico del malato, della qualità dell’assistenza e della stessa percezione del
cittadino nei confronti dei servizi sanitari, si consolida anche attraverso una buona e corretta alimentazione del paziente. Una migliore qualità della nutrizione in ambito sanitario passa soprattutto attraverso un processo mirato di
riorganizzazione e miglioramento della definizione della qualità del servizio della ristorazione.
È assodato che lo stato nutrizionale influenza il decorso delle malattie e condiziona la qualità della vita; in particolare è documentato che la malnutrizione nel soggetto ospedalizzato è causa di un aumento delle giornate di degenza ospedaliera, anche del 10-15%, e dei costi a carico del Servizio Sanitario. La letteratura internazionale rivela che sono a rischio di malnutrizione il 40-50% dei pazienti ricoverati, con picchi maggiori nei pazienti anziani.
Le cause della malnutrizione possono prendere origine dalla patologia di base del paziente e dal suo persistere,
in tal caso risultano pressoché irrisolvibili. Più spesso la malnutrizione è il risultato di una scarsa attenzione all’alimentazione in ospedale, ambito nel quale è possibile attuare interventi specifici per ridurre l’entità del fenomeno.
La Struttura Complessa Igiene Ospedaliera e Gestione delle Tecnologie Sanitarie della Direzione Sanitaria, di concerto con la Struttura Complessa Dietetica e Nutrizione Clinica, ha elaborato uno studio che intende valutare l’appropriatezza del sistema di ristorazione adottato dal presidio Molinette tramite il gradimento del vitto ospedaliero
(qualità percepita) e il reale introito alimentare da parte dei pazienti e identificare le eventuali barriere analizzando
le problematiche cliniche, organizzative e il disagio ambientale.
CONTENUTI
Il progetto coinvolgerà gli utenti, di entrambi i sessi, ricoverati presso reparti di Medicina, Chirurgia e Specialistici, scelti a campione come rappresentativi della totalità dei reparti del Presidio Molinette. L’indagine si avvarrà di
rilevazioni cliniche e verranno indagati tutti i momenti di introito alimentare dei pazienti inclusi nello studio, nell’intera giornata presa in esame (entro 24 ore dal ricovero) e nelle giornate indice. Lo studio prevede l’utilizzo di diverse tecniche (intervista, valutazione visiva degli scarti del pasto, …) per la registrazione degli introiti alimentari
(tipologia e quantitativi) e per valutare le motivazioni che possono aver indotto il degente a non consumare tutto
o parte del pasto.
Si prevede l’utilizzo di indicatori per indagare l’appropriatezza, la sicurezza e la soddisfazione della ristorazione in
ambito sanitario che verranno identificati e condivisi nella prima fase del programma.
Successivamente si provvederà alla raccolta ed elaborazione dei dati e alla validazione e conferma degli indicatori.
Per garantire un criterio standardizzato ed omogeneo di analisi si prevede un solo gruppo per la fase di elaborazione e validazione di tutti i dati.
CONCLUSIONI
Attraverso tale progetto si intende sia misurare lo stato dell’arte della ristorazione presso il presidio Molinette e della gestione del suo processo, sia delineare indicazioni operative per la prevenzione, la diagnosi precoce e il trattamento della malnutrizione ospedaliera.
Il miglioramento della qualità, della compliance e del confort relativamente al momento della ristorazione, permetterà
una riduzione della malnutrizione in ospedale con ripercussioni positive anche nelle successive fasi della continuità
assistenziale.
Tale progetto consentirà inoltre di ridurre la degenza ospedaliera e le terapie di supporto con notevole beneficio
non solo dal punto di vista etico e sanitario, ma anche economico.
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DEFINIZIONE DI INDICATORI DI APPROPRIATEZZA E SICUREZZA PER LA
VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELL’ASSISTENZA SOCIO-SANITARIA
Minniti D.*, Barbaro S.*, Di Novi C.**, Zampirolo M.G.*, Scipioni S.*, Davini O.*
* Direzione Sanitaria – AOU S. Giovanni Battista di Torino
** Dipartimento di Politiche Pubbliche e Scelte Collettive – Università del Piemonte Orientale
INTRODUZIONE
L’introduzione presso la nostra Azienda di indicatori per la valutazione della qualità assistenziale inseriti nello strumento della Balanced Scorecard, consentirà di analizzare, modificare e standardizzare attività di processo, di valutare le tecnologie sanitarie e di sviluppare un modello indirizzato alla sicurezza clinica verso i principali stakeolders dell’ospedale.
CONTENUTI
E stato costituito un gruppo di lavoro con il compito di elaborare un metodo per la realizzazione di un sistema di
balanced scorecard clinico, che permetta di creare un flusso informativo completo a supporto della Direzione Aziendale per il miglioramento dell’appropriatezza e della sicurezza della pratica clinica, oltre ad una efficiente gestione assistenziale. A tale gruppo, inoltre, è già stato attribuito il ruolo di vigilare, in collaborazione con i professionisti coinvolti, sull’uso appropriato, anche in relazione al rapporto costo-beneficio, delle tecnologie sanitarie disponibili.
Il gruppo di lavoro ha l’obiettivo di
• individuare il set di indicatori di appropriatezza e sicurezza sia di tipo clinico sia di tipo organizzativo - gestionale
• valutare la performance, della efficacia ed efficienza, della sicurezza e delle implicazioni economiche e organizzative delle apparecchiature sanitarie
• applicare, verificare e validare gli indicatori individuati
• elaborare un report sulla qualità dell’assistenza sanitaria
Relativamente alla gestione dei dati, la S.C. Ingegneria Clinica ha implementato nel corso dell’anno 2008 un apposito software informatico “InfoHEALTH®” attraverso il quale si ha a disposizione il censimento di tutte le apparecchiature biomediche presenti in Azienda, i relativi contratti di manutenzione e i collaudi; questo al fine di allestire in modo sempre più attendibile indici di priorità di sostituzione, valutazione di congruità dei canoni di contratto,
monitoraggio dei parametri di qualità offerti, nell’ottica di garantire sempre maggiore sicurezza per la salute dei pazienti e degli operatori, nonché per ridurre i rischi trasversali che hanno potenziali risvolti sotto il profilo dell’organizzazione della struttura sanitaria. Tali informazioni, inoltre, potranno adempiere alla richiesta dei dati inerenti ad
un progetto dell’Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari. Il sofware in uso ha altresì l’obiettivo di
• permettere di prendere decisioni strategiche fornendo informazioni precise e aggiornate nel panorama tecnologico presente in azienda, individuando i processi aziendali per i quali si vuole raccogliere ed analizzare informazioni strategiche,
• selezionare la tecnologia da utilizzare per il monitoraggio dei processi interni,
• progettare gli strumenti di fruizione degli indicatori di interesse
• ponendo quindi la base sulla quale innestare il “cruscotto direzionale” cioè quel sistema di governo strategico
che, attraverso l’approccio olistico alla gestione, arriva all’esecuzione e alla verifica della stessa tramite l’utilizzo
di indicatori e di schemi logici. Tale applicazione viene pertanto ideata come modello per misurare e valutare le
prestazioni dell’organizzazione sanitaria.
CONCLUSIONI
Con tale progetto si intende implementare in azienda una logica per processi trasversali, soprattutto attraverso l’elaborazione, analisi e standardizzazione delle attività di processo e delle prestazioni cliniche che permetta di sviluppare
l’appropriatezza e la sicurezza clinica nei confronti dei principali stakeholders dell’Azienda.
Attraverso la creazione e la successiva definizione del cruscotto direzionale si potrà implementare e completare
la strategia aziendale, cioè allineare le risorse con gli intenti strategici permettendo al management di elaborare nuove forme organizzative fortemente orientate alla clinical governance.
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ATTIVAZIONE DI UN NUOVO OSPEDALE: L’ESPERIENZA DI EMPOLI
E.Porfido*,E.Roccato**,S. Chiappi ^,L. Di Stefano °, L.Meini §, R.Colombai “
* Direttore Generale - ** Direttore Sanitario - ^ Direttore Dipartimento Professioni Sanitarie - ° Responsabile U.O.S.
Innovazioni Ospedaliere - § Direttore U.O.C. Integrazione Processi Assistenziali e Tecnologici – “ Direttore Sanitario dell’Ospedale - Azienda USL 11 Empoli (Firenze)
INTRODUZIONE
L’ apertura di un nuovo ospedale rappresenta un evento impegnativo non solo per un’Azienda Sanitaria, ma per
la comunità civile e sociale che sottende. La letteratura su questi aspetti risulta esigua, mentre sarebbe utile la conoscenza di esperienze precedenti per pianificare ed articolare gli interventi necessari all’attivazione di un nuovo
ospedale. Proprio per contribuire a sistematizzare una casistica che si occupi di un evento eccezionale per un’Azienda Sanitaria, riteniamo utile presentare l’esperienza recentemente condotta per l’attivazione dell’ospedale di Empoli, un complesso strutturale di circa 40.000 metri quadrati, con una dotazione di 420 posti letto, dove viene concentrata la quota preponderante della funzione ospedaliera aziendale, finora distribuita su cinque stabilimenti ospedalieri, consentendo peraltro l’introduzione di nuovi modelli assistenziali orientati all’integrazione professionale ed
organizzativo-assistenziale.
CONTENUTI
Essendosi create alle fine del marzo scorso le condizioni strutturali ed impiantistiche per la fruizione del nuovo ospedale, l’Azienda USL 11 di Empoli ha definito una strategia per concretizzarne l’utilizzo a fini assistenziali secondo
i seguenti principi:1) individuazione dei livelli di responsabilità; b) attivazione di misure progressive per il funzionamento della struttura; c) monitoraggio delle iniziative intraprese; d) verifica dei risultati conseguiti; e) intervento di
aggiornamento continuo. In pratica si è trattato di pianificare, governare e verificare un’innumerevole serie di elementi interdipendenti, dovendosi comunque garantire la sicurezza degli operatori e la tutela dei pazienti. E’ stata
perciò definita preliminarmente una rete di competenze e di responsabilità come condizione irrinunciabile per mettere mano alla pianificazione dell’attivazione del nuovo ospedale di Empoli. La metodologia di lavoro adottata ha
puntato al coordinamento delle molteplici competenze chiamate in causa in un processo di estrema complessità,
in modo da giungere a sintesi decisionali coerenti tra loro e indirizzate al funzionamento ed alla sicurezza in un sistema professionale ed organizzativo di qualità. I livelli di responsabilità nel processo, orientati a stratificare le competenze e conferire operatività alle decisioni di volta in volta assunte sono rappresentate nella tabella 1.
CONCLUSIONE
L’ articolazione decisionale-operativa così strutturata ha permesso di trasferire gli indirizzi generali fino ai livelli di
concreta attuazione, facendo leva sul coinvolgimento degli operatori. Questi ultimi sono stati coinvolti nella stesura del “Piano di attuazione”, un vero e proprio strumento di progettazione organizzativa ed operativa nel quale
sono declinate le azioni, le criticità, le soluzioni e sono scanditi i tempi di attivazione del nuovo ospedale. Si tratta
evidentemente di un documento dinamico, aggiornato in rapporto alle fasi di avanzamento del processo e frutto
di una rapporto bidirezionale tra il “management” e la “line produttiva”. E’ stato così possibile documentare ed informare i destinatari (interni ed esterni all’Azienda) sul senso e lo scopo delle scelte, sull’impatto delle azioni e sulle loro relazioni, sui ruoli e le referenze. La metodologia adottata ha permesso di completare le fasi del processo
(tra aprile e agosto 2008), come scanditi dal cronoprogramma e adottando le modulazioni tecnico-organizzative
che si sono rese necessarie “sul terreno”.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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LA SICUREZZA DEL PAZIENTE RICOVERATO: INTERVENTI SANITARI
FINALIZZATI AD IMPEDIRE CONDOTTE PRODUTTRICI DI DANNO.
GRUPPO DI LAVORO DELLA ZONA 9 DI MACERATA
R. Carassai°, G. Baiocco°, S. Lorenzetti1, G. Mancini2, L. Marinelli3, D. Pezzola1, G. Selvadagi1, L. Ferrara4,
MR Mazzoccanti4
°Dipartimento Salute Mentale, 1Distretto Sanitario Zona 9 Macerata, 2UO Geriatria, 3UO Qualità, Marketing e Formazione, 4Direzione Medica di Presidio
Negli ultimi anni gli aspetti medico legali dell’attività sanitaria hanno assunto rilevanza sia per l’aumento di situazioni “conflittuali”, sia per l’emergere di una maggiore sensibilità verso le problematiche concernenti la sicurezza
dei pazienti. Nell’Ospedale di Macerata al fine di affrontare la complessa problematica della contenzione dei pazienti ricoverati, segnalata all’interno del percorso del Rischio Clinico come criticità, si è istituito un gruppo di lavoro (Dipartimento Salute Mentale Ospedale e Territorio, Rischio Clinico, Direzione Medica di Presidio, Responsabile Ufficio Legale) per redigere una procedura. La contenzione della persona assistita, che si configura come
atto coercitivo e quindi in contrasto con la libertà della persona, è ammessa solo nei casi nei quali essa si configura come provvedimento di prevenzione e cura, per tutelare la vita o la salute della persona. Considerando che
il Codice penale prevede situazioni nelle quali la contenzione è giustificata e che i Codici deontologici intravedono la contenzione come “evento straordinario e motivato, e non metodica abituale di accudimento”, questa deve
essere motivata e documentata, praticata con il consenso del paziente e con il coinvolgimento della famiglia. Lo
scopo della procedura è stato quindi quello di garantire la sicurezza del paziente ricoverato tramite la gestione corretta di tali interventi sanitari. All’ingresso del paziente viene effettuata una valutazione multidimensionale, per saggiare il grado di autonomia funzionale, mentale e determinare lo “stato di necessità”(art. 54 CP). Nei casi selezionati si pianificano ed attuano interventi preventivi specifici, individuando soluzioni alternative: orientare il paziente, adeguare l’abbigliamento, fornire ausili e supporti ortesici, monitorare i parametri clinici. La valutazione clinica
con diagnosi differenziale è fondamentale viste le numerose cause che scatenano uno stato confusionale acuto
(delirium) e quindi l’uso/abuso della contenzione: ritenzione urinaria o fecale, infezioni (polmonari e urinarie), broncopneumopatie, embolia polmonare, eventi cardiovascolari acuti, alterazioni idroelettrolitiche, neoplasie, interventi
chirurgici, farmaci (es. psicofarmaci anticolinergici, gli antiparkinsoniani). Sulla base di queste indicazioni prima di
ricorrere alla contenzione vanno ricercati i fattori predisponesti/precipitanti e corretti. Per i pazienti ad alto rischio
si dovrebbe attivare un alto livello di controllo diretto avvalendosi del supporto parentale per monitorare ed affrontare
una situazione di emergenza/urgenza e qualora gli interventi adottati fossero inefficaci è opportuno valutare in equipe, la necessità di ricorrere alla contenzione fisica che è un intervento sanitario con prescrizione medica: motivazione clinica, mezzi adottati, durata (inizio – fine), durata massima ventiquattro ore. La reiterazione della prescrizione deve avvenire solo dopo verifica clinica, ogni due ore. Durante il periodo di contenzione è indispensabile il
monitoraggio clinico del paziente, dell’adeguatezza dell’applicazione e l’insorgenza di effetti dannosi. Vista la rilevanza dell’argomento la Zona Territoriale 9 di Macerata ha promosso anche incontri con la Medicina Legale dell’Università dove sono state affrontate problematiche dal punto di vista medico legale ed etico, come: il consenso informato, la documentazione sanitaria e gli interventi sanitari finalizzati ad impedire condotte produttrici di danno.
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LA PREVENZIONE DELLE CADUTE ACCIDENTALI: ESPERIENZA
DELL’OSPEDALE DI MACERATA
G. Centioni°, E. Bianchini°, L. Ferrara*, BM Gentilozzi*, MR Mazzoccanti*
° UO Qualità, Marketing e Formazione; * Direzione Medica di Presidio
Le cadute costituiscono un evento avverso che si verifica frequentemente nei pazienti ospedalizzati, soprattutto
se anziani e sono la causa di importanti complicanze nel corso della degenza, nonché la causa di invalidità temporanea e permanente della persona. Inoltre, sono eventi frequenti che rappresentano fonte di maggiorazione dei
costi durante il ricovero, per il prolungarsi della degenza e per le necessarie procedure diagnostiche e terapeutiche, determinando anche spiacevoli conseguenze d’ordine etico, e talvolta giuridico, per i sanitari coinvolti. La Direzione Medica (DMO) dell’Ospedale di Macerata, ha recentemente revisionato ed aggiornato la Procedura di “Prevenzione e segnalazione delle cadute dei pazienti ricoverati”, già attiva dal 2005, attraverso la costituzione di un
gruppo di lavoro multiprofessionale, in collaborazione con il Comitato Gestione Rischi Clinici (Co.Ge.Ri), per ridurre
il numero delle cadute accidentali nei pazienti ricoverati e poter fornire agli operatori sanitari un valido ed aggiornato strumento per attuare le attività di valutazione del rischio e di prevenzione, ambientale ed assistenziale. L’accertamento del grado di rischio deve essere sempre effettuato al momento del ricovero e ogni qual volta le condizioni cliniche del paziente si modificano. Per i pazienti sopra i 65 anni viene utilizzata la Scala di Conley, assieme alla valutazione clinica. E’ stata scelta questa Scala che ha un alto livello di sensibilità (0.69) e un livello di specificità basso (0,41), è di facile compilazione, per approcciare il problema, tuttavia con bassa predittività, per garantire l’imprescindibile valutazione clinica. Nel caso in cui si dovesse verificare una caduta è importante segnalare alla Segreteria del Co.Ge.Ri, l’evento, attraverso apposito modulo, ciò consente di analizzare le ragioni che lo
hanno determinato per adottare strategie di prevenzione. E’ stato effettuato un report sulle segnalazioni di cadute accidentali 2005-2007, dove il numero di segnalazioni, dopo un iniziale incremento dovuto alla revisione della
procedura e sensibilizzazione/formazione degli operatori sanitari, si mantiene costante 136 nel 2005; 225 nel 2006;
201 nel 2007. Il maggior numero risulta nei reparti di medicina, pneumologia, cardiologia e chirurgia. La ripartizione delle cadute mostra che il 10% avviene in pazienti con età inferiore ai 50 anni, il 36% tra i 50 e i 75 anni ed il
54% sopra gli 80 anni. Gli episodi sono avvenuti per: il 18% mattina; il 23% pomeriggio; il 12% di sera, mentre la
maggior frequenza si è registrata di notte 47%, tra le ore 22 e le 07. I dati ottenuti sono in linea con la letteratura,
perciò la DMO dell’Ospedale di Macerata ed il Co.Ge.Ri li sta utilizzando per mirare sia gli interventi strutturali, sia
quelli formativi al fine di attuare le migliori strategie di prevenzione. Per aumentare la sensibilità degli operatori al
rilevamento è stato utilizzato anche uno strumento organizzativo forte, come quello di porre tra gli obiettivi di budget la segnalazione delle cadute accidentali dei ricoverati. Ciò ha determinato un aumento nell’anno 2006 degli eventi segnalati, si tratterà ora di verificare la reale origine del dato, monitorando la stabilità di esso e la peculiarità degli eventi segnalati.
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GESTIONE DEL RISCHIO IN SALA OPERATORIA
C. Pistoleri*, G. Sacripanti**, E. Sesti°, A. Carbone°°
*Direttore U.O.C. Verifica e Valutazione Attività Sanitaria Interna - ASL Roma D;
** Direttore U.O.C. Accreditamento e Vigilanza sulle Strutture Sanitarie Esterne - ASL Roma D.
°Direttore UOC Qualità Aziendale e Risk Management ASL Roma B
°°Direttore Sanitario Ospedale S. Paolo Civitavecchia, ASL RM F
INTRODUZIONE
L’O.M.S. stima che almeno il 50% di tutte le reazioni indesiderate si verifica in sala operatoria.
Gli AA. propongono la metodologia e gli strumenti per il controllo del rischio di eventi indesiderati in sala operatoria. L’analisi del processo organizzativo/assistenziale della sala operatoria ha tenuto conto dei seguenti elementi:
- identificazione della sequenza delle attività e relazione con altri processi
- modalità di tenuta sotto controllo delle attività
- costruzione di un set di informazioni per il monitoraggio
- previsione delle azioni di miglioramento continuo
CONTENUTI
In base ai risultati dell’analisi, sono stati elaborati due strumenti operativi:
a - la check–list di riscontro
b - la matrice delle responsabilità
La check–list è lo strumento finalizzato a valutare lo stato di conformità della Sala Operatoria, in merito ai requisiti di gestione del rischio, definiti dagli AA.; è, inoltre, lo strumento utilizzato nelle attività di audit interno.
La check-list è articolata in una intestazione, comprendente informazioni sulla struttura oggetto di valutazione e 4
sezioni ognuna delle quali corrisponde alle 4 categorie di aggregazione dei requisiti. Le categorie di requisiti sono:
• GESTIONE DOCUMENTAZIONE;
• GESTIONE ASPETTI IGIENICI E DI SICUREZZA;
• GESTIONE ASPETTI ORGANIZZATIVI
• GESTIONE TECNOLOGIE E INFRASTRUTTURE.
Per ogni categoria è stato elaborato un set di requisiti specifici; per ciascun requisito è attribuito un punteggio, secondo un range compreso tra 0 e 1 punto, con intervalli scalari di 0,50 punti; a ciascun requisito, inoltre, è stato
attribuito un peso relativo, inteso come fattore per la misura della rilevanza del requisito stesso, secondo un range compreso tra 1 e 4.
Per compilare lla check-list si procede ad attribuire a ciascun requisito il punteggio, sulla base dei criteri definiti,
annotando le evidenze che lo sostengono. Il punteggio attribuito viene moltiplicato per il peso relativo predeterminato per quel requisito; nel caso di requisiti che prevedono riposte multiple si attribuisce un punteggio per ciascun sub-requisito; la somma conseguita viene moltiplicata per il peso relativo attribuito a quel requisito. Le valutazioni vengono rappresentate sinteticamente mediante diagramma a radar, ottenuti automaticamente, una volta
compilata la check-list.
Il punteggio conseguito viene automaticamente tradotto in valore percentuale, rispetto al punteggio massimo ottenibile e misura il grado di conformità.
È possibile rappresentare su diagramma a radar, sia il punteggio conseguito complessivamente da ciascuna categoria, sia, all’interno di ognuna di queste, il punteggio conseguito dai singoli requisiti.
La matrice della responsabilità è lo strumento finalizzato ad individuare i soggetti e i livelli di responsabilità decisionale, in relazione al controllo e alle azioni da adottare per la conformità ai requisiti previsti. La matrice della responsabilità si applica sia alle 4 categorie di requisiti, sia ai requisiti per ciascuna categoria. La griglia individua le
diverse figure professionali e per ciascuna di esse il grado di responsabilità, indicando con la sigla R il livello di responsabilità decisionale e con la sigla C il livello di coinvolgimento esecutivo.
CONCLUSIONI
l’uso dei due strumenti operativi garantisce:
• omogeneità ed uniformità delle attività di valutazione;
• rintracciabilità e riscontrabilità delle informazioni raccolte;
• evidenza della responsabilità gestionale.
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EVENTO AVVERSO: CADUTE DEI PAZIENTI. LA PREVENZIONE
E. Sesti(6), M. Spazzola (1), A. Capobianchi (2), M. Tana(3), M. Giustini(4), S. Porru (5), M. Musolino (/)
(6)Direttore UOC Qualità Aziendale e Risk Management ASL Roma B
(7) DAI UOC Qualità Aziendale e Risk Management ASL Roma B
(1) Coordinatore Infermieristico U.O.C. PSAIO - Formazione,
(2) Coordinatore Infermieristico U.O.C. Cardiologia,
(3) Infermiere U.O.C. PSAIO - infermiere epidemiologo,
(4) Infermiere U.O.C. Medicina,
(5) Infermiere Sala Operatoria
INTRODUZIONE
Il monitoraggio del fenomeno infortunistico dei pazienti ricoverati ha messo in evidenza che, in cinque mesi di raccolta sistematica dei dati, febbraio – giugno 2008, su 50 infortuni complessivi 42 erano esiti di cadute mentre 8
sono stati conseguenza di altre cause (aggressioni, traumi di varia natura ecc.). il luogo nel quale si è verificata la
caduta del paziente è di seguito riportato:
• Stanza di degenza (solitamente mentre si recava in bagno): 12
• Letto/Barella/Poltrona: 9
• Bagno: 7
• Reparto durante trasferimenti: 8
• Corridoi: 3
• Altro: 11
CONTENUTI
Il documento si propone di fornire agli operatori sanitari che operano nelle strutture di ricovero della ASL Roma B
le raccomandazioni per ridurre il numero delle cadute dei pazienti. La procedura include informazioni riguardo i fattori di rischio, lo strumento di valutazione del rischio, gli interventi preventivi, gli interventi reattivi e di valutazione
degli esiti in caso di caduta.
Materiali e metodi:
• Monitoraggio del fenomeno per un periodo significativo.
• Revisione letteratura scientifica per individuare lo strumento predittivo del rischio di caduta in grado di coniugare sensibilità e facilità di utilizzo (Conley Scale), e costruire una scheda di incident reporting in caso di caduta del
paziente.
• Predisposizione del Gruppo di Lavoro per predisporre la procedura costituita da due sezioni
sezione proattiva: valutazione del rischio di caduta
sezione reattiva: comportamenti e raccomandazioni in caso di caduta del paziente.
La Scala di Conley:
La scala di Conley è stata proposta da Conley et al. ed è composta da 6 fattori che classificano il rischio di cadere ed individuano un valore soglia di 2 punti su 10 per indicare la presenza di rischio. I primi tre fattori sono raccolti dal rilevatore intervistando direttamente il paziente o i familiari o l’infermiere a cui è assegnato il paziente, mentre i rimanenti tre sono rilevati mediante osservazione diretta.
La valutazione del rischio:
Lo screening del rischio è un metodo efficace per identificare le persone a rischio di caduta. La valutazione deve
essere effettuata su tutte le persone ammesse in regime di ricovero ordinario o di Day Care, entro 24 ore e qualora le condizioni del paziente si modifichino. La scheda per la valutazione del rischio è parte integrante della documentazione clinica del paziente.
CONCLUSIONI
Lo scopo della procedura è quello di verificare i livelli di sensibilità, specificità e predittività della scala di Conley
routinariamente in ospedale per tentare di prevedere il rischio di cadere dei pazienti ricoverati e poter applicare protocolli di prevenzione con conseguente riduzione del fenomeno in termini di frequenza ed entità degli esiti in conseguenza dell’aumento della rilevabilità del rischio.
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34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O. - La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
MAPPATURA DEL RISCHIO NEL POSIZIONAMENTO DI UN CATETERE
VENOSO CENTRALE (CVC) MEDIANTE PUNTURA DELLA VENA
SUCCLAVIA
E. Sesti(1), M. Musolino(2), S. Fiorani(3), E. Graziani(4), P. Buttiglieri(5), M. V. De Sandro(6), A. L. Carrano(7)
S. Verdecchia(8), M. Santoni(9), M. Tana(10), A. Medici(11), S. Foschi(11).
(1)Direttore UOC Qualità Aziendale e Risk Management, ASL Roma B - (2)DAI UOC Qualità Aziendale e Risk Management, ASL Roma B - (3)U.O.C. Dirigente Medico U.O. Rianimazione Ospedale S. Pertini, Roma - (4)U.O.C. Dirigente Farmacista Ospedale Policlinico Casilino, Roma - (5)U.O.C. Dirigente Farmacista Ospedale Sandro Pertini, Roma - (6)U.O.C. Dirigente Medico U.O. Microbiologia, Ospedale S. Pertini, Roma - (7)U.O.C. Coordinatore Inf.
U.O. Neurochirurgia Ospedale S. Pertini - (8)U.O.C. Coordinatore Inf. U.O. Rianimazione Sandro Pertini - (9)U.O.C.
Infermiere U.O. Rianimazione Ospedale S. Pertini, Roma - (10)U.O.C. Infermiere epidemiologo PSAIO, Ospedale
S. Pertini, Roma - (11)Infermiere Gruppo Operatorio Ospedale S. Pertini, Roma
INTRODUZIONE
I recenti sviluppi dei programmi di gestione del rischio clinico stanno portando i professionisti a sperimentare nuovi strumenti di analisi dei punti di vulnerabilità delle organizzazioni sanitarie. Nell’ambito del programma della ASL
Roma B si è svolta una sperimentazione dell’applicazione della metodologia HFMEA (analisi dei modi di guasto/errore
e dei loro effetti), attraverso lo studio di un processo ad alto rischio quale è il posizionamento di un catetere venoso centrale.
CONTENUTI
Aumentare la sicurezza per il paziente in corso di posizionamento di Catetere Venoso Centrale con interventi di natura organizzativa attraverso la mappatura del rischio nella procedura di posizionamento CVC, l’individuazione dei
punti di debolezza di sistema e l’esplicitazione delle responsabilità degli operatori
Materiali e metodi:
• Predisposizione di un Gruppo di Lavoro (GdL) multidisciplinare di esperti (medico anestesista, infermieri di terapia intensiva, infermiere addetto al controllo delle infezioni, farmacista, microbiologo) per analizzare il processo
nelle sue attività costitutive.
• Adozione della metodologia HFMEA e realizzazione di un applicativo software ad hoc per semplificare le operazioni di inserimento, ordinamento e calcolo dell’indice di priorità di rischio delle attività analizzate.
Gli indici maggiori di priorità di rischio:
La mappatura del rischio in corso di posizionamento del catetere è stata effettuata mediante l’attribuzione dei punteggi in merito a gravità delle conseguenze dell’errore, rilevabilità e probabilità di accadimento. I punti di maggiore criticità sono stati individuati nelle seguenti azioni:
• Posizionamento in paziente con criteri di forte esclusione alla procedura (S.I.R.S.E., severa coagulopatia, sepsi
grave) in relazione al rapporto rischi/benefici
• Inquinamento batterico in corso di procedura
• Incidenti in corso di venipuntura
• Mancato rispetto dei tempi dl controllo radiografico
Soluzioni:
Produzione di una check list operatoria specifica per CVC orientata alla sicurezza del paziente con campi utili ad
aumentare la rilevabilità dei fattori di rischio ed attribuzione formale delle responsabilità stratificate per competenze
professionali. Formazione specifica del personale sanitario.
Risultati attesi:
Incremento della rintracciabilità delle azioni e riduzione del rischio di errori in corso di posizionamento di CVC.
CONCLUSIONI
La scelta di tale procedura sottoposta a mappatura del rischio è conseguente alla rilevanza delle implicazioni per
la sicurezza del paziente ed alla ricerca di una metodologia finalizzata alla prevenzione di incidenti CVC correlati.
Nel corso degli incontri preliminari è emersa inoltre l’esigenza di definire con precisione i livelli di responsabilità delle figure professionali coinvolte nella procedura.
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LA SCHEDA UNICA DI TERAPIA (S.U.T.) QUALE STRUMENTO CLINICOORGANIZZATIVO PER LA RIDUZIONE DEL RISCHIO CLINICO
E. Sesti(1), M. Musolino(2), D. Livoli(3), P. Buttiglieri(4), A.C. Capobianchi(5), B. Porcelli(6), S. Di Bernardino(7),
C. Censi(8)
(1)Direttore U.O.C. Qualità aziendale e Risk Management, ASL Roma B
(2)DAI U.O.C. Qualità aziendale e Risk Management, ASL Roma B
(3)Infermiere Pronto soccorso DEA Sandro Pertini, Roma
(4)Dirigente Farmacista Ospedale S. Pertini, Roma
(5)Coordinatore Inf. UOC Cardiologia, Ospedale S. Pertini, Roma
(6)Diretore U.O. PSAIO, Ospedale S. Pertini, Roma
(7)Infermiere U.O.C Medicina, Ospedale S. Pertini Roma
(8)Infermiere UOC SPDC, Ospedale S. Pertini, Roma
INTRODUZIONE
le cause più frequenti di errore in corso di somministrazione della terapia farmacologia sono imputabili a problemi di natura comunicativa, e precisamente:
• trascrizione dalla cartella clinica al quaderno della terapia
• difficile interpretazione della scrittura del prescrivente
• mancata visibilità del processo terapeutico
La maggior parte degli errori, non esitando in problemi macroevidenti a carico del paziente, passano inosservati
e quindi non vengono rilevati come significativi. In realtà, indagini condotte presso altre Regioni mettono in evidenza
come una costellazione di errori tipici (incongruenze tra cartella clinica e quaderno infermieristico della terapia, mancata registrazione della sospensione del trattamento, prescrizioni incomplete e altro) riducono pericolosamente il
livello di sicurezza dell’attività in esame.
CONTENUTI
Fornire agli operatori sanitari che operano nelle strutture di ricovero della ASL Roma B, uno strumento di natura
organizzativa finalizzato a ridurre la possibilità di errore in corso di somministrazione della terapia farmacologica.
La revisione profonda della procedura della terapia prevede la riduzione dei fattori di rischio mediante l’utilizzo della Scheda Unica di Terapia (SUT) sul quale il prescrivente firma ogni atto prescrittivo e il somministratore sigla l’avvenuta esecuzione in rapporto a modalità, orario ed eventuali avversità cliniche manifestatesi.
Materiali e metodi:
• Raccolta dati (prevalenza) relativi alla qualità della documentazione clinico assistenziale delle strutture di ricovero della ASL Roma B, per verificare la situazione documentale all’inizio del processo di revisione della procedura della somministrazione farmacologica. Da tale indagine sono emerse lacune in termini di completezza e rintracciabilità delle azioni relativamente al fenomeno oggetto dello studio.
• Revisione letteratura scientifica per individuare gli elementi fondamentali che devono essere strutturati nella Scheda Unica di Terapia.
• Predisposizione di due Gruppi di Lavoro (GdL) per predisporre in forma condivisa lo strumento operativo (SUT).
Il GdL del Policlinico Casilino ha concluso la sua attività a Marzo 2008 e lo strumento è stato implementato nelle UU.OO. di degenza, mentre presso l’ospedale Sandro Pertini il GdL ha avviato le attività di elaborazione dello strumento e l’implementazione è prevista entro Novembre 2008.
La valutazione qualitativa della compilazione della Scheda Unica di Terapia (SUT):
E’ stata predisposta una Griglia per la valutazione qualitativa della corretta compilazione della Scheda Unica di Terapia suddivisa in 4 sezioni:
Sezione 1 - Compilazione dati anagrafici e generali del paziente
Sezione 2 - Responsabilità e cronologia delle azioni
CONCLUSIONI
E’ facile comprendere perché è “consigliato” ormai da qualche anno l’uso della Scheda Unica di Terapia (S.U.T.).
Ne risulta una riduzione del numero di controlli necessari, di interventi riparatori, di somministrazioni inutili di farmaci. Tutti passaggi alquanto rischiosi per i pazienti, costosi e spesso frustranti per il personale.
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34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O. - La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
EVENTO AVVERSO: TROMBOEMBOLIA VENOSA PROFONDA POST
CHIRURGICA (TEV). LA PREVENZIONE
E. Sesti*, A. Capobianchi°°, A. Leto**, S. Porru, M. Musolino°°°, I. Bertoldi °, S. Galeassi ***
* Direttore UOC Qualità Aziendale e Risk Management ASL Roma B
** Direttore Servizio assistenza< Infermieristico
° Dirigente Medico U:O. Chirurgia Ospedale S. Pertini Roma – referente aziendale progetto “prevenzione TEV”
°° DAI UOC Cardiologia
°°° DAI UOC Qualità aziendale e Risk management
***Dirigente farmacista Ospedale S. Pertini Roma
INTRODUZIONE
Nella popolazione ospedaliera, in assenza di profilassi l’incidenza, oggettivamente confermata, di TEV si colloca
tra il 10 e il 40% dei pazienti medici o di chirurgia generale e tra il 40 e il 60% dei pazienti sottoposti ad interventi
di chirurgia ortopedica maggiore (Anderson 1991; Geerts 2001).
I dati rilevati dai sistemi informativi regionali del Lazio evidenziano la necessità di omogeneizzare gli sforzi per la
prevenzione degli eventi tromboembolici post-chirurgici e pertanto è stata prodotta una linea guida (Laziosanità –
Agenzia di Sanità Pubblica: www.asplazio.it) di cui la ASL Roma B ha avviato un percorso di implementazione locale.
CONTENUTI
Adottare a livello aziendale le raccomandazioni contenute nelle Linee Guida per favorire l’adozione di comportamenti omogenei basati su informazioni aggiornate e ridurre il rischio di eventi avversi di natura tromboembolica post
chirurgica.
Materiali e metodi:
• Predisposizione di un Gruppo di Lavoro (GdL) multidisciplinare di esperti (medico anestesista, medici chirurghi,
infermieri di area chirurgica, infermiere addetto al controllo delle infezioni, farmacista) per analizzare il percorso
chirurgico nelle sue attività costitutive.
• Acquisizione delle Linee Guida prodotte da Laziosanità – Agenzia di Sanità Pubblica e traduzione in procedura
operativa aziendale.
• Stesura di Scheda di valutazione del paziente in classi di rischio tromboembolico.
• Valutazione a distanza del grado di adesione al progetto da parte degli operatori di area chirurgica e dei flussi
informativi del servizio di Farmacia ospedaliero in rapporto ai consumi di farmaci per la prevenzione di TEV.
Le ragioni della attribuzione della classe di rischio per TEV:
le ragioni principali per cui la tromboprofilassi è la strategia più appropriata possono ricondursi a tre elementi:
• Possibilità di stratificare il rischio secondo criteri identificabili.
• Difficoltà di calcolare esattamente il rischio individuale e di eseguire uno screening sistematico per rischi individuali
• Difficoltà di riconoscere la malattia e rischio di trattare solo i casi in cui la diagnosi di TEV è già stata posta.
CONCLUSIONE
Produzione di una check list preoperatoria specifica per TEV finalizzata ad aumentare la rilevabilità del rischio di
evento avverso TEV attraverso l’attribuzione al paziente di una classe di rischio e la prescrizione di trattamenti farmacologici e/o meccanici di prevenzione.
Introduzione del controllo formale di valutazione del rischio specifico per TEV nelle Check List preoperatorie e nelle Schede operatorie di posizionamento di Cateteri Venosi Centrali.
Incremento della rintracciabilità delle azioni dei professionisti sanitari e riduzione del rischio di TEV
La politica della qualità è una scelta ed un modo di gestione che poggia sulla responsabilizzazione e sul coinvolgimento di tutto il personale sanitario con lo scopo di migliorare in maniera continua l’organizzazione, i processi
del lavoro ed i risultati. Pertanto, richiede per la sua applicazione il coinvolgimento diretto fin dallo stadio iniziale
della direzione che deve considerare questo percorso come un mezzo di gestione e di management.
Altro requisito indispensabile per proseguire nel percorso lungo ed articolato è il riconoscimento degli sforzi del personale e la sua valorizzazione (sia sotto forma di incentivi economici che di altra natura).
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PROGETTO RATING. UNA PIATTAFORMA TECNOLOGICA DI SUPPORTO AL
RISK MANAGEMENT NELLE AZIENDE SANITARIE DEL LAZIO
E. Sesti *, E.Sala *** R.Pastura*** T. Fabbri**, M. Musolino°
*Direttore U.O.C. Qualità Aziendale Risk Management ASL RM/B
** Dirigente Medico ASL RM/B
***LAit Spa
°DAI U.O.C. Qualità Aziendale Risk Management ASL RM/B
INTRODUZIONE
Uno dei due interventi sul RC/RM promossi dalle Direzioni regionali della Sanità della Regione Lazio intende fornire risposte sia su aspetti metodologici ma soprattutto ai problemi riguardanti l’uniformità e disponibilità dei dati
su cui applicare le metodologie di RM presso le Aziende sanitarie della Regione Lazio mediante una piattaforma
tecnologica.
CONTENUTI
Il progetto prevede
1. Sviluppare un sistema in grado di produrre misure confrontabili degli indicatori del livello di rischiosità delle attività sanitarie
2. Creare un repository centralizzato (DW) dei dati del rischio nelle strutture sanitarie regionali costantemente aggiornato e tale da costituire la base informativa su cui poggiare differenti servizi applicativi (per la Regione e per le
Aziende Sanitarie)
3. Creare un quadro complessivo della spesa per sinistri nella Regione,
4. Sviluppare un comune modello organizzativo per la gestione del Rischio Clinico tramite Indicatori clinici e di performance (Key Performance Indicators) (Balanced Score Card).
E’ stato realizzato, nel corso del 2007 l’integrazione del progetto con quello sulla “gestione del rischio clinico nella regione Lazio” gestito dall’ ISS; progettazione esecutiva e realizzazione del prototipo in collaborazione con alcune Aziende (ASL Roma B, ASL Rieti, AO S. Giovanni-Roma) candidate a fornire un supporto specialistico come
utenti. Nel 2008 è stato testato il prototipo con la collaborazione delle tre Aziende pilota. Rilasciata la prima versione in esercizio.
La piattaforma consente d’effettuare la registrazione degli eventi avversi da parte del personale operante in azienda (operatori medici, infermieri, personale amministrativo, Risk Manager) con relativa analisi dei fattori contribuenti;
consente la gestione dei dati assicurativi e del contenzioso, registrando le richieste di risarcimento presentate e
collegandole agli eventi avversi.
Il sistema prevede l’interfacciamento con il sistema SIMES del Ministero della Salute e quindi il trasferimento automatico delle segnalazioni degli eventi sentinella.
Gli indicatori di rischio clinico basati sulle formule dell’AHRQ (Agency for Healtcare Research and Quality) per i Patient Sis ed Inpatient Qis, sono ricavati dall’analisi delle SDO aziendali. Per ogni indicatore, o gruppi di indicatori,
sono possibili analisi di raffronto (benchmarking) con valori medi regionali e l’analisi disaggregata rispetto a varie
dimensioni (periodo, età, sesso, ASL, ecc.).
E’ possibile integrazione di ulteriori indicatori AHRQ (Prevention QIs o Pediatric Qis). Nell’ambito del neo-istituito
Osservatorio Regionale sul Rischio Clinico saranno definiti i percorsi di cura. Si rende indispensabile definire alcune scelte:
• quali percorsi mettere “sotto strumentazione”
• con quale percorso di riferimento o linea guida
• quali controlli effettuare
• quali sono i dati significativi e come “estrarli”
CONCLUSIONI
Per la Regione è uno strumento di gestione uniforme del livello di rischiosità delle Aziende Sanitarie (Rating) aggiornato e basato su indicatori e dati certificati, necessari alla pianificazione e al governo regionale.
Per le Aziende è uno strumento per la gestione dei premi/contratti assicurativi e delle pratiche di contenzioso, sistema funzionale di gestione ed analisi dei dati, di sintesi e di dettaglio, che soddisfa le esigenze del personale incaricato della gestione operativa delle attività di Risk Management.
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LA GESTIONE DEL RISCHIO ED I LIVELLI DI RESPONSABILITÀ
E. Sesti*, G. Saieva°, G. Nasi**, G.Sacripanti°°
* Direttore UOC Qualità aziendale e Risk Management ASL Roma B
° Giudice del Tribunale di Roma
** Dirigente Medico Direzione Sanitaria Ospedale Classificato “Cristo Re” Roma
°°Direttore U.O.C. Accreditamento e Vigilanza sulle Strutture Sanitarie Esterne - ASL Roma D.
INTRODUZIONE
Il Risk Management in sanità ha aperto un campo molto ampio d’applicazioni, con ambiti operativi interfacciati con
tutte le unità e funzioni aziendali sanitarie. Nell’ applicazione di un proprio modello organizzativo, ogni Azienda sanitaria nella propria autonomia, pur garantendo eventuali requisiti regionali, dovrà considerare la gestione del rischio clinico come una funzione strategica ed operativa e pertanto occorre distinguere più “livelli” di responsabilità: la chiave del successo della introduzione di strategie per la qualità in sanità sta nel considerare approcci complementari giocati a diversi livelli e pertanto inquadrabili nel contesto di riferimento di sistemi di qualità. Anche il
risk management va inteso come una struttura organizzata, che lavora, eroga prestazioni e servizi, secondo criteri di buona qualità delle cure.
CONTENUTI
L’assetto organizzativo attuale, anche nell’ambito del rischio clinico deve distinguere più livelli di responsabilità con
ruoli e prerogative differenti.
Livello Regionale
Livello strategico Aziendale
La Direzione Generale Identifica il risk Manager tra i dipendenti dell’azienda in possesso di specifiche e qualificate competenze ovvero che completi un percorso formativo specifico o che abbia una comprovata esperienza organizzativa gestionale di strutture ad alta complessità. Istituisce un servizio d’ingegneria clinica che garantisce l’uso
sicuro, efficiente ed economico dei dispositivi medici costituiti da apparecchi e impianti sanitari, prevedendo, tra
l’altro, procedure specifiche e più stringenti per il collaudo, la manutenzione e le verifiche periodiche di sicurezza.
Il “piano d’attività annuale per la gestione del rischio”
È il documento che determina le linee annuali di gestione del rischio clinico, identificando le aree di rischio, la valutazione della priorità d’intervento, le risorse dedicate al programma e la loro allocazione sulle diverse linee d’azione/progetti specifici. Il piano d’attività d’ogni singola Azienda è definito in funzione delle linee programmatiche regionali e/o dalle raccomandazioni del Ministero della Salute nonché da tematiche emerse nell’azienda stessa o nel
territorio in tema innovazioni, di propri eventi sentinella/ incident reporting o di particolari condizioni emerse dall’analisi dei sinistri e negli audit clinici.
Il Collegio di Direzione
Il Direttore Sanitario Aziendale
Il Direttore Sanitario di Presidio Ospedaliero
Il Direttore del Servizio/Dipartimento Infermieristico, Tecnico, Riabilitativo ed Ostetrico
Il Direttore di Dipartimento
Livello operativo
Il Risk Manager
Livello attuativo
Gruppo di coordinamento per l’attività di gestione del rischio
Il Comitato di Valutazione dei Sinistri (CVS)
dovrà avere, preferibilmente, la seguente struttura organizzativa:
• Direzione Sanitaria
• Medicina legale
• Legale - Affari generali
• Risk Manager
• Broker
• Assicurazione
Gruppi Operativi Interdisciplinari
Comitati e Commissioni
(Segue sul sito www.amndo.org)
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PRESA IN CARICO, ASSISTENZA E CURA DEL NEONATO ABBANDONATO
F. Degrassi(1), A.D’Urso(2), E. Sesti(3), P. Paoletti (4)
1 Direttore Generale ASL Roma B
2 Direttore Sanitario ASL Roma B
3 Direttore UOC Qualità Aziendale e Risk Management ASL Roma B
4 Direttore UOC Neonatalogia Policlinico Casilino Roma
INTRODUZIONE
La realizzazione del presidio “Non abbandonarlo affidalo a noi” presso l’Ospedale Policlinico Casilino della nostra
azienda, nasce dalla necessità di rispondere a tutte quelle situazioni di grave disagio psicologico, sociale ed economico in cui alcune donne si trovano nel momento della nascita di un bimbo
• prevenire l’abbandono indiscriminato che mette a repentaglio la sopravvivenza del neonato
• prevenire risoluzioni estreme che negano il diritto alla vita
• tutelare il diritto di chi genera a riconoscere o meno un figlio
L’innovativo servizio, offre una struttura, le attrezzature e le procedure organizzative idonee all’accoglienza e all’assistenza dei neonati abbandonati
L’apposito spazio è situato in un luogo facilmente raggiungibile in auto ed a piedi; realizzato per offrire totale anonimato ai genitori e massima sicurezza al neonato partorito fuori dall’ospedale.
II prefabbricato è composto da un piccolo atrio d’ingresso e dalla saletta in cui è situata la culla. Il posizionamento del neonato nella culla avviene attraverso l’apertura manuale di una finestra basculante opportunamente bilanciata ed a rilascio automatico. Il presidio è collegato al triage del pronto soccorso tramite sensori volumetrici e a
contatto, e ad una telecamera.
CONTENUTI
Legislazione: Art..250 C.C.; L. 127/97, L. 184/83
Situazione
1) Donna che non vuole essere nominata
2) Donna nominata che non vuole il bambino
3) Donna che non può essere nominata (minore di 16 anni di eta’):
4) Donna con problematiche (psichiatrica, tossicodipendente, indigente, ecc..)
In tutti i casi se gli operatori sanitari e psico-sociali rilevano che la situazione è grave viene inviata segnalazione al
T. dei M.
PROCEDURA SUCCESSIVA ALL’ABBANDONO
1) il reparto di Neonatologia o il Pronto Soccorso segnalano al Servizio Assistenza Pazienti la presenza del neonato abbandonato;
2) se la donna che lascia il bambino richiede un aiuto all’ospedale la psicologa e l’assistente sociale del S.A.P. effettuano un colloquio;
3) segnalazione di stato di abbandono di minore alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni
e all’Ufficio Tutele del Comune di Roma;
4) attesa del “decreto per la verifica della stato di abbandono del minore non riconosciuto” del Tribunale con relativa nomina del Tutore (art.10 L.184/83);
5) si prende contatto con il Tutore nominato e, appena possibile si invia alle istituzioni succitate la relazione clinica del bambino con relativa dimissibilità;
6) il Tutore comunica la data in cui il bambino verrà collocato in struttura protetta (Casa Famiglia) oppure verrà direttamente affidato ad una coppia individuata dal Tribunale per i Minorenni.
CONCLUSIONI
La nascita del presidio “Non abbandonarlo affidalo a noi” scaturisce dalla necessità di rispondere a tutte quelle situazioni di grave disagio psicologico, sociale ed economico in cui alcune donne si trovano nel momento della nascita di un bimbo secondo il DIRITTO ALL’ABBANDONO e a tutela del diritto di chi GENERA e di chi NASCE.
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SPERIMENTAZIONE SUL CAMPO DEI REQUISITI PER LE DIREZIONI
SANITARIE DEL PRESIDIO OSPEDALIERO
Catalano, N.° Nappi, N.° Pasquarella, A.° Pignocco, M.° Cambieri, A.°° Sacripanti G.°° Sesti, E.°° Sommella L.°° Guasticchi, G.°
° Laziosanità - Agenzia di Sanità Pubblica Regione Lazio °°Associazione Nazionale Medici di Direzione Ospedaliera
CONTESTO
Nell’ambito del processo di qualificazione dei servizi sanitari, Laziosanità - Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Lazio (ASP) — impegnata nella definizione di modalità e strumenti per l’attuazione del sistema di accreditamento — ha stipulato con l’Associazione Nazionale Medici di Direzione Ospedaliera (ANMDO) - Sezione Lazio, un
accordo di collaborazione per la realizzazione di un progetto sperimentale, con riferimento al manuale “Benchmarking
delle Direzioni Sanitarie del Presidio Ospedaliero”.
OBIETTIVI
Verificare i requisiti definiti nell’ambito del programma di accreditamento delle Direzioni sanitarie ospedaliere dell’ANMDO; validare alcune fasi chiave dell’iter valutativo (autovalutazione e visite di verifica) in corso di definizione
da parte dell’Asp, ai fini dell’accreditamento istituzionale; creare le condizioni per il mantenimento — mediante le
attività sul campo — delle competenze acquisite dal gruppo regionale dei Valutatori qualificati.
METODI
Le attività per la realizzazione del progetto sperimentale prevedono la partecipazione dei Valutatori — professionisti operanti in ambito sanitario, appositamente formati e qualificati, che garantiscano una specifica competenza tecnica, capaci di raccogliere informazioni utili per verificare la rispondenza della struttura organizzativa rispetto ai requisiti prefissati — e vedrà il coinvolgimento dei Facilitatori — professionisti capaci sia di favorire i processi per il miglioramento della qualità all’interno delle strutture di appartenenza che di esercitare funzioni di collegamento con le figure preposte alla valutazione esterna — presenti nelle strutture partecipanti e di referenti appositamente individuati dalle Direzioni delle stesse.
Le attività previste per l’Asp riguardano:
• la realizzazione di un applicativo per la gestione delle liste di verifica;
• il supporto per l’autovalutazione alle strutture coinvolte;
• l’organizzazione delle visite di verifica;
• il coordinamento dei Valutatori nello svolgimento delle attività di preparazione, realizzazione e verbalizzazione delle visite;
• l’elaborazione dei dati relativi agli esiti delle verifiche;
• la diffusione dei risultati.
Mentre l’ANMDO si occupa di:
• rendere disponibile la documentazione collegata al Manuale;
• informare le Direzioni sanitarie ospedaliere associate e acquisire le adesioni al Progetto;
• fornire il supporto tecnico per la trasposizione delle liste di verifica nell’applicativo;
• assicurare il supporto logistico da parte delle strutture partecipanti.
Il Progetto prevede che ciascuna struttura proceda ad un’autovalutazione utilizzando lo specifico software e trasmetta i dati risultanti all’Asp; l’Agenzia provvede all’individuazione dei componenti il Team per la verifica sul campo e quest’ultimo redige un rapporto finale per l’Asp.
RISULTATI ATTESI
Si prevede la partecipazione di un numero significativo di Direzioni sanitarie, rappresentative delle diverse tipologie di strutture della Regione Lazio.
Le risultanze dell’autovalutazione, rese anonime, saranno diffuse dall’Asp e il benchmarking verrà realizzato attraverso un codice identificativo attribuito a ciascuna struttura.
Le attività dei Valutatori, prestate a titolo formativo, saranno riconosciute dall’Asp come attività sul campo ai fini
dell’iscrizione all’elenco CEPAS del personale addetto all’esecuzione di audit per l’accreditamento delle strutture
sanitarie.
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IL CONTROLLO DI QUALITÀ DELLA DOCUMENTAZIONE SANITARIA
MEDIANTE GLI STANDARD DI JOINT COMMISSION INTERNATIONAL
E. Sesti(1), T. Fabbri(2), V.A. Cicogna(3), D. Meli(4),
(1) Direttore UOC Qualità Aziendale e Risk Management, ASL Roma B - (2) Dirigente medico UOC Valutazione Attività Strutture Sanitarie accreditate e Convenzionate, ASL Roma B - (3) Direttore Sanitario Aziendale ASL RM/H (4) Dirigente medico UOC. Sistemi Informativi Sanitari ASL RM/HINTRODUZIONE
In questi ultimi decenni la cartella clinica comincia a diventare uno strumento essenziale ed al tempo stesso un problema complesso. Infatti, da semplice registrazione di dati essenziali del paziente e della sua malattia, si è passati
ad una raccolta di sempre più numerosi documenti sanitari ed informazioni che nella loro articolazione organica e
logica devono soddisfare numerose necessità e non solo quelle strettamente clinico-diagnostico-terapeutiche del
paziente. Pertanto alle organizzazioni è imposto la necessità di gestire la documentazione clinica secondo regole
codificate o per meglio dire a criteri: rintracciabilità, chiarezza, accuratezza, veridicità, pertinenza e completezza.
CONTENUTI
In questo studio vengono presentati i risultati del lavoro svolto sulla valutazione della “qualità” della documentazione clinica nell’ambito di un progetto di ricerca promosso da 3 Aziende USL di Roma, coinvolgendo i rispettivi
Presidi Ospedalieri.
Materiali e metodi:
• Per la costruzione del campione sono stati utilizzati dati del sistema informativo Ospedaliero (SIO) di fonte ASP.
• E’ stata messa a punto una griglia di valutazione, sviluppata con il supporto metodologico della Joint Commission International, che include un set di criteri/requisiti e Norme ISO 9001,.
La raccolta dati è stata condotta dalle U.O.C. Qualità Aziendale e Risk Management con il contributo degli specializzandi del Master Universitario per le funzioni di coordinamento di Uniroma 2, e dagli specializzandi di Igiene
e Medicina preventiva di Tor Vergata.
Lo studio condotto ha esaminato 840 cartelle cliniche in rapporto ai criteri adottati nella griglia di valutazione.
Il campione analizzato è stato formato da ricoveri di area sia medica (40%) che chirurgica (60%). Dei ricoveri chirurgici il 60% era in regime ordinario ed il 40% in day hospital.
Risultati:
Le mancanze più frequenti riscontrate nella raccolta dati sono stati: cancellazioni, illegibilità (scrittura incomprensibile, sigle e segni convenzionali non universalmente conosciuti), assenza di referti di esami richiesti, fogli non attribuibili con certezza alla cartella condizioni del paziente non descritte, etc.
CONCLUSIONI
I risultati hanno messo in luce l’esigenza di migliorare la qualità della compilazione della cartella clinica mediante:
• Formazione,
• Adozione di una modulistica univoca ove possibile,
• Attivazione di un sistema di reporting sistematico basato su analisi campionarie,
• Migliorare la tracciabilità delle annotazioni mediante l’adozione di modulistica in cui sia prevista la firma dell’estensore,
• Migliorare l’integrazione delle diverse competenze professionali che partecipano al processo di cura.
L’attuazione o la revisione di procedure relative alla gestione della documentazione sanitaria ed in modo particolare della cartella clinica, nasce dalla necessità di utilizzare un unico documento che da una parte integri l’operato di tutti gli operatori sanitari, medici, infermieri, tecnici e, dall’altro, coinvolga il pazienti in tutti i processi decisionali
di diagnosi e cura che lo riguardano restituendogli un ruolo preminente nella gestione comune con gli operatori sanitari di tutti gli atti medico-assistenziali e tecnici presenti lungo il percorso ed il periodo di ricovero. La corretta compilazione della cartella clinica è presupposto di un intero percorso che porta al miglioramento della qualità dell’esperienza
di ricovero.
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VALUTAZIONE DI QUALITÀ E SICUREZZA PERCEPITA NELLA
POPOLAZIONE LAVORATIVA DI UNA AZIENDA SANITARIA LOCALE
F. Degrassi*, A. D’Urso°, E. Sesti¹, P.E. Santoro², C. Romano²
*Direttore Generale ASL Roma B
°Direttore Sanitario ASL Roma B
¹ Azienda Sanitaria Locale Roma B – Direttore U.O.C. Qualità Aziendale e Risk Management
² Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – Istituto di Medicina del Lavoro
INTRODUZIONE
Il presente studio si basa sull’ipotesi dell’esistenza del fenomeno dello stress occupazionale in ambito sanitario,
in parte per le caratteristiche insite nelle professioni di aiuto, a contatto con la sofferenza e la malattia, in parte a
causa dei ritmi e dell’organizzazione del lavoro. Il lavoro terapeutico ed assistenziale, considerato a rischio rispetto questo fenomeno, s’intreccia con le aree maggiormente problematiche della soggettività umana, con i vissuti
dolorosi del limite e dell’incertezza, con il timore della malattia e della morte. In particolare, viene assunta l’ipotesi che situazioni cristallizzate di stress e d’ansia non individuate, non analizzate e contenute in modo consapevole, possano intaccare negativamente non solo le potenzialità del singolo, ma anche quelle della struttura nel suo
complesso. A tal riguardo, sono prese in esame il modo di pensare e sentire rispetto al presidio sanitario/ospedale in cui gli operatori lavorano al fine di cogliere le tensioni, i bisogni, le domande e le offerte proprie della soggettività di tutto il personale sanitario e riguardanti, in particolare, aspetti fisico-spaziali, sociali e funzionali delle
strutture sanitarie, aspetti relativi alla sicurezza propria e dei colleghi, pratiche per la sicurezza messe in atto dalla direzione aziendale; inoltre, vengono valutate le violenze fisiche e/o verbali (aggressioni, minacce, molestie) e l’eventuale necessità di interventi preventivi. L’indagine prende in considerazione lo stress occupazionale come fenomeno
spesso generato e/o acuito da episodi di violenza nei confronti degli operatori sanitari professionalmente esposti
al rischio di aggressioni – sia fisiche che verbali – da parte di pazienti, parenti e colleghi.
CONTENUTI
Viene utilizzato il questionario ‘Percezione di Qualità in Ambiente Ospedaliero’ al fine di valutare il ruolo dei fattori demografici, psico-sociologici ed organizzativi che modulano l’esperienza lavorativa, integrato dalla versione italiana del questionario Violent Incident Form (VIF) denominata ‘Violenza sul Lavoro’ per verificare eventuali episodi
di aggressione e valutarne le eventuali conseguenze nei confronti degli operatori sanitari. Il campione preso in esame è rappresentato dai dipendenti delle strutture sanitarie di un’Azienda Sanitaria Locale, al fine di ottenere un campione contenente un ampio ventaglio di professionalità confrontabili, sullo sfondo di una comune appartenenza organizzativa. Tale interesse è nato da una necessità attuale: lo stress non può più essere considerato un problema
occasionale ed individuale, andando invece ad assumere le proporzioni di un fenomeno globale, con costi crescenti
per le aziende e per la società. In particolare, la revisione degli episodi di violenza segnalati sarà essenziale al fine
di verificare l’esistenza di fattori favorenti che potrebbero essere rimossi mediante modifiche dei luoghi di lavoro,
cambiamenti procedurali o mediante l’addestramento del personale.
CONCLUSIONI
Come evidenziato anche dai risultati di questo studio, con una corretta valutazione sarà possibile descrivere e comprendere la complessità delle condizioni lavorative e la necessità d’interventi e conseguentemente definire mappe dei fattori di rischio della realtà lavorativa all’interno delle specifiche organizzazioni sanitarie. In tal modo sarà
possibile orientare intelligentemente interventi preventivi sia sul piano formativo che organizzativo allo scopo di ridurre le manifestazioni di disadattamento.
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UNIONE TRA GIURISPRUDENZA E SANITÀ:
RUOLO DELLA DIREZIONE SANITARIA
N. Agostino*, A. Tedesco**, P. Trevisan**, B. Bragante**, I. Grossi***
*Direttore Direzione Medica di Presidio
**Direzione Medica di Presidio
***Direttore Sanitario
INTRODUZIONE
Due sono gli argomenti estremamente dibattuti e che presentano non poche difficoltà nella gestione quotidiana in
ambito sanitario il consenso informato ed il ricorso alla richiesta di tutela/curatela- Amministratore di Sostegno.
In Italia, qualunque trattamento sanitario, medico o infermieristico, necessita del preventivo consenso del paziente; è quindi il suo consenso informato che costituisce il fondamento della liceità dell’attività sanitaria, in assenza
del quale l’attività stessa costituisce reato. Il fine della richiesta del consenso informato è dunque quello di promuovere l’autonomia dell’individuo nell’ambito delle decisioni mediche.
E’l’accettazione volontaria da parte di un paziente del trattamento che gli viene proposto da un medico e deve sempre essere richiesto in quanto è l’unica espressione che autorizza un qualsiasi atto medico. Una volta concesso,
il consenso da parte del paziente, può essere revocato in qualsiasi momento.
L’obbligo di richiederlo si può estrapolare da alcuni articoli della Costituzione, del Codice Penale, del Codice Civile, del Codice di Deontologia Medica.
In pratica, però, in Italia non esiste, nel Diritto Sanitario, una normativa univoca ed esauriente, per cui la materia si
presta ad alcune ambiguità.
Con la Legge 9 gennaio 2004, n. 6 si sono modificate alcuni aspetti e di fatti essa ha la finalità di tutelare, con la
minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente.
CONTENUTI
E’stato creato un gruppo di lavoro costituito da figure professionali appartenenti all’ASL BI (territoriali e ospedalieri), all’Ufficio di Pubblica Tutela della Provincia di Biella, a dipendenti dei Consorzi ad Associazioni di Volontariato che ha progettato l’esecuzione di un convegno, suddiviso in tre giornate e indirizzato a tutti le figure professionali sanitarie dell’ASL BI, che sarà realizzato entro il 2008.
CONCLUSIONI
Dalla nascita di questo lavoro multi-disciplinare sono nate le basi per creare un protocollo di comportamento che
verrà realizzato nell’anno 2009.
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34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O. - La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
IL RUOLO DELLA DIREZIONE SANITARIA NEL BENESSERE
ORGANIZZATIVO AZIENDALE
N. Agostino*, A. Tedesco**, P. Trevisan**, B. Bragante**, I. Grossi***
*Direttore Direzione Medica di Presidio
**Direzione Medica di Presidio
***Direttore Sanitario
INTRODUZIONE
Il Benessere Organizzativo Aziendale, la salute e la qualità della vita negli ambiti di lavoro sono tematiche di sempre maggior interesse e centralità nella società.
Nell’ambito dell’ASLBI è stato creato un gruppo di lavoro che si sta occupando di un progetto dal titolo ‘Benessere organizzativo’, il quale ha l’obiettivo generico di l’individuare gli elementi che favoriscono o ostacolano il benessere organizzativo al fine di trovare delle soluzioni per migliorare la realtà di lavoro dei singoli nonchè sono stati costituiti Comitato Paritetico sul Fenomeno del Mobbing ed il Comitato per le Pari opportunità.
CONTENUTI
Il lavoro eseguito dal gruppo di lavoro è stato il seguente:
• fase iniziale: l’individuazione della popolazione da coinvolgere nel progetto, definizione della procedura della ricerca-intervento e predisposizione degli strumenti di ricerca;
• fase intermedia: raccolta ed elaborazione dei dati;
• fase finale del progetto: definizione del piano degli interventi, monitoraggio e verifica del processo.
Molteplici sono state le proposte dei due Comitati che troveranno una loro applicazione a breve e che di seguito
vengono elencate:
• realizzazione di una mappatura dei servizi e delle opportunità presenti nel territorio della provincia di Biella che
possano offrire supporto alle famiglie dei dipendenti medesimi favorendo la conciliazione dei tempi di vita e di
lavoro
• che ogni dipendente che riprende il lavoro dopo lunghi periodi di assenza a vario titolo si veda assegnato un “tutor” aziendale con il compito di aggiornarlo e di sostenerlo nel processo di reinserimento al lavoro, da stabilire
con apposito regolamento.
• che venga garantita la partecipazione dei dipendenti ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale in
rapporto proporzionale alla loro presenza, adottando le modalità organizzative idonee a favorirne la partecipazione, consentendo la conciliazione tra vita professionale e vita familiare;
• realizzazione di un raccoglitore per contenere, in apposite tasche che garantiscano l’intercambiabilità del contenuto in caso di aggiornamento, tutta la serie dei regolamenti interni in vigore, di interesse del personale dipendente
atti a favorire lo sviluppo della cultura di genere;
• monitoraggio del conferimento degli incarichi dirigenziali nel rispetto del principio di pari opportunità ponderata
in base alle effettive presenze in Azienda, in modo che sempre di più si possano avere lavoratrici in posizioni di
elevata responsabilità;
• monitoraggio degli incarichi conferiti sia al personale dirigenziale che a quello non dirigenziale, le indennità e le
posizioni organizzative al fine di individuare eventuali differenziali retributivi tra donne e uomini e promuovere le
conseguenti azioni correttive.
CONCLUSIONI
Sono in corso i lavori relativi al progetto del gruppo di lavoro nonché quelli relativi al Tavolo di lavoro per la prevenzione della violenza contro le donne e per il sostegno alle vittime.
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GOVERNARE I CAMBIAMENTI… ANCHE QUELLI INFORMATICI
N. Agostino*, A. Tedesco**, R. Cappelletti, P. Trevisan**, B. Bragante**, I. Grossi***
*Direttore Direzione Medica di Presidio
**Direzione Medica di Presidio
***Direttore Sanitario
INTRODUZIONE
L’innovazione tecnologica in ambito sanitario riguarda non solo le apparecchiature elettromedicali ma anche i sistemi gestionali relativi alle attività svolte (di ricovero, ambulatoriali, farmaceutica, di libera professione, ecc.).
Se, da un lato, le tecnologie propriamente sanitarie suscitano interesse e attrazione tra tutti i professionisti, gli applicativi e le apparecchiature più prettamente amministrative, sebbene essenziali, vengono considerate da medici ed infermieri come zavorra.
CONTENUTI
Periodicamente è necessario rinnovare gli strumenti informatico/informativi in uso presso le aziende sanitarie adattandoli alle nuove esigenze di progettazione.
La Direzione Medica di Presidio deve saper governare anche i cambiamenti informatico /informativi, mediando tra
le esigenze amministrative e quelle clinico- assistenziali.
Nel corso dello scorso anno questo compito è stato magistralmente svolto da questa Struttura, consentendo di
passare da un applicativo di gestione della specialistica ambulatoriale (AS400), non più idoneo a sostenere le nuove esigenze ad un sistema (SGP) più consono e più facilmente interfacciabile con gli altri applicativi in uso presso
l’Azienda.
Il passaggio sebbene non totalmente indolore non ha creato grossi disagi all’utenza ospedaliera, grazie ad una sapiente progettazione ed alla cura di tutti i particolari da parte del personale afferente alla Direzione Medica di Presidio.
CONCLUSIONI
Coloro che lavorano in strutture trasversali come le Direzioni Mediche di Presidio devono avere competenze pluridisciplinari per interfacciarsi con le molteplici e complesse tematiche organizzativo/gestionali che i cambiamenti comportano.
Nessuno può esimersi, nascondendosi dietro al percorso formativo maturato, dal conoscere ed abbracciare anche aspetti informatici un tempo considerati non di pertinenza.
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DIRE, NON DIRE, MENTIRE: RIFLESSIONI AD ALTA VOCE
N. Agostino*, A. Tedesco**, P. Trevisan**, B. Bragante**, I. Grossi***
*Direttore Direzione Medica di Presidio
**Direzione Medica di Presidio
***Direttore Sanitario
INTRODUZIONE
E’sempre più importante all’interno di un sistema organizzativo complesso riconoscere l’importanza del fenomeno della comunicazione non solo come strumento di relazione, ma anche come strumento che aiuta ad agevolare i processi interni dell’organizzazione stessa.
La Direzione Medica di Presidio si trova sempre più spesso a dover gestire i conflitti che si creano non solo tra personale sanitario e utenza, ma anche tra professionisti.
Il come porsi, cosa dire, cosa non dire è divenuto un aspetto fondamentale per l’ordinaria gestione dell’attività.
CONTENUTI
Saper gestire un gruppo di persone significa saper gestire i conflitti che nascono.
Cercare di nascondere le divergenze crea solo disagi e attriti difficili da superare.
Essendo i conflitti inevitabili, occorre imparare a gestirli.
Imparare a comunicare in modo chiaro e costruttivo (obiettivi chiari, aspettative, regole, criteri operativi); ascoltare l’altro e condividere gli scopi; conservare la calma e reagire costruttivamente in situazioni stressanti, impedendo alle emozioni di interferire nel proprio lavoro; saper chiedere un aiuto agli altri, essere capaci di vivere in modo
propositivo le emozioni, essere disponibili a dare fiducia; avere la capacità di cambiare prospettiva e di “mettersi
nei panni dell’altro” (essere empatici); vedere il conflitto come una risorsa, come un’opportunità di crescita.
CONCLUSIONI
Dire: sempre, mai sottrarsi al confronto.
Non dire: qualche volta, per avere il tempo di riflettere ed eventualmente pensare a come mediare e/o negoziare.
Mentire: mai
Talvolta è necessario anche discutere e/o litigare: l’importante è farlo in chiave costruttiva
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INNOVAZIONE E RICERCA PRESSO L’OSPEDALE DI BIELLA: I CODICI
COLORE PER I DISTURBI DELLA DEGLUTIZIONE
N. Agostino*, A. Tedesco**, P. Trevisan**, B. Bragante**, I. Grossi***, Lia Rusca****
*Direttore Direzione Medica di Presidio
**Direzione Medica di Presidio
***Direttore Sanitario
**** Medicina Riabilitativa
INTRODUZIONE
La Direzione Medica di presidio dell’Ospedale di Biella, nell’ambito del proprio ruolo di monitor del rischio clinico,
si è interessata di accogliere le problematiche assistenziali correlate al complesse difficoltà operative che gli operatori sanitari incontrano nella gestione del paziente disfagico. Consapevole del fatto che alla base degli errori e
dei fallimenti clinici spesso c’è il non corretto passaggio delle informazioni tra gli operatori sanitari, nell’ambito delle attività dipartimentali, la Direzione medica ha seguito i lavori tra i clinici per la sperimentazione di una nuova metodica “ a triage” per la gestione delle problematiche disfagiche nel paziente con grave cerebrolesione acquisita.
MATERIALI
La Direzione medica di presidio ha approvato l’introduzione all’interno di ciascuna cartella infermieristica della Struttura Complessa di Recupero e Riabilitazione di una scheda che utilizza gli strumenti del triage, in uso presso le strutture di Pronto Soccorso, applicandone il principio alla problematica deglutologica. La classificazione del grado di
disabilità deglutiologica è codificata attraverso il colore (nell’ordine dal più grave all’assenza del disturbo, rossogiallo-verde-bianco) a cui conseguono specifiche indicazioni assistenziali e terapeutiche-riabilitativo.
Se il paziente si trova nel percorso triage rosso vuol dire che ha avuto una diagnosi di disfagia grave, quindi il provvedimento alimentare da adottare è l’astensione di alimenti e farmaci per os.
Se il paziente ha un codice giallo vuol dire che ha una disfagia media e qualsiasi operatore sia medico che infermieristico comprende che l’alimentazione possibile può essere entrale + una iniziale per os, da abbinare ad un iniziale intervento logopedico per favorire il ripristino della deglutizione funzionale..
Se il paziente ha attribuito un codice verde, la situazione disfagia è da considerarsi di lieve entità per cui è consentita l’alimentazione per os secondo specifici provvedimenti dietetici, continua il monitoraggio nutrizionale secondo i recuperi riabilitativi acquisiti. Se infine viene assegnato un codice bianco non ci sono provvedimenti alimentari da adottare e la dieta può considerarsi libera, con paziente collaborante per un counselling logopedico.
Ovviamente lo stato disfagico muta con il cambiamento delle condizioni cliniche e i codici colore possono cambiare anche velocemente.
Essi sono indicativi per la tipologia di difficoltà deglutitiva e come tali sono utili non solo per l’apporto alimentare
quanto piuttosto anche per quello terapeutico: indicano che tipo di farmaco somministrare, ovviamente la terapia
per os viene così immediatamente sostituita da una completamente alternativa in caso di codice rosso e/o giallo.
RISULTATI
Una prima esperienza pilota ha individuato che per 27 pazienti disfagici da patologie vasculopatiche, sia ischemiche
che emorragiche e traumatiche la distribuzione dei codici all’ingresso era la seguente:
43% con codici verde
31% con codice rosso
13% con codice giallo
13% con codice bianco
Alla dimissione risultava che:
-87% con codice bianco e verde per la quasi pressoché completa risoluzione dei sintomi disfagici con la possibilità di alimentazione libera o per os con minime modifiche.
-13% con codice rosso e giallo per la persistenza della grave disfagia correlata alla comorbilità di base.
CONCLUSIONI
La Direzione Medica, visto il successo organizzativo e gestionale, intende estendere la metodica triage per i disturbi
di deglutizione anche ad altri reparti.
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SICUREZZA TRASFUSIONALE AL LETTO DEL PAZIENTE: UN INTERVENTO
DI SOSTEGNO DA PARTE DELLA DIREZIONE MEDICA NELLO SCEGLIERE
UN ADEGUATO STRUMENTO DI CONTROLLO
N. Agostino*, A. Tedesco**, P. Trevisan**, B. Bragante**, I. Grossi***
*Direttore Direzione Medica di Presidio
**Direzione Medica di Presidio
***Direttore Sanitario
INTRODUZIONE
Gli errori nel processo trasfusionale rappresentano per la direzione medica di un ospedale un chiaro monito di allarme e di rischio clinico in corsia. Spesso il riscontro degli incidenti che determinano danno clinico al paziente è
solo la punta dell’iceberg che, oltre a questi fortunatamente rari incidenti, comprende anche tutti quelli che avrebbero potuto causare una trasfusione sbagliata ma che sono stati intercettati prima dell’accadere dell’evento.
La Direzione Medica dell’Ospedale di Biella ha rilevato la presenza di due problematiche:
-l’approccio ai metodi e alle persone è importante ma risulta ancora non sufficiente;
-serve centrare l’approccio non solo sulla persona ma anche sul sistema, rafforzandolo sul piano tecnico.
MATERIALI
La Direzione Medica del Presidio di Biella punta ad una reingegnerizzazione dei processi trasfusionali attraverso
l’adozione di misure di sicurezza informatiche che garantiscono la tracciabilità di tutto il processo trasfusionale.
A questo scopo nell’ambito delle attività del Comitato Buon Uso del Sangue è stato costituito un gruppo di lavoro, il cui coordinamento è stato affidato ad un Dirigente Medico della Direzione Medica, con il compito di favorire
un’analisi (tra operatori esperti) di alcune tecnologie presenti sul mercato, quindi di coglierne le caratteristiche di
migliore implementabilità nell’ambito ospedaliero biellese.
Sono stati analizzati tre sistemi informatici dotati di tecnologia RFId (Radiofrequenccy Identification) denominati:
1-secur-blood
2-gricode
3-i-trac
RISULTATI
Tutti e tre sono sistemi informatici supportati da computer palmari provvisti di lettore di codice a barre e stampante
di etichette.
Per tutti e tre il funzionamento ha inizio con l’applicazione di un braccialetto recante un codice univoco (a barre
oppure a codice nosologico identificativo del paziente)al letto del paziente.
Il prelievo dei campioni per le indagini trasfusionali viene effettuato dopo aver letto il codice sul braccialetto; si producono così etichette con i dati anagrafici del paziente e il suo codice numerico, da applicare sulle provette.
Il Sit esegue poi le prove pre-trasfusionali utilizzando quello stesso codice che viene altresì riportato sul referto di
compatibilità da applicare sulle sacche di unità assegnate.
Al letto del paziente, con il palmare scanner il trasfusore legge prima il codice sul braccialetto poi quello sulle sacche di sangue e, solo se dopo verifica dei dati, procede alla trasfusione, registrando non soltanto l’ora di inizio ma
anche quella di chiusura del processo. Nel caso di un’incongruenza dei dati rilevati dalla sacca e dal braccialetto
del paziente, il sistema dà immediata segnalazione visiva e acustica e non permette di procedere con l’applicazione.
Per tutti e tre i sistemi sono state rilevate criticità e punti di forza che vengono presi in considerazione dell’implementazione e dell’addestramento del personale nella fase pilota.
CONCLUSIONI
La valutazione è stata condotta al fine di investire correttamente risorse in uno strumento il cui utilizzo potrebbe
essere esteso anche alla somministrazione di chemioterapici o ai servizi di anatomia patologica o di blocco operatorio dove la tracciabilità deve essere univoca.
Attualmente è in corso la fattibilità di implementazione in tutti i reparti con l’interfacciamento del sistema di sicurezza trasfusionale con quello informatico aziendale.
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L’IMPEGNO DELLA DIREZIONE MEDICA DI PRESIDIO NELLA
REALIZZAZIONE DI UN PROGETTO INTEGRATO PER L’APPLICAZIONE DI
UNA NUOVA METODICA TERAPEUTICA
N. Agostino*, A. Tedesco**, P. Trevisan**, B. Bragante**, I. Grossi***, G. Gusmaroli****
*Direttore Direzione Medica di Presidio
**Direzione Medica di Presidio
***Direttore Sanitario
****Direttore Neurologia
Al giorno d’oggi appare sempre più importante per una Direzione Medica di Presidio conciliare la necessità di garantire ai pazienti le cure migliori con quella di attivare iniziative che permettano di individuare il percorso assistenziale
più adeguato per non disperdere risorse, sprecare energie e creare disservizi.
Questo studio dimostra come l’applicazione di un’alternativa terapeutica per il trattamento della malattia di Parkinson possa essere la risultante di una collaborazione multidisciplinare che la Direzione medica ha favorito, caldeggiato e monitorizzato senza esserne protagonista.
INTRODUZIONE
Come è noto, la malattia di Parkinson è una malattia neuro-generativa progressiva che con progressivi disordini
del movimento, interferisce notevolmente con il grado di autonomia del paziente.
Le terapie farmacologiche consentono un controllo della sintomatologia durante i primi anni di malattia.
Nei malati allo stadio avanzato ci sono delle fluttuazioni di risposta farmacologia che sono correlate agli episodi di
immobilità.
Per superare le normali strategie terapeutiche, la S.C. di Neurologia dell’Ospedale di Biella ha pensato di riservare ad alcuni casi selezionati di pazienti con m.di P. grave una metodica terapeutica alternativa, dal punto di vista
gestionale e rivoluzionaria anche dal punto di vista organizzativo.
Si è detto alternativo perché si utilizza una pompa portatile per diffondere i farmaci attraverso un sondino direttamente in duodeno mediante gastrotomia endoscopica, il che non è così semplice sia per gli operatori sanitari che
per il paziente: entrambi richiedono un training assistenziale.
Si è detto rivoluzionaria perché coinvolge operatori di strutture diverse.
MATERIALI
La Direzione Medica di Presidio nell’ambito del governo clinico ha tra i suoi compiti quello di costruire appropriate relazioni funzionali tra i reparti e i servizi di un ospedale.
Avendo una visione d’insieme è connaturata nel proprio ruolo la capacità di individuare la rete di multiprofessionalità da coinvolgere in una determinata progettazione.
Pertanto il contributo dato da questa DMP nell’ambito del sopraccitato progetto clinico è stato fondamentale nell’ambito della valutazione di fattibilità, nell’indetificazione di vincoli e risorse per la realizzazione.
Così come indispensabili sono risultati i lavori delle seguenti Strutture:
• S.C. Farmacia Ospedaliera, per l’approvigionamento dei materiali e dei farmaci ad sola dispensazione ospedaliera;
• S.C. Gastroenterologia per le valutazioni operative preliminari al posizionamento dei sondini;
• S.C. Radiologia per le verifiche di corretto posizionamento;
• SC. Neurologia per la formazione degli operatori infermieristici e medici e monitoraggio degli effetti sul paziente;
• S.C. Economato e Provvidettorato per le diverse autorizzazioni di spesa dedicata.
CONCLUSIONI
Questo progetto di allestimento di uno sperimentale approccio terapeutico per la terapia del morbo di Parkinson
dimostra che l’intervento della Direzione Medica di Presidio è stato in grado di garantire l’appropriata amalgama
per diverse competenze coinvolte: l’esempio dell’Ospedale di Biella risulta essere a tutto’oggi fra i pochissimi effettuati nei centri neurologici d’ Italia.
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LA SCHEDA UNICA DI TERAPIA QUALE STRUMENTO PER MIGLIORARE
LA QUALITÀ DELL’ASSISTENZA
Raciti I.M.1, D. Olivero1, R. Mosso.1, M.C. Azzolina 2, M. Rapellino, R. Arione 2,
1 S.C. Qualità e Risk Management Ospedaliero, AOU San Giovanni Battista di Torino
2 S.C. Direzione Sanitaria P.O. Molinette, AOU San Giovanni Battista di Torino
INTRODUZIONE
Il Dipartimento di Anestesia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria San Giovanni Battista di Torino è costituito da
otto Strutture Complesse (SS.CC.) di cui sei dotate di posti letto di rianimazione. Spesso, per esigenze organizzative il personale medico e infermieristico ruota nelle diverse SS.CC.; al fine di superare le varie disomogeneità e
per migliorare la tracciabilità del percorso del farmaco, ridurre i potenziali errori legati alla trascrizione della terapia e contenere il rischio correlato alla somministrazione è stata elaborata una Scheda Unica di Terapia (SUT).
CONTENUTI
Ogni Struttura di rianimazione utilizzava una propria Scheda di Terapia con diverse peculiarità.
La mobilità del personale medico e infermieristico all’interno del Dipartimento ha sollecitato la necessità di uniformare l’impostazione grafica e le modalità di utilizzo di una Scheda Unica di Terapia.
È stato istituito un gruppo di lavoro costituito da: Direzione Sanitaria, Qualità e Risk Management, Farmacia e referenti (medici e infermieri) del Dipartimento di Anestesia.
Il gruppo di lavoro ha prodotto una prima versione della SUT, inviata a tutti i Direttori e Coordinatori Infermieristici
delle Rianimazioni afferenti al Dipartimento, con allegato un documento informativo contenente i requisiti per la corretta gestione della prescrizione e somministrazione di farmaci, per consentire di sperimentare la scheda contemporaneamente in tutte le Rianimazioni.
La Scheda è stata sottoposta ad una sperimentazione di due mesi, trascorsi i quali, i componenti del gruppo di
lavoro hanno raccolto i suggerimenti proposti dagli operatori, valutato la possibilità della loro integrazione con la
scheda sperimentata e apportato le correzioni necessarie per renderla omogenea.
Il Comitato Direttivo di Dipartimento ha approvato la SUT decidendo di adottarla in via sperimentale per un anno.
Al termine del periodo di prova si provvederà ad analizzare i risultati ottenuti e ad apportare le eventuali modifiche
ritenute necessarie.
CONCLUSIONI
Gli eventi avversi dovuti ad errori in corso di “terapia farmacologica” sono la causa di danno più frequente nei pazienti ospedalizzati. La trascrizione della terapia ed a volte l’interpretazione della prescrizione medica rappresentano punti critici nel processo di gestione del farmaco, per questo motivo l’introduzione della SUT rappresenta un
utile strumento per la riduzione del rischio.
Inoltre la stretta collaborazione di diversi professionisti che, pur lavorando in realtà differenti, hanno uniformato metodi di lavoro e modalità di comportamento rappresenta un momento di confronto e di aggregazione costruttivo.
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PREVENZIONE PRIMARIA E SECONDARIA DELL’ABUSO DI ALCOL:
I PRINCIPALI INTERVENTI
M. C. Azzolina*, I. M. Raciti°, M. Rapellino°, R. Arione*
* SC Direzione Sanitaria AOU San Giovanni Battista di Torino
° SC Qualità e Risk Management Ospedaliero AOU San Giovanni Battista di Torino
INTRODUZIONE
Secondo l’O.M.S. l’Europa ha il più alto consumo di alcol nel mondo, doppio rispetto alla media mondiale. L’alcol
è il terzo più importante fattore di rischio di morte e disabilità preceduto solo dall’ipertensione e dal fumo.
Anche in Italia l’alcolismo è stato negli ultimi anni un problema che ha preso caratteri sempre più marcati, tanto da
divenire fenomeno di studio sociale oltre che sanitario.
La Legge quadro in materia di alcol e di problemi alcol correlati (n. 125 del 30 marzo 2001) contiene norme finalizzate alla prevenzione, cura e reinserimento sociale dei soggetti alcol dipendenti e prevede tra le sue finalità, il
favorire l’informazione e l’educazione sulle conseguenze derivanti da consumo e abuso di bevande alcoliche e superalcoliche.
Contenuti e metodi
Presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria (AOU) San Giovanni Battista di Torino è stato istituito, con Delibera del
Direttore Generale, un gruppo di lavoro per i problemi alcol-correlati i cui componenti sono disponibili ad effettuare
consulenze per i casi segnalati (utenti o dipendenti); nell’ambito nel Piano di Promozione ed Educazione della Salute (PEAS) 2007-2008 è stato inserito il Progetto Promozione Salute: Prevenzione Alcol destinato agli Operatori
dell’Azienda che ha i seguenti obiettivi:
• Prevenire, informare e sensibilizzare sulla problematica dell’alcolismo.
• Aumentare nei vari settori dell’ospedale informazione, formazione, sensibilità e responsabilità degli operatori sull’importanza degli stili di vita personali come determinanti di salute.
• Fornire strumenti per l’individuazione dei problemi alcol correlati, materiale informativo di supporto, riferimenti e
recapiti adeguati per poter gestire l’invio al Centro/Servizio Alcologico di riferimento.
• Implementare i nodi della rete del percorso assistenziale dell’interessato e della sua famiglia, sia all’interno dell’ospedale che con i servizi territoriali, attraverso programmi di continuità assistenziale.
• Migliorare l’informazione relativa al rischio alcol e lavoro e la conoscenza dei problemi alcol correlati.
• Ridurre il consumo di bevande alcoliche nei luoghi di lavoro.
• Facilitare il percorso per il trattamento delle problematiche alcol correlate dei dipendenti dell’Azienda.
• Ridurre gli infortuni alcol correlati o comunque aventi l’alcol come concausa.
Il Progetto prevede:
1 - Indagine epidemiologica sul problema alcol, rivolta agli operatori dell’Azienda.
2 - Produzione e distribuzione di cartellonistica e opuscoli informativi.
3 - Potenziamento dei corsi di sensibilizzazione, già svolti nell’ambito dei corsi di accoglienza per i neo assunti e
di formazione in materia di sicurezza per i coordinatori.
4 - Informazione/formazione degli operatori tramite corsi frontali ed inseriti nell’ambito della Formazione Aziendale a Distanza (FAD).
5 - Formazione di figure professionali con competenze specifiche (Promotori - facilitatori), che aderiscono al progetto perché consapevoli che è un proprio ruolo istituzionale effettuare counselling al soggetto con problemi alcol
correlati.
6 - Sensibilizzazione dei rivenditori interni di bevande alcoliche al fine di cessarne la commercializzazione in ospedale.
7 - Divieto di consumo di bevande alcoliche nei locali dell’Azienda.
CONCLUSIONE
Il progetto, coordinato dalla Direzione Sanitaria ha lo scopo, non soltanto di rispettare quanto previsto dalla normativa vigente, ma soprattutto di raggiungere il maggior numero di operatori e di ridurre al minimo il rischio di danno per l’utenza assistita.
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LA CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI LIQUIDI PRODOTTI DALLA
DIAGNOSTICA STRUMENTALE DEI LABORATORI DI PATOLOGIA CLINICA
G. Bodini; G. Barbaglio; B. Milanesi
Azienda Ospedaliera Desenzano del Garda, Desenzano del Garda (BS)
SCOPO
Lo scopo del seguente lavoro è la classificazione dei rifiuti liquidi prodotti dagli analizzatori automatici dei laboratori di patologia clinica dei presidi ospedalieri, Desenzano, Manerbio, Gavardo, dell’A.O.D. e l’individuazione della loro pericolosità, tenuto conto che la sicurezza dell’operatore passa anche attraverso una corretta gestione dei
rifiuti prodotti.
La Direttiva 9 aprile 2002 del Ministero dell’Ambiente, il Dpr 254 del 15 luglio 2003 e il Decreto Legislativo 152 del
3 aprile 2006 hanno sostanzialmente modificato il sistema di classificazione dei rifiuti pericolosi. Il nuovo criterio
della concentrazione limite riportato nella decisione 2001/118/CE, introduce un nuovo concetto di pericolosità del
rifiuto, basato sulla verifica del superamento di determinate concentrazioni delle sostanze pericolose.
MATERIALI E METODI
Considerato che per queste categorie di rifiuti liquidi viene ritenuto prevalente il rischio chimico rispetto al rischio
infettivo, si è proceduto alla nuova classificazione dei rifiuti liquidi prodotti nei laboratori dell’Azienda Ospedaliera
di Desenzano del Garda secondo il seguente metodo: per ogni strumento si è rilevato la tipologia di analisi eseguita, il materiale d’analisi e la quantità, i reagenti per il tipo di analisi la quantità e la loro classificazione riportata
sulle schede di sicurezza e l’etichettatura, l’acqua di lavaggio e la quantità, eventuali additivi all’acqua di lavaggio
la quantità e la classificazione, la quantità di rifiuto liquido totale scaricato facendo riferimento ad un dato costante, una determinazione, n determinazioni, giorno/settimana. I dati raccolti sono stati elaborati e calcolata la percentuale di sostanza pericolosa presente nel rifiuto liquido finale. La comparazione con i limiti indicati dalla normativa ha permesso di codificare il rifiuto liquido non pericoloso o pericoloso con la relativa classe di pericolosità, individuati con un codice CER e un simbolo H.
risultato: tutti rifiuti liquidi, con un’unica eccezione, prodotti dagli analizzatori automatici dei laboratori di patologia clinica dell’A.O.D. sono risultati rifiuti speciali non pericolosi.
CONCLUSIONI
La scheda riepilogativa permette l’immediata visualizzazione del tipo di rifiuto, con la conseguente applicazione
del sistema gestionale predisposto in azienda a tutto vantaggio della sicurezza e dei costi necessari allo smaltimento.
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UN SERVIZIO PSICOLOGICO DI SUPPORTO PER IL CAREGIVER:
ESPERIENZE IN UN IRCCS DI RIABILITAZIONE SPECIALISTICA
S. Boni S., L. Moroni, M. Colangelo, G. Bertolotti, M. Gallì
IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri – Istituto Scientifico di Tradate
Il termine caregiver è usato per indicare chi si prende cura di un soggetto con limitazioni all’autonomia personale
dovute a una particolare forma patologica cronica o di lunga remissione sintomatica, in virtù di un legame affettivo e/o familiare con lo stesso. L’utilità di un supporto psicologico sia al paziente che alla famiglia, nelle varie fasi
della malattia, è sottolineata anche nelle nuove linee guida SPREAD (1).
SCOPO
delineare un possibile metodo che consenta l’inserimento del supporto psicologico rivolto al caregiver nell’ambito dei servizi offeri dall’Istituto di Tradate dell’ IRCCS Fondazione Salvatore Maugeri
METODO
si è concordato di istituire un servizio di supporto psicologico rivolto ai caregiver dei pazienti ricoverati in Riabilitazione neuromotoria che richiedono, secondo il medico di reparto, un carico assistenziale elevato, e per i quali è
individuabile una persona di riferimento che presta assistenza informale per almeno tre ore al giorno. La persona
così individuata viene segnalata dallo specialista fisiatra allo psicologo, che procede ad un counselling e ad una
valutazione psicometrica iniziale, in base alla quale vengono programmati la frequenza e il contenuto dei colloqui
di sostegno necessari per il singolo caso. L’intervento di supporto psicologico è condotto, secondo le necessità
del familiare caregiver, mediante: colloqui individuali con il caregiver e, ove possibile e necessario, con il paziente
e il caregiver insieme; training di rilassamento muscolare progressivo secondo Jacobson (2) rivolto al caregiver, consegna di materiale psicoeducazionale al caregiver (gestione dello stress, dismissione abitudine tabagica, igiene del
sonno). Tutti i caregiver ricevono materiale informativo relativo ai servizi territoriali ed è accompagnato nell’organizzazione della cura al domicilio. Al termine dei percorsi di sostegno, viene condotta una valutazione psicometrica finale. L’intervento psicologico effettuato è di impostazione cognitivo-comportamentale.
RISULTATI
E’ stato raccolto un campione di 50 caregiver di 40 pazienti ricoverati in riabilitazione neuromotoria persso l’Istituto di Tradate, principalmente per esiti di patologie cerebrovascolari. All’inizio del periodo riabilitativo circa la metà
dei caregiver (46%) hanno mostrato un livello di ansia clinicamente rilevante, il 22% un livello di depressione clinicamente rilevante. Il 42% del campione è stato preso in carico, in base alla valutazione psicometrica iniziale, per
un sostegno psicologico breve costituito da circa tre colloqui nel periodo riabilitativo. Il 58% del campione ha seguito invece un percorso di sostegno psicologico più intenso, di almeno un colloquio a settimana. Si è osservata
nel campione di caregiver una riduzione significativa tra inizio e fine del periodo riabilitativo dei bisogni relativi all’assistenza (p < 0.01), dei pensieri di morte relativi al proprio familiare (p < 0.01) e dell’ansia (p < 0.05), in coloro
che hanno seguito il percorso psicologico più intenso ove presente un’ansia basale superiore al cut off clinico.
CONCLUSIONI
L’istituzione del servizio psicologico per il caregiver del paziente in riabilitazione neuromotoria ha permesso di personalizzare percorsi di sostegno e di osservare una riduzione di alcuni indicatori di disagio psicologico per effetto di una presa in carico multidisciplinare del paziente e del suo familiare.
Bibliografia
(1) SPREAD – Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion. Ictus cerebrale: Linee guida italiane Milano: Pubblicazioni Catel – Hyperphar Group SpA, 2005.
(2) Jacobson E. Progressive relaxation. Chicago: University of Chicago Press, 1938.
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DIMISSIONI PROTETTE E CONTINUITÀ ASSISTENZIALE.
PROGETTO INTERAZIENDALE TRA L’AZIENDA OSPEDALIERA
DI PERUGIA E L’ASL 2 DELL’UMBRIA
W. Orlandi §,E. Duca ç, M Pioppo*, S. Carosati**, L. Pieri^, B. Blasi°,
§ Direttore Generale Azienda Ospedaliera di Perugia;
ç Direttore Sanitario Azienda Ospedaliera di Perugia;
*Responsabile Staff Controllo di Gestione e Sistema Informativo Azienda Ospedaliera di Perugia;
** Staff Controllo di Gestione e Sistema Informativo Azienda Ospedaliera di Perugia;
^ Direzione Medica – Azienda Ospedaliera di Perugia;
° Dirigente Medico Azienda Sanitaria Locale 2;
INTRODUZIONE
La continuità di cura tra ospedale e territorio, assicurata attraverso le “dimissioni protette”, è un obiettivo prioritario per garantire i migliori risultati assistenziali sia dal punto di vista dell’assistito (attenuare il senso di abbandono del paziente e dei familiari) che da quello dell’organizzazione (appropriatezza di: cure, ricovero ospedaliero, gestione delle cronicità, presa in carico) nei confronti soprattutto dei pazienti “fragili”, in prevalenza anziani, affetti da
più patologie croniche, da limitazioni funzionali e/o disabilità. A tal fine, nel 2005 è stato costituito un Gruppo di
Lavoro Interaziendale tra l’Azienda Ospedaliera di Perugia (AO Perugia) e l’Azienda Sanitaria Locale 2 (ASL 2) per
costruire un percorso di dimissioni protette finalizzato ad assicurare la continuità assistenziale ospedale/territorio,
capace di offrire una risposta flessibile (legata al bisogno individuato nel singolo caso) e di garantire una presa in
carico condivisa dell’assistito in dimissione. Attualmente il Progetto Interaziendale ha consentito di definire un percorso puntuale per la dimissione protetta di pazienti complessi o che si trovino nelle condizioni di fragilità, dall’ospedale
al territorio (domicilio o residenzialità) attraverso una adeguata programmazione delle attività e con l’elaborazione
di una scheda di segnalazione ed una di follow-up.
CONTENUTI
Nel corso del 2007 sono state effettuate dall’AO di Perugia 421 dimissioni protette di cui 197 per residenti nel Distretto del Perugino, 116 donne e 81 uomini con età media di 78,9 anni. Il numero delle dimissioni protette effettuate, verso tale distretto, è andato progressivamente aumentando nel corso del 2007 e nel I semestre 2008 si è
attestato a 171 casi. (proiezione 2008: 342 con incremento del 74%) Le strutture che hanno utilizzato la “dimissione protetta” sono state per ordine di frequenza: Ortopedia (36 casi), Medicina Interna Vascolare (34 di cui 13
della Stroke Unit) e Geriatria (32 casi). La segnalazione della necessità di attivare il percorso per tale tipologia di
dimissione è stata inoltrata, nel 48% dei casi, almeno due giorni prima della data di dimissione. L’analisi per Categorie Diagnostiche Maggiori mostra che nel I semestre 2008 si sono avvalsi della dimissione protetta soprattutto i pazienti affetti da malattie del sistema nervoso, del sistema muscolo scheletrico, e dell’apparato respiratorio.
CONCLUSIONE
Il domicilio è considerato il luogo privilegiato ove la persona può curarsi e tendere al massimo recupero delle proprie potenzialità. Anche nei casi di cronicizzazione e/o perdita permanente totale o parziale dell’autonomia le cure
domiciliari rappresentano un forte stimolo e sostegno al superamento della malattia. L’integrazione tra l’AO di Perugia e la ASL 2, che ha anche prodotto la stesura condivisa delle Linee Guida “Prevenzione e Trattamento delle
Lesioni da Pressione”, è finalizzata ad assicurare al paziente la continuità di Cura. Permette inoltre il contenimento dei ricoveri inappropriati limitando sia il prolungamento della degenza oltre i tempi appropriati di trattamento (outlier), che le dimissioni precoci o non organizzate (ricoveri ripetuti). Nel momento della dimissioni dall’Ospedale, i
professionisti ed i servizi devono affiancare il cittadino ed i suoi familiari per definire insieme il percorso più appropriato
per il paziente (buona prosecuzione delle cure e recupero dell’autonomia) e per le strutture sanitarie.
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PROGETTO DI FATTIBILITÀ WEEK HOSPITAL POLISPECIALISTICO IN UN
OSPEDALE ROMANO
D. Caputo*, M. Galletta*, D.A. Ientile*, M.A. Parafati*, F. Stella*, M.P. Corradi**
*Direzione Sanitaria Aziendale - Azienda Ospedaliera Sant’ Andrea, Roma
**Direttore Sanitario Aziendale - Azienda Ospedaliera Sant’ Andrea, Roma
INTRODUZIONE
Con la DGR n. 921 del 21 dicembre 2006 la Regione Lazio deliberava le linee guida per la introduzione dell’Ospedale
a cinque giorni o Week Hospital quale misura di riduzione del numero di degenze inappropriate. La Direzione Sanitaria ha provveduto ad elaborare un progetto di fattibilità per la realizzazione di modelli assistenziali intermedi tra
la degenza diurna e quella a ciclo continuo, orientati all’effettuazioni di ricoveri a ciclo breve ossia di durata 1-5 giorni.
CONTENUTI
Si è provveduto ad analizzare la casistica dei ricoveri a ciclo continuo dell’anno 2007, estrapolando i ricoveri programmati sia medici che chirurgici con degenza uguale o inferiore ai 5 giorni. Sono state escluse da tale tipo di
valutazione, per le loro peculiarità assistenziali che le caratterizzano, le seguenti UU.OO.: Pediatria, Chirurgia Pediatrica, Malattie Infettive, Psichiatria, Medicina d’Urgenza, Cardiochirurgia, Terapie Intensive. Tale analisi mette in
evidenza come tale tipologia di ricoveri brevi corrisponda al 23,6% della casistica analizzata e la maggior parte di
essi afferisce alle UU.OO. dell’Area Chirurgica.
Su quanto sopra evidenziato si è ristretto il campo di analisi alle UU.OO di ambito chirurgico, cui afferisce il 75%
dei ricoveri brevi programmati che costituiscono l’oggetto del presente studio da cui si evince che il fabbisogno
di posti letto per il week hospital chirurgica ammonta a circa 28 letti.
Tenuto conto della particolare tipologia strutturale dell’A.O. Sant’Andrea che prevede unicamente reparti di degenza
con una capienza di 30 posti letto appare evidente che l’applicazione di tale modello assistenziale e la creazione
di una unità autonoma di week hospital riesce alquanto difficoltosa, in quanto si dovrebbero raggruppare nella stessa ala di degenza la quasi totalità delle discipline chirurgiche con notevoli problemi organizzativi e di gestione del
reparto. Per ovviare a tale inconveniente, l’unica possibilità che consente di coniugare i vantaggi connaturati a tale
modello assistenziale con le esigenze derivanti dalla strutturazione fisica dell’ospedale, consiste nel dislocare nella stessa ala di degenza tutta l’attività chirurgia a ciclo breve ossia l’U.O.D. di Day Surgery Centralizzato e il Week
Surgery.
Secondo tale schema organizzativo l’U.O.D. Day Surgery Centralizzato conserverebbe i suoi sedici posti letto mentre al Week Surgery spetterebbero i rimanenti quattordici, saturando in tal modo completamente la stecca di degenza. Tale reparto, cosi strutturato, potrebbe chiudere il sabato pomeriggio e la domenica, realizzando i risparmi
auspicati. E’ inteso che i pazienti che non siano dimissibili dalla degenza breve venerdì, entro le ore 20:00, dovranno
essere trasferiti presso i reparti di degenza a ciclo continuo di pertinenza.
Accanto alle considerazioni di tipo produttivo si è proceduto all’effettuazione di una analisi di impatto economico
dell’applicazione del modello organizzativo in termini di riduzione dei costi. Tale valutazione è stata effettuata, assumendo come condizione vincolante, che gli spazi lasciati liberi dall’U.O.D. di Day Surgery Centralizzato vengano occupati da attività assistenziali di tipo diurno. Con questo modello le principali voci di costo che verrebbero a
cessare con la creazione del reparto di cui sopra ammonterebbero complessivamente a circa 130 mila euro.
CONCLUSIONI
I dati sopra riportati permettono di ipotizzare la costituzione di un reparto di degenza a ciclo breve polispecialistico di ambito chirurgico, che consentirebbe di ottimizzare il percorso dei pazienti chirurgici, incrementare l’appropriatezza dei ricoveri mediante l’individuazione dei setting assistenziali più opportuni per trattare i pazienti, organizzare il percorso dei pazienti chirurgici secondo un gradiente di intensità di cura e ridurre i costi.
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GESTIONE RIFIUTI OSPEDALIERI – DAL SOPRALLUOGO ISPETTIVO
ALL’AUDIT
G. Coco*, C. Urzì°, S. Carini ^
*Direzione Medica Presidio Vittorio Emanuele ° Servizio Prevenzione e Protezione
^ Direzione Medica Presidio S. Bambino
Azienda Ospedaliera Universitaria Vittorio Emanuele, Ferrarotto, S.Bambino di Catania
Direttore Sanitario Azienda: dr. Salvatore Paolo Cantaro
INTRODUZIONE
Recentemente l’Azienda Ospedaliera Universitaria Vittorio Emanuele, Ferrarotto, S. Bambino di Catania si è dotata di un Sistema di Gestione Ambientale ISO 14001.
Le Direzioni Mediche di Presidio, unitamente al Settore Tecnico ed al Settore Provveditorato, hanno un ruolo fondamentale nel promuovere le necessarie iniziative che il sistema richiede per la sua implementazione.
Nell’ambito del Sistema di Gestione Ambientale dell’Azienda le Direzioni Mediche di Presidio, di concerto con il
Responsabile del Sistema di Gestione Ambientale dell’Azienda, si è ritenuto doversi procedere alla verifica della
corretta gestione dei rifiuti pericolosi ospedalieri all’interno di tutte le Unità Operative a mezzo di programmazione ed effettuazione di apposito Audit.
CONTENUTI
Il gruppo di lavoro ha preliminarmente proceduto alla revisione ed all’aggiornamento di Istruzioni Operative, tenendo conto delle indicazioni contenute sul Manuale di Gestione Ambientale dell’Azienda, relative in particolare al
corretto smaltimento di:
a) Rifiuti pericolosi a rischio infettivo - CER 1080103* - I.O. n. 11 - PGA 15
b) Rifiuti liquidi di laboratorio – CER 180106* - I.O. n. 12 - PGA 15
c) Rifiuti liquidi esausti di radiologia – CER 090104* e C.E.R. 090101* –
I.O. n. 13 - PGA 15
Tali Istruzioni Operative, edite a stampa in forma grafica gradevole e su supporto plastificato, sono state consegnate in numero sufficiente a tutte le UU.OO. interessate con invito ad affiggere le stesse in tutti i punti di produzione delle singole tipologie di rifiuto.
Il programma di Audit ha previsto, così come indicato nella PGA 12, la trasmissione preventiva del modello “programma di audit” a ciascun Responsabile di U.O., acquisendo altresì contestualmente la firma per accettazione
del programma di audit con data e ora concordati.
Si è avuto modo di osservare come ormai, anche a seguito della incessante attività da parte dell’U.O. per la Qualità dell’Azienda, la filosofia dell’Audit si sia radicata come strumento di confronto e dialogo per la verifica condivisa degli standard prefissati; il personale delle Unità Operative tutto, ( non solo i Direttori o il personale con funzioni di coordinamento Capo sala - Capo tecnico – ecc.) ha partecipato attivamente e con interesse alle attività di
audit programmate.
Sia la fase organizzativa che quella operativa dell’Audit hanno rappresentato altresì un ulteriore momento di collaborazione ed integrazione tra le Direzioni Mediche di Presidio dell’Azienda per quanto attiene l’applicazione della PGA 15 del SGA.
Lo strumento di lavoro utilizzato è stato quello della “check list” per ciascuna tipologia di rifiuto.
CONCLUSIONI
Lo strumento “audit” sostituisce quindi a tutti gli effetti l’attività di controllo per la corretta gestione dei rifiuti ospedalieri prima esercitata dalle Direzioni Mediche di Presidio come “controllo ispettivo”. Ciò consente di documentare in maniera sistematica tutta l’attività di verifica e le modalità con la quale la stessa viene condotta. Attraverso l’evidenziazione di “non conformità” o di “osservazioni” è infine possibile verificare a distanza le azioni migliorative messe in atto dalle Unità Operative.
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SISTEMA GESTIONE AMBIENTALE – NORMA UNI EN ISO 14001:2004
G. Coco *, C. Urzì C. °, S. Carini ^
*Direzione Medica Presidio Vittorio Emanuele ° Servizio Prevenzione e Protezione ^
*Direzione Medica Presidio S. Bambino
Azienda Ospedaliero Universitaria Vittorio Emanuele, Ferrarotto, S.Bambino di Catania
Direttore Sanitario Azienda: dr. Salvatore Paolo Cantaro
INTRODUZIONE
L’Azienda Ospedaliera Universitaria Vittorio Emanuele – Ferrarotto - S. Bambino di Catania si è dotata di un Sistema
di Gestione Ambientale UNI EN ISO 14001:2004, già dal 2004 e si avvia al rinnovo del certificato alla fine del 2008.
Un Sistema di Gestione Ambientale (SGA) rappresenta un approccio strutturato per definire obiettivi e strategie per
l’ambiente, raggiungere tali obiettivi e dimostrare che sono stati raggiunti.
CONTENUTI
L’adozione di un SGA prevede infatti la riorganizzazione di un’Azienda o di un Ente sulla base di standard normativi di riferimento riguardo la parte di sistema gestionale che comprende la struttura organizzativa, le attività, le procedure, le responsabilità, i processi e le risorse necessari per sviluppare, implementare, raggiungere, rivedere e mantenere la politica ambientale. Il sistema di gestione ambientale (SGA), può così essere certificato da un soggetto
terzo che procede ad attestare che il SGA corrisponda agli standard normativi di riferimento e procede a successive verifiche periodiche. La norma più diffusa a livello internazionale è lo standard ISO 14001, mentre a livello europeo vige anche il regolamento EMAS.
La certificazione ambientale è uno strumento volontario di autocontrollo e responsabilizzazione adottabile da organizzazioni che intendano perseguire un miglioramento continuo delle proprie performance ambientali.
Il soggetto che avvia il processo di certificazione si impegna non solo ad osservare le disposizioni di legge in materia ma anche a migliorare le proprie prestazioni e la trasparenza verso l’esterno, aumentando l’efficienza interna.
Tra i principali obbiettivi di un SGA vi sono:
- la capacità dell’impresa di svolgere responsabilmente la propria attività secondo modalità che garantiscano il rispetto dell’ambiente;
- la facoltà di identificare, analizzare, prevedere, prevenire e controllare gli effetti ambientali;
- la possibilità di modificare e aggiornare continuamente l’organizzazione e migliorare le prestazioni ambientali in
relazione ai cambiamenti dei fattori interni ed esterni;
- la capacità di attivare, motivare e valorizzare l’iniziativa di tutti gli attori all’interno dell’organizzazione;
- la facoltà di comunicare e interagire con i soggetti esterni interessati o coinvolti nelle prestazioni ambientali dell’impresa.
La politica ambientale è una dichiarazione di principio che sancisce l’impegno dell’Azienda a favore della tutela ambientale, del rispetto della legislazione vigente in materia, del miglioramento continuo ed enuncia i principi generali cui tale impegno si ispira e le conseguenti decisioni strategiche. L’organizzazione che ha sviluppato un SGA in
conformità alla norma UNI EN ISO 14001:2004 e che desidera ottenere la relativa certificazione ambientale deve
presentare apposita domanda di certificazione ad un organismo accreditato. Attraverso tale domanda l’impresa
fornisce informazioni generali su di essa e sui principali aspetti ambientali.
CONCLUSIONI
Sempre più spesso le Aziende si trovano ad inserire il “fattore ambiente” tra le variabili strategiche della gestione
aziendale, per garantire una crescita compatibile con la salvaguardia dell’ambiente e dimostrare al mercato un impegno nel miglioramento continuo delle proprie “prestazioni” ambientali.
Tali attività contribuiscono al miglioramento dell’immagine dell’organizzazione, incidendo sulla percezione che dell’azienda hanno sia la popolazione che le autorità o le altre “parti interessate”.
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GESTIONE DEI RIFIUTI SANITARI PERICOLOSI A RISCHIO INFETTIVO
(CER 180103) NEL P.O. FELICE LOTTI DI PONTEDERA:
DUE METODOLOGIE A CONFRONTO
Grassi S.1, Cuozzo S.2, Bernardini V.2, Nardi L.2
Specializzanda in Igiene e Medicina Preventiva, 2 Direzione Sanitaria P.O. Pontedera
1
INTRODUZIONE
La gestione dei rifiuti pericolosi a rischio infettivo è pratica quotidiana delle Direzioni Sanitarie di P.O. La cronaca
ci ricorda l’importanza dell’argomento e la necessità di un sistema efficiente. La legislazione vigente (D.P.R. 254/03;D.lgs
152/2006) prevede un sistema di gestione basato su sicurezza, riduzione della produzione ed economicità. Con
questi obiettivi, il nostro Ospedale è passato da una gestione con contenitori monouso (polipropilene alveolare),
ad una con contenitori riutilizzabili (polietilene ad alta densità), coinvolgendo gli operatori con una formazione adeguata. Obiettivo di questo lavoro è stato valutare, nei termini previsti dalla legislazione (sicurezza, produzione e economicità), i cambiamenti verificatisi e tracciare un percorso ottimale verso cui tendere.
CONTENUTI
E’ stato analizzato il processo di gestione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo, dalla produzione allo smaltimento,
nel secondo semestre 2006 (contenitori monouso) e nel secondo semestre 2007 (contenitori riutilizzabili) e sono
stati confrontati:
il numero di infortuni verificatisi in relazione alla gestione dei rifiuti e il numero di segnalazioni di incidenti giunte alla
D.S. (rottura dei contenitori, sversamenti…)
la quantità di rifiuti prodotta (volumetria e kg), la media di riempimento (in kg) e l’indice di riempimento (kg/l)
il costo unitario e totale.
Sicurezza: il numero di infortuni verificatisi nei due periodi analizzati è sovrapponibile ed indipendente dal tipo di
contenitore utilizzato; per quanto riguarda le segnalazioni, la D.S. di P.O. ha avuto notizia di 4 situazioni in cui si
sono verificati sversamenti liquidi dai contenitori monouso che hanno contaminato anche i contenitori circostanti
stoccati nel deposito temporaneo.
Produzione: i dati derivano dall’analisi dei formulari di trasporto e smaltimento rifiuti; nel 2007 si è verificata, a parità di attività, una riduzione del volume prodotto del 21,7% ed una riduzione dei kg prodotti del 27,2%; anche indice di riempimento e media di riempimento si sono ridotte del 6,3 e del 7,2%. Si potrebbe dedurre che la formazione del personale, effettuata propedeuticamente alla variazione dell’azienda appaltatrice, abbia inciso notevolmente sulla riduzione della produzione (riduzione del volume) mediante una cernita più efficace dei rifiuti. I contenitori riutilizzabili hanno determinato, come era ipotizzabile, un ulteriore decremento dei kg prodotti dovuto al recupero della tara. La riduzione dell’indice di riempimento e della media di riempimento potrebbero essere attribuibili
semplicemente alla tara del contenitore monouso.
Economicità: il costo unitario per il periodo 2006-2008 è stato stabilito con gara di appalto ESTAV in euro 0,83 +
IVA/kg, valido per entrambe le aziende; il risparmio nel 2007 è stato di 22102 euro, esclusa IVA, in 6 mesi per il solo
PO (-27,2%).
CONCLUSIONI
Questa esperienza ci ha permesso di tracciare un percorso ideale di gestione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo,
che insista sulla formazione e preveda la tracciabilità per centro di costo e un monitoraggio periodico, con l’obiettivo di ottimizzare il processo all’origine, cioè alla produzione.
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APPROPRIATEZZA DELLE RICHIESTE DI ESAMI
DIAGNOSTICO-STRUMENTALI, RISK ASSESSMENT E RISK
MANAGEMENT: FORMULAZIONE DI UNA NUOVA MODALITÀ
DI PRENOTAZIONE DEGLI ACCERTAMENTI DI DIAGNOSTICA
PER IMMAGINI PER PAZIENTI IN REGIME DI RICOVERO
G. Cimarello**, E. Pofi°, A. Filoscia°°, L. Guerini*, R. Urciuoli*.
**Direttore Sanitario Presidio Ospedaliero Centrale (POC) di Viterbo, °Direttore U.O.C. Diagnostica per Immagini (POC),
°°Dirigente medico U.O.C. Diagnostica per Immagini (POC), *Dirigente Medico di Direzione Medica di Presidio (POC).
INTRODUZIONE
La necessità di migliorare l’attività della UOC di Diagnostica per Immagini, sia in termini di appropriatezza delle richieste di esami diagnostico-strumentali, sia in termine di qualità delle prestazioni effettuate, ha comportato la definizione di una nuova procedura per la richiesta di Accertamenti diagnostici da parte del Direttore della UOC di
Diagnostica per Immagini, condivisa dalla Direzione Sanitaria del Presidio Ospedaliero Centrale (POC) di Viterbo.
CONTENUTI
Inizialmente, alcuni pacchetti di prestazioni sono stati assegnati direttamente alle UUOO di degenza. Tale organizzazione
prevedeva anche le urgenze, secondo un principio di prioritarizzazione, ma queste venivano richieste in aggiunta
a quelle ordinarie, con conseguente surplus di richieste e aumento delle prestazioni erogate. Inoltre, la gestione
“diretta” delle richieste, da parte delle UUOO di degenza, non permetteva al medico radiologo la valutazione dell’appropriatezza delle stesse, momento di estrema importanza anche in base a quanto previsto dal D.Lgs. 187/2000.
Altra componente, che ha motivato l’esigenza della riorganizzazione della gestione delle richieste di accertamenti diagnostici, è stata la necessità di programmare ed eseguire i diversi accertamenti, esempio quelli di interesse
“neurologico” e quelli di interesse “internistico”, in sedute diagnostiche distinte, in quanto tale procedura e distribuzione degli esami consente di migliorare la “performance” diagnostica del medico radiologo, con riduzione in
maniera statisticamente significativa della possibilità di errore, come dimostrato in letteratura. Ciò nell’ottica più
ampia di una analisi del rischio e gestione del rischio clinico (Risk assessment e Risk management). La nuova organizzazione prevede: 1) invio delle richieste di accertamenti di Diagnostica per Immagini, compilate in maniera
completa, validate e firmate dal medico richiedente, entro le ore 13:00 di tutti i giorni lavorativi; 2) valutazione delle richieste nella stessa mattinata, da parte di un gruppo di lavoro composto dal Direttore della UOC di Diagnostica per Immagini (o suo sostituto) e dai medici radiologi in servizio presso la Sezione di Ecografia, TC, RM e Angiografia. Di ogni richiesta viene valutata: a) appropriatezza della richiesta, previste dalle linee guida nazionali di riferimento della SIRM; b) possibilità di ottenere informazioni da eventuali indagini eseguite in precedenza dal paziente (attraverso la consultazione del RIS); c) la possibilità di effettuare esami con tecniche alternative che si pongono lo stesso obiettivo ma non comportano esposizione alle radiazioni ionizzanti. Le richieste non correttamente compilate e ritenute inappropriate non sono accettate e sono rinviate alla UO richiedente con una breve relazione. Per le richieste urgenti la procedura prevede invece che il medico richiedente contatti telefonicamente il medico radiologo in servizio nella sezione interessata (RX, ECO, TC, RM) o il medico di guardia nei giorni prefestivi e
festivi, esponendo la richiesta e motivandola; il medico radiologo, tenendo conto della tipologia della richiesta e
delle norme previste dal Dlgs 187/2000, concorda con il medico richiedente la tempistica e la modalità dell’esame.
CONCLUSIONI
La realizzazione di tale procedura ha comportato un miglioramento in termini di appropriatezza delle richieste di
esami di Diagnostica per Immagini e ha inoltre favorito la collaborazione tra medico richiedente e medico radiologo.
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LA TRACCIABILITÀ DEI RIFIUTI SANITARI PERICOLOSI
A RISCHIO INFETTIVO
Grassi S.1, Cuozzo S.2, Bernardini V.2, Nardi L.2
1Specializzanda in Igiene e Medicina Preventiva, 2Direzione Sanitaria P.O. Pontedera
INTRODUZIONE
La gestione dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo (che chiameremo RI) è un onere importante per le Aziende Sanitarie e Ospedaliere. In un’ottica di efficienza ed economicità l’obiettivo primario consiste nella riduzione della produzione, raggiungibile con un’adeguata cernita dei rifiuti secondo le tipologie di appartenenza. In quest’ottica, fondamentale risulta la formazione del personale sanitario e auspicabile il controllo del processo. Nel nostro
Presidio Ospedaliero abbiamo teorizzato un percorso di tracciabilità del RI che consenta il monitoraggio e il controllo delle varie fasi.
CONTENUTI
In collaborazione con l’Azienda appaltatrice del servizio di trasporto e smaltimento dei rifiuti (che chiameremo Ditta) abbiamo elaborato un percorso di tracciabilità di facile applicabilità. In un primo momento abbiamo individuato tutte le strutture produttrici di RI e abbiamo selezionato per ciascuna un centro di costo. Avvalendoci dell’esperienza
dei coordinatori abbiamo identificato i bisogni in termini di numero e tipologia dei contenitori (scatole, bidoni, contenitori per aghi/taglienti e volumetrie idonee al tipo di attività svolta). Con la Ditta abbiamo elaborato una etichettatura a codici a barre che permettesse l’identificazione di ASL, Presidio Ospedaliero, Struttura e Centro di Costo,
con una fornitura idonea alla produzione presunta delle singole strutture. I contenitori erano già predisposti con un
ulteriore codice a barre che ne identificasse il volume e la tipologia. Il personale è stato istruito per preparare il contenitore apponendo, al momento della chiusura, la data e l’etichetta in posizione idonea. La procedura prevede che
i contenitori vengano pesati sia alla partenza dal Presidio, sia all’arrivo all’inceneritore, dove viene effettuata anche la lettura dei codici a barre, che permette di associare il centro di costo, il contenitore (tipo e volume), la quantità e la data in cui viene effettuato lo smaltimento. Da questi dati la Ditta elabora dei riepiloghi che mensilmente
vengono inviati alla Direzione Sanitaria di P.O. e che permettono di valutare, per ogni struttura produttrice, n° colli, tipologia dei contenitori, volume e peso prodotti, eventuale tara, indice di riempimento e media di riempimento.
L’analisi periodica di questi dati permette di: 1) valutare la produzione e la gestione dei rifiuti (es: utilizzo di contenitori di volumetria idonea per evitare che siano semivuoti o troppo pesanti); 2) di ottimizzare il processo (es: tempi di chiusura e stoccaggio, tempi di ritiro…)
CONCLUSIONI
La realizzazione di un percorso tracciabile è stata possibile grazie anche all’interesse della Ditta che, avvalendosi
di contenitori in polietilene riutilizzabile, per motivi di gestione interna utilizza codici a barre e lettori ottici. Il percorso, però, è facilmente adattabile a qualsiasi tipologia gestionale ed è inoltre teoricamente estendibile a tutti i rifiuti prodotti da una ASL. Non dimentichiamo che la normativa vigente (D.P.R. 254/03; D.lgs 152/2006) prevede la
differenziazione dei rifiuti sanitari; un sistema che consenta la tracciabilità permette di implementare e controllare
il processo di differenziazione.
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VALUTAZIONE DELL’EFFICACIA DI FILTRI TERMINALI
PER LA RETE IDRICA FILTRANIOS 30LPA
S. De Lorenzi, L. Romanini, B. Mosca, G. Finzi2 , G. Salvatorelli1
1 Dipartimento di Biologia ed Evoluzione - Sezione Anatomia Comparata, Università di Ferrara
2 Direzione Ospedaliera Policlinico S. Orsola Malpighi, Bologna
INTRODUZIONE
Il possibile inquinamento batterico della rete idrica degli ospedali, soprattutto di vecchia costruzione, può essere
causa di infezioni ospedaliere specie in reparti con pazienti immunocompromessi. Numerosi metodi fisici e chimici
sono stati messi in atto per la sanificazione della rete ma la loro efficacia, non sempre dimostrata, costituisce comunque una soluzione temporanea al problema, spesso costosa e non esente da possibili danni a materiali costituenti la rete e agli utenti. L’installazione di filtri antibatterici nei punti di utilizzo presenta numerosi vantaggi: può
essere limitata ai reparti ad alto rischio e, inoltre, installazione e manutenzione sono semplici e non costosi.
CONTENUTI
La presente ricerca ha valutato la capacità di filtri Filtranios 30LPA (Laboratoires ANIOS Lille- Hellemmes, France),
nuovi e dopo un periodo di utilizzo di 15 e 30 giorni, di filtrare sospensioni batteriche quali Pseudomonas aeruginosa ATCC 15442, Staphylococcus aureus ATCC 6538, e spore di Bacillus clausii (Sanofi-Synthelabo OTC S.p.a.)
aventi diverse forme e dimensioni.
Un contenitore provvisto alla base di un rubinetto di efflusso, contenente una sospensione di microrganismi > 1x105
UFC/ml in tre litri di diluente (NaCl 7,5 gr/l e 1 gr/l di triptone) veniva posto ad un’altezza di 1,5 m rispetto al piano
di lavoro di una cappa a flusso laminare e collegato dal rubinetto di efflusso al filtro Filtranios 30LPA mediante un
tubo in teflon cui era interposto un raccordo a due vie per far defluire la sospensione. Al raccordo erano collegati
due tubi in teflon della lunghezza di circa 10 cm, che permettevano il passaggio della sospensione attraverso il filtro e la raccolta pre-filtro di campioni della sospensione stessa. Entrambe le vie potevano essere interrotte mediante
clamps. Il flusso attraverso il filtro era di circa 500 ml/min.
I materiali utilizzati erano sterili e tutte le operazioni eseguite in asepsi.
Dai filtri testati venivano raccolte 5 aliquote della sospensione prelevate prima del filtro e 5 aliquote da 100 ml di
sospensione filtrata. Dalle 5 aliquote pre-filtro 3x1ml di sospensione, dopo opportune diluizioni, venivano utilizzati per semine di massa in opportuni mezzi agarizzati (Pseudomonas Agar Base per Pseudomonas aeruginosa, Mannitol Salt Agar per Staphylococcus aureus, e Tryptic Soy Agar per Bacillus clausii).
Le 5 aliquote post-filtro erano filtrate attraverso filtri a membrana in estere di cellulosa sterili con pori di 0,20 m e
deposte sulla superficie di opportuni mezzi agarizzati in capsule Petri mantenute successivamente in termostato
per 24-48 ore a 36 ± 1°C e per ulteriori 5 giorni in caso di mancato sviluppo di microrganismi, al fine di identificare eventuali microrganismi a lenta crescita. Si procedeva quindi alla conta e identificazione delle colonie.
In tutti i casi, nelle sospensioni pre-filtro il numero di UFC/ml è sempre risultato >105 mentre il liquido filtrato è risultato sempre sterile, non essendo stata notata alcuna crescita batterica né dai filtri nuovi, né dai filtri collegati per
15-30 giorni alla rete idrica.
CONCLUSIONI
I filtri Filtranios 30LPA nelle nostre condizioni sperimentali, a concentrazioni di gran lunga superiori ai massimi livelli riscontrabili nella rete idrica, mantengono la loro capacità di trattenere microrganismi fino a 30 giorni, come
da indicazioni di utilizzo. Ciò dimostra l’efficacia del loro uso come filtri terminali nei punti di erogazione dell’acqua di rete.
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IL PROGETTO PACS (PICTURE ARCHIVING COMMUNICATION SYSTEM)
C. Dario1, M. Tessarin2, M.C. De Marco2, B. Bortolanza2, U. Gasparotto2, B. Bradariolo2, F. Di Paola3, G. Morana3
1Direttore Generale Azienda ULSS N° 9 Treviso
2Direzione Sanitaria Presidi Ospedalieri di Treviso e Oderzo – Azienda ULSS N° 9 Treviso
3Dipartimento Radiologia Clinica
INTRODUZIONE
La Azienda ULSS 9 negli ultimi anni ha promosso l’utilizzo di nuove tecnologie sostenendo numerose iniziative legate alla informatizzazione aziendale, nella prospettiva di realizzare una struttura sanitaria “paperless” e “filmless”.
In tale contesto, era stato già avviato nel 2005, durante la fase di rinnovamento tecnologico del Dipartimento di
Radiologia Clinica, un sistema PACS per l’acquisizione, archiviazione e gestione delle immagini presso la Struttura Complessa di Neuroradiologia.
CONTENUTI
Il progetto ha preso avvio partendo da un avanzato livello di informatizzazione delle radiologie dell’ospedale (RIS
– prenotazioni esami radiologici - firma digitale) con il servizio integrato di acquisizione, archiviazione, gestione e
trasmissione delle immagini e delle informazioni prodotte nel dipartimento di Radiologia Clinica (Treviso – Oderzo).
La realizzazione del progetto ha richiesto:
• la digitalizzazione delle immagini radiologiche
• l’integrazione con il sistema RIS, sistema informatico delle radiologie e il SIO, sistema informativo ospedaliero,
oltre che con la firma digitale
• la messa a disposizione di un sistema PACS, risultato basato su tecnologia WEB
• la formazione teorica e pratica del personale medico ospedaliero e tecnico di radiologia
• il supporto sul campo da parte di sanitari e tecnici a questo formati.
L’implementazione del sistema PACS, ha determinato un forte impatto organizzativo sul programma di lavoro della radiologia e, di conseguenza, sugli utilizzatori finali delle immagini prodotte (i clinici nei reparti), rendendo necessario
analizzare le varie fasi del modello gestionale esistente.
Attualmente, il sistema è operativo nel Dipartimento di Radiologia Clinica con l’acquisizione delle immagini digitali da apparecchiature analogiche su cui sono stati installati dispositivi di digitalizzazione o da apparecchiature digitali, l’archiviazione delle immagini digitali e referti e la consultazione degli esami precedenti, grazie anche, al recupero dell’archivio storico.
Al paziente esterno viene consegnato un Cd-patient contenente immagini e referto, mentre per i pazienti ricoverati, i clinici utilizzano l’interfaccia del fascicolo sanitario personale, attraverso il quale vengono visualizzate le immagini sui supporti indicati nei reparti, negli ambulatori, nelle sale operatorie (monitor dedicati), al pronto soccorso, via rete.
Si è proceduto alla valutazione dei rischi e della definizione del Piano di emergenza (Risk Management): messa a
punto di procedure “sanitarie” da seguire nel caso si verifichino situazioni di emergenza, messa a punto di strumenti e modalità di segnalazione di malfunzionamenti, attivazione di un call-center attivo nelle 24 ore per la segnalazione
di malfunzionamenti, una reportistica dei Livelli di Servizio (SLA), anche nell’ottica di un eventuale contenzioso.
Nello sviluppo del progetto, è stata posta particolare attenzione sulla necessità
• di disporre di uno strumento maneggevole e veloce sia per l’acquisizione che per la visualizzazione delle immagini da parte dei clinici
• di garantire la sicurezza di accesso con tracciabilità dei dati relativi ad ogni registrazione
• di disporre diffusamente del sistema, predisponendone l’uso in ogni area e locale delle UU.OO., anche grazie all’utilizzo di accessi Wi-Fi, soprattutto per l’ospedale di Oderzo.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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CERTIFICAZIONE AMBIENTALE PRESIDIO OSPEDALIERO
DI SAVONA E CAIRO MONTENOTTE: UN NUOVO MODELLO
DI SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE DELL’ASL 2 SAVONESE
M. Giugliano
L’ASL 2 Savonese in data 20 Dicembre 2007 ha conseguito la Certificazione Ambientale dei due Presidi Ospedalieri di Savona e Cairo M.tte e ha ottenuto dall’Ente di Certificazione RINA SpA di Genova il Certificato di Conformità n. EMS 2029, attestante la rispondenza del Sistema di Gestione Ambientale alla norma UNI EN ISO 14001:2004,
e il Certificato Internazionale IQNet Registration N.IT-60110. E’ stato un lungo iter iniziato più di due anni fa, che
con fatica e tenacia percorso in stretta collaborazione con la U.O. Tecnica, il Servizio di Prevenzione e Protezione
e, quali responsabili del Sistema di Gestione Ambientale la Dott.ssa Antonella Piazza Direttore del Presidio Ospedaliero di Savona e Cairo M.tte e il Dott. Michele Giugliano, Responsabile S. S. Igiene Ambientale.
Con l’ adozione di un Sistema di Gestione ambientale l’ ASL 2 ha inteso impegnarsi per la protezione dell’ambiente
all’interno del Presidio Ospedaliero del S. Paolo e Cairo M.tte. mantenendo e migliorando nel tempo le proprie prestazioni ambientali, attraverso la definizione di specifici e mirati obiettivi, in riferimento alla norma Internazionale,
Europea e Italiana: UNI EN ISO 14001:2004 e la definizione di un nuovo modello di politica ambientale.
La norma stabilisce l’impegno di conformità di una Organizzazione alla legislazione ambientale e ai principi del miglioramento continuo.
SVILUPPO DEL PROGETTO
Per lo sviluppo del progetto l’ASL 2 ha individuato le fasi operative qui di seguito indicate:
• presentazione del Progetto;
• formazione del Personale medico infermieristico e tecnico;
• individuazione dei processi ambientali esistenti rientranti nel sistema di Gestione
Ambientale;
• analisi degli aspetti ambientali significativi;
• analisi degli Impatti ambientali conseguenti;
• mappatura di nuovi processi ambientali;
• sviluppo dei documenti della gestione ambientale: procedure, istruzioni di controllo
operativo;
• audit interni ed esterni;
• certificazione.
OBIETTIVI DELLA POLITICA AMBIENTALE
La nuova politica ambientale che l’ASL 2 Savonese ha voluto creare è orientata ad una costante attività di sensibilizzazione ed informazione sia del personale dipendente sia di coloro che usufruiscono dei servizi ospedalieri, affinché adottino un comportamento rispettoso dell’ambiente. Prevede un costante dialogo con tutti gli enti interessati,
al fine di perseguire una maggiore condivisione di obiettivi comuni e contribuire così al progressivo miglioramento delle condizioni ambientali in cui si opera e si vive. Deve essere documentata, operante, mantenuta attiva e diffusa a tutto il personale e disponibile per il pubblico.
Per il Presidio Ospedaliero di Savona e Cairo M.tte sono stati individuati i seguenti obiettivi:
• realizzazione di isola ecologica interna per propri rifiuti assimilabili agli urbani;
• avvio della raccolta differenziata di carta/cartone nelle Unità Operative ospedaliere;
• avvio della raccolta differenziata di plastica nelle Unità Operative ospedaliere;
• monitoraggio e verifica delle prestazioni di pulizia nelle aree esterne ospedaliere per il mantenimento di un adeguato livello di ordine e pulizia delle stesse.
L’ASL 2 Savonese attraverso la Certificazione dei due Ospedali di Savona e Cairo M.tte ha voluto orientare la propria politica verso l’obiettivo della sostenibilità ambientale e perseguire il benessere organizzativo degli operatori
e cittadini-utenti.
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ESPERIENZA DI GESTIONE IN UN PUNTO INFORMAZIONI E ACCOGLIENZA
IN UN PRESIDIO SANITARIO INTERMEDIO
M. Lalla*, R. Costa**
* Direttore Sanitario PSI CVE ASL NA/1
** Dirigente Medico Direzione Sanitaria - PSI CVE ASL NA/1
INTRODUZIONE
In questo lavoro gli Autori hanno evidenziato le potenzialità del Punto Informazioni ed Accoglienza in un Presidio
Sanitario Intermedio (P.S.I.).
Quest’ultimo rappresenta un articolazione aziendale peculiare dell’ASL NA/1, caratterizzata dal “insieme delle dotazioni strutturali ed strumentali necessarie per lo svolgimento di attività sanitarie complesse per pazienti non degenti in regime di ricovero ordinario”.
Il Presidio in questione, connotato quale polo diagnostico per immagini, unico sito di Risonanza Magnetica dell’intera Azienda, gode di una notevole accessibilità logistica e, pertanto, è individuato come riferimento per vari bisogni sanitari che non sempre trovano soddisfacimento nell’ offerta assistenziale e diagnostica della struttura.
E’emersa, dunque, la necessità di facilitare l’orientamento dell’assistito, garantendo,nel contempo l’appropriatezza organizzativa,quale azione di governance svolta dalla Direzione Sanitaria Presidiale.
CONTENUTI
Si è proceduto alla decodifica della domanda, predisponendo,all’uopo, una scheda di rilevazione(tabella 1) ed un
opportuno sistema di reportistica (tabella 2 – grafico 3),entrambi relativi alle segnalazioni e/o necessità assistenziali pervenute al Punto Informazioni ed Accoglienza presidiale, nell’arco di due anni.
Per assicurare risposte tempestive ed appropriate ai bisogni degli assistiti,sono stati formulati percorsi standardizzati di accesso alle prestazioni ascrivibili alle attività di altre articolazioni aziendali, in particolare di pertinenza
distrettuale.
In tale contesto, la Carta dei Servizi, strumento prioritario utilizzato per il suddetto processo di miglioramento, ha,altresì, determinato un feed-back di informazioni con il Servizio aziendale di relazioni con il Pubblico, ed il conseguente monitoraggio della stessa.
Infine, la gestione delle criticità interne,evidenziate dalla rilevazione avviata, rappresenta un ulteriore impegno per
la Direzione Sanitaria presidiale, nella prospettiva di “aumentare la capacità di analisi e le conseguenti azioni correttive, al fine di evitare il ripetersi di segnalazioni analoghe (circolo virtuoso del reclamo) “ (5).
CONCLUSIONI
Scopo di questo lavoro è quello di porre le premesse per sviluppare le potenzialità del Punto Informazioni ed Accoglienza, secondo le finalità previste dalla Legge. n.150/00 (“Disciplina dell’ attivita’ di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni.”), favorendo
la comunicazione interna ed esterna,l’accessibilità ai servizi, attraverso la semplificazione dei percorsi e la loro conoscenza, con l’intento di garantire risposte sempre più efficaci e tempestive ai bisogni degli assistiti.
Bibliografia
Legge Regionale: Regione Campania n.32/94 “Riordino del Sistema Sanitario Regionale”
Delibera ASL NA/1 n. 749 del 10/03/99
Legge. n.150/00 “Disciplina delle attivita’ di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni.” Gazzetta Ufficiale n. 136 del 13-06-2000
Carta dei Servizi ASL NA/1- Anno 2006
John Wright-Peter Hill” La governance clinica” Ed. Mc.Graw-Hill -2005
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LA QUALITÀ DELL’ARIA NELLE SALE OPERATORIE DI UN PRESIDIO
A. Leaci, A. Mundo, R. Dario
Direzione Medica del Presidio Ospedaliero San Paolo-ASL Provincia di BARI Via Caposcardicchio 70123 Bari
INTRODUZIONE
Il monitoraggio della qualità dell’aria negli ambienti dell’ospedale è uno dei problemi di primaria importanza alla luce
di potenziali danni alla salute degli utenti e dei dipendenti. Scopo del presente lavoro è stato valutare i rischi nelle Sale Operatorie per gli operatori sanitari e per i pazienti sottoposti ad interventi chirurgici, sulla base del monitoraggio delle condizioni microclimatiche e microbiologiche, nonché dell’inquinamento ambientale dei gas anestetici.
CONTENUTI
Sono stati raccolti i dati in quattro giornate campione nel semestre novembre 2007 - maggio 2008, nel complesso delle 6 Sale Operatorie del P.O. San Paolo di Bari. Il monitoraggio del microclima è stato effettuato mediante
stazione microclimatica digitalizzata, una per sala operatoria, con acquisizione ed elaborazione in tempo reale dei
cinque parametri fondamentali (Umidità Relativa, Velocità dell’Aria, Temperatura Effettiva, Voto Medio Previsto e
Percentuale Prevista di Insoddisfatti). La determinazione della carica microbica totale (in termini di Unità Formanti Colonie-UFC) in aria è stata effettuata tramite campionatori d’aria attivi posti in punti strategici di ciascuna sala.
La rilevazione ambientale dei gas anestetici (Protossido d’Azoto, Sevofluorano, Anidride Carbonica) è stata effettuata mediante sistema accoppiato monitor analizzatore/campionatore multipunto, a ciclo continuo.
L’indagine microclimatica e microbiologica ha evidenziato il pieno rispetto dei limiti massimi consentiti dalla normativa vigente. Per quanto riguarda i gas anestetici è stato registrato, raramente e comunque solo in relazione alla
fase di induzione anestesiologica, qualche picco ai limiti superiori della norma, regolarmente e immediatamente
abbattuto dagli estrattori ambientali entro i valori di riferimento.
CONCLUSIONI
I dati rilevati nel monitoraggio danno un quadro generale buono sia per l’efficienza degli impianti di condizionamento
e la manutenzione delle apparecchiature che per i comportamenti del personale sanitario Il monitoraggio effettuato
è risultato essere una garanzia della salvaguardia della salute degli addetti ai Reparti Operatori. Alla Direzione Sanitaria dell’ospedale compete il controllo del mantenimento dei requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi per
l’esercizio delle attività sanitarie, nonché il coordinamento, la vigilanza ed il controllo delle procedure di adeguamento ai protocolli di igiene sanitaria degli ambienti di lavoro per il corretto adempimento normativo anche alla luce
del recente Testo Unico n° 81/2008 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
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PROGETTO PER L’ ACCREDITAMENTO ISTITUZIONALE DELLE UNITÀ
OPERATIVE DI EMATOLOGIA,MEDICINA INTERNA,MALATTIE INFETTIVE
NEUROCHIRURGIA ; MICROBIOLOGIA E VIROLOGIA DELL’ AZIENDA
OSPEDALIERA DI COSENZA
**M.Loizzo,*O.Perfetti,***S. De Paola
** SS Qualita’ ed Accreditamento A.O.Cs *Direzione Sanitaria P.O.M. Santo,*** Direzione Sanitaria Aziendale A.O.Cs.
INTRODUZIONE
L’Accreditamento istituzionale (cioe’ regolamentato per legge)e’ un prerequisito per erogare prestazioni sanitarie
nel Sistema Sanitario Nazionale.Comporta la verifica del possesso di requisiti generali nonche’ specifici strutturali,tecnologici,organizzativi e clinicoprofessionali nelle Unita’Operative oggetto della verifica.A regime il modello dell’
A. selezionera’ all’ interno del SSN e per ciascuna Regione un“Albo dei Fornitori”di servizi sanitari qualificati “a garanzia” dei Committenti (Regioni),dei cittadini e degli operatori sanitari.
CONTENUTI
L’Azienda Ospedaliera di CS ha varato,esperienza pilota a livello regionale,un progetto sperimentale sull’ A. che
ha riguardato numerose Unita’ Operative.La peculiarita’ di tale percorso e’ che si tratta di una esperienza emergente dal basso ( bottom up ) in assenza di una attivazione regionale di percorsi di tale tipo. L’ esigenza forte e’
stata quella di implementare nell’ azienda, una valutazione basata su un Sistema di regole condivise e uguale per
ogni UO che consentisse di uscire dall’ autoreferenzialita’ e consentisse di confrontare le diverse realta’ attraverso un sistema oggettivo di criteri.Gli obiettivi del progetto sono stati: Avviare un percorso di autovalutazione da parte delle Unita operative coinvolte al fine di verificare il possesso di requisiti organizzativi,strutturali,tecnologici e implementazione di quelli clinico-professionali;Utilizzare il Modello dell’A.come strumento di miglioramento continuo;Dotare
i professionisti sanitari degli strumenti del Governo clinico attraverso la valutazione della propria performance,individuazione di Benchmarking,Analisi delle criticita’ e barriere al cambiamento.La metodologia seguita e’ stata quella di individuare le aree da monitorizzare e sviluppare,con riunioni con il personale per la condivisione del progetto e individuazione di responsabilita’ e compiti;fornire la consulenza all’organizzazione e realizzazione dell’ audit
di verifica; supportare le unita’ operative nella redazione del Manuale di accreditamento,delle procedure,degli accordi di interfaccia,dei requisiti di area generale e specifici,e nell’ acquisizione di tutta la documentazione necessaria per la verifica.Il Progetto ha previsto una 1°fase di preparazione alla visita di a.con predisposizione del manuale e relative griglie con autovalutazione per i requisiti generali e specifici.Una 2° fase di preaudit con verifica da
parte di una Commissione esterna di valutatori con un supervisore della completezza e veridicita’ della documentazione
prodotta.La 3°fase della visita di Audit ha previsto l’esame finale delle evidenze prodotte e visita sul campo della
Commissione con redazione e restituzione del rapporto finale con l’esito della verifica.
CONCLUSIONI
il Progetto ha voluto sottolineare come,anche in momenti difficili per la Regione ( di fatto ad oggi l’Assessorato alla
salute della Calabria e’ commissariato),in assenza di Piano Sanitario Regionale e con le conseguenti precarieta’
economiche dell’ Azienda,la Direzione Sanitaria puo’ continuare a svolgere un ruolo propositivo per il miglioramento
continuo della qualita’
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SISTEMA AZIENDALE PER IL CLINICAL RISK MANAGEMENT: PROPOSTA
ORGANIZZATIVA
F. Venneri.,° A. Marseglia*
°Clinical Risk Manager –
*Coordinatore Dipartimenti Ospedalieri –Staff Direzione Sanitaria AziendaleAZIENDA SANITARIA DI FIRENZE
PREMESSA
Agire sulla sicurezza significa agire ai diversi livelli del sistema considerando tutte le componenti che direttamente o indirettamente possono portare ad un malfunzionamento od ad un errore con danno al paziente o un infortunio ad un operatore. Per la sicurezza dei pazienti devono essere presi in considerazione fattori strutturali tecnologici,fattori organizzativo-gestionali e condizioni di lavoro, fattori umani individuali e del team, caratteristiche dell’utenza e altri fattori esterni che includono la normativa, assicurazioni e la loro politica,caratteristiche socio – economiche.La gestione del rischio clinico nelle strutture sanitarie persegue le seguenti finalità: Sicurezza dei pazienti e gestione del rischio clinico collegabile direttamente ed indirettamente all’attività assistenziale ;Sicurezza degli
ambienti ( safety e securety);Sicurezza del personale.
MODELLO PROPOSTO
La proposta organizzativa ha come riferimento le indicazioni poste dalla Regione Toscana in tema di organizzazione di gestione del rischio clinico e sicurezza del paziente. Si ritiene appropriato un modello dipartimentale in grado di rappresentare al meglio un livello organizzativo flessibile per innescare una approccio sistemico ed integrato alla sicurezza. Al Patient Safety Manager è affidato il compito di coordinare il Comitato Aziendale per la Sicurezza del Paziente composto dai Direttori di Dipartimento e di Presidio ; compito è di approvare le linee di indirizzo del piano aziendale per la gestione del rischio clinico elaborato dal Clinical Risk Manager, dal Patient Safety Manager e dal Gruppo di Lavoro Aziendale.Inoltre il PSM partecipa al Comitato aziendale per la sicurezza degli operatori composto dai Direttori Sanitari di Presidio ( con Delega della Dlgs 626/94 e Dlgs 81/2008 ) il SEPP e i Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Al Clinical Risk Manager è affidato il compito operativo di coordinare il
gruppo di lavoro aziendale per la sicurezza del paziente, composto dai dirigenti medici scelti dal Clinical Risk Manager in base alle specifiche di competenze ed in funzione delle problematiche organizzative ed operative nonchédi
attuare il piano annuale di attività; si rapporta periodicamente con i referenti di gestione del rischio clinico (facilitatori) di ciascun dipartimento per l’analisi e set-up del framework aziendale rispetto alle linee di indirizzo proposte nel piano annuale. Al Quality Control Manager è affidato il compito di gestire ed applicare nonché di porre in
verifiche tutte le proposte di miglioramento evidenziate dagli operatori in ambito degli audit clinici e delle rassegne di M&M fornite mediante apposite alert reports.
CONCLUSIONI
Secondo gli Autori, il modello organizzativo proposto potrebbe assumere un livello dipartimentale in cui gli stakeholders interni ed esterni hanno una valenza rappresentativa. Tale organizzazione dipartimentale consente sia di
operare in forma coordinata ed integrata utilizzando al meglio le risorse che di ottimizzare il livello di efficienza ed
efficacia governando i processi diagnostici assistenziali orientati alla promozione della sicurezza ed affidabilità secondo i principi del governo clinico. La “sfida” riguarda appunto il coinvolgimento di tutti i soggetti, pazienti compresi, nella promozione della sicurezza, implementazione nei dipartimenti e servizi di piani della sicurezza per garantire una approccio sia proattivo che reattivo.
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LA ROOT CAUSE ANALISYS NELLA GESTIONE DI UN EVENTO CRITICO
V. Molese 1, L. Cervasio 2, G. Olivieri 3
1 Dirigente Medico di Direzione Sanitaria - Referente Team Rischio Clinico
2 Specialista in Igiene e Medicina Preventiva in formazione post-specialistica presso l’ INT Pascale di Napoli
3 Direttore Sanitario Aziendale3
INTRODUZIONE
I fatti si svolgono tra il 27 maggio ed il 12 luglio 2004 ed interessano la struttura che eroga l’attività di chemioterapia in regime di day hospital: dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.30 vengono preparate, in appositi locali attrezzati
con cappe chimiche, e somministrate, negli adiacenti spazi di ricovero diurno, circa 64 chemioterapie al dì. l’evento, esposizione acuta e ripetuta di quasi tutti gli operatori del reparto a sostanze chimiche irritanti, dovuta ad una
manutenzione non appropriata di attrezzature sanitarie (cappe) ha causato l’assenza di numerosi lavoratori, la sospensione ed il trasferimento delle attività del servizio in oggetto per due volte nel periodo in esame, con disagio
per i pazienti e maggiori costi per l’organizzazione.
CONTENUTI
L’evento scelto non e’ usuale e ha causato una forte criticita’ nel sistema; evidenzia criticita’ a tutti i livelli del contesto organizzativo e vulnerabilita’ dei punti di interfaccia dei vari settori e livelli di un sistema complesso; mostra
come incidenti possano avvenire anche in contesti percepiti a basso rischio.
Sono stati utilizzati quali strumenti di valutazione: l’albero del tempo, l’analisi delle criticità, il diagramma di ishikava, l’analisi delle barriere, il piano delle azioni.
L’analisi delle criticita’ ha rilevato che il capitolato di manutenzione delle cappe non era appropriato al tipo di cappe e non era stato sottoposto ad alcuna verifica tecnica da parte degli organi competenti, nonostante specifica
disposizione commissariale del 2000. il reparto non possedeva le informazioni necessarie a comprendere e gestire
la manutenzione, inoltre mancavano figure di riferimento addestrate per la gestione della manutenzione; mancava la consapevolezza degli utilizzatori su quali figure tecniche interessare per la verifica delle manutenzioni (scarsa conoscenza ruoli e compiti spp) la direzione sanitaria di recente insediamento dava il cambio ad una gestione
scarsamente tecnica dei problemi: mancavano le procedure.
CONCLUSIONI
Il piano delle azioni realizzate ha previsto: capitolati tecnici integrati dal spp, ristrutturazione del spp, procedure manutenzione verificate dal servizio tecnico e/o spp, individuazione referenti per le attrezzature, individuazione all’interno del servizio tecnico di un referente per le tecnologie sanitarie.
Il piano delle azioni in divenire prevede: un servizio specifico e dedicato per le tecnologie sanitarie; attivita’ di formazione ed addestramento del personale utilizzatore; la disponibilita’ di un database norme tecniche di riferimento.
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SORVEGLIANZA DELLA LEGIONELLOSI IN OSPEDALE:
CONTROLLO DEL RISCHIO IDRICO NEL P.O. SAN PAOLO DI BARI
A. Mundo, R. Dario, A. Leaci
Direzione Medica del Presidio Ospedaliero San Paolo-ASL BARI
INTRODUZIONE
La sorveglianza ospedaliera della Legionellosi ricopre un ruolo importante nell’ambito delle misure per garantire la
sicurezza del paziente. L’infezione è caratterizzata da prognosi severa e mortalità elevata spesso a causa di malattie concomitante. E’ frequentemente legata a contaminazione della rete idrica, non ha andamento epidemico,
ma si manifesta in casi isolati nell’arco di lunghi periodi. Solo una sorveglianza attiva permette di valutare il rischio
infettivo per il paziente e di intraprendere le necessarie misure di controllo, la cui efficacia deve essere verificata
periodicamente. Nello studio viene illustrata l’esperienza della Direzione Sanitaria del Presidio Ospedaliero San Paolo di Bari nell’applicazione delle Linee Guida Nazionali (G.U. n° 103/2000) e Regionali.
CONTENUTI
Nel febbraio 2007 è stato installato, come strategia di controllo delle acque del Presidio, un sistema centralizzato
di purificazione mediante microfiltrazione sia sulla montante di adduzione dell’acqua calda con filtri da 0,5 m sia
nei punti d’uso terminale dei reparti di Rianimazione, Sala Operatoria, Pronto Soccorso, Unità di Terapia Intensiva Cardiologica, con filtri da 0,2 m (Pall Aquasafe Water Filter).
Da febbraio 2007 a maggio 2008 sono stati eseguiti 4 controlli di campioni di acqua prelevati nei punti di erogazione finale sia in Unità Operative in cui erano presenti i filtri terminali sia in quelle dove non erano stati inseriti i filtri, al fine di controllare l’eventuale contaminazione batteriologica dell’acqua erogata.
Nell’Unità Operative in cui non erano presenti i filtri terminali nei punti di erogazione le analisi effettuate hanno evidenziato una CBT superiore al limite di 100 UFC/ml e in alcuni campioni la presenza di Legionella spp. con valori
relativamente bassi (tra 100 e 500 UFC/l rispetto ai limiti stabiliti).
I campioni prelevati nei reparti di Rianimazione, Sala Operatoria, Pronto Soccorso, Unità di Terapia Intensiva Cardiologia e subito dopo l’impianto di filtrazione centralizzato hanno evidenziato una concentrazione dei parametri
batteriologici inferiore ai limiti e Legionella spp del tutto assente.
CONCLUSIONI
Dall’analisi preliminare dei dati appare efficace la strategia di controllo attivata. Il monitoraggio ha permesso di verificare che gli interventi eseguiti non hanno eradicato la Legionella, dal momento che il microrganismo rimane presente anche se in concentrazioni minime. Il piano si è dimostrato comunque efficace nel controllare il rischio di malattia, in quanto non è stato osservato alcun caso nosocomiale. Il monitoraggio della qualità igienica dell’acqua risponde pienamente ai principi di risk management, per i quali la Direzione Sanitaria ha un ruolo fondamentale.
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VERSO IL NUOVO OSPEDALE DI BIELLA
DAL MODELLO DIVISIONALE AL MODELLO PER INTENSITÀ DI CURA
I.Grossi1, A.Penna2, F.D’Aloia3, S.Miola4, C.Pissaia5,
A.Paduos6, N.Agostino7, P.Rizzo8, A.M. Poli9
1) Direttore Sanitario, 2) Responsabile Programmazione Qualità, 3) Responsabile UPRI, 4) Coordinatrice Dipartimento
Chirurgico, 5) Direttore Dipartimento Chirurgico, 6) Responsabile Day Surgery, 7) Direttore IOSO, 8) Coordinatrice
Week Surgery, 9) Coordinatrice Chirurgia Generale
INTRODUZIONE
L’Azienda Sanitaria Locale di Biella è impegnata nella costruzione di un nuovo ospedale che andrà a sostituire l’attuale nosocomio, che risale alla fine degli anni 30. In particolare, nella progettazione del Nuovo Ospedale, si è tenuto conto di alcuni elementi organizzativi e gestionali di particolare rilevanza:
adozione del modello di degenza per aree funzionali omogenee e per intensità di cura
separazione della gestione clinica da quella assistenziale
gestione dipartimentale delle risorse, delle tecnologie e delle aree di diagnosi e cura
L’articolazione delle aree di degenza non sarà quindi utilizzata per identificare le diverse specialità medico-chirurgiche, quanto per differenziare diversi livelli di assistenza rapportati allo stato di gravità del paziente. Da un’organizzazione per reparti e divisioni si passerà ad un’organizzazione per livelli di assistenza e unità indifferenziate di
degenza: day hospital, day surgery, week hospital, ordinaria, intensiva, semintensiva, recovery room, post-acuzie,
riabilitazione.
La scelta adottata, di non indicare nel progetto le denominazioni delle singole discipline, pone le basi per dare alla
professione infermieristica lo spazio e l’autonomia necessarie ad assicurare un’assistenza personalizzata indipendentemente dalla specialità clinica di riferimento.
METODOLOGIA
Allo scopo di avviare, prima del trasferimento, tale percorso riorganizzativo, l’Azienda ha già modificato la propria
organizzazione in logica dipartimentale, istituendo con il nuovo Atto Aziendale quattro aree di degenza dipartimentali:
1)Week Surgery; 2) Day Hospital dipartimentale di area medica; 3) Post acuzie; 4) Area dipartimentale semiintensiva. Con il medesimo Atto l’Azienda ha riconosciuto la piena responsabilizzazione delle figure di coordinamento
del personale del comparto per quanto attiene le attività assistenziali ed alberghiere, individuando una linea di responsabilità autonoma rispetto a quella clinica.
RISULTATI
Il nuovo modello organizzativo ha trovato una sua prima importante applicazione con l’istituzione dell’area di Week
Surgery, aperta il 2 aprile 2007, con 28 posti letto, in funzione dal lunedì al sabato mattino, che accoglie attività di:
day surgery, one day surgery e ricoveri ordinari brevi (<3gg.). La responsabilità sul coordinamento tra gli specialisti e nei rapporti con i MMG è affidata ad un Responsabile Chirurgo, mentre la responsabilità di gestione dell’area
è affidata alla coordinatrice Infermieristica. Nel primo anno (da maggio 2007 ad aprile 2008) di attività l’area di degenza ha realizzato 4105 ricoveri chirurgici afferenti alle diverse specialità. Il grafico seguente mostra l’andamento dell’attività per regime di ricovero.
VALUTAZIONE E CONCLUSIONI
La creazione della Week Surgery ha rappresentato un processo condiviso di riorganizzazione dell’assistenza orientato a porre al centro del percorso i bisogni clinico-assistenziali dei pazienti basandoli non sulla disciplina specialistica ma sulla complessità assistenziale. L’abitudine dei reparti a gestire i propri letti di degenza, la preoccupazione dei professionisti di influire negativamente sui volumi di attività chirurgica, l’insufficiente esperienza della componente infermieristica nell’assumere ruoli gestionali, apparivano ostacoli sovrastanti rispetto ai possibili vantaggi. Oggi il risultato positivo del progetto è ampiamente riconosciuto da operatori e pazienti.
Grafico 1: Evoluzione dell’attività di degenza in Week Surgery (maggio2007-aprile 2008)
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PREVENZIONE CADUTE E MIGLIORAMENTO DELLA GESTIONE DELLA
FRATTURA DI FEMORE NELL’ASL DI BIELLA
A.Penna1, A. Dal Molin1, F.D’Aloia2, B. Bragante3,
A.Croso4, A. Tedesco3, C. Colongo4, P.Trevisan3, S. Miola5, I.Grossi6
1) Programmazione Sanitaria Qualità, 2) Responsabile UPRI, 3) IOSO, 4) Direzione Professioni infermieristiche, 5)
Coordinatrice Chirurgia Generale 4) Coordinatrice Dipartimento Chirurgia, 6) Direttore Sanitario
INTRODUZIONE
Più di un terzo delle persone con età superiore a 65 anni, cadono ogni anno, e nella metà di questi casi le cadute
sono ricorrenti, l’ambito ospedaliero è associato ad un aumento di rischio di caduta. L’incidenza delle cadute e la
gravità delle conseguenze aumentano con l’età, aumentando la disabilità e la compromissione funzionale. Circa il
20% delle cadute richiedono cure mediche e il 5% si associa a frattura. L’individuazione, dei pazienti a rischio di
caduta e la messa in atto di strategie che possano prevenirle rappresenta quindi un obiettivo importante per qualunque struttura sanitaria. All’interno dell’Ospedale di Biella è presente un sistema di rilevazione degli eventi avversi (Risk Management), che consente la registrazione e segnalazione degli eventi all’Ufficio Programmazione –
Qualità tramite scheda apposita (137 segnalazioni di cadute nel 2007). Si è ritenuto quindi importante predisporre un progetto per la prevenzione delle cadute. Come conseguenza della valutazione del rischio di cadute e delle
relative sequele, tra i professionisti è emersa anche l’esigenza di attivare un gruppo di lavoro per il miglioramento
della gestione clinica assistenziale del paziente con frattura di femore.
METODOLOGIA
Sono stati attivati due specifici gruppi di lavoro dedicati alla revisione della letteratura e alla condivisione di: 1) un
percorso per la prevenzione delle cadute in ambito ospedaliero, con messa a punto di una scala di valutazione del
rischio che prende in considerazione tutti i possibili fattori di rischio (precedenti cadute, problemi di equilibrio, deficit visivi, ipotensione ortostatica, uso contemporaneo di più farmaci ecc.), 2) un percorso per la gestione clinica
e assistenziale del paziente con frattura di femore.
RISULTATI
Al momento attuale sono stati redatti due specifici documenti disponibili per la consultazione sul sito aziendale
www.aslbi.piemonte.it e si sta proseguendo nel monitoraggio costante sia delle segnalazione delle cadute attraverso il sistema di segnalazione degli eventi avversi, sia attraverso il monitoraggio di alcuni di indicatori del percorso clinico assistenziale della frattura di femore. In particolare, in considerazione dell’importanza, sottolineata dal
gruppo di lavoro e dalla letteratura internazionale, della tempestività (entro 24 ore) dell’intervento chirurgico dopo
frattura di femore, si sta monitorando l’andamento della degenza preoperatoria di tali pazienti. Il grafico successivo mostra l’andamento di tale parametro nei primi 3 mesi del 2007 rispetto al I trimestre 2008.
VALUTAZIONE E CONCLUSIONI
Il processo avviato che è partito dall’osservazione del numero e della tipologia degli eventi avversi segnalati in Azienda si è dimostrato virtuoso, poiché ha fatto nascere l’esigenza all’interno delle professioni infermieristiche e mediche di associare alla mera segnalazione, due interventi di miglioramento in settori di grande impatto assistenziale e prognostico: la prevenzione delle cadute e la riduzione delle sequele e delle complicanze delle fratture di
femore. Al di là dei risultati incoraggianti ma non ancora ottimali raggiunti, il monitoraggio costante degli indicatori di performance clinica (degenza preoperatoria e rischio di cadute) rappresenta un ulteriore tassello di un percorso
di applicazione degli strumenti e della filosofia del Governo Clinico, che l’ASL di Biella ha avviato e intende ulteriormente promuovere nei prossimi anni
(Segue sul sito www.amndo.org)
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INCIDENZA DELLE INFEZIONI ENDOGENE SECONDARIE
NELL’UNITÀ DI CURA INTENSIVA
Poli°, I. Ruffino**, D. Guarducci °°, A. Cappuccini**, F. Mandò***.
° Responsabile Coordinamento Aziendale Infezioni Ospedaliere - ASL 10 FIRENZE
** Farmacista Dirigente I° Livello – Ospedale Santa Maria Nuova ASL 10 FIRENZE
°° Rianimazione Terapia Intensiva – Ospedale Santissima Maria Annunziata ASL 10 FIRENZE
*** Farmacista - Ospedale Santa Maria Nuova ASL 10 FIRENZE
INTRODUZIONE
La decontaminazione selettiva del tratto digestivo (SDD) è una strategia profilattica che ha lo scopo di prevenire
sia le infezioni endogene che esogene nei pazienti ammessi nelle unità di cura intensive (ICU). Il concetto di SDD
aveva ed ha, ancora oggi, la finalità di controllare tre tipi di infezioni (infezioni primarie endogene, secondarie endogene, e esogene) causate da entrambi i potenziali microrganismi patogeni (PPMs) comunitari e ospedalieri, per
mezzo di antibiotici parenterali, mescolanze di antimicrobici topici non assorbibili, alti livelli di igiene e culture di
controllo. A causa della mancanza di formulazioni topiche disponibili commercialmente, l’applicazione di SDD alla
pratica ospedaliera ha richiesto un sostanziale input da parte dei farmacisti sia nello sviluppo che nelle preparazioni estemporanee di formulazioni di SDD.
CONTENUTI
Il monitoraggio delle Infezioni nell’ ICU è iniziato nel 2000. Inizialmente, tutti i pazienti intubati per almeno 72 ore,
venivano trattati con clorexidina e nistidina tre volte al giorno, senza l’ausilio della SDD.
A partire dal 2001 i pazienti venivano trattati sia con il Gel che con la Sospenzione per la decontaminazione gastrica. L’ SDD utilizzata, discosta da quella riportata in letteratura per i costituenti della formulazione: Colistina, Tobramicina, Amfotericina B, Idrossietilcellulosa, Acqua preservata. L’allestimento della formulazione è a freddo, confezionata in siringhe sigillate da conservare in frigo per una validità massima di trenta giorni.
Dal 2000 al 2006 è stata monitorizzata l’incidenza dei batteri Gram negativi, responsabili delle infezioni endogene
secondarie, la quale è passata dal 65% del 2000 al 30% del 2006; abbiamo isolato l’incidenza di alcuni tipi di microrganismi: Pseudomonas Aeruginosa dal 59% al 23%, Klebsielle dal 2% allo 0%, Escherichia coli dal 2% al 3%,
Proteus sp dal 2% allo 0%, Acinetobacter sp dal 4% (2003) al 0% (2006), Stenotrophomonas maltophiladallo 0%
al 3%.
CONCLUSIONI
La più rigorosa meta analisi di due prove riconsidera 36 randomizzati SDD e conclude che l’utilizzo di SDD ha condotto a una riduzione delle infezioni delle basse vie respiratorie e ad una mortalità che va dal 655 al 22%. La seconda meta analisi condotta su pazienti chirurgici mostra che l’uso di SDD porta ad una riduzione delle infezioni
delle basse vie respiratorie, setticemia, e mortalità che va dall’80%, 50%, e 30% rispettivamente.
In linea con gli studi, anche nel reparto di riferimento, si rileva che l’incidenza delle infezioni endogene secondarie
ha avuto una riduzione del 16% dal 2000 al 2006.
BIBLIOGRAFIA
Van Saene HKF, Damjanovic V, Murray AE. How to classify infections in intensive care units – the carrier state, a
criterion whose time has come? J Hosp Infect 1996; 33:1-12; Silvestri L, Monti B, Ragadin C, Milanese M, Gullo
A, Van Saene HKF. A prospective odservational cohor study in mechanically ventilated patients. J Hosp Infect 1999;
42: 125-13; Silvestri L, Mannucci F, Van Saene HKF. Selective decontamination of the digestive tract: a life saver.
J Hosp Infect 2000; 45: 185-90; Silvestri L, Van Saene HKF,Milanese M, Gregari D. Impact of selective decontamination of the digestive tracton fungal carriage and infection: systematic review of randomized controlled trials.
Int Care Med 2005; 31: 898-910; Kolak J, Van Saene HKF, Silvestri L, Peric M. Control of bacterial pneumoniae during mechanical ventilation. Roat Med J 2005; 46 (1): 183-196; Silvestri L, Van Saene HKF.
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PROCEDURA DA ATTUARE IN DEA PER LA LOTTA CONTRO LA SCABBIA
Poli°, E. Di Fonzo°°, I. Ruffino*, M. Gabellieri , F. Mandò***
° Responsabile Coordinamento Aziendale Infezioni Ospedaliere - ASL 10 FIRENZE
Farmacista Dirigente I° Livello – Ospedale Santa Maria Nuova ASL 10 FIRENZE
°° Professore Associato – Dipartimento di scienze Dermatologiche - ASL 10 FIRENZE
*** Farmacista - Ospedale Santa Maria Nuova ASL 10 FIRENZE
Coordinatore Infermieristico DEA - Ospedale Santa Maria Nuova ASL 10 FIRENZE
INTRODUZIONE
Vista l’alta contagiosità della scabbia e dell’ affluenza in netta ripresa di pazienti affetti da tale patologia afferenti
al Dea, è stata creata, da un equipe multidisciplinare, una procedura allo scopo di definire le modalità operative
da attuare in ambiente sanitario in presenza di sospetta malattia infettiva trasmissibile per contatto al fine di prevenire la diffusione di nuovi casi mediante la corretta individuazione, isolamento e trattamento dei soggetti colpiti.
CONTENUTI
La procedura si compone di varie sezioni: Definizione, Epidemiologia e modalità di trasmissione, Clinica, trattamento
della persona che si basa principalmente sull’uso di benzoato di benzile e permetrina al 5% in crema base. Misure complementari indispensabili per evitare la reinfezione del paziente. Misure complementari indispensabili per la
non trasmissione della scabbia nell’ambiente familiare. Misure complementari indispensabili per la prevenzione della trasmissione della scabbia nell’ambiente ospedaliero. Presa in carico in area di triage. Gestione del paziente infetto in DEA. L’obiettivo è di agevolare precocemente una consulenza medica, evitando situazioni che potrebbero creare eventi critici in area di attesa. Nel caso in cui venisse conclamata la diagnosi di scabbia, saranno predisposte le misure di isolamento da contatto in stanza dedicata e sarà attivata la consulenza dermatologica. Durante
la visita dovranno essere adottati tutti gli accorgimenti necessari alla prevenzione della trasmissione della malattia. Quando si evidenzia la necessità di ricovero, dopo il primo trattamento, il paziente verrà trasferito nelle sedi più
opportune, dove verrà proseguito il percorso diagnostico terapeutico. Monitoraggio clinico, il paziente verrà inviato
all’ambulatorio dermatologico, dove verrà monitorato l’andamento della parassitosi e l’efficacia del trattamento fino
alla guarigione. Notifica di malattia infettiva da fare in caso di scabbia sospetta o accertata e da inviare in Direzione Sanitaria entro 24 ore. Prevenzione della scabbia negli operatori sanitari e gestione dell’infezione del personale sanitario.
CONCLUSIONI
Considerando i dati di notifica alle UU.FF. Igiene e sanità pubblica dell’Azienda Sanitaria di Firenze (dai 25 casi nell’anno 99 ai 26 casi nel primo quadrimestre del 2008), e l’implementazione di tale procedura ci aspettiamo un corretto approccio al paziente con scabbia, e con l’ottica di evitare epidemie ospedaliere. L’applicazione di tutte quelle misure preventive, indicate nella procedura, dovrebbe garantire tale risultato.
BIBLIOGRAFIA
Guideline for Isolation Precautions CDC 1996, Guideline for Isolation Precautions CDC 2007, AS/PR 036 procedura Az. di gestione del Paziente con patologia infettiva, AS/PR 019 procedura Az. Pulizia e sanificazione ambienti.
AS/PR 036 procedura Az. di gestione del Paziente con patologia infettiva.
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IL MONITORAGGIO DEL CONSUMO DI FARMACI IN OSPEDALE PER IL
MIGLIORAMENTO DELLA APPROPRIATEZZA PRESCRITTIVA.
L’ESPERIENZA DELL’AZIENDA OSPEDALIERA DI PERUGIA
W. Orlandi *, E. Duca **, G. Bucaneve ***, M. Pioppo****
* Direttore Generale Azienda Ospedaliera di Perugia
** Direttore Sanitario Azienda Ospedaliera di Perugia
***Centro Regionale Interaziendale per l’Appropriatezza Prescrittiva Azienda Ospedaliera di Perugia
****Responsabile Staff Controllo di Gestione e Sistema Informativo Azienda Ospedaliera di Perugia
INTRODUZIONE.
La conoscenza del consumo dei farmaci ha due risvolti per il servizio sanitario regionale: quello economico collegato al controllo della spesa e quello più strettamente legato alla appropriatezza prescrittiva. Quest’ultimo persegue primariamente l’obiettivo del miglioramento della prescrizione dei farmaci in funzione dell’ottimizzazione dei
livelli assistenziali.
Allo scopo di migliorare la conoscenza dell’uso dei farmaci in ospedale, nell’ottica di un corretto utilizzo delle risorse, nel biennio 2007-2008, la Direzione dell’Azienda Ospedaliera di Perugia, ha implementato, in collaborazione con il Centro Regionale Interaziendale per l’Appropriatezza Prescrittiva, un’ attività di monitoraggio dei consumi farmaceutici tesa alla individuazione di possibili aree di inappropriatezza e alla formulazione di proposte correttive. Per coinvolgere direttamente gli operatori sanitari è stata scelta la metodologia dell’”audit”. L’attività si è
svolta in 4 fasi: 1) il monitoraggio sistematico quantitativo della spesa (anno 2007); 2) la valutazione critica dei consumi e la individuazione, per le diverse Unità di Degenza, di possibili aree di inappropriatezza prescrittiva; 3) la presentazione dell’analisi dei risultati agli operatori allo scopo di definire proposte operative d’intervento condivise ;
4) l’ applicazione delle proposte operative concordate attraverso la definizione di precisi obiettivi di “budget” per
ogni singola struttura complessa e la successiva verifica degli esiti (anni 2007-2008).
CONTENUTI.
Il totale dei consumi farmaceutici interni per l’anno 2007 dell’Azienda Ospedaliera di Perugia è risultato essere superiore a 20 milioni di Euro per un numero di ricoveri ordinari di circa 34.000. Della cifra totale, oltre il 60% risultava essere prescritto in solo 3 Strutture Complesse (SS.CC.), tutte di pertinenza Oncologica, mentre la restante quota veniva ripartita tra le 19 SS.CC. di area medica (21%)e le 18 SS.CC. di area chirurgica (16%). Dall’ analisi della
spesa per classi terapeutiche, gli antiblastici sono risultati di gran lunga responsabili della maggiore quota di spesa, seguiti dagli antimicrobici, dagli immunostimolanti ed immunosoppressori, sieri immuni ed immunoglobuline,
succedanei del sangue ed agenti antitrombotici. Dall’ analisi dei consumi per Struttura Complessa venivano individuati d’intesa con gli operatori i seguenti campi di intervento: antiblastici nelle indicazioni “off-label”, antibiotici
nella profilassi in chirurgia e negli schemi di terapia empirica, criteri di uso della albumina umana, dei fattori della
coagulazione e delle eparine, utilizzazione degli interferoni. Per ciascuno di questi campi veniva definito un Gruppo di Lavoro con l’obiettivo formale di individuare linee di comportamento a valenza Aziendale e venivano individuati per ciascuna Struttura Complessa specifici obiettivi di “budget” con indicatori sia qualitativi come la stesura di protocollo d’uso condivisi sia quantitativi con percentuale di miglioramento dell’appropriatezza prescrittiva.
CONCLUSIONE.
L’esperienza dell’Azienda Ospedaliera di Perugia evidenzia come la conoscenza sistematica dei dati quantitativi
di consumo, se affiancata a valutazioni critiche di merito condivise con gli operatori, può essere parte fondamentale del controllo e del miglioramento della qualità prescrittiva dei farmaci all’interno della realtà ospedaliera in funzione di un corretto utilizzo delle risorse.
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IL S. MARIA DELLA MISERICORDIA DI PERUGIA:
L’OSPEDALE CHE ACCOGLIE
M. Pioppo*, W. Orlandi **, E. Duca ***
* Responsabile Staff Controllo di Gestione e Sistema Informativo Azienda Ospedaliera di Perugia
* Direttore Generale Azienda Ospedaliera di Perugia
** Direttore Sanitario Azienda Ospedaliera di Perugia
INTRODUZIONE
La struttura dell’Ospedale S. Maria della Misericordia nuovo Polo Ospedaliero di Perugia, si estende su una superficie di ben 120 mila metri quadrati e rappresenta un complesso articolato e dinamico di attività sanitarie con
823 posti letto e 55 strutture complesse. Non è certo semplice districarsi, nemmeno per gli addetti ai lavori, tanto più per gli assistiti molto spesso anziani, in questa molteplicità di flussi e percorsi, ambulatori e multi professionalità.
La riorganizzazione del servizio accoglienza/informazione ha costituito un obiettivo prioritario per la nuova direzione
aziendale perché costituiva una forte criticità, il fatto che molti cittadini, muovendosi all’interno della struttura, dimostravano un alto livello di disorientamento per raggiungere i vari servizi assistenziali.
CONTENUTI
Il Progetto Accoglienza punta proprio sugli aspetti relazionali di comunicazione e informazione del front office come
punto cruciale di incontro tra il cittadino e l’ospedale. Il progetto è stato articolato in tre fasi: 1)Fase organizzativa:
l’intera struttura ospedaliera è stata suddivisa in blocchi e percorsi di accesso individuati con lettere e codici colore. 2)Fase formativa: per il progetto accoglienza l’azienda si è avvalsa della preziosa collaborazione delle Associazioni di Volontariato che hanno individuato il personale, preventivamente selezionato con colloquio di orientamento per valutare le capacità attitudinali al dialogo e alla cortesia ; è stato offerto loro un percorso formativo aziendale insieme agli operatori del servizio portineria con visite guidate. 3)Fase attuativa: per il nuovo Servizio Accoglienza sono stati allestiti 5 Punti Informativi negli ingressi e principali snodi di maggior flusso di utenti e una “zona
cortesia” al piano terra con postazione di circa 20 carrozzine da adibire al trasporto di persone non deambulanti.
Ogni punto è presidiato da personale appartenente a quattro Associazioni di Volontariato che rispondono a tutte
le richieste dei cittadini tutti i giorni feriali dalle 7.30 alle 13.30 e dalle 15.00 alle 18.00 garantendo l’accoglienza,
l’informazione e l’orientamento che sono affiancati dal servizio portineria aziendale e supportati anche on line dall’
Ufficio Relazioni con il Pubblico che aggiorna in tempo reale i contenuti informativi generali, sul funzionamento dei
servizi sanitari.
CONCLUSIONE
Con la realizzazione di questo progetto la struttura ospedaliera, che viene visitata ogni giorno da oltre 10000 persone, è stata ripensata come una piccola Città: così l’ingresso principale è diventato piazza Raffaello Silvestrini, il
vecchio nome dell’ospedale ancora molto usato dai cittadini; i corridoi di collegamento dei vari blocchi sono la via
Braccio Fortebraccio, via del Grifo, via del Leone, via della Pace, via Augusta (Perusia), con richiami ai luoghi urbani cari e riconoscibili e alla storia lontana e recente della città di Perugia al fine di rendere gli spazi ospedalieri
meno ostili e in grado di riprodurre luoghi e percezioni familiari. Il progetto accoglienza è un primo passo di quel
complesso processo che dovrà portare l’Ospedale Santa Maria della Misericordia, una volta ultimato, ad avere sempre di più una valenza positiva per la città ed essere vissuto come una struttura aperta al territorio, recuperando
quel senso di appartenenza alla comunità sociale che è stato molto forte nel passato per il Policlinico di Monteluce.
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INTEGRAZIONE RETI GEOGRAFICHE TELEFONICHE ED AGGIORNAMENTO
IN TECNOLOGIA VOIP
D. Prete
Dirigente Ingegnere Informatico – Area Gestione Tecnica - U.O. Ingegneria Informatica, Reti telematiche - ASL LECCE
INTRODUZIONE
L’ASL di Lecce, nata dalla fusione delle due preesistenti AUSL LE/1 e LE/2, copre tutto il territorio provinciale costituito da ben 97 comuni, ed ha una vasta e complessa articolazione: 12 ospedali di cui uno, già definito di eccellenza, 10 distretti e diverse decine di strutture territoriali. Nell’ambito del percorso di unificazione è stato sviluppato
il progetto di integrazione delle infrastrutture di reti geografiche di telefonia fissa fra Area Nord (ex-AUSL LE/1) ed
Area Sud (ex-AUSL LE/2) con il contestuale aggiornamento in tecnologia VoIP. Il progetto ha perseguito l’obiettivo di realizzare processi di innovazione tecnologica orientati ad una positiva ricaduta in termini di funzionalità, operatività e riduzione dei costi di gestione mediante la realizzazione di un’unica rete aziendale telefonica, la salvaguardia
degli investimenti già effettuati, l’introduzione di innovativi software di comunicazione aziendale e la convergenza
multicanale.
CONTENUTI
Si è provveduto preliminarmente allo studio delle due reti telefoniche separate presenti presso le due ex-AUSL. Dopo
l’analisi di fattibilità, le valutazioni strategiche in relazione anche alla contestuale integrazione delle reti dati, gestite da fornitori diversi, mediante opportuna interconnessione tecnologica e il documento preliminare all’avvio della progettazione è stata realizzata la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva che ha previsto:
lavori di interconnessione delle reti telefoniche presso tutte le strutture aziendali ove sono presenti centrali telefoniche;
lavori di aggiornamento tecnologico delle centrali dell’Area Nord mediante:
installazione degli aggiornamenti hardware e software sul sistema telefonico unico per la migrazione verso la nuova tecnologia;
installazione degli aggiornamenti hardware e software sui sistemi telefonici stand alone per la migrazione verso la
nuova tecnologia;
aggiornamento dell’infrastruttura di fonia dell’Area Sud mediante la realizzazione di sistemi telefonici con caratteristiche adeguate alla tipologia, funzionalità ed operatività delle strutture;
realizzazione di una rete di fonia dati completamente magliata fra tutti i sistemi realizzati e/o aggiornati;
implementazione di servizi evoluti su rete convergente multiservizio.
realizzazione della rete MPLS SPC CNIPA.
I lavori, eseguiti con formula chiavi in mano, comprendono fra l’altro: dismissione dell’esistente, collaudo funzionale, consegna dei manuali utente e di sistema e corsi di formazione.
CONCLUSIONI
Il progetto ha prodotto l’aggiornamento e/o sostituzione delle apparecchiature esistenti, la realizzazione di un’unica rete aziendale telefonica con tecnologia VoIP, l’aumento della sicurezza in termini di continuità operativa, l’introduzione del Sistema Pubblico di Connettività (SPC-CNIPA). L’investimento in nuove tecnologie non ha comportato
costi per l’ASL anzi ha ottenuto un risparmio economico rispetto ai costi di gestione precedenti. La realizzazione
del progetto consentirà anche l’adozione di nuove strategie di comunicazione intra ed extra aziendali con economie di scala, convergenza delle tecnologie ed integrazione fra le strutture pubbliche.
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OSSERVATORIO SUL RISK MANAGEMENT IN SANITÀ
PIATTAFORMA TECNOLOGICA PER LA GESTIONE
DEL RISCHIO IN SANITÀ
L. Lupo, R. Ragusa, P. Adorno, V. Virgilio
Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico “Gaspare Rodolico” Catania
INTRODUZIONE
I modelli di controllo del rischio clinico devono essere progettati con l’obiettivo di prevenire il verificarsi di un errore e, qualora questo accada, contenerne le conseguenze. Spesso la possibilità che si verifichi un evento avverso dipende dalla presenza nel sistema di insufficienze latenti cioè insufficienze od errori di programmazione, organizzazione e controllo che restano silenti finchè un fattore scatenante non li rende manifesti, causando danni più
o meno gravi.
L’individuazione dell’errore attivo deve accompagnarsi quindi alla ricerca degli errori latenti perché devono essere rimosse le insufficienze del sistema per raggiungere un efficace controllo del rischio e ridurre la probabilità che
si verifichi un errore con potenziali conseguenze negative sull’esito del processo di cura.
CONTENUTI
L’Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico di Catania in collaborazione con Argo Software srl, Argo Enti srl, Ingegneria del Rischio srl, Innovazione e Sviluppo srl, Logos Società Cooperativa hanno elaborato un progetto il cui
acronimo è O.R.M.S.(Organizzazione Risk Management in Sanità) per la realizzazione del prototipo di un software per la gestione del rischio clinico. Questo, attraverso la mappatura dei processi (clinici e di supporto) consentirà di individuare i rischi connessi alle singole fasi che costituiscono i processi stessi.
l software fa parte di un Progamma di ricerca per lo Sviluppo di una piattaforma tecnologica per l’osservatorio sul
Risk Management avente per obiettivo la definizione di uno standard che definisca i criteri semplici ma adeguati
ad una corretta gestione proattiva del rischio.
I processi sui quali è stata condotta l’analisi ai fini della loro mappatura sono stati selezionati tra quelli descritti come
prioritari dalla indagine preliminare della CCR-JCO (Decreto 22 Febbraio 2006 Assessorato della Sanità Regione
Sicilia): processo Chirurgico, processo Anestesiologico, processo Diagnostico – diagnostica per immagini. Sono
state sviluppate 3 griglie di valutazione riguardanti i 3 processi analizzati nelle loro differenti fasi e per ogni processo
sono state stilate 3 checklist (una per il Risk Manager, una per l’operatore dedicato a quel processo e una terza
per un audit).
Si è focalizzata l’attenzione sull’errore sistemico, ossia su quella tipologia di errori riconducibili alla progettazione
del sistema organizzativo e procedurale dei processi clinico-sanitari o alla loro pianificazione, e sono stati individuati i possibili rischi dovuti all’errore umano – generato dai diversi livelli di abilità e\o competenza dell’operatore
o da sue caratteristiche intrinseche ed i rischi attribuibili ad errori di sistema.
CONCLUSIONI
Il programma prevede una prima fase indicata come Gestione Valutazione in cui viene presentata una mappatura
dei processi con l’individuazione dei possibili rischi legati al processo (indicazione di rischio visualizzata anche tramite un grafico).
Dalla compilazione delle checklist deriva un rating del rischio clinico (cosiddetto Indice ORMS) calcolato tenendo
conto del peso che in ogni fase riveste la stima della probabilità di accadimento, la stima della severità del danno
e le risultanze epidemiologiche.
Il programma prevede quindi una valutazione dell’Output con la proposta di un piano di miglioramento indicando per le singole fasi del processo i possibili interventi da eseguire.
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OSPEDALE PEDIATRICO BAMBINO GESÙ: PROGRAMMA AZIENDALE PER
IL MIGLIORAMENTO CONTINUO DELLA QUALITÀ DELL’ASSISTENZA
M. Raponi, C. Brusco, L. Celesti, Ciofi degli Atti ML, G. Di Pinto,S. Guolo, C. Offidani, M. Osti, N. Russo, L.
Sirianni, T. Langiano
PREMESSA
Una delle priorità strategiche che si è posto l’IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù è quella di “garantire” l’eccellenza delle prestazioni assistenziali. L’erogazione di prestazioni sanitarie eccellenti richiede un orientamento continuo e costante alla qualità.
L’Ospedale identifica gli obiettivi, le priorità e le principali iniziative per il miglioramento continuo della qualità dell’assistenza nel Programma aziendale per il miglioramento continuo della qualità dell’assistenza, che è predisposto dalla Direzione sanitaria ed approvato dal Presidente, previo parere formalmente espresso dal Comitato a sei,
sentiti i Coordinatori di dipartimento.
OBIETTIVI
Il Programma per il Miglioramento Continuo della Qualità dell’Assistenza intende promuovere la creazione e la diffusione di una cultura della qualità fra tutti gli operatori impegnati nell’assistenza ai pazienti dell’Ospedale. Nello
specifico, gli obiettivi indicati del Programma sono monitorati nel tempo attraverso l’individuazione di specifici indicatori.
METODO
Con la prima formulazione del Programma aziendale per il miglioramento continuo della qualità dell’assistenza, predisposta nel 2006, l’Ospedale Bambino Gesù ha adottato come linea di riferimento la definizione multidimensionale della qualità dell’assistenza dell’ Institute of Medicine (IOM).
L’IOM individua sei dimensioni costitutive della qualità delle cure: sicurezza, efficacia, efficienza, centralità del paziente, tempestività ed equità. Per ciascuna di queste dimensioni, il Programma 2006-2007 ha individuato alcune
linee coordinate di attività, volte a concretizzare, in termini operativi, una cultura positiva della qualità dell’assistenza.
A partire dall’anno 2006, con periodicità trimestrale, è stato portato all’attenzione del Presidente, del Comitato a
sei, dei Coordinatori di Dipartimento e, quindi, pubblicato sulla rete intranet aziendale, un report che quantifica il
grado di raggiungimento degli obiettivi definiti dal Programma aziendale.
Le attività specifiche individuate nei primi due anni di implementazione del programma, per ciascuna dimensione
costitutiva della qualità, sono state le seguenti:
Sicurezza
Conferenze mensili per l’analisi condivisa della morbilità e della mortalità
Conservazione dei farmaci
“The 5 Million Campaign”
Monitoraggio degli eventi avversi
Infezioni ospedaliere
Efficacia
Valutazione del paziente
Programma “Linee guida cliniche”
Indicatori di esito
Centralità del paziente
Uso dell’anestesia
Progetto “assistenza domiciliare”
Reclami e soddisfazione degli utenti
Tempestività ed equità
Gestione delle liste di attesa
Competenze e formazione del personale
Formazione del personale
(Segue sul sito www.amndo.org)
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LA GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO NELL’AZIENDA OSPEDALIERA
DI DESENZANO DEL GARDA: CERTIFICAZIONE DEL SISTEMA
DI GESTIONE DEL RISCHIO IN AMBITO SANITARIO
G. Barbaglio (1), A. Rovere A. ( 2), L. Lorini L. (3), S. Romano (4)
Direttore Sanitario Aziendale - Azienda Ospedaliera di Desenzano del Garda
Responsabile Unità di Gestione della Qualità e del Rischio - Azienda Ospedaliera di. Desenzano Del Garda
(3) Direzione Sanitaria Presidio Manerbio - Azienda Ospedaliera di Desenzano del Garda
(4) Ufficio Affari Legali e del Contenzioso - Azienda Ospedaliera di Desenzano del Garda
INTRODUZIONE
La gestione del rischio clinico è un processo sistematico di identificazione, valutazione e trattamento dei rischi attuali e potenziali. Ha l’obiettivo di aumentare la sicurezza dei pazienti, migliorare gli outcome ed indirettamente ridurre i costi, riducendo gli eventi avversi prevedibili. Ha quindi a che fare con la legalità e l’accettabilità tecnica dei
trattamenti sanitari. La funzione di gestione del rischio fornisce all’organizzazione le informazioni necessarie ad “imparare dagli errori”. La sfida per le strutture sanitarie è quella di adattare questi strumenti alla propria realtà.
L’analisi degli incidenti e la valutazione dei rischi consente di mantenere un elevato livello di allerta sul sistema e
di organizzare i servizi in modo da tutelare il paziente lungo tutte le fasi dei percorsi nelle strutture sanitarie.
L’Azienda Ospedaliera di Desenzano del Garda, in linea con quanto emanato dalla Regione Lombardia, ha attivato la funzione di Risk Management ed ha scelto un percorso di gestione del Rischio Clinico anche attraverso la certificazione del rischio in ambito sanitario, secondo il modello Federsanità- Anci che prevede 4 classi di riferimento, e che l’Azienda Ospedaliera di Desenzano del Garda ha ottenuto, per il momento, la certificazione di classe uno;
certificazione rilasciata dall’Ente Certificatore RINA.
METODI
La certificazione del Sistema di Gestione del Rischio in ambito sanitario nell’Azienda Ospedaliera di Desenzano
del Garda si è effettuato conformemente al documento tecnico di riferimento Federsanità- Anci della classe uno
che comprendeva le seguenti specifiche tecniche:
• Consenso informato
• Preparazione del paziente all’atto medico
• Cartella clinica
• Cartella infermieristica
• Gestione accessi ai locali
• Manutenzione attrezzature/apparecchiature
• Attività a rischio per gli operatori sanitari
• Presa in carico del paziente in anestesiologia e controllo disponibilità attrezzature/apparecchiature anestesiologiche e farmaci specifici
• Controllo e recupero del materiale utilizzato all’interno del paziente
• Gestione delle attività del punto nascita
• Gestione delle attività del Pronto soccorso
• Gestione delle attività della Rianimazione
Le specifiche tecniche o requisiti, sono a loro volta distinti in requisiti trasversali, requisiti verticali e requisiti generali che devono essere implementati in tutte le Unità Operative.
Ciascun requisito prevede, poi, un campo di applicazione ed un metodo di verifica dell’accettabilità del requisito
stesso. Per arrivare all’ottenimento della certificazione l’azienda ha messo in atto una serie di iniziative sviluppatesi nelle seguenti tappe:
• fotografia del rischio clinico
• allestimento e revisione delle procedure e protocolli conformemente a quanto richiesto dalle specifiche tecniche
di Federsanità-Anci
• formazione sistematica in tutte le U.O./Servizi
• verifiche sistematiche sulle cartelle cliniche e sul consenso informato
• implementazione di verifiche ispettive interne in tutte le U.O./Servizi dell’Azienda Ospedaliera
• introduzione della scheda di incident reporting
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IL CONTROLLO DELLA LEGIONELLOSI IN OSPEDALE
R. Moscatelli 1, V. Paolini 2, M. Trapani 3, E. Scalise, R. Gallo Curcio 5,
C. De Salazar 6, S. Sodo S 7, M. Dal Maso 8
1 Presidente unità gestione del rischio clinico - Azienda Policlinico Umberto I
2 3 Specializzandi in Igiene e medicina preventiva - Dipartimento
di Scienze di Sanità Pubblica “G. Sanarelli” Sapienza Università di Roma
4 5 6 Dirigenti medici di direzione sanitaria - Azienda Policlinico Umberto I
7 Responsabile ufficio qualità - Azienda Policlinico Umberto I
8 Direttore Sanitario Aziendale - Azienda Policlinico Umberto I
Motivazione: Due episodi di polmonite nosocomiale da Legionella Pneumophila si sono riscontrati alla fine 2007
e all’inizio del 2008 nel nostro Policlinico. La distanza di pochi mesi uno dall’altro, anche se in edifici diversi e in
dipartimenti diversi, ha generato nell’opinione pubblica il sospetto di una epidemia, con grave allarme sociale.
Problema: Le infezioni da Legionella sono un problema emergente in Sanità Pubblica, nel 2006 l’incidenza della
legionellosi in Italia è stata di circa 16 casi per milione di abitanti, di cui il 10% contratti in ospedale, con un aumento del 6% rispetto al 2005 (1);
Metodi: STRATEGIE DI PREVENZIONE ADOTTATE:
Interventi di decontaminazione dell’impianto idrico, campionamenti ambientali e misure di prevenzione:
• Bonifica iniziale con clorazione shock, seguita dall’attivazione di clorazione in continuo;
• Effettuazione di controlli microbiologici, chimici e chimico/fisici ambientali periodici per la valutazione della contaminazione dell’acqua da legionella e/o altri agenti microbiologici e per la valutazione del cloro residuo;
• Interventi di manutenzione (straordinaria e periodica) su impianto idrico da parte del Servizio Tecnico;
• Sostituzione rompigetto dei punti terminali;
• Trattamento mensile di decalcificazione e disinfezione sui punti terminali da parte del personale delle UU.OO. con
registrazione di intervento effettuato;
• Introduzione di presidi per O2 terapia (sistemi monopaziente preriempiti con acqua sterile);
Sorveglianza delle polmoniti nosocomiali con scheda di segnalazione del caso ed esecuzione Ag urinario su tutti
i casi:
• monitoraggio dell’evento “infezione ospedaliera”
• revisione delle procedure assistenziali a maggiore rischio di infezione
• formazione degli operatori sanitari
Revisione delle procedure assistenziali
Obiettivo:
• rivedere e omogeneizzare le procedure assistenziali a maggiore rischio di infezione ospedaliera, alla luce della
realtà epidemiologica locale e delle più accreditate raccomandazioni
Formazione degli operatori sanitari:
• confronto sulle evidenze in materia di infezioni ospedaliere e condivisione di nuove linee-guida, protocolli e procedure
Risultati: La conferma che i dati annuali, della nostra azienda ospedaliera, sulla incidenza di polmonite da Legionella, sono rimasti costanti e inferiori alla media nazionale degli ultimi anni ci consente di concludere che l’approccio
multidisciplinare contribuisce significativamente a minimizzare il rischio di infezione.
Conclusioni: Linee Guida condivise, prodotte per ridurre l’uso di interventi non necessari, inefficaci, inappropriati o dannosi e per facilitare il trattamento corretto dei pazienti rappresentano uno strumento per migliorare la qualità dell’assistenza attraverso una pratica clinica ispirata a comportamenti conformi alle migliori prove di efficacia
disponibili.
Riferimenti Bibliografici:
La Legionellosi in Italia nel 2006 vol. 21 n.1 Gennaio 2008. ISS Registro nazionale della Legionellosi.
Lin Yu, Stout JE, Yu VL. Disinfection of water distribution systems for Legionella. Semin Resp Infect, 1998;13:147159.
World Health Organization. Epidemiology, prevention and control of legionellosis: Memorandum from a WHO meeting. Bulletin of the World Health Organization, 1990, 58: 155-164.
Centers for Disease Control and Prevention. Guideline for Prevention of Nosocomial Pneumonia. MMWR
1997;46(RR-1):1-79.
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ANALISI SPERIMENTALE SULL’USO DI UN KIT PROCEDURALE PER LA
CATETERIZZAZIONE URINARIA
G.Salvatorelli1, A.Reggiani2, M.Ruggeri2, G.Finzi3, S. De Lorenzi1
1 Dipartimento di Biologia ed Evoluzione - Sezione Anatomia Comparata, Università di Ferrara
2 Reparto Urologia 2 Policlinico S. Orsola Malpighi, Bologna
3 Direzione Ospedaliera Policlinico S. Orsola Malpighi, Bologna
INTRODUZIONE
La maggior parte delle infezioni urinarie sono conseguenti a pratiche strumentali e, in particolar modo, alla cateterizzazione. Dato l’alto numero dei differenti materiali usati nei vari e successivi steps della cateterizzazione si può
presumere che un kit sterile che contenga tutti i materiali necessari disposti secondo la sequenza della procedura, può migliorare la procedura stessa permettendo una riduzione dei tempi e dei costi della cateterizzazione stessa.
CONTENUTI
Al fine di verificare questa ipotesi è stato testato un kit procedurale sterile finalizzato alla cateterizzazione fabbricato da Euroband (Pollak International LTD, Israel). L’efficacia del kit procedurale per la cateterizzazione è stato testato monitorando pazienti alla loro prima cateterizzazione o pazienti ai quali veniva periodicamente cambiato il
catetere presso l’Ambulatorio Urologico del Dipartimento di Urologia 1 del Policlinico Universitario S. Orsola Malpighi, Bologna-Italia. Essendo i componenti del kit disposti secondo la sequenza d’uso della procedura, l’operatore non spreca tempo e/o tocca senza necessità componenti del kit necessari per successivi stadi della procedura. In modo analogo, non dovendo cercare altrove i componenti, l’operatore previene la propria contaminazione, quella del paziente e, nel tempo stesso, evita di inquinare altre aree dell’ospedale. Il numero totale dei pazienti cateterizzati è stato di 52 di cui due donne. In assenza di antibiotico terapia solo il13,5% dei pazienti esaminati
aveva urinocultura positiva, rispetto al 66-86% delle infezioni del tratto urinario riscontrate in diverse ricerche presenti nelle letteratura sull’argomento. Il costo della cateterizzazione usando li kit per la procedura da noi sperimentato
è risultato di circa il 28% inferiore rispetto alle procedure convenzionali, anche non includendo il risparmio di antibiotici, che ovviamente avrebbe incrementato questo risparmio sui costi (Tab.1). Il tempo di cateterizzazione usando il kit procedurale è stato di circa 7-10 minuti mentre con le metodiche tradizionali è di 10-15 minuti. È inoltre
da notare che la procedura tradizionale di cateterizzazione richiede un assistente all’operatore, mentre con il kit
procedurale è necessario solo un’unità operative per cateterizzare il paziente, il che riduce ulteriormente il costo
della cateterizzazione stessa.
CONCLUSIONI
La nostra ricerca dimostra che il kit procedurale da noi testato risulta essere una valida alternativa alla procedura
tradizionale della cateterizzazione urinaria.
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INDIVIDUAZIONE E TRATTAMENTO DEI PORTATORI DI MRSA
IN AMBIENTE OSPEDALIERO: UNO STUDIO PILOTA
L. Tauro*., M.L Laterza *., M.S. Montanaro, M. Formoso, A. Sanguedolce, A. Nitti
Direzione Sanitaria Ospedale F.Miulli-Acquaviva delle Fonti
* U.O.C. Patologia Clinica, Microbiologia e Virologia Ospedale F. Miulli-Acquaviva delle Fonti
INTRODUZIONE
Lo Stafilococco aureo meticillino-resistente (MRSA) è un importante germe patogeno spesso responsabile di infezioni nosocomiali: la sua presenza in ambiente ospedaliero sembra in continuo aumento.
CONTENUTO
Abbiamo avviato nel nostro Ospedale uno studio pilota col fine di ricercare per un mese, dal 01.05.08 al 01.06.08,
in quattro reparti “a rischio” (Neonatologia, Emodialisi, Oncoematologia, Rianimazione) eventuali “portatori “ di MRSA:
a tal fine sono stati sottoposti al tampone nasale tanto i ricoverati quanto tutto il personale medico e paramedico
di ciascun reparto.
Subito dopo il prelievo ogni tampone è stato seminato su di un terreno cromogeno selettivo (MRSA–Select BioRad) in cui le colonie costituite da ceppi di MRSA appaiono di color rosa dopo 24 ore di incubazione in termostato a 37 C.
Dei 296 soggetti studiati solo 16 (5.4%) sono risultati essere portatori di MRSA: subito sottoposti a terapia locale
eradicante con mupirocina, sono poi risultati MRSA-negativi al successivo tampone nasale di controllo.
CONCLUSIONI
La semplicità organizzativa e diagnostica dello studio condotto e l’efficacia prospettica del tempestivo trattamento dei portatori, con conseguente riduzione dell’incidenza delle infezioni ospedaliere, ci indurrà a riproporlo presto
su gruppi più numerosi.
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GESTIONE DEL RISCHIO SPECIFICO IN SALA OPERATORIA:
IMPLEMENTAZIONE PROCEDURA CODIFICATA DAL MINISTERO DELLA
SALUTE PER PREVENIRE LA RITENZIONE DELLE GARZE, STRUMENTI O
ALTRO MATERIALE ALL’INTERNO DEL SITO CHIRURGICO
Martucci M, Polo A., Sanguedolce A., Nitti A.
Direzione Sanitaria - Ente Ecclesiastico “F. Miulli” Acquaviva delle Fonti
INTRODUZIONE
La ritenzione di garze, strumenti o altro materiale avviene raramente, rappresenta comunque un evento noto e riportato in letteratura. In una revisione si stima una prevalenza dell’evento di 1/5000 con una mortalità dell’11 – 35%.
La reale incidenza del fenomeno non è quindi conosciuta, ma si stima che negli Stati Uniti ogni anno si verificano
circa 1500 eventi di questo tipo.
Gli operatori sanitari operanti nelle sale operatorie dell’ospedale F. Miulli hanno sempre utilizzato una procedura
non codificata per il conteggio delle garze e degli strumenti, senza prevedere la registrazione del conteggio stesso, pertanto non documentabile l’azione di prevedibilità ed evitabilità dell’evento avverso.
Garantire la sicurezza dei pazienti vuol dire migliorare la qualità assistenziale, pertanto la Direzione Sanitaria si proponeva tra gli obiettivi quello di implementare la raccomandazione emanata dal Ministero della Salute in tema di
eventi sentinella.
MATERIALI E METODI
Ad Agosto 2007 è stato inviato un ordine di servizio a tutti gli operatori sanitari della Sala Operatoria con cui si disponeva di utilizzare come strumento di prevenzione per la ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico, la procedura per il conteggio schematizzata dal Ministero della Salute, predisponendo in
una seconda fase una procedura standardizzata nel sistema informatizzato già presente in sala Operatoria (Ormawin).
E’ stato inoltre previsto un periodo di addestramento per valutare la compliance degli operatori, ed un evento formativo in collaborazione con la ALLO MEDICA s.r.l. e l’AICO (Associazione Infermieri Camera Operatoria).
La procedura è stata leggermente modificata dagli operatori sanitari, validata dalla Direzione Sanitaria.
L’implementazione è stata monitorizzata attraverso l’analisi documentaria randomizzata.
RISULTATI
Nell’Ospedale F. Miulli è stata implementata la procedura codificata dal Ministero della salute per prevenire la ritenzione delle garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico.
Il miglioramento dell’adesione alla procedura ha dimostrato di garantire al paziente utente una maggiore sicurezza e pertanto un notevole miglioramento della qualità assistenziale.
CONSIDERAZIONI
La procedura di conteggio completa, offre reali garanzie di riduzione del rischio, la quale diviene parte integrante
della documentazione da includere nella cartella clinica al termine dell’intervento.
Si tratta,infatti, di incidenti prevedibili ed evitabili grazie a un conteggio accurato e alla documentazione di tale attività.
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GESTIONE DI UN CORSO DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE
ACCIDENTALE AL MYCOBACTERIUM TUBERCOLOSIS
NELL’OSPEDALE “MIULLI”
Montanaro S., Formoso M., Cortelletti M*., Di Napoli P°.,
Longobardo V^., Lotito G^^., Sanguedolce A., Nitti A
Direzione Sanitaria Ospedale F. Miulli Acquaviva delle Fonti
* U.O.C. di Farmacia Ospedale F. Miulli Acquaviva delle Fonti
° U.O.C. di Fisiopatologia Respiratoria Ospedale F. Miulli Acquaviva delle Fonti
^ U.O.C. di Medicina Ospedale F. Miulli Acquaviva delle Fonti
^^ U.O.C. di Geriatria Ospedale F. Miulli Acquaviva delle Fonti
INTRODUZIONE
La tubercolosi è una malattia epidemiologicamente importante che rappresenta un reale problema di Sanità Pubblica ed è oggi nel mondo una delle principali causa di morte da agente infettivo. In Italia il tasso di notifica pubblicato nel 2006 è stato 7,47 per 100.000 abitanti. Dall’analisi di suddetti dati si desume che la diagnosi e il trattamento precoce della malattia ed identificazione dei contatti con eventuale trattamento dell’infezione tubercolare
latente sono divenute assolute priorità al fine di evitare il contagio di altri pazienti e degli operatori sanitari.
OBIETTIVO
In questo lavoro viene descritto un caso di esposizione professionale accidentale al Mycobacterium tuberculosis
e la sorveglianza effettuata su tutti gli operatori sanitari coinvolti nel caso
Al fine di gestire in modo congruo altri casi è stata predisposta, dal Comitato Infezioni Ospedaliere, una procedura “Profilassi della tubercolosi nell’Ospedale Generale Miulli”, con la relativa modulistica.
MATERIALE E METODI:
Il 05 Marzo 2008 viene segnalato dalla U.O.C. di Pneumologia dell’Ospedale Miulli, al C.I.O., un caso di tubercolosi aperta di un paziente proveniente dalla Rianimazione dello stesso ente.
Pertanto, il gruppo si riunisce immediatamente per elaborare un protocollo operativo al fine di evitare il contagio
ad altri pazienti ed operatori sanitari.
Il protocollo operativo comprendeva:
• Idonea collocazione del paziente
• Norme per eventuale trasporto del paziente
• Educazione Sanitaria al paziente
• Protezione respiratoria per gli operatori sanitari
• Controllo operatori sanitari
Il protocollo interno per gli operatori esposti, condiviso con il medico competente e il pneumologo, stabiliva che
tutti gli operatori sanitari venuti a contatto con il degente sarebbero stati sottoposti a intradermoreazione secondo Mantoux 5 UI.
Gli operatori esposti per unità operativa e ruolo professionale sono stati i seguenti:
Rianimazione: Medici 10, Infermieri 24, Ausiliari 8, Fisioterapisti 8, Studenti Infermieri 2.
Pneumologia: Medici 6, Infermieri 20, Ausiliari 5, Studenti Infermieri 3
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IMPLEMENTAZIONE E PROGETTAZIONE DI UNO STRUMENTO DI
PREVENZIONE DEGLI ERRORI IN TERAPIA NELL’OSPEDALE F. MIULLI
DI ACQUAVIVA DELLE FONTI:”IL FOGLIO UNICO DI TERAPIA”
M. Martucci, M.S. Motanaro, R. Pietroforte., N. Maggi, A. Sanguedolce, A. Nitti
Direzione Sanitaria - Ente Ecclesiastico “F. Miulli” Acquaviva delle Fonti
INTRODUZIONE
Gli errori in terapia hanno una eccezionale rilevanza da un punto di vista clinico ed economico. Molta strada è stata fatta nella prevenzione soprattutto negli USA, ma molta strada rimane da fare in Italia. La sicurezza in sanità non
deve essere considerata e riferita al singolo operatore, poiché ogni individuo agisce al di là della sfera strettamente
professionale, secondo la propria realtà e le proprie motivazioni, ma è necessariamente la risultante di una collaborazione interdisciplinare, costante, tra le diverse risorse umane e le differenti competenze. Il miglioramento della sicurezza in sanità e la riduzione degli errori dipendono dalla progettazione e riprogettazione continua del nostro sistema di lavoro e nel reperimento delle risorse. Obiettivo quindi della Direzione Sanitaria dell’Ospedale F. Miulli, è stato quello di ridurre l’incidenza degli eventi avversi legati alla somministrazione dei farmaci attraverso l’utilizzo di misure preventive di controllo dell’errore predisponendo un Foglio Unico di Terapia (F.U.T.) come parte integrante della cartella clinica.
MATERIALI E METODI
Il progetto ha avuto inizio ad Agosto 2007 ed è terminato a Giugno 2008.
Si è creato un gruppo multidisciplinare composto dal Direttore Sanitario, Direttore Sanitario di Presidio, Ufficio Infermieristico ed uno studente del 3 anno del corso di laurea in Scienze Infermieristiche per definire i requisiti sull’efficacia e qualità del Foglio Unico di Terapia.
Dopo una revisione della letteratura si è scelto di utilizzare un F.U.T. simile a quello utilizzato dalla Gestione del Rischio Clinico della regione Toscana e dell’ospedale Niguarda di Milano.
Nella prima fase del progetto ad ogni Unità Operativa è stata consegnata una scheda di valutazione, da annotare le criticità ed i punti di forza in relazione all’uso del Foglio Unico di Terapia, solo il 30% delle U.O. ha evidenziato le criticità e i punti di forza.
Le criticità emerse dalla scheda di valutazione sono state per il 13% la verifica e l’aggiornamento della terapia, 7%
identificazione del paziente, 3% indicazione del farmaco, 17% programmazione della terapia, 20% collocazione
e conservazione del foglio unico terapia, 25% percezione dei ruoli in relazione al processo terapeutico, 15% impatto sulle abitudini consolidate di lavoro.
Nella seconda fase sono state apportate le modifiche, il 73% delle U.O. ha modificato il F.U.T. in base alle proprie
esigenze.
Nella terza fase le Unità Operative sono state monitorizzate sul corretto utilizzo del F.U.T.
RISULTATI
Il 93% delle U.O. utilizza in modo corretto il Foglio Unico di Terapia il restante 7% non utilizza il foglio Unico di Terapia.
Le criticità emerse hanno riguardato la percezione dei ruoli, le abitudini consolidate di lavoro, l’identificazione del
paziente, il collocamento e conservazione del F.U.T.
I punti di forza sono stati: chiara indicazione del farmaco, dosaggio e indicazione dell’avvenuta somministrazione;
impiego di simboli; completa rintracciabilità; maggiore attenzione alla prescrizione/sospensione e somministrazione.
COSIDERAZIONI
Nel complesso il F.U.T. è stato valutato positivamente dagli operatori ed ha comportato modifiche nelle modalità
di lavoro.
Il progetto si è concretizzato nella produzione di un modulo su supporto cartaceo, con relativa documentazione,
realizzato tenendo conto della sicurezza, della funzionalità e dell’utilizzabilità dello strumento.
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MODELLO DI RIFERIMENTO PER L’ANALISI DEI “NEAR MISSES”
A. Colombo, L. Lupo, R. Quattrocchi, V. Virgilio
INTRODUZIONE
L’A.O.U. Policlinico “G. Rodolico” di Catania è impegnata, come altre Aziende Siciliane, in un Progetto Operativo
con la Joint Commission International e la Regione Siciliana, che punta a sviluppare una strategia sistematica di
gestione del Rischio Clinico, finalizzata al rispetto degli standards internazionali riconosciuti, ed in grado di assicurare un miglioramento della qualità assistenziale e riduzione degli errori in medicina.
E’ stato implementato un modello operativo per lo sviluppo e la valutazione di un sistema volontario di reporting
degli eventi avversi mancati (identificati come utili indicatori di rischio che consentono di correggere prima che si
verifichino incidenti molto più gravi) con sperimentazione di una scheda di segnalazione standard, riveduta e appositamente modificata.
CONTENUTI
Tutti gli Operatori delle Unità Operative possono segnalare qualsiasi accadimento ritenuto significativo che aveva
la potenzialità di causare (o ha causato) un danno ad un paziente (o ad un operatore) tramite la compilazione della “Scheda di segnalazione volontaria, anonima dei Quasi Incidenti-Near Misses” (scaricabile dal sito www.policlinico.unict.it), trasmettendola in forma riservata all’indirizzo e-mail del Referente Rischio Clinico Aziendale.
La raccolta dei dati su database, si ribadisce in forma rigorosamente volontaria e anonima, consentirà di realizzare periodicamente dei rapporti per mappare la situazione aziendale e predisporre le relative azioni correttive, sia
che si tratti di “Errori di Sistema”, sia che si tratti di “Errori interni all’U.O.” attraverso percorsi idonei (FLOW CHART).
I° Fase Coinvolgimento dei Direttori e dei referenti delle UU.OO. coinvolte (nella fase sperimentale Medicina Generale e Chirurgia Vascolare/Trapianti) con trasmissione Nota e incontri informativi diretti al personale coinvolto nella sperimentazione.
2° Fase Segnalazione degli eventi avversi e registrazione informatizzata dei dati per messa a punto dello strumento
tecnico (SCHEDA). Durata: 2 mesi.
3° Fase Analisi dei dati Durata: 1 mese
4° Fase Report finale con presentazione dei risultati in seduta plenaria e messa a punto del sistema di rilevazione
con avvio a tutte le UU.OO. dell’Azienda. Durata: 3 mesi
CONCLUSIONE
Obiettivi del sistema di segnalazione dei Near Misses sono: ottenere dati di tipo qualitativo per l’individuazione delle aree di criticità, esplorare le cause dell’errore all’interno del sistema, accettare gli errori come indicatori per migliorare il sistema, attivare percorsi di miglioramento e di diffusione di una cultura della sicurezza, intenti che nella nostra realtà sono mediati, e coordinati dalle figure aziendali preposte: Referente Rischio Clinico e Comitato Rischio Clinico Aziendale (Decreto Assessoriale Regione Sicilia del 5/10/05), e orientati dalla Direzione Sanitaria.
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ORGANIZZAZIONE DEL QUARTIERE OPERATORIO DEL NUOVO
MONOBLOCCO DELL’ A.O. OSPEDALE DI CIRCOLO E FONDAZIONE
MACCHI DI VARESE
L.Manfredi, M.C Giombelli, A. Iadini,A. Li Bassi,A.Larghi
Direzione Medica - AO Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese
INTRODUZIONE
Il trasferimento dell’attività operatoria dalla sede del Padiglione Centrale dell’Ospedale di Circolo di Varese al Nuovo Monoblocco, costruito in adiacenza del vecchio complesso, con il passaggio da una situazione in cui ogni UO
di chirurgia aveva sale operatorie dedicate con proprio servizio di sterilizzazione a un contesto di condivisione di
strutture, tecnologie e personale, ha posto la necessità di ripensare nel complesso l’organizzazione del quartiere
operatorio.
OBIETTIVO GENERALE
Incrementare la qualità dell’assistenza sanitaria ottimizzando le risorse a disposizione
OBIETTIVI SPECIFICI
migliorare la capacità di programmare gli interventi chirurgici
ottimizzare l’utilizzo delle sale operatorie assegnate alle varie Unità Operative
migliorare l’impiego degli spazi, delle tecnologie e delle risorse umane disponibili
METODO
Il Blocco Operatorio del Nuovo Monoblocco, posizionato al piano -1, è costituito da 20 sale operatorie suddivise
in 4 Blocchi da 5 sale operatorie ciascuno. L’assegnazione delle sedute operatorie alle UUOO chirurgiche, su un
tempo di medio raggio(tre mesi), avviene sulla base delle risorse presenti e valutando il tasso di utilizzo delle sale
medesime. La governance del blocco operatorio sarà a breve resa più efficace dall’introduzione di una nuova procedura per la gestione informatizzata delle sedute operatorie quale supporto per l’organizzazione e la programmazione delle sale operatorie, dalla gestione della lista d’attesa alla preparazione della lista operatoria, alla puntuale registrazione dell’intervento chirurgico sia dal punto di vista clinico che amministrativo (sistema GSED).
Allo stato attuale l’attività chirurgica si articola in due sessioni giornaliere per sala operatoria con la seguente estensione oraria: 8.00-14.00 e 14.00-18.30. Complessivamente nel Quartiere Operatorio sono assegnate alle varie UU.OO.
94 sessioni operatorie di cui 29 nel Blocco n° 1 (Neurochirurgia, Otorinolaringoiatria, Chirurgia Spinale e Audiovestibologia), 30 nel Blocco n° 2 (Urologia, Chirurgia Generale 1°, Chirurgia Generale 2°, Chirurgia Toracica, Chirurgia Vascolare, Chirurgia Plastica), 30 nel Blocco n° 3 (Cardiochirurgia, Ortopedia e Traumatologia), 5 nel Blocco n°
4 (Ortopedia) dove sono dislocate anche le sale dedicate agli interventi d’urgenza e ai trapianti.
Assume particolare rilevanza la presenza di una sala destinata al risveglio e alla stabilizzazione dei pazienti e alla
gestione di eventuali criticità post- intervento, la Recovery Room. Quest’ultima, dotata di 10 posti letto, rimane aperta dalle ore 9.00 alle ore 19.30 e registra la presenza fissa di un anestesista e di un infermiere di anestesia (nurse).
Il modello organizzativo attualmente in vigore è un misto tra i modelli classicamente descritti: caposala centrico;
Direzione Medica dipendente; governo ad opera del Responsabile dell’UO di Anestesia. Nei fatti la caposala del
quartiere operatorio riferisce sia alla Direzione Medica sia al Responsabile dell’UO di Anestesia gestendo con la
prima la programmazione a lungo e media scadenza, con il secondo l’attività quotidiana.
La sterilizzazione dei ferri chirugici avviene presso la Centrale di Sterilizzazione, la cui gestione è stata esternalizzata, localizzata al piano -2 del Nuovo Monoblocco. In questo caso è la caposala della vecchia centrale di sterilizzazione a interfacciarsi tra la ditta appaltatrice e le sale operatorie riferendo sempre alla Direzione Medica di Presidio Ospedaliero.
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34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O. - La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
D.R.G. 261: UN ESEMPIO DI APPROPRIATEZZA CLINICA E DI CORRETTA
ATTRIBUZIONE DELLA PROCEDURA NEL REPARTO DI CHIRURGIA
GENERALE DI UN OSPEDALE BARESE
Leaci A*, Dario R *, Mundo A*, Parlati C§, Rinaldi S§
* Direzione Medica del Presidio Ospedaliero,§ U.O.C. Chirurgia Generale,
P.O. BARI NORD “ San Paolo “ A.S.L. provincia di Bari
INTRODUZIONE
Il sistema D.R.G. è costruito sui costi dei trattamenti sanitari, correlabili a gruppi omogenei di patologie, utilizzato
nel controllo di gestione delle direzioni amministrative e sanitarie degli ospedali. Il DRG 261 “Interventi sulla mammella non per neoplasia maligna, eccetto biopsia ed escissione locale” è utilizzabile come indicatore indiretto di
potenziale inappropriatezza; nella nostra esperienza tale DRG risulta correttamente attribuito per diagnosi ed atto
chirurgico ma può essere, invece, un buon indicatore di inappropriato setting assistenziale.
CONTENUTI
E’ stato segnalato dall’A.Re.S. Puglia una irregolare numerosità di DRG 261 nell’anno 2006 rispetto i casi regionali, del nostro Ospedale. Sono stati quindi da noi raccolti e confrontati i dati di report direzionali relativi al primo
trimestre degli anni 2007 e 2008 confermando quanto osservato. Dall’analisi delle SDO e delle cartelle cliniche del
reparto di chirurgia generale si è potuto risalire alle diagnosi ed alle procedure. Tramite un simulatore (e-drg) sono
stati inseriti i codici di diagnosi e di procedure interventistiche più corrispondenti al percorso clinico effettuato, ottenendo i DRG 262, 261, 260 e 258 (M.D.C. 9 ‘ Malattie della pelle, sottocute e mammella’).
CONCLUSIONI
Dopo la verifica con le cartelle cliniche della corretta codifica ed opportuna stesura della SDO, si è confermata l’esatta attribuzione al DRG 261 per le patologie sospette della mammella.
Dalla valutazione dei dati della degenza media nazionale del DRG 261( d.m.= 2,90) con quella del nostro reparto
(d.m.=5,05), nonché il dato relativo alla degenza media pre-operatoria (d.m.p.=1,37) scaturisce la necessità di ottimizzare l’attività del reparto riducendo le giornate di degenza media mediante l’abbattimento della degenza preoperatoria. E’ auspicata la riorganizzazione del reparto anche con l’adeguamento del personale infermieristico, per
dedicare alla diagnostica preoperatoria il singolo accesso ambulatoriale (cardiologia, laboratorio d’analisi e radiologia): rimarrà così solo la valutazione anestesiologica-preoperatoria, d’obbligo entro le 12 ore, prima dell’intervento
chirurgico in regime di ricovero ordinario.
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CAMERE A PLASMA FREDDO IN COMBINAZIONE CON CAMPI
ELETTROSTATICI AMPLIFICATI COME NUOVA TECNOLOGIA PER LA
DECONTAMINAZIONE E FILTRAGGIO DELL’ARIA IN AMBIENTE
OSPEDALIERO. LA PROVA SUL CAMPO IN ALCUNE UNITÀ OPERATIVE
DELL’A.R.N.A.S. GARIBALDI DI CATANIA
S. De Maria La Rosa(1), G. Zuccarello(2),R. Bonaccorso(1), D. Cinà(3), C. Di Naso(4)
(1)Dirigente medico Direzione Sanitaria di Presidio, (2)Direttore Sanitario di Presidio, (3) Direttore U.O. Patologia Clinica, (4)Dirigente medico microbiologo
INTRODUZIONE
Una recente stima dell’Istituto Superiore di Sanità conferma che, anche in Italia, dal 5 al 10% dei pazienti ospedalizzati contrae un’infezione ospedaliera.
Oltre alle sale operatorie sono molti i contesti ospedalieri dove è necessario che venga mantenuto basso il livello
di contaminazione come ad esempio in Ematologia, in Oncologia, in Terapia Intensiva, in Malattie Infettive, in Pediatria, in Pneumologia, in reparti per ustionati ma anche in ambienti dove si producono medicinali e materiali biologici per impianto umano.
CONTENUTI
Nel panorama tecnologico è ora disponibile una nuova tecnologia nata inizialmente nell’ambito della ricerca aerospaziale che si propone come alternativa efficace ed efficiente ai tradizionali filtri meccanici.
Questa apparecchiatura si compone di un modulo di decontaminazione e filtraggio dell’aria che utilizza una combinazione di camere a plasma freddo con campi elettrostatici amplificati la cui azione determina effetti distruttivi
irreversibili sui micro-organismi aerotrasportati che in associazione con la cattura del particolato garantiscono una
filtrazione ad alta efficienza.
La distruzione determinata dei micro-organismi rappresenta uno dei vantaggi principali rispetto all’attuale tecnologia che invece li trattiene e li raccoglie.
Un’altra caratteristica non trascurabile dell’apparecchiatura è la possibilità di avere un monitoraggio continuo, con
allarme, del corretto funzionamento del trattamento dell’aria.
Ulteriore caratteristica vantaggiosa è rappresentata dal fatto che l’apparecchiatura è mobile in quanto dotata di rotelle e che per funzionare necessita solo di una presa di alimentazione.
Prove di efficacia già pubblicate hanno dimostrato che il reattore HEPA-MD è in grado di distrugge efficacemente qualsiasi tipo di virus e funghi, come ad esempio il fungo Aspergyllus Niger. E’risultato efficace anche contro il
virus H5N2 dell’influenza aviaria, con la rimozione del 99,99% del virus in un solo passaggio attraverso il reattore
durante test effettuati in laboratorio.
L’esperienza sul campo di questa nuova tecnologia all’interno dell’A.R.N.A.S. Garibaldi è stata rivolta principalmente
a due ambienti delle UU.OO. di Dermatologia e di Cardiologia dove vengono effettuate procedure mininvasive e il
cui controllo della carica batterica ambientale potrebbe essere responsabili di successive infezioni per i pazienti.
Si è partito quindi dalla stesura di un protocollo semplice applicabile anche ad altre realtà che si sono successivamente affiancate nella nostra sperimentazione.
I campionamenti microbiologici sono stati effettuati in condizioni di lavoro normali e dopo l’attivazione dell’unità
mobile di decontaminazione per circa 20 minuti, ripetendo il campionamento anche con un conta particelle.
CONCLUSIONE
Le analisi hanno dimostrato la capacità di decontaminazione dell’apparecchiatura che dopo circa 25 minuti dall’accensione ha ridotto i valori di UFC nell’ambiente preso in esame ai limiti previsti dalle raccomandazioni ISPELS
per le sale operatorie sia a sala vuota (at rest) che durante gli interventi (in operation).
Le prove sono state ripetute anche in altre strutture ospedaliere siciliane che hanno confermato sostanzialmente
l’efficacia.
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STERILIZZAZIONE A VAPORE: UN ESSENZIALE STRUMENTO DI
PREVENZIONE DELLE INFEZIONI ASSOCIATE ALL’ASSISTENZA
G. Russo*, F. Siani*, R. Molinaro*, F. D’Agostino°, V. Piscopo*, N. Loconte*, A.M. Orabona*
* Presidio Ospedaliero “C.T.O.” – Napoli
° Azienda Ospedaliera “G. Rummo” – Benevento
INTRODUZIONE
La sterilizzazione a vapore dei dispositivi medici costituisce un momento fondamentale per la prevenzione delle
infezioni associate all’assistenza. Il raggiungimento della sterilità, intesa in termini statistici come probabilità di sopravvivenza dei germi non superiore a 1/10-6 (Sterility Assurance Level), dipende da svariati fattori quali:
la modalità di preparazione e confezionamento dei dispositivi da sterilizzare;
l’efficienza delle apparecchiature ed il loro corretto impiego;
l’idoneità delle misure scelte per la conservazione e la protezione dello stato di sterilità.
Affinché il processo di sterilizzazione, che coinvolge sempre un gran numero di operatori, talvolta dislocati in zone
differenti, termini con successo, è fondamentale che ciascuna fase venga condotta in maniera tecnicamente corretta.
Per tali motivi, presso il Presidio Ospedaliero “C.T.O.” di Napoli, è stata redatta una procedura che ha lo scopo di
fornire le necessarie indicazioni a partire dalle iniziali fasi di raccolta e decontaminazione del materiale da sterilizzare fino alla sua conservazione e riconsegna.
CONTENUTI
La procedura, tenendo conto della normativa vigente, in parte sostituita ed arricchita da atti recenti, nonchè del
contesto operativo di applicazione in termini di dispositivi da trattare, apparecchiature presenti e materiali di consumo utilizzati per le varie fasi del ciclo, esplicita i protocolli operativi relativi a:
– la raccolta dei dispositivi contaminati;
– la loro decontaminazione su apposite griglie con l’utilizzo di specifici agenti chimici;
– la loro detersione manuale o meccanica;
– la loro manutenzione/sostituzione;
– il confezionamento con materiale da imballaggio monouso o poliuso;
– l’applicazione dei sistemi di tracciabilità per ogni dispositivo e per ogni ciclo;
– le modalità di caricamento dei pacchi nella camera dell’autoclave;
– la scelta del ciclo di sterilizzazione da avviare in base alla tipologia del materiale di cui sono costituiti i dispositivi;
– le misure idonee per conservare lo stato di sterilità raggiunto compresi i tempi massimi di utilizzo diversificati in
base al tipo di imballaggio utilizzato per il confezionamento e alla metodologia di stoccaggio dei dispositivi sterili;
– gli strumenti e le modalità di esecuzione dei controlli di processo fisici, chimici e biologici;
– gli interventi di manutenzione, ordinaria e/o straordinaria, da eseguire o sollecitare;
– l’iter di segnalazione/intervento in caso di malfunzionamento dell’autoclave.
Per ciascuna fase, oltre alle modalità operative esplicitate passo dopo passo, sono considerati, non solo i rischi
relativi alla non riuscita del processo e al non raggiungimento del risultato di sterilità, ma anche i possibili rischi per
gli operatori e le precauzioni (compreso l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale) che essi devono adottare.
CONCLUSIONI
La corretta gestione del processo di sterilizzazione presuppone, non solo che si disponga delle risorse e degli strumenti necessari per tutte le fasi del processo, ma, soprattutto, che quest’ultimo venga gestito correttamente stimolando le conoscenze ed il senso di responsabilità degli operatori. In tal senso, la redazione della procedura e
la sua diffusione hanno rappresentato un’ importante occasione di formazione, informazione, responsabilizzazione e confronto che ha aumentato la consapevolezza degli operatori in termini di necessità di prevenire il rischio
infettivo per sé, per i propri colleghi e per i pazienti.
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LA GESTIONE DEL RISCHIO DA ANALGESICI ALOGENATI:
MITO O REALTÀ?
Contegiacomo P1, Camaioni D1, Sessa M1, Wachocka M2, Lembo M2,
Di Donato M2, Schiano A2, Ricciardi G2, Moscato U2.
1Complesso Integrato Columbus (CIC) – Dir. San. Dr. P. Contegiacomo- Roma
2Istituto di Igiene (Dir. Prof. G. Ricciardi) - Facoltà di Medicina e Chirurgia “Agostino Gemelli” - Università Cattolica del Sacro Cuore sede di Roma
INTRODUZIONE
L’anestesia generale, se da una parte ha consentito interventi chirurgici di durata e complessità sempre maggiore, ha dall’altra generato una certa apprensione per l’esposizione del personale di sala operatoria e, conseguentemente, per il tipo di gestione e tutela della sicurezza da attuare. Lo scopo del presente studio è stato di valutare, al fine di stabilire i livelli di esposizione del personale e chiarire l’eventuale esistenza di rischio, le condizioni di
diffusione di alcuni anestetici alogenati attraverso analisi statistica georeferenziale (funzioni aleatorie di ordine k).
CONTENUTI
La geostatistica permette di definire le aree di iso-stima delle concentrazioni dei gas alogenati in tutti i punti della
sala operatoria, consentendo di generare un modello spazio-temporale dei flussi di diffusione dei vapori anestetici alogenati in ambiente. Il monitoraggio ambientale dei vapori alogenati è stato eseguito utilizzando uno spettroscopio fotoacustico Bruel & Kjaer, per una durata al minimo di 4 ore a sessione operatoria, attraverso sei sonde di misura contemporanea disposte in ambiente in “area breathing zone” (circa 150 cm da terra). Il campione in
esame è stato di 54 sessioni operatorie ed i vapori alogenati studiati (desflurane e sevoflurane) sono stati utilizzati in modo randomizzato per tipologia di sala operatoria (tipo di impianto di climatizzazione, ecc) e per difficoltà di
intervento e di procedura anestesiologica. I valori rilevati sono stati pressoché omogenei, tranne che per il sevoflurane dove, nei punti vicini al vaporizzatore (media 3.01 ppm) ed alla macchina di anestesia (media 2.38 ppm),
risulta esserci un accumulo di gas in quantità maggiori rispetto agli altri punti. Nella sala operatoria i valori medi di
sevoflurane riscontrati nei punti di campionamento variano da 0.43 ppm a 2.38 ppm, mentre per quanto riguarda
il desflurane i valori medi variano da un minimo di 0.17 ppm, a un massimo di 0.19 ppm.
CONCLUSIONI
Le concentrazioni di entrambi gli alogenati aumentano nella fase di intubazione del paziente e diminuiscono drasticamente nella fase post-operatoria. I valori più elevati sono stati rilevati nei pressi della macchina di anestesia
durante il processo di vaporizzazione dell’alogenato. Così si genera un maggior accumulo localizzato nei pressi
della macchina di anestesia ed in altre zone della sala dove non c’è un passaggio continuo del personale di sala
o dove vi è stasi dei flussi di aria (processi di cavitazione). In sintesi:
Le concentrazioni medie ambientali dei vapori alogenati, in un intervento chirurgico a media complessità, risultano essere, in funzione delle attuali tecnologie impiantistiche e strumentali adottate, estremamente basse se non
irrisorie
Le attuali geometrie dei flussi di aria climatizzata tendono a spingere gli anestetici residui in aree ambientali in cui
in genere non staziona il personale
La maggior parte dell’esposizione indebita è spesso dovuta ad assenza di impianti od inefficacia di questi; errori
di gestione e manutenzione degli stessi; ovvero ad imprecisioni od ad errate abitudini comportamentali.
Pertanto, una gestione accurata degli impianti e dell’attività del personale permetterebbe di ridurre il rischio di esposizione ad una condizione residua e trascurabile.
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APPROPRIATEZZA DELL’ASSISTENZA AL MALATO ONCOLOGICO
IN FASE AVANZATA E CRITERI DI ELEGGIBILITÀ:
L’ESPERIENZA DELL’HOSPICE “VILLA SPERANZA” DI ROMA
Gallì P1,2, Nasi G1,3, Adriana Turriziani2, Ricciardi W1, La Commare F2.
1Istituto di Igiene Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma; 2Hospice Oncologico “Villa Speranza”, Roma; 3Ospedale “Cristo Re”, Roma.
INTRODUZIONE
L’umanizzazione della cura è tema di grande interesse nella riflessione sulla migliore assistenza in medicina, soprattutto in campo oncologico. Da molti anni nell’esperienza internazionale e più di recente in Italia, il programma
Hospice si è posto l’obiettivo di fornire assistenza e supporto al paziente prossimo alla morte ed alla sua famiglia,
in un processo di continuità terapeutica tra domicilio e ricovero. Ciò che differenzia un Hospice da un normale reparto ospedaliero è la filosofia di intervento e gli obiettivi che si pone: non salvare una vita ma consentire una morte dignitosa, priva di sofferenze fisiche, spirituali e morali, quanto più possibile serena per il malato e le persone a
lui vicine.
CONTENUTI
I criteri clinici inderogabili necessari alla presa in cura presso l’Hospice Oncologico “Villa Speranza” sono:
Paziente affetto da patologia tumorale maligna in fase avanzata;
Relazione clinica attestante la fase di terminalità;
Limitata autonomia funzionale (PS ≤ 40) (ECOG = 3);
Superamento delle realistiche possibilità di cure causali attive (Chirurgica, Radioterapia, Chemioterapia);
Aspettativa di vita attesa entro i 3 mesi;
Severità dei sintomi e necessità di cure palliative e di supporto
Per i posti residenziali devono essere presenti le seguenti condizioni:
Non idoneità della famiglia o della abitazione per l’espletamento dell’assistenza domiciliare;
Paziente solo.
Per l’assistenza domiciliare è essenziale il prossimo requisito:
Presenza di un familiare di riferimento (caregiver) per il reale concretizzarsi delle terapie e dell’assistenza a domicilio.
Della verifica è incaricata l’Unità Valutativa Multidimensionale (U.V.M.), costituita da professionisti dell’Hospice “Villa Speranza” e della ASL RME, con funzione di stabilire e valutare i criteri di eleggibilità, di monitorare l’appropriatezza dei requisiti dei pazienti da prendere e presi in carico come, da delibera Regionale n.2244 del 26.4.1999 e
da delibera Aziendale ASL RME n.163/CS Prot. A965 del 3.2.2000 e modifiche successive che recepiscono un “affidamento” già in fase precoce del malato al centro di Cure Palliative cioè l’Hospice.
Tale organizzazione offre a pazienti così complessi la possibilità di essere curati al proprio domicilio, permettendo
loro di ricevere la terapia di supporto e il monitoraggio clinico necessari, determinando indirettamente l’abbattimento
dei ricoveri impropri.
CONCLUSIONI
La forma di integrazione e coordinamento dei trattamenti clinico-assistenziali, degli interventi sociali e di supporto psicologico descritta ha determinato gli attesi benefici riportati:
favorire la diminuzione dell’occupazione dei posti letto negli ospedali (deospedalizzazione);
ridurre i ricoveri ospedalieri alle strette necessità cliniche e per un tempo limitato;
garantire la continuità terapeutica;
migliorare la qualità di vita del paziente e dei familiari;
abbattere i costi della sanità;
Questo sistema integrato di valutazione dei criteri di eleggibilità per l’accesso dell’Hospice “Villa Speranza” ai malati affetti da neoplasia grave in fase avanzata a prognosi infausta e con bisogno di cure di supporto nonché palliative, è quindi l’avvio di un processo di collaborazione tra ASL RME, Hospice “Villa Speranza” e Centro di Oncologia di riferimento per il paziente, percorso clinico-assistenziale, formativo e culturale, da auspicare e rinforzare nella collaborazione delle varie realtà sanitarie ponendo al centro il paziente e la sua famiglia.
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WATER SAFETY PLAN:
LA SICUREZZA IN OSPEDALE PARTE ANCHE DALL’ACQUA
O. Di Marino*, P. Valentini°, S. Melada§.
*Direttore Sanitario P.O. Bassini, A.O. San Gerardo, Monza
°Direzione Medica P.O. Fatebenefratelli e Oftalmico, Milano
§Chimico industriale Sanipur, Flero (BS)
INTRODUZIONE
L’Organizzazione Mondiale della Sanità sta da tempo promuovendo l’adozione di un Piano di Sicurezza per l’acqua in Ospedale. Questo piano, basato su sistemi di valutazione e gestione del rischio tipo HACCP, è stato denominato Water Safety Plan (WSP).
L’Ospedale Bassini da tempo si è dotato di un sistema di Prevenzione della Legionellosi ed ha esteso l’ambito di
applicazione del suo Piano a tutti i patogeni provenienti dall’acqua, costruendo un vero e proprio WSP. Cardine
del sistema di prevenzione è l’adozione di una disinfezione in continuo a base di biossido di cloro, sull’acqua calda sanitaria e l’adozione di un moderno strumento di rilevazione della contaminazione microbica quale la determinazione dell’ATP intracellulare tramite bioluminescenza real-time.
CONTENUTI
Il Water Safety Plan adottato dall’Ospedale Bassini è basato sulle indicazioni contenute nei testi pubblicati dall’OMS:
Guidelines for Drinking-water Quality, 3rd Ed. WHO, 2004; Water Safety Plans, WHO, 2005; “Legionella and the
prevention of Legionellosis”, WHO, 2007. Il documento focale è la Valutazione del Rischio Microbiologico, dalla quale scaturiscono i Piani di autocontrollo, autosorveglianza ed emergenza. L’applicazione delle istruzioni operative,
delle azioni preventive e delle azioni correttive, contenute nei Piani suddetti, permette all’Ospedale di mantenere
elevati standard di qualità dell’acqua, intesa come acqua potabile, acqua calda sanitaria, acqua tecnologica (torri evaporative, osmosi inversa, ecc.), acqua ultrapura (dialisi). L’adozione della disinfezione in continuo dell’acqua
calda sanitaria con biossido di cloro, nata per la Prevenzione della Legionellosi, ha permesso di garantire elevati
standard di qualità microbiologica in tutta la rete ospedaliera. L’adozione di specifici prodotti di disinfezione per le
torri evaporative ha permesso di operare in condizioni di sicurezza anche durante i periodi di massimo rischio, come
in estate. Il controllo real-time della biomassa attiva tramite bioluminescenza (misura dell’ATP della carica microbica dell’acqua) è risultato uno strumento utile e necessario per affrontare tempestivamente situazioni di potenziale rischio, evitando di dover eseguire bonifiche a posteriori.
CONCLUSIONI
L’adozione di uno specifico e ben articolato Water Safety Plan, condiviso da tutto il personale dirigenziale, sanitario e tecnico, garantisce la sicurezza degli utenti e degli operatori dell’Ospedale. La disinfezione con biossido di
cloro dell’acqua calda sanitaria e con prodotti a base di bromo delle torri evaporative, associata al controllo microbiologico real-time tramite bioluminescenza ha permesso di mettere in atto un efficace sistema di prevenzione delle infezioni ospedaliere provenienti dall’acqua.
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L’EVOLUZIONE DEL MODELLO DI ACCREDITAMENTO ISTITUZIONALE
NELLA REGIONE PIEMONTE E LA FORMAZIONE DEI
VALUTATORI/VERIFICATORI DELLE AZIENDE SANITARIE
F.Ripa, R.Vola, G.Centini*, O.Bertetto
Agenzia Regionale Servizi Sanitari – AreSS Piemonte
*ASO CTO Maria Adelaide, Torino
INTRODUZIONE
La logica dell’accreditamento è oggi diffusa in molti Paesi del mondo, seppure con accezioni difformi. In Italia l’accreditamento è stato introdotto con le leggi di riforma sanitaria dei primi anni ’90 come sistema di “regolazione”
delle strutture pubbliche e private per quanto riguarda l’accesso al mercato delle prestazioni, ma in parallelo è stato anche interpretato come un sistema di “autoregolazione” professionale; è soprattutto con questa ultima accezione che si inserisce nell’ambito degli strumenti del governo clinico.
CONTENUTI
Per quanto riguarda l’Accreditamento “Istituzionale”, la Regione Piemonte ha formalizzato nel corso del 2001 e poi
successivamente aggiornato il “Manuale per l’Accreditamento delle Strutture Sanitarie Pubbliche e Private”, contenente i requisiti strutturali tecnologici ed organizzativi., generali e specifici per le macroattività.
L’ARPA Piemonte in prima battuta e quindi l’AReSS sono stati individuati dall’Assessorato alla Tutela della Salute
e Sanità quali soggetti incaricati di effettuare le verifiche nelle Aziende Sanitarie.
Recentemente l’approccio della Regione Piemonte–AReSS si è molto evoluto verso contenuti “professionali” ponendo la Regione stessa all’avanguardia nei sistemi di valutazione esterna, attraverso:
- l’introduzione nel Manuale di Accreditamento di alcune nuove macroattività (es. Anatomia patologica, Rianimazione)
- l’introduzione di requisiti professionali specifici per alcuni aspetti trasversali (es. Governo clinico)
- lo sviluppo delle attività di verifica orientate alla logica dei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (IMA, protesi d’anca, tumore del colon retto, ecc.), secondo un tipo di approccio molto più vicino al vissuto dei professionisti
- l’individuazione negli operatori delle Aziende di un pool di valutatori/verificatori sottoposti ad uno specifico training formativo.
Ognuno degli operatori individuati partecipa a 10 giornate di formazione standard, caratterizzate per i seguenti contenuti:
- i mattoni della qualità (già avviato, maggio e giugno 2008)
- le tecniche di verifica esterna (settembre e ottobre 2008)
- gli strumenti dell’accreditamento istituzionale (novembre e dicembre 2008).
In tal senso dal 2009 si prevede che 120-160 operatori svolgeranno attività di facilitatori “interni” della Qualità e
del processo di accreditamento nelle proprie Aziende e 50-60 operatori eseguiranno anche la funzione di verificatori “esterni” nelle Aziende Sanitarie Regionali.
CONCLUSIONI
In sintesi, il contesto che si pone all’attenzione è quello di coniugare nell’accreditamento la “rigidità” di uno strumento oggettivo posto a tutela dei cittadini con la “flessibilità” degli strumenti volti all’introduzione dei processi di
miglioramento continuo e di valorizzazione delle risorse umane.
Appare comunque chiaro che nella evoluzione del sistema di accreditamento della Regione Piemonte la Qualità
non viene più vista come uno degli elementi di valutazione, ma rappresenta l’epicentro del sistema stesso.
Per informazioni www.aress.piemonte.it
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LA VALUTAZIONE DELLE PERFORMANCE CLINICHE, GESTIONALI ED
ECONOMICHE NELL’ASL TORINO 4
F.Ripa, M.C.Bosco, G.De Filippis, N.Marello, M.Uberti
ASL Torino 4
INTRODUZIONE
La valutazione delle performance di una Azienda sanitaria è un ambito dibattuto a tutti i livelli e rispetto a cui i pareri sono molto diversi a partire dall’uso che si può fare dei dati scaturiti dalle analisi; esiste comunque un postulato su cui tutti concordano, nel senso che “ciò che non si misura non si può gestire”.
CONTENUTI
L’ASL Torino 4 è nata nel 2008 dall’accorpamento delle ASL di Ciriè, Chivasso ed Ivrea e questo sta ha rappresentando una importante occasione di benchmarking interno per rivedere alcuni modelli operativi e per orientarli
verso le best practice attraverso azioni efficaci e fattibili.
L’analisi è stata condotta per l’anno 2007 su un riferimento di oltre 50.000 ricoveri nei 7 presidi ospedalieri per acuti, utilizzando le schede di dimissione ospedaliera (SDO) ed estrapolando 12 parametri di base, sette indicatori (degenza media, peso medio, ricoveri a rischio di inappropriatezza, ricoveri un giorno, ricoveri outlier, fatturato a ricovero e fatturato a giornata di degenza) e un indice comparativo sintetico.
E’ stato considerato come riferimento il coefficiente di variazione, che come è noto rappresenta un indice di dispersione
per il confronto di fenomeni riferiti a unità di misura differenti. La significatività dei dati è stata testata con Chi quadro e T student.
Il dato osservato permette di evidenziare le situazioni che si attestano a livelli di buona o meno buona performance per quanto riguarda la deviazione dal valore medio considerato come standard interno o rispetto a specifici standard esterni. In particolare risultano più soggetti a variazioni di performance in reparti omologhi la degenza media,
gli outlier, il fatturato per giornata di degenza, mentre appaiono più stabili i dati sul peso medio. In alcuni casi le ripercussioni di basse performance gestionali sul fatturato per giornata di degenza sono molto evidenti.
Se in parte alcune variazioni sono spiegabili con situazioni organizzative di contesto, per altre sono in corso gli specifici approfondimenti del caso, per la definizione delle relative azioni di miglioramento efficaci e fattibili secondo
il modello dei cicli della Qualità.
CONCLUSIONE
Il lavoro condotto è agli inizi e gli stessi indicatori rappresentano un primo screening a basso costo, su cui implementare analisi più raffinate soprattutto per quanto riguarda gli outcome clinici, che sono notoriamente i più ostici da interpretare.
Questo studio conferma, in ogni caso, che oggi esistono molte ragioni per valutare le performance:
- il monitoraggio interno all’Azienda (audit clinico, assistenziale, organizzativo)
- il confronto con altre organizzazioni (benchmarking)
- la rendicontazione/pubblicizzazione dei risultati nei confronti degli Stakeholder
- la programmazione sanitaria (es. modelli hub and spoke).
Altresì appare evidente come la valutazione delle performance in Sanità sia comunque un ambito complesso, per
i problemi legati alle diversità della casistica trattata in senso clinico e al ruolo di fattori eterogenei che possono
intervenire sulla determinazione dei risultati.
In altre parole rimane difficile affermare se i risultati ottenuti sono legati realmente a meccanismi più o meno virtuosi dell’organizzazione in studio o piuttosto ad altri determinanti capaci di agire in quello specifico contesto.
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34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O. - La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
LINEE GUIDA DELL’ARESS PIEMONTE PER LA PREDISPOSIZIONE DEL
BILANCIO SOCIALE E DI MISSIONE NELLE AZIENDE SANITARIE
F. Di Giulio, E.Sorano, P.Guggino, M. C. Azzolina, F. Ripa, O. Bertetto
Agenzia Regionale Servizi Sanitari – AreSS Piemonte
INTRODUZIONE
Nelle Aziende Sanitarie la rendicontazione sociale riveste un ruolo di rilevante importanza, nella logica di rendere
conto agli stakdeholder su come viene assolta la specifica missione che attiene la tutela e il recupero della salute
dei cittadini a costi sostenibili.
CONTENUTI
Il gruppo di progetto per la redazione delle Linee Guida sul Bilancio Sociale e di Missione, attivato presso l’Agenzia Regionale per i Servizi Sanitari (AReSS), Ente Strumentale della Regione Piemonte, è stato costituito nel corso
del 2008 da componenti di profili ed esperienze differenti, provenienti da Aziende Sanitarie della Regione Piemonte.
Le finalità principali del progetto, si sono orientate a:
- guidare le Aziende durante l’intero percorso di introduzione della nuova modalità di rendicontazione, per rendere più trasparenti le scelte compiute, le azioni realizzate, le risorse impiegate e i risultati raggiunti da parte delle Aziende
- fornire alle amministrazioni principi generali cui uniformare le pratiche per redigere il Bilancio Sociale
- individuare un set indicatori di base per la valutazione dei risultati in termini di attività e di esiti
- consentire al cittadino di formulare un proprio giudizio sull’attività posta in essere dall’Amministrazione e sulla sua
affidabilità nel rispettare gli impegni presi.
Al proposito, lo schema di riferimento adottato per la rendicontazione dei risultati conseguenti all’azione dell’Azienda
è quello sistemico, in cui si analizzano gli input (quali e quante risorse sono state utilizzate), i processi e i modelli
organizzativi posti in essere dall’Azienda per svolgere le attività, i risultati ottenuti conseguenti all’azione svolta (misurati sia in termini di output/volumi di prestazioni prodotte, sia in termini di outcome/benefici sulla salute).
Gli indicatori utilizzati per misurare i risultati, sono riferiti al modello Donabedian: struttura, processo e risultato.
Infine il modello si ispira alla filosofia della Balanced Scorecard (Kaplan e Norton), in cui sono analizzati i risultati
dell’Azienda in modo bilanciato secondo quattro prospettive:
- la prospettiva dell’efficienza dei processi organizzativi
- la prospettiva degli utenti, in relazione al valore del servizio e alla soddisfazione percepita
- la prospettiva dell’equilibrio economico
- la prospettiva dell’innovazione tecnologica e dello sviluppo delle competenze degli operatori.
A queste prospettive è stata aggiunta l’attenzione a particolari problematiche oggi molto attuali, ovvero:
- le pari opportunità
- i servizi offerti agli stranieri
- la sostenibilità ambientale, sia in tema di risparmi energetici sia in tema di smaltimento dei rifiuti.
CONCLUSIONI
Il Bilancio di Missione, palesandosi come strumento di rendicontazione costante, innesca un processo di miglioramento continuo e si pone come una sfida di sensibilizzazione verso una nuova cultura della responsabilità sociale. Il processo di coinvolgimento degli stakdeholder con cui si costruisce è quindi importante quanto il Documento finale, come modello per la governance del sistema.
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LO SVILUPPO DEL GOVERNO CLINICO NELLE AZIENDE SANITARIE:
LA STRATEGIA DELLA ASL TORINO 4
F.Ripa, M.Uberti
ASL Torino 4
INTRODUZIONE
L’ASL Torino 4 nasce il primo gennaio 2008 dalla unificazione delle ASL di Ciriè, Chivasso ed Ivrea, determinando
una Azienda molto vasta per funzioni da svolgere (ospedale, territorio, prevenzione), per abitanti (circa 500.000) e
per territorio. La ricerca di specifici strumenti di integrazione per il governo clinico diventa una necessità inderogabile.
CONTENUTO
Per quanto riguarda i sistemi per l’integrazione strategica, la scelta della balanced scorecard (BSC) si è concretizzata per superare i preesistenti strumenti per il controllo della gestione aziendale, per analizzare i risultati in modo
strutturato non solo da un punto di vista economico, bensì da quattro prospettive (finanziarie, clienti, processi interni, sviluppo ed apprendimento organizzativo e crescita). Il livello strategico si sviluppa pertanto nell’ASL TO 4
sulla piattaforma di BSC e sugli specifici e classici sistemi di integrazione aziendali.
Lo sviluppo della formazione si sta concretizzando in un ampio numero di eventi formativi, su aspetti tecnici e manageriali.
Per quanto riguarda invece il sistema informativo, l’ASL TO4 ha optato per l’implementazione di un sistema basato su strumenti software omogenei, trasversali e distribuiti capillarmente in tutte le strutture aziendali cliniche ed
amministrative. Questa scelta ha comportato l’introduzione di due sistemi informatici, uno in ambito amministrativo-contabile ed uno in ambito sanitario utilizzato sia nell’area ospedaliera sia nell’area territoriale.
Per quanto riguarda il sistema premiante, l’impostazione e lo sviluppo del sistema di obiettivi dell’ASL TO4 per l’anno 2008 si sta consolidando su un approccio di BSC, adattato alle regole di funzionamento aziendale.
Sul versante più strettamente collegato agli strumenti operativi, si ritiene che il riferimento prioritario di riconduzione
possa essere rappresentato proprio dallo sviluppo dei percorsi diagnostici terapeutici ed assistenziali; attualmente nell’ASL TO 4 sono attivati, anche se in variabile stadio evolutivo, specifici percorsi aziendali, supportati da una
precisa metodologia di costruzione uniforme e quindi da uno specifico “Manuale per lo sviluppo dei PDTA”, come
strumento di miglioramento dell’appropriatezza clinica ed organizzativa.
In tale ambito è stato anche condotto uno specifico progetto con l’AReSS Piemonte per valutare l’applicazione degli specifici strumenti operativi, che ha portato nella organizzazione molti contenuti positivi, così sintetizzabili:
- analisi organizzativa uniforme e stato dell’arte su tre ex aziende (Ciriè, Chivasso ed Ivrea)
- evidenza di variabilità delle performance nei diversi contesti
- introduzione di parole chiave di riferimento ed attenzione su specifici temi (es. accountability)
- consapevolezza di ambiti in cui devono essere sviluppate progettazioni specifiche.
CONCLUSIONE
In tale contesto è già stato sviluppato un primo piano di adeguamento, che prevede l’applicazione in ogni Struttura di una specifico modello di progettazione per l’applicazione operativa delle logiche del governo clinico, tra l’altro opportunamente incrociato con le “key performance area” della balanced scorecard.
L’adeguamento richiesto ad ogni singola Struttura è parte integrante del budget 2008 dell’ASL TO4, che riporta
parametri gestionali e relativi alla qualità secondo le logiche compiute del governo clinico.
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ESPERIENZA DI SORVEGLIANZA EPIDEMIOLOGICA
DELLE INFEZIONI DELLA FERITA CHIRURGICA
IN UN PRESIDIO OSPEDALIERO DELL’UMBRIA
A. Pasqui, S. Ventra, E. Gallo, R. Pasquini, G. Angeli, V. Mastrandrea
Dipartimento di specialità medico chirurgiche e Sanità pubblica – Università degli studi di Perugia
M. Rossi, F. Rossi, P. Valentinucci
Presidio ospedaliero Unificato Azienda USL n. 2 dell’ Umbria
INTRODUZIONE.
Il problema delle infezioni ospedaliere rappresenta una priorità sanitaria per i Paesi ad economia avanzata, per l’impatto sulla salute dei cittadini, per l’impatto sulla spesa sanitaria e per la ricaduta negativa sull’opinione pubblica.
Obiettivo principale del nostro studio è stato quello di stimare l’incidenza delle infezioni della ferita chirurgica (ISC)
a 30 giorni dall’intervento in reparti di chirurgia generale e ostetricia-ginecologia e di confrontarli con altri analoghi
studi nazionali.
CONTENUTI
Lo studio ha avuto la durata di 4 mesi (dicembre 2007-aprile 2008) e si è svolto presso i reparti di chirurgia e ostetricia di 3 presidi ospedalieri unificati della Asl 2 dell’Umbria. Per la definizione dei criteri di inclusione si è fatto riferimento al protocollo del National Nosocomial Infection Surveillance System (NNIS). Le ISC sono state identificate in base ai criteri dei Centers for Diseases Control and Prevention. I pazienti sono stati monitorati durante il ricovero e dopo la dimissione per un mese dall’intervento e i dati sono stati raccolti mediante una scheda di rilevazione da personale medico e/o infermieristico.
Sono stati sorvegliati 372 interventi, (81.99% in elezione, 16,67% in urgenza, 1,34% non riportato). Il follow-up postdimissione è stato correttamente completato nel 55.91% degli interventi.
L’incidenza globale delle ISC è pari a 4,84%. Sono state individuate 18 infezioni: 7 durante il ricovero e 11 dopo
la dimissione. Nei tre ospedali in esame, l’incidenza delle ISC risulta essere rispettivamente 13.16%, 2.76% e 5.98%.
Nella UO di chirurgia l’ISC nei 3 ospedali è pari a 18.52%, 2.35% e 4.76% mentre nella UO di ginecologia-ostetricia è 0.0%, 4.26% e 16.67%.
Considerando le diverse categorie di intervento, l’incidenza maggiore si è riscontrata nella chirurgia del colon 25%,
seguita da appendicectomia 10%, riparazione ernia 6.6%, taglio cesareo 5.45%, colecistectomia 3.92% chirurgia vascolare 4%, sistema genito-urinario 3.44%.
CONCLUSIONI
I risultati ottenuti si discostano, anche se non di molto, da altri studi condotti in italia, dove, ad esempio, nel Friuli Venezia Giulia si osserva un’ incidenza del 4.6%; in Emilia Romagna del 3.4% e nell’ospedale S.Orsola-Fatebenefratelli del 4.74%.
Se si scompongono i dati per categoria di intervento si notano differenze tra le realtà nazionali anche se la chirurgia del colon mostra livelli elevati in tutti gli studi analizzati.
Il sistema di sorveglianza delle ISC, se correttamente condotto, risulta di grande utilità per la valutazione della qualità dell’assistenza, per il monitoraggio delle infezioni e delle aree di maggior rischio, permettendo infine una comparazione tra strutture. Inoltre i dati disponibili sembrano indicare che ci sia ancora molto da realizzare in termine
di prevenzione e controllo.
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TRASFERIMENTO DI BUONE PRATICHE PER IL POTENZIAMENTO DEGLI
STRUMENTI APPLICABILI ALLA GESTIONE DEL RISCHIO NELLE
ORGANIZZAZIONI SANITARIE :ESPERIENZA ASL NAPOLI 4 .
APPLICAZIONE TECNICA FMEA/FMECA ALL’ASSEGNAZIONE DEI
RISULTATI DEL TEST ALL’ETANOLO A PIÙ PAZIENTI
A.Albano *,L.Napolitano **,A.Ambrosino *
* Direzione Medica di Presidio – Presidio Ospedaliero S.Maria della Pietà –Nola-ASL Na 4
** Dipartimento Patologia Clinica – Presidio Ospedaliero S.Maria della Pietà –Nola – ASL Na 4
INTRODUZIONE
In Regione Campania sono state avviate una serie di iniziative programmatiche in tema di rischio clinico e sicurezza ,con particolare attenzione alla promozione e diffusione di metodologie standardizzate per la gestione del rischio clinico.
Fondamentale,nel 2007, è stato il gemellaggio con la Regione Emilia Romagna,partner del Progetto AGIRE-POR,
nella sperimentazione ed applicazione della Tecnica FMEA/FMECA da parte delle ASL campane partecipanti .
CONTENUTI
La motivazione sottesa a tale scelta è stata dettata dall’impatto sociale del risultato di tale test: l’art. 186 del Codice Stradale regola, di fatto, le sanzioni applicabili in caso di guida in stato d’ebbrezza ( dall’ammenda fino all’arresto
), rapportate al tasso alcolemico riscontrato; negli ultimi due anni, inoltre, sono aumentate le richieste di tale test
per pazienti coinvolti in incidenti stradali da parte delle Autorità ( Polstrada ).
Il processo critico individuato dal gruppo di lavoro , coordinato dal Team Aziendale per il Rischio Clinico,è stato l’
assegnazione dei risultati del test all’etanolo da postazione remota a più pazienti.
Nel caso specifico, la modalità d’errore ( failure ) che potrebbe verificarsi, nell’eventualità di uno scollegamento temporaneo della rete interna tra la postazione remota ( analizzatore ) e il server centrale, è l’assegnazione manuale
da parte degli operatori dei risultati del test, con richiamo delle schede pazienti alla postazione centrale, dopo lettura “ a video “ sull’analizzatore.
CONCLUSIONE
A completamento del processo d’analisi dell’attività, si è proceduto all’identificazione degli indici di rischio ( IR ),
sulle variabili di Gravità, Probabilità e Rilevabilità, applicate ad ogni singola fase del processo analizzato, con un
IPR finale di 336 e, pertanto, l’adozione di misure di contenimento e/o barriere versus le modalità d’errore, quale
la doppia validazione, prima da parte del tecnico e dopo dal medico e / o dal biologo, prima della stesura del referto definitivo, da consegnare alle Autorità.
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GLI STANDARD JOINT COMMISSION INTERNATIONAL (JCI)
ED I CAMBIAMENTI ORGANIZZATIVI IN 190 OSPEDALI ITALIANI
(REGIONE LOMBARDIA)
Filippo Azzali1, Antonello Zangrandi2; Luca Merlino3, Helen Banks4, Paolo Lehnus5, Carlo Ramponi6
1 Joint Commission International
2 Università degli Studi di Parma
3 Regione Lombardia
4 Joint Commission International
5 Joint Commission International
6 Managing Director Europe, Joint Commission International
INTRODUZIONE
Nel corso del triennio 2004-2006 tutti gli ospedali della Regione Lombardia hanno implementato 58 standard selezionati dalla seconda edizione del Manuale degli standard JCI per l’accreditamento per gli ospedali.
E’ in fase di start up un secondo triennio di valutazione nel corso del quale saranno introdotti standard focalizzati sulla cura del paziente.
E’ stato somministrato a tutti gli ospedali un questionario relativo all’impatto organizzativo degli standard JCI e alle
nuove aree di valutazione del nuovo triennio di valutazione. Tutte le Direzioni Sanitarie, i responsabili degli uffici qualità e dei servizi infermieristici, i responsabile del progetto JCI hanno compilato il questionario.
CONTENUTI
Hanno risposto al questionario quasi tutti gli ospedali. E’ mediamente l’impatto organizzativo del progetto si è rilevato positivo.
Sono stati definiti piani di lavoro formalizzati in una buona parte dei casi. In diversi casi sono state effettuate visite di controllo interne presso i reparti, servizi ed altri uffici (risorse umane).
Aree di interesse per il nuovo triennio di valutazione sembrano essere la cura del paziente (farmaci, anestesia e chirurgia), la sicurezza del paziente (corretta identificazione e corretta chirurgia) e le aree di monitoraggio della qualità e sicurezza del paziente.
Si auspica un ruolo più attivo dei professionisti clinici, delle direzioni generali e mediche di presidio.
CONCLUSIONI
Il questionario ha evidenziato che il progetto di valutazione ha avuto una rilevante implicazione dal punto di vista
organizzativo riguardo l’affronto dei temi legati alla qualità e sicurezza dei pazienti
Gli standard introdotti non hanno permesso in tutti i casi il coinvolgimento dei professionisti, veri protagonisti del
sistema.
E’ opportuno sviluppare a livello regionale un sistema premiante i comportamenti virtuosi.
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ACCESSO AL PRONTO SOCCORSO: PRINCIPALI CRITICITÀ
Guglielmi E.1, Azzolina M.C.1, Moiraghi C.2, Raciti I.M.1, Arione R.1
1 S.C. Direzione Sanitaria P.O. Molinette, AOU San Giovanni Battista di Torino
2S.C. Medicina D’Urgenza, AOU San Giovanni Battista di Torino
INTRODUZIONE
Nell’ambito di un’ analisi dei flussi di pronto soccorso di una struttura ospedaliera universitaria ad alta complessità del Nord Italia, sono state valutate le possibili modifiche organizzative che potrebbero contribuire a ridurre la criticità di super affollamento pressoché costante e migliorare la qualità dell’assistenza.
Uno dei principali punti critici emersi dall’indagine è la gestione dei pazienti oltre i 65 anni di età.
Il medico di pronto soccorso infatti:
• visita sempre di più persone anziane
• incontra maggiori difficoltà nella gestione del paziente anziano
• spesso, pur potendo esprimere un giudizio diagnostico preciso, non può dimettere il paziente anziano con il solo
consiglio terapeutico, in assenza di supporti familiari.
CONTENUTI
Il paziente in età geriatrica:
• più spesso degli altri pazienti vive in modo traumatico l’esperienza del ricovero ospedaliero
• è quasi sempre colpito da più di una malattia
• è un paziente fragile: malattie intercorrenti, anche banali, possono far precipitare una situazione clinica in equilibrio precario
• necessita di particolari attenzioni da parte del Medico di famiglia dopo la dimissione dal DEA: è molto frequente la mancata adesione alle prescrizioni diagnostico-terapeutiche del Medico di Pronto Soccorso.
Le visite di pronto soccorso erogate a pazienti di età superiore ai 65 anni di età sono in continuo aumento (15%
nel 1995, oggi circa il 30%). La percentuale di ricoverati è più alta della media per i codici di minore gravità, mentre è nella media per i codici di maggiori gravità.
Tab 1 - Pazienti visitati in pronto soccorso nell’anno 2007:
Accessi Totali 82834 (ricoverati: 14673, pari al 17,71%)
Pazienti di età < 66 anni:
Passaggi: 60812
Ricoverati: 6049
Pazienti di età > 65 anni:
Passaggi: 22022
Ricoverati: 8446)
Percentuale di visite sugli accessi totali
(pari al 73,41% degli accessi totali)
(pari al 42,43% dei ricoveri totali)
Percentuale di visite sugli accessi totali
(pari al 26,58% degli accessi totali)
(pari al 57,56% dei ricoveri totali
CONCLUSIONE
L’accesso al pronto soccorso ha nel corso degli ultimi anni, subito un notevole cambiamento dovuto a tre fattori
principali: l’invecchiamento progressivo della popolazione, il cambiamento dell’assetto sociale che si configura in
una inevitabile riduzione delle strutture familiari multicomponenti verso un costante incremento delle strutture monocomponenti, nelle quali gli anziani sempre di più costituiscono un elemento rilevante, e in un cambiamento culturale . In assenza di adeguate alternative distribuite sul territorio, l’inevitabile conseguenza è il ricorso alle strutture pubbliche di emergenza, che riescono a fornire un supporto ma solo temporaneo. Ne deriva che strutture configurate per accogliere un certo numero di utenti si trovano oggi nella condizione di dover accogliere presenze superiori al previsto, causando frequenti fenomeni di emergenza organizzativa dovute al sovraffollamento, non tanto per l’aumentato afflusso di pazienti geriatrici, quanto per la maggior richiesta di ricovero da essi indotta.
Una possibile soluzione al problema va cercata in nuovi modelli di gestione dei posti letto per acuti e appositi percorsi clinico-assistenziali piuttosto che nell’aumento dei posti letto ospedalieri.
Un orientamento in tal senso è rappresentato, inoltre, dall’incremento dei posti letto di lungodegenza nelle specifiche strutture, come peraltro previsto dalla Programmazione Sanitaria.
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APPLICAZIONE DEL PROGETTO OMS “CLEAN CARE IL SAFER CARE”
PRESSO L’AOU SAN GIOVANNI BATTISTA DI TORINO
Silvestre C.*, Arrigoni M.^, Di Leo A.°, Borsarelli L.**, Barbaro S.°°
* Dirigente Medico Direzione Sanitaria - AOU San Giovanni Battista di Torino
^ CPS Ufficio Controllo Infezioni - AOU San Giovanni Battista di Torino
° CPSE Ufficio Controllo Infezioni - AOU San Giovanni Battista di Torino
** Direttore SC SITRA - AOU San Giovanni Battista di Torino
°° Direttore SC Igiene Ospedaliera e Gestione delle Tecnologie Sanitarie - AOU San Giovanni Battista di Torino
INTRODUZIONE
Nell’ambito del progetto internazionale dell’OMS “Clean Care is Safer Care” l’AOU S. Giovanni Battista di Torino
è l’azienda “capofila” in Italia per la Campagna nazionale 2007/2008 per l’implementazione delle Linee guida OMS
sull’igiene delle mani nell’assistenza sanitaria. La strategia multimodale dell’OMS prevede un approccio EB basato su interventi organizzativi, formazione del personale, osservazione delle pratiche di igiene delle mani, “reminders” nel luogo di lavoro e clima mirato alla sicurezza del pz e qualità delle cure. Gli obiettivi della fase pilota di
implementazione delle LG sono: ottenere dati locali sulle risorse necessarie per mettere in pratica le LG; acquisire informazioni sulla fattibilità, sostenibilità e costo-efficacia degli interventi previsti.
CONTENUTI
Contestualmente alla possibilità di aver reso disponibile in azienda un prodotto idro-alcolico al letto del pz. si svolgeva la formazione del personale sanitario con un Corso di formazione aziendale progettato “ad-hoc” (di 1 giornata) che presentava il Progetto OMS contestualizzando il fenomeno alla realtà locale, metteva in grado i partecipanti di acquisire la “nuova” tecnica di igiene delle mani, illustrava le raccomandazioni delle LG e gli opuscoli informativi dell’OMS/CCM, spiegava la composizione, i principi attivi, le modalità di stoccaggio e richiesta delle soluzioni su base alcolica per il frizionamento delle mani ed i relativi consumi. Parallelamente veniva effettuato uno
studio osservazionale nel Presidio Molinette per la valutazione delle conoscenze e percezione dell’importanza dell’igiene delle mani e sull’aderenza all’igiene delle mani durante le cure sanitarie, utilizzando il “Questionario sulle
conoscenze dell’igiene delle mani per gli operatori sanitari” ed il “Questionario per la valutazione sulla percezione
dell’igiene delle mani e delle infezioni correlate all’assistenza per gli operatori sanitari”; seguiva l’analisi dei dati con
SW Epi-Info con la misura dell’indicatore “Tasso di adesione all’igiene delle mani”.
CONCLUSIONI
I risultati di questa prima fase (pilota) della Campagna nazionale sono positivi. Il programma formativo rivolto a tutto il personale sanitario è in pieno svolgimento con ottimi risultati. Accanto al costante utilizzo della soluzione idroalcolica per l’igiene delle mani presso i reparti il cui personale sanitario aveva già ricevuto la formazione si sono
affissi vari posters (reminders) promozionali ed educativi nel luogo di lavoro. Inoltre, si è condotta l’indagine osservazionale di cui sopra presso la SCDU Rianimazione Cardiochirurgia, con 41 partecipanti e circa 60 ore di osservazione per 873 “osservazioni”. L’adesione all’igiene delle mani è risultata essere in media pari al 18,2% con la
seguente distribuzione per categoria professionale: infermieri: 14%, medici: 22%, OTA/OSS: 24%, Tecnici Radiologia:14%, personale Fisioterapia Respiratoria: 17%. Questi risultati mostrano come sia assolutamente necessario condurre a termine l’implementazione del progetto OMS con la diffusione delle LG.
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REVISIONE INTERNA DEL PROCESSO DI STERILIZZAZIONE CON VAPORE
SATURO NEL PO PROVINCIALE DI GROSSETO: STRUMENTI DI
MIGLIORAMENTO IN QUALITÀ E SICUREZZA
Dott. A. Barbato1, Inf. F. Visani2, IC C. Monaci3, IC. C. Bonelli4, IC. C. Ceccarelli5, IC. S. Peri6, IC. R. Malacarne7, I.C. Conti8, Dott.ssa S.Pilia9
1Direttore Sanitario PO Provinciale della AUSL 9 di Grosseto;2 Infermiera epidemiologa di Direzione Sanitaria,3 Responsabile Infermieristica DipartimentoChirurgia Generale,4 Caposala Sala Blocco Operatorio V° piano, 5 Caposala Sala Blocco Operatorio IV° piano, 6 Caposala Blocco Operatorio III° piano, 7 Caposala Blocco Operatorio II°
piano, 8 Inf. Referente Blocco Operatorio I° piano,9 dirigente medico Direzione Sanitaria di PO.
INTRODUZIONE
Nell’ambito di una revisione interna sullo stato attuale del processo di sterilizzazione nel Presidio Ospedaliero (PO)
Provinciale della AUSL9 di Grosseto, la Direzione Sanitaria ha svolto una analisi di tutte le fasi che costituiscono
il processo, partendo dalla sterilizzazione con vapore saturo sotto pressione. L’indagine è stata articolata in quattro fasi:
• osservazione stato attuale;
• redazione procedura di PO con introduzione del registro cartaceo per l’archiviazione dei test;
• introduzione aggiuntiva di un test specifico per la valutazione di efficacia del processo di sterilizzazione di strumenti cavi;
• introduzione sistema automatico di rintracciabilità dei cicli di sterilizzazione relativi ad ogni singolo lotto.
CONTENUTI
Il PO Provinciale di Grosseto è un ospedale di 362 posti letto di degenza ordinaria e 63 di DH/DS, l’attività chirurgica è organizzata in 13 sale operatorie suddivise in 5 blocchi dotati in tutto di n. 6 autoclavi, altre 7 autoclavi sono
dedicate alle attività di reparto ed ambulatoriale (Pronto Soccorso, Rianimazione, Dermatologia, Dialisi, Genetica,
Elettrofisiologia, Pediatria) per un totale di 13.
Nella fase 1 sono state registrate le pratiche in uso, il volume di attività per ogni singola macchina e le caratteristiche strutturali degli ambienti dedicati al processo secondo quanto previsto dal D.P.R. 37 del 14/0/97 .
Dalla analisi dei dati raccolti sono emerse difformità nella organizzazione del lavoro (archiviazione cartaceo, strumenti rintracciabilità, organizzazione area di lavoro) pertanto è stata redatta una procedura univoca di presidio (P.A.
DS. 35), (fase 2), che prevede anche un apposito registro cartaceo per la raccolta dei controlli di processo (fisici e
biologici).
La proceduta è stata condivisa attraverso numerosi incontri con gli Infermieri Coordinatori responsabili del processo,
ed è periodicamente aggiornata.
In tal senso la verifica di efficacia del processo è stata implementata (fase 3) con l’introduzione di un test aggiuntivo (Helix Test, HT) per la valutazione della penetrazione di vapore nei carichi cavi in armonia con quanto previsto
dalla recente EN ISO 17665-1. L’introduzione dell’Helix Test in associazione al Bowie Dick (BD) tradizionale ha portato alla nostra attenzione la presenza di carichi sterilizzati con difformità di risultato tra il Bowie-Dick tradizionale
e l’Helix Test (BD valido contro HT fallito). In una prima fase di tale sperimentazione la percentuale di test HT falliti è stata del 5%, è attualmente in corso una seconda fase di sperimentazione che sta coinvolgendo tutti i blocchi
operatori.
Nella fase 4, a seguito della constatazione della mancanza di uno strumento unico ed affidabile che garantisse la
rintracciabilità dei cicli di sterilizzazione, è stato introdotto nel Presidio un sistema automatico di registrazione dei
cicli mediante etichettatrice conforme a quanto previsto dalle norme EN-ISO 9001 e EN 13485. Il sistema di documentazione è stato introdotto nel mese di Luglio c.a., è in corso di valutazione. Sta comunque trovando il consenso da parte degli operatori che ne fanno uso.
CONCLUSIONI
Il processo della sterilizzazione è costituito da diversi momenti, tutti importanti per il raggiungimento dell’obiettivo: la sterilità del dispositivo. E’ pertanto fondamentale una analisi globale ed intergrata di tutte le fasi del processo in accordo con la continua evoluzione tecnologica e normativa.
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IL CONTROLLO AMBIENTALE NELLA SORVEGLIANZA E PREVENZIONE
DELLA LEGIONELLOSI: ESPERIENZA DEL PRESIDIO OSPEDALIERO
PROVINCIALE DI GROSSETO
S.Pilia1, C. Buriani2, L.Iannuzzi3, L. Ramazzotti4, F.Visani5, A. Barattelli6, A.Barbato7
1 Dirigente medico, Direzione PO Provinciale di Grosseto, 2 Direttore Sanitario Aziendale AUSL9, 3Direttore Laboratorio di Analisi Ambientali e delle Strutture Sanitarie Aziendali AUSL9, 4 Laboratorio di Analisi Ambientali e delle Strutture Sanitarie Aziendali AUSL9, 6 Direttore PO Colline Albegna, 7Direttore PO Provinciale
INTRODUZIONE
Il controllo ambientale nell’ambito della gestione e riduzione del rischio da “Legionella Pneumophila” riveste un ruolo importante soprattutto in considerazione della complessità strutturale di un ospedale come il Presidio Ospedaliero(PO) provinciale di Grosseto che ha conosciuto dal 1974, anno di inaugurazione, ad oggi, numerosi interventi di ampliamento e ristrutturazione con tutte le criticità ad essi connessi. Al fine di impostare una corretta valutazione del rischio è stato istituito un gruppo di lavoro permanente e multidisciplinare nel PO.
CONTENUTI
Fanno parte del gruppo di lavoro il direttore della UO di Manutenzione, il direttore del Laboratorio di Analisi Ambientali e delle Strutture Sanitarie Aziendali, il direttore del PO e il gestore del contratto del global service di manutenzione. L’obiettivo del gruppo è stato quello di: condividere e definire una valutazione del rischio nel proprio
contesto, elaborare una strategia mirata e aderente con la nostra realtà, produrre un documento finale con la definizione chiara delle responsabilità delle azioni intraprese.
Attualmente nel PO vengono effettuati i campionamenti in 18 punti terminali, definiti “sentinella”, il criterio per la
loro individuazione è stato quello di valutare le criticità dell’impianto idrico (rami morti, vetustà di alcune parti), le
dimensioni del PO (362 posti letto di degenza ordinaria e 63 di DH/DS, con un monoblocco per le degenze ed una
palazzina nuova per le attività prevalentemente ambulatoriali), la criticità dei pazienti trattati (es. immunodepressi,
nati prematuri, etc..). La frequenza del campionamento di base è di 4 volte l’anno, ad ogni rilevamento anomalo
viene tempestivamente ripetuto, così come dopo disinfezione chimica al tempo zero e dopo 15 giorni.
E’ stato inoltre istituito un registro degli interventi in cui è stata esplicitata:
• l’analisi del rischio, partendo dalla serie epidemiologica dei campionamenti dal 2001 ad oggi;
• la frequenza dei campionamenti (variandola in base anche alla apertura/chiusura dei cantieri e alla serie storica
dei risultati dei campionamenti);
• la definizione di aree critiche;
• le misure di controllo adottate e quelle in previsione;
• programmi di controllo della Ditta di Manutenzione con le azioni di miglioramento previste.
In particolare è stato adottato un protocollo di attivazione immediata dell’Area tecnica al primo ritrovamento di un
valore limite al punto di prelievo, mediante un trattamento di disinfezione chimica dell’acqua (clorazione potenziata),
associata al trattamento di bonifica dei terminali (disincrostazione). Questo tipo di intervento dal mese di Luglio c.a.
e’ stato integrato con l’introduzione del sistema di disinfezione in continuo con biossido di cloro. In associazione
al biossido di cloro sono stati posizionati i filtri assoluti nel reparto di rianimazione e nella patologia neonatale a
maggiore garanzia di controllo in luoghi con maggior rischio per i pazienti.
CONCLUSIONI
Gli incontri del gruppo hanno portato ad una revisione della procedura di PO (P.A. DS 29 Rev. 1), ed ad una condivisione delle strategie in atto nella lotta alla legionellosi, identificando nella manutenzione un momento strategico importante per quanto riguarda il controllo ambientale del fenomeno. Questo tipo di strategia ha permesso di
abbattere la carica di circa il 70% rispetto a valori critici del PO. Ad oggi rimangono contenute le positività che riteniamo espressione o di una carica residuale ed in via di ulteriore riduzione o il segnale dello sviluppo di una possibile resistenza. Per questo sarà intensificato il controllo e l’utilizzo delle diverse metodiche in modalità integrata.
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TRA SCIENZA E SOFFERENZA: CONVERSAZIONI DIFFICILI IN MEDICINA
Giulia Lamiani1, Valentina Bettamio2, Mauro Moreno2, Danilo Gariboldi2, Elena Vegni1, Egidio Moja1
1Cattedra di Psicologia e Centro CURA Università degli Studi di Milano
2Direzione Sanitaria - Azienda Ospedaliera San Paolo - Milano
INTRODUZIONE
L’edizione italiana del programma per migliorare le competenze comunicativo-relazionali (PERCS) viene avviata,
per la prima volta in Italia, come progetto di formazione continua voluto dalla Direzione Sanitaria dell’Azienda Ospedaliera San Paolo e programmato e realizzato dal centro CURA dell’Università di Milano e dal Servizio di Psicologia Clinica dell’Azienda Ospedaliera in collaborazione con il Children’s Hospital di Boston. PERCS nasce nel 2002
presso il Children’s Hospital dall’esigenza di migliorare la preparazione dei professionisti sanitari nella gestione di
conversazioni difficili con pazienti e famigliari in diversi ambiti clinici.
CONTENUTI
Il programma prevede incontri di 4 ore ed e’ rivolto a piccoli gruppi interdisciplinari di operatori sanitari con diversi livelli di esperienza e figure esterne quali Eticisti, Avvocati e componenti di Ordini Professionali. Durante la giornata, i partecipanti hanno l’opportunità di affrontare un caso clinico scelto (su argomenti quali la morte in età pediatrica, la patologia cronica, l’acquisizione del consenso informato, la comunicazione dell’errore etc.) attraverso
una serie di colloqui simulati con attori professionisti specificatamente preparati a vestire i panni del paziente e/o
dei famigliari in situazioni cliniche emozionalmente ed eticamente rilevanti. I colloqui simulati vengono videoregistrati e visti contestualmente dagli altri partecipanti. A seguito di ogni colloquio, in un momento di debriefing, i partecipanti, gli attori e i facilitatori hanno modo di riflettere sull’accaduto, evidenziando passaggi significativi di valenza formativa, interrogativi emersi, punti di forza e di difficoltà. La metodologia del programma mira a creare un
clima di apprendimento sicuro e non giudicante, con la sospensione delle gerarchie così che la riflessione possa
emergere unicamente sulla base della propria esperienza. Viene valorizzata l’interdisciplinarietà ritenendo di estremo interesse per ognuno il poter affrontare la stessa tematica da differenti punti di vista e con competenze diverse a confronto. La prima edizione di PERCS, realizzata nel Luglio 2008 sul tema della comunicazione in emergenzaurgenza, ha visto la presenza di 14 partecipanti come numero massimo consentito (di cui 7 medici, 6 infermieri, 1
assistente sociale; media anni di esperienza=25) a fronte di 42 richieste. L’efficacia del corso e’ stata valutata somministrando un questionario post corso. I dati relativi al miglioramento del senso di preparazione, delle abilità comunicative-relazionali, della gestione dell’ansia, e della fiducia nelle proprie capacità sono riportati in Tabella 1.
CONCLUSIONI
Il progetto si fonda sull’esigenza di avviare una riflessione permanente in Ospedale sulle modalità e sul contenuto della comunicazione in un contesto che tende oggi prevalentemente al miglioramento delle capacità tecnicoscientifiche dei propri Operatori. I risultati positivi della prima esperienza dimostrano un vivo interesse confermando
che in Sanità esiste l’esigenza di un percorso formativo di questo tipo. PERCS si propone di promuovere gradualmente
una cultura condivisa ed interdisciplinare su tematiche particolarmente delicate sul piano etico e relazionale, quale aspetto qualitativamente distintivo di una organizzazione che metta pazienti e operatori al centro della propria
attenzione.
Tabella 1. Efficacia del corso
Domanda
Il corso ha migliorato il tuo senso di preparazione
nell’affrontare conversazioni difficili?
Il corso ha migliorato le tue capacità comunicative
nell’affrontare conversazioni difficili con i pazienti e i loro familiari?
Il corso ha migliorato le tue capacità di sviluppare
e mantenere relazioni con i pazienti ed i loro parenti?
Il corso ha migliorato la sicurezza in te stesso
nell’affrontare conversazioni difficili con i pazienti ed i loro familiari?
Il corso ha ridotto il tuo senso di ansia nell’affrontare
conversazioni difficili con i pazienti e i loro parenti?
Consiglieresti questo corso ad altre persone nella tua posizione?
263
% Si
91%
82%
91%
82%
64%
100%
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STRATEGIE DI PREVENZIONE DEGLI ERRORI DI TERAPIA: LA GESTIONE
DEL RISCHIO CON LA SCHEDA UNICA DI TERAPIA.
IL RUOLO DELLA DIREZIONE SANITARIA
Valentina Bettamio*, Pilar Fernandez**, Giovanni Radaelli***
* Direzione Sanitaria Azienda Ospedaliera San Paolo (Milano)
** Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva - Istituto di Igiene - Università degli Studi di Milano
*** Dipartimento di Medicina Chirurgia e Odontoiatria – Azienda Ospedaliera San Paolo - Università degli Studi di
Milano
INTRODUZIONE
Sono numerose le fonti in letteratura che già da anni identificano l’utilizzo della scheda unica di terapia (SUT) come
metodo per ridurre gli errori di terapia.
La Direzione Sanitaria dell’A.O. San Paolo ha scelto di introdurla in via sperimentale in alcune Unità Operative (UU.OO.),
quale elemento costitutivo della cartella clinica integrata, studiato e condiviso da un Gruppo di Lavoro multidisciplinare e interdipartimentale. Ha quindi avviato un’analisi retrospettiva del processo terapeutico prima e dopo l’introduzione della SUT, allo scopo di valutarne l’impatto organizzativo e la reale efficacia, in termini di variazione percentuale di aderenza ai requisiti minimi di qualità e sicurezza.
CONTENUTI
Per analizzare la chiarezza e la comprensibilità delle informazioni contenute nelle cartelle cliniche riguardo la prescrizione e la somministrazione delle terapie, è stata utilizzata la checklist elaborata dal Gruppo Gestione Rischio
Clinico della Regione Toscana. La checklist si basa su una serie di criteri di buona gestione del farmaco, poi divenuti i requisiti minimi di sicurezza della SUT in quanto sinonimo di qualità del processo terapeutico, alcuni dei
quali riferiti ad una singola giornata, altri all’intera degenza.
Sono state incluse nello studio un minimo di 30 cartelle cliniche relative ai ricoveri ordinari avvenuti consecutivamente, ove fosse trascorso un periodo di tempo di almeno 3 mesi dall’introduzione della SUT (esclusi i ricoveri in
day hospital e i ricoveri senza utilizzo di farmaci) (Tab.1).
Per valutare l’impatto organizzativo conseguente all’introduzione della SUT, è stato somministrato un questionario al personale sanitario, con l’obiettivo di annotare criticità e punti di forza.
CONCLUSIONI
I risultati preliminari dello studio condotto presso l’AO San Paolo sono una ulteriore conferma di come la SUT sia
uno strumento che consente, con un approccio proattivo di gestione del rischio clinico, di evitare possibili eventi
avversi legati alle trascrizioni e alla incompletezza del processo terapeutico.
La SUT è un ottimo strumento di comunicazione interna, che integra in un unico documento tutte le informazioni
sul processo terapeutico.
In particolare, analizzando la Tab.2 e il grafico, si nota un miglioramento particolarmente evidente nell’identificazione di: via di somministrazione, medico prescrittore, dose e frequenza di somministrazione, sospensione delle
terapie. In generale migliora la rintracciabilità e l’evidenza delle terapie effettivamente somministrate durante tutta la durata della degenza.
Dalla valutazione qualitativa, nonostante una iniziale perplessità logistica e in particolar modo culturale, è emersa
una valutazione complessivamente positiva e la SUT è oggi uno strumento insostituibile per una corretta e chiara
gestione delle terapie.
Il completamento del percorso di miglioramento della qualità del processo terapeutico iniziato con l’introduzione
della SUT avverrà con l’estensione a livello aziendale della cartella clinica elettronica, che consentirà di eliminare
gli errori legati alla grafia e di introdurre ulteriori e più sofisticati strumenti di controllo a supporto del processo terapeutico.
Nelle realtà dove l’informatizzazione non sia ancora un percorso concreto, l’utilizzo della SUT deve essere oggi considerata, da qualsiasi Direzione Sanitaria che miri alla sicurezza dei pazienti, un pre-requisito organizzativo fondamentale che non è più giustificato ignorare.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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L’HANDICAP INVISIBILE: L’ACCOGLIENZA DELLE PERSONE SORDE
A.Appicciafuoco*, R.Petrarchi°, V.Fusari*, A.Alessandri*, S.Bocci*, S.Naldini*, S.Brugnoli*
Azienda Sanitaria di Firenze - Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio
°U.O. Assistenza Infermieristica Ospedaliera, *Direzione Sanitaria – Progetto Umanizzazione e Accoglienza
L’impossibilità di instaurare una relazione significativa per la difficoltà di comunicare espone le persone sorde ad
una serie di frustrazioni e sofferenze che spesso si traducono atteggiamenti di trascuratezza e rinuncia dei propri
bisogni sanitari.
Nel Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio di Firenze da alcuni mesi un’infermiera che ha seguito il corso LIS (Lingua Italiana dei Segni) si occupa dell’accoglienza di questi pazienti. La lingua dei segni è ritenuta la lingua naturale dei sordi, poiché i segni viaggiano sulla modalità visivo-gestuale. Si tratta di una vera e propria lingua con regole grammaticali, con cui è possibile esprimere in maniera concreta qualsiasi idea o concetto. Al linguaggio dei
segni le persone sorde quasi sempre associano il metodo della lettura labiale; è quindi possibile per i non sordi, a
prezzo di un piccolo sforzo, comunicare con loro, a prescindere dalla conoscenza della lingua dei segni. Alcune
semplici regole da seguire sono state ben illustrate in un opuscolo informativo, realizzato dall’infermiera e stampato dalla Regione Toscana, e distribuito da alcuni mesi agli operatori dei presidi ospedalieri aziendali.
L’attività svolta per l’accoglienza delle persone sorde prevede l’attivazione di canali di comunicazione con i MMG
e con l’E.N.S. (Ente Nazionale Sordi) e consiste nel farsi carico del paziente in tutto il percorso diagnostico-terapeutico, intercettando i suoi bisogni di salute e mettendolo in condizione di interloquire nella maniera più autonoma possibile con la struttura sanitaria usando la propria Lingua. L’infermiera è dedita a tempo pieno allo svolgimento delle varie attività previste (es: prenotazione di visite specialistiche ed esami diagnostici, accompagnamento e assistenza nei luoghi di esecuzione delle prestazioni ambulatoriali, assistenza durante il ricovero per i colloqui
con gli operatori sanitari, assistenza nel corso d’interventi chirurgici e durante il parto), con sede fissa nel Nuovo
Ospedale S. Giovanni di Dio e con interventi su chiamata tramite cellulare aziendale o posta elettronica provenienti
dagli altri PP.OO. aziendali per situazioni “urgenti” o per situazioni meno urgenti che rendono tuttavia possibile una
programmazione (il reparto può programmare uno o più incontri, ad esempio all’inizio e alla fine del ricovero). L’obiettivo è quello di creare una rete di operatori ospedalieri, dopo opportuna formazione sulla lingua italiana dei segni,
che sia in grado di operare autonomamente nelle 6 strutture ospedaliere aziendali. L’individuazione delle persone
da formare avverrà secondo alcuni criteri fondamentali: presenza di operatori in grado di comunicare con la L.I.S.
nelle strutture di front office, di emergenza e nelle aree della degenza ospedaliera, elevato livello di motivazione,
coinvolgimento dei facilitatori dell’accoglienza ospedalieri e territoriali e di personale del volontariato. Tra i compiti della network dei facilitatori, nata nell’ambito del progetto P.Um.A (Progetto Umanizzazione e Accoglienza), vi è
infatti quello di captare un bisogno anche non espresso e ricondurlo ad un canale formale che faciliti appunto l’incontro fra la domanda di salute e la risposta dei servizi sanitari.
Il progetto prevede il monitoraggio delle attività svolte attraverso un report mensile. L’indicatore è il numero di pazienti intercettati/ popolazione con sordità grave o profonda (circa 850 persone). Il risultato atteso in 3 anni è di interecettare almeno il 20% della popolazione target.
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L’HOUSEKEEPER: UNA NUOVA FIGURA PROFESSIONALE
A.Appicciafuoco, V.Fusari, A.Alessandri, S.Bocci, S.Naldini, S.Brugnoli, S.Luci
Azienda Sanitaria di Firenze - Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio
Direzione Sanitaria – Progetto Umanizzazione e Accoglienza
Nel 2006 nell’ambito del Progetto Umanizzazione e Accoglienza dell’Azienda Sanitaria di Firenze, sulla scorta di
esperienze estere che hanno tradotto in ambito sanitario una professionalità del settore alberghiero, è stata pensata una nuova figura professionale: l’housekeeper, ossia il “governante” o, per meglio dire, “l’amministratore di
condominio” di presidio ospedaliero. Questa figura, pensata per gestire alcuni aspetti alberghieri e logistici della
funzione ospedaliera e per presidiare l’ordine e il decoro degli spazi comuni, è stata sperimentata nel 2007 nel Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio ed è stata successivamente estesa alle altre strutture ospedaliere aziendali.
La sperimentazione ha permesso di definirne meglio le funzioni attraverso il riesame della job description e l’elaborazione di un manuale operativo comune che per ciascuna funzione definisce criteri, strumenti e soggetti interlocutori.
Il valore di questa nuova figura professionale sta nella sua funzione strategica di presidiare zone d’ombra non ben
definite nelle quali i problemi possono non trovare soluzioni, come spesso accade per gli spazi comuni che finiscono con l’essere spazi di nessuno.
I compiti dell’housekeeper:
Funzioni gestionali: decide la corretta ubicazione delle cassette per la posta interna, di bacheche, quadri, poster
o altri oggetti a parete; gestisce il censimento, il corretto uso e posteggio di lettighe e carrozzine, non assegnate
ai reparti; garantisce la presenza di letti di riserva per sopperire alle urgenze che si verificano nei reparti di degenza, dovute a rotture improvvise; gestisce il fabbisogno di letti di scorta per la maxi-emergenza; propone migliorie
ed effettua acquisti per l’abbellimento degli spazi comuni; fa installare piante o altro verde negli spazi comuni e sorveglia il loro mantenimento.
Funzioni di sorveglianza e controllo degli spazi comuni relativamente al decoro e alla manutenzione degli ambienti e alla logistica: controlla la funzionalità dei servizi igienici; propone, in accordo con l’ufficio ecomanagement del
presidio ospedaliero, interventi di pulizia al di fuori della normale routine; controlla che chiunque effettui volantinaggio o campagne di raccolta fondi, abbia un’autorizzazione della direzione del presidio e controlla che sia rimosso
materiale informativo/pubblicitario non autorizzato; controlla il funzionamento di infissi, finestre, porte e serrature
e fa effettuare piccoli interventi elettrici, idraulici, di falegnameria, d’imbiancatura e ripristino locali; controlla la funzionalità e il decoro dei distributori di bevande e alimenti; controlla il mantenimento del decoro delle sedute e degli arredi negli spazi comuni; controlla lo stato dei pavimenti e delle scale; fa rimuovere materiale impropriamente
accumulato o depositato in corridoi, sale d’attesa, terrazze o vie d’accesso; controlla periodicamente lo stato della segnaletica; supervisiona i traslochi e i trasferimenti all’interno del presidio; riceve le segnalazioni di dismissione di arredi o altro materiale, ne dispone la collocazione in un deposito temporaneo e ne verifica le condizioni per
stabilirne l’eventuale recupero o il definitivo smaltimento.
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SISTEMA INFORMATIZZATO DI SEGNALAZIONE DEGLI EVENTI E DEI
NEAR-MISS NELLA GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO
M.Castoldi*, MT.Cuppone**, L.Carpinelli**, M.Pinon**
*Direzione Sanitaria, Istituti Clinici Zucchi, Via Zucchi 24, 20052 Monza (MI)
**Direzione Sanitaria, IRCCS Policlinico San Donato, via Morandi 30, 20097 San Donato Milanese (MI)
INTRODUZIONE
I sistemi di gestione del rischio clinico (SGRC) comprendono una prima fase di identificazione dei rischi che richiede
la raccolta di informazioni, ad esempio tramite la raccolta volontaria di segnalazione di eventi avversi denominata incident reporting. Va sottolineata l’importanza di segnalare non solo gli eventi avversi — incidenti avvenuti —
ma soprattutto i near miss.
CONTENUTI
Sono descritte le modalità con cui è stato configurato il Software (SW) aziendale (Qualibus™) che gestisce le informazioni e i flussi di attività del Sistema di Gestione per la Qualità (SGQ), in modo da renderlo adatto per l’attività di incident reporting nel SGRC.
Il SW è fornito di un modulo per la segnalazione di EVENTI nel SGQ (ad esempio Non Conformità). A questo modulo è stata associata un’utenza anonima, in modo che il personale sanitario possa accedere al SW senza poter
essere identificato. Il modulo è stato configurato per accettare la segnalazione anonima di
• Eventi Sentinella
• Eventi Avversi
• Near Miss
L’EVENTO apre un flusso di lavoro (work-flow) specifico, che comprende maschere strutturate (diverse per ogni categoria di Evento) per
• l’analisi delle cause
• la rimozione di esse
• la gestione di azioni di protezione e di prevenzione
• la valutazione dell’efficacia di queste azioni
• in modo da permettere la riprogettazione delle attività a rischio basata sull’evidenza.
La maschera relativa all’Analisi delle cause offre la possibilità di registrare le osservazioni associate all’EVENTO; ad
esempio:
• Quali sono i fattori più direttamente collegati all’evento?
• Quali sistemi e processi sono alla base dei fattori più direttamente collegati all’evento?
Il trattamento immediato per la rimozione delle cause prossime può essere registrato.
La maschera relativa alle Disposizioni offre la possibilità di attivare e assegnare alla responsabilità degli operatori
ospedalieri le azioni di correzione o prevenzione correlate all’EVENTO; esse sono promemoria di attività da eseguire, o vere e proprie indicazioni di compiti da svolgere. Ognuna di queste azioni è assegnata ad un operatore specifico, detto Esecutore, al quale può pervenire un promemoria per e-mail e comunque comparirà la notifica della
disposizione in occasione di accesso al SW.
Il responsabile del SGRC assegna come Disposizioni anche le attività di valutazione dell’efficacia delle azioni descritte al punto precedente.
CONCLUSIONI
L’implementazione del sistema di segnalazione è stata completata presso un altro ospedale del Gruppo San Donato. Nei prossimi mesi essa sarà resa disponibile anche presso l’IRCCS Policlinico San Donato. L’agevolezza con
cui il SW è adattabile alle diverse esigenze permette di apportare le modifiche necessarie.
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IL PROGETTO “LINEE GUIDA” DELL’ASL VALLECAMONICA-SEBINO IN
APPLICAZIONE DEGLI STANDARD JOINT COMMISSION INTERNATIONAL
Romana Coccaglio*, Bruna Bertoli **, Dariella Salvini**
*Direttore Sanitario ASL Vallecamonica-Sebino – Breno (Brescia), Responsabile Gestione Qualità
**Ufficio Qualità ASL Vallecamonica-Sebino – Breno (Brescia)
INTRODUZIONE
La Regione Lombardia, con il supporto tecnico di Joint Commission International (fig. n. 1), ha avviato nel giugno
del 2004 la prima fase del programma per l’implementazione del sistema di valutazione delle aziende sanitarie pubbliche e private, finalizzato alla verifica dell’adozione e del mantenimento di programmi di miglioramento della qualità e della sicurezza del paziente e degli operatori. L’obiettivo della Regione Lombardia è di creare un processo
continuo di miglioramento delle performances e di aumentare il livello del soddisfacimento delle esigenze di assistenza sanitaria dei suoi nove milioni di cittadini (fig. n. 2), attraverso l’identificazione di standard afferenti a sei specifiche aree.
GLI STANDARD JCI NELL’ASL DI VALLECAMONICA-SEBINO: IL PROGETTO LINEE GUIDA
La Direzione dell’ASL Vallecamonica-Sebino, dopo aver raggiunto con successo i primi standard, affronta la seconda fase con uno progetto, affidato all’Ufficio Qualità che coordina specifici team multidisciplinari. Lo standard
relativo alle “LG e percorsi diagnostico terapeutici”, per l’impatto sulla pratica clinica, per la sua trasversalità e per
le potenzialità di sviluppo di percorsi condivisi, è una straordinaria occasione per perseguire l’obiettivo della continuità assistenziale. L’Ufficio Qualità (UQ) ha emesso allo scopo una Procedura sulla Gestione Linee Guida (LG)
che, a pieno titolo, s’inserisce quale step imprescindibile, nel più ampio progetto sul miglioramento della qualità e
sicurezza del paziente. Il documento descrive le modalità di gestione dell’utilizzo di LG esistenti e di provata validità per la diagnosi e la cura delle patologie epidemiologicamente più rilevanti, promuove la redazione di LG interne ove non ve ne siano di disponibili e il loro costante aggiornamento. Nella Fig. n. 4 si sintetizzano i principali
aspetti del progetto attuato dall’ASL di Vallecamonica-Sebino.
CONCLUSIONI
Il progetto LG” dell’ASL di Vallecamonica-Sebino è lo “star up” per l’implementazione di un gruppo di standard JCI
particolarmente “sfidanti” sul piano scientifico e organizzativo, con l’obiettivo di valutare criticamente le informazioni scientifiche disponibili. La metodologia adottata è tra i fattori determinanti il successo dell’iniziativa. La costituzione di team multidisciplinari con il mandato di valutare la qualità, quantità e rilevanza delle informazioni scientifiche e di identificare gli indicatori atti a monitorarne l’applicazione, hanno consentito l’utilizzo di LG aggiornate
e congruenti con l’organizzazione aziendale e con la pratica clinica e assistenziale. Lo sviluppo del progetto non
potrà che essere un’auspicabile apertura e collaborazione con la sanità territoriale per una concreta condivisione
di percorsi clinico-assistenziali e terapeutici, atti a garantire la standardizzazione delle prestazioni sanitarie offerte
al cittadino, alla luce delle più aggiornate e recenti acquisizioni scientifiche.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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LA TELEMEDICINA COME STRUMENTO DI INTEGRAZIONE OSPEDALETERRITORIO: L’ESPERIENZA DELL’ASL DI VALLECAMONICA-SEBINO
R.Coccaglio*, C.Tridico**,G.Borghi***, S.Scalvini****, F. Glisenti*****.
*Direttore Sanitario ASL Vallecamonica-Sebino
** Dirigente UO Programmazione e Sviluppo Piani Regione Lombardia
*** CEFRIEL
****Fondazione Maugeri
*****HTN
Nell’era della sanità che cambia e dell“Information and Communication Technology”, la domanda di un’assistenza accurata, puntuale ed efficiente, che non si limiti alla sola cura degli episodi acuti, ma tratti la salute come un
bene da gestire e conservare, richiede nuovi approcci al problema. La telematica, convergenza tra tecnologie informatiche e di telecomunicazione, permette l’abbattimento delle barriere geografiche e può diventare strumento
fondamentale per la gestione della salute del cittadino. La telemedicina, applicazione della telematica alla sanità,
è in grado di soddisfare il bisogno crescente di soluzioni che mettano in contatto pazienti, medici e competenze
specialistiche, indipendentemente dal luogo in cui essi si trovano. Partendo da un’esigenza basata su evidenze cliniche, si possono sviluppare modelli organizzativi ed applicativi efficaci, con risparmi economici e aumento di funzionalità del SSN.
CONTENUTI
Il progetto “Boario Home Care” nasce nel 1998 con la messa in rete di 20 Medici di Medicina Generale (MMG) camuni per l’assistenza domiciliare cardiologica, finalizzata a prestazioni diagnostiche e clinico-strumentali in tempo reale. Il progetto è stato realizzato con la collaborazione tra Fondazione Maugeri e “Health Telematic Network”,
partner tecnologico dell’iniziativa. Da questa ed altre esperienze, la Regione Lombardia, col supporto di CEFRIEL,
ha sperimentato modelli innovativi e fra questi il progetto TELEMACO (TELEMedicina Ai piccoli COmuni lombardi www.telemaco.regione.lombardia.it) con l’obiettivo di offrire adeguati livelli di assistenza ai residenti nei piccoli
comuni lombardi, per contrastare i fenomeni di abbandono del territorio dovuti a difficoltà geografiche, socioeconomico e infrastrutturali. L’ASL Vallecamonica-Sebino è il destinatario d’elezione trattandosi di una comunità di piccoli centri, difficili da raggiungere, ma con esperienze pregresse (progetti Boario Home Care e Summa). Inoltre è
unica fra le aziende sanitarie lombarde, in quanto gestisce un presidio ospedaliero, costituito dalle strutture di Edolo ed Esine. Il territorio comprende 42 Comuni, 99.129 abitanti, con densità di circa 74 ab./kmq e comuni montani, con insediamenti di scarse dimensioni (“comunità di gronda”). L’ASL Vallecamonica–Sebino aderisce dal 2006,
ai servizi offerti da Telemaco ed indicati di seguito nella tabella n. 1.
CONCLUSIONI
Le indagini svolte presso i partecipanti al progetto Telemaco confermano la piena soddisfazione dei cittadini per
le cure ricevute e una valutazione positiva da parte dei medici e operatori sanitari partecipanti che hanno consentito
queste innovazioni. Grazie alle esperienze sopra descritte l’ASL Vallecamonica–Sebino è oggi una azienda con le
potenzialità per sviluppare ulteriormente i servizi della Telemedicina, anche per l’esistenza di una buona rete territoriale tra MMG e Ospedale.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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LA GESTIONE DELLA QUALITÀ E DELLA SICUREZZA NELL’ASL DI
VALLECAMONICA – SEBINO (BRESCIA)
R.Coccaglio*, B.Bertoli **, D.Salvini**
*Direttore Sanitario ASL Vallecamonica-Sebino – Breno (Brescia), Responsabile Gestione Qualità
**Ufficio Qualità ASL Vallecamonica-Sebino – Breno (Brescia)
INTRODUZIONE
In un contesto caratterizzato da una crescente pressione economica e da una competitività sempre più marcata,
le aziende stanno implementando programmi di miglioramento continuo, al fine di ottimizzare la qualità dei prodotti e servizi offerti, incrementare la produttività e ridurre i costi.
Fornire prestazioni di qualità diviene, pertanto, una responsabilità primaria delle istituzioni sanitarie che non può
prescindere dal dovere morale ed etico di fornire la massima protezione possibile da eventuali danni conseguenti ad errori umani e di sistema.
IL GOVERNO CLINICO NELL’ASL DI VALLECAMONICA - SEBINO
L’ASL ha attivato un progetto, per l’implementazione e l’integrazione del Sistema di gestione per la qualità (SGQ)
con gli standard Joint Commission International (JCI) ed il Rischio clinico (RC), all’interno delle proprie Unità Operative. La gestione del RC, attuata con il SGQ, permette di tenere sotto controllo le attività assistenziali critiche,
attraverso l’uso di indicatori specifici e di garantire il miglioramento continuo delle prestazioni fornite al cliente finale. Poiché alla base degli errori c’è un sistema difettoso, il primo passo per la realizzazione di un programma di
prevenzione deve essere l’identificazione di tali difetti (non conformità) e la messa in atto di strategie per prevenirli. Il metodo più efficace per ridurre i punti deboli è identificare, analizzare e semplificare i processi. In questa prospettiva risulta fondamentale la metodologia della Norma UNI EN ISO 9001:2000. Nel SGQ una delle regole fondamentali nella gestione dei processi è quella di dotarsi di strumenti di governo che siano in grado di fornire ai ”clienti” una ragionevole sicurezza circa l’ottenimento del risultato atteso. La struttura organizzativa a supporto dello sviluppo di programmi ed attività del Governo clinico (GC) dell’azienda è descritta di seguito nella Tab.1 e nella Fig.1.
CONCLUSIONI
La qualità dell’assistenza fornita presso l’ASL di Vallecamonica-Sebino è il risultato finale dell’integrazione del SGQ,
con gli Standard JCI e il Rischio Clinico e di un complesso intreccio di fattori che riassumono le capacità di gestione di un sistema sanitario, il grado di razionalità nell’uso delle risorse disponibili, le sue competenze nel governo
delle innovazioni biomediche e di gestione del rischio. La Direzione Generale dell’ASL ha promosso e sostenuto il
progetto d’integrazione al fine di creare un sistema di GC di successo, in grado di ottenere la fiducia degli operatori e di raggiungere miglioramenti reali nell’attività assistenziale erogata al cliente finale.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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LA GESTIONE DEL RISCHIO DA ANESTETICI ALOGENATI:
MITO O REALTÀ?
Contegiacomo P1, Camaioni D1, Sessa M1, Wachocka M2, Lembo M2, Di Donato M2, Schiano A2, Ricciardi
G2, Moscato U2.
1Complesso Integrato Columbus (CIC) – Dir. San. Dr. P. Contegiacomo- Roma
2Istituto di Igiene (Dir. Prof. G. Ricciardi) - Facoltà di Medicina e Chirurgia “Agostino Gemelli” - Università Cattolica del Sacro Cuore sede di Roma
INTRODUZIONE
L’anestesia generale, se da una parte ha consentito interventi chirurgici di durata e complessità sempre maggiore, ha dall’altra generato una certa apprensione per l’esposizione del personale di sala operatoria e, conseguentemente, per il tipo di gestione e tutela della sicurezza da attuare. Lo scopo del presente studio è stato di valutare, al fine di stabilire i livelli di esposizione del personale e chiarire l’eventuale esistenza di rischio, le condizioni di
diffusione di alcuni anestetici alogenati attraverso analisi statistica georeferenziale (funzioni aleatorie di ordine k).
CONTENUTI
La geostatistica permette di definire le aree di iso-stima delle concentrazioni dei gas alogenati in tutti i punti della
sala operatoria, consentendo di generare un modello spazio-temporale dei flussi di diffusione dei vapori anestetici alogenati in ambiente. Il monitoraggio ambientale dei vapori alogenati è stato eseguito utilizzando uno spettroscopio fotoacustico Bruel & Kjaer, per una durata al minimo di 4 ore a sessione operatoria, attraverso sei sonde di misura contemporanea disposte in ambiente in “area breathing zone” (circa 150 cm da terra). Il campione in
esame è stato di 54 sessioni operatorie ed i vapori alogenati studiati (desflurane e sevoflurane) sono stati utilizzati in modo randomizzato per tipologia di sala operatoria (tipo di impianto di climatizzazione, ecc) e per difficoltà di
intervento e di procedura anestesiologica. I valori rilevati sono stati pressoché omogenei, tranne che per il sevoflurane dove, nei punti vicini al vaporizzatore (media 3.01 ppm) ed alla macchina di anestesia (media 2.38 ppm),
risulta esserci un accumulo di gas in quantità maggiori rispetto agli altri punti. Nella sala operatoria i valori medi di
sevoflurane riscontrati nei punti di campionamento variano da 0.43 ppm a 2.38 ppm, mentre per quanto riguarda
il desflurane i valori medi variano da un minimo di 0.17 ppm, a un massimo di 0.19 ppm.
CONCLUSIONI
Le concentrazioni di entrambi gli alogenati aumentano nella fase di intubazione del paziente e diminuiscono drasticamente nella fase post-operatoria. I valori più elevati sono stati rilevati nei pressi della macchina di anestesia
durante il processo di vaporizzazione dell’alogenato. Così si genera un maggior accumulo localizzato nei pressi
della macchina di anestesia ed in altre zone della sala dove non c’è un passaggio continuo del personale di sala
o dove vi è stasi dei flussi di aria (processi di cavitazione). In sintesi:
Le concentrazioni medie ambientali dei vapori alogenati, in un intervento chirurgico a media complessità, risultano essere, in funzione delle attuali tecnologie impiantistiche e strumentali adottate, estremamente basse se non
irrisorie
Le attuali geometrie dei flussi di aria climatizzata tendono a spingere gli anestetici residui in aree ambientali in cui
in genere non staziona il personale
La maggior parte dell’esposizione indebita è spesso dovuta ad assenza di impianti od inefficacia di questi; errori
di gestione e manutenzione degli stessi; ovvero ad imprecisioni od ad errate abitudini comportamentali.
Pertanto, una gestione accurata degli impianti e dell’attività del personale permetterebbe di ridurre il rischio di esposizione ad una condizione residua e trascurabile.
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VALUTAZIONE DELLA QUALITÀ DELLE ATTIVITÀ DI PROCUREMENT:
L’ESPERIENZA DEL NIGUARDA DI MILANO
C. Nicora (*), R. Cosentina (**), E. Masturzo (**), M.P. Moretti (***)
* Direttore Sanitario
** Direzione Medica di Presidio Ospedaliero
*** S.S. Coordinatore del prelievo
INTRODUZIONE
L’obiettivo primario degli ospedali afferenti al sistema dei trapianti rispetto all’oggetto della donazione è quello di
rendere disponibile il maggior numero possibile di organi prelevabili attraverso l’identificazione di tutti i potenziali
donatori e la contemporanea riduzione del gap esistente fra i donatori segnalati ed i donatori effettivi.
Tecnicamente, infatti, la definizione di donatore è compresa all’interno della seguente tassonomia:
donatore segnalato: soggetto sottoposto ad accertamento di morte cerebrale, segnalato dal coordinatore locale al centro regionale di riferimento come potenziale donatore;
donatore effettivo: donatore dal quale è stato effettivamente prelevato almeno un organo solido indipendentemente
dall’utilizzo finale dell’organo;
donatore utilizzato: donatore dal quale è stato prelevato almeno un organo solido destinato al trapianto.
Questo contributo affronta il tema della donazione prendendo spunto dalla pluriennale esperienza sul campo dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano, da sempre importante centro nazionale ed internazionale di riferimento per le attività di prelievo e trapianto.
Partendo dai dati elementari sui decessi e sui prelievi di organo viene definito un set di indicatori per il monitoraggio delle attività di procurement.
CONTENUTI
Per misurare il successo delle iniziative intraprese all’interno dell’organizzazione e, quindi, l’efficacia delle strategie di procurement è imprescindibile selezionare preventivamente i parametri e gli indicatori necessari al monitoraggio delle attività. Le misure prescelte devono soddisfare alcuni requisiti di massima:
essere congruenti con le priorità dell’organizzazione;
importanti operativamente;
facili da rilevare e mantenere;
facili da comprendere;
utili per il miglioramento;
essere flessibili,
poco numerose.
Di seguito sono enunciati, a titolo esemplificativo, i dati elementari ed i parametri necessari alla valutazione della
performance dell’organizzazione preposta alle attività di reperimento e prelievo di organi (tabella 1 e 2).
CONCLUSIONI
Il volume delle attività di donazione è inevitabilmente condizionato dalla casistica trattata dall’ospedale sede delle attività di prelevo e trapianto (numero e tipologia dei ricoveri, età dei pazienti, patologie concomitanti) e dal numero di decessi verificatisi durante il ricovero. Come si evince dalla statistica presentata in tabella 3, i dati di mortalità si presentano sostanzialmente stabili nel tempo.
Di particolare rilevanza è, invece, il trend incrementale dei decessi per cause encefaliche; L’aumento registrato nel
corso degli ultimi anni (riconducibile, verosimilmente, ad un aumento degli incidenti stradali e degli accidenti cerebrovascolari) potrebbe indurre ad una riorganizzazione nel senso di una semplificazione dei percorsi assistenziali e ad una rivalutazione delle risorse assegnate.
Partendo dal dato elementare di mortalità si arriva, dunque, ad intercettare il donatore attraverso un percorso di
selezione piuttosto rigido finalizzato a salvaguardare la qualità e la scurezza degli organi.
I buoni risultati dell’attività di prelievo (tabella 4) parlano da soli e ripagano ampliamente degli sforzi fatti nel corso
degli anni.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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SORVEGLIANZA DELLE ISC IN ADERENZA AL PROGETTO
NAZIONALE INF-OSS ED ESPERIENZA DELL’AOU VITTORIO
EMANUELE DI CATANIA, CAPOFILA DELLA REGIONE SICILIANA
Cunsolo R.*, Mangano G.°, Ruffino M. , Palmieri A.˘, Trombetta A.˜,
Tomarchio V.°, Abbate C.°, Barchitta M.^, Agodi A.^, Bellocchi P.*, Coco G.*
*Direzione Medica di Presidio V.Emanuele, ° Direzione Medica di Presidio S.Bambino, ˉ Chirurgia Pediatrica, ˘Chirurgia d’Urgenza, ˜Chirurgia Toracica, AOU “Vittorio Emanuele, Ferrarotto, S.Bambino”- Catania —- ^Dipartimento di Scienze Bio-Mediche, Università degli Studi di Catania
INTRODUZIONE
Nell’ambito delle Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA) le Infezioni del Sito Chirurgico (ISC) rappresentano una delle complicanze più frequenti, rendendosi infatti responsabili di varie conseguenze in termini di aumento sia della
degenza che dei costi legati all’assistenza oltrecché di eventuali decessi. A seguito dell’adesione della Regione Siciliana al Progetto Nazionale “INF-OSS”, promosso dal Ministero della Salute quale strumento per meglio sostenere politiche di consolidamento dei sistemi di sorveglianza delle ISC nonché di controllo e prevenzione delle ICA,
l’Azienda, in ragione dell’esperienza finora maturata, ha svolto il ruolo di Capofila regionale per il coordinamento
dello studio di incidenza delle ISC presso le 11 strutture sanitarie aderenti pubbliche e private, di cui n.6 Aziende
Ospedaliere, n.2 PP.OO di ASL, n.2 case di cura, n.1 Centro di Eccellenza.
CONTENUTI
Lo studio di sorveglianza sull’incidenza delle ISC presso l’AOU Vittorio Emanuele, così come nelle altre strutture
partecipanti, si è svolto dal 1 ottobre al al 31 dicembre 2007. L’indagine ha coinvolto le UU.OO. di I Chirurgia (P.O.
V. Emanuele) e di II Divisione Ostetricia (P.O. S.Bambino) rispettivamente per lo studio delle seguenti procedure:
chirurgia addominale e taglio cesareo. La raccolta dei dati, realizzata sulla scorta di schede ad hoc contenute all’interno del Protocollo Sperimentale nazionale, è stata curata da personale esperto della nostra Azienda e dell’Università
di Catania. Inoltre, contestualmente alla scheda di rilevazione dei dati sulla sorveglianza delle ISC prevista dal Protocollo del CCM, i rilevatori hanno anche utilizzato un’ulteriore scheda per la antibiotico-profilassi peri-operatoria.
La raccolta dei dati è avvenuta attraverso un sistema accessibile via web, messo a disposizione con le relative istruzioni operative da parte dell’ateneo catanese presso il data-base del LaPoss, con il successivo invio all’ASR Regione Emilia Romagna per la elaborazione e il report finale.
CONCLUSIONI
Come risulta dai dati preliminari, sono stati arruolati in totale n. 119 pazienti, sottoposti a interventi chirurgici presso reparti di chirurgia e ostetricia e ginecologia. Alla fase osservazionale intra-ospedaliera, è seguita la sorveglianza
in post-dimissione, condotta con l’ausilio di schede realizzate ad hoc inerenti a: descrizione degli accessi ambulatoriali; registrazione delle medicazioni (compreso il rilievo della temperatura corporea); inchiesta telefonica.
L’adozione quindi del “Protocollo sperimentale - Sistema nazionale di sorveglianza delle ISC” del CCM (versione
del 30.04.2007) ha comportato per le strutture siciliane un’opportunità di crescita e, nel caso dell’AOU Vittorio Emanuele, di rafforzamento della cultura della sorveglianza delle ISC, quale utile strumento per la prevenzione ed il controllo delle ICA nell’ambito delle linee di attività finalizzate a garantire sicurezza a pazienti ed operatori e di clinical
governance dei processi utili a controllare e gestire il rischio clinico.
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POLITICHE DI GESTIONE DEL RISCHIO INFETTIVO
E SPERIMENTAZIONE DI UN METODO PER LA SANIFICAZIONE
DI AMBIENTI DI SALA OPERATORIA
Cunsolo R.*, Santoro A.*, G. Guzzetta°, T. Berluti°, S.Scarlata^, Saglimbeni G.^
*Direzione Medica di Presidio - ° Complesso Operatorio Centrale - ^Direzione Sanitaria –
AOU “Vittorio Emanuele, Ferrarotto, S.Bambino”- Catania
INTRODUZIONE
Nell’ambito delle politiche sanitarie improntate alla gestione del rischio infettivo, l’AOU Vittorio Emanuele ha nel tempo avviato diverse inziative per la sorveglianza e controllo delle criticità dovute all’insorgenza di infezioni correlate all’assistenza. Particolare attenzione viene attribuita alle fasi di sanificazione degli ambienti delle sale operatorie con riferimento alla pulizia di pavimenti e pareti. In tale constesto è stata condivisa la proposta per una sperimentazione e valutazione empirica, all’interno del Complesso Operatorio Centrale (COC), circa la funzionalità e l’efficacia di Vileda Swep System; un sistema che, sviluppato per la sanificazione degli ambienti ad alto rischio, prevede l’utilizzo di frange piatte in microfibra per scopatura e lavaggio del pavimento nonché di panni sempre in microfibra per spolveratura di arredi (pre-impregnati con soluzione detergente e/o disinfettante). Il sistema sperimentato
constava di una singola frangia e di un singolo panno per colore per ogni stanza, al fine di: ottenere il massimo risultato in termini di pulizia e igiene; evitare rischi di contaminazioni crociate e di mancanza di acqua sul carrello;
orientare l’intervento ad un soddisfacente abbattimento della carica microbica.
CONTENUTI
Dopo sopralluoghi e visite eseguiti da parte di personale esterno Vileda, insieme alla Direzione Medica di Presidio
si è convenuto di utilizzare il sistema Vileda Swep per la pulizia del reparto operatorio, definendo modalità operative, tipologia e classificazione degli ambienti, fasce orarie di intervento del personale. In particolare, sono stati impiegati: la frangia Micro Mop per la scopatura; la frangia Microfinn Mop per il lavaggio del pavimento; i panni in
microfibra Quickstar Micro per la spolveratura degli arredi. Le fasi della sperimentazione sono state precedute da
incontri informativi con il personale del COC (in momenti diversi in base alla turnazione), con la presentazione del
Swep System: il carrello, i suoi componenti e le procedure necessarie. Particolare attenzione è stata prestata durante la presentazione del protocollo per la sperimentazione, seguita dalle fasi di esposizione della metodologia di
utilizzo e di dimostrazione pratica della procedura d’impregnazione di frange e panni.
CONCLUSIONI
Il sistema è stato usato dal personale ausiliario del COC che, abituato al tradizionale sistema ad acqua, ha dovuto superare la prevedibile barriera psicologica del cambiamento. La metodologia proposta prevedeva l’uso di una
frangia pulita e la sua sostituzione ad ogni intervento, al fine di garantire un maggior livello di igiene in sala operatoria. Principali vantaggi del sistema (compreso l’uso di panni in microfibra per la spolveratura di letto operatorio
e porte) sono risultati: velocità di esecuzione (non si ricorre a strizzatori o presse) utile soprattutto per abbreviare
l’intervallo tra un intervento chirurgico e l’altro; ergonomicità del sistema swep; ridotto peso di attrezzature e frange; impatto positivo e gradimento da parte del personale addetto. Da un lato l’analisi dell’appropriatezza anche
relativamente alla comparazione dei costi e dall’altro ulteriori prove sull’efficacia del sistema di sanificazione, in termini di contestuale rilevazione del grado di abbattimento della carica microbica, potranno confermare la validità
del metodo che comunque ha il suo punto forte nell’abbattere i tempi di esecuzione delle fasi di pulizia e lavaggio
degli ambienti operatori.
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LOTTA ALLE INFEZIONI CORRELATE ALL’ASSISTENZA: L’ESPERIENZA
DELL’AOU VITTORIO EMANUELE DI CATANIA NELLA FORMAZIONE DEGLI
OPERATORI SANITARI
Cunsolo R.*, Mangano G.°, Santoro A*, Frasciana S.*, Galeano S.*, Spitaleri A.^, Pignataro P.^
*Direzione Medica di Presidio V.Emanuele, ° Direzione Medica di Presidio S.Bambino, ^ Centro ECM, AOU “Vittorio Emanuele, Ferrarotto, S.Bambino”- Catania
INTRODUZIONE
Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) costituiscono una problematica della sanità pubblica in quanto responsabili fondamentalmente di due conseguenze: la prima è il carico di sofferenza e disagio provocato tra i pazienti
(morbosità e mortalità); la seconda è l’incidenza sulla spesa sanitaria. Oltre alle normative nazionali, anche il PSR
2000/2002 della Sicilia e diverse circolari regionali hanno evidenziato la necessità di attuare strategie idonee a ridurre l’incidenza delle ICA. L’Azienda ha intensificato le proprie linee di attività, realizzando studi epidemiologici delle ICA, svolgendo audit per alcuni processi (sterilizzazione a freddo e a vapore), elaborando e diffondendo ai reparti procedure inerenti a pratiche e/o manovre assistenziali, attribuendo particolare rilevanza alla formazione del
personale infermieristico. I percorsi formativi rivolti al peronale infermieristico e accreditati dal 2002 ad oggi sono
stati finalizzati a far aumentare conoscenze in materia di igiene ospedaliera e in ordine a diverse fasi di approccio
con il paziente.
CONTENUTI
Nell’arco di 7 anni, il CIO dell’Azienda, in collaborazione con le Direzioni Mediche di Presidio e con il prezioso supporto logistico-organizzativo del Centro Ecm aziendale, ha organizzato n.30 edizioni di eventi formativi, ciascuna
sempre articolata in due giorni per un totale di n.16 ore. Inoltre, a seguito di un corso per formatori offerto da organizzazioni specializzate nel settore, è stato reso quasi ciclico lo svolgimento delle singole edizioni. Esse sono
tenute da personale esperto dell’Azienda sia medico (igienisti, patologi clinici, anestesisti, chirurghi, infettivologi,
farmacisti, ematologi) che infermieristico, con una media di circa n.20 docenti per edizione. Ciascuna edizione ha
coinvolto come partecipanti un numero medio di circa 30 discenti, per un totale complessivo, nei 7 anni, di circa
1.000 infermieri formati. I contenuti delle 30 edizioni hanno fatto riferimento a: definizione dei principali concetti di
microbiologia, epidemiologia e sorveglianza delle ICA, antibiotico-terapia; corretto svolgimento di pratiche assistenziali (lavaggio delle mani; cateterizzazione; preparazione, lavaggio, disinfezione, sterilizzazione e confezionamento dello strumentario chirurgico; sanificazione delle sale operatorie); appropriato utilizzo dei disinfettanti. Occasioni di partecipata interattività sono risultate l’uso di una guida interattiva (con parti mancanti delle relazioni da
completarsi a cura del discente) e la simulazione di un casso clinico in reparto con successiva presentazione. Il
numero dei crediti ECM attribuiti ad ogni edizione annuale è risultato in media di 14 punti per partecipante. Nel corso di ogni singola edizione sono stati presentati i risultati dei pre e dei post-test.
CONCLUSIONI
La formula di ogni modulo, riproposta ma aggiornata ad ogni edizione annuale, è risultata particolarmente utile ai
fini del perfezionamento del livello di conoscenze in materia di igiene ospedaliera. Ogni evento formativo ha costituito una valida opportunità su vari fronti: per divulgare la presentazione di aspetti innovativi e sperimentali nell’uso di tecnologie; per diffondere in maniera capillare e dettagliata procedure operative aziendali e per intercettare eventuali asimmetrie informative; per consolidare la cultura della gestione del rischio clinico e quindi infettivo;
per stimolare l’interattività tra docenti anche di confronto e scambi di esperienza.
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CAOS, COMUNICAZIONE, CONOSCENZA, CALMA: QUEL “FATTORE C”
NELLA GESTIONE DI UN CASO CLINICO DI “CRI. MY.NE.”
Santangelo C. °, Geraci A.M.^, Ricifari L. , Iacobello C. , Sicurezza E.˜ Cunsolo R.*
°Patologia Clinica, ^Medicina d’Urgenza e PS, ˉ Malattie Infettive, ˜Nefrologia e Dialisi, *Direzione Medica di Presidio V.Emanuele – AOU “Vittorio Emanuele, Ferrarotto, S.Bambino”- Catania
INTRODUZIONE
Ogni percorso diagnostico-terapeutico rappresenta la somma di un excursus clinico-assistenziale che spesso può
avvalersi di un approccio multidisciplinare ed il cui esito talora può dipendere anche da un più o meno adeguato
sistema di intercomunicazione tra più figure professionali della sanità. In tale contesto la comunicazione risulta essere un patrimonio culturale autoalimentato dal complesso relazionale di ogni organizzazione sanitaria ed è nel contempo un insieme articolato di modi e di abitudini attinenti all’informazione, alla trasmissione, alla divulgazione di
dati relativi alll’intero ciclo assistenziale. Anche la gestione di un caso clinico, nel coinvolgere più unità operative
e quindi più specialisti, può risentire in maniera più o meno positiva, in termini di out-come, del complesso e della rete di relazioni propri di un ospedale. Più specificatamente, in occasione di un caso clinico di un paziente con
patologia di natura infettiva, le modalità comunicative tra più reparti in prima battuta hanno generato caos e paura tra gli operatori sanitari. Soltanto dopo un’attenta e approfondita valutazione sia epidemiologica che clinica è
ritornata la calma.
CONTENUTI
Nel mese di marzo, dopo l’accesso in pronto soccorso per lombo-sciatalgia, stato soporoso e febbre, di un pz diabetico già in condizioni igieniche scadenti e con presenza di lesione all’arto inferiore, a causa della contestuale presenza di segni e sintomi riconducibili ad una insufficienza renale acuta “da probabile rabdomiolisi” viene ricoverato nel reparto di nefrologia per essere sottoposto a trattamento dialitico. Per la presenza di un rialzo termico e
di obnubilamento del sensorio viene eseguita una consulenza infettivologica che accerta uno stato settico con paralisi flaccida. Ma dopo 2 giorni, per il peggiorare delle condizioni, il pz viene trasferito nel reparto semi-intensivo
della Medicina D’urgenza. I risultati degli esami di laboratorio depongono per la presenza a livello ematico e nel liquor di cocchi gram-positivi (Staphylococcus aureus). La concomitanza di più eventi a questo punto genera caos
e panico per vari motivi; infatti nello stesso periodo i mass-media si occupano con grande clamore di alcuni casi
di meningite da meningococco, verificatisi comunque in altra regione; i referti di laboratorio riportano l’isolamento colturale di cocchi (seppure gram-positivi!); un altro pz che aveva soggiornato nella medesima stanza del reparto di nefrologia presenta febbre (infezione crociata!?), anche se gli esami escludono la matrice batterica comune.
CONCLUSIONI
Il prevalere della conoscenza degli aspetti clinici, epidemiologici e microbiologici rispetto all’iniziale caos e allarme per una meningite contagiosa, legato a inidonea comunicazione, ha riportato la calma grazie a: una dettagliata ricostruzione anamnestica del paziente (presenza di lesione su arto inferiore), da parte del clinico, con approfondito esame delle condizioni e formulazione di diagnosi certa di CRI. MY. NE. (Critical Illness Myopathy and Neuropathy), patologia mediata da stafilococco e responsabile di mioneuropatia periferica e che giustifica le due manifestazioni cliniche importanti cioè rabdomiolisi e paralisi flaccida; una immediata lettura dell’esame del liquor e
una diagnosi differenziata confermata dall’isolamento colturale di Streptococcus agalactiae nell’altro pz che aveva condiviso la stanza; una valutazione epidemiologica congiunta di microbiologo, infettivologo ed igienista.
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IMPLEMENTAZIONE DI UN SISTEMA DI TRATTAMENTO DELL’IMPIANTO
DI FORNITURA DELL’ACQUA CON BIOSSIDO DI CLORO PER LA
PREVENZIONE DELLA CRESCITA DI LEGIONELLA PNEUMOPHILA.
CONFRONTO DEI RISULTATI CON ALTRI SISTEMI PRECEDENTEMENTE
ADOTTATI
MT.Cuppone, L. Carpinelli, M.Pinon, G.Gallo
Direzione Sanitaria, IRCCS Policlinico San Donato, via Morandi 30, 20097 San Donato Milanese (MI)
INTRODUZIONE
Le infezioni da L. pneumophila contratte in ambito ospedaliero sono una quota rilevante ed hanno una mortalità
aumentata rispetto alle stesse infezioni acquisite sul territorio. L’attenzione degli ospedali ai sistemi di prevenzione della colonizzazione, bonifica degli impianti idrici e protezione degli utilizzatori delle strutture è dunque maggiore rispetto ad altre organizzazioni.
Le modalità di prevenzione della colonizzazione sono specifiche delle fasi di (ri-)progettazione degli impianti idrici. I metodi di bonifica e di protezione interessano soprattutto gli ospedali con impianti già operativi da tempo (TABELLA 1).
CONTENUTI
Nelle Tabelle da 2 a 4 sono descritte le modalità di bonifica utilizzate presso il nostro ospedale negli ultimi sette
anni e le modalità di protezione adottate nei confronti dei pazienti, degli operatori e dei visitatori.
Una delle criticità intrinseche del nostro impianto idrico attuale consiste nell’assenza di un circuito di ricircolo; l’impianto è corredato di vasi di espansione situati ai piani elevati dell’edificio attuale. Questa particolare situazione richiede un’attività di flussaggio giornaliero dell’acqua dell’impianto, per consentire alle sostanze chimiche di raggiungere i punti periferici di erogazione e per non consentire il ristagno di acqua.
Come da tabella 3, al sistema attuale, che prevede l’uso di filtri assoluti su tutte le utenze, si è affiancato il trattamento continuo dell’acqua per mezzo di biossido di cloro. Vista la recente introduzione di questo sistema di controllo, provvediamo regolarmente al campionamento dell’acqua per la ricerca di Legionella su 32 punti dell’impianto.
I risultati positivi ottenuti nei primi sei mesi di funzionamento, ci hanno indotto, in accordo con la nostra ASL, a rimuovere gradualmente i filtri terminali dai reparti e servizi a minori rischio.
CONCLUSIONI
Il sistema attualmente in uso (biossido di cloro) per il trattamento continuo dell’acqua sembra produrre i risultati di
contenimento della crescita di Legionella entro i livelli considerati sicuri (inferiori a 103 UFC/L).
Nondimeno, in attesa di risultati su lungo termine, abbiamo deciso di mantenere i filtri terminali nei punti di erogazione dei reparti a maggior rischio per i pazienti.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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IL PROGETTO DI SERVIZIO CIVILE “ACCOGLIERE CON UN SORRISO”
M. Danzì 1, G. Arcidiacono2, G. Condorelli2, R. Cunsolo1, E. Maglitto2, M. Tardino2
1 Direzione Medica Presidio V. Emanuele- 2 Servizio Civile Aziendale
INTRODUZIONE
Il Progetto di Servizio Civile “Accogliere con un Sorriso” avviato presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Vittorio Emanuele Ferrarotto S.Bambino di Catania contestualmente ad altre 25 aziende sanitarie della Regione Sicilia, si pone l’obiettivo del miglioramento della qualità relazionale con il paziente, favorendo l’integrazione dell’assistenza socio-sanitaria con un valido supporto informativo, di sostegno e raccordo con le strutture territoriali. Il
progetto prevede l’impiego di volontari impegnati in un processo di umanizzazione ospedaliera con attività di frontoffice presso punti d’accoglienza e con l’intrattenimento dei pazienti in spazi e momenti ricreativi e di socializzazione. Le figure professionali di riferimento per i volontari all’interno dell’ospedale sono gli operatori locali di progetto (OLP) ed i Tutor, mentre uno staff costituito dai referenti e coordinatori aziendali del progetto, provvede alla
programmazione delle attività ed alla loro gestione. Nelle fasi preparatorie sono stati tenuti corsi di formazione per
i Referenti Aziendali a cura dell’Azienda Ospedaliera di Sciacca gestore del progetto.
MATERIALI E METODI
L’avvio in servizio dei Volontari in Azienda,a seguito delle procedure di selezione, è stato preceduto da una formazione
generale e specifica, attraverso un corso in aula, per oltre 80 ore. Sono stati attivati desk dietro ai quali i volontari sono disponibili a informare, indirizzare accompagnare e fare da mediatori tra gli operatori sanitari ed i visitatori. Rispetto all’obiettivo del progetto è stato adottato un sistema di monitoraggio periodico per rilevare il livello di
soddisfazione dei cittadini, destinatari del progetto, secondo la metodologia dell’analisi della qualità percepita dagli utenti sui servizi offerti e della crescita personale e professionale dei volontari. Strumento dell’indagine è un’
intervista i cui destinatari sono persone scelte casualmente all’interno dell’ospedale,.
CONCLUSIONI
I giovani volontari sono impegnati in attività ricreative e ludiche rivolte ai degenti al fine di alleviare il disagio causato dal loro nuovo status di ”ammalato”. I volontari intervengono ricoprendo un ruolo molto importante, perché
entrano in contatto con le realtà della malattia e della sofferenza. Per questo motivo, la formazione che precede
l’ingresso in servizio dei volontari è molto curata relativamente agli aspetti relazionali, l’accesso ai servizi e l’informazione. Il progetto di servizio civile Accogliere con un sorriso viene gestito con una metodologia che attribuisce
alla valutazione un’importanza prioritaria e determinante ai fini del raggiungimento dei risultati attesi ed ha come
riferimento il metodo del Miglioramento Continuo della Qualità in sanità (MCQ).L’esperienza dei volontari viene monitorata, ex ante, in itinere ed alla fine dell’anno di servizio, attraverso la somministrazione di questionari per indagare sul soddisfacimento rispetto alle attività svolte durante il Servizio Civile in Azienda, con una valutazione specifica sulle aspettative iniziali, sul loro operato e sulla crescita sia sul piano personale che professionale.
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E’ POSSIBILE FARE PROGRAMMAZIONE SANITARIA COMUNE TRA DUE
REGIONI? L’ESPERIENZA DEL PIEMONTE E DELLA VALLE D’AOSTA
G. De Filippis*, C. Bosco*, Gaillard’, M. Junod’, T. Meloni°, M. Pia^, C. Ponzetti°, M. Uberti*, V. DeMicheli^
* ASL TO4
’ Assessorato Sanità, Salute e Politiche Sociali Regione Autonoma Valle d’Aosta
° AUSL V.d.A.
^ Assessorato Tutela della Salute e Sanità - Regione Piemonte
INTRODUZIONE
Il Decreto legislativo 502/92 prevede che le Regioni possano stabilire specifiche intese e concordare politiche tariffarie, anche al fine di favorire il pieno utilizzo delle strutture e l’autosufficienza di ciascuna Regione, nonché l’impiego efficiente delle strutture che esercitano funzioni a valenza interregionale e nazionale.
Gli Assessorati Tutela alla Sanità delle Regioni Piemonte e Valle d’Aosta hanno ritenuto di realizzare uno specifico
accordo quadro, al fine di garantire l’estensione dell’integrazione dei servizi, già prevista in alcuni settori specifici
quali ad esempio la rete oncologica e dei trapianti, ai settori della clinica ospedaliera e dell’assistenza specialistica, costituendo una rete di erogazione dei servizi sanitari.
Lo studio presenta il lavoro svolto in attuazione al mandato dei PSSR di sviluppo di politiche programmatiche comuni e di integrazione di attività.
CONTENUTI
Le due Regioni hanno stipulato un accordo in data 04.01.07 che prevede la collaborazione in fase di programmazione ed erogazione di prestazioni sanitarie. Operativamente è stata prevista la costituzione di un “Comitato d’attuazione” col compito di dare applicazione all’accordo.
CONCLUSIONI
Il lavoro ha evidenziato l’importanza di definire una programmazione sanitaria, intesa nei termini sia di offerta sia
di domanda, che non tenga conto dei ristretti confini Regionali ma che prenda in considerazione gli ambiti epidemiologici ma anche geografici.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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CAMERE A PLASMA FREDDO IN COMBINAZIONE CON CAMPI
ELETTROSTATICI AMPLIFICATI COME NUOVA TECNOLOGIA PER LA
DECONTAMINAZIONE E FILTRAGGIO DELL’ARIA IN AMBIENTE
OSPEDALIERO. LA PROVA SUL CAMPO IN ALCUNE UNITÀ OPERATIVE
DELL’A.R.N.A.S. GARIBALDI DI CATANIA
S. De Maria La Rosa(1), G. Zuccarello(2),R. Bonaccorso(1), D. Cinà(3), C. Di Naso(4)
(1)Dirigente medico Direzione Sanitaria di Presidio, (2)Direttore Sanitario di Presidio, (3) Direttore U.O. Patologia Clinica, (4)Dirigente medico microbiologo
INTRODUZIONE
Una recente stima dell’Istituto Superiore di Sanità conferma che, anche in Italia, dal 5 al 10% dei pazienti ospedalizzati contrae un’infezione ospedaliera.
Oltre alle sale operatorie sono molti i contesti ospedalieri dove è necessario che venga mantenuto basso il livello
di contaminazione come ad esempio in Ematologia, in Oncologia, in Terapia Intensiva, in Malattie Infettive, in Pediatria, in Pneumologia, in reparti per ustionati ma anche in ambienti dove si producono medicinali e materiali biologici per impianto umano.
CONTENUTI
Nel panorama tecnologico è ora disponibile una nuova tecnologia nata inizialmente nell’ambito della ricerca aerospaziale che si propone come alternativa efficace ed efficiente ai tradizionali filtri meccanici.
Questa apparecchiatura si compone di un modulo di decontaminazione e filtraggio dell’aria che utilizza una combinazione di camere a plasma freddo con campi elettrostatici amplificati la cui azione determina effetti distruttivi
irreversibili sui micro-organismi aerotrasportati che in associazione con la cattura del particolato garantiscono una
filtrazione ad alta efficienza.
La distruzione determinata dei micro-organismi rappresenta uno dei vantaggi principali rispetto all’attuale tecnologia che invece li trattiene e li raccoglie.
Un’altra caratteristica non trascurabile dell’apparecchiatura è la possibilità di avere un monitoraggio continuo, con
allarme, del corretto funzionamento del trattamento dell’aria.
Ulteriore caratteristica vantaggiosa è rappresentata dal fatto che l’apparecchiatura è mobile in quanto dotata di rotelle e che per funzionare necessita solo di una presa di alimentazione.
Prove di efficacia già pubblicate hanno dimostrato che il reattore HEPA-MD è in grado di distrugge efficacemente qualsiasi tipo di virus e funghi, come ad esempio il fungo Aspergyllus Niger. E’risultato efficace anche contro il
virus H5N2 dell’influenza aviaria, con la rimozione del 99,99% del virus in un solo passaggio attraverso il reattore
durante test effettuati in laboratorio.
L’esperienza sul campo di questa nuova tecnologia all’interno dell’A.R.N.A.S. Garibaldi è stata rivolta principalmente
a due ambienti delle UU.OO. di Dermatologia e di Cardiologia dove vengono effettuate procedure mininvasive e il
cui controllo della carica batterica ambientale potrebbe essere responsabili di successive infezioni per i pazienti.
Si è partito quindi dalla stesura di un protocollo semplice applicabile anche ad altre realtà che si sono successivamente affiancate nella nostra sperimentazione.
I campionamenti microbiologici sono stati effettuati in condizioni di lavoro normali e dopo l’attivazione dell’unità
mobile di decontaminazione per circa 20 minuti, ripetendo il campionamento anche con un contaparticelle.
CONCLUSIONE
Le analisi hanno dimostrato la capacità di decontaminazione dell’apparecchiatura che dopo circa 25 minuti dall’accensione ha ridotto i valori di UFC nell’ambiente preso in esame ai limiti previsti dalle raccomandazioni ISPELS
per le sale operatorie sia a sala vuota (at rest) che durante gli interventi (in operation).
Le prove sono state ripetute anche in altre strutture ospedaliere siciliane che hanno confermato sostanzialmente
l’efficacia.
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IL PIANO DI RIENTRO IN SANITÀ : DA VINCOLO A OPPORTUNITÀ
PER IL “REINGENEERING” DEI PRESIDI DELL’AZIENDA
G. Drago, C. Termini , P. Granata, I.Caruso
Azienda Ospedaliera “ Civile-Maria Paternò Arezzo” di Ragusa
INTRODUZIONE
L’Azienda Ospedaliera di Ragusa, partendo dagli adempimenti prescritti dal “Piano di Contenimento e Riqualificazione del Sistema Sanitario Regionale 2007 - 2009”, ha avviato un’attività di “re-ingegnerizzazione” che ha consentito alla stessa di razionalizzare l’esistente tramite una più ottimale distribuzione delle risorse, nel pieno rispetto
del principio della sostenibilità economica del progetto.
Il Piano di Rientro “non più vincolo ma opportunità di miglioramento” prevede l’adozione delle seguenti misure:
Implementazione dei modelli di gestione dipartimentale;
Accorpamento delle Unità affini con posti letto allocati in aree di degenza dipartimentale;
Riduzione dei posti letto con indici di perfomance inferiori ai valori previsti dal piano;
Disattivazione / riconversione delle strutture chirurgiche che hanno effettuato ricoveri con peso DRG inferiore allo
0,60.
CONTENUTI
1. Implementazione dei modelli di gestione dipartimentale
Strategia:
Superamento della criticità organizzativa del DEA con allocazione S.C. Ortopedia nello stesso Presidio del M.C.A.U.
( Ospedale Civile),
Trasferimento del Servizio di Fisioterapia al Civile per continuità assistenziale e della S.C. di Pediatria dal Civile, sede
del Dipartimento Materno - Infantile.
Trasferimento delle SS.CC. di Oftalmologia e di Otorino all’Ospedale Maria Paternò Arezzo. per decongestionare
l’attività chirurgica presso il blocco operatorio dell’O.C., quest’ultimo dedicato all’Urgenza – Emergenza ed alla chirurgia a più alta complessità.
2. Accorpamento delle Unità affini con posti letto allocati in aree di degenza dipartimentale
Strategia: Superamento della duplicazione delle SS.CC. di Farmacia, Medicina e Anestesia ed allocazione delle
stesse nel P.O. Civile
3. Riduzione dei posti letto con indici di perfomance inferiori ai valori previsti dal piano e Disattivazione /
riconversione delle strutture chirurgiche che hanno effettuato ricoveri con peso DRG inferiore allo 0,60
Strategia: Trasformazione della S.C.di Chirurgia Toracica in S.S. di Area Dipartimentale Chirurgica
CONCLUSIONI
A seguito delle logiche imposte dal Piano di Rientro, l’Azienda ha implementato le proprie strategie cogliendo piuttosto le opportunità di miglioramento, a fronte del vincolo economico del piano stesso, continuando nell’azione
già avviata di “rifunzionalizzazione” dei presidi ospedalieri: le azioni intraprese hanno fatto registrare una migliore
allocazione delle risorse umane e tecnologiche ed una diversa distribuzione logistica delle SS.CC. che, in coerenza
con la logica dipartimentale, ha portato al miglioramento dei percorsi diagnostico.assistenziali del paziente/utente.
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VA IN SCENA LA SICUREZZA DEL PAZIENTE PRESSO IL PRESIDIO
OSPEDALIERO UNIFICATO (POU) DELLA ZONA TERRITORIALE 7 DI
ANCONA: LA SCHEDA DI TERAPIA UNICA (STU)
G.Faccenda1, E.Esposto 2, C.Di Bernardo 3
1 Responsabile Zonale Rischio Clinico. Direzione medica di Presidio, ASUR Zona Territoriale 7 Ancona, Regione
Marche
2 Medico in formazione. Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università Politecnica delle Marche
3 Direttore di Zona. Direzione Zonale, ASUR Zona Territoriale 7 Ancona, Regione Marche
INTRODUZIONE
La cartella clinica, rappresenta una fonte informativa privilegiata per l’identificazione, l’analisi, la gestione, la prevenzione e la riduzione dell’errore in ambito sanitario. La registrazione sulla cartella clinica delle azioni, processi e
avvenimenti relativi al ricovero è un momento fondamentale per assicurare trasparenza e chiarezza.
Una delle aree a maggior rischio d’errore, con la possibilità di conseguenze anche gravi, è rappresentata dalla gestione del farmaco. Uno studio condotto da Bates DW ed altri in America già nel 1995, aveva dimostrato tramite
la tecnica dell’osservazione diretta sulla somministrazione dei farmaci un numero elevato di errori con una media
pari a 11% delle dosi. Perciò si è deciso di porre l’attenzione sulla progettazione della documentazione atta alla
gestione del farmaco (prescrizione, preparazione, somministrazione e monitoraggio): Scheda di Terapia Unica (STU).
La costruzione e l’implementazione di tale scheda è stata concordata come obiettivo di budget per tutte le Unità
Operative del POU (H di Osimo, Chiaravalle e Loreto) e la Direzione Zonale.
OBIETTIVO
Evitare gli errori da trascrizione, errori di duplicazione, identificare chi-che cosa-quando prescrive e somministra,
prevedere annotazioni per eventi avversi, monitorare l’aderenza alla procedura nella fase di implementazione al fine
migliorare la qualità e la sicurezza delle cure erogate.
MATERIALI E METODI
È stato costituito un team multidisciplinare rappresentativo per ogni Dipartimento (dirigenti medici e infermieri), medici legali, personale della formazione; coordinato dalla direzione medica del POU. Le attività svolte sono mostrate in tabella 1. Dopo aver costruito, condiviso ed implementato la STU, ad un mese e tre mesi dal suo utilizzo è
stata valutata l’aderenza alla procedura tramite 2 serie di controlli (C1 e C2). La scheda di valutazione (Tabella 2)
divisa in 9 macroaree, prevedeva 27 domande. Per ogni domanda erano previste 4 risposte (eseguita correttamente=1;
eseguito quasi correttamente=2; non eseguito correttamente=3; situazione non verificata=4) ed un campo testuale
libero per eventuali note o specifiche. Per l’analisi dei dati, tra i due gruppi dei controlli, è stato utilizzato, tramite
il software statistico STATA 8.0 version, il test statistico per variabili categoriche chi quadrato con p<0.05, eliminando preventivamente le risposte alle domande in cui la situazione non si era verificata.
RISULTATI
Sono state valutate 215 cartelle cliniche con relative STU (C1=126: Chiaravalle=18, Loreto=23, Osimo=85 e C2=89:
Chiaravalle=22, Loreto=16, Osimo=51) in tutte le UU.OO. coinvolte. In generale le risposte alle 27 domande dalla
prima rispetto alla seconda valutazione sono migliorate. In tabella 2 sono riportati i risultati dell’analisi.
CONCLUSIONE
Una buona compilazione della cartella clinica consente, quindi la tracciabilità delle attività svolte, la responsabilità della azioni, la cronologia, il luogo e la modalità della loro esecuzione. La nostra esperienza ha dimostrato una
iniziale difficoltà di alcuni operatori al cambiamento, soprattutto dal punto di vista organizzativo (orario della visita medica ed infermieristica, tenuta della STU in cartella clinica, introduzione scheda valutazione del dolore), superata da una parte dalla consapevolezza di avere in tutti e tre gli ospedali del POU lo stesso obiettivo e dall’altra
dalla volontà degli operatori di lavorare nell’ottica della sicurezza dei pazienti.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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FAR PARTORIRE IN SICUREZZA UNA DONNA ALLERGICA AL LATICE:
È POSSIBILE IN UN OSPEDALE DI RETE NON DI TERZO LIVELLO?
G.Faccenda1, E.Esposto2,C. Canonici 3,C. Di Bernardo4
1 Responsabile Zonale Rischio Clinico. Direzione medica di Presidio, ASUR Zona Territoriale 7 Ancona
2 Medico in formazione. Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, U. Politecnica delle Marche
3 Infermiere. Dipartimento di Cardiologia, INRCA Ancona, Regione Marche
4 Direttore di Zona. Direzione Zonale, ASUR Zona Territoriale 7 Ancona, Regione Marche
INTRODUZIONE
L’allergia al latice di gomma naturale rappresenta un problema sanitario emergente in quanto negli ultimi 15 anni
si è rilevato un crescente aumento di soggetti sensibilizzati a questa sostanza. L’aumento è da mettere in parte in
relazione alla sempre maggiore diffusione dell’uso di guanti ed altri manufatti in latice sia in ambiente sanitario che
nella vita quotidiana. La realizzazione a livello delle strutture sanitarie di un percorso latex-safe per i pazienti allergici al latice a rischio di manifestazioni anafilattiche, a volte anche molto gravi, rientra tra i provvedimenti che devono essere adottati per garantire la sicurezza dei pazienti in ambiente ospedaliero.
MATERIALI E METODI
La procedura prevede di:
riconoscere e registrare i pazienti allergici al latice;
di attivare procedure operative per le UU.OO./servizi che assistono pazienti allergici al latice o a rischio che debbono essere sottoposti ad interventi invasivi;
effettuare il censimento dei dispositivi medici in uso valutando, ove possibile, la sostituzione con dispositivi latex
free e rendendo disponibile tempestivamente a tutti gli operatori interessati l’informazione della presenza o meno
di latice nei dispositivi e nei loro confezionamenti.
RISULTATI
L’aspetto peculiare dell’assistenza alle gestanti allergiche al latice riguarda la loro gestione durante il momento del
parto; infatti non è possibile prevedere a priori la data in cui si verificherà la necessità di trasferirle in sala travaglio/parto. In questi casi vanno quindi applicate le seguenti procedure:
la paziente, già informata a riguardo, comunica all’ostetrico/a di guardia, o alla caposala, o al medico di guardia,
di essere vicina al parto e di essere comunque pronta a recarsi al reparto di Ostetricia e Ginecologia.
Il/ la caposala si occupa di:
informare tutti gli operatori in servizio circa il ricovero di una paziente allergica al latice;
far apporre sulla cartella della paziente e sulla porta di accesso alla sala travaglio il cartello di allerta che segnala
la “paziente con allergia al latice”;
far approntare una delle sale travaglio con il letto singolo svuotandola di guanti o altro materiale in latice (l’eventuale materiale in latice stoccato separatamente in armadi richiudibili può anche non essere spostato dal locale);
far trasferire in sala travaglio il carrello già predisposto con tutto il materiale, i presidi, i dispositivi ed i farmaci latex-free necessari all’assistenza della paziente;
far predisporre una sala parto adottando le modalità previste per le sale operatorie (Tabella 1);
far preparare una camera di degenza con le modalità descritte precedentemente: contestualmente al ricovero in
sala travaglio (Tabella 2).
CONCLUSIONE
L’esperienza condotta presso il POU della Zona Territoriale 7, ha permesso di creare un efficace percorso latexsafe che non si è limitato ad un semplice elenco di materiali latex-free, ma ha inciso sulla consapevolezza e competenza degli operatori sanitari rispetto alla problematica. Tale procedura ha consentito di far partorire una donna
allergica al latice presso la nostra struttura, rientrando quindi a pieno titolo nei progetti finalizzati alla sicurezza e
alla gestione del rischio.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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IL MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ DELLA DOCUMENTAZIONE
SANITARIA: L’ESPERIENZA DEI PP.OO. DI JESI
Fedele Virginia*, Bacelli Sonia**, Mancinelli Stefania**
*Direttore Medico di Presidio - PP.OO. Jesi - ASUR Marche
** Direzione Medica - PP.OO. Jesi - ASUR Marche
INTRODUZIONE
Come da mandato del Direttore di Zona, la Direzione Medica dei PP.OO. di Jesi ha elaborato nel 2004 il progetto
“Qualità della documentazione clinica” finalizzato alla promozione della corretta gestione della documentazione sanitaria. Il momento applicativo del progetto prevede la verifica della Cartella Clinica e dei suoi allegati attraverso
lo strumento di indagine previsto dal protocollo.
Il progetto ha visto come obiettivi la progressiva sensibilizzazione dei Dirigenti Medici al superamento delle criticità più frequentemente riscontrate nella compilazione della cartella e il continuo miglioramento degli standard qualitativi, finalizzato, anno dopo anno, ad orientare i comportamenti verso un’omogenea applicazione delle corrette
modalità di gestione della documentazione sanitaria.
CONTENUTI
Lo strumento adottato per la verifica è stato elaborato da un gruppo di lavoro multidisciplinare composto da Dirigenti Medici Ospedalieri ed è rappresentato da una griglia, nella quale vengono approfondite differenti aree di analisi, che prevede un sistema di assegnazione punteggio, per i requisiti ottemperati e/o soddisfatti, fino ad un massimo di 100.
Tale strumento è stato presentato a tutti i Direttori delle UU.OO. di degenza e con gli stessi condiviso. La verifica
annuale del campione di cartelle, iniziata nel 2004, ha consentito nel tempo di modificare e migliorare costantemente, sulla base delle criticità riscontrate nelle precedenti rilevazioni, lo strumento originale.
Le aree di analisi indagate dalla griglia sono:
• Sezione anagrafica cartella e SDO
• Correttezza formale e legale del documento
• Anamnesi generale e specifica del ricovero
• Accuratezza e completezza esame obiettivo
• Processo di decisione clinica
• Riservatezza dei dati
• Tempestività
Ogni anno vengono valutate complessivamente circa 100 cartelle cliniche, selezionate in modo casuale in tutte le
UU.OO. di degenza e relative all’anno precedente. Il gruppo di verificatori è composto da Medici di Direzione Ospedaliera e Operatori Sanitari addetti al controllo e alla verifica delle Prestazioni di Ricovero (Ufficio DRG). I risultati
delle verifiche di ciascuna U.O, con particolare riferimento alle criticità evidenziate, vengono formalizzati ai rispettivi Direttori e con gli stessi analizzati.
CONCLUSIONI
La verifica effettuata nell’ultimo anno (cartelle 2007) non ha evidenziato gravi carenze a carico della documentazione esaminata e tutte le cartelle possono ritenersi soddisfacenti dal punto di vista qualitativo, seppure con maggiori criticità e margini di miglioramento per alcune Unità Operative. Tale risultato si discosta molto dagli esiti delle prime rilevazioni (anni 2004 e 2005) dove, in effetti, maggiori erano le lacune nella diverse aree di analisi.
L’approccio collaborativo instaurato con i colleghi di reparto ha reso possibile il raggiungimento di una maggior
compliance da parte degli stessi a recepire e ad applicare le indicazioni che di volta in volta sono scaturite. Il superamento della resistenza alla modifica di abitudini e prassi consolidate nella gestione della cartella è derivato dalla consapevolezza che l’approccio della Direzione Medica, tutt’altro che inquisitorio, è finalizzato ad istruire e a formare i colleghi anche su indicazioni tecniche a possibile valenza medico-legale che, se ben comprese e adeguatamente applicate, si rivelano strumento di salvaguardia del medico stesso anche di fronte ad eventuali contenziosi con il paziente.
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USO DI STRUMENTI FORMATIVI PER AGIRE SULL’ORGANIZZAZIONE
AZIENDALE: L’ESPERIENZA DELL’ISTITUTO DI RICOVERO E CURA A
CARATTERE SCIENTIFICO, INRCA, IN TEMA DI IGIENE OSPEDALIERA
L.Ferrara 1,R. Luzi 1,F. Scaccia 2,S. David 1
1 Direzione Medica di Presidio INRCA (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) Ancona, Fermo, Appignano
2 Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università Politecnica delle Marche
A gennaio 2007 il Comitato di Controllo delle Infezioni Ospedaliere (CIO) ha incaricato la Direzione Medica di Presidio (DMP) di Ancona di effettuare un Corso Strategico ECM sul tema “Prevenzione e Controllo delle infezioni nosocomiali”, rivolto a tutto il personale sanitario con questi obiettivi specifici: migliorare le conoscenze di igiene ospedaliera, favorire l’applicazione di protocolli, ridurre il rischio di infezioni ospedaliere (IO) e potenziare il team operativo del CIO. Questa è la base per fasi successive di approfondimento su temi fondamentali per lo svolgimento
in sicurezza dell’attività sanitaria. Lo sforzo maggiore è stato la progettazione di 33 edizioni itineranti nelle 5 sedi
INRCA, di 4 giornate ciascuna, a settimane alterne (per garantire lo svolgimento dei turni lavorativi), per un totale
di 66 giorni, 434 ore, 52 docenti, 500 partecipanti e un tasso di partecipazione del 76%, in un arco temporale di 6
mesi. Le attività di coordinamento, accreditamento regionale e segreteria sono state svolte dalla DMP che ha curato: stesura di programmi, preparazione di materiale unico per docenti, iscrizione dei partecipanti e redazione di
report “ragionati”. Si sono alternati lezioni frontali interattive su argomenti selezionati e lavori di gruppo su: igiene
delle mani, pulizia e sanificazione ambientale. La correzione dei pretest prima della lezione, ha permesso di calibrare l’esposizione sul grado di conoscenza dei discenti e ottenere una maggior efficacia formativa; ha fatto inoltre emergere quanto il corso fosse opportuno, vista la scarsa consapevolezza della rilevanza del problema delle
IO. Gli elaborati dei lavori di gruppo e i suggerimenti presentati dai partecipanti nei test finali, sono stati analizzati per costruire fasi successive e riformulare la metodologia formativa. Il lavoro su pulizia e sanificazione ambientale si è articolato in: analisi delle procedure attuali e studio di possibili soluzioni alle criticità rilevate. Sono stati proposti: uso di protocolli di sanificazione definiti per aree, tenuto conto delle diverse esigenze delle Unità Operative
(UO), disponibili per gli operatori e aggiornate; presenza più incisiva di una figura di controllo diretto. Questi spunti sono stati accolti per la nuova stesura del Capitolato Speciale di appalto e ridefinire l’organizzazione delle diverse
DMP. I gruppi di lavoro sull’igiene delle mani hanno enumerato le difficoltà che ostacolano tale procedura e prodotto uno slogan che ne esalti invece l’importanza; il più efficace verrà utilizzato per una campagna di sensibilizzazione interna. Durante l’attività è stato arruolato un buon numero di volontari di varie professionalità che sono
stati suddivisi in 3 gruppi di miglioramento del CIO per lavorare su temi specifici: igiene delle mani, antibioticoprofilassi
nell’impianto di pacemaker e gestione del paziente con sospetta tubercolosi. Il primo gruppo ha mappato i lavelli per operatori sanitari disponibili nella sede di Ancona, individuando le aree in cui è necessario aggiungerne di nuovi o implementare sistemi che facilitino l’igiene delle mani; seguirà in base ai risultati della rilevazione la sperimentazione
di soluzioni idroalcoliche in UO selezionate. Gli altri 2 gruppi provvederanno alla stesura di protocolli inerenti le tematiche stabilite. I partecipanti creeranno, in momenti formativi strutturati in ECM, strumenti utili per la cooperazione reciproca e l’ottimizzazione dell’attività, col fine dell’efficienza ospedaliera.
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34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O. - La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
LA VACCINAZIONE ANTINFLUENZALE COME STRUMENTO PER LA
RIDUZIONE DELL’ASSENTEISMO DEL PERSONALE. ESPERIENZA
DELL’AZIENDA OSPEDALIERO UNIVERSITARIA POLICLINICO (AOUP) “P.
GIACCONE” DI PALERMO
G. Calamusa***, E. Amodio*, M. Di Pasquale*, V. Gelsomino*, M. Morici*, M.S. Bivona*, L. Aprea**,
L. Cannova , M.V. Torregrossa , N. Romano***, A. Firenze**.
Unità di Staff per le problematiche Igienico-Sanitarie - Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico “P. Giaccone”
– Palermo.
* Scuola di Specializzazione in “Igiene e Medicina Preventiva” - Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università degli
Studi di Palermo.
** Direzione Sanitaria di Presidio - Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico “P. Giaccone” – Palermo.
*** Dipartimento di Scienze per la Promozione della Salute “G. D’Alessandro” – Sezione di Igiene - Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Palermo.
INTRODUZIONE.
Le linee guida per la prevenzione e controllo dell’influenza, emanate ogni anno dal Ministero della Salute, raccomandano la vaccinazione per tutti coloro che svolgono funzioni lavorative di primario interesse collettivo o che potrebbero trasmettere l’influenza a persone ad alto rischio di complicanze.
Il personale operante nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale rientra pienamente in tale definizione e, pertanto, deve essere oggetto di interventi finalizzati al raggiungimento di un’adeguata copertura vaccinale.
In periodo epidemico, l’assenza dal posto di lavoro dell’operatore sanitario che contrae l’influenza può avere effetti sulla capacità di erogare adeguata assistenza da parte della struttura di appartenenza.
Inoltre, la trasmissione dell’influenza ad un paziente è sicuramente un importante rischio nosocomiale in quanto
l’infezione virale può portare ad un aggravamento dello stato di salute del paziente, se non addirittura al suo decesso.
Per ridurre questi rischi, il metodo di prevenzione più efficace è la vaccinazione.
In considerazione del fatto che la riduzione dell’assenteismo per malattia dal luogo di lavoro è considerato un importante indicatore dell’efficacia della vaccinazione, si sono voluti misurare gli effetti della campagna di vaccinazione antinfluenzale fra i dipendenti dell’AOUP di Palermo.
CONTENUTI
Il presente studio ha avuto come obiettivo principale la valutazione, per le stagioni 2005-2006, 2006-2007 e 20072008, dell’associazione tra la vaccinazione e la riduzione dei periodi di assenza di lavoro.
È stato considerato caso di assenteismo per malattia compatibile con patologia influenzale (ILI), un’assenza di 3
o più gg consecutivi registrata nell’intervallo temporale compreso tra l’1 gennaio ed il 31 aprile degli anni 2006, 2007
e 2008.
È stato inoltre possibile stimare la percentuale di operatori sanitari che per ogni stagione hanno aderito all’iniziativa ed analizzare il peso di motivazioni ed eventuali determinanti socio-demografici associati alla scelta di vaccinarsi.
I dati socio-demografici analizzati hanno riguardato età, sesso, residenza, mansione lavorativa ed unità operativa
di appartenenza.
CONCLUSIONI
La nostra indagine, mostrando un’associazione tra calo dell’assenteismo per malattia e vaccinazione contro l’influenza, ha evidenziato come quest’ultima è in grado di creare valore nell’organizzazione sanitaria, assicurando la
possibilità di soddisfare contemporaneamente esigenze non solo di tipo sociale ma anche economico-organizzative.
Questi risultati incoraggiano a proseguire nell’azione di promozione dell’adesione alla vaccinazione tra il personale operante nelle strutture sanitarie attraverso interventi mirati, come ad es. l’informazione e la proposta della vaccinazione sul posto di lavoro.
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COOK AND CHILL: RISULTATI DI UN’INDAGINE CONDOTTA
PRESSO L’U.O. DI ORTOPEDIA DELL’AZIENDA
OSPEDALIERO-UNIVERSITARIA POLICLINICO
P. Giaccone
A.O.U.P. Di Palermo
INTRODUZIONE
I servizi sanitari, incluso quello di ristorazione ospedaliera, non sempre sono correttamente percepiti dal paziente/cliente, che talvolta può rimanere insoddisfatto del servizio ricevuto. Bisogna, pertanto, rendere il binomio, qualità assistenziale-qualità percepita, inscindibile ed unificato.
Il moderno procedimento gastronomico,“Cook and Chill”(C&C), si prefigge di soddisfare le aspettative del degente
(customer satisfaction), garantendo una maggiore sicurezza e qualità alimentare sia in termini nutrizionali che microbiologici.
Il C&C prevede la cottura del cibo in modo convenzionale ed un successivo raffreddamento rapido, che lo porterà entro 90 minuti ad una temperatura di +3°C . La rigenerazione degli alimenti, poi, verrà effettuata immediatamente prima del consumo, ossia il cibo verrà portato ad una temperatura di almeno 70°C al cuore, prima della distribuzione.
CONTENUTI
Nel mese di Marzo 2008 è stata condotta una sperimentazione del C&C presso l’U.O. di Ortopedia dell’A.O.U.P.,
scelta perché la maggior parte dei degenti adotta un regime alimentare ordinario, senza limitazioni dietetiche. L’indagine confrontava il nuovo procedimento gastronomico con quello tradizionale, “legame a caldo”, in uso presso
l’A.O.U.P.. A tal fine è stato anche somministrato un questionario anonimo, composto di 18 domande chiuse, con
risposte a scelta tra diverse opzioni, aventi come oggetto cottura, sapore, temperatura e presentazione delle pietanze servite. Per la somministrazione dei questionari sono stati scelti casualmente due giorni nel periodo precedente la sperimentazione e due giorni durante la stessa, al fine di rilevare eventuali differenze del grado di percezione della qualità e della sicurezza del cibo tra i due metodi.
Dall’analisi dei dati è emersa una migliore valutazione del metodo in sperimentazione rispetto a quello tradizionale riguardo l’adeguatezza della cottura dei pasti (77,8%vs 53,3%), la gradevolezza del sapore (88,9% vs 80,0%)
e la presentazione invitante delle pietanze (88,9%vs 46,9%). Maggiori segnalazioni si sono avute con il metodo tradizionale rispetto a quello in sperimentazione anche riguardo i difetti riscontrati a pranzo e a cena (33,3% vs 11,1%
per il pranzo e 26,7% vs 0 per la cena).
Infine, la differenza di giudizio tra i due metodi era presente anche riguardo la temperatura dei pasti: con il metodo tradizionale essa risultava sempre o spesso adeguata solo per il 20% dei degenti, mentre con il C&C questa
percentuale raggiungeva quasi il 90%.
CONCLUSIONI
L’applicazione del nuovo metodo di preparazione dei pasti ha determinato in maniera evidente un aumento del grado di soddisfazione tra i degenti, grazie soprattutto alla garanzia di un’idonea temperatura dei cibi. E’ emerso inoltre un miglioramento della qualità delle variabili organolettiche nonché della qualità nutrizionale e quindi una migliore rispondenza fra le richieste dei degenti e quanto effettivamente erogato.
Tale sperimentazione ha permesso all’A.O.U.P. di considerare l’idea della possibile stesura di un capitolato d’appalto per la ristorazione in legame refrigerato da applicare in un prossimo futuro alle UU.OO. dell’Azienda stessa.
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34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O. - La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
ORGANIZZAZIONE DI UN SERVIZIO DI LAPAROSCOPIA GINECOLOGICA DI
URGENZA INTERDIVISIONALE: PROPOSTA DI UN PROGETTO PER
OTTIMIZZARE L’USO DELLE RISORSE UMANE E TECNOLOGICHE IN
UN’AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA
Genovese F.°, Cunsolo R.*, Danzì M.*, Saglimbeni G.˜, Scarlata S. ˜,
Quaceci A.˜,Leanza V.°, Iraci M.^, Panella M.°
°Clinica Ostetrica V. Emanuele, *Direzione Medica di Presidio V. Emanuele, ^ Patologia Ostetrica S. Bambino, ˜Direzione Sanitaria Azienda - AOU V. Emanuele, Ferrarotto, S. Bambino - Catania
Direttore Sanitario Azienda: dr Paolo Cantaro
INTRODUZIONE
L’approccio laparoscopico è riconosciuto come trattamento di scelta per alcune urgenze ginecologiche: gravidanza
extrauterina, corpo luteo emorragico, torsione annessiale, ascesso tubo-ovarico in paziente emodinamicamente
stabile. La laparoscopia rappresenta il gold standard nella diagnosi di P.I.D. (malattia infiammatoria pelvica), endometriosi
e spillage di cisti ovarica, tutte patologie che possono presentarsi con i sintomi dell’addome acuto e/o subacuto,
potendo rappresentare quindi un’urgenza, anche se solo sotto il profilo diagnostico. Nonostante l’evidenza scientifica a favore della laparoscopia ginecologica d’urgenza, un numero significativo di UU. OO. di Ostetricia e Ginecologia e Chirurgia d’Urgenza non è ancora in grado di assicurare un approccio mini-invasivo in urgenza, anche
differibile, per cui nella maggior parte dei casi le patologie di cui sopra continuano ad essere affrontate per via laparotomica. La discrepanza tra la cosiddetta standard of care e la pratica clinica va ricercata soprattutto in problematiche organizzative, dovute principalmente alla carenza sia di risorse umane (chirurgo laparoscopista esperto, anestesista dedicato, equipe infermieristica ad hoc) che di risorse materiali (adeguato strumentario ed attrezzature) disponibili 24 ore su 24.
CONTENUTI
Obiettivo generale del progetto è quello di migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria resa dall’AOU Vittorio Emanuele ai propri cittadini-utenti, attraverso un uso più efficiente delle risorse impiegate, senza interferire con la parte diagnostica del percorso clinico della paziente ricoverata e con lo scopo di migliorarne la fase terapeutica. L’ipotesi di un servizio interdivisionale di laparoscopia ginecologica d’urgenza può infatti contribuire a ridurre progressivamente la laparotomia esplorativa a favore di quella diagnostica e/o operativa e ad ottimizzare gradualmente
l’approccio chirurgico nel trattamento dell’addome acuto e/o subacuto da causa ginecologica. In termini di costi,
l’istituzione di un servizio interdivisionale di laparoscopia ginecologica d’urgenza, inquadrandosi in una logica di
razionalizzazione delle risorse, comporta un loro re-impiego utile al mantenimento del servizio stesso.
CONCLUSIONI
Il nuovo PDT, nel rispetto più assoluto della best practice, garantirebbe, in tempi brevi, un approccio mini-invasivo, anche in urgenza, alla paziente ginecologica in luogo della tradizionale laparotomia esplorativa con importanti goals: riduzione della degenza media pre e postoperatoria; aumento del turnover dei posti letto; snellimento delle liste d’attesa. Un modo per implementare la chirurgia mini-invasiva nel trattamento delle suddette urgenze anche differibili potrebbe essere quello di condividere risorse umane con ridistribuzione dei costi tra più UU.OO. di
Ostetricia e Ginecologia e/o Chirurgia d’Urgenza nell’ambito quindi di Aziende ospedaliere di adeguate dimensioni. La riduzione della degenza media di almeno 2 gg rispetto all’intervento laparotomico, pur non associandosi ad
aumento del rimborso del Drg prodotto, comporterebbe mediamente un risparmio legato al funzionamento del servizio interdivisionale con notevole riduzione complessiva dei costi diretti. Vantaggio non trascurabile risulta essere infine anche la riduzione dei tempi di ripresa della paziente alle sue normali attività, con un enorme decremento dei costi indiretti, come l’assenza dal lavoro o la necessità di assistenza domiciliare.
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LA PERCEZIONE DELL’UTENTE QUALE INDICATORE NELLA GESTIONE E
CONTROLLO DEI TEMPI DI ATTESA: INDAGINE QUALITATIVA
C. Devardo1,E. Guglielmi1 ,R.Arione2,O. Davini3
1 Dipartimento Direzione Sanitaria AOU San Giovanni Battista di Torino
2 Direttore Medico di Presidio AOU San Giovanni Battista di Torino
3 Direttore Sanitario di Azienda San Giovanni Battista di Torino
INTRODUZIONE
le Regioni sono chiamate con sempre maggior vigore a rispondere davanti ai cittadini in merito alla destinazione
delle risorse sanitarie e all’accessibilità dei servizi. I processi diagnostico terapeutici devono quindi misurarsi non
solo con l’efficacia e l’efficienza, ma anche con l’appropriatezza. La partecipazione degli stakeholders è il primo
passo per individuare i bisogni e le aspettative dei cittadini; diviene quindi uno strumento di governo indispensabile. Ed è ai cittadini che si rivolge questo lavoro di ricerca con l’obiettivo di indagare la loro percezione nei confronti dei tempi d’attesa per l’accesso alle prestazioni erogate dall’AOU San Giovanni Battista .
CONTENUTI
Lo studio è un’analisi comparativa (mediante un questionario strutturato) tra due campioni: utenti che chiedono
prestazioni “critiche” e utenti che chiedono prestazioni “non critiche” intendendo con questi termini l’aderenza o
meno ai tempi massimi stabiliti dagli standard regionali piemontesi e la percezione degli utenti rispetto alle loro attese . Il campione (1% della popolazione di riferimento annuale) è stato quantificato in 360 unità con campionamento casuale semplice a saturazione in un arco temporale definito di 30 giorni. Sono stati consegnati in totale
360 questionari a sei ambulatori distinti e 344 sono stati quelli riconsegnati (responders 95,5%).
L’analisi dei dati è stata effettuata per comparare i due gruppi in merito ad appropriatezza, orientamento alla struttura, motivazione, scelta e aspettative.
RISULTATI E CONCLUSIONI
In merito all’appropriatezza della prescrizione e alla accessibilità, il 41,5% delle richieste non riporta il codice di priorità ( 60 % visite vs 24 % altre prestazioni) e solo il 47% degli utenti conosce il codice di priorità clinica . Il 12,8%
conosce i tempi d’attesa prima di prenotare mentre il 59% li apprende all’atto della prenotazione. Il CUP aziendale
viene utilizzato dal 63% degli utenti. Nel 29% dei casi è il MMG che suggerisce l’AOU con una prevalenza nell’area
critica. Più della metà del campione mostra fidelizzazione all’AOU per la maggior competenza e per una precedente
esperienza. Il 45% degli utenti non ha o non avrebbe accettato comunque di indirizzarsi verso altre strutture con
tempi di attesa minori. Solo il 6,7% ha scelto l’ASO perché offriva il miglior tempo d’attesa. Il 28% dell’intero campione ha dichiarato un’attesa superiore alle aspettative, con una prevalenza nell’area critica 36,4% rispetto all’area
non critica 19,3%.
I 2/3 degli utenti hanno dichiarato coerenza o addirittura minor attesa di quanto ipotizzavano. Nel gruppo di riferimento (che accede a prestazioni non critiche ), al contrario, 1/5 degli utenti dichiara di aver atteso più di quello
che immaginava, nonostante abbia ricevuto le prestazioni in 21 giorni e in 12 giorni le visite. L’attesa quindi è da
commisurarsi al bisogno di risposte che ogni persona esprime individualmente. Le liste di attesa possono essere
lette anche come un meccanismo implicito di regolazione della domanda ed evidenziare la capacità di attrazione
di un servizio. Una sistematica valutazione dei processi , ancorché di modeste dimensioni, come in questa indagine , è indispensabile per migliorare la qualità dei servizi resi e costituire una base da cui partire per effettuare ipotesi e approfondimenti di ricerca futuri.
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COSTRUZIONE DI UN MODELLO INFORMATIZZATO DI REGISTRO DELLE
PRENOTAZIONI DEI RICOVERI PER INTERVENTI CHIRURGICI IN DAY
SURGERY PER IL GOVERNO TRASPARENTE DELLE LISTE DI ATTESA
A.Buzzacchino1, E. Guglielmi1, C.Devardo1, R.Arione2, G.Borzani3, M.Lauretta4
1 Dipartimento di Direzione Sanitaria AOU S.G. Battista di Torino
2 Direttore Medico di Presidio AOU S.G. Battista di Torino
3 Dirigente SC. Informatica e Telematica AOU S.G. Battista di Torino
4 Dirigente SC.Logistica AOU S.G. Battista di Torino
INTRODUZIONE
Il semplice concetto di priorità cronologica nella lista d’attesa è stato ampiamente superato dall’inserimento dei
criteri di priorità clinica per assicurare maggior equità . L’esperienza maturata ha però dimostrato che, pur in presenza di criteri di priorità definiti , i registri cartacei di prenotazione dei ricoveri (quelli chirurgici più di altri) non sempre consentono di rispettare pienamente le aspettative degli utenti, e le richieste normative regionali, mostrando
quindi innumerevoli criticità. Al fine di ovviare a tali criticità e al contempo ottemperare alle disposizioni della Regione Piemonte, l’AOU ha attivato nel mese di gennaio 2008 un percorso di implementazione di una soluzione informatizzata dei registri di prenotazione dei ricoveri di day surgery , integrata con il sistema informativo aziendale. con l’obiettivo di applicarla a tutta l’azienda nel corso del 2009 .
CONTENUTO
In una prima fase è stata progettata una ampia griglia per la strutturazione della parte informatizzata dei registri di
prenotazione presso una struttura centralizzata di Day Hospital cui afferiscono 18 Strutture Complesse di Chirurgia Generale e Specialistica . I requisiti fondamentali per la realizzazione sono stati attinti dal riferimento normativo , già attivo e applicato per i registri cartacei. Per uniformare i comportamenti degli operatori sanitari in merito
alla indicazione all’intervento e ai codici di priorità è stato previsto l’inserimento obbligatorio da parte del medico
prescrittore , all’atto della visita ambulatoriale, del codice di procedura ICD-9- CM e un codice di diagnosi, sempre ICD-9-CM indicativo per la patologia di tipo generico. Per quanto riguarda i codici di priorità , che lo stesso
prescrittore è tenuto ad indicare, sono stati concordati preventivamente, con i rappresentanti delle varie chirurgie
, i criteri di applicazione del codice ad una ampia gamma di interventi di norma eseguiti presso la struttura suddivisi per singola specialità. Alcuni mesi di stretta progettazione congiunta tra Direzione Sanitaria , Responsabile
del Day Surgery e Responsabile della Ditta deputata alla realizzazione del programma informatico, hanno condotto
alla realizzazione di un prototipo, presentato anche ai futuri fruitori del programma per una piena valutazione delle esigenze e delle necessità operative , che è stato avviato sperimentalmente presso diversi terminali della struttura sopra citata, dopo un considerevole lavoro di inserimento dello storico delle prenotazioni per consentire la effettiva valutazione della efficacia del sistema nella gestione delle prenotazioni e delle innumerevoli informazioni ad
esse collegate.
CONCLUSIONI
L’attivazione di un sistema informatico web implementato per la gestione dei registri di prenotazione dei ricoveri
consente di rispettare i criteri di trasparenza , eguaglianza ed equità per l’accesso alle strutture sanitarie da parte
dei cittadini. Un sistema cosi impostato consentirà di attingere facilmente a qualsivoglia informazione attinente alle
waiting list , di effettuare un monitoraggio sistematico di tutti i registri , di effettuare la “ pulizia delle liste “ automatica , di rispondere in tempo reale ai quesiti regionali.
È stato, altresì, previsto, un controllo del sistema da parte della Direzione Sanitaria, per valutare la riduzione del rischio di non appropriatezza tramite una chek list che consente di misurare mediante l’uso di indicatori, quantitativi e qualitativi, la diminuzione del rischio comparando la nuova procedura informatica con la precedente cartacea.
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STRATEGIA PER LA GESTIONE IN SICUREZZA ED IL CONTENIMENTO
DELL’INFEZIONE DEL CLOSTRIDIUM DIFFICILE IN AMBITO OSPEDALIERO
*P.Lanfranco,* B.Ricciardella **L. Camponovo; ***GM.Lecchi
*Dirigente medico di 1° livello Direzione Sanitaria **ICI Ufficio Epidemiologico,;***Dirigente medico di 2° livello, Direzione Sanitaria Ospedale S. Gerardo di Monza
INTRODUZIONE
L’Azienda Ospedaliera S. Gerardo di Monza ha attivato un progetto con documenti e procedure di presidio riguardante
il contenimento della diffusione di infezioni da Clostridium Difficile.
Applicando la metodologia di raccolta dei dati relativi all’evento “diarrea da Clostridium Difficile”, si è riusciti a tracciare il percorso che ha favorito il verificarsi del contagio, rilevare i rischi presenti nella realtà ospedaliera e realizzare azioni di miglioramento mirate a prevenire il verificarsi di altri eventi infettivi consentendo agli operatori, ai parenti e ai visitatori di avere le informazioni necessarie per agire in sicurezza nei confronti del paziente.
CONTENUTI
Dall’analisi dei casi ospedalieri di Clostridium Difficile, dopo un’attenta valutazione di tutti i fattori emersi, le criticità più significative sono risultate:
Non completa aderenza ad un corretto lavaggio delle mani
Scarso utilizzo dei dispositivi barriera
In alcuni casi non corretta attenzione ad una adeguata igiene ambientale
CONCLUSIONI
Il progetto “Strategia per la gestione in sicurezza ed il contenimento dell’infezione del Clostridium Difficile”, elaborato
dai componenti del Gruppo Operativo del Comitato Infezioni Ospedaliere di presidio, costituisce la base di partenza degli interventi mirati di prevenzione, sorveglianza e controllo in ambito ospedaliero e rappresenta lo strumento per gestire i casi isolati e per il contenimento della diffusione ospedaliera dell’infezione da Clostridium Difficile.
Il progetto elaborato si compone di quattro documenti:
Sorveglianza del Clostridium Difficile in ambito ospedaliero
Azioni da intraprendere in presenza di una infezione da Clostridium Difficile
Regole comportamentali per parenti e visitatori in ospedale in presenza di una infezione da Clostridium Difficile
Modulo per attivazione pulizie straordinarie in presenza di una infezione da Clostridium Difficile
La fruibilità dei documenti dalla rete aziendale, attiva in ogni momento in tutte le unità operative, ha reso applicabile in poco tempo nelle unità operative con casi di Clostridium Difficile tutta la serie di interventi mirati previsti.
Ogni caso di Clostridium Difficile è seguito dalla Direzione e Ufficio Epidemiologico del presidio dal momento della rilevazione dell’alert microbiologico alla dimissione del caso con indagine epidemiologica registrata su modulo
standard ed ispezioni ad hoc,durante le quali particolare attenzione è dedicata alla valutazione del superamento
delle criticità evidenziate e all’aderenza alle indicazioni fornite .
La strategia di prevenzione, gestione e contenimento dell’infezione è il risultato della collaborazione stretta tra il
personale delle UU.OO. e la Direzione Sanitaria: il primo per il recepimento e la buona applicazione delle strategie
di prevenzione e contenimento dell’infezione; la seconda per la gestione sistematica e per la sorveglianza di tutti
i casi di diarrea da Clostridium Difficile in ambito ospedaliero.
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STRATEGIA PER IL CONTENIMENTO
DELLA SPESA PER I RIFIUTI SANITARI
*L. Camponovo;**P.Lanfranco; ***A. Raimondi ****GM.Lecchi
*ICI Ufficio Epidemiologico, **Dirigente medico di 1° livello Direzione Sanitaria;*** Dirigente infermieristico di Presidio, ****Dirigente medico di 2° livello, Direzione Sanitaria Ospedale S. Gerardo di Monza
INTRODUZIONE
Il nuovo D.P.R. 254/03 che disciplina i rifiuti sanitari, ha impostato una gestione dello smaltimento degli stessi su
tre cardini fondamentali: sicurezza (“…le strutture sanitarie devono provvedere alla gestione dei rifiuti prodotti” (art.
1 comma 4), prevenzione e riduzione della produzione (art. 3) ed economicità (art. 1 comma 4). I fattori da cui
dipende la produzione dei rifiuti sanitari si possono fondamentalmente ricondurre a: 1) tipologia e quantità di attività sanitaria svolta nel presidio, 2) tipo di prodotti e/o materiali utilizzati nell’attività di assistenza sanitaria (teleria
o TNT) che danno origine alla diversa tipologia di rifiuto, 3) modalità di gestione/suddivisione del rifiuto.
CONTENUTI
L’ obiettivo primario della strategia è una corretta modalità di gestione dei rifiuti (corretta suddivisione e riciclo), una
corretta modalità di suddivisione del rifiuto infetto da quello urbano, al fine di ridurre la produzione di rifiuti a potenziale rischio infettivo e contenerne la spesa, mantenendo l’appropriatezza di smaltimento.
La diminuzione delle quantità prodotte è stata perseguita attraverso la formazione ed informazione del personale,
la responsabilizzazione del personale nelle fasi della produzione del rifiuto e la razionalizzazione della produzione,
realizzata attraverso una suddivisione attenta del rifiuto stesso. Per ottenere una precisa pianificazione degli interventi
successivi, è stata inoltre effettuata una valutazione attraverso:
1) quantificazione della produzione,
2) creazione di uno “storico” della produzione,
3) stesura di una istruzione operativa per la corretta suddivisione dei rifiuti,
4) riunioni informative presso le Unità Operative/Servizi,
5) monitoraggio costante dei quantitativi prodotti,
6) monitoraggio continuo dell’andamento della produzione dei rifiuti.
CONCLUSIONI
Dopo questa fase iniziale, si sono identificati gli obiettivi di lungo periodo: monitoraggio costante della produzione dei rifiuti; monitoraggio continuo della suddivisione corretta dei diversi tipi di rifiuti; informazione/formazione continua attraverso la realizzazione di incontri con il personale delle Unità Operative/Servizi al fine di rispondere agli
eventuali problemi insorti.
Tali obiettivi rientrano in un contesto di rispetto della normativa D.P.R. 254/03 .
La modalità operativa prescelta per quantificare la produzione dei rifiuti infetti è la verifica del peso del rifiuto al momento del conferimento al forno inceneritore.
I dati relativi alla quantificazione del peso dei rifiuti prodotti (fatture rilasciate nei primi sei mesi del 2008 ) hanno
dimostrato una riduzione del 20% dei Kg di rifiuto a potenziale rischio infettivo prodotto.
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DOCUMENTO PROGRAMMATICO SULLA SICUREZZA ED ASPETTI CRITICI
DI UNO STRUMENTO PER LA TUTELA DELLA PRIVACY IN OSPEDALE:
L’ESPERIENZA DELL’AOU VITTORIO EMANUELE DI CATANIA
Mangano G.°, Cunsolo R.*, Santoro A.*, Licciardello G.^, Ferrante C.˜, G. Tinelli^, Frasciana S.*, Galeano S.*
°Direzione Medica di Presidio S. Bambino, *Direzione Medica di Presidio V. Emanuele, ^Funzione Informatica CED,
˜Settore AA.GG. e Legali, Contenzioso
INTRODUZIONE
Da oltre un decennio il tema della tutela della privacy in ambito sanitario ha comportato e comporta rilevanti implicazioni per una serie di necessari adempimenti previsti dal Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs.
196/03): adozione di idonee misure di sicurezza per proteggere i dati personali e sensibili; uso di distanze di cortesia in ambulatori e uffici front-office; cifratura dei dati; assegnazione agli utenti di un codice alfanumerico; utilizzo della nota informativa; formazione per gli incaricati. Tra le misure di particolare rilevanza da adottare secondo i
dettami del Codice, figura la elaborazione del Documento programmatico sulla sicurezza (DPS). La tutela della riservatezza, nel contesto delle politiche sanitarie finalizzate al miglioramento dell’accoglienza e dell’umanizzazione dei pazienti, costituisce una sfida per le strutture sanitarie chiamate ad un ulteriore e costante impegno in ragione della continuativa interfaccia utente-ospedale. L’esperienza maturata dell’AOU Vittorio Emanuele è stata orientata ad esaminare e ben orientare le responsabilità e le istruzioni organizzative, anche a tutela da sanzioni per omissioni o inadempimenti inconsapevoli.
CONTENUTI
A tal fine la direzione aziendale ha sostenuto l’attività di un gruppo di lavoro per dar seguito non solo ad un mero
adempimento di legge ma anche a principi, peraltro dettati anche dal Codice di Deontologia Medica, inerenti alla
tutela della riservatezza della sfera intima, della identità personale e della dignità e libertà del paziente nonché alla
protezione dei dati rispetto al trattamento effettuato sia all’interno delle dinamiche lavorative dell’Azienda che nei
rapporti con soggetti esterni. Tra i vari aspetti legati all’applicazione della normativa, il DPS rappresenta una fase
importante poiché esso deve far parte del bilancio annuale d’esercizio di ogni azienda sanitaria. Nelle fasi della periodica revisione del DPS, oltre alla contestuale elaborazione di un Regolamento Aziendale sulla Privacy, sono stati coinvolti anche i Settori Tecnici e Amministrativi. Nella strutturazione del DPS sono state inserite informazioni previste dal Codice, formalmente redatte da ogni singolo U.O. con il supporto di personale esperto delle Direzioni Mediche di Presidio: elenco dei trattamenti dei dati personali; distribuzione di compiti e responsabilità; analisi dei rischi; misure, già adottate e da adottare, per l’integrità e disponibilità dei dati; criteri e modalità di ripristino dei dati;
criteri per garantire le misure minime di sicurezza, in caso di trattamenti affidati all’esterno; procedura per il controllo sullo stato della sicurezza.
CONCLUSIONI
Per l’area sanitaria sono stati coinvolte n. 63 Unità Operative ricadenti nei 4 Presidi Ospedalieri dell’Azienda. Sono
stati elaborati i nuovi modelli di nota informativa per i ricoverati, per gli utenti afferenti sia al Pronto Soccorso che
alle molteplici attività ambulatoriali. È stata svolta un’intensa attività formativa. L’aggiornamento del DPS si è quindi rilevato una ennesima opportunità di verifica delle varie criticità legate non solo all’atto assistenziale ma anche
al quotidiano svolgimento di atti amministrativi, nel corso dei quali risultano inevitabili i rischi (non sempre reali) di
discontinuità applicativa della norma secondo chiavi di lettura interpretative, spesso motivate da mere esigenze
di assicurare comunque un buon esito al servizio reso all’utenza.
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IL CONTROLLO DEGLI ASPETTI IGIENISTICI NELLE SALE OPERATORIE
DELL’A.O. “OSPEDALE DI LECCO”
P. Monti, L. Boselli, P. Brusadelli, E. Camozzini, L. Chiappa, F. Folsi, F. Regazzoni, C. Tentori
INTRODUZIONE
Il controllo delle infezioni ospedaliere, e tra queste il controllo delle infezioni della ferita chirurgica rappresenta per
ogni ospedale un importante strumento per tutelare la salute del paziente.
Le strategie che consentono un’adeguata prevenzione delle infezioni sono diverse: dalla profilassi chirurgica all’uso corretto dei disinfettanti, dai controlli sulle attività di sterilizzazione alla preparazione del paziente, dall’attenzione ai percorsi sporco/pulito alle modalità di pulizie ambientali.
Tra gli strumenti che possono essere adottati, l’Azienda Ospedaliera Ospedale di Lecco ha ritenuto importante mettere a punto dettagliati protocolli comportamentali.
CONTENUTI
MATERIALI E METODI
Un gruppo di lavoro composto da personale infermieristico dei blocchi operatori dei 2 presidi aziendali, unitamente
al personale medico delle Direzioni mediche di Presidio e all’infermiera addetta al controllo delle infezioni ospedaliere, ha elaborato un protocollo, basato su linee guida regionali, nazionali e internazionali relativo a:
modalità di accesso al blocco operatorio di operatori, visitatori, pazienti e materiali,
preparazione dell’equipe (lavaggio chirurgico delle mani, vestizione dell’equipe chirurgica, calzatura dei guanti) e
raccomandazioni per il mantenimento della bassa carica microbica;
preparazione e mantenimento del campo operatorio.
I protocolli elaborati sono stati presentati e discussi nell’ambito di più riunioni effettuate con il personale che normalmente accede alle sale operatorie.
La valutazione dell’adesione del personale al suddetto protocollo è stata effettuata attraverso una scheda di monitoraggio.
La scheda consente di valutare 6 aree: l’accesso degli operatori, il lavaggio chirurgico delle mani, la vestizione dell’equipe, l’antisepsi chirurgica della cute, la preparazione e il mantenimento del campo sterile e il mantenimento
della zona a bassa carica microbica.
I controlli sono stati eseguiti negli anni dal 2005 al 2007. Il monitoraggio è stato effettuato da un medico e da un’infermiera epidemiologia. Nel 2005 sono stati osservati complessivamente 81 interventi, nel 2006 ne sono stati valutati 101, e 54 interventi nel 2007.
DISCUSSIONE
Dall’analisi dei dati si osserva che i risultati sono sovrapponibili ai dati della letteratura nazionale.
Gli errori più frequentemente riscontrati sono: lavaggio chirurgico delle mani (non rispetto del tempo previsto), uso
della mascherina chirurgica (non copre completamente anche il naso), antisepsi chirurgica della cute (non rispetto di modalità e tempo di contatto), porte aperte durante l’intervento; inoltre è stata riscontrata la presenza di monili indossati dagli operatori.
La fase più problematica è stata quella dei controlli nelle sale. Atteggiamenti diversi hanno caratterizzato questa
fase: dalla sensibilizzazione al problema al rifiuto alla verifica. Solo una continua presenza attenta a cogliere ogni
disponibilità al confronto, un atteggiamento non invadente è riuscito a caratterizzare in maniera più costruttiva queste verifiche.
CONCLUSIONI
Questo approccio costituisce solo parte di una strategia più complessiva messa a punto dal CIO sulle infezioni della ferita chirurgica che prevede attività di prevenzione, tra cui la profilassi antibiotica, la preparazione del paziente, attività di sorveglianza attraverso indagini di prevalenza e progetti di formazione del personale coinvolto nel processo di cura del paziente.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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INTRODUZIONE DI UNA STRATEGIA DI IMPLEMENTAZIONE DELL’IGIENE
DELLE MANI ATTRAVERSO UN’ANALISI PUNTUALE DEL CONTESTO
A.Muzzi, M. Bosio, P. Monti, P. Marone, T. Feletti, A. Riva, E. Bonadeo, L. Lodola, P. Caltagirone
Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo
INTRODUZIONE
Ormai da secoli è stata ampiamente dimostrata l’importanza fondamentale dell’adeguata igiene delle mani nella
prevenzione delle infezioni, soprattutto in ambito nosocomiale. Nonostante tale rilevanza, questa pratica assistenziale
è poco utilizzata; le motivazioni spesso citate a giustificare le inadempienze sono la carenza di tempo ed i problemi
strutturali ma in realtà esiste ancora confusione ed incertezza tra gli operatori sanitari e scarsa volontà di aderire
ad un cambiamento nel modo di operare.
CONTENUTI
Abbiamo selezionato come reparti campione quattro reparti di area critica, tre reparti di area medica e uno di area
chirurgica.
Ci siamo posti l’obiettivo di studiare a fondo il contesto per capire le reali carenze e poter rimuovere in maniera puntuale gli ostacoli. Avendo l’ospedale problemi strutturali, si è deciso di introdurre l’uso di un gel alcolico con concentrazione superiore al 60%, di formato tascabile, basso costo ed elevata gradevolezza.
Siamo passati poi a valutare come introdurlo efficacemente nella pratica quotidiana dei reparti, volendo condurre
una campagna di promozione dell’igiene delle mani a 360 gradi.
Abbiamo somministrato un questionario prima dell’introduzione del gel nei reparti individuati (questionario validato e già usato nell’esperienza “mani pulite” della Regione Toscana), allo scopo di analizzare la conoscenza specifica dell’argomento nelle diverse categorie professionali, utilizzarlo come strumento di sensibilizzazione sul problema
e come valutazione dei gap culturali sui quali agire per generare il cambiamento.
Abbiamo quindi eseguito tamponi sulle mani degli operatori per analizzare il livello di ATP che unitamente alla lettura dei questionari ci indicherà la situazione di partenza e la strada su cui indirizzare la formazione.
L’analisi delle risposte ha evidenziato incongruenze culturali su cui lavorare: ad esempio tutti dichiarano di ritenere “molto” importante la disinfezione delle mani nella prevenzione della trasmissione di germi patogeni ma rispondono
che si lavano le mani 1-3 volte durante la giornata lavorativa; pochi ritengono necessario il lavaggio sociale prima
di preparare la terapia infusiva e pochissimi dichiarano di effettuare il lavaggio antisettico durante l’assistenza al
neonato/bambino.
CONCLUSIONI
La formazione programmata per l’autunno verrà indirizzata a chiarire la differenza sostanziale tra lavaggio sociale
e disinfezione delle mani ed alla contestualizzazione reale dei comportamenti sulla base dei questionari. Il questionario
verrà nuovamente somministrato dopo la formazione e dopo qualche mese di uso del gel alcolico.
La misurazione dell’ATP sulle mani di tutti gli operatori, avendo messo in evidenza la scarsa traduzione nella pratica anche delle conoscenze possedute, ci consentirà di monitorare la ricaduta sui comportamenti dopo la fase di
formazione e costituirà uno strumento concreto, trasparente ed evidente dell’efficacia della pratica igienica.
(Segue sul sito www.amndo.org)
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34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O. - La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
DAL TO CONTROL AL TO INNOVATION: I MODELLI ORGANIZZATIVI,
CORE COMPETENCE E CORE CURRICULA
Amato S , Bosio M., Locatelli F., Mangiacavalli B., Salvatori D., Grugnetti G., Quaini A., Hoffmann M., Monti P, Caltagirone P.,
Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia.
INTRODUZIONE
Il tema della sicurezza del paziente in un’ottica di qualità delle cure è oggi la problematica più rilevante delle organizzazioni sanitarie e della progettazione ed implementazione della qualità delle cure.
Le organizzazioni sanitarie non vanno considerate organizzazioni canoniche quanto piuttosto organizzazioni creative poichè devono essere in grado di produrre un grado elevato di attività irregolari correlate alla individualità del
paziente e, dunque alla capacità di processarne i requisiti in real time; misurare e monitorare i risultati ottenuti più
dei metodi e dunque identificare precocemente i rischi tendono tale che possano essere ridotti o compressi.
In quest’ottica le organizzazioni sanitarie devono pertanto utilizzare modelli organizzativi coerenti e, dunque innovativi rispetto a quelli usualmente utilizzati al fine di poter rispondere alle istanze degli stakeholders e del mercato della salute.
CONTENUTI
La Fondazione IRCCS San Matteo di Pavia è un Policlinico a gestione mista (universitaria e non) ed è una eccellenza del SSN e SSR Lombardo. In particolare la S.C. di Oncoemetologia Pediatrica presenta un elevato indice di
attrattività tale da registrare una elevata domanda per le prestazioni ambulatoriali e di degenza in day hospital producendo circa il 30 % di trapianti in malattie del sistema ematopoietico a livello nazionale.
Nell’aprile u.s. la domanda espressa dai pazienti ha reso necessaria una analisi organizzativa in relazione ad una
richiesta di 60 prestazioni al giorno 7 giorni su 7.
Si è proceduto pertanto alla mappature delle vulnerabilità del processo erogativo al momento in atto, attraverso
la tecnica della FMEA al fine di individuare criticità organizzative e del modello comportamentale individuato e definire azioni correttive e preventive adeguate.
La stratificazione dei rischi relativi delle singole attività e subattività del processo ha comportato la necessità da
parte della Direzione Strategica aziendale di dover identificare le necessità di “core competence” e “core curricula” che i rischi connessi con la domanda prestazionale identificavano.
La processazione delle competenze e delle experties emerse hanno individuato che il modello organizzativo in grado di poter eticamente e qualitativamente comprimere il rischio fosse il “disease management” e ha individuato in
azienda le risorse necessarie e le ha sottoposte ad un training intensivo che ha fornito loro strumenti e conoscenze
per la riorganizzazione del lavoro. Sono stati effettuati anche lavori strutturali che permettessero l’adeguata coniugazione
di spazi e modello organizzativo.
Indicatori di performance sono stati individuati in indicatori della qualità dell’assistenza erogata in termini di Customer satisfaction degli Utenti e le loro Famiglie, degli operatori e del benessere organizzativo ed in termini di produttività.
L’analisi preliminare del bimestre giugno e luglio ha misurato un incremento della produttività del 21%, la riduzione dell’assenteismo del 17%, l’aumento della qualità percepita degli utenti in termini di comunicazione ed accoglienza del 31%, della qualità dell’assistenza infermieristica percepita del 35% e di quella medica del 25%, una
conformità ai requisiti di safety e qualità JCI ed ISO del 98,7%.
CONCLUSIONI
I risultati sono incoraggianti, soprattutto per l’approccio utilizzato che rappresenta l’individuazione di ulteriori opportunità della tecnica FMEA non solo in termini di safety ma anche di supporto gestionale.
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RISK MANAGEMENT E ANALISI DEL CONTEZIOSO MEDICO LEGALE
Nasi G*, Mastromatteo A M*, Pignataro R*
*Direzione Sanitaria Ospedale “Cristo Re” Roma
INTRODUZIONE
L’aumento esponenziale del contenzioso medico legale, la crescita dei procedimenti giudiziari e dei risarcimenti
in via transattiva è un fenomeno che comporta un notevole dispendio di risorse economiche e atteggiamenti professionali difensivi inadeguati per una buona qualità dell’assistenza che un attento governo clinico dovrebbe tenere nella debita considerazione. Infatti gli ordini dei medici e le singole amministrazioni stanno promuovendo l’adozione di procedure conciliative anche attraverso organi terzi.
Nel nostro ospedale si è deciso di procedere ad un’analisi dei casi di responsabilità professionale medica che da
alcuni anni sono gestiti in equipe multidisciplinare coordinata dalla direzione sanitaria con professionisti dell’area
amministrativa e tecnica, avvocati consulenti e dirigenti medici in particolare specialisti in medicina legale.
CONTENUTI
La revisione complessiva di tutte le denunce di sinistro è stata eseguita elaborando un database sia per i casi civili che penali evidenziando le seguenti informazioni: la data del sinistro e quella della denuncia, l’oggetto dove in
sintesi è descritta un’epicrisi del caso, i professionisti coinvolti, loro relazione ed eventuali riunioni svolte, compagnie assicuratrici interessate alla copertura. L’archivio informatico è aggiornato in tempo reale anche per quanto
riguarda l’andamento del procedimento o della causa. Ogni qual volta se ne ravveda la necessità a seguito di queste verifiche, i casi vengono sottoposti alla valutazione della commissione interna del governo clinico e portati all’attenzione delle singole unità operative di risk management e procedure per l’accreditamento rispettivamente per
le discipline coinvolte.
Le denunce di sinistro pendenti al 30 giugno 2008 risultano 55 di cui 40 lasciate in carico alle assicurazioni senza
nomina di legali diretti rappresentanti dell’ospedale e 15 cause, considerate più rilevanti, in cui è stato dato mandato ai nostri legali previa citazione giudiziaria. La disciplina più esposta è la branca di ginecologia-ostetricia con
22 casi di cui 5 con conseguenze gravi, a seguire la chirurgia generale con 10 richieste di risarcimento e l’urologia
con 8. Interessante sottolineare la valutazione dei casi ormai definiti negli ultimi due anni che su un complessivo
di 15 risultano per un 50% terminati a nostro favore con sentenza definitiva del tribunale ed altri chiusi in via transattiva con forte riduzione della richiesta di risarcimento (40%-60%). Altro importante risultato conseguito con la
gestione del contenzioso medico legale è stato il contenimento dei costi assicurativi.
CONCLUSIONI
La nostra esperienza ha dimostrato che è opportuno affrontare la gestione del contenzioso medico legale nell’ambito
del rischio clinico attraverso un’apposita equipe di valutazione e successivo coinvolgimento di singoli gruppi operativi per disciplina.
La collaborazione, l’informazione e la formazione continua hanno portato alla implementazione di protocolli e linee guida promuovendo in generale la qualità, rafforzando il governo clinico e soprattutto contribuendo ad un effettivo miglioramento della gestione dei casi. Da segnalare, infine, la forte riduzione delle somme risarcite rispetto
alle richieste iniziali e l’inversione di tendenza di diverse sentenze di tribunale in cui, non rilevando alcuna responsabilità professionale, la domanda degli attori è stata integralmente rigettata con rimborso delle spese di lite a favore dell’ospedale.
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LA PREVENZIONE DEGLI ATTI DI VIOLENZA A DANNO DEGLI OPERATORI
SANITARI: IMPIEGO DEL METODO FMEA
Sesti E.°, Musolino M.°, Sgrò M.°°, Nasi G.*
°ASL Roma B, °°Ospedale Oftalmico ASL Roma E, *Ospedale Classificato “Cristo Re” Roma
INTRODUZIONE
Nell’ambito della gestione del rischio nelle organizzazioni sanitarie appare opportuno introdurre misure di protezione dei lavoratori secondo gli indirizzi del Ministero della Salute che ha emanato nel novembre del 2007 la specifica Raccomandazione n° 8 per prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari. A tal proposito suggerisce di elaborare ed adottare un programma di prevenzione del rischio violenza per facilitare la sicurezza negli
ambienti di lavoro promuovendo tra l’altro la responsabilità della conduzione del piano di salvaguardia a soggetti
o gruppi di lavoro addestrati e qualificati, con disponibilità di risorse idonee in relazione ai rischi presenti.
CONTENUTI
La nostra proposta per svolgere il programma di protezione scaturisce dall’applicazione di uno strumento già validato nella gestione del rischio ovvero la metodica FMEA (Failure Mode and Effects Analysis). La FMEA è un’analisi di tipo qualitativo che può essere utilizzata per definire quale evento potrebbe accadere in caso si verificasse
una situazione di vulnerabilità nel sistema di tutela, identificando così gli eventuali rischi e rilevando principalmente
gli errori di tipo organizzativo anche ai fini dei cambiamenti nelle pratiche di lavoro e nelle procedure. Tale procedimento proprio perché già in uso tra i professionisti sanitari come metodo di analisi di processi/attività in cui si è
verificato un near miss e in maniera preventiva per le attività ritenute a rischio, può agevolmente essere impiegato anche nelle situazioni operative a rischio di aggressioni o violenze, risultando inoltre economico e di facile esecuzione.
Secondo i criteri della Joint Commission, già esplicitati nel 2001, per poter esercitare correttamente questa verifica analitica si deve selezionare almeno un processo critico all’anno ed identificare le fasi del processo. Il percorso metodologico consiste dunque in:
-ricorso ad un ristretto gruppo multidisciplinare di esperti
-scelta di un “processo ad alto rischio”
-analisi dell’attività in sequenze semplici
-tecniche di brain storming sui possibili “modi di errore/guasto”
-analisi per indicare il suo specifico “effetto”
-determinazione dell’indice di priorità del rischio
-predisposizione di una master list in ordine di priorità
-condivisione dei risultati
-scelta di una seconda master list in ordine di criticità da analizzare
-decisione e pianificazione di azioni correttive specifiche
-misurazione per valutare i risultati
-sviluppo del percorso ad altri processi.
CONCLUSIONI
L’attuazione della sorveglianza delle violenze a carico degli operatori sanitari mediante la metodologia FMEA scaturisce dagli aspetti positivi che fornisce questa analisi come la modularità del sistema, la dimostrabilità, la rintracciabilità
del processo che permettono le rivalutazioni periodiche di condizioni a rischio anche in termini di cambiamenti avvenuti. Altro importante elemento è il coinvolgimento multidisciplinare di professionisti sanitari chiamati a partecipare nella pratica all’apprendimento e all’applicazione del metodo che pur essendo alla portata di tutti garantisce
una funzione di forte sensibilizzazione e formazione continua. Tale verifica, inoltre, può essere di utilizzo immediato negli ambienti sanitari già considerati a rischio nelle valutazioni ministeriali della Raccomandazione come i servizi di emergenza-urgenza, le strutture psichiatriche ospedaliere e territoriali, i luoghi di attesa, i servizi geriatrici e
di continuità assistenziale.
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LA PROSSIMA SFIDA DELLA SANITÀ PUBBLICA: LA MEDICINA DI
GENERE TRA INNOVAZIONE ED EQUITÀ DEI SISTEMI SANITARI
Cecchi P*, Cicogna A°, Di Mauro C*, La Commare F°, Mostardi M*,
Nasi G*°, Risi P M*, Sesti E°, Soldano S*
°ANMDO Lazio, *AIDM Roma
INTRODUZIONE
Le differenze di genere nella salute sono una inderogabile ed urgente sfida per il futuro in quanto attualmente riconosciute tra le sconfitte della sanità pubblica. Anche l’OMS precisa che il sesso (dati biologici) ed il genere (dati
di ruolo socio-culturale) sono importanti determinanti della salute regolando con diversità le condizioni di benessere e malattia negli uomini e nelle donne. Quindi in ogni programma sanitario le differenze di genere e di sesso
devono essere considerate (adopted in March, 2002). La medicina di genere studia le differenze biologiche e psicosociali tra i sessi e la loro influenza sullo stato di salute e di malattia. La stessa OMS ha inserito proprio la medicina di genere nell’Equity Act a garanzia che il principio di equità implica che accesso e cure siano appropriati e
i più consoni al singolo genere.
CONTENUTI
L’analisi dell’andamento dello stato salute/malattia nelle popolazioni porta ad alcune riflessioni: nonostante l’aspettativa di vita stia crescendo in tutti i nostri Paesi, gli uomini stanno acquistando in anni di vita “di salute”, mentre
le donne stanno guadagnando in anni di vita “di disabilità”. Il paradosso dei tassi più bassi in termini di mortalità
e più alti in termini di morbosità nelle donne rispetto agli uomini concorre all’emergente interesse in campo scientifico per la medicina di genere ormai imprescindibile sia nella ricerca che nella clinica medica innanzitutto perché
le donne si ammalano di più. Infatti secondo l’indagine ISTAT presentata il 2 marzo scorso l’8,3% delle donne italiane denuncia un cattivo stato di salute contro il 5,3% degli uomini. Le malattie per le quali le donne presentano
una maggiore prevalenza rispetto agli uomini sono: allergie (+ 8%), diabete (+ 9%), cataratta (+ 80%), ipertensione arteriosa (+ 30%), alcune malattie cardiache (+ 5%), patologie della tiroide (+ 500%), artrosi e artrite (+ 49%),
osteoporosi (+ 736%), calcolosi (+ 31%), cefalea ed emicrania (+ 123%), depressione e ansietà (+ 138%), alzheimer (+ 100%).
Già limitatamente ai dati esposti è comprensibile come sia necessario concepire la salute nell’ottica di genere. L’acquisizione di questa nuova visione dovrà essere l’elemento trainante del cambiamento dell’assistenza sanitaria nonché l’obiettivo di una revisione organizzativa dei sistemi sanitari, tra cui proprio l’ospedale, in ogni aspetto della tutela della salute: dalla prevenzione alla presa in carico, dai trattamenti farmacologici agli aspetti socio-sanitari. Il
coordinamento di percorsi e attività sanitarie al “maschile e al femminile” dovrà coinvolgere professionisti di diverse
categorie e culture, con particolare sviluppo dell’approccio interdisciplinare tra operatori sanitari considerando l’outcome salute/benessere come obiettivo di una società multietnica e con disuguaglianze socio-economiche.
CONCLUSIONI
La presa di coscienza della salute nell’ottica di genere ha trovato un incoraggiante riscontro non solo nei professionisti sanitari ma anche negli organi istituzionali e negli atenei universitari. La crescita della formazione in tema
di medicina di genere (ad esempio corso 2008 presso l’ordine dei medici di Roma e congresso nazionale AIDM
2009) è la risposta sia a livello clinico sia strategico di una rinnovata educazione alla salute che auspichiamo possa sviluppare percorsi sanitari specifici per genere, promuovere l’equità nelle modalità di accesso e nelle prospettiva
di integrazione sociale con opportuni programmi riabilitativi.
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SISTEMA INFORMATIZZATO AZIENDALE PER IL SUPPORTO ALLA
PRESCRIZIONE FARMACOLOGICA SIA IN REGIME DI RICOVERO,
SIA ALLA DIMISSIONE, CHE AMBULATORIALE (FARMASAFE@):
SOSTENIBILITÀ E INNOVATIVITÀ
GC Taddei*, N Soliveri*, M Sottocorno*, L Landriel*, C Rozzoni*, G Bastioli*, M Daminelli*, M Sala**, A Fumagalli**, E Angioletti**, G Pagani***, G Bombardieri***, A Piccichè***, S Canini***, C Sileo***
* Farmacia – Ospedali Riuniti di Bergamo, ** Sistemi Informativi – Ospedali Riuniti di Bergamo, *** Direzione Sanitaria – Ospedali Riuniti di Bergamo
INTRODUZIONE
La Direzione Strategica Aziendale ha fortemente sostenuto il progetto di reingegnerizzazione e logistica del Farmaco, con il fattivo contributo di Farmacia e Sistemi Informativi, e in grande condivisione/collaborazione con le Unità Strutturali Cliniche (USC).
Il “sistema tradizionale” di prescrizione personalizzata prevede l’utilizzo di documenti cartacei che possono rappresentare una fonte di errore e dispersione di ore lavoro.
Il progetto prevede un notevole cambiamento grazie ad un sistema informatizzato che gestisce il farmaco dalla prescrizione, all’allestimento dei preparati (in reparto e/o in farmacia) fino ad arrivare alla somministrazione.
CONTENUTI
Farmasafe@ permette l’accesso alle informazioni sulla terapia farmacologica consentendo la produzione di documentazione dettagliata sulla storia terapeutica dell’assistito organizzata in funzione dell’utilizzatore, riducendo
la possibilità di errore, abbattendo i tempi di gestione e di verifica, consentendo di allestire da parte della farmacia terapie personalizzate da consegnare al reparto mediante appositi kit per singolo paziente contenenti tutto il
necessario per la sua terapia farmacologica. Farmasafe@ utilizza un’applicazione web, disponibile ovunque presso la struttura ed anche all’esterno, con tutti i livelli di protezione e sicurezza sui dati sensibili, direttamente al letto del paziente.
La prescrizione informatizzata da parte del medico (password) permette di conoscere in tempo reale i farmaci richiesti per ogni singolo malato inducendo in automatico la costituzione del foglio unico di terapia che evita trascrizioni
e permette di risalire sempre esattamente alla storia clinica e terapeutica del malato.
L’attività ha preso avvio nel giugno 2006 e ha visto coinvolti nella formazione e applicazione condivisa circa 1100
professionisti (Medici, Farmacisti, Infermieri, Informatici).
L’obiettivo è di completare l’estensione a tutta l’Azienda entro la data di attivazione del nuovo ospedale (seconda
metà del 2009) al fine di :
garantire la sicurezza del malato attraverso la riduzione degli errori in terapia farmacologica che si possono verificare durante tutto il processo di gestione del farmaco in ospedale;
ottimizzare i percorsi logistici nella gestione dell’intera “filiera” del farmaco;
permettere la puntuale contabilizzazione del bene farmaceutico per ogni singolo paziente.
Ad oggi sono stati curati circa 18.000 malati nelle 32 USC che utilizzano Farmasafe@, pari a 27.000 numero episodi con terapie, 500.000 preparazioni farmacologiche etichettate e 1.900.000 somministrazioni registrate.
Farmasafe@ garantisce inoltre l’aderenza alle specificità operative delle varie discipline, dal momento che i medici ed infermieri coinvolti possono richiedere integrazioni al programma in funzione di specifiche necessità cliniche
e/o organizzative.
CONCLUSIONI
Gli utilizzatori hanno espresso le seguenti valutazioni:
il sistema ha il valore aggiunto di portare con sé una drastica riduzione delle possibilità di errore con il conseguente
miglioramento in termini di qualità della cura del paziente grazie agli ausili alla prescrizione, alla chiarezza della formulazione terapeutica per la somministrazione, all’eliminazione delle operazioni di trascrizione nonché all’associazione
univoca del farmaco al paziente a cui dovrà essere somministrato.
i processi e le modalità operative sono migliorate in termini di tracciabilità e documentazione prodotta, anche a fini
medico-legali.
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PROCOLLO DIAGNOSTICO CONDIVISO NEL PAZIENTE CON LESIONI
CEREBRALI IN COMA
E. Cacciabue1 , A. Callegaro1, M. Cossolini1, B. Del Bello1, F. Della Fiorentina1,L. Michetti 1,C. Rivoltella1,R.
Sermisoni1, G. Bertolini2, A. Goglio1, G. Pagani1, G. Bombardieri1, A. Piccichè1, S. Canini, C. Sileo1.
1 Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti (A.O. OO.RR)di Bergamo, 2 Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Bergamo
INTRODUZIONE
La Regione Lombardia (Indicazioni relative all’applicazione dellla DGR 31.10/2007n.VIII/5743) prevede la rilevazione
dei ricoveri e decessi per lesioni cerebrali da parte del Coordinatore Locale Prelievo (CLP) L’evidenza di alcune criticità organizzative relative alla rintracciabilità e tempestività dei referti per gli esami sieroematochimici nel paziente
neuroleso , ha condotto alla costituzione di un gruppo di lavoro per l’elaborazione del protocollo condiviso “Screening di Laboratorio in paziente con Lesioni Cerebrali (LC) in coma GCS < 8” .
Lo scopo è definire un livello standard di indagini sierologiche, virologiche ed ematochimiche nelle persone assistite in coma all’ingresso nelle Unità Strutturali Complesse (USC) di Pronto Soccorso e delle quattro Terapie Intensive
dell’Azienda.
In caso di aggravamento e decesso di paziente che presenta condizioni e consenso alla donazione di organi e tessuti, sono così preventivamente disponibili referti di esami sierologici, virologici ed ematochimici richiesti per la valutazione di idoneità del potenziale donatore.
CONTENUTI
Utilizzando il sistema informativo attivo presso l’AO OO. RR. di Bergamo, è stato possibile implementare un profilo “Lesioni Cerebrali” che prevede prenotazione on line delle indagini sieroematochimiche e virologiche previste
dal protocollo, accettazione del prelievo, refertazione e visione on-line dei risultati. Accanto a indagini sierologiche
ed ematochimiche il protocollo prevede l’introduzione in routine di test biomolecolari per HBV e HCV che riducono ulteriormente il “periodo finestra” in caso di infezioni acute.
Il progetto è stato attivato in via sperimentale dall’aprile 2008 in due Terapie Intensive dopo un sostanziale impegno di elaborazione, informazione e formazione del personale infermieristico e medico.
Il progetto è stato incluso nel sistema Qualità Aziendale (ISO 9001-2000) e prevede indicatori di aderenza alla applicazione del profilo “Lesioni Cerebrali”.
La conclusione della fase di monitoraggio ha evidenziato piena aderenza al protocollo in termini di numero di “Profilo LC” eseguiti rispetto al numero di ricoveri.
CONCLUSIONI
L’inserimento di un profilo standard sierologico, virologico ed ematochimico rappresenta un elemento strategico
per le ricadute organizzative nel processo d’accoglienza urgente della persona in coma con LC:
Esecuzione in routine delle indagini di laboratorio e successiva refertazione per via informatica.
Tempestiva reperibilità di referti di idoneità dell’eventuale donatore di organi e tessuti con possibile miglioramento della sicurezza del donatore grazie anche all’esecuzione di test di amplificazione genica.
Aderenza al protocollo proposto e motivazione a lavorare in team da parte delle USC coinvolte.
Applicazione di una metodologia di lavoro che prevede il monitoraggio sistematico degli indicatori previsti.
.
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LA GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO NELLA REGIONE SICILIANA
E GLI STANDARD DELLA JOINT COMMISSION:
RISULTATI PRELIMINARI DELL’AUTOVALUTAZIONE
Parrinello V.^, Mangano G.°, Pappalardo A.^, Cutuli D.°, Quaceci A.˘, Danzì M.,* Cunsolo R.*
^U.O. per la Qualità, °Direzione Medica di Presidio S.Bambino, *Direzione Medica di Presidio V. Emanuele, ˘ Direzione Sanitaria Azienda – AOU “Vittorio Emanuele, Ferrarotto, S.Bambino”- Catania
INTRODUZIONE
Nel 2006, in seguito al verificarsi di serie di eventi avversi nelle strutture sanitarie della Regione Siciliana, l’Assessorato Regionale alla Sanità ha avviato una serie di iniziative finalizzate al contrasto del rischio clinico. Tra queste
iniziative è stata avviata una collaborazione triennale con Joint Commission International che ha permesso lo sviluppo e la sperimentazione di una metodologia di gestione del rischio clinico nelle strutture sanitarie della Regione con un programma articolato a tappe: selezione di un set di 44 standard per il trasporto sicuro e gli ospedali;
verifica di tali standard in 6 organizzazioni sanitarie e nelle centrali SUES 118 della regione da parte di un esperto
di JCI; produzione di due manuali per la gestione rischio clinico nel trasporto sanitario e negli ospedali; elaborazione di un software di autovalutazione per tutte le organizzazioni sanitarie della regione (da compilarsi on line con
cadenza semestrale). In ragione della consolidata esperienza in materia di adozione e coordinamento di politiche
finalizzate al controllo ed alla gestione del rischio clinico, l’AOU Vittorio Emanuele è stata designata capofila del
progetto.
CONTENUTI
Ogni standard è caratterizzato da uno o più elementi misurabili (EM) che permettono una valutazione del grado di
compliance dell’ospedale rispetto ai singoli standard. Ogni elemento misurabile può assumere una delle seguenti valutazioni:
• completamente raggiunto
• spesso raggiunto
• parzialmente raggiunto
• raramente raggiunto
• non raggiunto
• non applicabile.
Ai fini dell’elaborazione complessiva dei dati rilevati, è possibile assegnare un punteggio a ciascuna valutazione,
come da schema seguente:
• Elementi Misurabili - Completamente raggiunto: score 1
• Elementi Misurabili - Spesso raggiunto: score 0,75
• Elementi Misurabili - Parzialmente raggiunto: score 0,5
• Elementi Misurabili - Raramente raggiunto: score 0,25
• Elementi Misurabili - Non Raggiunto: score 0
• Elementi Misurabili - Non applicabile: score NA.
Gli standard per gli ospedali presi in considerazione sono stati 27 comprendenti 108 elementi misurabili, suddivisi nelle seguenti aree critiche (valutazione efficace dei bisogni del paziente; gestione sicura delle procedure ad alto
rischio; gestione dei pazienti ad alto rischio; continuità assistenziale).
CONCLUSIONI
Dai risultati preliminari relativi all’ultimo semestre 2007 di autovalutazione, si evince che la compilazione è stata eseguita da 132 strutture su 142 e sono stati inseriti 1219 piani di miglioramento. L’autovalutazione ha avuto quindi
lo scopo sia di identificare criticità e condizioni di pericolo che potrebbero incidere sul rischio clinico, sulla sicurezza del paziente e sulla qualità delle cure, sia di fornire elementi utili alla ridefinizione di sistemi e di processi al
fine di migliorare la sicurezza del paziente e la qualità del processo di cura.
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LA GESTIONE DEL RISCHIO CLINICO
MG.Filippazzo, L. Pasta, T.Morabito
Direzione Sanitaria di PO
“Unità Organizzativa Rischio Sanitario” - Azienda ospedaliera “V. Cervello” – Palermo
La ritrovata centralità del paziente, impone al sistema sanitario una riprogettazione dei servizi, e delle relative modalità di erogazione. D’altra parte il tema della gestione del rischio sanitario, rappresenta ormai un’acquisizione consolidata, che passa attraverso la ricerca, la qualità e la formazione permanente. Si osserva, la diffusione di una “cultura della sicurezza”, intesa come disciplina che consenta, tramite strumenti e metodi, di trattare la prevenzione e
gestione dei rischi, partendo dall’individuazione degli eventi avversi. La loro incidenza è stimata intorno al 4% e,
di questi, il 17% è considerato “evitabile” (L.Marlock 1999 ”clinical Risk management” BMJ Publ-Group) ed è stato, peraltro, documentato che “realizzando delle azioni” si riesce a salvare delle vite (“100.000 lives campaign”,
www.ihi.org/IHI/Programs/Campagn).
Da questi presupposti, la nostra Azienda ha sviluppato un progetto pluriennale che si è occupato di:
• gestione trasparente del Rischio Clinico;
• formazione e comunicazione mirata degli operatori;
• Audit clinico.
Il progetto tende a valorizzare, i diversi profili professionali e le fasi sono sintetizzabili in:
• istituzione Unità Organizzativa Gestione del Rischio Sanitario
• coinvolgimento operatori nella valutazione degli “errori latenti”, tramite compilazione di un questionario strutturato, costruito sulle criticità più evidenti dell’ospedale rilevate attraverso una indagine pilota con questionari “aperti”(2005); comunicazione dei risultati dell’indagine;
• progetto pilota di valutazione d’ incidenza delle infezioni ospedaliere (2005);
• seminari ECM, sul Rischio, per tutte le figure professionali (2006-2007)
• dimissione protetta del paziente fragile (2005); implementazione “foglio unico di terapia” per la tracciabilità del
percorso terapeutico; completezza e fruibilità della relazione di dimissione ospedaliera quale garanzia di continuità assistenziale;
• valutazione degli “eventi avversi” (Audit clinico), progettazione ed implementazione delle soluzioni correttive individuate.
• implementazione dei 27 standard, del piano Regione-JCI e punti programmatici delle Raccomandazioni Ministeriali
sulla sicurezza del paziente; programmazione per il 2008/09 di seminari monotematici .
• applicazione procedure per la corretta identificazione del paziente chirurgico e/o soggetto ad indagini invasive;
• dal 2005, collaborazione con il Dipartimento di Scienze sociali e la Facoltà di Scienze della Formazione, dell’Università
degli Studi di Palermo, sui temi di gestione del Rischio Sanitario e di Miglioramento della Qualità dei Servizi. Obiettivo finale, giungere ad un sistema,che intervenga sui processi e non sulle singole azioni, traendo dall’errore occasione di apprendimento e di miglioramento qualitativo delle prestazioni .
Nei seminari, già svolti, sono stati somministrati questionari, sulla percezione dei rischi, le possibili soluzioni o i cambiamenti da questi determinati nei comportamenti: somministrazione dei farmaci; problema medico legale; utilizzo di EBM per la diagnosi o il trattamento.
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OSPEDALE SENZA DOLORE: METODI E RISULTATI NEL PROGETTO
DELL’AUSL DI BOLOGNA
F. Raggi, A. Scuderi, P. Farruggia
INTRODUZIONE
Il dolore è un sintomo che affligge un’alta percentuale di pazienti, condiziona significativamente la percezione del
benessere, la qualità di vita e il rapporto di fiducia con il personale sanitario. Per questo motivo l’Azienda si impegna a diffondere la cultura della lotta al dolore, anche in coerenza con il programma della Rete Health Promoting
Hospitals, a cui ha aderito.
Con l’avvio dell’AUSL di Bologna nel 2003 si sono rivisti gli assetti organizzativi delle tre antecedenti AUSL bolognesi, ridefinendo anche le funzioni trasversali sul territorio, tra cui il progetto “Ospedale Senza Dolore”.
CONTENUTI
L’unificazione dei 3 preesistenti Comitati Ospedale Senza Dolore è avvenuto a seguito di un benchmarking, che
ha consentito di rilevare punti di forza e di debolezza della precedente organizzazione.
Il nuovo COSD è un centro di coordinamento, con uno stile operativo ed un approccio informale, che consente ai
componenti di utilizzare strumenti e metodi anche non ufficiali per la promozione delle iniziative e degli incontri periodici nell’ambito delle singole articolazioni aziendali, a supporto pratico della gestione quotidiana del dolore.
L’individuazione dei componenti ha tenuto conto dell’autorevolezza, del precedente impegno in tale ambito, dell’organizzazione dipartimentale e multidisciplinare.
Le priorità, scaturite dalle criticità riscontrate al benchmarking e ribadite dai referenti, puntano alla valorizzazione
della componente infermieristica, al potenziamento e promozione della formazione continua, all’aggiornamento degli strumenti di comunicazione ed informazione ai pazienti.
LE RISORSE UMANE
È stata individuata una rete di referenti medici ed infermieristici dipartimentali ed una di facilitatori per tutte le Unità Operative, promovendo una reale e quotidiana cooperazione multidisciplinare.
Le direzioni dipartimentali partecipano attivamente alla divulgazione delle informazioni, alla formalizzazione degli obiettivi annuali ed alla programmazione delle attività.
GLI STRUMENTI
A seguito della pianificazione annuale, nel COSD si attivano temporanei team di progetto, a cui partecipano i rappresentanti delle aree coinvolte.
Sono state adottate procedure organizzative aziendali per il dolore pediatrico e cronico adulto; unificati i protocolli
per il dolore operatorio; è stata predisposta una quick reference guide informatizzata per i PS.
Le iniziative sono divulgate tramite comunicazione interna (e-mail, intranet) ed esterna (internet, opuscoli, locandine, carta dei servizi).
Il monitoraggio periodico si avvale di questionari, analisi della documentazione clinica e report sul consumo di farmaci.
CONCLUSIONI
La presenza del COSD assicura un osservatorio permanente specifico del dolore, che genera valore attraverso la
formazione, l’applicazione di strumenti validati per la rilevazione del dolore ed una migliore informazione ai pazienti.
La pianificazione annuale, che segue i criteri del programma HPH, è realizzata grazie all’impegno della rete di referenti che rappresentano tutte le tipologie di professionisti sanitari interessati.
Questa rete promuove l’adozione delle migliori pratiche, in modo che i professionisti siano in grado di affrontare
le problematiche inerenti il dolore ed ottenere un reale miglioramento del benessere dei pazienti e della relazione
con essi.
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Catania 17-18-19-20 settembre 2008
ESPERIENZE E MOTIVAZIONI SOCIOSANITARIE E CLINICHE DI UNA
APPROPRIATA “ALLEANZA” ORGANIZZATIVA, PREVENTIVA E
TERAPEUTICA, TRA OSPEDALE, SANITÀ TERRITORIALE ED ENTI A
CONTRASTO DELLA AUMENTATA PREVALENZA DI SOVRAPPESO E
OBESITÀ IN ETÀ PEDIATRICA
C. Rinzivillo 1, Piluso M.P. 2, Grasso G. 3, Viola V. 4, Vinciguerra G. 5, D’Amico B. 6
1-Resp.U.O. Nutr.Clin.-Ter.Supporto-Centro Sindr.Metab./AntiInvecch.-Medic.Benessere
2-Direttore Sanitario, 3-Master Coord.Sanit., 4-Dr.Sc.Alimentari, 5-Biologa, 6-Inf.Sc.Farm./laureanda Farmacia
Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Catania
L’obesità sta assumendo proporzioni socio-sanitarie e cliniche marcate sia per il costante aumento del numero di
soggetti interessati, sia per la ccentuata gravità dei quadri clinici cardiovascolari e metabolici ma anche tumorali
(fattore di rischio).Necessita intervenire preventivamente e sistematicamente, non episodicamente e post-hoc,con
TEMPI E MODI (formazione, cure preventive o terapie, in collaborazione ospedale/ASL per questa emergente entità nosologica di Sovrappeso/Obesità e talora sindrome metabolica pediatrica!) COMPATIBILI CON UN’APPROPRIATA ED INNOVATIVA PREVENZIONE O TERAPIA, SPECIFICA PER OGNI SINGOLO BAMBINO ed adatta ad
ogni sua fase di crescita, cioè mai riciclando, più o meno adattati, schemi dietetici e terapie usate per l’adulto. Corretta educazione alimentare e terapie nutrizionali rappresentano uno dei capisaldi dei nuovi piani sanitari e LEA,
cioè vale anche per i soggetti pediatrici. In tale ottica riportiamo una attività-pilota svolta in provincia di Siracusa,
ma ampliabile e ripetibile, denominata ALI-MIND PROJECT: NUTRI-MENTI IN ETA’ SCOLASTICA, (formare le mentalità ed avere elementi conoscitivi e formativi) in collaborazione con i Club-Service FIDAPA e scuole locali. I prodotti finali sono stati: raccolta dati nazionali e locali, libretto scientifico-divulgativo e schemi specifici di cartelleintervista e misure; Convegno Regionale con noi come relatori assieme al Prof. G. Calabrese (membro Authority
Eur.Sicur. Alim.e consulente RAI). In Italia negli ultimi la prevalenza dell’obesità è aumentata di quasi il 50 % anche a causa dell’incremento in soggetti pediatrici. L’educazione alimentare deve rientrare tra la “EDUCAZIONI”e
dovrebbe essere soprattutto il SSN (U.O. Nutrizionali e Direzioni Osp.; ASL:Igiene/Med.Prev.,medicina pediatrica,territorio) a farsene carico, non potendo a ciò delegare bancarelle o supermercato, pubblicità o perfino palestre o venditori porta a porta di diete e integrator.Autorità scolastiche, enti locali, club sociali, stampa, ecc. sono
necessari ma non sufficienti né preparati agli scopi: sensibilizzare i ragazzi su problematiche connesse con l’alimentazione, su credenze scorrette; sviluppare comportamenti autonomi e consapevoli, non condizionati da pubblicità o emulazione scorretta, che portano a gravi DCA: bulimia,anoressia,ortoressia. Nei bimbi malati di disturbi
legati al peso ma anche a cattiva digestione, allergie ed intolleranze alimentari e/o figli di obesi:screening auxologico, laboratoristico ed ecografico; questionari e visita medica spec..Il progetto legge 7630 su educazione alimentare
scolastica riporta dati dell’Istituto auxologico italiano,1999:obesità interessa 6% degli alunni elementari; 12% cento delle medie inferiori e 16% delle superiori.La Sip (Soc.Ital.Pediatri)ha emanato regole recenti per una corretta
educazione alimentare. Concludendo, si ritiene utile sensibilizzare e spingere a riorganizzare sempre più il SSN ospedaliero e territoriale su tale condizione a rischio (sovrappeso) o patologia (obesità) pediatrica, nonché far conoscere
e mettere a disposizione la nostra pluriennale esperienza in merito. Non da dimenticare sono peraltro anche più
rare ma altrettanto gravi patologie in età pediatrica legate a grave scarsità/perdita di peso,‘di per sé’ indice di patologia presente o imminente.
Nota bibl.: Rinzivillo C.:Proposta di scheda computerizzata per lo studio dei rapporti tra alimentazione e cancro.Atti Congr. Soc. It. Ch.Oncol.-Monduzzi edit.-1990.
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STERILIZZAZIONE A VAPORE: UN ESSENZIALE STRUMENTO DI
PREVENZIONE DELLE INFEZIONI ASSOCIATE ALL’ASSISTENZA
G. Russo*, F. Siani*, R. Molinaro*, F. D’Agostino°, V. Piscopo*, N. Loconte*, A.M. Orabona*
* Presidio Ospedaliero “C.T.O.” – Napoli
° Azienda Ospedaliera “G. Rummo” – Benevento
INTRODUZIONE
La sterilizzazione a vapore dei dispositivi medici costituisce un momento fondamentale per la prevenzione delle
infezioni associate all’assistenza. Il raggiungimento della sterilità, intesa in termini statistici come probabilità di sopravvivenza dei germi non superiore a 1/10-6 (Sterility Assurance Level), dipende da svariati fattori quali:
la modalità di preparazione e confezionamento dei dispositivi da sterilizzare;
l’efficienza delle apparecchiature ed il loro corretto impiego;
l’idoneità delle misure scelte per la conservazione e la protezione dello stato di sterilità.
Affinché il processo di sterilizzazione, che coinvolge sempre un gran numero di operatori, talvolta dislocati in zone
differenti, termini con successo, è fondamentale che ciascuna fase venga condotta in maniera tecnicamente corretta.
Per tali motivi, presso il Presidio Ospedaliero “C.T.O.” di Napoli, è stata redatta una procedura che ha lo scopo di
fornire le necessarie indicazioni a partire dalle iniziali fasi di raccolta e decontaminazione del materiale da sterilizzare fino alla sua conservazione e riconsegna.
CONTENUTI
La procedura, tenendo conto della normativa vigente, in parte sostituita ed arricchita da atti recenti, nonchè del
contesto operativo di applicazione in termini di dispositivi da trattare, apparecchiature presenti e materiali di consumo utilizzati per le varie fasi del ciclo, esplicita i protocolli operativi relativi a:
• la raccolta dei dispositivi contaminati;
• la loro decontaminazione su apposite griglie con l’utilizzo di specifici agenti chimici;
• la loro detersione manuale o meccanica;
• la loro manutenzione/sostituzione;
• il confezionamento con materiale da imballaggio monouso o poliuso;
• l’applicazione dei sistemi di tracciabilità per ogni dispositivo e per ogni ciclo;
• le modalità di caricamento dei pacchi nella camera dell’autoclave;
• la scelta del ciclo di sterilizzazione da avviare in base alla tipologia del materiale di cui sono costituiti i dispositivi;
• le misure idonee per conservare lo stato di sterilità raggiunto compresi i tempi massimi di utilizzo diversificati in
base al tipo di imballaggio utilizzato per il confezionamento e alla metodologia di stoccaggio dei dispositivi sterili;
• gli strumenti e le modalità di esecuzione dei controlli di processo fisici, chimici e biologici;
• gli interventi di manutenzione, ordinaria e/o straordinaria, da eseguire o sollecitare;
• l’iter di segnalazione/intervento in caso di malfunzionamento dell’autoclave.
Per ciascuna fase, oltre alle modalità operative esplicitate passo dopo passo, sono considerati, non solo i rischi
relativi alla non riuscita del processo e al non raggiungimento del risultato di sterilità, ma anche i possibili rischi per
gli operatori e le precauzioni (compreso l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale) che essi devono adottare.
CONCLUSIONI
La corretta gestione del processo di sterilizzazione presuppone, non solo che si disponga delle risorse e degli strumenti necessari per tutte le fasi del processo, ma, soprattutto, che quest’ultimo venga gestito correttamente stimolando le conoscenze ed il senso di responsabilità degli operatori. In tal senso, la redazione della procedura e
la sua diffusione hanno rappresentato un’ importante occasione di formazione, informazione, responsabilizzazione e confronto che ha aumentato la consapevolezza degli operatori in termini di necessità di prevenire il rischio
infettivo per sé, per i propri colleghi e per i pazienti.
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LA DIREZIONE OSPEDALIERA E I SERVIZI AZIENDALI NELLA GESTIONE
DEI RISCHI INTERFERENTI
Cassone D., Cipullo F., Schiavone D., Di Nuzzo G., Sardelli P., N. Silvestri
Servizio Prevenzione e Protezione ASL Napoli 1
INTRODUZIONE
Il decreto legislativo 626/94 all’art. 7 prevedeva che il Datore di Lavoro committente promuovesse la coordinazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi derivanti dalla presenza di più soggetti nello stesso luogo di
lavoro. Inoltre con le modifiche apportate dalla legge n. 123 del 3 agosto 2007, lo stesso Datore di Lavoro è stato gravato dell’onere di redigere il cosiddetto DUVRI (Documento unico di valutazione dei rischi da interferenze).
Tale obbligo è stato confermato dal Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 all’art. 26.
Per l’applicazione del dettato normativo, nell’Azienda Sanitaria Locale Napoli 1, vista la complessità e l’estensione sul territorio delle strutture edilizie, si è reso necessario creare una stretta e continua collaborazione tra le Direzioni Ospedaliere, il Servizio Prevenzione e Protezione Aziendale e il Servizio Tecnico Aziendale al fine di implementare
un sistema che sia in grado di supportare il Direttore Generale nella gestione operativa dei compiti previsti in materia di sicurezza relativamente agli appalti e alle forniture dei servizi.
Tale collaborazione è ancor più giustificata dalla consapevolezza che le numerose ditte a cui sono affidate forniture di vario genere ed i numerosi cantieri allestiti o in allestimento per adeguare le strutture alle esigenze dell’attività sanitaria ed alle normative, creano un vasto campionario di attività con rischi di interferenza.
CONTENUTI
In riferimento a quanto sopra l’Azienda Sanitaria Locale Napoli 1 ha adottato i seguenti provvedimenti:
La Direzione Generale Aziendale tramite circolari esplicative ha fornito un’adeguata informazione a tutte le Direzioni Ospedaliere sulla normativa specifica per aumentarne la consapevolezza nei confronti della problematica.
Il Servizio Prevenzione e Protezione dell’Azienda Sanitaria Locale Napoli 1 ha elaborato ed applicato all’interno di
ogni Presidio Ospedaliero, una procedura che ha previsto più fasi:
fase 1: Distribuzione ai fornitori di una scheda per l’individuazione dei potenziali rischi da interferenza per la raccolta delle informazioni necessarie al Servizio Prevenzione e Protezione ed alle Direzioni Ospedaliere non solo per
valutare i rischi, ma anche programmare misure di prevenzione e protezione.
fase 2: Effettuazione di sopralluogo congiunto con la Direzione Ospedaliera, il Servizio di Prevenzione e Protezione, il Servizio Tecnico Aziendale e le ditte appaltate per uno scambio di informazione sui rischi specifici ivi individuati.
fase 3: Stesura finale del DUVRI con indicazione delle eventuali misure da adottare al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori.
CONCLUSIONI
La procedura applicata ha realizzato una stretta collaborazione operativa tra le figure coinvolte (Servizio Prevenzione e Protezione, Servizio Tecnico Aziendale e Direzioni Ospedaliere), in cui competenze e ruoli professionali diversi si sono amalgamati e hanno comunicato e operato fattivamente. L’obiettivo finale che ci si propone è quello di realizzare interventi di qualità in cui la figura del Direttore Sanitario assuma un ruolo sempre più centrale nel
modello di organizzazione e di gestione della sicurezza in Azienda.
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PROPOSTA DI METODO PER LA GESTIONE DEI RISCHI IN AMBIENTE
SANITARIO FINALIZZATO AL MIGLIORAMENTO DEL LIVELLO DI
SICUREZZA NEI LAVORATORI IN UN PRESIDIO OSPEDALIERO
DELL’AZIENDA SANITARIA LOCALE NAPOLI 1
G. Cozzolino, G.Carbone, B. Botteri, P. Marino,G. Russo, P. Sardelli, N. Silvestri
Servizio Prevenzione e Protezione ASL Na1
INTRODUZIONE
L’ASL NA1 è dotata di strutture edilizie per gran parte di progettazione antica o quanto meno datata e non sempre finalizzata ad attività sanitarie. Se questo può costituire elemento positivo sul piano della conservazione di edifici storici, per altro rappresenta un problema di difficile gestibilità.
Inoltre il continuo aggiornamento normativo da applicare in una struttura così complessa come quella ospedaliera, ove peraltro quotidianamente si affrontano emergenze di tipo clinico, fa sì che la sicurezza non venga posta sempre in primo piano.
Inoltre la presenza sinergica di una molteplicità di rischi, sia strutturali che correlati al ciclo lavorativo, fa scaturire
in ambiente ospedaliero una problematica infortunistica di rilevante consistenza, dagli elevati costi sia in termini
di danno alla salute degli operatori che di aggravio economico per il bilancio aziendale.
CONTENUTI
Nell’anno 2005, il Servizio Prevenzione e Protezione dell’ASL NA1 ha messo a punto un metodo di valutazione dei
rischi che vuole rappresentare uno strumento sintetico, di facile consultazione per il datore di lavoro, che consenta
non solo l’individuazione e la valutazione dei rischi presenti, fornisca le indicazioni circa la loro riduzione e/o eliminazione, ma soprattutto costituisca elemento di programmazione aziendale degli interventi da realizzare.
La scelta del presidio ospedaliero è stata randomizzata ma la giusta applicazione del metodo è avvenuta grazie
alla forte collaborazione della Direzione Sanitaria Presidiale.
Nella fase preliminare sono stati realizzati sopralluoghi mirati nei vari ambienti del presidio e specifiche interviste
rivolte agli operatori sanitari coinvolti onde evidenziare i fattori di rischio presenti e legati alla tipologia dell’attività
lavorativa specifica.
Il Servizio di Prevenzione e Protezione e la Direzione Sanitaria si sono avvalsi della collaborazione di varie professionalità per la elaborazione di una scheda tecnica specifica per area operativa, per tipologia di rischio e articolata secondo quattro livelli di analisi così schematizzati:
1) I° livello: caratteristiche tecnico-strutturali ed impiantistiche degli ambienti;
2) II° livello: dotazione del personale ed aspetti organizzativi;
3) III° livello: individuazione e valutazione dei rischi presenti;
4) IV° livello: interventi di prevenzione applicati o da applicare.
Abbiamo confrontato i suddetti dati negli anni 2005-2007
Nella tabella 1 riportiamo alcuni dati della valutazione dei rischi anni 2005-2007 :
CONCLUSIONI
I dati analizzati hanno evidenziato nell’anno 2007 rispetto all’anno 2005 una riduzione del rischio biologico; il rischio
chimico come il rischio incendio ed impiantistico sono rimasti invariati; il rischio da movimentazione dei pazienti
si è ridotto. Sulla base dei dati riscontrati attraverso il metodo utilizzato il datore di lavoro ha preso atto delle criticità evidenziate sia dal punto di vista organizzativo che strutturale ed ha previsto una serie di interventi da realizzare nel tempo. Inoltre nella fase di verifica effettuata periodicamente ogni anno si è potuto constatare che le indicazioni impartite soprattutto per quanto riguarda gli aspetti organizzativi e gestionali sono state nel corso del tempo monitorate ed applicate.
Possiamo concludere che il metodo utilizzato si è rilevato un utile ed efficace strumento per le Direzioni Presidiali per monitorare in maniera sintetica i rischi presenti in Azienda .
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LA QUALITÀ DELLA FORMAZIONE DEI LAVORATORI ALLA LUCE DEL
TESTO UNICO SULLA SICUREZZA: UNA PROPOSTA OPERATIVA DEL
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE DELL’ASL NAPOLI 1
Majolo M., Terzo G., Ziccardi I., R. Montella
Servizio di Prevenzione e Protezione ASL Napoli 1
INTRODUZIONE
Il Decreto Legislativo 81/2008 introduce importanti novità nell’ambito della sicurezza sul lavoro. Uno dei punti più
interessanti ed innovativi riguarda la formazione del personale che acquisisce i connotati di “processo educativo”
la cui pianificazione deve passare necessariamente attraverso fasi distinte, che ricalcano il ciclo di Deming: rilevazione/analisi del bisogno, progettazione, attuazione, monitoraggio e verifica dei risultati.
La formazione acquisisce il ruolo di strumento essenziale nella riduzione del rischio lavorativo. Da questo principio nasce l’idea della elaborazione funzionale del Documento di Valutazione dei Rischi che consente di evidenziare
i bisogni formativi e pianificare una formazione di qualità in Azienda.
CONTENUTI
Il Servizio di Prevenzione e Protezione dell’ASL Napoli 1 ha realizzato una scheda per la Valutazione dei Rischi relativa alle singole Unità Operative Aziendali (Tabella 1), strutturata in maniera tale da associare alla mansione lavorativa un colore (Verde, Giallo, Rosso), che rappresenta il grading, relativo ad ogni rischio specifico individuato.
Le priorità e le modalità di esecuzione della formazione specifica sono stabilite in base alla gravità del rischio (Tabella 2): il personale esposto a rischio medio o elevato necessiterà di un livello di formazione elevato che comprenderà
uno specifico addestramento sul campo ad opera di tutor qualificati ed esperti.
È possibile, quindi, definire, attraverso l’identificazione e la Valutazione dei Rischi, un programma di formazione,
differenziato per tipo di attività svolta, per contenuti e modalità didattica.
CONCLUSIONI
Il modo migliore di aderire alla previsione normativa è quello di porre al centro della formazione la Valutazione dei
Rischi, processo articolato e dinamico, alla base del quale c’è la conoscenza approfondita degli ambienti, del personale, degli impianti, delle attrezzature ed in particolare del tipo di attività svolta. Tale conoscenza si realizza esclusivamente grazie alla interdisciplinarietà di uno staff di professionisti di cui si avvale il Datore di Lavoro ed il Servizio di Prevenzione e Protezione.
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REDAZIONE DELLE PROCEDURE PER LA RIORGANIZZAZIONE DELLA
RETE DI EMERGENZA IN BASE ALL’APPLICAZIONE DEL DGR 420/07:
PROGRAMMA DI AZIONE E CRITICITÀ EVIDENZIATE
E. Scalise*, R. Gallo Curcio**, C. De Salazar**, L. Casertano**,
V. Paolini^, M. Trapani^, V. Renzini°°°, R. Moscatelli°°°, M. Dal Maso°
° Direttore Sanitario Azienda Policlinico Umberto I – Roma
°° Direttore Dipartimento di Direzione Medica Ospedaliera Az. Policlinico Umberto I – Roma
°°° Responsabile UOC di Direzione Sanitaria Az. Policlinico Umberto I – Roma
*Dirigente medico Referente di Direzione Sanitaria al progetto di riorganizzazione rete emergenza
**Dirigente medico di Direzione Sanitaria
^Specializzando in Igiene e Medicina Preventiva - Università Sapienza di Roma
PREMESSA
La scelta strategica che è stata perseguita in coerenza con quanto espresso nella delibera della Regione Lazio N°
420/07 si basa sul principio che la centralizzazione dei casi più complessi in poche sedi favorisca l’efficienza del
sistema e migliori l’outcome del paziente critico. Sono stati presi in considerazione tre tipi di accesso presso il DEA
del Policlinico Umberto I (PUI):
Accesso per Soccorso Primario:
accesso per soccorso primario eseguito con il mezzo che lo ha effettuato;
accesso per trasferimento in continuità di soccorso, DGR 1729/02, che viene effettuato da un Pronto Soccorso
verso un livello di cure superiore;
Accesso per evento acuto avvenuto in struttura di ricovero;
Accesso, non in continuità di soccorso, per mancanza di specialità nell’Ospedale in cui il paziente è ricoverato.
Il concetto di centralizzazione dei casi complessi e di tipologia di accesso è stato il presupposto per l’elaborazione dei percorsi e per l’organizzazione delle reti assistenziali per l’emergenza cardiologica, per il trauma grave e neurotrauma, per l’ictus cerebrale acuto, in base a quanto disposto dalla delibera della Regione Lazio N° 420/07.
METODO
Con nota formale sono stati invitati presso la nostra azienda inizialmente i Direttori sanitari ed i Responsabili di Pronto Soccorso delle ASL e Ospedali afferenti per territorio (in base ad una riorganizzazione regionale del territorio afferente al Policlinico Umberto I in applicazione della DGR169/08) e, successivamente, i referenti individuati per le
specializzazioni mediche e chirurgiche interessate. La Direzione sanitaria ha coordinato i gruppi di lavoro interni,
presieduti dai responsabili delle aree interessate, che in base alle evidenze scientifiche hanno redatto i requisiti d’indicazione al trasferimento, le valutazioni cliniche e strumentali da assicurare all’arrivo per un’eventuale consulenza o l’indicazione al ricovero presso il PUI.
Con successive riunioni sono stati presentati gli elaborati ai referenti individuati dalle ASL e Ospedali di afferenza,
per le eventuali osservazioni e per la successiva presa d’atto.
Per quanto riguarda le figure professionali interessate all’interno dell’azienda è stata riscontrata la massima collaborazione, con il risultato di ottenere in tempi rapidi gli elaborati richiesti. In particolare, è stata apprezzata la possibilità offerta di conoscere i responsabili delle strutture ospedaliere di afferenza, per instaurare rapporti di “relazione” professionale.
CRITICITÀ
Le criticità riscontrate sono risultate essenzialmente due:
Carenza di mezzi di trasporto disponibili dell’ARES 118 e degli ospedali afferenti, per i trasferimenti nel percorso
non solo ascendente verso il PUI per i pazienti critici, bensì anche discendente verso gli ospedali della Rete per i
pazienti stabilizzati;
Necessità di disporre H/24 di posti letto disponibili per il ricovero in reparti altamente specialistici (Chirurgia d’urgenza, Unità terapia Intensiva Neurologica, Neurotraumatologia, Unità Terapia Intensiva Cardiologica, Cardiologia)
in considerazione dell’alto numero di pazienti giornalieri del DEA.
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LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DA MOVIMENTAZIONE ASSISTITA DEI
PAZIENTI OSPEDALIZZATI NELL’UNITÀ OPERATIVA DI CHIRURGIA
GENERALE DI UN PRESIDIO OSPEDALIERO DELL’ASL NA1
B. Schettino, T. De Simone, L. Romano, M. Russo, P. Sardelli, N. Silvestri
Servizio Prevenzione e Protezione ASL Napoli 1
INTRODUZIONE
La Movimentazione assistita dei pazienti ospedalizzati in un’azienda sanitaria rappresenta un rischio di notevole
rilevanza. La riduzione di tale rischio non solo incide positivamente sulla salute dei lavoratori ma determina una riduzione dei costi aziendali legati al minor numero di giorni di assenza lavorativa per malattia, un minor numero di
casi di limitazioni lavorative ed il decremento di risarcimenti per patologie professionali della colonna vertebrale.
CONTENUTI
Nell’ambito del programma di aggiornamento della valutazione del rischio da M.M.P. mediante l’utilizzazione del
metodo Mapo elaborato dal gruppo EPM di Milano nel corso dell’anno 2008 il S.P.P. dell’ASL NA1 ha individuato
un reparto campione di un presidio ospedaliero aziendale nel quale sono state analizzate e valutate in modo più
approfondito le problematiche relative al suddetto rischio e le misure da adottare. La suddetta valutazione è stata preceduta da una attività di formazione ed informazione rivolta al personale addetto e dalla promozione del ricorso ad ausili maggiori e minori specifici individuati dal S.P.P. per le loro caratteristiche.
Gli indicatori osservati sono stati: l’analisi della tipologia dei lavoratori addetti, l’entità della disabilità dei pazienti,
la tipologie delle movimentazioni effettuate, la frequenza giornaliera delle attività di sollevamento, la formazione degli operatori, la presenza degli ausili maggiori e minori e delle carrozzine etc.
Gli addetti al S.P.P. hanno individuato alcune criticità di seguito allegate che hanno inciso negativamente sul calcolo dell’indice MAPO:
Inadeguatezza degli spazi di manovra delle camere di degenza;
Insufficiente numero di carrozzine e/o comode;
Insufficiente spazio al di sotto delle barelle (< 15 cm);
Inadeguate dimensioni degli ascensori.
Il rollboard, invece, per le sue caratteristiche di maneggevolezza e di leggerezza è costantemente utilizzato soprattutto
per il trasporto orizzontale dal letto di degenza alla barella e viceversa e per quello dalla barella al tavolo operatorio o radiologico (Tab.1).
CONCLUSIONI
Il valore dell’indice MAPO medio riscontrato è risultato essere pari a 6,56 rientrando nella zona rossa (Tab.2)
Nella valutazione effettuata nel corso dell’anno 2003 lo stesso indice MAPO Medio era risultato essere 19,5 in considerazione della mancata formazione ed informazione, dell’assenza di presidi e di carrozzine idonei e/o sufficienti
(Tab.3).
Il confronto dei dati riscontrati a cinque anni di distanza ha messo in evidenza la riduzione dell’indice MAPO medio (da 19,5 a 6,56 pari al 66,35%) grazie all’azione promossa dal S.P.P. ed attuata dalle Direzioni Aziendali e Presidiali (Tab.4).
Gli obiettivi da attuare entro un anno prevedono un adeguamento del lay-out della struttura, la manutenzione delle attrezzature presenti, l’integrazione degli ausili minori, l’esecuzione di uno specifico training per un reale e corretto utilizzo con relativa verifica e l’aggiornamento continuo della formazione ed informazione sul rischio da MMP
(Tab.5). Tali interventi determineranno una ulteriore riduzione dell’indice MAPO medio da 6,56 a 1,25 (con passaggio
dalla zona rossa alla zona verde), rappresentando un’esposizione al rischio praticamente trascurabile.
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L’IDEA PROGETTUALE IN SANITÀ: DALL’ETICA ALLA TECNOLOGIA
A.Schiano1,U.Moscato1,P.Contegiacomo2,A.Nenci3 ,G. Ricciardi1
1 Istituto di Igiene (Dir. Prof. G. Ricciardi) – Università Cattolica del Sacro Cuore – Roma –
2 Complesso Integrato Columbus (Dir. Dr. P. Contegiacomo) – Roma
3 LUMSA – Libera Università Maria Ss Assunta (Pres. Classe 34 Prof.ssa A Nenci) – Roma
Gli autori, dopo un esame storico, etico e culturale dell’evoluzione ospedaliera nei secoli, descrivono le origini dell’ospedale moderno sulla base dei suoi elementi di maggiore criticità.
L’ospedale nel suo significato più ampio, ovvero il luogo della salute, ha sempre rappresentato il suo tempo, mutuando di volta in volta principi organizzativi e aspetti architettonici, sapere scientifico e cultura del vivere sociale,
attraverso le trasformazioni avvenute nelle varie epoche (sia nel senso della complessità che della funzionalità), pur
collocando il letto di degenza al centro della proposta progettuale, spesso come unico esempio di umanizzazione dell’ospedale.
Lo spazio architettonico è nella storia, infatti, definito e misurato sui multipli di questa unità elementare, benché
oggi l’ospedale, divenuto progressivamente un luogo ipertecnologico (ritenuto spesso come luogo in cui la malattia è privilegiata rispetto a colui che ne è affetto), il letto del malato e lo spazio ad esso destinato, pur rimanendo apparentemente al centro dell’attenzione, perdono d’importanza rispetto ad altri spazi come quelli richiesti da
attività diagnostiche (terapia intensiva, sale operatorie e rianimazione, attività riabilitative e ambulatoriali, ecc..), spazi caratterizzati da un sofisticato e complesso impiego di tecnologie, che pongono quasi in secondo piano la degenza o, ancor peggio, l’uomo (indifferentemente che esso sia il paziente od il personale sanitario).
L’umanizzazione nella sua essenza, in realtà, è l’espressione dell’interazione armonica e dinamica tra tecnologia,
qualità ed organizzazione ed è a sua volta orientata dai principi dell’etica. La persona costituisce l’origine e il fine
dell’agire finalizzato al suo benessere ovvero non come oggetto della cura ma come soggetto delle dinamiche verso la salute. I principi etici ne rappresentano, pertanto, gli ordinatori delle componenti caotiche generate da situazioni
di squilibrio del processo di umanizzazione. In tale ottica, anche le scelte adottate nella progettazione ospedaliera evidenziano la necessità di ideare strutture ospedaliere non più come semplici “contenitori” ma come reali risposte alle esigenze degli utilizzatori, dissolvendo, di conseguenza, il concetto dell’ospedale come struttura di cura
nell’ospedale funzionale e relazionale ovvero nell’ospedale del well-being come un sistema definito, ma non necessariamente localizzato, finalizzato al benessere globale dell’individuo.
Nell’obiettivo di un generale ridisegno della rete ospedaliera (attraverso la conversione di funzione dei presidi ospedalieri minori e la realizzazione di centri avanzati di eccellenza) e la creazione di nodi di una rete di assistenza attraverso il modello di un ospedale in rete, con forti connessioni con il territorio e le altre strutture socio-sanitarie, i
valori apparentemente in ascesa nell’organizzazione assistenziale sanitaria sembrerebbero oggi essere rappresentati
da una richiesta di flessibilità architetturale, edilizia ed organizzativa (rispetto al recente passato caratterizzato da
una preminente tendenza alla rigidità), in cui la cooperazione multidisciplinare tra differenti professionalità del mondo scientifico, medico e non medico, politico, economico ma anche tecnico, attraverso una cultura della valutazione e della trasparenza, rappresentino la “new frontier”.
D’altronde, se da un lato l’incessante evoluzione tecnologica globale, ed in ospedale in particolare, rappresenta
un vantaggio in termini di determinanti della salute, dall’altra ciò espone al maggior rischio dell’”eresia” tecnologica primigenia, ovvero: inappropriatezza e/o anarchia scientifica. Si applica, infatti, la tecnologia indipendentemente
dal fatto che di essa ne sia stata provata l’efficacia, confortata da sufficienti evidenze scientifiche, inseguendo la
convinzione di una salute dovuta alla tecnologia in se stessa (intesa come equazione) e non attraverso la tecnologia (intesa come strumento o realizzazione dell’incontro ideale tra scienza medica ed etica della persona). Come
d’altra parte la rinuncia all’applicazione di tecnologie innovative ed efficaci, quando necessarie, darebbe vita ad
un’”eresia” tecnologica di staticità, quindi di per sé obsoleta e antitetica allo sviluppo dell’uomo. Di conseguenza,
nel futuro la medicina genetica e molecolare e la nano-tecnologia soppianteranno le attuali tecnologie macroscopiche (chirurgia robotica o diagnostica tridimensionale), nella necessità di trasformare una medicina di tipo curativo ed interventistico, in una medicina del benessere di tipo preventivo e non invasiva, nel rispetto dell’integrità e
della dignità della persona.
Gli autori, in conclusione, ipotizzano che i luoghi oggi di diagnosi e cura della malattia, gli ospedali, dovranno trasformarsi nel futuro in elementi di un sistema integrato di prevenzione e tutela perenne del well-being, che sarà indipendente da preordinate strutture fisiche e potrà esprimersi solo attraverso il soddisfacimento del bisogno di salute in tutte le dimensioni sociali, culturali ed ambientali dell’uomo.
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INFEZIONI DA STAFILOCOCCO METICILLINO RESISTENTE E
PSEUDOMONAS-AERUGINOSA MULTIRESISTENTE IN RIANIMAZIONE
D. Sansoni◊, M. P. Olori ,G.Viviani ,
◊Direttore Medico Ospedale “Mazzoni” di Ascoli Piceno
ICI Direzione Sanitaria Ospedale “Mazzoni” di Ascoli Piceno
Dirigente Medico Direzione Sanitaria Ospedale “Mazzoni” di Ascoli Piceno
INTRODUZIONE
I pazienti ricoverati in Rianimazione con ventilazione meccanica e trattamenti terapeutici intensivi sono quelli maggiormente esposti alle infezioni delle vie respiratorie da Pseudomonas aeruginosa, altrettanto rilevanti sono le setticemie e le infezioni delle vie urinarie da MRSA. L’implementazione di procedure per un corretto lavaggio delle mani,
da parte degli operatori sanitari, è misura fondamentale per il contenimento delle infezioni.
OBIETTIVO
Verificare l’efficacia dell’utilizzo della soluzione idroalcolica per il lavaggio sociale delle mani nella riduzione delle
infezioni ospedaliere provocate da Pseudomonas aerugionosa e Stafilococco aureo meticillino resistente (MRSA)
nei pazienti ricoverati in rianimazione.
SOGGETTI E METODI
Lo studio osservazionale è stato condotto presso l’Ospedale “Mazzoni” di Ascoli Piceno, dotato di 359 posti letto di cui 7 in Rianimazione, negli anni dal 2003 al 2007.
I pazienti osservati sono stati divisi in due gruppi: quelli ricoverati dal 1 gennaio 2003 fino al 30 giugno 2005 e quelli ricoverati dal 1 luglio 2005 fino al 31 dicembre 2007, periodo quest’ultimo in cui è stata introdotta la frizione idroalcolica per il lavaggio delle mani da parte degli operatori sanitari.
La sorveglianza dei microrganismi è stata rivolta esclusivamente a MRSA e Pseudomonas aeruginosa multiresistente, considerati “patogeni sentinella” dal CIO aziendale. Sono state adottate le definizioni di “caso” dei Centers for Disease Control and prevention (CDC).
RISULTATI
Nel periodo tra il 2003 e il 2007 sono stati ricoverati in rianimazione 1161 pazienti e si sono verificate 124 infezioni pari al 10,7% di cui il 6,5% da Pseudomonas aeruginosa multiresistente ed il 4,2% da MRSA. I siti d’infezione
interessati sono stati: bronchi con 100 casi (80%), vie urinarie con 6 casi (5%), sangue con 9 casi (7%), ferita chirurgica con 7 casi (6%), liquido peritoneale e liquido cefalorachidiano con 2 casi (2%) (Grafico 1).
CONCLUSIONI
Tutte le procedure relative all’assistenza, comprese le invasive, sono rimaste immodificate in tutto il periodo osservato. L’unica variazione è stata l’introduzione della soluzione idroalcolica e la conseguente formazione e sensibilizzazione degli operatori sanitari. Le piccole dimensioni e la possibilità di conservare il flacone nella tasca della divisa hanno aumentato la compliance dell’operatore, che molte volte disattende il lavaggio sociale delle mani
con acqua e sapone per problemi legati all’ubicazione dei lavandini.
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COME SI MUORE IN OSPEDALE
STUDIO PILOTA SULLE MORTI ATTESE ONCOLOGICHE
Bucelli P. Postiglione M.Baggiani L. Gemmi F. Miccinesi G.
L’attenzione alla qualità delle cure ai pazienti non può esaurirsi al momento in cui un paziente diventa ormai senza speranza.
Anzi la persona è tanto più bisognosa quanto è più fragile e , nonostante per il medico ospedaliero sia frustrante
non “fare” più niente ,dobbiamo incentivare una sensibilità etica che ci consenta di accompagnare il paziente lasciandolo morire con dignità.
Alcuni episodi quali pazienti deceduti durante l’esecuzione di accertamenti strumentali complessi e inutili,espletati talvolta con finalità difensive o dimostrative per i familiari ,ci hanno spinto a vedere “come si muore in ospedale”,se ci si accanisce inutilmente,se si determinano disagi inutili su pazienti terminali.
Si tratta di uno studio pilota il cui scopo finale è quello di migliorare la qualità dello stadio terminale della vita per
aspetti quali terapie,servizi,tempi e modalità di degenza,documentazione,necessità del paziente e dei familiari,rapporto costi-benefici.
Ma proprio sul concetto di “morte attesa” sono comparse le prime difficoltà : quali sono infatti i criteri che definiscono una morte “attesa”?
I pazienti per i quali sia stata posta la domanda sono soltanto quelli oncologici e da loro siamo partiti con l’auspicio che la metodologia usata,una volta messa a punto,fosse applicabile anche per pazienti cardiologici,respiratori , epatopatici e così via , la cui prognosi è altrettanto severa,ma non percepita come tale,nemmeno da molti professionisti medici.
La popolazione di studio è stata quella dei pazienti deceduti nell’ospedale fiorentino di S.M.Annunziata nell’anno
2005.
Da questi sono stati estrapolati 73 pazienti oncologici da noi suddivisi in 3 gruppi secondo un criterio decrescente di probabilità di morte (morte attesa) mettendo in rapporto la causa di morte presente sul certificato necroscopico con quella riportata sulla SDO; dalla maggior o minor congruenza fra questi due dati deriva una probabilità
di morte alta, intermedia e bassa (gruppo A,B e C).
Dalle cartelle cliniche è sato ricostruito il percorso ospedaliero dell’ultimo anno di vita del paziente con rilevazione di procedure terapeutiche,durata di ospedalizzazione, ricorsi al DEA, indicatori di aggressività di interventi.
Lo studio ha messo in evidenza che nei pazienti di gruppo A ( probabilità morte attesa alta) sono state applicate
procedure aggressive di cui le più frequenti sono state CVC,TC-RM e drenaggi; le cartelle cliniche controllate non
erano facilmente e rapidamente disponibili e contenevano dati incompleti e non facilmente interpretabili.
CONCLUSIONI
Il metodo di classificazione dei dati secondo il criterio delle “morti attese” di Rosenvax si è dimostrato valido e ha
fornito dati indicativi sul numero dei pazienti che potrebbero essere oggetto di uno studio futuro soprattutto per
casi di competenza internistica noin neoplastica.
Le procedure aggressive riscontrate neoi pazienti della classe A mostrano che non viene considerata opportunamente la probabilità di morte attesa nella strategia terapeutica.
La fonte delle informazioni costituita dalle cartelle cliniche non è sufficientemente corretta,completa e facilmente
accessibile.
Dobbiamo quindi ripensare ad una gestione meno invasiva e più rispettosa della dignità del paziente fino al suo
exitus.
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REALIZZAZIONE DI UN WATER SAFETY PLAN INTER-AZIENDALE NEL
NORD SARDEGNA: APPLICAZIONE NEL CONTROLLO DELLA LEGIONELLA
Congiu M., Muresu E., Azara A., Masia Md., Maida G., Deriu Mg., Mura I.
Istituto di Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Sassari
INTRODUZIONE
Il Servizio di Igiene Ospedaliera, afferente all’Istituto di Igiene e Medicina Preventiva dell’Università degli Studi di
Sassari, sta realizzando nelle Aziende Ospedaliero-Universitaria e USL di Sassari, legate dallo stesso impianto di
approvvigionamento idrico, un Water Safety Plan (WSP). La “Conoscenza del Sistema” rappresenta il primo step
della complessa stesura e richiede sia il reperimento delle mappe dell’impianto idrico che la valutazione della qualità delle acque in uso. Parte dell’attività ha interessato la qualità microbiologica delle acque e la presenza di Legionella.
OBIETTIVI
Il Servizio di Igiene Ospedaliera ha inteso effettuare un’analisi descrittiva pluriennale sulla diffusione della Legionella nelle acque utilizzate nelle unità ad altissimo (VHR), alto (HR) e medio (MR) rischio delle due Aziende di Sassari, per poter poi identificare i pericoli o punti critici e procedere nelle tappe del WSP.
METODI
Sono stati raccolti i dati relativi ai campionamenti realizzati dal Servizio di Igiene Ospedaliera a partire dal 2000 e
fino al 2008 per ricerca di Legionella negli impianti idrici.
RISULTATI
Il 36,9% dei prelievi è risultato positivo per Legionella, così distribuito: il 44,3% dei campioni nei servizi VHR, il 32,1%
in quelli HR e il 25,5% in quelli MR.
Il 61,8% degli stipiti isolati è rappresentato da L. pneumophila sierotipo (ST) 2-14, il 15,8% da differenti ST di L.
pneumophila associati a L. species (Legionella non-pneumophila), il 7,9% è risultato essere positivo per L. pneumophila 1 e il 7,9% per L. pneumophila 1 associata ad altri ST di L. pneumophila. L. species è presente nel 6,6%
dei prelievi positivi per Legionella.
La carica è >103 UFC/L nel 55,3% delle osservazioni, in particolare nel 78,6% di tutte le positività per L. pneumophila 1, anche associata ad altri sierotipi o specie.
L’analisi relativa alle unità VHR ha rilevato che nel 40% di esse tutti i campioni prelevati sono risultati positivi per
Legionella e nel 53,3% tutti i campioni positivi hanno evidenziato carica >103 UFC/L; L. pneumophila 1 è stata rilevata nel 33,3% di queste unità, ma solo nel 13,3% in tutti i campioni di una singola unità.
L’analisi relativa alle unità HR ha rilevato che nel 42,9% di esse tutti i campioni prelevati sono risultati positivi per
Legionella e nel 42,9% tutti i campioni positivi presentavano una carica >103 UFC/L; L. pneumophila 1 è stata rilevata nel 14,3% di queste unità.
CONSIDERAZIONI
La presenza di Legionella, variabile per specie, sierotipo e carica, è confermata in quasi tutti i reparti in studio; la
positività dei prelievi e la carica elevata in più della metà dei punti di prelievo, in particolare nei reparti VHR, richiederebbero interventi più energici nell’attività di bonifica, ma testimoniano anche la difficoltà negli anni di una
efficace decontaminazione, probabilmente legata a impianti idrici vetusti. Attraverso il confronto tra le mappe dell’impianto e la distribuzione delle positività nei punti di prelievo è possibile identificare i punti critici del sistema ed
effettuare la valutazione del rischio mediante la matrice di rischio del WSP. Seguiranno l’identificazione di misure
di controllo (ad es. periodicità della decontaminazione, eventuale rinnovo, almeno parziale, degli impianti, etc.), i
periodici monitoraggi e la pianificazione di azioni correttive.
Queste strategie di controllo ambientale assieme alla sorveglianza clinica rappresentano inoltre i pilastri della prevenzione della legionellosi.
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OSSERVATORIO DI TELEMEDICINA IN REGIONE VENETO
Gabrieli
INTRODUZIONE
Arsenàl.IT, Centro Veneto Ricerca e Innovazione per la Sanità Digitale, è un consorzio volontario cui aderiscono tutte le 23 Aziende sanitarie pubbliche della Regione Veneto.
Arsenàl.IT, in qualità di centro studi regionale per il settore dell’e-Health, ha condotto nel 2007 un censimento delle applicazioni di Telemedicina nella Regione con l’obbiettivo di costruire una base dati dei progetti e creare una
rete a livello regionale in grado di favorire lo scambio di informazioni, condividere esperienze e offrire uno spazio
di discussione.
Come punto di partenza sono state considerate le precedenti analisi: nel 2002 era stata attivata attraverso un progetto di Ricerca Sanitaria Finalizzata una prima rilevazione dei progetti di telemedicina. Ne emerse un quadro assai disomogeneo, ma sicuramente molto ricco di spunti per riflessioni e approfondimenti: il numero di progetti sviluppati era considerevole, molti dei quali sugli stessi ambiti di applicazione.
L’indagine rilevava la presenza nella sanità pubblica di 56 esperienze in corso, con una preponderanza delle applicazioni cliniche, ed in particolare di teleradiologia (41%) e di telelaboratorio (32%). Dall’analisi emerse anche che
molte applicazioni non erano ancora “attive” a causa di problemi di tipo organizzativo. L’analisi venne ripetuta nel
2006. Dall’analisi e dal lavoro di elaborazione dei dati raccolti emerse nuovamente un quadro non del tutto omogeneo.
CONTENUTI
Nel 2007 sono stati raccolti 100 questionari. Tra questi, secondo i criteri scelti dall’Osservatorio e definiti in premessa alla rilevazione, sono stati individuati 73 progetti propriamente di Telemedicina. I restanti 27 progetti sono
stati considerati a prevalente valenza amministrativa e di supporto, di gestione di documentazione clinica, di formazione, informazione e ricerca ed e-learning, che meritano un’analisi a parte.
Nel confronto con i dati raccolti nel 2006, risultano censiti un numero maggiore di progetti, per la precisione 23.
Se si analizza l’anno di avvio dei progetti si evidenzia un incremento significativo tra il 2004 e il 2007: nel 2004 sono
stati avviati 13 progetti, nel 2005 21 e 2006 13. Tale incremento risente dell’avvio di alcuni importanti progetti sovra-aziendali: Health Optimum (creazione di una rete regionale sul Teleconsulto neurochirurgico e sviluppo di applicazioni di Telelaboratorio) e la Rete di Telemedicina della Provincia di Vicenza (progetto STeP).
Confrontando i dati del 2007 con i risultati del 2002 si nota come sia aumentato notevolmente il numero di progetti di cardiologia, mentre per la parte di laboratorio e radiologia era già in atto un processo di sperimentazione
di numerosi progetti, che hanno portato nel 2004 alla presentazione del Progetto Health Optimum – Market Validation. Sono stati inoltre analizzati gli ambiti di afferenza: il 71% dei progetti riguarda l’ambito ospedaliero, il 25%
l’ambito ospedale-territorio e il restante 4% quello territoriale.
CONCLUSIONI
Le Aziende sanitarie pubbliche della Regione Veneto hanno negli anni acquisito una consapevolezza delle potenzialità dell’inserimento di progetti ad alto valore innovativo tanto da costituire il Consorzio Arsenàl.IT, unico esempio in Italia di organismo volontario di coordinamento strategico per le tematiche di E-Health. L’osservatorio delle applicazioni di telemedicina, uno dei prodotti di Arsenàl.IT costituisce un modello di ricerca che per i risultati che
ha dimostrato ha tutte le caratteristiche per essere facilmente replicato anche in altre realtà territoriali.
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PIANO DI GESTIONE DEL RISCHIO IDRICO DA LEGIONELLA
PNEUMOPHILA NELL’AZIENDA OSPEDALIERA S. GERARDO DI MONZA
*B. Ricciardella, *P. Lanfranco ,** L. Camponovo, °A. Capra,*** G.M. Lecchi
*Dirigente medico di 1° livello Direzione Sanitaria ,**ICI Ufficio Epidemiologico, °Dirigente Ufficio Tecnico,***Dirigente
medico di 2° livello Direzione Sanitaria, Ospedale S. Gerardo di Monza
INTRODUZIONE
Le linee guida OMS per la prevenzione delle infezioni nosocomiali da Legionella spp. stabiliscono l’adozione di un
piano di sicurezza dell’acqua per la gestione del rischio idrico nelle strutture sanitarie.
Gli elementi fondamentali del piano di gestione del rischio idrico da Legionella Pneumophila nell’Azienda Ospedaliera S. Gerardo di Monza riguardano:
• La sorveglianza microbiologica attiva delle infezioni da Legionella
• La creazione di procedure operative standardizzate di sanificazione-manutenzione -controllo della rete idrica
• L’utilizzo di un trattamento in continuo dell’acqua calda sanitaria con biossido di cloro
• L’istituzione di controlli programmati dell’acqua prelevata nei punti più significativi e critici del sistema idrico della struttura ospedaliera
CONTENUTI
Dalla collaborazione fra Ufficio Tecnico e Direzione Sanitaria è nato un cruscotto dei monitoraggi periodici con campionamenti ambientali relativamente ai punti critici dell’impianto idrico ospedaliero.
In tale cruscotto è previsto un congruo numero di punti di campionamento fissi e un numero di punti di campionamento a rotazione periodica; la scelta dei punti e della tempistica di rotazione è stata determinata dall’analisi dei
dati storici ed epidemiologici.
E’stato elaborato infine un piano di intervento graduato sulle varie soglie di rischio (dalla singola positività a bassa carica alla presenza di cluster nosocomiale ) che deve essere messo in atto da tutti gli attori per quanto di competenza (Ufficio Tecnico, Direzione Sanitaria, Ufficio Epidemiologico, Coordinatori Infermieristici e personale di reparto, Ditta appaltante il servizio di sanificazione delle acque).
CONCLUSIONI
Il lavoro svolto nell’ultimo decennio e l’introduzione di un trattamento in continuo dell’acqua calda sanitaria con
biossido di cloro nell’ultimo quinquennio hanno consentito di prevenire e controllare i casi di Legionellosi nosocomiale;
il piano per la gestione del rischio idrico da Legionella Pneumophila adottato consentirà di mantenere alto il grado di attenzione nei riguardi delle Legionella spp. e la rispondenza ai requisiti normativi internazionali, nazionali e
regionali.
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LO SVILUPPO DEI PROFILI E PIANI DI SALUTE
“L’ESPERIENZA DELLA ASL TO5 DELLA REGIONE PIEMONTE”
F. Casassa ^, G. Messori Ioli ^^, L. Albano °, M. Gulino °°, G. Caruso ^^^
^Direzione Sanitaria Aziendale – ASL TO5 della Regione Piemonte, ^^Direzione Sanitaria di Presidio – Ospedale Maggiore di Chieri – ASL TO 5, °Educazione e Promozione della Salute – ASL TO5 della Regione Piemonte, °°S.C. Igiene
Alimenti e Nutrizione – Dipartimento di Prevenzione - ASL TO5 della Regione Piemonte, ^^^Direzione Generale Aziendale – ASL TO5 della Regione Piemonte
INTRODUZIONE
I Profili e Piani di salute (PePS) di una comunità rappresentano la sfida che il piano Socio-Sanitario 2007 – 2010
della Regione Piemonte pone a tutti coloro che in essa operano (servizi sanitari, decisori locali, servizi sociali, associazioni di volontariato, cittadini competenti) per costruire in modo partecipato percorsi di promozione della salute con una reale e misurabile ricaduta positiva sulla comunità stessa. I PePS sono lo strumento con cui la comunità locale, a livello distrettuale, definisce il proprio profilo di salute, individua gli obiettivi di salute e produce linee di indirizzo volte ad orientare le politiche del territorio. Le ASL e le Aziende Ospedaliere di riferimento forniscono l’assistenza necessaria, assicurano la partecipazione al processo di elaborazione e approvazione dei PePS
e garantiscono la disponibilità di tutte le informazioni epidemiologiche relative alla popolazione del distretto.
OBIETTIVO
L’obiettivo del presente lavoro è illustrare come l’ASL TO5 ha sviluppato da un punto di vista organizzativo il percorso di costruzione dei PePS.
METODOLOGIA
I PePS chiedono alla Sanità competenze epidemiologiche, capacità di valutazione degli interventi, di comunicazione e informazione a molti soggetti istituzionali e non, che devono essere considerate a valenza strategica per
l’intera organizzazione aziendale. La Direzione Aziendale per dare attuazione al percorso di costruzione dei PePS,
ha effettuato dapprima una preventiva disamina sia delle professionalità e competenze presenti tra gli operatori sanitari in servizio che delle fonti informative sullo stato di salute della popolazione residente sul proprio territorio.
RISULTATI
Le azioni sviluppate dal 2007 al 2008 sono le seguenti:
A) Produzione e disseminazione di documenti propedeutici alla costruzione del Profilo di Salute della popolazione dell’ASL TO5.
B) Adesione al percorso regionale di preparazione degli operatori ASL al ruolo di “Facilitatori di processo dei PePS”;
C) Costituzione del gruppo di lavoro interno ASL mediante determinazione del Direttore Generale;
D) Definizione del mandato al “gruppo di lavoro aziendale PePS” mediante inserimento negli obbiettivi aziendali per gli anni 2007 e 2008;
E) Analisi delle necessità di formazione e allocazione di risorse dedicate;
F) Costruzione di momenti di confronto e discussione sui PePS rivolti ai decisori locali (Amministratori locali, Consorzi socio-assistenziali, Associazioni di volontariato, cittadini competenti);
G) Rendere sostenibile il progetto PePS attraverso l’approvazione nell’Atto Aziendale dell’attivazione di un gruppo di lavoro permanente dipartimentale: epidemiologia, promozione della salute e PePS;
H) Costruzione di alleanze con i rappresentanti dei quattro Consorzi Socio-Assistenziali del territorio aziendale,
costituendo “Gruppo di lavoro allargato PePS”;
I) Sviluppo della ricerca-azione con il Consorzio Pra Catinat sulla “partecipazione” nella costruzione “sociale”
dei PePS;
L) Attività inerenti la costruzione del Profilo di salute della popolazione dell’ASL TO5: raccolta informazioni
epidemiologiche attraverso le banche dati epidemiologiche dei Sevizi Sovrazonali di Epidemiologia, della Provincia di Torino, ecc;
M) Attività di comunicazione, richiede l’estensione di uno specifico progetto.
CONCLUSIONI
L’ASL TO5 continuerà il percorso intrapreso in attesa delle linee guida regionali che daranno i necessari indirizzi
con cui confrontarsi e fare proprie le indicazioni fornite.
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STUDIO DI PREVALENZA DELLE INFEZIONI OSPEDALIERE PRESSO
L’AOU SAN GIOVANNI BATTISTA DI TORINO
Barbaro S.°, Di Leo A.°°, Silvestre C.*, Arrigoni M.^
° Direttore SC Igiene Ospedaliera e Gestione delle Tecnologie Sanitarie - AOU San Giovanni Battista di Torino
°° CPSE Ufficio Controllo Infezioni - AOU San Giovanni Battista di Torino
* Dirigente Medico Direzione Sanitaria - AOU San Giovanni Battista di Torino
^ CPS Ufficio Controllo Infezioni - AOU San Giovanni Battista di Torino
OBIETTIVI
Descrivere la frequenza di Infezioni Ospedaliere (IO) per tipologia di reparto, per localizzazione e agente patogeno, e il loro rapporto con gravità clinica, livello di dipendenza del pz, fase del ricovero, durata della degenza e grado di inquadramento diagnostico; determinare la prevalenza di uso degli antibiotici e le classi più utilizzate.
METODOLOGIA
Studio di prevalenza (ottobre 2007) di tutte le IO tra i pz ricoverati in regime di RO nel Presidio Molinette. Sono stati inclusi un campione di reparti per acuti, escludendo i D-H e il P.Soccorso, consultando le cartelle cliniche ed infermieristiche, con il supporto dei Referenti medici e infermieristici per le IO. I criteri per la diagnosi di IO sono quelli del CDC 1998, aggiornati. Sono registrate solo le IO in atto il giorno dell’indagine utilizzando anche dati di laboratorio/radiologici eseguiti nei giorni precedenti/successivi, purché compatibili con l’infezione in atto. Analisi statistica dei dati degli anni 2007, 2005 e 2000 con modello di regressione logistica multivariata costruito affiancando alla variabile “anno dell’indagine” una serie di covariate al fine di considerare il profilo di rischio del pz e altri
fattori di rischio per IO: età, sesso, degenza ante-rilevazione, autosufficienza del pz, infezioni da precedente ricovero, n. procedure invasive, n. interventi chirurgici effettuati durante il ricovero, area di ricovero (medica, chirurgica, intensiva), indice di Charlson, misura della gravità clinica del pz. Elaborazione dati con SW MSAccess.
RISULTATI E CONCLUSIONI
La distribuzione delle IO nel 2007 evidenzia una diminuzione rispetto a quella del 2005: la prevalenza legata all’attuale
ricovero (HAI) è pari al 12.4% (IC 95%: 9,86–15,4); nel 2005 è 15.2% (IC 95%: 12.4-18.4); nel 2000 è 6.7% (IC 95%:
5.0-9.0). La prevalenza di HAI in sottogruppi di pazienti con es. almeno tre fattori di rischio (catetere vescicale, dispositivo intravascolare, drenaggio chirurgico, ventilazione assistita, ecc.) risulta in diminuzione rispetto al 2005 (20,2%
vs 27,6% rispettivamente) a fronte della loro quota crescente. L’analisi multivariata (ancora in corso) evidenzia, a
parità di rischio per tutti i fattori considerati, una maggiore probabilità di contrarre IO nel 2007 rispetto al 2000 (+
11%, non significativo), mentre il confronto con il 2005 mostra una netta diminuzione della probabilità di infezioni
HAI (- 29%). Dall’analisi emerge inoltre l’importanza di fattori di rischio quali: durata della degenza ante-rilevazione, n. procedure invasive e il fatto che il pz sia o meno autosufficiente. Altri fattori sono probabilmente rilevanti (sesso femminile, area chirurgica o intensiva, pazienti con infezioni precedenti) pur non raggiungendo sufficiente significatività
statistica. Per quanto riguarda altri aspetti clinici che potrebbero influire sul verificarsi di IO (patologia o disfunzioni), è interessante notare che il 28% delle IO riguarda pz ricoverati per complicanza/recidiva di patologia nota (categoria in forte aumento rispetto agli anni precedenti). In conclusione “l’alta” prevalenza riscontrata può essere correlata: all’alto n. di pz ad elevato rischio di contrarre IO sia perché sottoposti a procedure invasive sia perché in
particolari condizioni cliniche (es.: immunodepressione, sottonutrizione, ecc.); a elevata prevalenza di infezioni del
tratto urinario “batteriurie asintomatiche” (riscontrata soprattutto in Area chirurgica) associata ad un uso più intensivo
del cateterismo urinario a permanenza.
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OSSERVATORIO SUL RISK MANAGEMENT IN SANITÀ
PIATTAFORMA TECNOLOGICA PER LA GESTIONE DEL RISCHIO IN SANITÀ
Lupo L, Ragusa R, Adorno P, Virgilio V.
Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico “Gaspare Rodolico” Catania
INTRODUZIONE
I modelli di controllo del rischio clinico devono essere progettati con l’obiettivo di prevenire il verificarsi di un errore e, qualora questo accada, contenerne le conseguenze. Spesso la possibilità che si verifichi un evento avverso dipende dalla presenza nel sistema di insufficienze latenti cioè insufficienze od errori di programmazione, organizzazione e controllo che restano silenti finchè un fattore scatenante non li rende manifesti, causando danni
più o meno gravi.
L’individuazione dell’errore attivo deve accompagnarsi quindi alla ricerca degli errori latenti perché devono essere rimosse le insufficienze del sistema per raggiungere un efficace controllo del rischio e ridurre la probabilità che
si verifichi un errore con potenziali conseguenze negative sull’esito del processo di cura.
CONTENUTI
L’Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico di Catania in collaborazione con Argo Software srl, Argo Enti srl, Ingegneria del Rischio srl, Innovazione e Sviluppo srl, Logos Società Cooperativa hanno elaborato un progetto il cui
acronimo è O.R.M.S.(Organizzazione Risk Management in Sanità) per la realizzazione del prototipo di un software per la gestione del rischio clinico. Questo, attraverso la mappatura dei processi (clinici e di supporto) consentirà di individuare i rischi connessi alle singole fasi che costituiscono i processi stessi.
Il software fa parte di un Progamma di ricerca per lo Sviluppo di una piattaforma tecnologica per l’osservatorio sul
Risk Management avente per obiettivo la definizione di uno standard che definisca i criteri semplici ma adeguati
ad una corretta gestione proattiva del rischio.
I processi sui quali è stata condotta l’analisi ai fini della loro mappatura sono stati selezionati tra quelli descritti come
prioritari dalla indagine preliminare della CCR-JCO (Decreto 22 Febbraio 2006 Assessorato della Sanità Regione
Sicilia): processo Chirurgico, processo Anestesiologico, processo Diagnostico – diagnostica per immagini. Sono
state sviluppate 3 griglie di valutazione riguardanti i 3 processi analizzati nelle loro differenti fasi e per ogni processo
sono state stilate 3 checklist (una per il Risk Manager, una per l’operatore dedicato a quel processo e una terza
per un audit).
Si è focalizzata l’attenzione sull’errore sistemico, ossia su quella tipologia di errori riconducibili alla progettazione
del sistema organizzativo e procedurale dei processi clinico-sanitari o alla loro pianificazione, e sono stati individuati i possibili rischi dovuti all’errore umano – generato dai diversi livelli di abilità e\o competenza dell’operatore
o da sue caratteristiche intrinseche ed i rischi attribuibili ad errori di sistema.
CONCLUSIONI
Il programma prevede una prima fase indicata come Gestione Valutazione in cui viene presentata una mappatura dei processi con l’individuazione dei possibili rischi legati al processo (indicazione di rischio visualizzata anche
tramite un grafico).
Dalla compilazione delle checklist deriva un rating del rischio clinico (cosiddetto Indice ORMS) calcolato tenendo conto del peso che in ogni fase riveste la stima della probabilità di accadimento, la stima della severità del danno e le risultanze epidemiologiche.
Il programma prevede quindi una valutazione dell’Output con la proposta di un piano di miglioramento indicando per le singole fasi del processo i possibili interventi da eseguire.
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LA QUALITÀ DEI DATI CONTENUTI NELLE CARTELLE CLINICHE
E DIDATTICA UNIVERSITARIA
Piluso MP1, Ragusa R.2, Raciti R3, Aiello R4, Dibenedetto A4, Quattrocchi R5.
1 Direttore Sanitario Aziendale; 2 Dir.medico contrattista Dir. Med Presidio;
3 Resp. Serv. Infermieristico; 4 Infermiere prof.; 5 Resp. Ufficio Qualità
Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico “Gaspare Rodolico” di Catania
[email protected]; [email protected]
La cartella clinica è la base informativa essenziale per il decision-making e la continuità assistenziale ed è l’unico
strumento capace di consentire di capire il percorso diagnostico-terapeutico del paziente all’interno della struttura. E’ anche strumento per il miglioramento della qualità dell’assistenza e per la prevenzione dei rischi. Inoltre, la
completa compilazione della cartella clinica contribuisce all’innalzamento qualitativo della performance dell’ospedale:
senza idonea e formale documentazione la prestazione è come non eseguita ed anche il fatturato sarà minore.
Per una Azienda Ospedaliero Universitaria, la cartella clinica è anche lo strumento per le basi formative per gli studenti e gli specializzandi della Facoltà di Medicina e Chirurgia. Attraverso la cartella clinica i giovani medici possono capire quale è stato il razionale, l’approccio al paziente, come si sono prese certe decisioni, come sono stati impostati certi esami. Chiunque interviene sul paziente ha il diritto ed il dovere di documentare quello che ha fatto: le informazioni contenute assicurano il coordinamento dell’assistenza tra i diversi professionisti.
La cartella è quindi fonte primaria di dati per la ricerca clinica ed epidemiologica: i clinical trials vengono costruiti sull’analisi dei dati di pazienti attraverso la valutazione della documentazione; senza la cartella clinica non sarebbe possibile fare gli audit e nessun tipo di valutazione scientifica dell’operato dei clinici.
Al fine di monitorare la qualità di compilazione della cartella clinica è stata avviata, nell’Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico “Gaspare Rodolico” di Catania, una verifica su un campione randomizzato di 310 cartelle riferito ai ricoveri ordinari del secondo semestre 2006.
Per la valutazione della qualità della compilazione della cartella è stato utilizzato il questionario regionale (nota Ass.
Reg. Sanità 2 aprile 2008 prot. DOE/1/0359) composto da 17 requisiti espressi sotto forma di quesito con risposta chiusa (si/no). Per la compilazione della griglia di valutazione della qualità globale della cartella questa è stata
esaminata in toto e valutata ogni singola giornata di degenza. Sono stati in particolare verificati la presenza della
causa del ricovero, l’anamnesi, l’esame obiettivo, il diario medico ed infermieristico ed il consenso informato.
L’analisi dei dati ha permesso di individuare le aree di criticità che hanno dato la possibilità di intervenire attraverso la sensibilizzazione degli operatori e l’intensificazione di momenti formativi rivolti ai medici in formazione.
Decreto Assessorato Sanità Regione Sicilia 27 giugno 2002 n- 1062
Regione Lombardia – Direzione Generale Sanità: Manuale Cartella Clinica
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34° Congresso Nazionale A.N.M.D.O. - La Direzione Sanitaria per la Creazione del Valore
MOTIVAZIONI CLINICHE E RILEVANZA SOCIO-ECONOMICO E SANITARIA
DI APPROPRIATE ED INNOVATIVE TERAPIE NUTRIZIONALI
E DI SUPPORTO IN PAZIENTI ONCOLOGICI OPERATI
E/O RADIOCHEMIO TRATTATI
C. Rinzivillo 1, Piluso M.P. 2, Lupo L. 3, Grasso G. 4, Viola V. 5, Costa C. 6 , D’Amico B. 7
1-Resp.U.O. Nutr.Clin.-Ter.Supporto-Centro Sindr.Metab./AntiInvecch.-Medic.Benessere- [email protected]
2-Direttore Sanitario, 3-Dirigente Presidio, 4-Master Coord.Sanit.,5-Dr.Sc.Alimentari, 6-I.P.,
7- Inform.Sc.Farm./laureanda Farmacia
Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico -Via S. Sofia - 95100 Catania – 095.3781111
Il paziente oncologico operato (CH) e/o chemio (Ch)-radiotrattato (RT) presenta eventi che rendono spesso necessario impostare adeguato supporto nutrizionale ed altre terapie di supporto complesse ed al contempo meno
aggressive.Tali pazienti possono presentare importanti e/o prolungati sintomi/effetti collaterali:astenia, ansia/depressione, nausea, vomito, anemia, leucopenia, enteropatia, dermopatie, carenza proteico-energetica e
idrominerale, perdita d’appetito/sazietà precoce, perdite di liquidi o sostanze epiteliali, difficoltà di ingestione/transito
cibi, intolleranze, ecc.. L’American Dietetic Ass.suggerisce pre-radioterapia apposita farmaco nutrizione (circa
un 1/3 di tali pazienti sono malnutriti). Disprotidemia, carenze di antiossidanti e biooligofattori – con conseguente
immunodepressione- sono concausa d’infezioni nosocomiali o domiciliari, di ritardata guarigione e perfino di recidiva tumorale! E’ importante l’uso di addensanti se disfagie,di prodotti antidiarrea, ecc. Eventuali perdite liquida
e ridotte capacità intestinale (resezioni) intaccano l’assimilazione di nutrienti, specie peptidi e oligosaccaridi e
l’equilibrio idrominerale. La disbiosi può portare ad ipoavitominosi B (anemia, sintomi neurologici, ecc.) e K (ipotrombinemia). Carenze vitamine e antiossidanti (A, E, C, xantine,ecc.) e disprotidemia con-causano lesioni di
epiteliali e annessi (capelli) o cardiovascolari concomitanti. Necessitano opportuni supporti proteici, energetici,
vitaminici, idro-macrominerali, oligoelementi e cofattori ad es. Ferro organicato+vit.C+Lattoferrina,carotenoidi,ac.
grassi essenziali (omega 3-6-9 ecc.),vit. PQQ-gruppo B, NADH, Q10, carnosina, carnitina, glutatione, RNA, Zn
Cu, ecc.: coadiuvanti di funzioni immunitarie, digestive, neurologiche, metaboliche, ormonali, anti-astenia,ecc.La
fitoterapia invece risulta utile per regolazione intestinale, antinausea, supporto antiansia/antidepressiva, disintossicazione generale, dermolenitivi, ecc. Esistono anche creme e presidi per stomie, piaghe, ecc. E’ fondamentale
regolare assunzione di ‘pasti normali per normale via orale’ quando possibile (magari adattati: creme) e non solo
integratori orali (al bisogno ‘pasti’ enterali, con minori costi, complicanze e difficoltà rispetto alla via parenterale). Alcuni integratori presentano interessanti proprietà preventive di recidive tumorali o citostatiche (zebra-fish,
ecc.). La APPROPRIATEZZA deve concernere non solo CH/Ch/RT, ma anche l’uso di Terapie Supporto (mediante
anche collaborazione ospedale-medicina base/territorio), da incoraggiarsi nel SSN, su basi scientifiche, APPROPRIATE “a tipo/fase malattia ed individualizzato”, per i benefici al paziente (minori sintomi/complicanze) e
minori ricoveri, cure,controlli ed emigrazione extraregione. Necessitano però:1) predisposizione di materiale utile alla formazione medicosanitaria e 2) catalogazione di tali INNOVATIVE Terapie di Supporto in Oncologia (2 scopi del 1° Progetto di questo tipo in Italia, approvato dall’Assessorato Regionale, in avvio presso di noi), nell’ottica che a) Oncologia e Nutrizione sono 2 punti rilevanti di Piani sanitari e LEA, b) il tumore colpisce l’unità biopsico-immuno-fisica e familiare del paziente c) ha rilevanza sociale il ridurne l’impatto al minor costo per paziente
e SSN, mediante uso di terapie di supporto (più compatibili con le future bioterapie antitumori).
Nota bibl.: Rinzivillo C.: “Proteine nel paziente postchirurgico stomizzato”
Poster premiato-Congr.Naz.ADI Nutr.Clin.-2004.
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ORGANIZZAZIONE
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Finito di stampare nel mese di settembre 2008
dalla Litografia Solari - Peschiera Borromeo (MI)
È vietata la riproduzione anche parziale della presente pubblicazione
senza preventiva autorizzazione di EDICOM srl
Edito da:
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