Lo stile di un gentiluomo
Comincia dalle ragioni del cuore il percorso espositivo “Domenico Massimo Nuzzo. Architettura e
memoria” inaugurato il 18 novembre dall’Ente Mostra di pittura di Marsala. Infatti, le tavole
iniziali, collocate nel porticato dell’ex convento, che riproducono “La vendemmia” e
“Ricostruzione”, dipinti degli anni cinquanta, segnano l’incontro pacifico fra una civiltà imperniata
sulle fatiche campestri e una natura che dona generosamente. Anche se la comparsa di un trattore
annuncia, con puntuale intuizione, l’avvento della tecnica e la sfida scellerata dell’uomo contro la
natura, con sviluppi che oggi ci sconvolgono… le presenze attive, insieme alle forze messe in
campo, sono spinte da un sentimento dominante: l’irresistibile amore per la vita. Contestualmente,
la gioia per lo spettacolo multiforme di madre terra e lo slancio vitale, opportunamente trasferiti nel
pennello, sembrano invitare l’osservatore ad entrare nei luoghi di quegli agri, per condividerne
entusiasmo ed aspettative. Con animo di poeta, libero da preoccupazioni intellettualistiche, pur
dotato di sottile ragionamento, con lo sguardo curioso e prensile, che spazia lontano, così come
viene ritratto, Nuzzo fu, in un tempo in cui il tirocinio in qualsiasi studio non era permesso se non si
era bravo nel disegnare, architetto che dal disegno, e con il saper disegnare, riuscì ad integrare, con
gioiosa felicità inventiva, l’attività di arredatore, di urbanista, di creativo. Un professionista del
bello, insomma. Allora, cosa non ha disegnato nella sua vastissima produzione? Cosa non ha saputo
degnamente dipingere? Quale pagina bianca e superficie piatta lo hanno davvero intimorito? Quali
soluzioni compositive e progetti di pubblica utilità rimasero carenti di funzionalità, o mal si
conciliarono con le parti di una determinata area? In verità, una intenzione istantanea ma lucida,
frutto di una pratica - la tecnica - quotidiana, guida la sua mano, tutta assorbita dal cimento e
noncurante di lasciare il traguardo agli arrivisti. Rapido a dare voce a un segno, a caricarlo ora di
severità ora ad attenuarlo con levità di tocco, come avviene nella ritrattistica, senza falsare la realtà
delle cose, si adagia lungo un asse che comprende osservazioni e verifiche, senza disperdere
essenzialità e semplicità di linee. Le sale messe a disposizione per le sue opere pittoriche, dall’Ente
Mostra di pittura, confermano la qualità del paesaggista che, avvalendosi anche del pastello, coglie
elementi di purezza cromatica, uniti ad originali valenze, così autonomi dalla presa diretta della
realtà sensibile che entrano, questa volta, dentro il visitatore. Sono proprio i piccoli formati ad
accendere la sensibilità di chi guarda, a sollevarci verso dimensioni artistiche, con momenti aurorali
e vespertini, con spiagge invernali frequentate dal vento della solitudine, con angoli di natura
mediterranea. Spazi, movenze e riflessioni interpretati non in chiave banalmente impressionista,
nulla di più estraneo fu in Nuzzo di una pittura epidermica, piuttosto in chiave esistenziale. Che,
poi, il cervello non cedesse alle lusinghe della retina, evitando che l’umile e paziente lavoro del
disegnatore si consegnasse all’ornamento e al suo eccesso, l’orpello, si evidenzia maggiormente
nell’arredamento degli interni. La sobrietà è il principio cardine cui si attenne, e tanto le cose quanto
gli oggetti occupano lo spazio contenuto per quello che in effetti occorre, senza invadenze
improprie né ingombri inutili, e, naturalmente, rispettando l’attitudine al gusto senza lo sfarzo.Come
un antico miniaturista orientale provò piacere a dipingere sull’impiallacciatura dei mobili, con tocco
di originale finezza. Da virtuoso del disegno, capace con qualche goccia d’inchiostro di animare un
foglio bianco, concepì la vita un perfezionamento continuo mediante la chiave di una povera punta
di lapis, sapeva che la misura è stile.
Peppe Sciabica
Marsala 26/XI/2006