Wortschatz SAREBBE STATO MEGLIO FARE L’ARCHITETTO a cura di Dario Robbiani vrei dovuto diventare architetto, invece ho fatto il giornalista. Ma dovevo amare, o quantomeno rispettare l’algebra. Avrei dovuto studiare le funzioni circolari delle parti proporzionali. Ma per imparare le tabelle algebriche bisognava sapere a che cosa servono i logaritmi. L’aritmetica la maneggiavano, l’algebra era ostrogoto. Più tardi, sui cantieri, mi mise in crisi il teodolite. Per me i rilievi erano semplicemente configurazioni del terreno pianeggianti, in salita o in discesa. Non m’interessavano le angolazioni e i rilievi topografici. Così giravo con la biro e il notes, li tenevo sul tavolo inclinato di disegno, scrivevo osservazioni e citazioni. Il regolo l’avevo nel taschino come fosse un pettine sdentato. Oggi, forse, con il computer e il laser, che sono come videogiochi, avrei superato il blocco psicologico e sarei A diventato architetto, ingegnere, geometra o tecnico edile. Invece da mezzo secolo faccio il giornalista, che può essere anche matematico, conoscere il cologaritmo, essere ingegnere informatico, ma non è necessario: basta sia curioso, osservi, registri e abbia il piacere di raccontare, anche quando pochi lo stanno ad ascoltare. Si diventa architetto grazie allo studio, si diventa giornalista per predisposizione. Avvince anche l’immagine letteraria della professione. All’inizio degli anni sessanta, quando mi buttai nella professione, il giornalista era un bel giovanotto, con la scriminatura, fumava sigarette forti (gitanes, parisiennes o nazionali), era attorniato da belle donne (un po’ oche, oggi si chiamerebbero “veline”), dava del tu ai potenti, li minacciava pure (“A noi signor ministro” diceva, intingendo la penna nel calamaio”). Il giornalista del cinema e dei primi telefilm aveva l’aria misteriosa e furbacchiona. In provincia, non era un vero professionista. Era un politico in disarmo, un docente sfaticato, uno scrittore senza lettori. Non si diceva che professava il giornalismo, piuttosto “che scriveva sul giornale” o che “parlava alla radio”. Certamente, era un personaggio, con pochi amici e molti nemici, felicemente sposato, tanti figli e un salario da saltapasti. Più tardi ho imparato che è un mestierante che racconta storie affascinanti o insignificanti, che sentenzia illudendosi di cambiare il mondo. Dovevo studiare l’algebra, imparare a usare il teodolite e fare l’architetto, così avrei costruito muri e modellato il paesaggio. Ma anche il giornalista progetta, disegna, calcola e costruisce, anche se sulla carta e con la sabbia. i logaritmi: die Logarithmen la maneggiavano: hantierten mit ostrogoto: unverständlich (ostgotisch) il teodolite: der Theodolit (Winkelmessinstrument) con la biro e il notes: mit Bleistift und Notizblock il regolo: das Lineal un pettine sdentato: ein zahnloser Kamm il blocco psicologico: die psychologische Hemmschwelle osservi: beobachtet piacere di raccontare: gerne erzählt per predisposizione: aus Veranlagung scriminatura: Mittelscheitel un po’ oche: ein bisschen Gänse (dumm) “veline”: Bezeichnung für Showgirls in einer Sendung des italienischen Fernsehens li minacciava: bedrohte sie intingendo: eintauchend calamaio: Tintenfass furbacchiona: schlau (Schlauberger) un politico in disarmo: Politiker ohne Waffen sfaticato: faulenzender un salario di saltapasti: ein Hungerlohn un mestierante: ein Pfuscher insignificanti: nichtssagende