1 Termodinamica: punto di vista macroscopico.

Corso di Termodinamica e Meccanica Statistica
Anno Accademico 2011/2012 – Lezione 12
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Termodinamica: punto di vista macroscopico.
È noto che la termodinamica è stata derivata originariamente senza alcun riferimento alla
struttura microscopica della materia. Ci domandiamo quali sono le condizioni sotto le
quali un sistema macroscopico di cui sono note le leggi di stato, possa essere chiamato un
sistema termodinamico.
Ci si ritrova tipicamente a che fare con un sistema su cui si può esercitare del lavoro,
e che può a compiere lavoro sull’esterno. L’energia meccanica non è però conservata ed è
necessario introdurre il concetto di calore per rendere conto del fenomeno. Il risultato è il
primo principio della termodinamica, che, nel caso di sistemi il cui stato è definito tramite
pressione e volume può essere scritto nella forma
dU = dQ
¯ − P dV
In analogia al caso di un sistema meccanico, si suppone che lo stato del sistema possa
essere descritto dando la sua energia interna U (o alternativamente la pressione P ) e il suo
volume V . L’afflusso di calore dQ
¯ non è invece associato a una funzione dello stato del
sistema e dQ
¯ non è un differenziale esatto.
Si osserva che sistemi diversi messi in contatto possono scambiare o no calore; sistemi
che non scambiano calore sono detti in equilibrio termodinamico. Si osserva poi che vale
il cosı̀ detto principio zero della termodinamica: se i sistemi A e B sono ciascuno in
equilibrio con C, allora sono in equilibrio fra loro. Per caratterizzare l’equilibrio mutuo
viene quindi introdotto il concetto di temperatura, come parametro che assume valori
uguali in sistemi all’equilibrio.
Si osserva a questo punto che è possibile ordinare le temperature in modo tale che
il calore si trasferisca sempre (fissati gli altri parametri, per esempio il volume) da corpi
a temperatura più alta a quelli a temperatura più bassa. Questo costituisce di fatto il
contenuto del secondo principio della termodinamica. Notiamo però che questo non è
sufficiente a definire la temperatura in maniera univoca: una qualsiasi funzione crescente
della temperatura T che abbiamo utilizzato sin’ora andrebbe ugualmente bene.
Si osserva infine che esistono delle leggi di stato che legano i parametri di stato del
sistema, quali nel caso dei gas ideali U , V e P , alla temperatura. A questo punto, la
temperatura è definita essenzialmente a partire dalla legge di stato dei gas ideali P V =
N KT , dove in questo contesto N indica una quantità di materia (non necessariamente
numero di particelle) e K è scelto in modo da far sı̀ che T sia misurata nei gradi che si
preferiscono.
Ora, una definizione di temperatura a partire dal caso di un gas ideale può non essere
soddisfacente, se si lavora in contesti insoliti; per esempio uno potrebbe pensare di derivare
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una termodinamica di un sistema sociale, per cui non ha senso pensare alla temperatura a
partire da proprietà di equilibrio con un gas ideale.
Un punto di vista alternativo che permette di evitare l’ambiguità nella definizione della
temperatura è quello di postulare da subito l’esistenza di una funzione di stato entropia.
Questo è equivalente a postulare che si possa scrivere il primo principio della termodinamica
nella forma
dU = T dS − P dV
in modo che l’entropia S giochi nei confronti della temperatura lo stesso ruolo giocato dal
volume nei confronti della pressione.
Lo stato del sistema può quindi essere determinato a partire da P e V , oppure, utilizzando la legge di stato, da T e V , oppure (e questo è il postulato) a partire da S e V . In
altre parole, S deve essere una funzione di stato, che deve potere essere scritta in funzione
degli altri parametri del sistema V e T .
Iniziamo con il verificare che nel caso di un gas ideale. l’entropia goda della proprietà richiesta. Dobbiamo richiedere che dS = T1 (dU +P dV ) sia un differenziale esatto. Dobbiamo
verificare che esista quindi una funzione S(V, T ) tale che
dS =
∂S
∂S
dT +
dV
∂T
∂V
D’altra parte, dal primo principio della termodinamica abbiamo, scrivendo tutti i termini
come funzione di V e T :
∂U
i
1
1 h ∂U
dS = (dU + P dV ) =
dT +
− P dV
T
T ∂T
∂V
e utilizzando le due relazioni P (V, T ) = N KT /V e U (V, T ) = (3/2)N KT :
dS =
NK
3N K
dT −
dV.
T
V
La condizione che dS sia un differenziale esatto è che le derivate ∂V ∂T S e ∂T ∂V S siano
identiche, e infatti:
∂ 2S
∂ 3N K
=
= 0;
∂V ∂T
∂V T
∂ 2S
∂ NK
=
= 0;
∂T ∂V
∂T V
Pertanto, come richiesto (e come ci potevamo aspettare dalla teoria cinetica), nel caso di
un gas ideale, la funzione di stato entropia esiste.
Chiaramente, vengono ritrovate le stesse proprietà dell’entropia ottenute a partire dalla
derivazione cinetica. In particolare, che l’aumento di entropia globale nello scambio di
calore fra corpi diversi è positivo ed è trascurabile rispetto allo scambio di entropia quando
la differenza di temperatura fra i due corpi è piccola. Infatti, supponendo TB > TA (e
quindi ∆QA > 0):
1
1 ∆SA + ∆SB = ∆QA
−
> 0.
TA TB
2
Di nuovo abbiamo un’interpretazione grafica di questa diseguaglianza (vedi la Fig. 1 della
lezione precedente). Le due temperatura inverse 1/TA e 1/TB sono infatti i valori della
′
derivate SA,B
nei due punti UA e UB . Il valore di ∆S = ∆SA + ∆SB calcolato qui sopra è
′′
quindi quello che si ottiene scrivendo ∆S ≃ SA,B
∆U 2 e approssimando la derivata seconda
′
′
con la differenza finita [SA,B
(UA ) − SA,B
(UB )]/(2∆U ).
L’entropia continua ad esistere come funzione di stato nel caso di un sistema che può
essere messo in interazione con un gas ideale. Per verificarlo, consideriamo un gas ideale A
e un sistema generico B e calcoliamo la variazione di entropia lungo un percorso nel piano
VB TB . Supponiamo di seguire il percorso in condizioni di quasi equilibrio cosı̀ che TA ≃ TB
e PA ≃ PB e quindi anche ∆SB = −∆SA . Dobbiamo verificare che l’integrale
Z
Z
∂U
i
1 h ∂UB
B
dTB +
− P dVB
∆SB = dSB =
TB ∂TB
∂VB
dipenda solo dagli estremi di integrazione nel piano V T . Ma ∆SB = −∆SA e ∆VB =
−∆VA , mentre ∆TA ≃ ∆TB . Quindi ad ogni variazione di VB e TB corrisponde una
variazione di SB opposta a quella di SA che è indipendente dal percorso. Quindi anche
∆SB è indipendente dal percorso e SB è una funzione di stato.
Vediamo che la condizione che l’entropia sia una funzione di stato nel caso di un sistema
generico impone delle condizioni sulla forma della legge di stato. Vediamo infatti che la
condizione di differenziale esatto
∂ 1 ∂U
∂ ∂U
=
−P
∂V T ∂T
∂T ∂V
conduce alla condizione, calcolando esplicitamente le derivate:
∂U
∂P
=T
− P.
∂V
∂T
Vale la pena a questo punto calcolare
esplicitamente l’entropia di un gas ideale. Sfruttando
R T,V
l’indipendenza dell’integrale T0 ,V0 dS dal percorso nel piano T, V , possiamo scomporlo in
due pezzi (T0 , V0 ) → (T, V0 ) e poi (T, V0 ) → (T, V ):
Z T
Z V
′
S(T, V ) = S(T0 , V0 ) +
dS(T , V0 ) +
dS(T, V ′ )
T0
V0
Scrivendo dS = dU + P dV = (3/2)N KdT + (N K/V )dV :
h 3 Z T dT ′ Z V dV ′ i
3
S(T, V ) = S(T0 , V0 ) + N K
=
S(T
,
V
)
+
N
K
+
ln
T
/T
+
ln
V
/V
0
0
0
0
′
2 T0 T ′
2
V0 V
che implica
3
ln T + ln V
+ C(N ).
2
La forma di C(N ) è determinata richiedendo la proprietà estensiva per l’entropia, e cioè,
che se ho due sistemi A e B con identiche proprietà interne (tipo di molecole, densità e
S(T, V, N ) = N K
3
temperatura), deve valere SA∪B = SA + SB , dove SA∪B è l’entropia dei due sistemi messi in
comunicazione. Questo ci dà il risultato che avevamo ottenuto in teoria cinetica imponendo
indistinguibilità delle molecole:
3
ln T + ln(V /N ) + N Kζ ′
S(T, V, N ) = N K
2
Nota. I termini in questa formula non sono ben definiti dal punto di vista dimensionale.
Dalla costante ζ possono essere estratti i termini necessari per rendere l’argomento dei
logaritmi adimensionale. Questo è possibile in maniera univoca invocando la meccanica
quantistica, nel qual caso l’entropia è ottenuta a partire da una partizione dello spazio
delle fasi in cellette di volume ∆x∆v = ~/m:
(mT )3/2 V S(T, V, N ) = N K ln
+ N Kζ.
N ~3
A questo punto, ζ prende le dimensioni di un’energia per grado di temperatura e descrive
un contenuto interno di entropia delle molecole.
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Lavoro massimo
Abbiamo già notato che esprimere l’energia in funzione di entropia e volume, invece che di
temperatura e volume, permette di tenere conto della possibile irreversibilità di un processo
scrivendo il primo principio della termodinamica in forma di una diseguaglianza:
dU ≤ T dS − P dV
Il segno di uguale vale solo nel caso di un processo reversibile. Un’altra situazione in
cui lavorare con le variabili S e V è conveniente è nel calcolo del lavoro massimo che
può essere estratto da un sistema isolato che sta rilassando all’equilibrio. Il fatto che
consideriamo un sistema isolato implica che trascuriamo quella componente di lavoro che
potrebbe risultare ad esempio da una espansione globale del sistema. Ci interessiamo solo
alla componente che risulta dal movimento di parti interne. Il problema coincide pertanto
con il calcolo dell’efficienza di un motore termico che estrae energia dal sistema tramite
una trasformazione ciclica.
Immaginiamo per esempio che nel sistema una parte A è a temperatura TA , una parte
B a temperatura TA con TB > TA , e un’altra parte del sistema compia un ciclo, espandendosi prima isotermicamente a contatto con B, e poi adiabaticamente raffreddandosi a
temperatura TA , eseguendo lavoro nelle due fasi sul motore. Nella fase inversa, il motore
esegue lavoro sul sottosistema che si contrae prima isotermicamente cedendo calore a A e
poi adiabaticamente sino a ritornare nella condizione iniziale a temperatura TA . Questo è
praticamente il ciclo di Carnot, ma il dettaglio del ciclo non è rilevante.
L’aspetto rilevante è che il lavoro estratto è la differenza tra il calore che il sottosistema
ha ricevuto da B e quello che ha ceduto ad A:
∆W = −∆QB − ∆QA
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Notiamo ora che il cambio di energia del sistema è pari al lavoro eseguito sul motore:
∆W = −∆U = Ui − Uf
e che l’energia dello stato finale Uf è una funzione crescente dell’entropia del sistema. Il
lavoro svolto risulta quindi massimo quando l’entropia dello stato finale è minima, cioè se
tutti i processi nel frattempo si svolgono in maniera reversibile. Questo significa imporre
simultanemente:
∆QA,B = TA,B ∆SA,B , e ∆SA + ∆SB = 0.
Sostituendo in ∆W = −∆QB − ∆QA , troviamo il lavoro massimo che può essere estratto
dal sistema
∆W M AX = −(TB − TA )∆SB
Dividendo per il calore perso da B, otteniamo l’efficienza massima
η M AX =
∆W
TA
=1−
.
−∆QB
TB
Nota. Può essere interessante vedere in dettaglio cosa succede in condizioni irreversibili.
In questo caso le variazioni di entropia in A e B non eguagliano quelle nel sottosistema.
Abbiamo per esempio ∆QB < TB ∆SB , dove ∆SB può contenere contributi di riequilibrio interno di B. Nel sottosistema avremo in corrispondenza l’afflusso di calore ∆QSB = −∆QB
e un corrispondente afflusso di entropia ∆SSB = ∆QSB /TSB , con TSB < TB . Una situazione analoga si verificherà durante il contatto con A, nel qual caso TSA > TA . In
generale, in presenza di processio di riequilibrio interno al sottosistema potremmo avere ∆SSA + ∆SSB = ∆SS > 0 e quindi ∆SSA > −∆SSB . Sostituendo nell’espressione
dell’efficienza:
∆W
TSA ∆SSA
TSA
η=
=1+
>1−
∆QSB
TSB ∆SSB
TSB
dove la differenza rispetto al valore η = 1 − TSA /TSB è dovuta al contributo a ∆W da riequilibri interni al sottosistema. Limitandosi a considerare la componente di lavoro dovuta
al raggiungimento dell’equilibrio tra A e B, troviamo quindi
η =1−
TA
TSA
<1−
TSB
TB
L’irreversibilità causata dal fatto che A e B non si trovano alla temperatura del sottosistema
quando vi entrano in contatto fa sı̀ che l’efficienza sia minore che nel caso di un processo
reversibile.
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