L'unguento per volare al sabba
L'UNGUENTO PER VOLARE AL SABBA
di Paolo Aldo Rossi
"Unguento unguento, mandami alla noce di Benevento supra acqua e supra vento et supre ad
omne maltempo
".
Questa formula, universalmente conosciuta ed ossessivamente ripetuta in tutte le innumerevoli
versioni dei racconti sulle streghe che si davano convegno sotto il più celebre noce d'Europa,
ha finito col rappresentare, nella concisione del dettato stilistico popolare, l'immagine forse di
maggior potenza evocativa del rituale preparatorio al volo notturno.
Nonostante, però, che la credenza nelle streghe quali abili manipolatrici di erbe, filtri e veleni,
capaci di procurare visioni o indurre eventi "innaturali" , fosse generalmente diffusa fin dall' età
classica, il collegamento fra il volo magico e l'unguento appare relativamente tardi o
quantomeno nei documenti cristiano-medievali sulla stregoneria si parla frequentemente del
viaggio aereo, ma non si fa parola degli elementi tecnici che lo precedevano e preparavano. (...)
Il fatto interessante è che la maggior parte degli assertori della realtà del volo, Tostado
compreso, dichiarano anche di aver assistito personalmente all'unzione e di aver potuto
accertarsi che la strega rimaneva nello stesso luogo dove s'era unta, cadendo in una sorta di
deliquio, seguito da un sonno profondo, e svegliatasi avrebbe raccontato di aver percorso spazi
inimmaginabili.
Questo, comunque, non smuove minimamente la loro convinzione nella realtà dell'evento dato
che spiegano il tutto con la teoria che le streghe si recano al Sabba lasciando a casa un corpo
(alcuni dichiarano che vanno al "gioco" in ispirito ed altri, invece, ipotizzano la sostituzione del
corpo fisico con un fantasma, creato per ingannare i presenti). (...)
Se andiamo a leggere le tante "ricette" dell 'unguento, riportate in quasi tutti i manuali
inquisitoriali o nei documenti letterari o giuridici, ci rendiamo conto di come venisse sempre
messa in rilievo la serie dei componenti orridi o grandguignoleschi: grasso di bambino non
battezzato, sangue di pipistrello, vipere, rospi, ossa di morti, sangue mestruale. .., mentre si
accenna soltanto di sfuggita ad "erbe delle streghe" non meglio identificate. Alla stessa stregua,
anche i medici e gli scienziati più illuminati giungono fino a dissertare dei vari aspetti
psicopatologici nel comportamento della strega, tanto che Gregory Zilboorg non ha forse visto
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male quando ha affermato che il De prestigiis daemonum di Johan Wier può essere considerato
il primo autentico manuale di psichiatria, ma, in ogni caso, nessuno è stato sfiorato dall'ipotesi
che le cause andassero ricercate in ambito fisiologico (quelle che noi oggi chiameremmo
patologie organiche, carenze alimentari, intossicazioni). (...)
Negli stessi anni in cui fervevano tali insulse dispute Paracelso, preso atto delle conoscenze di
medicina popolare (streghe erboriste, ostetriche, cerusici e boia) intuiva la composizione di
quell'unguento satanico che Pietro Andrea Mattioli trascrive in una ricetta, calibrandone gli
elementi: sugna, resina e fiori di canapa, rosolaccio e semi di girasole. Ma è solo con il Della
Porta che si prende piena coscienza del rapporto fra le sostanze neuropsicoattive contenute
nell'unguento e il delirio indotto.
Egli assiste, infatti, ad una esperienza "neuropsichica" (...): "Mi accadde di avere a disposizione
una vecchia la quale, spontaneamente e in breve tempo, mi offrì la soluzione del problema.
Comandò che venissero mandati fuori coloro che io avevo chiamato a testimoniare e mentre noi
la stavamo a spiare da una apertura della porta essa si spogliò e si frizionò vigorosamente con
un unguento che, a causa dei suoi succhi soporiferi, la fece cadere in un sonno profondo. Allora
noi aprimmo la porta, ma essa, svegliatasi, ci cacciò a male parole, ma poi cadde
completamente priva di sensi. Noi ritorniamo fuori e, piano piano, il potere del filtro perde i suoi
effetti. Essa si risveglia e incomincia a delirare e dice di aver attraversato mari e montagne e
risponde in modo menzognero alle mie domande. Noi affermiamo di non essere convinti di
quanto ci dice e lei insiste, perdiamo la pazienza, ma lei si ostina ancora di più" e, con molto
maggior buon senso dei suoi predecessori, ne conclude: "Una esagerata bramosia di
sensazioni morbose ha talmente invaso lo spirito umano da trascinare all'abuso delle sostanze
che la provvida natura ha messo a disposizione degli uomini. Di molte di esse riunite insieme
sono composti gli unguenti delle streghe, i quali, benché siano mescolati a molte superstizioni,
mostrano a chi li esamina, che la loro efficacia proviene da forze naturali. Dirò quanto ho
appreso dalle streghe. Esse cuociono in un vaso di rame grasso di bambini stemperato con
acqua. Cuocendo l'acqua evapora e nel vaso rimane una pasta, a cui le streghe aggiungono
aconito, foglie di pioppo, sangue di pipistrello, solano sonnifero e olio. E' possibile mescolarvi
anche altri ingredienti non dissimili. Appena l'unguento è pronto se ne spalmano il corpo,
strofinando la pelle fino ad arrossirla, in modo che si rilasci e si dilatino i pori e l'olio penetri più
profondamente nei tessuti provocando una reazione più rapida e violenta".
Due degli ingredienti che compongono l'unguento, sono sicuramente interessanti: l'aconito e il
solano sonnifero.
L'aconitum napellus è una pianta erbacea perenne, frequente in tutta Europa, predilige i pascoli
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montani fertilizzati fino ad altitudini intorno ai 3000 metri. Tra i suoi principi attivi: gli alcaloidi del
gruppo diterpene, napellina, aconitina e i glucosidi flavonici luteolina e apigenina. E, subito
dopo, l' Aconitum ferox del Nepiù, il veleno vegetale più attivo che esista. Una dose di 2 gr. di
tubero fresco (da 1 a 3 mg. di aconitina) può rappresentare la dose mortale per l'uomo. Il veleno
penetra attraverso la pelle ( anche il semplice mazzetto, tenuto in mano, provoca intossicazioni
e dermatiti). Le preparazioni di aconito applicate sulla cute inducono parzialmente una
eccitazione sensoriale, cui segue un caratteristico formicolio e l'ottundimento della sensibilità
con conseguente anestesia, disturbi sensoriali, paralisi dei centri bulbari, irregolarità cardiache.
Il solano sonnifero o atropa belladonna è una pianta perenne. diffusa in tutta Europa, specie
nelle radure e nelle macchie e lungo le strade boschive. Il frutto è una bacca nera lucida grande
quasi quanto una ciliegia (la dose letale va da 10 a 15 bacche, mentre a medi dosaggi provano
modificazioni neuropsicologiche ed esperienziali). La pianta intera contiene vari alcaloidi fra cui
la scopolamina, l'iosciamina e l'atropina. Nel processo di disidratazione la iosciamina si
trasforma, a causa di un processo enzimatico, in atropina. Fra le sostanze delirio-inducenti,
l'atropina e gli atropino-simili rappresentano la classe di farmaci più interessanti ai nostri scopi.
La maggior parte delle erbe delle streghe (gli ingredienti non dissimili di cui parla il Della Porta e
che troviamo spesso qua e là citati nella maggior parte dei verbali giudiziari) appartengono a
questo gruppo. Giusquiamo, datura stramonio, atropa, mandragora sono tutti farmaci
dose-dipendenti: a bassi dosaggi danno euforia, benessere, disturbi della memoria, alterazioni
spazio-temporali e vividezza nelle percezioni sensoriali, mentre ad alte dosi compaiono
midriasi, allucinazioni e delirio. (La sintomatologia e il vissuto neuro-psichico sono simili a quello
degli allucinogeni).
Esistono poi, numerosissime testimonianze circa l'uso da parte dell'erboristeria delle streghe di
varie piante spontanee quali la cicuta, il verbasco, la valeriana, l'erba morella, la dulcamara, la
digitale, il salice. La cicuta induce paralisi motoria graduale, rallentamento cardiaco, ipossia
(insufficiente ossigenazione), delirio e eccitazione convulsiva, il verbasco e la valeriana sono
sedativi, la morella e la dulcamara (contenenti solanina) danno nausea, allucinazioni visive,
diafonia, vertigine, paralisi dell'attività motoria e respiratoria, sono anche narcotici e analgesici,
la digitale (in caso di intossicazione acuta o cronica) provoca disorientamento spazio-temporale,
confusione, afasia, delirio, allucinazioni ed infine i salicilati sono responsabili di confusione,
delirio, psicosi, forme stuporose, sindromi maniacali, allucinazioni.
Da ultimo vanno menzionati due ulteriori ingredienti dell'unguento di cui parleremo comunque,
ancora in seguito: il rospo e la canapa. Le ghiandole cutanee dei rospi contengono la
bufotenina ( dimetil-5-idrossi-triptamina) una sostanza indolica simile per struttura alla
serotonina e alla dietilamide dell'acido lisergico, ancor oggi usato ritualmente, in alcune culture
primitive, per indurre stati allucinatori (è appena il caso di ricordare che la fustigazione del
rospo, onde ottenerne il veleno, è uno degli elementi centrali del Sabba). Per quanto riguarda la
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canapa è evidente che, quando se ne parla, si tratta di cannabis sativa e non della cannabis
indica, ma è ormai chiarito che la percentuale dei cannabinoidi attivi della pianta europea non è
dissimile da quella della canapa indiana, dipendendo ciò dalle condizioni di coltura.
Una delle obiezioni fondamentali contro l'ipotesi dell'induzione farmacologica di esperienze
psichiche a causa dell'uso di tali unguenti e che questi, dovendo essere ovviamente spalmati
sulla pelle, non potevano essere assorbiti in manie!a apprezzabile dall'organismo. E' vero che le
sostanze attive non attraversano la cute, ma fanno eccezione proprio i composti liposolubili
veicolati su eccipienti lipidici (in parole povere l'unguento delle streghe). Se si tien conto poi che
queste venivano strofinate sulla pella lacera, su piaghe o sulla carne viva, si capisce come
potevano funzionare più rapidamente che per ingestione o inalazione. L 'igiene dell'epoca,
specie nelle classi più povere (si pensi, però, anche alla scarsa pulizia delle classi abbienti) era
del tutto approssimativa, le malattie scrofolose sono patologie normali, i parassiti sono ospiti
fissi, le carenze vitaminiche naturale prodotto di squilibri alimentari e l'ignoranza di ogni
elementare cautela antisettica porta con se il prurito e l'infezione. Gli unguenti delle streghe
calmano il dolore e spesso lo guariscono, ma sovente danno reazioni tossiche. Molti degli
ingredienti visti sopra entrano nella pomata con funzione vulneraria (es. le foglie di pioppo),
sedativa ( es. le solanacee ), antiflogistica ed antibatterica ( es. l'olio di iperico) e quindi non
solo leniscono i dolori, ma curano anche i mali dando in aggiunta "sogni dilettevoli" che
soddisfano le "bramosie esagerate di sensazioni morbose".
E' quindi plausibile ammettere, in generale, che gli stati tossici indotti dall' uso di questi farmaci
neuropsicoattivi provochino nell'individuo una lacerazione del tessuto connettivo coscienziale
fra immagini di origine sensoriale e immagini endogene che si presentano con carattere
percettivo e vengono vissute dal soggetto come autentiche percezioni e scambiate con queste,
tanto che sono attribuite alla realtà esterna e ritenute immagini reali. In definitiva si induce un
feed-back positivo: coloro che sono affetti da piaghe dolorose o algie varie ricorrono alla strega
erborista per avere lenimento e questa nel procurare loro un potente analgesico (ipnotici,
tranquillanti, neurolettici) inizia costoro, può essere anche inconsapevolmente, ai misteri del
Sabba e li lega ad una assuefacente tossicodipendenza. (...)
fonte: www.airesis.net
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