Oftalmologia - IAPB Italia Onlus

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AGENZIA INTERNAZIONALE PER LA PREVENZIONE DELLA CECITÀ
SEZIONE ITALIANA
Oftalmologia Sociale – Rivista di Sanità Pubblica
Direttore
Avv. Giuseppe CASTRONOVO
Condirettore
prof. Corrado BALACCO GABRIELI
Capo Redattore
dott. Filippo CRUCIANI
Comitato di redazione
prof. Renato FREZZOTTI
prof. Emilio BALESTRAZZI
prof. Alfredo REIBALDI
prof. Enrico GANDOLFO
prof. Ugo MENCHINI
dott. Mario BROGGINI
prof. Enzo TIOLI
dott. Michele CORCIO
COMITATO SCIENTIFICO NAZIONALE
• prof. Rosario BRANCATO
Direttore Clinica Oculistica Ospedale San Raffaele - Milano
• prof. Mario STIRPE
Fondazione Bietti
Agenzia Internazionale
per la Prevenzione della Cecità
Sezione Italiana
costituita da:
• Unione Italiana Ciechi
• SOI (Società Oftalmologica Italiana)
• prof. Luciano CERULLI
Cattedra di Ottica Fisiopatologica Università di Roma “Tor Vergata”
• prof. Bruno LUMBROSO
Già Primario Ospedale Oftalmico - Roma
• prof. Vito De MOLFETTA
Già Primario Ospedale San Gerardo di Monza
Sede operativa:
Via G. B. Vico,1 - 00196 Roma
Tel.06.36.00.48.95 - 06.36.00.49.29
Fax 06.36.08.68.80
sito internet: www.iapb.it
e-mail: [email protected]
Oftalmologia
Sociale
rivista di Sanità Pubblica
Contributo ordinario
€ 16 annuo
Contributo sostenitore
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Contributo di sostegno da versare sul c.c.p. 24059008 00196 Roma Via G. B. Vico 1, intestato all’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità - Sezione Italiana
Oftalmologia Sociale
rivista di Sanità Pubblica
trimestrale edito a cura dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità (I.A.P.B.) - Sezione Italiana
Anno XXVII N. 1 Gennaio - Marzo 2004
Reg. Trib. Roma N. 16799
Hanno collaborato a questo numero:
R.Frezzotti; A. Labate;
V.Cappello; F. M. Amore;
V. Recupero; A. Mastromatteo;
E. Lombardo; M. Ranieri;
L. Di Genova; E. Moreno;
R. Battendieri; R. H. F. Mendoça;
M. Centola; C. Cofone;
M. L. Livani; S. Abrruzzese;
R. Rispoli; N. Pescosolido;
C. Cantarelli; L. Paffetti;
G. Scarsella; S. Murer
Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità
Sezione italiana
Via G. B. Vico, 1 - 00196 Roma
Tel. 0636004895-0636004929 Fax 0636086880
Grafica: Francesco Vizzani
Stampa: Spedalgraf srl Via dello Scalo Tiburtino, 1 00157 Roma
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EDITORIALE
6
8
In copertina:
Sottoterra blu e verde, olio su tela, Giannelli 1993
UNA HIROSHIMA CULTURALE
DI
R. FREZZOTTI
DI
R. FREZZOTTI
EDGAR LEE MASTER ANTOLOGIA DI SPOON RIVER DIPPOLD L’OTTICO
A PROPOSITO DI...
TALKSHOW E ATTUALITÀ DI SENECA
IL PROGRAMMA VISION 2020
DI
F. CRUCIANI, A. LABATE, V. CAPPELLO
LEGISLAZIONE ITALIANA ED IPOVISIONE
DI
F. CRUCIANI, F. M. AMORE, A. LABATE, V. RECUPEROO
MODIFICAZIONI IPERTENSIVE DEL FONDO OCULARE
DI
23
NEWS DALL’AGENZIA
A. MASTROMATTEO, A. LABATE, V. CAPPELLO
RECENSIONE B. S. EVERITT, CHANCE RULES. AN INFORMAL GUIDE TO PROBABILITY,
RISK, AND STATISTICS
DI
24
NEWS DALL’OFTALMOLOGIA MONDIALE
E. LOMBARDO
INCIDENZA E PROGRESSIONE DELLE MEMBRANE EPIRETINICHE IN 5 ANNI DI STUDIO
DI
A. LABATE, V. CAPPELLO
CECITÀ E MALATTIE OCULARI NEL TIBET
DI M. RANIERI, L. DI GENOVA
LENTE INTRAOCULARE A FISSAZIONE SCLERALE: IMPIANTO PRIMARIO O SECONDARIO?
DI E. MORENO, R. BATTENDIERI
29
LAVORI SCIENTIFICI
Oftalmologia Sociale N.1-2004
UNA NUOVA TECNICA PER LA REGISTRAZIONE DELL’ERG FOCALE
DI R. H. F. MENDOÇA, M. CENTOLA, C. COFONE, M. L. LIVANI, S. ABBRUZZESE, E. RISPOLI
COINVOLGIMENTO DEL TGF-β NELLE PATOLOGIE DELLA RETINA
DI N. PESCOSOLIDO, C. CANTARELLI, L. PAFFETTI, G. SCARSELLA
CHIRALITÀ ED ANESTETICI LOCOREGIONALI IMPIEGATI IN CHIRURGIA OCULARE
DI N. PESCOSOLIDO, S. MURER, L. PAFFETTI
3
EDITORIALE
Una Hiroshima culturale
R. Frezzotti
ntonino Zichichi
in "Panorama"
(1.1.2004) ci ha
ricordato una
battuta di Enrico
Fermi dopo lo
sgancio della atomica: "attenzione
che all'Hiroshima militare non segua
l'Hiroshima culturale". L'articolo si
titola con un "usiamo il cellulare ma
crediamo che il Sole giri intorno alla
Terra". Lo Zichichi si riferisce in
effetti ad un sondaggio al proposito
tenutosi in Francia che ha dato ineffabilmente il 65 per cento di risposte
a "il sole gira intorno alla terra"! Egli
disquisisce sulla Hiroshima culturale, cioè la confusione che si è venuta creando tra scienza (comprensione) e tecnologia (applicazioni), in
realtà - anche se preziose - distanti
e differenti comunque: "la gente
crede che il telefonino sia scienza".
Il lettore di questo periodico si chiederà forse quale sia l'interesse per
la nostra disciplina di quelle riflessioni seppure firmate.
Io le ritengo valutazioni e verità cruciali per il progresso a medio-lungo
termine della disciplina. La oftalmologia moderna nasce con lo spiegel
di von Helmholtz e con il genio e la
formidabile mente analitica e sintetica di von Graefe: con armi di questo genere una coorte di oftalmologi
costruisce gradualmente le nosografie delle patologie oculari, dapprima rudimentali, poi avanzate,
talune compiute, descrivendo le
relative morfologie oftalmoscopiche
A
“
4
e biomicroscopiche, scendendo a
scrutarne e interpretarne le morfologie microscopiche istologiche, spingendosi allora a immaginare, ipotizzare, talvolta descrivere e provare
le responsabilità etiologiche e i
meccanismi fisiopatologici. Si sono
venuti in tal modo predisponendo i
razionali per l'impianto terapeutico
che ha dovuto fare i conti con le
asincronie del progresso dell'asepsi, della anestesiologia, della farmacologia. E' così che è andata
realizzandosi la progressiva costruzione della clinica delle malattie
oculari, che è stata facile e rapida
per le forme infettive (ricordate ad
es. la congiuntivite angolare, b. di
Morax-Axenfeld?) e per le carenziali, meno per le malattie infiammatorie, specie se mediate da meccanismi immunitari, ancor meno e tuttora in stallo o in difficoltà per le
neoformazioni e soprattutto per le
malattie degenerative (ad es. la
cataratta, e poi il glaucoma, la RD,
la ARMD: le cause di cecità dei
paesi industrializzati). Il conseguimento della loro comprensione
sarebbe sul filo di una coerente
continuità.
Il tumultuoso progresso della oftalmologia negli ultimi decenni è stato
un progresso provvidenziale ma in
prevalenza diverso, squisitamente
tecnologico. Molti sono stati gli strumenti anche diagnostici, le procedure e apparecchiature chirurgiche e
parachirurgiche, i farmaci, in parte
invero sintomatici, con molecole
talune innovative e importanti ma anche
con multipli
replicativi delle
precedenti.
Una formidabile dovizia di
"utilities" negli
a p p r o c c i
semeiologici
diagnostici e in quelli terapeutici, il
bilancio è però significativamente
più povero circa la esplorazione del
non noto e le acquisizioni della
grande conoscenza (fatta salva la
miliare valenza della FAG).
Non vi è misoneismo in queste
riflessioni. Saremmo degli sciocchi
se non avessimo presente che tutto
ciò che è venuto dopo la pilocarpina
cloridrato ha ridotto di molto il
numero delle chirurgie antiglaucomatose. Personalmente inoltre sarei
dolosamente incongruente se, operato di cataratta da un lato poi dall'altro, con visus naturale di dieci
decimi qui e là, non apprezzassi il
valore della moderna chirurgia
(avendola per di più estesamente
praticata). Congiunturalmente,
ancora a maggior ragione, in ambito
sociale ove per gli input del contenimento della spesa la perfezione
tecnica deve controbilanciare il
rischio della carenza di controllo del
postoperatorio ("meno ospedali e
più Hi-Tech" dice il ministro Sirchia).
Molte sono le cause di questa
opzione per la tecnologia e il paral-
Zichichi disquisisce sulla Hiroshima culturale,
cioè la confusione che si è venuta creando
tra scienza (comprensione) e tecnologia (applicazioni)
”
Oftalmologia Sociale N.1-2004
EDITORIALE
lelo abbandono di più impegnative
ricerche: di certo in primis la generale e prorompente esplosione di
tutto ciò che è tecnologia, ma
secondariamente la facilità alla
autoreferenzialità nei risultati e la
fattibilità del tradurre in profitto questi risultati, idonei a calarsi come
sono nel mercato; di conseguenza
l'essere una attività, per gli attori,
più direttamente appagante e premiante, in tutti i sensi. Infine la istituzionale promozione, negli assetti
assistenziali, di modelli operativi
che privilegiano protagonisti solisti,
rendendo del pari difficile la sopravvivenza o la creazione di teams di
competenze interdisciplinari composite, idonee ad affrontare progetti di
ricerca "difficili"; complementarmente la intenzionale privilegiante attenzione dei centri al reclutamento di
patologie di massimo rendimento
economico sia per i numeri che per
la modularità del trattamento. Anche
per il valore economico delle speculazioni scientifiche come dell'offerta
assistenziale potrebbe valere il
"pochi - meglio se non pochi - maledetti e subito".
Portano a queste considerazioni
incongruenze che tutti abbiamo
sotto gli occhi. E' oggi vivace ad es.
l'attenzione ai problemi della neo
coniata farmacoeconomia e si
disquisisce ad es. sui costi per la
società di un trattamento esteso
con un farmaco versus quelli con
un altro farmaco, ma circa i numeri
delle prevalenze e delle incidenze
della inerente patologia si devono
adottare grandezze a stima perché
ahimè mancano indagini epidemiologiche (salvo che non esistano
"top secret" in qualche dove). Le
ricerche epidemiologiche sono
molto costose e faticose e sono un
prodotto negoziabile con difficoltà.
Chi segue ciò che avviene in ambito oncologico osserva che chirurghi
di razza hanno dovuto aprirsi a parlare il linguaggio della biologia
molecolare, degli anticorpi monoclonali, della PET, ecc. e che si volgono a guardare al futuro della
postgenomica e della farmacogenomica. Altro settore disciplinare che
è ammirevole ed entusiasmante
Oftalmologia Sociale N.1-2004
“
Il tumultuoso progresso
della oftalmologia
negli ultimi decenni
è stato un progresso
provvidenziale ma
in prevalenza diverso,
squisitamente tecnologico
”
cantiere di ricerca è quello delle
malattie neurodegenerative (Parkinson, Alhzeimer, Hungtinton, Charcot, ecc.), patologie i cui meccanismi etiopatogenetici tra l'altro
potrebbero essere modelli "comparati" e comparabili con quelli di talune nostrane otticopatie, anche la
glaucomatosa.
Non credo si sia troppo in errore
supporre che alla ricerca volta ad
una comprensione esauriente e
definitiva dei meccanismi etiopatogenetici di malattie come il glaucoma primario ad angolo aperto, la
degenerazione maculare legata
all'età, la retinopatia diabetica, negli
ultimi venti trenta anni, siano state
dedicate risorse umane ed economiche nell'ordine di meno della centesima parte di quelle impiegate
nello sviluppo e la produzione di farmaci innovativi (per il glaucoma
"solo" ipotonizzanti), di laser svariati, di agenti fotosensibilizzanti, ecc.,
nonché degli analoghi plurimi nella
gare concorrenziali tra le multinazionali. Viene voglia di spingersi tuffo nell'assurdo - a chiedersi come
i più dei non molti super giganti planetari dell'industria e la legge del
marketing vedrebbero la ipotesi di
una organizzata e strenua ricerca
per una cura medica o una profilassi della cataratta senile, ove queste
fossero immaginabili.
5
Edgar Lee Masters
Antologia di Spoon River
Dippold the Optician
What do you see now?
Globes of red, yellow, purple.
Just a moment! And now?
My father and mother and sisters.
Yes! And now?
Knights at arms, beautiful women, kind faces.
Trys this.
A field of grain – a city.
Very good! And now?
A young woman with angels bending over her.
A heavier lens! And now?
Many women with bright eyes and open lips.
Trys this.
Just a goblet on a table.
Oh I see! Try this lens!
Just an open space – I see nothing in particular.
Well, now!
Pine trees, a lake, a summer sky.
That’s better. And now?
A book.
Read a page for me.
I can’t. My eyes are carried beyond the page.
Try this lens.
Depths of air.
Excellent!And now!
Light, just light making everything below it a toy wordl.
Very well,we’ll make the glasses accordingly.
6
Oftalmologia Sociale N.1-2004
Questa poesia è dedicata a chi quotidianamente è impegnato nella
monotona e spesso sfiancante
misurazione della vista, quando non
è raro schermarsi da violente interferenze soggettive.
Perché non poter immaginare di fornire alla mente degli occhiali per
una realtà sognata e non "drogata"?
Dippold, l’ottico
Che cosa vedi adesso?
Globi di rosso, giallo, porpora.
Un momento. E adesso?
Mio padre, mia madre e le mie sorelle.
Sì. E adesso?
Cavalieri in armi, belle donne, visi gentili.
Prova questa.
Un campo di grano – una città.
Benissimo! E adesso?
Una donna giovane ed angeli chini su di lei.
Una lente più forte. E adesso?
Molte donne dagli occhi vivi e dalle labbra schiuse.
Prova queste.
Soltanto un bicchiere su un tavolo.
Oh, capisco! Prova questa lente!
Soltanto uno spazio vuoto – non vedo nulla in particolare.
Bene, adesso!
Pini, un lago, un cielo d’estate.
Questa va meglio. E adesso?
Un libro.
Leggetemi una pagina.
Non posso. Gli occhi mi sfuggono di là dalla pagina.
Prova questa lente.
Abissi d’aria.
Ottima! E adesso?
Luce, soltanto luce che trasforma tutto il mondo in giocattolo.
Benissimo, faremo gli occhiali così.
Oftalmologia Sociale N.1-2004
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A PROPOSITO DI...
Talkshow e attualità di Seneca
R. Frezzotti
eneca il Giovane
nel "De Beneficiis"
scriveva: "E allora,
perché al medico e
al precettore sono
debitore di qualcosa di più e anche pagandoli resto
ancora in debito ? Perché essi si
trasfor mano in amici e noi non
restiamo obbligati per le prestazioni
professionali - che paghiamo - ma
per la benevolenza e affettuosa
disposizione nei nostri riguardi... Se
il medico non fa altro che... io non
gli sono debitore di nulla, poiché in
me non vede un amico, ma solo un
cliente".
S
Le parole di Seneca sedimentate
nella nostra memoria hanno innescato in noi un curioso corto circuito
di idee. Occasionalmente. E' appunto da premettere che ci stiamo
assuefacendo a vedere dibattere i
problemi più scottanti del paese nei
talkshow, ove benevolmente inossidabili talkmen pare si prendano
carico della risoluzione. Nelle rituali
ambientazioni salottiere (che in
realtà sono talvolta delle gogne
preilluministiche, pre-Beccaria)
cominciamo a vedervi dibattere,
come è successo di recente, anche
problemi medici oculistici gestiti da
conduttori, dal taglio un pò circense,
un poco annoiati, quasi per una
dappochezza delle tigri.
Tutto ciò ci ha dato lo spunto a
responsabili riflessioni. Non tanto
sul trionfo di quella medicina miracolistica che in nome delle tecnolo-
gie avanzate tutto potrebbe e mai
fallirebbe, e che non è solo una
ingenua esaltazione di entusiastici
stati d'animo alla "Ballo Excelsior",
ma è il prodotto promozionale di
parti interessate ed è per contro il
fallimento di una corretta informazione scientifica e sanitaria, che
spieghi cosa è una medicina sostenibile e abbia compreso che la clinica è una area scientifica, forse
meglio una pratica basata su scienze, necessariamente diversa e priva
delle assolutezze della meccanica
celeste o della geometria euclidea.
Una corretta ed equanime informazione che oltre tutto e soprattutto
sappia distinguere e sappia mantenere la distinzione tra professionalità corretta e "malpractice", nella
nozione inoltre delle rispettive significative quote percentuali.
La riflessione più importante ed
equilibrata che a nostro parere
viene destata è quella sulla evoluzione della attuale considerazione
della attività medica in ambito etico
e sociale. Potrebbe darsi che a tutti
noi, completamente assorti e catturati dalle reti di Circe del quotidiano,
chi da affascinanti problemi di ricerca, che distaccano i piedi da terra,
chi dall'indulgere alle lusinghe del
tecnologismo, virtù che degenera in
un perfezionismo edonistico ma
miope, a tutti noi ripeto, potrebbe
darsi sia sfuggita la evoluzione
attuale del concetto di malattia e del
suo contrario. Non ce ne erano
invero mancati indizi chiari: a parte
la teoresi della "tutela e danno alla
Caro Dott. Cruciani, tenuto al corrente da Caporossi ho visto la mattanza del Costanzo show,
poi ho incontrato tre giorni fa Balestrazzi, infine
ieri ho letto il comunicato SOI-Piovella:
non mi è stato possibile trattenermi.
Ho esondato, con l'allegato mio elzeviruzzo.
La ringrazio della Sua recente cortese e-mail:
è vero che è donchisciottesco non lasciarsi
8
salute"
d e l l e
scuole
medicolegali italiane, non
basterebbe forse
da sola la
vistosa
variazione
di denominazione del nostro competente
Ministero?
L'uomo moderno non si contenta
più di solo evitare e curare la malattia, vuole la salute, anzi, di più vuole
un benessere psicofisico che consideri oltre se stesso gli ambiti circostanti, olisticamente comprendenti
aspetti e condizioni svariate, eterogenee, complesse, forse ancora
vaghe, ma certo culturali, sociali,
psicologiche, comunicazionali.
A farla breve, non ci siamo forse
accorti che i nostri pazienti accettano al limite anche l'insuccesso, consapevoli per una saggezza atavica
della relatività delle certezze, tollerano anche una ragionevole misura
di mercantilismo nella secolare transazione "onorario-contro-prestazione", avvezzi ai cachet di personaggi, palleggiatori, nani e ballerine,
non tollerano invece la mancanza di
colloquio con il medico con il quale
vorrebbero parlare prima e di più
dopo l'atto medico, come se questi
fosse un amico al quale chiedere
empatia e con il quale aprirsi dei
timori, delle incertezze, dei rischi,
travolgere dalle globalizzate devianze,
tanto generalizzate da ottundere la sensibilità
e il senso del giusto in tanti. Ma è inaccettabile
assistere a una guerra a colpi di avidità, supponenza, auditel e iattanza, a devastare il nostro
bellissimo mestiere di tanto spessore professionale e umano.
Mi sopporti, cordialità, Renato Frezzotti
Oftalmologia Sociale N.1-2004
A PROPOSITO DI...
degli inconvenienti, degli insuccessi.
Un vecchio medico umanista avrebbe considerato con acume psicologico, affettuoso e attento, la consistenza delle istintive aspettative
della gente con le quali questa
guarda atti medici che intuisce
essere assai differenti, dalla PRK
per una miopia lieve al trattamento
tentativamente conservativo di un
retinoblastoma. Ne avrebbe tenuto
gran conto, nell'impegno sostanziale e nei compimenti formali.
Ma il medico umanista dei tempi
andati era interessato all'uomo, il
che, come anche il recupero della
clinica sulla tecnica, non è una
nostalgia della medicina del passa-
to: sono precise esigenze postmoderne delle quali non tutti ancora
hanno percepito la attualità.
L'essenziale lo aveva nitidamente
compreso Seneca duemila anni fa.
Malauguratamente sembra non vi
siano nello scenario oggi nè anchormen nè altri attori ritagliati sulla sua
grande maturità etica e culturale.
Teophrast von Hohenheim
detto Paracelso
Einsiedeln 1493 - Salisburgo 1541
Medico, naturalista e filosofo.
Insegnò medicina all'università di
Basilea, ma fu costretto a causa dei
contrasti con i colleghi e con i farmacisti ad abbandonare la città.
Fu designato dai suoi contemporanei come il "Lutero dei medici".
La sua opera è stata determinante
nell'evoluzione del pensiero medico, specie in Germania.
probi si riconoscono dallo spirito di
carità e dal fatto che non rinnegano
l'amore verso il prossimo; i reprobi,
invece -…- non avendo seminato
nulla, rasano via tutto e sono come
lupi rapaci… Nessuno si sorprenda
che in medicina io non apprezzi il
tornaconto personale. Io so, infatti,
che esso è a tal punto rovinoso che
le arti ne sono adulterate e volte unicamente a ben apparire per essere vendu-
te, ciò che senza falsificazione non può
accadere, la quale falsificazione
compor ta il traviamento di ogni
cosa.
"Ma perché nella medicina si è
immischiata tanta gente inutile, la
quale prende in considerazione
ricerca solo il privato tornaconto?...”
Paracelso
ALCUNE RIFLESSIONI TRATTE
DAGLI SCRITTI DI PARACELSO
"Devo riconoscere che non sono
capace di soddisfare ed esaudire i
desideri di chicchessia in quel
modo certo e preciso che ciascuno
vorrebbe da me, che non lo posso
fare e non è nelle mie facoltà. Dio
non ha creato la medicina in modo
tale che essa agisca e proceda
esattamente come ciascuno vuole.
Che ci posso fare se Dio non vuole
concedere né dare alcunché a tali
uomini?…"
"Ditemi una cosa: la medicina si
trova solo nelle erbe, nel legno e
nelle pietre oppure anche nelle
parole? Vi voglio dire cosa sono le
parole. Che cos'è che la parola non
può fare?…"
Quindi dobbiamo sapere che vi
sono due specie di operatori sanitari, quelli che agiscono in modo
caritatevole, e quelli che agiscono
per il loro tornaconto. Gli uni e gli
altri si riconoscono dalle opere: i
Oftalmologia Sociale N.1-2004
9
A PROPOSITO DI...
Il programma Vision 2020
F. Cruciani, A. Labate, V. Cappello
Università degli Studi “La Sapienza” -Roma- Dipartimento di Scienze Ofalmologiche Dir. Prof. C. Balacco Gabrieli
Tra i compiti istituzionali della
Sezione Italiana per la Prevenzione
della Cecità figura
l'impegno di combattere la cecità
nei Paesi in via di sviluppo
L'art 4 al punto H recita testualmente : "promuove ed attua iniziative volte alla prevenzione della
cecità nei Paesi particolarmente
disagiati, nell'ambito dei programmi
della IAPB e dell'Organizzazione
Mondiale della Sanità, dandone
comunicazione ai ministeri della
Salute e degli Affari Esteri".
Nell'ultima riunione del Direttivo si
è discusso su questo punto.
Esistono proposte concrete.
Una è quella di farsi carico, finanziandolo, di un "Programma di assistenza ai bambini ipovedenti e di
prevenzione della cecità infantile"
dell'Associazione CBM (Missioni
Cristiane per i Ciechi nel MondoChristian Blind Mission International), da attuarsi a Kinshasa, nella
Repubblica Democratica del
Congo. La durata prevista è di 12
mesi, nel periodo Gennaio-Dicembre 2004.
Per la realizzazione del programma
sono necessari circa 260.000 euro.
Lo scopo del programma è quello
di migliorare le condizioni di salute
e di vita dei bambini di Kinshasa e
delle zone limitrofe, dando accesso
a tutti a cure mediche oftalmiche di
qualità.
Un 'altra è quella di realizzare una
stretta collaborazione con il Ministero della Salute dello Yemen e
con gli oculisti che vi lavorano, nell'ambito dei rapporti già esistenti e
molto stretti tra associazioni mediche italiane e yemenite. Nel corso
della Fourth Yemeni Italian Medical
Conference, svoltasi a Sana'a dal
18 al 20 gennaio 2004 si è discusso con il Minister of Public Health
And Population, prof. Mohammed
Yahia Al Noami su eventuali collaborazioni nell'ambito del programma 2020.
In Italia il problema della cecità
nei paesi più poveri è molto sentito.
Molti oculisti italiani, da tempo, passano le loro ferie lavorando in queste realtà. E' bene che queste iniziative non vadano disperse, ma
abbiano sempre un maggior impulso proprio dalla IAPB Italia.
Che cos'è?
Vision 2020 - The Right to Sight - è
un progetto globale a cura di "The
International Agency for Prevention
of Blindness" (IAPB) per combattere la cecità.
E' un'iniziativa che mira a eradicare
la cecità eliminabile in collaborazione con l'Organizzazione Mondiale
per la Sanità (WHO) e con più di 20
organizzazioni non governative
coinvolte nella cura, prevenzione e
management della cecità.
In termini pratici, Vision 2020 si
prefigge di scongiurare la cecità in
100 milioni di persone nei prossimi
20 anni.
E' un'iniziativa che l'Organizzazione
Mondiale della Sanità considera tra
gli interventi più impellenti e più
importanti da perseguire nell'ambito
della Sanità Pubblica.
E' un programma ambizioso, al limite dell'utopia. Ma senza una forte
dose di ottimismo non è possibile
intraprendere tali progetti complessi.
Perché una tale iniziativa?
Ogni 5 secondi nel mondo una persona diventa cieca; e - dato ancora
più inquietante - ogni minuto un
10
Oftalmologia Sociale N.1-2004
A PROPOSITO DI...
bambino perde la vista.
Nel mondo si stima che i ciechi
siano 45 milioni.
Ogni anno questo numero aumenta
di 1 o 2 milioni circa.
Più di 2 casi su 3 sono suscettibili
di trattamento medico o chirurgico,
o, comunque, di prevenzione.
La maggior parte dei ciechi vive
nelle regioni più povere dei paesi in
via di sviluppo.
Senza interventi mirati il loro numero aumenterà fino a raggiungere i
75 milioni nel 2020.
L'assistenza ai ciechi ed agli ipovedenti è uno degli interventi più
costosi nelle spese per la salute.
Quali sono gli obiettivi di Vision
2020?
Possono essere così sintetizzati:
- facilitare la cura degli occhi in particolar modo nelle aree non privilegiate;
- formare personale specializzato
nella cura degli occhi;
- implementare programmi specifici
per controllare le maggiori cause di
cecità.
E le attività specifiche?
- Intensificare gli interventi chirurgici per la cataratta che attualmente
risulta essere una delle maggiori
cause di cecità;
- programmare interventi di correzione dei vizi refrattivi, in particolar
modo nei bambini in età scolare;
- facilitare la prevenzione e il trattamento di deficit nutrizionali, causa
di cecità nell'infanzia.
Qual è l'approccio di Vision
2020?
- Identificare le comunità con alta
frequenza di cecità;
- iniziare ad istituire servizi oftalmici
ad alta qualità con le risorse disponibili.
I cardini del programma:
- Personale specializzato: oftalmologi, assistenti oftalmici, infermieri,
ottici.
- Organizzazioni non Governative
Nazionali e Internazionali
- Ministeri Nazionali della Salute e
Dipartimenti di Servizi Sanitari.
Tutti questi organismi sono rappresentati nella IAPB, che ha formato
una Task Force esecutiva per collaborare con la WHO ed implementare Vision 2020.
Nei prossimi 5 anni Vision 2020
mira a raggiungere 1 milione di persone tra le più povere nel mondo.
Per fare ciò c'è bisogno ogni anno
di più di 1 milione di dollari in
aggiunta ai contributi governativi.
Quali sono le principali cause di
cecità?
La cataratta è una delle maggiori
cause di cecità nel mondo, in particolar modo in molti paesi dell'Africa
e dell'Asia, dove è causa di cecità
nella metà della popolazione.
I tipi principali di cataratta sono:
congenita, traumatica, ma soprattutto senile.
Il numero di casi di cataratta è in
forte aumento in relazione alla
maggiore speranza di vita.
Il trattamento della cataratta è chirurgico ed è molto efficace nel ripristinare un'ottima visione.
Vision 2020 si propone quindi di
selezionare tra la popolazione i casi
di cataratta che necessitano di
intervento chirurgico - in particolare
i pazienti con cataratta bilaterale -,
e formare in loco sempre nuovo
personale chirurgico in modo da
abbattere i costi e le distanze.
E' necessario inoltre coordinare
organizzazioni governative e non
governative per proporre nuove
tecnologie in grado di contrastare
la cataratta.
Global cataract prevalence targets 1990-2020
Year
Population
(millions)
1990
1995
2000
2010
2020
Projected no. cataract
blind at 1995 service
level (millions)
No. cataract
blind (millions)
Prevalence cataract
blindness (%)
16.0
20.0
25.0
35.0
50.0
16.0
20.0
15.0
7.0
0
0.3
0.35
0.25
0.10
0
5400
5700
6100
6800
7800
Target
Global cataract surgical rate targets 1995-2020
Year
Global cataract surgical rate
(cataract operations/million population/year)
Global no. of cataract operations
(millions)
1995
2000
2010
2020
1100
2000
3000
4000
7.0
12.0
20.0
32.0
Oftalmologia Sociale N.1-2004
11
A PROPOSITO DI...
Il tracoma è una delle malattie più
antiche, responsabile attualmente
del 15% dei casi di cecità nel
mondo, in particolare in Africa.
I ciechi per tale affezione sono circa
6 milioni e si stima che ci siano 146
milioni di casi che necessitano di
trattamento medico.
Dopo anni di infezioni ripetute, la
congiuntiva palpebrale può essere
interessata in maniera così severa
da provocare gravii danni corneali.
Queste alterazioni portano col passare degli anni, se non trattate, a
cecità.
Vision 2020, in collaborazione con
la WHO, mira alla prevenzione e
cura del tracoma attraverso la strategia SAFE, che utilizza antibiotici,
nuovi trattamenti, pulizia del viso e
igiene ambientale e personale.
Global trachoma targets for cases of trichiasis and active infection, 1995-2020
Year
Total population
(millions)
No. with trichiasis (TT)
(millions)
No. with active disease (TF)
(millions)
1995
2000
2010
2020
5700
6100
6800
7800
10.0
10.0
5.0
0
146.0
120.0
60.0
8.0*
* This equivalent to prevalence of TF of 5% in the at-risk population of 800 million, of whom 160 million would be
children aged 0-10 years.
Cumulative numbers of countries for implementation of the SAFE strategy in 49 countries* with blinding trachoma,
1995-2020
Year
WHO Region
Eastern
African
South-East Asia
Americas
Mediterranean
and Western Pacific
1995
2000
2010
2020
0
5
7
10
0
10
20
30
0
3
5
7
0
1
2
2
* See WHO report on "Planning for the Global Elimination of Trachoma (GET)" - document WHO/PBL/97.60.
L'oncocerchiasi è una delle maggiori cause di cecità in Africa Centrale e Occidentale. È anche detta
"cecità dei fiumi" in quanto la mosca
nera, che trasmette la malattia, vive
in aree fertili lungo i fiumi, aree che
spesso restano disabitate proprio a
causa della paura del contagio.
Questo fattore ha largamente ridotto
la produttività di queste aree fertili.
L'oncocerchiasi può essere trattata
con una dose annuale di Mectizan,
e Vision 2020, con la WHO, l'UN
Agency, e la World Bank sta cercando il modo di combattere questo
problema attraverso la bonifica delle
aree malsane e implementando il
programma di controllo per l'Oncocerchiasi.
12
Oftalmologia Sociale N.1-2004
A PROPOSITO DI...
Target
2000
2010
2020
25 countries
37 countries
37 countries
Surveillance
systems being
established
Surveillance
systems in place
No new
cases in all
National onchocerciasis
control programme with
satisfactory coverage in
onchocerciasis-blinding areas
Incidence of blindness
from onchocerciasis
countries
La cecità è un problema che colpisce 1,5 milioni di bambini del mondo,
soprattutto in Africa e Asia. Questo
tipo di cecità è causata soprattutto da
condizioni che portano a patologie
corneali, come congiuntiviti del neonato, infezioni ricorrenti e carenza di
vitamina A. Quest'ultima, che dà
xeroftalmia, è la maggiore causa di
cecità nell'infanzia. Si stima che:
Target
Surveillance system
2000
2010
Being established
In place
in all countries
Maintenance as needed
in selected countries
?
Nil in all
countries
Nil in all countries
except disaster situations
Le patologie evitabili chirurgicamente per controllare la cecità nei
bambini sono la cataratta, il glauco-
ma e la retinopatia del prematuro
(ROP). Soprattutto nei paesi in via di
sviluppo c'è quindi necessità di centri
Population aged 0-15 years (millions)
1995
2000
2010
2020
Oftalmologia Sociale N.1-2004
34% nelle aree con deficienza di
Vitamina A.
Vision 2020 punta ad identificare le
aree a maggior rischio, e ad incoraggiare misure preventive attraverso
immunizzazioni, educazione nutrizionale, supplemento di Vitamina A,
monitoraggio dell'uso dell'ossigeno
nel prematuro e attraverso un'educazione visiva soprattutto nelle scuole.
1995
Incidence of blindness
Year
- 250 milioni di bambini in età pre
scolare soffrano di carenza di Vitamina A,
- ogni anno 350.000 bambini diventino ciechi,
- e sempre annualmente ne muoiano
2 milioni per questo motivo.
Al costo di soli 5 centesimi di dollaro
a dose di Vitamina A, si potrebbe
ridurre la mortalità dei bambini del
1800
2000
2200
2500
per la diagnosi, la cura e la prevenzione di queste patologie a livello
locale e regionale.
Number of blind children
Projected
(millions)
Target
(millions/prevalence)
1.45
1.60
1.80
2.00
1.45 (0.8/1000)
1.40 (0.7/1000)
1.20 (0.5/1000)
1.0 (0.4/1000)
13
A PROPOSITO DI...
Ci sono poi gli errori refrattivi che
portano a cecità nel 12% dei
pazienti e a ipovisione nel 35%
della popolazione mondiale. La
metà dei bambini negli Istituti per
ciechi in Africa devono la loro cecità
ai mancati controlli dell'acuità visiva.
Questa situazione è dovuta ad una
carenza di personale adeguato che
individui eventuali vizi refrattivi e
provveda alla loro correzione.
Vision 2020 si propone di affrontare
queste problematiche a bassi costi,
permettendo ai bambini con vizi
refrattivi di essere integrati in scuole
Target
regolari piuttosto che in scuole per
ciechi.
Le risorse umane di Vision 2020:
La Primary health care (PHC) è un
concetto fondamentale del WHO
per incrementare il fattore salute. Le
maggiori attività del PHC che mirano alla prevenzione e al controllo
delle maggiori patologie che portano a cecità sono:
- immunizzazione,
- miglior nutrizione,
- programmi per l'acqua e per la
sanità,
2000
Ophthalmologists per population:
Sub-Saharan Africa
1:500 000
Asia
1:200 000
Target
2000
OMAs or eye nurses per population
Sub-Saharan Africa
1 : 400 000
Asia
1 : 200 000
Target
Proportion of medical schools
Teaching basic eye care
Il target sarebbe di garantire un
oftalmologo e un'infermiera ogni
200.000 persone, aggiungendone
14
- controllo delle comuni patologie
endemiche e epidemiche,
- educazione alla salute,
- supplemento dei farmaci essenziali,
- trattamenti semplici,
- controllo della salute nei bambini
piccoli e nelle donne in gravidanza.
Per attuare il programma Vision
2020 sarebbe opportuno istituire un
ambulatorio oftalmologico, centri
attrezzati per la chirurgia, aumentare la qualità e la prorduttività dei
centri già esistenti e istruire, formare e motivare personale qualificato.
2010
2020
1:400 000
1:100 000
1:250 000
1:50 000
2010
2020
1 : 200 000
1 : 100 000
1 : 100 000
1 :50 000
2000
2010
2020
50%
90%
100%
uno per ogni aumento di 100.000
persone.
Si dovrebbero anche includere ele-
menti più approfonditi di oftalmologia nel corso degli studi generali di
Medicina e Chirurgia.
Oftalmologia Sociale N.1-2004
A PROPOSITO DI...
Legislazione italiana
ed ipovisione
F. Cruciani, F. M. Amore, A. Labate, V. Recupero
Università degli Studi “La Sapienza” -Roma- Dipartimento di Scienze Ofalmologiche Dir. Prof. C. Balacco Gabrieli
el nostro Paese,
nel corso delle ultime legislature, si è
assistito ad una
tale produzione di
leggi, in materia
d’Invalidità Civile, che ha provocato
non poche difficoltà nella loro interpretazione ed applicazione sino ad
arrivare a vere e proprie contraddizioni.
Eppure la loro esatta conoscenza è
fondamentale per l'operatore sanitario
nell'esercizio della propria professione. Egli non può esimersi dalla loro
conoscenza potendo arrecare danni
al paziente stesso oppure al Sistema
sociale.
L'oftalmologo in particolare, nella sua
attività sia in ambito privato che pubblico,
- è chiamato frequentemente, a fornire una certificazione sullo stato anatomo-funzionale dell'apparato oculare
di un soggetto,
- si sente rivolgere domande su possibili vantaggi economico-sociali per
l'handicap visivo,
- deve inviare un minorato visivo
verso strutture di riabilitazione.
N
Definizione e quantizzazione
del deficit visivo
La legislazione italiana in materia di
criteri di valutazione della cecità civile
ha, sino ad oggi, fatto riferimento - ed
“
in pratica continua a farlo - alla legge
27 maggio 1970 n. 382. Essa regola
le provvidenze per la menomazione
visiva, congenita o acquisita, non
dovuta a causa di guerra o di infortunio sul lavoro o a causa di servizio.
Prevede tre specifiche categorie di
ciechi civili:
1 CECITA’ ASSOLUTA:
a) non percezione luce in entrambi gli
occhi
b) mera percezione della luce nell'occhio migliore
c) motu mano (percezione del movimento) nell'occhio migliore, non
migliorabile con lenti. (in base alla circolare del Ministero del Tesoro n° 14
del 28.9.94 il motu mano è da considerarsi sovrapponibile alla percezione
luce).
2 CECITA’ PARZIALE:
a) visus nell'occhio migliore non superiore ad 1/20 con correzione;
b) visus nell'occhio migliore superiore
ad 1/20 e inferiore ad 1/10 con correzione.
Tale legislazione valuta la funzione
visiva sulla base della sola acuità visiva, unico parametro da considerare al
fine di definire un soggetto cieco o
ipovedente. In particolare non prende
in considerazione un'altra variabile
molto importante - se non più importante -, le riduzioni campimetriche.
In effetti, la legislazione italiana, sia
pure in modo non appropriato, già
considera e considerava il parametro
campo visivo. Il D.M. Sanità del
5.2.1992 valuta così il restringimento
concentrico del campo visivo residuo:
1. fra 10°- 30° in entrambi gli occhi =
31% - 41% di invalidità
2. inferiore a 10° in entrambi gli occhi
= 80% di invalidità.
E' chiaro che nella stesura di una certificazione l'oculista si trova nella
necessità di dare una valutazione utilizzando una misurazione molto
approssimativa che risente di un
numero enorme di variabili. Il limite
classico di 1/20 tra cecità ed ipovisione, che stabilisce provvidenze differenti, può variare non solo da oculista
a oculista, ma anche da esame a
esame. Per contro la quantizzazione
minima di un visus (esempio, lo scrivere conta delle dita oppure - come
capita spesso di osservare - 1/100 o
1/60) fa sì che ad un soggetto non
venga riconosciuta l'indennità di
accompagno.
Inoltre c'è la necessità di utilizzare
test eminentemente soggettivi con la
reale possibilità di scarsa collaborazione del paziente. Infatti, condizioni
individuali particolari e la consapevolezza di un vantaggio economicosociale fanno sì che l'accentuazione
di un difetto visivo sia un comportamento che si verifica non raramente.
L'avvento della Legge n. 138/2001
In Italia esiste un tale groviglio legislativo
in materia di invalidità civile,
da creare non poche difficoltà interpretative ed applicative
Oftalmologia Sociale N.1-2004
”
15
A PROPOSITO DI...
ridefinisce le varie forme di minorazioni visive utilizzando non solo l’acuità
visiva come elemento semiologico
valutativo, ma anche, conferendole la
dovuta importanza, le alterazioni
campimetriche.
L'approvazione di tale legge è stata
una vittoria dell'Unione Italiana dei
Ciechi (UIC) e delle associazioni degli
oftalmologi. Un ricordo particolare va
al compianto prof. Mario Zingirian,
che tanto si è prodigato.
Va però subito segnalato un limite
della legge: la riclassificazione dei
deficit visivi non modifica la vigente
normativa in materia di prestazioni
economiche ma riguarda il riconoscimento dei requisiti sanitari cui sono
legate prestazioni assistenziali.
Essa distingue le seguenti categorie
per il danno funzionale visivo:
1. CIECHI TOTALI (art 2):
a) coloro che sono colpiti da totale
mancanza della vista in entrambi gli
occhi;
b) coloro che hanno la mera percezione dell’ombra e della luce o del
moto della mano in entrambi gli occhi
o nell’occhio migliore;
c) coloro il cui residuo perimetrico
binoculare è inferiore al 3%
2. CIECHI PARZIALI (art.3):
a) coloro che hanno un residuo visivo
non superiore a 1/20 in entrambi gli
occhi o nell’occhio migliore, anche
con eventuale correzione;
b) coloro il cui residuo perimetrico
binoculare è inferiore al 10%.
3. IPOVEDENTI GRAVI (art.4):
a) coloro che hanno un residuo visivo
non superiore a 1/10 in entrambi gli
occhi o nell’occhio migliore, anche
con eventuale correzione;
b) coloro il cui residuo perimetrico
binoculare è inferiore al 30%.
4. IPOVEDENTI MEDIO-GRAVI
(art.5):
a) coloro che hanno un residuo visivo
non superiore a 2/10 in entrambi gli
occhi o nell’occhio migliore, anche
con eventuale correzione;
b) coloro il cui residuo perimetrico
binoculare è inferiore al 50%.
5. IPOVEDENTI LIEVI (art.6):
a) coloro che hanno un residuo visivo
non superiore a 3/10 in entrambi gli
occhi o nell’occhio migliore, anche
con eventuale correzione;
b) coloro il cui residuo perimetrico
binoculare è inferiore al 60%.
LEGGE 138/2001
CIECHI TOTALI
Non P.L.-M.M.
CV<3%
CIECHI PARZIALI
VOO<1/20
CV<10%
IPOVEDENTI GRAVI
VOO<1/10
CV<30%
IPOVEDENTI MEDIO-GRAVI
VOO<2/10
CV<50%
IPOVEDENTI LIEVI
VOO<3/10
CV<60%
In conclusione, la Legge 138/01
supera il “dogma” dell’acuità visiva
come unico parametro clinico per
definire un soggetto cieco o non
cieco, e fornisce uno strumento più
congruo per la valutazione funzionale
della condizione di handicap visivo in
cui il cittadino viene a trovarsi: impossibilità a svolgere “quelle azioni elementari che espleta quotidianamente
un soggetto normale”. Si può così
riassumere la classificazione della
percentuale dell’invalidità senza
entrare strettamente nel merito degli
intricati passaggi del suo calcolo:
1) CIECO TOTALE
100% + indennità di accompagnamento
2) CIECO PARZIALE
100%
3) IPOVEDENTE GRAVE
60%
4) IPOVEDENTE MEDIO -GRAVE
40%
5) IPOVEDENTE LIEVE
15%
Alla categoria di ipovedenti lievi, medi
e medio gravi non corrisponde nessuna indennità o vantaggio.
Pertanto dette categorie andranno
valutate utilizzando le Tabelle di cui al
D.M. 5 febbraio 1992 n. 43.
Per ciascuna categoria, quando la
minorazione è costituita dalla sola
alterazione campimetrica, questa va
valutata, per analogia, alla riduzione
16
dell’acuità visiva della stessa categoria.
Quando sono presenti contemporaneamente la riduzione campimetrica
e l’acuità visiva le due minorazioni
vanno valutate come concorrenti.
Vantaggi economico-sociali
per l'ipovedente
Vediamo adesso nel dettaglio leggi e
normative a proposito di provvidenze
economiche, benefici pensionistici,
lavoro e agevolazioni che interessano
le varie categorie.
Esiste una indennità speciale a favore dei cosiddetti “ciechi ventesimisti”,
cioè coloro che presentino un residuo
visivo in entrambi gli occhi, anche con
eventuale correzione, non superiore
ad 1/20:
Oftalmologia Sociale N.1-2004
A PROPOSITO DI...
- dal 1 gennaio 2003 l’ammontare
dell’indennità speciale è pari ad euro
113,91 mensili.
- ai ciechi ventesimisti spetta anche
una pensione che, dal 1 gennaio
2003, ammonta ad euro 223,90, ma
solo se il reddito personale annuo
non è superiore ad euro13103,20.
Il secondo comma dell’art.9 della
Legge 113/85 e l’art. 2 della Legge
120/92 consentono ai lavoratori ciechi, ovverosia a coloro che hanno un
residuo visivo non superiore ad un
decimo in entrambi gli occhi anche
con eventuale correzione (decimisti
VOO<1/10), di ottenere un beneficio,
ai fini del diritto e della misura della
pensione, di :
- 4 mesi per ogni anno di servizio
effettivamente svolto purchè nella
domanda di pensione questo diritto
sia chiaramente esplicitato.
In materia di diritto al lavoro esistono
delle leggi speciali per i ciechi, in particolare la Legge 68/99 (Norme per il
diritto al lavoro dei disabili); con questa legge è stata regolamentata:
- l’assunzione obbligatoria delle
persone con invalidità superiore al
45%.
Per i ciechi le norme si riferiscono ai
decimisti, con recente allargamento di
alcune disposizioni anche ai soggetti
di cui agli art. riportati 2, 3 e 4 della
legge 138/01.
Ricordiamo inoltre tutta una serie di
agevolazioni per i trasporti e altro cui
i minorati della vista di cui agli art. 2, 3
e 4 della legge 138/2001 hanno diritto:
Oftalmologia Sociale N.1-2004
“
La legge 3.4.01 n.138
non modifica
la vigente normativa
in materia
di prestazioni
economiche
”
1) Sconto del 20% sul biglietto delle
tratte ferroviarie nazionali se viaggiano da soli. Se accompagnati, il costo
del biglietto per sé e l’accompagnatore, è ridotto del 50%.
2) Sconto del 40% sul biglietto ordinario dell’Alitalia (solo per i voli nazionali) per sé e l’accompagnatore.
3) In alcune regioni italiane, ai non
vedenti residenti, viene concessa la
possibilità di viaggiare gratuitamente,
anche con l’eventuale accompagnatore, sui mezzi pubblici, sia urbani
che extraurbani. Localmente si ha
anche la possibilità, a condizioni differenti da zona a zona, di viaggiare gratuitamente sui treni locali, sulle funicolari, sui battelli lacustri etc., nonché
ottenere dei buoni per l’utilizzo dei
taxi.
4) Acquisto di un’autovettura con IVA
ridotta al 4%.
5) Esenzione tassa di proprietà
(Bollo).
6) Contrassegno H
7) Sconti o ingressi gratuiti in musei,
sale cinematografiche e teatri.
8) La strumentazione non compresa
nel nomenclatore tariffario delle protesi, e comunque utilizzabile dai minorati della vista in genere, è soggetta
ad una riduzione dell’IVA al 4%.
9) Soggetti lavoratori impegnati nel
campo sociale o che abbiano necessità di natura sanitaria, possono
richiedere un obiettore di coscienza o
un volontario del servizio civile, unicamente per le proprie necessità. Costo
di euro 93 mensili trattenute sulla
indennità di accompagnamento o
sulla indennità speciale percepita dall’interessato.
10)
a) Riduzione dall’Irpef del 19% delle
spese sostenute per l’acquisto del
cane guida.
b) detrazione forfettaria di 516,46
euro delle spese sostenute per il
mantenimento del cane guida.
c) Aliquota IVA agevolata al 4% per
l’acquisto di particolari prodotti editoriali destinati ad essere utilizzati dai
non vedenti o ipovedenti.
d) detrazione dalle tasse pari a
774,69 euro per ogni figlio portatore
di handicap.
e) Riduzione dell’IVA al 4% per le
spese sostenute per l’abbattimento
delle barriere architettoniche, sia condominiali che domestiche.
11) esenzione ticket.
La riabilitazione dell’ipovedente
Importante a questo punto parlare
anche di quelle disposizioni per la
prevenzione della cecità e per la riabilitazione visiva e l’integrazione
sociale e riabilitativa dei ciechi pluriminorati che sono regolamentate
dalla Legge 28 agosto 1997, n. 284.
Essa delega le regioni a varare piani
di intervento non solo con la creazione di nuovi centri ed il potenziamento
di quelli già esistenti ma anche con la
convenzione con centri specializzati.
Suo grosso limite purtroppo lo scarso
finanziamento: 5 miliardi (vecchie lire)
da dividere fra tutte le regioni.
Un Decreto Ministeriale relativo alla
suddetta legge prevede inoltre una
serie di figure professionali, strutture
e strumenti che concorrano alla pre17
A PROPOSITO DI...
venzione e alla riabilitazione.
Tutti i minorati della vista, di cui alla
legge 138/01 possono infatti accedere ai Centri di consulenza, educazione e riabilitazione visiva ipovedenti
(CERVI) regolamentati dalla circolare
applicativa della legge 284/97, ove
opera personale specializzato nel settore, in particolare:
- oftalmologo; psicologo; operatore di
riabilitazione visiva; ortottista, assistente in oftalmologia; infermiere professionale o assistente sanitaria visitatrice; assistente sociale.
Tra le strutture sono previsti:
- uffici ricevimento; sala oculistica;
sala riabilitazione; sala ottico-tiflologica; studio psicologico; servizi.
In tali centri sono a disposizione:
- cassetta di prova sistemi telescopi-
ci; sistemi ipercorrettivi premontati bioculari; tavolo ergonomico; leggio
regolabile; sedia ergonomica con
ruote e fermo; set di lampade a luci
differenziate; set ingrandimenti e
autoilluminanti; sistemi televisivi a circuito chiuso (bianco e nero, a colori,
portatile).
È indubbio che tale legge ed il successivo decreto ministeriale presentino grossi meriti quali:
- il richiamare l’attenzione su uno dei
problemi della sanità moderna, l’ipovisione;
- lo stabilire delle linee guida sull’organizzazione dei Centri di Ipovisione,
facendo tesoro dell’esperienza di altri
Paesi più avanzati in questo settore;
- inoltre l'affrontare il problema nell’ambito territoriale, delegando alle
Regioni;
- in più il recuperare, laddove esistono, realtà già funzionanti di riabilitazione visiva, non solo in ambito pubblico, ma anche privato, con la possibilità di fare convenzioni con questi
ultimi Centri.
Purtroppo presenta il grosso limite,
già ricordato in precedenza, della
scarsità del finanziamento.
BIBLIOGRAFIA
1. F. Cruciani: La nuova legge sulla
quantificazione delle minorazioni visive. Oftal Soc 2001; 2:4-5.
2. R. Grenga; F. Cruciani; PL Grenga:
Il deficit visivo (quantità e qualità della
funzione visiva). Oftal Soc 2003; 1:
15-19
Legge 3 aprile 2001, n. 138
"Classificazione e quantificazione delle minorazioni visive
e norme in materia di accertamenti oculistici"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 93 del 21 aprile 2001
Art. 1.
(Campo di applicazione).
1. La presente legge definisce le
varie forme di minorazioni visive
meritevoli di riconoscimento giuridico, allo scopo di disciplinare adeguatamente la quantificazione dell'ipovisione e della cecità secondo i parametri accettati dalla medicina oculistica internazionale. Tale classificazione, di natura tecnico-scientifica, non
modifica la vigente normativa in
materia di prestazioni economiche e
sociali in campo assistenziale.
Art. 2.
(Definizione di ciechi totali).
1. Ai fini della presente legge, si definiscono ciechi totali:
a) coloro che sono colpiti da totale
mancanza della vista in entrambi gli
occhi;
b) coloro che hanno la mera percezione dell'ombra e della luce o del
moto della mano in entrambi gli occhi
o nell'occhio migliore;
c) coloro il cui residuo perimetrico
binoculare è inferiore al 3 per cento.
18
Art. 3.
(Definizione di ciechi parziali).
1. Si definiscono ciechi parziali:
a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi
gli occhi o nell'occhio migliore, anche
con eventuale correzione;
b) coloro il cui residuo perimetrico
binoculare è inferiore al 10 per cento.
Art. 4.
(Definizione di ipovedenti gravi).
1. Si definiscono ipovedenti gravi:
a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/10 in entrambi
gli occhi o nell'occhio migliore, anche
con eventuale correzione;
b) coloro il cui residuo perimetrico
binoculare è inferiore al 30 per cento.
Art. 5.
(Definizione di ipovedenti mediogravi).
1. Ai fini della presente legge, si definiscono ipovedenti medio-gravi:
a) coloro che hanno un residuo visi-
vo non superiore a 2/10 in entrambi
gli occhi o nell'occhio migliore, anche
con eventuale correzione;
b) coloro il cui residuo perimetrico
binoculare è inferiore al 50 per cento.
Art. 6.
(Definizione di ipovedenti lievi).
1. Si definiscono ipovedenti lievi:
a) coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 3/10 in entrambi
gli occhi o nell'occhio migliore, anche
con eventuale correzione;
b) coloro il cui residuo perimetrico
binoculare è inferiore al 60 per cento.
Art. 7.
(Accertamenti oculistici per la patente di guida).
1. Gli accertamenti oculistici avanti
agli organi sanitari periferici delle
Ferrovie dello Stato, previsti dall'articolo 119 del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285, e successive
modificazioni, sono impugnabili, ai
sensi dell'articolo 442 del codice di
procedura civile, avanti al magistrato
ordinario.
Oftalmologia Sociale N.1-2004
A PROPOSITO DI...
Legge 28 agosto 1997, n. 284
"Disposizioni per la prevenzione della cecità e per la riabilitazione visiva
e l'integrazione sociale e lavorativa dei ciechi pluriminorati"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 204 del 2 settembre 1997
Art. 1.
1. Alle iniziative per la prevenzione
della cecità e per la realizzazione
e la gestione di centri per l'educazione e la riabilitazione visiva è
destinato, a decorrere dall'esercizio 1997, uno stanziamento annuo
di lire 6.000 milioni.
Art. 2.
1. Lo stanziamento di cui all'articolo 1 è destinato, quanto a lire
5.000 milioni, alle regioni per la
realizzazione delle iniziative di cui
al medesimo articolo, da attuare
mediante convenzione con centri
specializzati, per la creazione di
nuovi centri dove questi non esistano ed il potenziamento di quelli
già esistenti.
2. Con decreto del Ministro della
sanità, da emanare entro sessanta
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono
determinati i criteri di ripartizione
dei fondi di cui al comma 1, nonchè i requisiti organizzativi, strutturali e funzionali dei centri di cui al
medesimo comma 1.
3. La restante disponibilità di lire
1.000 milioni è assegnata alla
Sezione italiana dell'Agenzia internazionale per la prevenzione della
cecità, per le attività istituzionali.
4. L'attività della Sezione italiana
dell'Agenzia internazionale per la
prevenzione della cecità è sottoposta alla vigilanza del Ministero
della sanità.
5. La Sezione italiana dell'Agenzia
internazionale per la prevenzione
della cecità, entro il 31 marzo di
ciascun anno, trasmette al Ministe-
Oftalmologia Sociale N.1-2004
ro della sanità una relazione sull'attività svolta nell'esercizio precedente nonchè sull'utilizzazione dei
contributi di cui al comma 3.
6. Le regioni, entro il 30 giugno di
ciascun anno, forniscono al Ministero della sanità gli elementi informativi necessari per la puntuale
valutazione dei risultati ottenuti
nella prevenzione della cecità, nell'educazione e nella riabilitazione
visiva, tenendo conto del numero
dei soggetti coinvolti e dell'efficacia.
da emanare entro trenta giorni
dalla data di entrata in vigore della
presente legge.
3. In relazione alle finalità di cui al
comma 1, a decorrere dall'anno
1998 è concesso alla Federazione
nazionale delle istituzioni pro-ciechi di cui al regio decreto 23 gennaio 1930, n. 119, un contributo
annuo di lire 2.000 milioni per le
attività di ricerca e di coordinamento stabilite dallo statuto della
medesima Federazione.
Art. 4.
7. Il Ministro della sanità, entro il
30 settembre di ciascun anno, trasmette al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione delle
politiche inerenti la prevenzione
della cecità, l'educazione e la riabilitazione visiva nonchè sull'utilizzazione dei contributi erogati dallo
Stato per tali finalità.
Art. 3.
1. Le regioni, anche d'intesa, possono istituire appositi centri o servizi di educazione permanente e di
sperimentazione per le attività
lavorative ed occupazionali allo
scopo di promuovere l'inserimento
sociale, scolastico e lavorativo
delle persone prive della vista che
presentino ulteriori minorazioni di
natura sensoriale, motoria, intellettiva e simbolico-relazionale.
2. Per le finalità di cui al comma 1,
è autorizzato un contributo annuo
di lire 12.000 milioni a decorrere
dall'anno 1998. Le regioni possono
proporre al Ministro per la solidarietà sociale programmi pluriennali
di intervento, secondo le modalità
ed i criteri definiti con decreto del
Ministro per la solidarietà sociale,
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli articoli 1 e 2, pari a lire
6.000 milioni per ciascuno degli
anni 1997, 1998 e 1999, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai
fini del bilancio triennale 19971999, al capitolo 6856 dello stato
di previsione del Ministero del
tesoro per l'anno 1997, utilizzando
parzialmente l'accantonamento
relativo alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
2. Agli oneri derivanti dall'attuazione dell'articolo 3, pari a lire 14.000
milioni a decorrere dall'anno 1998,
si provvede mediante utilizzo delle
proiezioni per gli anni 1998 e 1999
dello stanziamento iscritto, ai fini
del bilancio triennale 1997-1999, al
capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per
l'anno 1997, utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo
alla Presidenza del Consiglio dei
ministri.
3. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri
decreti, le occorrenti variazioni di
bilancio.
19
A PROPOSITO DI...
Modificazioni ipertensive
del fondo oculare
A. Mastromatteo, A. Labate, V. Cappello
Università degli Studi “La Sapienza” -Roma- Dipartimento di Scienze Ofalmologiche Dir. Prof. C. Balacco Gabrieli
e alterazioni retiniche secondarie
all’ipertensione
arteriosa costituiscono spesso il
primo segno della
malattia ipertensiva.
Nel 1859 Liebreich descrisse per
primo le modificazioni del fondo
oculare nell’ipertensione arteriosa,
denominandole “retinite albuminurica”. Da allora sono stati utilizzati
numerosi termini, il più universale
dei quali è “retinopatia ipertensiva”.
Gli effetti dell’ipertensione arteriosa
sulle strutture oculari sono in funzione della durata e dei livelli dell’aumento pressorio, tanto che le tendenze attuali sono nel distinguere
tre manifestazioni patologiche, non
correlate tra loro, nell’ipertensione
arteriosa maligna: retinopatia ipertensiva, coroidopatia ipertensiva e
neuropatia ottica ipertensiva, giustificate anche da un punto di vista
anatomo-fisiologico dalla diversità
dei letti vascolari.
Numerosi studi hanno evidenziato
la presenza di autoregolazione nei
vasi retinici e della testa del nervo
ottico, ma non nel letto vascolare
coroideo, anche se l’esatto meccanismo non è ancora noto. Di contro,
la presenza di una barriera ematooculare è ben nota, ma la coroide e
la testa del nervo ottico ne sono
sprovviste.
L
A. RETINOPATIA IPERTENSIVA
Le lesioni retiniche possono essere
suddivise ai fini descrittivi in:
1. Lesioni vascolari retiniche
- modificazioni arteriolari retiniche
- trasudati periarteriolari focali intraretinici
- essudati cotonosi
- alterazioni dei capillari retinici
- modificazioni delle vene retiniche
- aumento della permeabilità del
letto vascolare
2. Lesioni retiniche extravascolari
- emorragie retiniche
- edema retinico e/o maculare
- depositi lipidici (essudati duri)
- perdita delle fibre nervose retiniche.
Le cosiddette arterie retiniche sono
di fatto, da un punto di vista anatomico, delle arteriole, con scarsa
quantità di cellule muscolari, per cui
uno spasmo sembra improbabile
(Cogan). Di più facile riscontro, le
modificazioni di tipo cronico dell’ipertensione a questo livello, caratterizzate da:
- aumentato spessore della parete
arteriolare per progressivo aumento
delle componenti elastiche; lo strato
muscolare può essere sostituito da
fibre collagene e l’intima può essere
sostituita da un ispessimento ialino,
con conseguente modificazione dell’aspetto del riflesso. Normalmente
la parete delle arteriole è invisibile;
è visibile soltanto la colonna di eritrociti nel lume. Con l’aumentare
dello spessore della parete e con la
riduzione del lume, questo riflesso
perde la sua luminosità e diventa
più opaco e più diffuso, assumendo
il colore marrone rossastro del
riflesso “a filo di rame”.
- Aumento della tortuosità delle arteriole sclerotiche.
- Occlusione di alcune arteriole più
piccole con aspetto oftalmoscopico
“a filo d’argento”. Infatti l’esame
fluorangiografico rivela che spesso
non sono perfusi.
I trasudati periarteriolari intraretinici focali rappresentano una lesione retinica molto specifica, osservata unicamente nella forma maligna.
Sono lesioni di forma circolare o
ovalare, di grandezza variabile, che
talvolta possono fondersi tra loro a
formare lesioni più grandi. Hanno
colore bianco opaco e sono tipicamente localizzati vicino alle principali arteriole retiniche e alle loro
branche posteriori e negli strati retinici profondi.
Gli essudati cotonosi sono lesioni
secondarie ad ischemia focale
acuta delle fibre nervose. All’esame
oftalmoscopico appaiono come aree
biancastre di forma polimorfa a margini sfumati, irregolari. Sono localizzati prevalentemente al polo posteriore (entro alcuni dischi di diametro
dal disco ottico), essenzialmente
“
Nel 1859 Liebreich descrisse per primo le modificazioni del fondo oculare
nell’ipertensione arteriosa, denominandole ‘retinite albuminurica’
20
”
Oftalmologia Sociale N.1-2004
A PROPOSITO DI...
lungo la distribuzione dei capillari
retinici peripapillari radiali. Alla FAG
si presentano come un’area di non
perfusione retinica. La patogenesi
non è completamente chiara ma,
probabilmente derivano dall’occlusione delle arteriole retiniche terminali.
Tali formazioni cotonose (impropriamente chiamate essudati molli in
quanto il materiale non essuda dai
vasi) corrispondono esattamente ed
aree di non perfusione fluorangiografica.
L’obliterazione dei capillari, oltre
agli essudati cotonosi, può produrre
anomalie microvascolari intraretiniche secondarie, tra le quali microaneurismi, shunt, loop. Se il fenomeno di ipoperfusione è parecchio diffuso, si può sviluppare una neovascolarizzazione della retina periferica e/o del disco ottico.
Le alterazioni delle vene retiniche
sono:
- schiacciamento venoso agli incroci
arterovenosi dei vasi principali
determinato dalla sclerosi vascolare
e dalla proliferazione gliale perivascolare in una situazione di avventizia comune tra arteriole e venule,
con aspetto a “incisura” (segno di
Oftalmologia Sociale N.1-2004
“
Gli effetti
dell’ipertensione arteriosa
sulle strutture oculari
sono in funzione
della durata e dei livelli
dell’aumento pressorio
”
Gunn).
- Deviazione della venula laddove
incrocia l’arteriola in un angolo retto
anziché acuto (segno di Salus)
- Dilatazione e tortuosità
- Microaneurismi e macroaneurismi.
L’aumento della permeabilità del
letto vascolare retinico è secondario all’interruzione della barriera
emato-retinica.
Le emorragie sono una caratteristica molto frequente del fondo oculare dei soggetti ipertesi, ma non
assumono un significato patognomonico. Sono di solito “a fiamma” e
localizzate nello strato delle fibre
nervose, in prossimità del disco ottico negli stadi iniziali, mentre successivamente possono essere
osservate anche in periferia e negli
strati profondi della retina.
L’edema retinico è tipico della
forma di ipertensione maligna. Può
essere diffuso o localizzato in sede
maculare e indurre comparsa di
alterazioni secondarie a tale livello
quali alterazioni microcistiche, cisti
foveali, separazione delle fibre nervose. Il meccanismo alla base della
sua formazione forse è riconducibile
ad interruzione della barriera ematorertinica a livello dell’EPR.
I depositi lipidici (essudati duri),
situati profondamente nello strato
plessiforme esterno, di colorito bianco giallastro, con contorni netti,
sono probabilmente il risultato di
fenomeni degenerativi. Tendono a
confluire configurando varie e caratteristiche morfologie quali la stella
maculare, a cercine.
La perdita delle fibre nervose si
rende evidente con la risoluzione
degli essudati cotonosi. Sono generalmente situati nell’area dei capillari peripapillari radiali, risultando più
marcata a livello dell’arcata temporale superiore ed inferiore.
21
A PROPOSITO DI...
B. COROIDOPATIA IPERTENSIVA
La coriocapillare presenta numerose fenestrazioni nelle cellule endoteliali con assenza di barriera
emato-oculare, aspetto che rende
questo tessuto facilmente permeabile alle proteine plasmatiche e ad
altre macromolecole. Nell’ipertensione arteriosa maligna, sostanze
vasocostrittrici endogene, come
l’angiotensina II, l’adrenalina e la
vasopressina, fuoriescono liberamente dalla coriocapillare, agendo
sulle pareti dei vasi coroidei.
Le lesioni secondarie all’ischemia
coroideale sono:
- insufficienza circolatoria coroideale, che si evidenzia fluorangiograficamente con un riempimento ritardato a “chiazze” soprattutto a livello
della regione foveale;
- necrosi ischemica dell’EPR sovrastante, che appaiono giallastre
(noduli di Elshing);
- distacchi bollosi di retina.
C. NEUROPATIA OTTICA
IPERTENSIVA
L’ipertensione arteriosa maligna può
provocare anche papilledema, con
edema della testa del nervo ottico e
dilatazione dei capillari del nervo
22
ottico, rappresentando un importante segno prognostico. Le cause
sono controverse.
CLASSIFICAZIONE DELLE
ALTERAZIONI IPERTENSIVE
DEL FONDO OCULARE
Sin dal 1939 sono state elaborate
numerose classificazioni cliniche e
metodiche per graduare le alterazioni ipertensive del fondo oculare,
basate sull’interpretazione oftalmoscopica delle sue alterazioni.
La prima classificazione ampiamente utilizzata è stata quella di Keith,
Wagener e Barker elaborata nel
1939.
La classificazione di Keith-Wagener-Barker prevede quattro stadi:
I stadio: presenza di una minima
riduzione di calibro delle arteriole
retiniche associata ad una certa tortuosità delle stesse. È indicativa di
uno stadio di retinopatia ipertensiva
lieve.
II stadio: comprende le alterazioni
del I gruppo, con un restringimento
focale delle arteriole più definito e
con apparente interruzione della
venula a livello degli incroci AV.
III stadio: oltre alle alterazioni precedenti, si riscontrano anche alterazioni perivasali con edema, emorragie ed essudati retinici. Le emorragie sono per lo più a fiamma e gli
essudati duri prediligono l’area
maculare, assumendo una disposizione radiale (stella maculare). Le
alterazioni vasali progrediscono nel
tempo con dilatazione ed anastomosi capillari.
IV stadio: le lesioni precedentemente descritte sono più gravi ed è
presente papilledema. In alcuni casi
sono presenti anche i noduli di
Elshing.
La classificazione di Scheie del
1953 evidenzia 5 stadi:
stadio 0: non ci sono alterazioni
vascolari retiniche anche in presenza di di un quadro sistemico;
stadio I: è visibile un restringimento
arteriolare diffuso;
stadio II: sono presenti anche
restringimenti focali arteriolari;
stadio III: sono più evidenti e diffusi
i restringimenti arteriolari e si associano emorragie retiniche;
stadio IV: sono presenti tutte le
alterazioni descritte, insieme ad
edema retinico, essudati duri e
papilledema.
Oftalmologia Sociale N.1-2004
NEWS DALL’AGENZIA
B. S. EVERITT, Chance Rules. An Informal Guide
to Probability, Risk, and Statistics,
New York, Copernicus Spinger-Verlag, 1999. Pp. 202, $ 26,00
Recensione
"La statistica oggi sempre più presente nel campo medico.
Un libro, interessante, semplice, piacevole, che conduce il lettore nei meandri intricati della statistica".
Dalla semplice constatazione che il
caso governa le nostre vite, nasce
questo lavoro di diffusione presso un
vasto pubblico (anglofono) di molte
idee di base utili nella probabilità e
nella statistica. Ho sottolineato che il
libro è dedicato ai lettori di lingua
inglese non tanto per la banale considerazione che in tale lingua è scritto e
che l’autore è uno statistico inglese e
lavora a Londra, quanto perché è in
tale cultura che nasce e trova diffusione. Nel nostro paese, per esempio e
ancor oggi anche se con minor petulanza, non è infrequente imbattersi in
sottili disquisizioni sui ‘numeri ritardatari’ al Lotto; ma è molto frequente leggere oroscopi o sentire e vedere
‘maghi’ d’ogni genere accreditati da
varie trasmissioni televisive, discettare
sul futuro delle persone e astrologare
su altre imperscrutabili magarie. Ad
alcuni maghi sono anche da ascriversi
truffe milionarie (in euro) che hanno
messo in moto la macchina della giustizia.
Il libro di Everitt introduce piano piano
il lettore a compiere i primi passi verso
la comprensione delle regole della
probabilità per la somma logica e per il
prodotto logico degli eventi. Non
senza descrivere brevemente e per
grandi linee la storia dei giochi di sorte
a partire dall’antico Egitto sino agli sviluppi del secolo Diciassettesimo e
Diciottesimo, e allo stesso tempo gli
sviluppi degli studi sulla probabilità
nell’Europa del tempo.
Una caratteristica dell’esposizione fa
sì che tutti i concetti siano esposti ed
espressi col ricorso a semplici esempi
numerici, lasciando a dei riquadri la
trattazione algebrica, anche questa
tenuta al livello di un lettore colto ma
non specializzato in matematica (per
capirci, come potrebbe essere in Italia
una persona con una maturità di scuoOftalmologia Sociale N.1-2004
la secondaria superiore). Gli esempi,
raccolti in diversi capitoli, non si limitano ai giochi di sorte, pur essendo questi presenti e trattati diffusamente per
la loro importanza storica e pregnanza
esemplificativa (giochi di dadi e di
carte), spaziano dalla nascita dei bambini a seconda del sesso, alle lotterie,
ai risultati delle partite di calcio e alle
corse ippiche. Dopo questa lunga
serie di esempi si fa conoscenza col
reverendo Thomas Bayes e la sua
regola di composizione delle probabilità,oltre che ovviamente con il concetto di probabilità subordinata. Le esemplificazioni con cui l’autore illustra questi strumenti sono sempre avvincenti
sul piano della ricerca intellettuale e
mirano anche a far riflettere su problemi importanti nella vita reale, come
quello dei test clinici: cioè, ricevuta
una risposta positiva ad un esame clinico cui ci siamo sottoposti, qual è la
probabilità che si abbia effettivamente
una data malattia per la quale l’analisi
è stata effettuata?
Viene anche presentato un gioco divenuto famoso fra gli statistici e non
solo. Lo descrivo brevemente: in un
programma televisivo, vi viene offerta
la scelta di una porta fra tre e dietro ad
una d’esse v’è celato un ‘premio favoloso’, cioè di qualche interesse per il
concorrente. Scegliete una porta e la
graziosa assistente del ‘bravo presentatore’ vi apre una delle altre due porte
che mostra un libro da pubblicizzare,
cioè nulla di rilevante ed informativo
per il concorrente. A questo punto vi
viene chiesto: “Vuole cambiare la
porta scelta mantenerla?” Il problema
sta nello stabilire quale strategia adottare per aumentare la probabilità di
vincita. Gli ultimi quattro capitoli trattano del rischio cui siamo esposti in
diversi momenti e in varie azioni della
nostra esistenza, con esemplificazioni
tratte prevalentemente dal campo
medico. Può essere interessante ricordare qui uno fra i molti esempi proposti per illustrare gli effetti miracolosi
che da parte di alcuni si vorrebbero
ascrivere ad particolari terapie, senza,
anzi rifiutando, un controllo sperimentale su basi statistiche, perché riguarda il nostro paese.
“Nel 1998 un giudice di Maglie, piccola
cittadina nel Sud dell’Italia, decretò
che il servizio sanitario nazionale
dovesse pagare affinché i malati di
cancro potessero ricevere un rimedio
costoso e non vagliato sperimentalmente, promosso da un fisiologo in
pensione, Luigi Di Bella. L’unanime
opposizione al trattamento da parte
degli scienziati, sostenne il giudice,
non era una ragione abbastanza valida per privarne gli ammalati.”
Sono anche interessanti le sue informazioni sulle medicine alternative
(agopuntura, omeopatia, e altre) per le
quali non si avrebbero che scarse
sperimentazioni cliniche a fronte di un
impiego molto diffuso nella popolazione inglese (ma anche italiana). Si può
forse osservare che, almeno da noi, la
medicina tradizionale tende spesso ad
asseverare la bontà dei propri trattamenti senza troppo preoccuparsi di
prove empiriche: per esempio quando
si propongono interventi oculari per il
recupero del visus senza troppo curarsi – in generale, ma vi sono medici
attenti e scrupolosi – dei risultati conseguenti nel medio e lungo periodo.
Comunque le osservazioni di Everitt
hanno il merito, se non altro,di porre
dei problemi molto seri e suscitare non
pochi interrogativi nel lettore, oltre che
fornirgli informazioni di base sul modo
di ragionare probabilistico.
Enzo Lombardo
Professore Ordinario di Statistica
Università "La Sapienza" - Roma
23
NEWS DALL’OFTALMOLOGIA MONDIALE
Incidenza e progressione
delle membrane epiretiniche
in 5 anni di studio
Dal Blue Mountains Eye Study
A. Labate, V. Cappello
a proliferazione di
membrane epiretiniche maculari
sulla superficie
della membrana
limitante interna
(definita anche come sindrome dell’interfaccia vitreo-retinica o fibrosi
maculare preretinica) è un evento
relativamente frequente nelle persone anziane, osservabile soprattutto
in seguito a chirurgia vitreo-retinica,
a chirurgia della cataratta, a flogosi
intraoculari persistenti, a vasculopatie retiniche e a traumi. Molti casi
tuttavia risultano idiopatici. Le membrane epiretiniche evolvono lentamente e solo in una piccola percentuale di pazienti determinano effetti
significativi sulla visione, come una
riduzione dell’acuità visiva, la comparsa di metamorfopsie, diplopia
monoculare. Raramente la trazione
esercitata sulla retina causa disturbi
visivi tali da rendere necessaria la
rimozione chirurgica delle membrane. Da un punto di vista istopatologico le membrane sono costituite da
cellule gliali retiniche e da cellule
dell’epitelio pigmentato retinico, le
quali proliferano sulla superficie retinica interna, in particolar modo
dopo distacco posteriore di vitreo.
Le stime sulla prevalenza delle
membrane epiretiniche si basano su
due studi effettuati su popolazione
adulta: il Beaver Dam Eye Study 1 e
il Blue Mountains Eyes Study
(BMES),2 i quali riportano una prevalenza rispettivamente dell’11.8%
e del 7%. In entrambi gli studi le
membrane sono associate a diabe-
L
24
te, chirurgia della cataratta oppure
ad occlusioni venose retiniche. Tuttavia questi studi non ci forniscono
informazioni sull’incidenza e sul
decorso di questa patologia. Recentemente è stato proposto da FraserBell et al. un altro studio per documentare l’incidenza in 5 anni delle
membrane epiretiniche in una popolazione di anziani australiani,
seguendone il decorso in questo
periodo. 3
Il BMES è un indagine epidemiologica sulle principali patologie oculari, condotta in un’area a ovest di
Sidney in Australia. Ai partecipanti
sono stati sottoposti dei questionari
per indagarne la storia medica ed
oftalmologica (diabete, ipertensione,
malattie vascolari). Sono state scattate poi delle foto stereoscopiche
della macula (30°) e di altri campi
retinici in entrambi gli occhi e identificati due tipi di membrane epiretiniche: una forma severa definita
fibrosi maculare preretinica (PMF:
preretinal macular fibrosis), nella
quale si osservano pieghe retiniche,
ed una forma meno severa chiamata riflesso maculare a cellophane
(CMR), senza pieghe retiniche visibili.
Dopo il periodo di follow-up di 5
anni sono state osservate membrane epiretiniche in 108 occhi tra i
2030 partecipanti che non avevano
lesioni al principio (5.3%; CI, 4.46.5). Tutti i casi incidenti erano unilaterali eccetto un partecipante che
aveva sviluppato CMR in un occhio
e PMF nell’altro. L’incidenza è stata
del 3.7% sotto i 60 anni, 6.6% tra 60
e 69, 6.1% tra 70 e 79 e 1.1% sopra
gli 80 anni. Non si è osservata
un’associazione statisticamente
significativa tra età ed incidenza di
membrane epiretiniche. L’incidenza
è stata di 5.7% nelle donne e 4.8%
negli uomini, ma questa differenza
non è statisticamente significativa,
dopo aver aggiustato per l’età (OR
1.3; CI 0.8-2.0). I casi incidenti di
PMF (1.5%; CI, 1.0-2.1) sono stati
meno della metà di quelli di CMR
(3.8%; CI, 3.0-4.7). I casi di PMF
erano tutti unilaterali mentre 15 casi
(19.5%) di CMR erano bilaterali.
L’incidenza massima di membrane
epiretiniche è stata tra 60 e 79 anni.
Entrambi i tipi di membrane si verificano più frequentemente nelle
donne: per PMF 1.6% contro 1.5 e
per CMR 4.1% contro 3.4%. L’incidenza di membrane epiretiniche tra
i 179 soggetti che avevano potenziali cause secondarie era solo
poco più alta (5.6%; CI, 2.7-10.1)
dell’incidenza tra i soggetti rimanenti (1851), i quali avevano membrane
idiopatiche (5.2%; CI, 4.2-6.3). Tra i
casi con membrane secondarie, 2
soggetti avevano retinopatia, 2
occlusione venosa retinica e 4
erano stati sottoposti a chirurgia
della cataratta. Tra i 165 soggetti
che avevano effettuato chirurgia
della cataratta al BMES I, 15 hanno
sviluppato membrane epiretiniche
(9.1%; CI, 5.2-14.6), di cui 3 erano
PMF (1.8%) e 12 CMR (7.3%).
Questo tasso di incidenza era significativamente più alto rispetto al
gruppo non operato , P= 0.02, in
quanto 92 soggetti dei 1865 non
Oftalmologia Sociale N.1-2004
NEWS DALL’OFTALMOLOGIA MONDIALE
operati (4.9%; CI, 4.0-6.0) aveva
sviluppato membrane: 28 casi di
PMF (1.5%) e 64 casi di CMR
(3.4%). Ancora, il 13.5% dei partecipanti con membrane epiretiniche in
un occhio hanno sviluppato dopo 5
anno membrane nell’altro occhio.
L’incidenza di membrane nel secondo occhio è stata 2.5 volte più alta
(P< 0.001) dell’incidenza nel primo
occhio. Dopo aver escluso i casi
con retinopatia diabetica o altre
cause secondarie conosciute, è
stata fatta un’analisi statistica per
vedere se altri fattori di rischio
erano associati alle membrane epiretiniche idiopatiche. Non è stata
dimostrata nessuna associazione
con diabete, glicemia o ipertensione
arteriosa.
In questo studio l’acuità visiva è
stata modificata pochissimo dall’insorgenza o dall’evoluzione delle
membrane epiretiniche.
Per quanto riguarda il decorso delle
membrane epiretiniche, su 56 partecipanti (62 occhi) con PMF al principio si è registrata una progressione
nel 16.1% dei casi ed una regressione nel 25.8% dei casi. Su 142
soggetti (182 occhi) con CMR all’inizio si è osservata una progressione
nel 32.8% dei casi ed una regressione nel 25.7% dei casi, includendo 17 occhi che da CMR si erano
evoluti in PMF (9.3%). Tra i casi con
CMR regrediti, l’area di involuzione
si è ridotta più del 25 % in 23 casi
(12.6%) ed è scomparsa completamente in 24 casi (13%). La presenza di fattori di rischio oculari non è
stata in grado di predire la progressione delle membrane.
In conclusione l’incidenza di membrane epiretiniche in 5 anni nella
popolazione esaminata è stata del
5.3%; l’incidenza totale di PMF è
stata meno della metà di CMR
(1.5% vs 3.8%), che corrisponde
strettamente a quanto riportato dal
BMES I e dal Beaver Dam, ovvero
una prevalenza di 2.2% e 4.8% per
PMF e CMR nel primo, 2.8% e
9.0% nel secondo. L’incremento
dell’incidenza delle membrane con
l’età osservato per persone con
meno di 70 anni corrisponde all’aumento di prevalenza fino a questa
Oftalmologia Sociale N.1-2004
età trovato in BMES I e Beaver
Dam. La più bassa prevalenza registrata per gruppi più anziani rappresenta una potenziale sottostima a
causa di un aumento dell’opacità
lenticolare. La riduzione dell’incidenza riportata in questo studio
avvalora questa ipotesi. Non sono
state osservate inoltre differenze di
sesso statisticamente significative.
L’incidenza di membrane nel secondo occhio è più che doppia rispetto
al primo ed il secondo occhio sviluppa più facilmente PMF del primo:
l’incidenza di PMF nel secondo
occhio è 4 volte più grande, e l’incidenza di CMR nel secondo occhio è
2 volte più grande rispetto al primo.
Questi dati suggeriscono un andamento simmetrico delle lesioni nei
due occhi, così come si verifica in
altre patologie oculari come la
degenerazione maculare senile.
Anche il distacco posteriore di
vitreo, fattore di rischio per le membrane epiretiniche, è spesso bilaterale.
Lo studio identifica un’associazione
statisticamente significativa tra chirurgia della cataratta e incidenza di
membrane epiretiniche, in particolar
modo la forma meno severa. I partecipanti sottoposti a chirurgia della
cataratta hanno mostrato un’incidenza doppia rispetto al resto del
gruppo. È possibile tuttavia che le
membrane fossero presenti prima
dell’intervento ma che fossero passate inosservate a causa dell’opacità del cristallino.
Gli studi precedenti registrano
un’associazione tra diabete e membrane epiretiniche, questo studio più
recente invece non conferma i dati:
l’incidenza delle membrane non è
sostanzialmente differente tra occhi
con e senza
altre patologie
associate (5.6%
vs 5.2%).
Lo studio evidenzia che in
molti casi le
membrane non
progrediscono
dopo 5 anni;
infatti in 1 caso
su 4 è dimostra-
ta la regressione o scomparsa delle
membrane, mentre solo 1 caso su
10 di CMR progredisce verso PMF.
È necessaria comunque una statistica su numeri più ampi. Inoltre lo
studio mostra una lieve compromissione dell’acuità visiva dopo il periodo di follow-up negli occhi con PMF
confrontati con occhi che non hanno
sviluppato membrane, ma questo
non è stato visto in occhi con CMR.
Inoltre non è stato notato un peggioramento significativo della visione
negli occhi che hanno mostrato una
progressione delle PMF.
Questo studio, pertanto, fornisce
utili informazioni circa l’incidenza
delle membrane in 5 anni e sul loro
decorso naturale in una popolazione anziana. Il tipo più severo sembra essere relativamente stabile in
questo periodo, e solo pochi casi
hanno determinato una compromissione visiva. Questa relativa stabilità delle membrane epiretiniche ed i
loro limitati effetti sull’acuità visiva
devono essere tenuti presenti quando si prende in considerazione la
soluzione chirurgica con tutte le sue
potenziali complicanze.
BIBLIOGRAFIA
1. Klein R, Klein BEK, Wang Q.
Moss SE. The epidemiology of epiretinal membranes. Trans Am
Ophthalmol Soc 1994;92: 403-25;
discussion 425-30.
2. Mitchell P, Smith W, Chey T, et al.
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Ophthalmology, 1997; 104:1033-40.
3. Fraser-Bell et al. Five Year
Cumulative Incidence and Progression of Epiretinal Membranes.
Ophthalmology, 2003; 110:34-40.
25
NEWS DALL’OFTALMOLOGIA MONDIALE
Cecità e malattie oculari nel Tibet
Dal British Journal of Ophthalmology
Dunzhu S., Wang F.S., Courtright P., Liu L., et al .:
Blindess and eye diseases in Tibet : findings from a randomised , population based survey. Br.J. Ophthalmol., 2003; 87:1443-1448
M. Ranieri, L. Di Genova
on la collaborazione
delle autorità di
Sanità Pubblica, è
stata condotta un’indagine sulla cecità ,
sulle patologie legate alla vista e sullo sviluppo dei servizi
di assistenza oculistica nella Regione
Autonoma del Tibet (RAT) al fine di
mettere a punto un piano decennale di
prevenzione e cura degli handicap
visivi. Tale ricerca altro non è stato che
uno studio incrociato voluto da tre
delle sette province della RAT.
L’indagine procedeva utilizzando un
metodo random multistage.
Due diverse équipe hanno condotto
l’inchiesta nelle diverse province: a
Loka nel maggio ’99, a Naku a giugno
’99, a Lingzhr nel maggio 2000.
Su un campione di 15.900 persone,
sono state esaminate 12.644 (79,6%).
La prevalenza della cecità (quindi
gente che presenteva acutezza visiva
nel suo occhio migliore con meno di
6/60) era del 2-3%.
Lo studio di ipovisione (l’occhio migliore presentava un’acutezza visiva contenuta tra 6/24 e 6/60) fu riscontrato
nel 10,9% della popolazione. La cataratta costituiva la causa primaria di
cecità 50,7%, seguita dalla degenerazione maculare (12,7%) e dall’opacità
della cornea (9,7%).
C
26
La cecità in Tibet è un serio problema
di sanità pubblica ed in proporzione si
ritiene di proporzioni più gravi rispetto
alla Cina Orientale. Come avviene
anche nel resto del mondo , le donne
riportano un maggiore eccesso di
cecità rispetto agli uomini. Circa il 75%
dei non vedenti in Ttibet potrebbe
sfruttare programmi di prevenzione e
comunque essere operato. La Regione Autonoma del Tibet RAT, facente
parte della Repubblica Popolare Cinese, con i suoi 1.200000 di kmq di
superficie costituisce uno dei paesi più
popolati e più vasti del mondo. Circa
l’80% dei 24 milioni di persone vive in
contesti rurali o in piccole comunità
contadine a circa 400 m sul livello del
mare o in uno stato seminomade ma
ad altezze più consistenti. Per secoli
isolati, i tibetani sono stati sottomessi
politicamente ed economicamente ai
paesi stranieri. Nello stesso tempo ,
una percentuale sempre crescente di
tibetani si è spostata nelle aree urbane. La popolazione di queste aree ha
cominciato a chiedere sempre più l’efficienza dei servizi sanitari, particolarmente forte era la richiesta di servizi a
favore delle malattie dell’età: diabete,
tumore e cataratta. L’alta percentuale
di cecità dovuta a cataratta tra i tibetani è senz’altro da imputarsi alla continua esposizione ai raggi ultravioletti.
Riguardo a questo emerge un dato
importante. Nell’87 uno studio sull’incidenza della cataratta registrò che 1218 persone su mille furono colpite da
tale patologia (11,8% di persone con
40 anni di età). L’incidenza della cataratta tra i tibetani di lhosa (altitudine
400 metri) era del 60% più alta a
parità di età e sesso della popolazione
intervistata, rispetto ad una contea
vicino Beijng (ad un’altitudine di 50 m).
Hu et al. sollevarono importanti quesiti
riguardo l’incidenza della cataratta tra i
tibetani giovani. A questo proposito, le
autorità di pubblica sanità della RAT,
che si rendevano conto del bisogno di
servizi eccellenti nei vari settori della
sanità pubblica, richiesero che si realizzasse uno studio approfondito sulla
cecità, sulle malattie oculistiche in
genere e sullo sviluppo dei servizi
oculistici. Lo scopo era quello di utilizzare le conclusioni dell’inchiesta per
mettere a punto un piano sanitario
decennale che potesse affrontare i
problemi primari legati alla cecità e
l’impegno di annullare entro il 2020 le
patologie evitabili. Il protocollo firmato
si proponeva di monitorare la cecità , il
disturbo della vista, la deficienza da
vitamina A, il tracoma, chirurgia della
cataratta.
Il TECA era uno studio incrociato promosso da tre delle sette province della
RAT, selezionate per rappresentare le
tre principali regioni. Lokha con una
popolazione di 231.738 abitanti al censimento del 1990, è situata ad un’altitudine di 3000 metri, e si tratta per lo
più di una comunità contadina. Lingzhr
con una popolazione di circa 110 mila
616 abitanti è posta a quasi la stessa
altitudine di Lokha, ma con un numero
maggiore di foreste. Nakehu con una
popolazione di 296 mila 23 abitanti è
posta ad un’altitudine notevolissima,
precedentemente abitata da gente
nomade. Ogni provincia è divisa in
contee, con popolazione media di 20
mila persone. Le contee sono divise in
xiangs e le xiangs in villaggi.
BIBLIOGRAFIA
Abou-Gareeb I., Lewellen S., Basset
K.L. et al.: Gender and blindness : a
metanalysis of populaion-based prevalence survey. Ophthalmic. Epidemiol., 2001; 8:39-56
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Eye Study. Arch. Ophthalmol., 1989;
107:666-669
Armitage P., Berry G., Matters J.N.S.:
Statistical methods in medical research. Oxford : Blackwell Publishing,
2002
Oftalmologia Sociale N.1-2004
NEWS DALL’OFTALMOLOGIA MONDIALE
Lente intraoculare a fissazione sclerale:
impianto primario o secondario?
Dal British Journal of Ophthalmology
Lee V Y W, Yuen H K L, Kwok A K H. Comparison of outcomes
of primary and secondary implantation of scleral fixated posterior chamber intraocular lens. Br J Ophthalmol 2003; 87:1459-1462
E. Moreno, R. Battendieri
on esiste un
protocollo sul
miglior metodo
di impianto di
lente intraoculare (IOL) senza
supporto capsulare: alcuni chirurghi
preferiscono impiantarla fissandola
alla sclera; altri, invece, preferiscono la lente in camera anteriore.
Pare che la prima tecnica abbia un
minor numero di complicanze. La
IOL in CA, infatti, può recare un
danno maggiore all’endotelio cor-
N
neale. Per questo motivo la maggior parte degli oftalmologi preferisce l'impianto della IOL a supporto
sclerale, quando la capsula posteriore per le sue caratteristiche non
consente l’impianto nel sacco o nel
solco. Nello studio di Lee et al. - che
vogliamo presentare - si sono valutati i dati ottenuti paragonando casi
di pazienti che hanno subito un
impianto primario o secondario di
IOL a fissazione sclerale, in seguito
all'insorgenza di complicanze
durante un intervento di cataratta
senile. Sono stati presi in considerazione 55 occhi di 55 pazienti con
IOL fissata alla sclera impiantata
durante (gruppo 1) o dopo (gruppo
2) chirurgia di cataratta complicata:
30 occhi nel primo gruppo e 25 nel
secondo. La scelta di procedere ad
un impianto primario o secondario
era avvenuta in base alla preferenza del chirurgo o dei pazienti, alla
trasparenza della cornea, alla durata dell’intervento.
I dati relativi ai pazienti studiati sono
stati riassunti nella TAB 1.
Gruppo 1 (n=30)
Gruppo 2 (n=25)
Statistiche
Età media (SD)
Maschi
Donne
76,2 (7,3) 62-92
14 (46,7%)
16 (53,3%)
75,5 (7,1) (61-87)
8 (32%)
17 (68%)
P=0,730
P=0,269
Media follow-up
Mesi
17,5 (8,3) (6-36)
20,9 (8,7) (9-36)
P=0,145
Media preintervento BCVA
(n=54) logMAR
1,21 (0,43) (0,30-1,80)
1,28 (0,42) (0,55-1,1,80)
P=569
Media postintervento BCVA
(n=54) (logMAR)
0,50 (0,36) (0,10-1,30)
0,36 (0,21) (0,10-1,00)
P=0,109
Tab 1. Gruppo 1: impianto primario di IOL fissata alla sclera. Gruppo 2: impianto secondario
di IOL fissata alla sclera; BCVA=acuità visiva con la migliore correzione.
Nel primo gruppo la IOL fissata alla
sclera era stata impiantata primariamente, durante l'intervento di cataratta, a causa delle complicanze
insorte (12 occhi sottoposti ad
ECCE, 18 sottoposti a facoemulsificazione).
Le complicanze capsulari includevano: 23 (76,7%) rotture della capsula
Oftalmologia Sociale N.1-2004
posteriore con perdita vitreale, 5
(16,7%) dialisi zonulari, 2 (6,7%)
perdite dell’intera capsula come
risultato di una estrazione di cataratta intracapsulare non impiantata
(ICCE).
Nel secondo gruppo, in tutti i 25
occhi afachici, si erano presentate
complicanze durante l’estrazione di
cataratta. Era stata praticata una
ECCE in 17 (68%) occhi e una
facoemulsificazione in 8 (32%). Le
complicanze capsulari in questo
secondo gruppo includevano: 20
(80%) rotture della capsula posteriore con perdita vitreale, 4 (16%) dialisi zonulari ed 1 (4%) lente opacizzata, causa di ECCE non impiantata.
27
NEWS DALL’OFTALMOLOGIA MONDIALE
Complicanze precoci
-Aumento IOP
>30mmhg
-Edema corneale
-Ipoema
-Emorragia vitreale
Complicanze tardive
-Glaucoma
-Deformazione
pupillare
-Uveite persistente
-Edema maculare
cistoide
-Lussazione vitreale
in camera ant.
-IOL decentrata
LENTE INTRAOCULARE
FISSATA ALLA SCLERA
primariamente
Gruppo 1 n=30 (%)
LENTE INTRAOCULARE
FISSATA ALLA SCLERA
secondariamente
Gruppo 2 n=25(%)
χ2 test
11 (36,6)
7 (28)
p=0,495
22 (73)
8 (26,6)
8 (26,6)
11 (44)
4 (16)
3 (12)
p=0,027
p=0,821
0,176
5 (16,7)
17 (56,7)
3 (12)
12 (48)
p=0,625
p=0,521
1 (3,3)
2 (6,7)
0
0
p=0,357
p=0,188
5 (16,7)
2 (8)
p=0,0337
1 (3,3)
0
p=0,356
TAB 2: complicanze postoperatorie dopo intervento con impianto lente intraoculare fissata alla sclera.
La Tab 2 mostra le complicanze
postoperatorie precoci e tardive che
incorrono dopo chirurgia con impianto di lente intraoculare fissata alla
sclera.
Complicanze precoci nel primo mese
si sono verificate in 25 (83,3%) occhi
nel primo gruppo, ed in 16 occhi nel
secondo. La differenza tra i due
gruppi è stata considerata statisticamente significativa (p=0,028). In particolare l'edema corneale si è registrato in 22 (73%) occhi nel primo
gruppo ed 11 (44%) nel secondo
gruppo (p=0,027).
Complicanze tardive ad un mese, si
sono verificate in 21 (70%) occhi nel
primo gruppo, in 13 (52%) occhi nel
secondo. La differenza tra i gruppi
non è statisticamente significativa
(p=0,077).
In questo studio non si sono riscontrati casi di IOL rimosse, rotture retiniche o distacchi di retina. Un
paziente nel primo gruppo ha avuto
una diminuzione visiva a causa di
una neuropatia ottica ischemica
anteriore che non risultava collegata,
però, all’intervento.
Nel primo gruppo, 27 (93,1%) occhi
hanno migliorato o mantenuto l’a28
cuità visiva invariata; nel secondo
gruppo nessuno è peggiorato: la differenza non è statisticamente significativa (p=0,181).
In assenza di un adeguato supporto
capsulare della lente, durante estrazione della cataratta, un chirurgo ha
la possibilità di più scelte:
• impianto primario di lente in camera anteriore,
• impianto primario di lente intraoculare fissata alla sclera,
• impianto secondario di lente in
camera anteriore dopo un periodo di
tempo,
• impianto secondario di lente intraoculare fissata alla sclera dopo un
periodo di tempo.
Gli occhi sottoposti ad impianto primario di lente intraoculare fissata
alla sclera possono avere un rischio
più alto di infiammazione postoperatoria con complicanze quali edema
maculare cistoide.
Inoltre, la tecnica chirurgica di
impianto di lente intraoculare a fissazione sclerale richiede manovre chirurgiche fini e meticolose, che, in
situazioni complicate, associate alla
rottura della capsula posteriore con
fuoriuscita di vitreo, non sempre si
possono garantire. Ciò può spiegare
il largo numero di complicanze nel
gruppo dell’impianto primario.
Nel primo gruppo si sono verificate
molte complicanze: edema corneale,
edema maculare cistoide e glaucoma. Ciò può essere attribuito al prolungamento dei tempi chirurgici nell’impianto primario.
Comunque, quest’ultimo, benché
abbia un più alto numero di complicanze precoci, presenta dei vantaggi dati da un unico tempo operatorio
e da una diminuzione del tempo di
degenza ospedaliera post-operatoria. Ancora più importante risulta
essere l’eliminazione del periodo di
afachia.
In conclusione, sia gli impianti primari che i secondari di lenti intraoculari
a fissazione sclerale sono adatti per
trattare l’afachia ed entrambi i metodi sono associati a risultati visivi
favorevoli. Sulla base di alcuni studi
l’impianto secondario sembra avere
più basse complicanze precoci
rispetto a quello primario. Sono
comunque necessari ulteriori ricerche su questo argomento in modo
da avere un campione più significativo e un follow-up più lungo.
Oftalmologia Sociale N.1-2004
LAVORI SCIENTIFICI
Una nuova tecnica
per la registrazione dell’ERG Focale
R.H.F. Mendoça, M. Centola, C. Cofone, M.L. Livani, S. Abbruzzese, E. Rispoli
Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Dipartimento di Scienze Oftalmologiche - Servizio di Elettrofisiologia - Direttore C. Balacco Gabrieli
INTRODUZIONE
L’ERG focale (FERG), detto anche
ERG foveale, è un esame accurato
qualora si voglia valutare la funzionalità maculare,1,2,3,4,5,6 mentre l’ERG
standard dei coni risulta alterato
solo quando é danneggiata la funzione di una grande area retinica.
La ragione risiede nel fatto che la
concentrazione dei coni nella macula centrale è circa il 9% e nella
fovea è circa solo il 2% della popolazione totale dei coni. È quindi
comprensibile come una lesione
localizzata a livello foveolare, possa
non influenzare la risposta dell’ERG
standard dei coni 7 . L'Erg focale
(FERG) è risultato essere un esame
valido sia nel valutare la funzione
maculare che nel monitorare l’evoluzione di un’eventuale alterazione
maculare8. Varie tecniche elettrofisiologiche sono state proposte per
ottenere il FERG e valutare cosi l’attività dei coni foveali 9,10,5. Queste
metodiche hanno dovuto risolvere i
problemi legati alla ridotta ampiezza
dei segnali retinici focali ed al fenomeno della modulazione della straylight. Il basso voltaggio del FERG
(in genere inferiore ai 5 µV) rende
infatti indispensabile l’uso di adeguate tecniche di estrazione del
segnale dal rumore di fondo, come
l’averaging, l’analisi di Fourier e la
cross-correlazione, associate alla
reiezione automatica degli artefatti
legati ai blinks palpebrali ed ai movimenti oculari.
Per quanto riguarda la stray-light
retinica, questa consiste nella riflessione e diffusione dello stimolo luminoso che è in grado di eccitare aree
retiniche al di fuori di quella stimolata. Il contributo di queste regioni
può significativamente contaminare
la risposta. Per ottenere uno stimolo
perfettamente localizzato, questo
Oftalmologia Sociale N.1-2004
deve essere il più possibile focalizzato e privo di stray-light. Infatti una
delle difficoltà nella registrazione
dell’ERG focale consiste nella possibilità che lo stimolo luminoso colpisca oltre alla fovea anche i fotorecettori adiacenti, dando luogo quindi
ad una risposta che origina anche
dalla zona circostante.
Per ottenere uno stimolo localizzato
e privo di stray-light è stata utilizzata una stimolazione con barre alternanti ed a luminanza media costante11. Un’altra stimolazione, più indaginosa, si basa sull’uso dell’oftalmoscopio Maxwelliano. Lo strumento
emette uno stimolo flicker a 42 Hz,
bianco che sottende un angolo di 3°
retinici; questo è centrato su di una
luce bianca diffusa che sottende ad
un angolo di più grandi dimensioni
(10°di retina). Tale stimolo può
essere focalizzato anche sulla
fovea. L'illuminazione di fondo minimizza l'effetto di diffusione della
luce (stray light) dal sito di stimolo e
fornisce un’illuminazione adeguata
affinché venga visualizzato direttamente e continuamente il sito di stimolo (in questo caso la fovea). Tale
esame dovrà avere una certa durata affinchè il computer possa mediare un numero consistente di risposte, essendo queste di piccolaampiezza (0,18-0,55 µV)9,5. Lo stimolo può essere visualizzato sul
fondo oculare e quindi essere mantenuto sulla fovea durante l’esame,
anche se i pazienti muovono gli
occhi. L’uso di un’illuminazione di
fondo della retina costante, maggiore di quella diffusa dallo stimolo,
aiutano ad assicurare che i coni
extrafoveali non contribuiscano alla
risposta foveale7.
Alcuni studi mostrano che usando lo
stimolatore-oftalmoscopico in soggetti normali ed aumentando la
durata dell’esposizione luminosa, si
registrano risposte di ampiezza
marcatamente aumentata e di latenza lievemente aumentata. Gli autori
suggeriscono di effettuare diverse
registrazioni consecutive, in pazienti
che mostrano un'ampiezza ridotta al
fine di accertare se la funzione della
fovea sia realmente compromessa12.
In letteratura sono riportate numerose altre tecniche di registrazione
dell’Erg focale. Per esempio, una di
queste tecniche, usata per rilevare il
FERG dei 9° centrali della retina,
impiega 96 LEDs rossi montati dietro una cupola Ganzfeld. Su soggetti normali sono state registrate
risposte FERG di ampiezza massima agli stimoli tra 30-40 Hz4.
Come si vede, molte tecniche sono
state sviluppate per la registrazione
di questo esame, ma esistono ancora molti problemi; il fatto stesso di
utilizzare un oftalmoscopio a stretto
contatto con il paziente rende poco
agevole l’esecuzione dell’esame.
Scopo di questo lavoro è quello di
proporre una tecnica per la registrazione dell’ERG focale più pratica e
di più facile esecuzione. Di fondamentale importanza, inoltre, è stabilire valori “normali” relativi all’età, in
quanto le ampiezze dei tracciati del
FERG, così come anche quelle dell’ERG standard, decrescono con
l’età5,13.
MATERIALI E METODI
Sono stati esaminati 20 occhi di 10
pazienti. I pazienti sono stati sottoposti al FERG seguendo la tecnica
descritta. Al fine di verificare l’affidabilità della metodologia sono stati
esaminati pazienti con diverse patologie.
Tecnica utilizzata
Per l’acquisizione del FERG è stato
impiegato come generatore dello
stimolo luminoso un flash stereo29
LAVORI SCIENTIFICI
scopico ed una apparecchiatura
della Biomedica Mangoni, composta, oltre che dallo stimolatore flash,
anche da una fibra ottica che trasmette l’impulso luminoso attraverso un’apertura del diametro di 3 cm
posta al centro di uno schermo
bianco. Il sistema è in grado di
proiettare uno stimolo piccolo e
focale ad una porzione localizzata
della retina. Questo stimolo deve
essere sufficientemente intenso in
modo da poter ottenere la risposta
più ampia possibile poiché la zona
retinica stimolata è molto piccola ed
il segnale ha comunque un’ampiezza molto bassa se confrontata ad
un ERG standard. Pertanto particolari accorgimenti vanno rivolti alla
riduzione del rumore di fondo e alla
rimozione degli artefatti.
Lo stimolo luminoso convogliato,
dalla fibra ottica, arriva posteriormente ad uno schermo bianco di
100x70cm. Al centro dello schermo
è applicato un sistema ottico costituito da un tubo nero con diametro
interno di 30mm e lungo 30mm, dietro al quale viene applicata una
lente positiva di 10 diottrie e quindi
la fibra ottica. Lo stimolo ha una
intensità luminosa di 110 Lux/sec,
misurata al centro del foro di uscita.
La fibra ottica garantisce l’eliminazione dei rumori che potrebbero
derivare dall’eccessiva vicinanza
dello stimolatore flash al campo di
registrazione. Lo schermo bianco,
illuminato da due lampade al quarzo, mantiene, la retina adattata ad
un livello predeterminato di illuminazione (300 Cd/m2, 600 Cd/m2, 1200
Cd/m 2, 2000 Cd/m 2), misurato in
corrispondenza dell’occhio in
esame. Le misure sono state effettuate con un fotometro Gossen
Mastersix. Per ottenere una stimolazione mirata dell’area maculare, i
pazienti dovevano fissare un punto
al centro della lente positiva, che
permette un ingrandimento dell’immagine della fibra ottica. E’ stata
utilizzata una frequenza di stimolazione di 5 Hz, con tempo di analisi
di 300 millisecondi. L’acquisizione
del segnale è stata effettuata con
modalità monoculare, mediante
applicazione di elettrodi esploranti
30
congiuntivali. La distanza pazienteschermo è stata di 25cm in modo
da garantire la stimolazione di circa
7° centrali della retina. I parametri
valutati nell’analisi dei risultati del
FERG transient sono stati le
ampiezze della onde ‘b’ e la latenze
delle onde ‘a’ e ’b’.
Tutti i pazienti sono stati dilatati con
Tropicamide 1% ed esaminati con
l’eventuale correzione per vicino.
Questi accorgimenti sono sempre
stati seguiti al fine di permettere al
paziente una fissazione ottimale e
centralizzata della fibra ottica.
RISULTATI
• Caso 1: Paziente maschio di 31
anni con acuità visiva di 20/40, fundus tipico di Retinite pigmentosa,
campo visivo tubulare ed ERG standard con risposte marcatamente
ridotte (approssimativamente 95%
di riduzione della ampiezza) in
entrambi gli occhi. Il FERG è risultato presente, ma con risposte di
ampiezza ridotta in entrambi gli
occhi.
• Caso 2: Paziente maschio di 29
anni con acuità visiva di 20/15 nell’occhio destro e 20/300 nell’occhio
sinistro, fundus normale in OD ed
alterazione della macula in OS.
ERG standard, PEV pattern e PEV
da flash risultavano essere nella
norma. Il FERG nell’occhio destro
era nella norma e nell’occhio sinistro aveva una riduzione approssimativamente del 70% in confronto
con l’occhio destro. Questi risultati
concordano con una diminuizione
dell’acuità visiva conseguente alla
maculopatia, ossia alla scarsa funzione dei coni maculari.
• Caso 3: Paziente femmina di 69
anni con acuità visiva nell’occhio
destro di 20/200 in OD e OS di
20/100, fundus con papilla pallida e
alterazione del PEV da pattern e da
flash in entrambi gli occhi. FERG
nella norma in entrambi gli occhi.
• Caso 4: Paziente femmina di 69
anni con acuità visiva di 20/30 in
OD e 20/20 OS. Campo visivo alterato. Portatrice di Glaucoma, con
PEV alterato e ERG standard nella
norma. Il FERG era nella norma,
dimostrando la perfetta funzione dei
coni maculari. La bassa acuità visiva probabilmente è conseguente a
un’alterazione delle cellule ganglionari.
• Caso 5: Paziente femmina di 45
anni con acuità visiva di 20/25 nell’occhio destro e 20/20 nell’occhio
sinistro. L’ERG standard e il FERG
sono risultati nella norma in entrambi gli occhi.
• Caso 6: Paziente femmina di 54
anni con acuità visiva di 20/15 ed
ERG standard nella norma in
entrambi gli occhi. La macula dell’occhio destro era nella norma
mentre nell’occhio sinistro mostrava
una discreta alterazione del riflesso
foveale. Il FERG è risultato essere
nella norma nell’occhio destro e con
una riduzione approssimativa del
25% nell’occhio sinistro rispetto
all’altro occhio. In questa paziente il
FERG è stato eseguito con due
modalità. Una nel modo standard
prima descritto e un altro utilizzando
elettrodi palpebrali per verificare la
differenza di ampiezza fra le due
risposte. È stato verificato immediatamente la migliore precisione della
prima tecnica descritta. L’utilizzazione degli elettrodi palpebrali determina risposte di ampiezza ridotta e
non stabili, suscettibili a qualsiasi
contrazione della muscolatura palpebrale.
• Caso 7: Paziente femmina di 69
anni con acuità visiva di 20/20 in
entrambi gli occhi e pseudoforo
maculare nell’occhio sinistro confermato con OCT. Il FERG è risultato
essere di ampiezza ridotta nell’occhio sinistro del 27,57% in confronto
all’occhio destro quando la retina
era adattata ad un livello predeterminato di illuminazione di 300 Cd/m2
e di ampiezza ridotta nell’occhio
sinistro del 15% in confronto all’occhio destro con 600 Cd/m2. Questa
differenza fra i 2 occhi era minore
con un’illuminazione di fondo con
1200 e 2000 Cd/m2.
• Caso 8: Paziente femmina di 55
anni con Lupus Eritematoso Sistemico con acuità visiva di 20/15 in
entrambi gli occhi. Gli esami elettrodiagnostici sono stati indicati prima
dell’utilizzazione di IdrossiclorochiOftalmologia Sociale N.1-2004
LAVORI SCIENTIFICI
na. L’ERG standard era nella
norma. Il FERG ha rivelato in OS
una riduzione dell’ampiezza della
risposta approssimativamente del
50% rispetto all’altro occhio. Nella
macula dell’OS è stata constatata
una maculopatia a cellophane.
• Caso 9: Paziente femmina di 44
anni, con acuità visiva di 20/50 nell’occhio destro e 20/20 nell’occhio
sinistro. ERG standard nella norma.
PEV da pattern e da flash nella
norma nell’occhio sinistro e alterato
nell’occhio destro. FERG nella
norma in entrambi gli occhi.
• Caso 10: Paziente femmina di 21
anni, con acuità visiva di 20/100,
fundus con degenerazione retinica
per 360° ed atrofia ottica. L’ERG
standard presentava risposte non
valutabili oltre la soglia del rumore
di fondo in entrambi gli occhi. La
risposta del FERG era non valutabile. Questi risultati dimostrano un
stato avanzato della malattia con il
coinvolgimento anche dei coni centrali.
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
L’importanza di standardizzare una
tecnica per la registrazione dell’Erg
Focale, è facilmente intuibile. Attualmente, l’uso del FERG nella pratica
clinica è frequente, non solo come
ausilio diagnostico ma anche nel
follow-up di pazienti con alterazione
della funzione dei coni foveali. Vari
studi sull’alterazione del FERG nelle
diverse patologia sono già stati
effettuati.
Nella corioretinopatia sierosa centrale idiopatica il FERG è significativamente ridotto e la latenza è significativamente aumentata6.
Pazienti con diversi tipi di retinopatie pigmentosa che presentavano
acuità visive superiori ai 20/30, presentavano un FERG normale ed in
tutti i pazienti con acuità visiva inferiore ai 20/40 si riscontrava una
riduzione dell’ampiezza del FERG7.
Nel caso 1 (Retinite pigmentosa)
del presente lavoro, il FERG era
presente ma con risposta di
ampiezza ridotta. Questo risultato
concorda con la presenza di coni
maculari ancora funzionanti, infatti
Oftalmologia Sociale N.1-2004
in questa malattia, i coni sono solitamente preservati in confronto ai
bastoncelli. Ciò evidenzia l’importanza dell’esame nel follow-up della
malattia, infatti il FERG è ritenuto un
metodo potenzialmente utile nel
valutare la funzione dei coni maculari in diversi stadi della Retinite Pigmentosa14.
Tutti i pazienti con Degenerazione
Maculare Giovanile Ereditaria e
acuità visiva inferiore a 20/50 presentavano un FERG alterato: le
ampiezze tendono ad essere ridotte
e le latenze aumentate, fra pazienti
con acutezza visiva inferiore a
20/2007. Nei pazienti con Maculopatia, le risposte sono state di ampiezza significativamente ridotta in tutti
gli occhi con acuità visiva inferiore
ai 20/405. Il FERG è risultato essere
alterato nel paziente con Degenerazione Maculare quando l’acuità visiva è compresa tra 20/40 e 20/802. Il
caso 2 (calo visus e maculopatia),
presenta un FERG alterato. Il FERG
in occhi con Maculopatia ed acuità
visiva inferiore a 20/40 è risultato
essere alterato nel 91% dei casi
dimostrandosi così essere un test
ad alta sensibilità. Quindi un FERG
normale esclude con relativa affidabilità che la possibilità della riduzione della acuità visiva sia dovuta ad
un problema maculare3. Nel caso 3
(papilla pallida) e caso 4 (glaucoma)
il FERG era nella norma, indicando
pertanto una buona funzionalità dei
coni maculari. La riduzione dell’acuità visiva dovrebbe quindi, in questo caso, essere dovuta ad una
patologia a carico del nervo ottico.
Nel caso 5 il FERG risultava essere
nella norma in entrambi gli occhi
indicando quindi una buona funzionalità dei coni. La riduzione dell’acuità visiva nell’occhio destro non è
imputabile quindi, in questo caso ad
un’alterazione dei coni.
Nel caso 6 il FERG è risultato essere nella norma nell’occhio destro e
ridotto in ampiezza approssimativamente del 25% nell’occhio sinistro
rispetto all’occhio destro. Questo
risultato conferma la sensibilità del
FERG. Comunque occorre ricordare
che una riduzione del FERG non
indica necessariamente un abbas-
samento dell’acuità visiva centrale
come dimostrato nel caso 7 3 . In
questo caso quando la retina è
adattata ad un livello predeterminato di illuminazione di 1200-2000
Cd/m 2 la sensibilità dell’ esame è
risultata ridotta. Questa riduzione
potrebbe essere spiegata con una
desensibilizzazione dei coni dovuta
all’illuminazione troppo alta ed al
conseguente fenomeno di abbagliamento. Questo risultato può essere
importante per scegliere l’adattamento della retina ad un livello ideale intorno a 600 Cd/m2.
La risposta può essere alterata
anche con l’ acuità visiva di 20/20.
Nel caso 8, infatti, avendo riscontrato una riduzione della ampiezza del
FERG nell’occhio sinistro di circa il
50% rispetto all’occhio controlaterale, è stato condotto un esame più
approfondito del fundus. Tale
esame ha mostrato in OS una iniziale ‘maculopatia a cellophane’.
Riteniamo questo caso interessante
in quanto ha mostrato la sensibilità
del FREG anche in soggetti con
visus perfettamente nella norma.
L’importanza dell’esame nel controllo dell’intossicazione da Idrossiclorochina (Plaquenil) non ancora
dimostrata, ma dovrebbe essere
considerata.
E’ stata trovata una correlazione
scarsamente significativa tra i valori
logaritmici della scala di Snellen e i
valori (logaritmici) dell’ampiezza del
FERG negli occhi di pazienti con
fori maculari. Questo può essere
dovuto alle relativamente grandi
dimensioni dello stimolo focale del
FERG se confrontato con le dimensioni di alcuni fori maculari più piccoli15.
Risultati ottenuti in pazienti con foro
maculare idiopatico (precedentemente diagnosticato) presentano
una significativa inversione della
correlazione tra diametro del foro
maculare ed ampiezza del FERG.
In un follow-up medio di 35 mesi,
l’ampiezza del FERG negli occhi
controlaterali di questi pazienti può
essere importante nel predire quali
di questi occhi svilupperanno successivamente un foro maculare. Se
il FERG è normale, l’occhio contro31
LAVORI SCIENTIFICI
laterale non è a rischio di sviluppare
un foro maculare, mentre una alta
percentuale dei pazienti con riduzione dell’ampiezza del FERG, svilupperà successivamente un foro
maculare nonostante la buona
acuità visiva ed una fovea apparentemente nella norma durante la visita oftalmologia iniziale16.
Comunque, siccome FERG con
ampiezza nella norma sono stati
trovati nello strabismo, nell’ambliopia e nell’atrofia ottica, 17 questo
esame è potenzialmente utile per
studiare pazienti con ridotta acuità
visiva, particolarmente a livelli inferiore a 20/40, dovuti a degenerazione dei coni foveolari. Nel caso 9 il
FERG era nella norma in entrambi
gli occhi. Questi risultati dimostrano
la perfetta funzione del coni centrali
e la possibilità che il calo visivo sia
dovuto ad una alterazione presente
ad un livello compreso tra le cellule
ganglionari e la corteccia occipitale.
In alcuni occhi, il FERG può essere
ridotto in pazienti con maculopatia
che mantengono un'acuità visiva
vicina alla norma come nei casi 5 e
6. Questi risultati possono avere
implicazioni prognostiche importanti
per la futura perdita dell'acuita visiva centrale.
Nel caso 10 (degenerazione retinica
e atrofia ottica), la risposta del
FERG non era valutabile in entrambi gli occhi. Questi risultati dimostrano uno stato avanzato della malattia
con coinvolgimento dei coni maculari.
Nell’edema maculare cistoide, le
ampiezze dei FERG erano diminuite
solo nel 35% dei casi, dimostrando
che la maggior parte di questi
pazienti avevano una retina esterna
nella norma18.
L’ERG focale è utile per stabilire l’eziologia di quei rari casi con calo
visivo ad eziologia ignota. In un
lavoro sono stati studiati 5 pazienti
senza alterazioni del fondo oculare,
con fluorangiografia negativa e con
ERG standard nella norma. In questi pazienti il FERG è risultato alterato19. Questi dati si contrappongono alle osservazioni, precedentemente riportate in altri lavori, di
FERG normali in pazienti con ridu32
zione della visione centrale secondaria a neuropatia, atrofia
ottica17,20,21, strabismo e ambliopia17,10.
L’Erg focale necessita pertanto di
ulteriori studi qualora si voglia assicurare una maggior precisione nella
diagnosi delle maculopatie o di alterazioni oftalmologiche mal definiti.
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Oftalmologia Sociale N.1-2004
LAVORI SCIENTIFICI
Coinvolgimento del TGF-β
nelle patologie della retina
N. Pescosolido *, C. Cantarelli**, L. Paffetti***, G. Scarsella****
* Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento, ** Biologa,
***Dipartimento di Scienze Oftalmologiche, **** Dipartimento di Biologia Cellulare e dello Sviluppo
Università degli Studi “La Sapienza” - Roma
Le malattie della retina sono dette
retinopatie; esse si manifestano con
sintomi diversi in relazione alla
parte della retina che viene colpita
(Thumann e Hinton, 2001).
Le malattie che interessano la retina
centrale, dette maculopatie, causano una riduzione della vista con
distorsione dell 'immagine e la comparsa di macchie scure nella parte
centrale del campo visivo.
Molte di queste malattie sono di
natura congenita, cioè sono presenti fin dalla nascita. Alcune di esse
sono ereditarie, come ad esempio
la malattia di Best, altre sono causate da infezioni contratte dalla
madre durante la gravidanza,
come nel caso della toxoplasmosi.
Altre forme di maculopatie sono,
invece, acquisite, cioè insorgono
dopo la nascita per cause molteplici, quali traumi, infezioni, effetto
delle radiazioni ultraviolette per
eccessiva esposizione al sole.
Le malattie che interessano la retina
periferica causano alterazioni del
campo visivo, che può risultare
ristretto o presentare degli scotomi,
cioè difficoltà nella visione notturna
e visione di lampi luminosi. Una tra
le più gravi forme di patologia retinica periferica è la retinite pigmentosa: si tratta di una malattia ereditaria caratterizzata dalla progressiva ed irreversibile degenerazione
della retina che si manifesta con
grave riduzione del campo visivo.
Un'altra patologia che interessa più
spesso la retina periferica è il
distacco di retina.
Il distacco di retina: patofisiologia,
prevenzione e risoluzione
II distacco di retina è una patologia
caratterizzata da una separazione
della neuroretina dell’epitelio pigOftalmologia Sociale N.1-2004
mentato che può essere causato da
vari fattori, tra cui traumi, malformazioni, processi infiammatori, tumori.
Esistono tre tipi di distacco di retina:
il distacco regmatogeno, il distacco
trazionale ed il distacco essudativo
(Straub, 1989).
1. - Il distacco regmatogeno. È il più
frequente ed è dovuto ad una rottura della retina che permette all'umor vitreo di passare attraverso
l'apertura portandosi al di dietro
della neuroretina permettendo lo
scollamento dalla sua porzione aderente (epitelio pigmentato). Il processo che porta al distacco regma-
togeno ha inizio con una modificazione dello stato dell'umor vitreo.
Per diverse cause, quali caldo,
sudorazione, traumi, il vitreo, per
sua natura gelatinoso, può denaturarsi liquefacendosi. Questo fenomeno, noto come distacco posteriore del vitreo, non avviene in maniera simultanea per tutto il vitreo, ma
parzialmente a compartimenti. Ne
risulta che la porzione liquefatta
perde l'aderenza con la parete interna retinica creando uno spostamento della massa vitreale a carico
della porzione ancora gelificata.
Questa, rimanendo saldamente
aderente e non avendo più un sup-
Fig.1 - Quando il vitreo perde la sua componente acquosa tende a collassare portandosi la retina con se (Hinton, 2002). Se il processo non si arresta, si produce una rottura retinica. Attraverso questa rottura, parte del vitreo liquefatto passa al di sotto
della retina provocandone il progressivo distacco
33
LAVORI SCIENTIFICI
porto, può lacerare la retina a causa
della trazione esercitata (Fig 1). La
maggior parte dei distacchi posteriori di vitreo non causano una rottura della retina e quindi non hanno
esito in un distacco di retina. Quest'ultimo si verifica quando il processo non si arresta e causa una rottura retinica. In tal caso il vitreo passa
attraverso la rottura e scolla la
retina, che si stacca prima parzialmente e poi totalmente (Fig.1).
2. - Il distacco trazionale. È generato da briglie di tessuto fibrovascolare che si formano all'interno della
cavità vitreale e che esercitano una
trazione centrifuga sulla retina scollandola. I casi più frequenti sono in
corso di due patologie proliferative
della retina, la vitreoretinopatìa
proliferatìva (Proliferative Vitreoretinopathy, PVR) e la retinopatia diabetica (Diabetic retinopathy, DR). La
PVR e la DR determinano la formazione di tessuto fibroso, la prima, e
di tessuto fibro-vascolare, la seconda, che dalla superficie della retina
prendono contatto con il vitreo
generando forze frazionali che culminano con il distacco di retina.
3. - Il distacco essudativo. È solitamente dovuto ad essudazione di
liquido che si posiziona sotto la retina scollandola. Questo distacco è
associato a tumori o infiammazioni
oculari. In questo tipo di distacco,
non esistendo una rottura, il fluido
crea una sorta di raccolta di liquido
che si sposta in relazione alle posizioni corporee assunte; la retina
distaccata può sollevarsi cosi'
tanto da raggiungere il cristallino.
I sintomi premonitori del distacco di
retina sono: visione di flash luminosi, di corpi mobili (le cosiddette
"mosche volanti"), a cui si aggiunge
una visione di “tenda oscura calata", presente quando il distacco di
retina è conclamato.La prevenzione
del distacco di retina è essenziale:
essa si basa su visite periodiche
soprattutto in presenza dei suddetti
sintomi e nei soggetti miopi che presentano un ulteriore fattore di
rischio. L'esame del fondo dell'occhio può rilevare la presenza di rotture o di aree di debolezza del tessuto retinico, che talora impongono
un trattamento laser; questo è mirato a circondare la zona a rischio con
numerose e piccole bruciature atte
a creare uno sbarramento della
lesione, cioè a rinforzare la retina
attorno alla rottura, prima che il
vitreo passi dietro la retina scollan-
dola.
Una volta che il distacco di retina si
è verificato, la terapia è solamente
chirurgica. L'intervento chirurgico
deve essere eseguito tempestivamente per diverse ragioni: il distacco di retina non curato tende ad
estendersi; la retina distaccata non
si nutre, perde progressivamente
vitalità e tende ad irrigidirsi e ad
accorciarsi. Un ritardo nell'intervento chirurgico può, quindi, ridurne le
probabilità di successo.
Vi sono sostanzialmente due strade
per il trattamento chirurgico del
distacco di retina: il cerchiaggio e la
vitrectomia.
1. Il cerchiaggio. È la terapia chirurgica più utilizzata nel caso di distacco regmatogeno. L'intervento si
effettua praticando delle punture
evacuative sulla sclera, per favorire
la fuoriuscita del liquido vitreale
accumulatesi, e trattando la sede di
rottura con una sonda congelante
(crioterapia) o con laser (foto-coagulazione laser). In questo modo si
determina una cicatrice adesiva che
chiude la rottura. L'adesione viene
rinforzata applicando un cerchiaggio
circonferenziale mediante una banderella di silicone (Fig.2).
2. La vitrectomia. Viene effettuata
Fig.2 – Cerchiaggio. Allo scopo di stabilizzare la retina, dopo interventi chirurgici per la risoluzione del distacco regamatogeno,
vengono applicate bande e blocchi di silicone che vengono suturati alla parete oculare in modo da provocarvi un’impronta permanente
34
Oftalmologia Sociale N.1-2004
LAVORI SCIENTIFICI
Fig.3 – Rappresentazione schematica di un intervento chirurgico di vitrectomia. A:
microforbice che solleva ed incide le membrane vitreali. B: sonda aspirante. E: fibra
ottica illuminante. F: vitreo
nei casi di distacco trazionale. Questo intervento si effettua ab interno,
entrando cioè nell'umor vitreo; con
appositi strumenti si asportano le
membrane di tessuto fibroso neoformatesi eliminando, in questo modo,
la trazione che esse esercitano
sulla retina (Fig.3). Al termine dell'intervento si introducono dei gas
o dell'olio di silicone con lo
scopo di mantenere la retina ben
distesa e attaccata. Nel caso di retinopatia proliferativa diabetica si
deve poi eseguire un trattamento
laser diffuso delle aree ischemiche
per prevenire recidive della malattia.
Il recupero visivo dopo tali interventi
è di difficile quantificazione e dipende soprattutto dallo stato retinico
precedente l'intervento. Inoltre, è
possibile che a seguito di un primo
intervento insorgano complicazioni,
quali l'insorgenza di vitreoretinopatia proliferativa, che possono rendere inefficace il trattamento determinando i presupposti per un nuovo
distacco retinico (Charteris et al.,
Oftalmologia Sociale N.1-2004
2002).
1) La vitreoretinopatia proliferativa (PVR) ed il coinvolgimento del
β nella sua patogenesi
TGF-β
• Patogenesi della vitreoretinopatia
proliferativa
La vitreoretinopatia proliferativa
(Proliferatìve Vitreoretinopathy,
PVR) è una patologia che si manifesta con la formazione, sulle superfìci esterna ed interna della retina e
nell 'umor vitreo, di membrane fibrose che esercitano forze trazionali
sulla retina causandone il distacco
(distacco di retina trazionale). Questa retinopatia si presenta come
conseguenza di un distacco regmatogeno primario protrattosi nel
tempo, con una incidenza del 510% nei distacchi regmatogeni
(Charteris et al., 2002).
La PVR è, inoltre, la causa principale di insuccesso della chirurgia del
distacco retinico: circa un paziente
su dieci sottoposto a vitrectomia a
seguito di distacco di retina sviluppa
la PVR (Hinton et al., 2002).
La PVR è un complesso processo
di eventi simili a quelli che si verifìcano nella reazione infiammatoria a
seguito di un danno tissutale: essa
comprende una fase infiammatoria, una fase proliferativa ed una
fase di rimodellamento (Wiedemann, 1999). Questa patologia
viene innescata dalla rottura della
barriera retina-vasi sanguigni che
separa la retina dall 'umor vitreo e
che può verifìcarsi non solo direttamente a causa di distacco regmatogeno ma anche come conseguenza
di interventi chirurgici di correzione
del distacco di retina. La PVR si
manifesta con la migrazione di cellule originate dall 'epitelio retinico
pigmentato (RPE) nella cavità occupata dall'umor vitreo, dove esse
vanno incontro ad un processo di
proliferazione ed acquisiscono una
morfologia fìbroblasto-simile.
Le cellule dell'RPE trasformate
acquistano la capacità di sintetizzare una matrice extracellulare fibrosa
che esercita forze contrattili sulla
retina determinandone il progressivo distacco trazionale (Straub,
2002).
Il termine vitreoretinopatia proliferativa fu introdotto nel 1983 dalla
"Retina Society Terminology Committee" come risultato della comprensione che la proliferazione cellulare era il processo essenziale alla
base di questa patologia vitreo-retinica; il termine vitreoretinopatia
designa la localizzazione delle
membrane fibrose sulle due superfìci distaccate della retina e sulla faccia posteriore del vitreo (Straub,
2002). La stessa "Retina Society
Terminology Committee" propose
una classificazione della PVR in
quattro stadi (A-D) a severità crescente della patologia, definiti sulla
base di caratteristiche cliniche
quali: intorbidimento del vitreo,
ispessimento e ripiegamento della
retina, deformazione della superficie
retinica adiacente alla rottura, tortuosità vascolare.
Questa classifìcazione,successivamente rivista, distingue le forme di
PVR anche in base alla localizzazione (anteriore/posteriore) del pro35
LAVORI SCIENTIFICI
DANNO A CARICO
DELLA RETINA
induzione della risposta
infiammatoria e di riparazione tissutale
MIGRAZIONE DELLE
CELLULE RPE NEL VITREO
ATTRAVERSO UNA MATRICE
EXTRACELLULARE
PROVVISORIA
PROLIFERAZIONE
E SDIFFERENZIAMENTO
DELLE RPE
DIFFERENZIAMENTO
DELLE RPE IN SENSO
MIO-FIBROBLASTICO
PRODUZIONE
DI MEMBRANE FIBROSE
CHE AVVOLGONO
VITREO E RETINA
CONTRAZIONE
DELLE MEMBRANE FIBROSE
DISTACCO TRAZIONALE
DELLA RETINA
Fig.4 – Fasi del processo di sviluppo
della vitreoretinopatia proliferativa
36
cesso proliferativo ed al suo tipo
(focale/diffuso/subretinico) (Charteris et al., 2002).
Lo sviluppo e l'evoluzione di questa
patologia può essere distinto in una
serie ben definita di fasi che partono
dal danno a carico della retina
(dovuto direttamente a distacco o
ad intervento chirurgico a seguito di
distacco) e terminano con la contrazione del vitreo ed il conseguente
distacco frazionale di retina. Il principale tipo di cellule coinvolte nella
PVR, come detto, sono le cellule
dell'epitelio pigmentato (RPE); queste, nell'occhio di soggetti sani, formano un monostrato di cellule
immobili, polarizzate e non proliferanti, unite apicalmente da giunzioni
strette e giunzioni aderenti, a contatto diretto con la retina (Thumann
e Hinton, 2001). Modificazioni che
interessano lo stato del ciclo cellulare e del differenziamento delle RPE
sono alla base della PVR. Il processo a cui vanno incontro queste cellule e che si conclude con lo stabilirsi del la patologia può essere distinto nelle seguenti tappe (Fig.4) (Hinton, 2002):
1. Migrazione delle RPE nel vitreo.
2. Sdifferenziamento e proliferazione delle RPE nel vitreo.
3.Differenziamento delle RPE in
senso miofìbroblastico e formazione
di multistrati nel vitreo.
4. Produzione di una matrice extracellulare fìbrotica che mette in contatto il vitreo con la superficie della
retina.
5. Contrazione della matrice fibrosa
e distacco trazionale della retina.
La prima fase del processo è innescata dal distacco primario della
retina: le cellule dell'RPE, nelle aree
che interessano il distacco, vanno
incontro ad una progressiva perdita
delle giunzioni intercellulari, si
separano dal monostrato e migrano
nell'umor vitreo invadendone l'intera
circonferenza. Le RPE in questa
fase di migrazione si muovono
all'interno di una matrice extracellulare provvisoria contenente fibrina
e fìbronectina plasmatiche e trombospondina. Il movimento delle
RPE dal loro sito di origine verso il
vitreo avviene sotto l'influenza di
sostanze con azione chemiotattica
presenti nel vitreo (Straub, 2002).
Nella fase seguente, le RPE vanno
incontro ad un processo di sdifferenziamento in cui perdono le caratteristiche proprie delle cellule epiteliali e successivamente iniziano a
proliferare generando gruppi di cellule disorganizzati con caratteristiche mesenchimali.
Il successivo re-differenziamento in
senso mesenchimale culmina nella
trasformazione "pseudo-metaplastica" delle RPE in cellule di tipo miofìbroblastico. Queste cellule trasformate, pur mantenendo alcune delle
caratteristiche epiteliali, quali la presenza della membrana basale,
acquisiscono la capacità di sintetizzare la componente proteica della
matrice extracellulare (come i veri
fibroblasti) e la capacità di contrarsi
grazie alla presenza nel citoplasma
di miofìbrille (Hinton et al., 2002).
Il passaggio alla quarta fase della
patologia (produzione della matrice
extracellulare fibrotica) avviene proprio grazie alle nuove capacità
acquisite durante il re-differenziamento dalle RPE. Queste cellule
fibroblasto-simili, che proliferando
hanno invaso il vitreo, iniziano a sintetizzare grandi quantità di collagene e di fìbronectina, proteine che
vanno a costituire la matrice extracellulare definitiva, utilizzando il
vitreo come superficie di adesione.
Questa matrice è costituita da membrane fibrose che si protendono
dalla superficie del vitreo per prendere contatto con la retina. Questo
stadio prelude alla fase finale in cui
le forze di contrazione generate
dalle cellule si propagano attraverso
le membrane fibrose fino alla superficie posteriore di contatto con la
retina; quest'ultima subisce prima
una deformazione per poi distaccarsi (Straub, 2002). Sono stati proposti due meccanismi alternativi alla
base della contrazione delle membrane fibrose (Charteris et al.,
2002). Il primo si basa sulla scoperta che le cellule fìbroblasto-simili
derivate dalle RPE contengono miofilamenti citoplasmatici (Hiscott et
al., 1999) i quali, contraendosi,
sarebbero in grado di produrre le
Oftalmologia Sociale N.1-2004
LAVORI SCIENTIFICI
forze trazionali che si generano
nella PVR.
Sistemi in vitro hanno dimostrato
che le RPE sono in grado di mediare la contrazione di una matrice di
collagene di tipo I prendendo contatto con le fibre di collagene
(Mazure e Grierson, 2002).
Risultati sperimentali hanno suggerito un meccanismo alternativo per
la contrazione delle membrane
fibrose, che coinvolgerebbe l'interazione tra cellule RPE e collagene.
Secondo questo modello, le fibre di
collagene sarebbero compresse dai
movimenti alternativi di estensione
e contrazione delle RPE (attraverso
ponti di fìbronectina che collegano
le RPE al collagene); la compressione delle fibre di collagene determinerebbe la contrazione del tessuto fibroso (Glaser et al., 2002a).
Per comprendere i meccanismi che
sono alla base della patogenesi
della PVR è necessario considerare
che questa patologia rappresenta
una forma di risposta infiammatoria
ad un danno tissutale (Hinton et al.,
2002).
Quando in un qualsiasì tessuto dell'organismo si determina un danno
(ad esempio una lesione traumatica
o causata da infezioni), nel tessuto
stesso si innesca una reazione
locale di difesa e di riparazione del
danno, che prende il nome di processo infiammatorio. Questo processo comprende modificazioni circolatorie e tissutali, intese inizialmente a creare una barriera che
impedisca l'estendersi della lesione
o dell'infezione, ed, infine, a consentire la ricostituzione dei tessuti
nella loro integrità. Nella reazione
infiammatoria si possono distinguere tre fasi (Casella e Taglietti, 1996).
a
1 fase. In questa fase si ha la comparsa, attorno al sito della lesione,
di sostanze fortemente attive sui
vasi sanguigni, l’istamina e le chinine. Queste sostanze svolgono una
duplice funzione: hanno un effetto
vasodilatatore sui vasi sanguigni
locali e ne aumentano la permeabilità. Quest'effetto permette il passaggio di proteine plasmatiche, tra
cui il fibrinogeno, essenziali per le
fasi successive dell'infiammazione.
Oftalmologia Sociale N.1-2004
Inoltre le sostanze liberate nel sito
di infiammazione svolgono una
potente azione chemiotattica verso
neutrofìli e macrofagi che intervengono nella seconda fase. Durante la prima fase si verifica anche la
formazione del coagulo ad opera
delle piastrine.
a
2 fase. Questa fase è caratterizzata
dall'invasione dell'area danneggiata
da parte dei neutrofìli circolanti, che
vengono richiamati dall'azione chemiotattica delle sostanze che sono
state prodotte nella prima fase.
Intervengono poi i macrofagi che si
concentrano nel sito d'infezione sia
per migrazione di quelli già presenti
nel tessuto che per trasformazione
dei monociti che escono dal circolo
sanguigno per diapedesi. Neutrofìli
e soprattutto, macrofagi, oltre a
svolgere un’intensa azione fagocitaria, producono sostanze con azione
chemiotattica per le cellule che
intervengono nell'ultima fase.
a
3 fase. Consiste nella riparazione
del danno tissutale mediante l'intervento dei fìbroblasti. Questi ultimi
vengono richiamati nel sito d'infezione dall'azione chemiotattica
esercitata dalle sostanze liberate
nelle fasi precedenti. I fìbroblasti iniziano a proliferare ed a deporre collagene che si organizza in fibre ordinate e permette la ricreazione della
matrice extracellulare definitiva e
riparazione del tessuto danneggiato.
Le diverse fasi del processo infiammatorio trovano riscontro nelle
tappe del processo patologico della
PVR (Tab. 1):
a
- La 1 fase dell'infiammazione si
ritrova anche nella PVR, dove il
distacco della retina, corrispondente al danno tissutale, determina
vasodilatazione, richiamo di proteine plasmatiche e formazione del
coagulo.
a
- Anche la 2 fase dell'infiammazione si realizza nella PVR, dove le
sostanze chemiotattiche concentratesi al confine retina-vitreo richiamano neutrofìli e macrofagi.
a
- L'equivalente della 3 fase del
processo infiammatorio è rappresentata nella PVR dalla migrazione
e proliferazione delle RPE che si
differenziano in senso fìbroblastico.
In questa fase, le RPE svolgerebbero quindi un ruolo analogo ai fìbroblasti, sintetizzando la componente
proteica della matrice extracellulare
che determina poi la contrazione del
vitreo ed il distacco di retina.
Il perfetto parallelismo tra la risposta
infiammatoria al danno tissutale e
l'instaurarsi della PVR (Tab.1) suggerisce che questa patologia possa
essere interpretata come una risposta infiammatoria "anomala" o
"eccessiva" caratterizzata dall'accumulo di un numero eccessivo di cellule fibroblasto- simili (originate
dalle RPE) seguito dalla deposizione incontrollata di matrice extracellulare e dalla formazione di tessuto
fibroso (Wiedemann, 1999).
• Ruolo del TGF-β e di altri fattori di
crescita nella PVR
Studi recenti sulla patogenesi della
PVR hanno dimostrato che i fattori
di crescita svolgono un ruolo centrale in tutte le fasi di questa patologia,
agendo come mediatori degli eventi
cellulari descritti in precedenza. I
fattori di crescita hanno la capacità
di regolare la chemiotassi, la proliferazione e la trasformazione delle
RPE e di controllare l'elaborazione
della matrice extracellulare fibrosa
da parte delle RPE stesse (Charteris et al., 2002). Risultati di esperimenti eseguiti su colture cellulari in
vitro hanno mostrato che l'umor
vitreo, estratto da pazienti affetti da
PVR, è in grado di trasmettere alle
RPE segnali chemiotattici e proliferativi (Campochiaro et al., 2003).
Questi risultati hanno suggerito che
nel vitreo, durante il processo
infiammatorio innescato dal distacco di retina, si concentrano fattori in
grado di influenzare fortemente le
RPE, governandone il comportamento e lo stato del ciclo cellulare.
Analisi immunoistochimiche eseguite sul vitreo di pazienti affetti da
PVR hanno, infatti, mostrato la presenza di molteplici fattori di crescita
che sono notoriamente implicati nei
processi infiammatori in risposta al
danno tissutale, dimostrando l'esistenza di una buona correlazione
tra la presenza di fattori stimolanti la
37
LAVORI SCIENTIFICI
Risposta infiammatoria
PVR
Danno tissutale
Distacco di retina
Vasodilatazione e coagulazione
Richiamo di neutrofili e macrofagi
Migrazione e proliferazione dei fibroblasti
Sintesi della matrice extracellulare
e riparo tissutale
Migrazione e proliferazione delle RPE,
differenziamento in senso fibroblastico
Sintesi di eccessiva matrice extracellulare
e formazione di tessuto fibroso
Tab.1 – Parallelismo tra risposta Infiammatoria e PVR
chemiotassi e la proliferazione ed il
grado di severità della PVR (Limb et
al., 2001).
Nella tabella 2 è riportato un elenco
dei fattori di crescita identificati e
della loro nomenclatura (Wiedemann, 1999).
Il primo fattore di crescita che interviene nella cascata di eventi cellulari che conduce alla PVR è il fattore
di crescita piastrinico (PDGF), prodotto dalle piastrine durante la formazione del coagulo.
IL PDGF esercita una potente azione chemiotattica sulle cellule RPE e
rappresenta il primo stimolo che le
induce alla migrazione verso il
vitreo. L'azione chemiotattica del
PDGF è diretta anche verso i
macrofagi che vengono richiamati
dal circolo sanguigno e che contribuiscono, essi stessi, a secernere
questo fattore mantenendone i
livelli elevati nel vitreo nel corso
della PVR. Il PDGF interviene
anche nelle fasi successive della
PVR, stimolando la proliferazione
delle RPE, la deposizione di collagene e la contrazione delle mem38
brane fibrose. La famiglia dei fattori
di crescita dei fìbroblasti (a/b FGF)
è coinvolta principalmente nella stimolazione della proliferazione delle
RPE nel vitreo. Un ruolo importante
nella patogenesi della PVR è svolto
anche dal TNF-α noto per il suo
coinvolgimento nelle risposte
infiammatorie; questo fattore, sintetizzato principalmente dai macrofagi
e riversato nel vitreo, ha una potente azione mitogena sulle RPE e stimola la produzione di collagene.
Anche il fattore di crescita insulinosimile (IGF) interviene nel movimento chemiotattico delle RPE e nella
stimolazione della loro proliferazione (Wiedemann, 1999).
Il fattore di crescita protagonista
della PVR è, però, il TGF-β. Ne è
testimonianza il fatto che i suoi livelli
nel vitreo di pazienti affetti da PVR
sono drammaticamente più alti
rispetto ai livelli nel vitreo di occhi
sani (Kon et al., 1999). Durante le
fasi iniziali della PVR, le piastrine
sono la fonte principale di TGF-β, il
quale viene riversato nel vitreo in
corrispondenza delle aree interes-
sate al distacco della retina. L'isoforma TGF-β-2 è inoltre normalmente presente nel vitreo nella sua
forma inattiva; l'incremento dei livelli
di questa citochina nel vitreo in presenza di PVR è anche dovuto alla
conversione della forma inattiva in
forma attiva ad opera della trombospondina, proteina presente nella
matrice extracellulare provvisoria
durante il processo infiammatorio
(Hinton et al., 2002).
L'accumulo locale di TGF-β innesca
una cascata di eventi finalizzati alla
riparazione tissutale:
1. a livello trascrizionale, TGF-β stimola l'espressione del suo stesso
gene e di altri geni codificanti per
altri fattori di crescita coinvolti nelle
riparazioni tissutali, quali TNF-α,
bFGF e PDGF stesso,
2. svolge un'azione chemiotattica
sui macrofagi e sulle RPE,
3. interviene nel processo di trasformazione delle RPE in cellule fìbroblasto simili,
4. stimola la produzione di collagene e fìbronectina da parte delle
RPE trasformate, svolgendo un
Oftalmologia Sociale N.1-2004
LAVORI SCIENTIFICI
Fattore
Abbreviazione
Fattore di crescita piastrinico
(Plateled derived growth factor)
PDGF
Fattore di crescita trasformante beta
(Trasforming growth factor beta)
β
TGF-β
Fattori di crescita dei fibroblasti acidi e basici
(Acidic and Basic fibroblast growth factors)
Fattore di crescita insulino-simile
(Insuline-like growth factor)
a/b FGF
IGF
Fattore necrotico tumorale alfa
(Tumor necrosis factor alfa)
α
TNF-α
Fattore di crescita dell’epitelio
(Epidermal growth factor)
EGF
Fattore di crescita degli epatociti
(Hepatocyte growth factor)
HGF
Fattore di crescita del tessuto connettivo
(Connective tissue growth factor)
CTGF
Tab.2 – Fattori di crescita identificati nel vitreo di pazienti affetti da PVR
Oftalmologia Sociale N.1-2004
39
LAVORI SCIENTIFICI
ruolo fondamentale nella produzione della matrice extracellulare fibrotica caratteristica della PVR,
5. induce la contrazione delle membrane fibrose.
Il ruolo preminente del TGF-β nella
patogenesi della PVR si esplica
proprio attraverso la sua azione promuovente la sintesi di collagene e
fìbronectina, che sono i costituenti
proteici responsabili della formazione delle membrane fibrose. Come
già visto in precedenza, il TGF-β
esplica questa azione in due modi:
inducendo l'espressione dei geni
codificanti il collagene e la fìbronectina ed inibendo la degradazione
proteolitica della matrice extracellulare (Wiedemann, 1999).
Recenti risultati sperimentali hanno
mostrato l'intervento di altri due fattori di crescita nello sviluppo della
PVR: membrane fibrose escisse
chirurgicamente da pazienti affetti
da PVR e sottoposte ad analisi
immunoistochimiche hanno rivelato
l'accumulo di alte concentrazioni del
Fattore di crescita →
fattore di crescita degli epatociti
(HGF) e del fattore di crescita del
tessuto connettivo (CTGF) (Hinton
et al., 2002).
E' stato ipotizzato che l'HGF sia il
principale mediatore, insieme al
PDGF ed al TNF, delle fasi iniziali
della PVR, inducendo la separazione delle RPE dallo strato monocellulare e la formazione di una membrana invasiva contenente cellule
RPE sdifferenziate.
L'HGF è un fattore di crescita pleiotropico nei processi infìammatori,
originariamente isolato dalle piastrine, che agisce prevalentemente
sulle cellule epiteliali su cui ha
un'azione stimolante la proliferazione, la morfogenesi e la chemiotassi
ed ha un effetto anti-apoptotico
(Tab.3) (Grierson et al., 2000).
Anche le cellule RPE sono in grado
di secernere l 'HGF, determinandone, insieme alle piastrine, un incremento dei livelli nel vitreo. L'HGF è
in grado di modulare la localizzazione delle proteine di giunzione inter-
β
TGF-β
PDGF a/bFGF
Chemiotassi RPE
+
+
Proliferazione RPE
-
+
Transdifferenziamento
RPE in mio-fibroblasti
+
Sintesi matrice
extracellulare fibrosa
+
+
Contrazione matrice
fibrosa
+
+
EGF
cellulari e di interagire con le molecole della matrice extracellulare,
mostrando un'alta affinità per la
trombospondina (Briggs et al.,
2000). Mediante colture cellulari in
vitro, è stato dimostrato che l'HGF
induce i maggiori cambiamenti
morfologici che si verificano nelle
RPE durante la PVR: perdita delle
giunzioni intracellulari, migrazione
nel vitreo e proliferazione. Infine, il
fattore HGF è in grado di indurre l'espressione del TGF-β (Hinton et al.,
2002).
Il secondo fattore di crescita isolato,
il CTGF, funziona, invece, come
mediatore della formazione del tessuto fibrotico. La sua espressione è
indotta dal TGF-β ed il suo bersaglio sono le cellule RPE trasformate
in cellule fibroblasto -simili; il CTGF
ne stimola la proliferazione, la deposizione della matrice extracellulare
ed ha un effetto pro-apoptotico
(Tab.3). L'espressione coordinata
del CTGF e del TGF-β è stata dimostrata in numerose patologie carat-
IGF
α
TNF-α
HGF
CTGF
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Tab.3 – Coinvolgimento dei fattori di crescita nella PVR
40
Oftalmologia Sociale N.1-2004
LAVORI SCIENTIFICI
terizzate dallo sviluppo di tessuti
fìbrotici, quali la fibrosi del rene, la
fibrosi del miocardio e l'aterosclerosi.
E' stato recentemente proposto un
modello per spiegare la patogenesi
della PVR sulla base dei potenziali
ruoli svolti dall'HGF, dal CTGF e
dal TGF-β. In questo modello, il
distacco di retina induce una risposta infiammatoria che determina
l'attivazione delle RPE e l'espressione dell'HGF (mediata dalle piastrine). L'HGF, insieme al PDGF, induce la separazione delle RPE dal
monostrato, promuove la formazione di gruppi invasivi di cellule RPE
sdifferenziate e proliferanti (anche
grazie al suo effetto anti-apoptotico)
e ne stimola la migrazione verso il
vitreo (azioni svolte in maniera coordinata con i fattori PDGF, a/bFGF,
TNF-α ed IGF). Queste RPE sono
immerse in una matrice provvisoria
che include la trombospondina. Le
RPE entrano in contatto con il vitreo
che contiene un'elevata concentrazione di TGF-β nella sua forma inattiva. Il TGF-β è attivato da meccanismi che includono l'intervento della
trombospondina e la sua secrezione
da parte delle RPE è stimolata dall'HGF e dal PDGF. L'incremento dei
livelli di TGF-β attivo, oltre a potenziare l'azione chemioattrattrice del
vitreo sulle RPE, ha come effetto
l'attivazione trascrizionale del CTGF
nelle RPE stesse. Sotto l'influsso
del TGF-β e del CTGF le RPE si
trasformano acquisendo la morfologia mio-fìbroblastica ed ha inizio la
formazione delle membrane fibrose.
I mio-fibroblasti iniziano a sintetizzare grandi quantità di collagene e
fìbronectina; successivamente l'azione pro-apoptotica del CTGF
induce la morte delle cellule incluse
nella matrice che diviene quasi
completamente costituita da fibre. A
questo punto le restanti cellule RPE
si contraggono determinando l'accorciamento delle membrane fibrose ed il conseguente distacco frazionale di retina. Il distacco della
retina innesca nuovamente la
risposta infiammatoria e potenzia il
processo di sviluppo di PVR a ciclo
continuo.
Oftalmologia Sociale N.1-2004
Studi su colture di RPE estratte dal
vitreo in vari stadi di PVR ed esposte all'azione del TGF-β mostrano
come l'effetto di questa citochina sia
fortemente influenzato dallo stato
delle cellule bersaglio.
L'effetto del TGF-β è di tipo:
1. anti-proliferativo sulle RPE isolate
da stadi precoci di PVR, che presentano ancora caratteri di cellule
epiteliali
2. stimolante la proliferazione sulle
RPE sdifferenzate (con caratteristiche mesenchimali), in stadi intermedi di PVR
3. di induzione del transdifferenziamento in senso mio-fìbroblastico, in
stadi tardivi di PVR.
• Risoluzione della PVR: intervento
chirurgico e trattamenti aggiuntivi
A dispetto dei progressi ottenuti
nella chirurgia vitreoretinica, la PVR
rappresenta attualmente una patologia di diffìcile risoluzione, considerata la sua elevata incidenza pre - e
post-operatoria nei casi di distacco
regmatogeno di retina primario.
Attualmente la ricerca si sta orientando verso più soluzioni (Charteris
et al., 2002):
1. perfezionamento delle tecniche di
chirurgia per il distacco di retina, al
fine di risolvere i casi di distacco di
retina primario complicato da PVR e
prevenire l'insorgenza postoperatoria di PVR,
2. predizione del rischio di insorgenza di PVR in pazienti da sottoporre
a chirurgia per distacco di retina
3. sviluppo di trattamenti farmacologici aggiuntivi per incrementare il
successo del trattamento chirurgico.
Il principio di base del trattamento
chirurgico di distacco di retina complicato da PVR è lo stesso della chirurgia del distacco retinico in generale e cioè la chiusura dei punti di
rottura sulla retina e la completa eliminazione delle forze di trazione
dovute alle membrane fibrose. In
generale, le tecniche di vitrectomia
sono quelle più largamente impiegate per l'intervento su forme da
moderate a gravi di PVR. La manipolazione microchirurgica permette
la dissezione e la rimozione delle
membrane fibrose periretiniche
rimovendo, in questo modo, le forze
di trazione che agiscono sulla retina
e consentendone la guarigione. Poiché è ormai noto che la crioterapia
promuove la dispersione delle cellule RPE vive e, quindi, la ricorrenza
post-operatoria di PVR (Glaser,
2002b), viene preferita, quando
possibile, la fotocoagulazione
laser, che favorisce l'adesione
corio-retinica nei punti di rottura
della retina. Nei casi di PVR allo
stadio avanzato, è necessario ricorrere a retinotomia per rilassare le
forze trazionali, anche se la rimozione di aree troppo estese di retina
causa un incremento dell'incidenza di riproliferazione post-operatoria delle RPE. In linea teorica, poiché nella PVR le RPE sono una
fonte di matrice extracellulare e di
fattori di crescita, la rimozione delle
membrane fibrose che includono le
RPE, o mediante vitrectomia o retinotomia, dovrebbe ridurre la produzione intraoculare di questi componenti, mettendo fine al ciclo di proliferazione -contrazione.
Una fase molto importante dell'intervento chirurgico è la scelta della
sostanza da iniettare nel vitreo allo
scopo di mantenere la retina adesa
e di ripristinare la tonicità dell'occhio. Ad esempio, studi sperimentali
sull'impiego di olio di silicone, dopo
vitrectomia in occhi con PVR, hanno
mostrato un alto tasso di ripresa
della proliferazione retro-olio delle
membrane fibrose, probabilmente
per un effetto di compartimentalizzazione dei fattori di crescita e delle
cellule in uno spazio ristretto a contatto diretto con la retina.
L'attuale tasso di successo di chirurgia retinica nella risoluzione di
distacco complicato da PVR è del
90%, per interventi primari, e
dell'86% per interventi ripetuti
(Charteris et al., 2002).
La prevenzione dell'insorgenza
della PVR resta, comunque, la strada migliore da seguire per limitare
l'incidenza di questa patologia. Il
perfezionamento delle tecniche chirurgiche per il trattamento del
distacco di retina primario è alla
base della prevenzione dello sviluppo post-operatorio di PVR. Nei casi
41
LAVORI SCIENTIFICI
in cui, però, si verifica l’insorgenza
pre-operatoria di PVR o nei casi
considerati ad alto rischio di PVR
post-operatoria, è possibile ricorrere
all'impiego di trattamenti farmacologici aggiuntivi che aumentano la
probabilità di successo dell'intervento chirurgico. I progressi nella comprensione della patofìsiologia della
PVR hanno portato all'identificazione di diversi componenti del processo proliferativo che potrebbero
essere bersaglio dei trattamenti farmacologici. Questi trattamenti
potrebbero essere diretti verso:
1. il processo di proliferazione delle
cellule RPE,
2. la deposizione iniziale di fibrina
che funziona da impalcatura per la
successiva deposizione della matrice definitiva,
3. la produzione e la successiva
contrazione della matrice extracellulare,
4. i diversi fattori di crescita noti per
il loro coinvolgimento nella PVR.
1) Sono attualmente disponibili
diversi agenti farmacologici in grado
di inibire la proliferazione sia attraverso un effetto anti-proliferativo
generale che mediante inibizione di
specifici tipi cellulari. Ad esempio,
studi in fase cllnica hanno mostrato che la somministrazione dell'agente antiproliferativo 5-fluorouracile somministrato a pazienti (ad alto
rischio di sviluppare PVR) che
dovevano sottoporsi ad intervento
chirurgico per distacco primario ne
riduceva significativamente il tasso
d'insorgenza di PVR post-operatoria. Anche l'impiego di Daunorubicina, somministrata prima di eseguire la vitrectomia, ha mostrato
una riduzione nella percentuale di
incidenza di PVR post-operatoria
(Charteris et al., 2002).
La proliferazione ed i cambiamenti
morfologici a cui vanno incontro le
RPE nella PVR potrebbero essere
dovuti al blocco dell'apporto di acido
retinoico a queste cellule; risultati in
vitro hanno mostrato che l'acido
retinoico induce l'arresto del ciclo
cellulare in colture di RPE e ne previene lo sdifferenziamento, suggerendo un possibile impiego di questa sostanza nel trattamento pre42
ventivo della PVR. Attualmente
sono disponibili risultati preliminari
promettenti sulla somministrazione
orale di acido retinoico pre-operatori. Infine, su modelli animali, è stato
osservato che l'iniezione di olio di
silicone con aggiunta di acido retinoico nel vitreo riduce la probabilità
di distacco trazionale di retina
(Charteris et al., 2002).
2) Un altro possibile bersaglio per il
trattamento farmacologico aggiuntivo è la prevenzione della formazione della matrice di fibrina che si
verifica dopo intervento chirurgico
vitreo-retinico.
Studi clinici hanno dimostrato che
l'infusione di eparina nel vitreo riduce la formazione post-operatoria di
fibrina. Inoltre, l'eparina è in grado
di interferire con l'adesione cellulasubstrato legando la fìbronectina, di
legare i fattori di crescita coinvolti
nella PVR (quali PDGF, TGF-β e
FGF), e di inibire la proliferazione
delle RPE. La combinazione di queste attività rende l'eparina un potenziale farmaco multifunzionale per la
prevenzione dello sviluppo della
PVR (Charteris et al., 2002).
3) La contrazione delle membrane
fibrose rappresenta un altro evento
bersaglio della terapia farmacologica: come già detto, l'eparina è in
grado di bloccare (via fìbronectina)
l'adesione cellula-substrato e quindi
può essere impiegata per prevenire
la contrazione delle membrane.Un
altro agente noto per la sua capacità di inibire la contrattilità delle
RPE è la colchicina che, sperimentalmente, riduce il distacco di retina
e l'insorgenza della PVR (Charteris
et al., 2002).
4) Una terapia alternativa si basa
sull'impiego di farmaci ad azione
anti-infiammatoria. I corticosteroidi
sono in grado di modificare sia la
proliferazione cellulare che la
cascata degli eventi di risposta
infiammatoria innescati dal distacco
di retina. Studi su modelli animali
hanno mostrato come l'iniezione
intravitreo di desametasone riduca
la proliferazione cellulare ed il
distacco di retina trazionale; questa
azione potrebbe essere dovuta all'inibizione del processo infiammato-
rio (Charteris et al., 2002).
5) Infine, un ultimo bersaglio della
terapia farmacologia aggiuntiva
sono i fattori di crescita, considerato
il ruolo centrale che essi svolgono
nello sviluppo della PVR. L'inibizione o il blocco dell'azione dei fattori
di crescita sulle cellule target rappresenta un trattamento selettivo
diretto contro le cellule che vanno
incontro a proliferazione aberrante.
Attualmente è disponibile un numero limitato di farmaci bloccanti i fattori di crescita; esperimenti in vitro
hanno dimostrato che la protamina,
l'istone IIB, la polilisina e l'eparina
sono in grado di inibire la chemiotassi e la proliferazione delle RPE,
eventi mediati dai fattori di crescita.
Considerati i molteplici effetti del
TGF-β nelle diverse fasi della PVR,
una strategia da intraprendere
potrebbe essere quella di andare ad
agire sui livelli di questo fattore, sia
a livello trascrizionale che traduzionale. Ad esempio, si potrebbe sfruttare l'azione antiproliferativa esercitata dal TGF-β sulle cellule RPE nei
primi stadi della PVR. In ogni caso,
il progressivo aumento delle conoscenze sui meccanismi che controllano l'espressione e la maturazione
di questo fattore rappresenta una
promettente possibilità per l'impiego
di nuove strategie preventive
(Wakefild, 2003).
La maggiore limitazione al successo
di tutti i trattamenti farmacologici
aggiuntivi è la difficoltà di mantenere livelli terapeutici del farmaco nel
microambiente dell'interfaccia
vitreo-retina per tempi sufficienti a
garantire un'adeguata inibizione
della formazione delle membrane.
Singole iniezioni intravitreo degli
agenti farmacologici hanno un'emivita troppo breve per essere efficaci. Recenti sistemi di drug-delivery
hanno dato, però, risultati promettenti: ad esempio, l'impiego di polimeri lipofìlici biodegradabili è in
grado di garantire concentrazioni
adeguate di farmaco e non ha effetti
tossici (Charteris et al., 2002).
Nelle strategie di prevenzione dell'insorgenza post-operatoria di PVR
rientra anche l'individuazione di una
serie di parametri (fattori di rischio)
Oftalmologia Sociale N.1-2004
LAVORI SCIENTIFICI
che danno indicazioni sul rischio di
sviluppo di PVR post-operatoria per
i pazienti da sottoporre a chirurgia
per distacco retinico. L'individuazione di situazioni ad alto rischio permette di intervenire, prima dell'intervento chirurgico, con i già descritti
trattamenti farmacologici aggiuntivi,
al fine di ridurre la probabilità di
insorgenza post -operatoria di PVR.
Questa strategia preventiva ha
avuto di recente un notevole sviluppo, soprattutto grazie alle nuove
conoscenze sui fattori di crescita
coinvolti nella PVR. E' interessante
riportare uno studio clinico eseguito
su pazienti con distacco retinico
regmatogeno primario sottoposti a
vitrectomia, in cui sono stati analizzati i livelli delle principali citochine
coinvolte nella PVR, prima tra tutte
il TGF-β (Kon et al., 1999).
Mediante analisi immunoistochimica, sono stati determinati i livelli di
TGF-β nel vitreo di pazienti sottoposti a vitrectomia per distacco di retina. Il gruppo di studio comprendeva
sia pazienti con PVR pre-operatoria
concomitante al distacco, che
pazienti con distacco non complicato da PVR. I risultati hanno mostrato
una forte correlazione tra i livelli di
TGF-β e l'insorgenza pre-operatoria
di PVR. Inoltre, l'aumento dei livelli
di TGF-β è risultato anche strettamente correlato alla probabilità di
sviluppare PVR post-operatoria
(Kon et al., 1999). Questi dati hanno
permesso di sviluppare un modello
matematico per predire il rischio
probabilistico di sviluppo di PVR
post -operatoria sulla base dei livelli
pre-operatori di TGF-β. Questo
modello potrebbe essere applicato
per identificare quei pazienti a più
alto rischio e per definire, prima dell'intervento, trattamenti farmacologici che ne umentino la probabilità di
successo (Kon et al., 1999).
β e di
2) Coinvolgimento del TGF-β
altri fattori di crescita nella retinopatia diabetica (DR)
II ruolo svolto dal TGF-β e da altre
citochine nei processi infiammatori
rende questi fattori protagonisti di
altre patologie che interessano la
retina, la cui insorgenza è correlata
Oftalmologia Sociale N.1-2004
a deregolazione della risposta
infiammatoria e a fenomeni proliferativi anormali.
Tra queste patologie vitreo-retiniche, recenti studi hanno chiarito il
ruolo dei fattori di crescita nella retinopatia diabetica (DR).
• Patogenesi della retinopatia diabetica
La retinopatia diabetica (DR) è una
patologia dovuta alla compromissione della circolazione locale retinica,
che si manifesta come conseguenza del diabete, e che determina una
progressiva chiusura dei capillari cui
fa seguito una ridotta ossigenazione
dei tessuti ed una perdita della
vista.
La DR, in stadi precoci di insorgenza è di tipo non proliferativo e si
manifesta con piccole emorragie,
depositi e altre anomalie della circolazione retinica. Nelle fasi più avanzate, la DR diviene proliferativa.
Questo termine indica che si verifica
un processo di neovascolarizzazione (angiogenesi) che interessa la
retina e che, successivamente,
invade il vitreo (in condizioni fisiologiche la vascolarizzazione non si
sviluppa mai nel vitreo), determinando la progressiva perdita dell'integrità vitreo-retinica che conduce a
distacco trazionale e a cecità permanente.
Il cambiamento più precoce che si
manifesta nella DR è una vasodilatazione che determina la successiva
neovascolarizzazione probabilmente richiamando dal circolo sanguigno fattori promuoventi l'angiogenesi. Anche l'ipossia sembra giocare
un ruolo importante nella regolazione dell'angiogenesi, considerato
che è ormai noto che la retina, in
risposta alla riduzione locale dei
livelli di ossigeno, invia un messaggero chimico promuovente la neovascolarizzazione. Esperimenti in
vitro hanno mostrato che la produzione del PDGF, fattore con una
potente attività angiogenetica, da
parte dei macrofagi, è incrementata
dall'ipossia. Il flusso libero e deregolato dei fattori di crescita sembra
essere coinvolto anche in altri processi di neovascolarizzazione pato-
logica, come quella che interessa l'iride. Inoltre, l'azione dei fattori
angiogenetici potrebbe anche essere regolata dai periciti che eserciterebbero un'azione inibente la proliferazione endoteliale, probabilmente producendo inibitori dell'angiogenesi.
• Intervento dei fattori di crescita nel
processo di angiogenesi
II processo fisiologico di angiogenesi si riferisce ad una sequenza di
eventi cellulari che risulta nella formazione di nuovi vasi sanguigni che
si diramano dai vasi preesistenti.
Questo processi si attua in una
serie di passaggi (Wiedemann,
1999):
1. degradazione della membrana
basale del vaso sanguigno originario ad opera delle cellule endoteliali,
2. fuoriuscita delle cellule endoteliali
attraverso i punti di interruzione
della membrana basale del vaso,
3. migrazione delle cellule endoteliali al di fuori della parete del vaso
preesistente ,
4. organizzazione in nuovi vasi sanguigni.
La dissoluzione della membrana
basale richiede l'intervento dell'attivatore del plasminogeno mentre le
fasi successive coinvolgono processi di proliferazione delle cellule
endoteliali, assemblaggio del neovaso, formazione del lumen, sviluppo delle ramificazioni e generazione
di una nuova membrana basale e
reclutamento dei periciti (cellule
connettivali annesse all'endotelio
del vaso sanguigno con funzione
contrattile). Sono stati caratterizzati
otto fattori di crescita che intervengono nel processo fisiologico di
neovascolarizzazione. I meccanismi
d'azione dei fattori angiogenetici
sono molto diversi e la maggior
parete dei fattori sono multipotenti;
essi stimolano la proliferazione o il
differenziamento delle cellule endoteliali (Tab.4). Alcuni fattori angiogenetici hanno un'azione indiretta, stimolando le cellule a secernerne.
Il processo di neovascolarizzazione
fisiologica (ad esempio quello che si
verifica nella riparazione del danno
tissutale o nell'apparato riproduttore
43
LAVORI SCIENTIFICI
Fattore di crescita →
Proliferazione delle cellule endoteliali
β
TGF-β
bFGF
IGF
α
TNF-α
VEGF
-
+
+
-
+
+
+
+
Chemiotassi cellule endoteliali
Morfogenesi del vaso sanguigno
+
+
+
Secrezione della membrana basale
+
-
+
+
Tab.4 – Funzioni di alcuni fattori di crescita nel processo di angiogenesi
femminile) è breve, rigidamente
regolato e auto-limitante. La stretta
regolazione di questo processo
include: l'immagazzinamento dei
fattori di crescita (FGF), l'attivazione di forme latenti (TGF-β) e di inibitori dell'angiogenesi. Il processo
di angiogenesi deve essere mantenuto in uno stato latente sempre
pronto per essere attivato; il sistema microvascolare resta quiescente ma è capace, in qualsiasi
momento, di rispondere ad uno stimolo positivo mediante induzione
di rapida crescita di capillari (Wiedemann, 1999).
• Intervento del TGF-β e di altri fattori di crescita nella DR proliferante
II processo di neovascolarizzazione che si verifica nella DR proliferativa, a differenza di quello fisiologico, non è auto-limitante.
Per essere innescato richiede due
condizioni: la prima è la presenza
di un segnale (che potrebbe essere
l'infiammazione ed i suoi fattori, o
l'ipossia retinica o uno specifico
fattore di crescita), la seconda è la
presenza nella retina di un letto
vascolare danneggiato.
Comunque, la neovascolarizzazione tende a regredire in assenza di
uno stimolo persistente (Wiedemann, 1999).
44
Il processo patologico di neovascolarizzazione che si verifica nella
DR proliferativa è mediato dagli
stessi fattori di crescita che intervengono nel processo fisiologico di
angiogenesi (Wiedemann, 1999).
Un ruolo centrale nell'angiogenesi
è svolto dal fattore multifunzionale
TGF-β. Il meccanismo di azione
del TGF-β non è ancora del tutto
chiaro, considerato che esso svolge due funzioni opposte (Tab.4): da
un lato sembra essere un regolatore negativo dell'angiogenesi inibendo in vitro la proliferazione delle
cellule endoteliali, dall'altro si
comporta come promotore dell'angiogenesi, inducendo l'organizzazione in vasi sanguigni delle cellule
endoteliali migranti. Il TGF-β ha
una potente azione chemiotattica
verso le cellule coinvolte nella riparazione tissutale (azione già osservata per la PVR) come i monociti e
i fìbroblasti.
Queste cellule potrebbero essere,
a loro volta, responsabili della produzione e della secrezione di fattori angiogenetici. Dopo il rilascio dei
fattori angiogenetici da parte dei
macrofagi, il TGF-β prodotto dai
periciti, potrebbe reprimere l'ulteriore proliferazione delle cellule
endoteliali (azione antiproliferativa
analoga a quella esercitata sulle
RPE nella PVR) e indurre la formazione di tessuto fibrotico e il distacco trazionale di retina (come avviene anche nella PVR). Un'altra famiglia di fattori di crescita coinvolta
nel processo di neovascolarizzazione della DR proliferativa è quella dei fattori di crescita basici dei
fìbroblasti (bFGF). L'associazione
del bFGF alle cellule, alla matrice
extracellulare e alle membrane
basali ha condotto all'ipotesi che il
bFGF sia un fattore normalmente
immagazzinato nei tessuti e rilasciato al momento del danno tissutale e rappresenti, cioè, il segnale
che innesca il processo di riparazione (Brooks et al., 1999). Il rapido rilascio del bFGF dalle membrane basale in risposta al danno tissutale sarebbe dovuto o all'azione
dell'eparina o di collagenasi locali.
L'azione del bFGF nell'angiogenesi
si esplica nella stimolazione della
chemiotassi e della proliferazione
delle cellule endoteliali (Tab.4). In
presenza di DR proliferativa, sono
stati riportati livelli di bFGF elevati
(Wiedemann, 1999).
L'equilibrio tra i livelli di bFGF e di
TGF-β sembra giocare un ruolo
chiave nell'angiogenesi, considerati gli effetti antagonisti dei due fattori sulla proliferazione delle cellule endoteliali (stimolazione da
Oftalmologia Sociale N.1-2004
LAVORI SCIENTIFICI
parte del bFGF e inibizione da
parte del TGF-β).
In sistemi di co-coltura in vitro, il
contatto tra periciti e cellule endoteliali risulta necessario per l'inibizione della proliferazione delle cellule endoteliali ad opera dei periciti.
L'aggiunta di bFGF esogeno è in
grado di annullare l'effetto inibitorio
dei periciti.
Questi risultati suggeriscono che la
proliferazione dei capillari sia
modulata da un equilibrio tra il
bFGF, prodotto dalle cellule endoteliali, ed il TGF-β derivato dai periciti locali (Lewis et al., 2001).
Il fattore TNF-α, sintetizzato dai
macrofagi attivati, è una proteina di
secrezione e si comporta come
mediatore pleiotropico dell'infiammazione. Questo fattore coopera
con il TGF-β nell'induzione dell'angiogenesi in vivo e nella morfogenesi dei vasi sanguigni in vitro.
Essi potrebbero promuovere il differenziamento delle cellule endoteliali o causare la stimolazione della
crescita del vaso sanguigno in
maniera indiretta. Comunque ancora non è stato chiarito il meccanismo con cui il TNF-α media l'angiogenesi.
Per altri fattori di crescita relativi
all’angiogenesi si può far riferimento alla tab.4
Una strategia da attuare per inibire
l'angiogenesi patologica nella DR
proliferativa potrebbe essere diretta verso due bersagli: i fattori di
crescita angiogenetici e le cellule
endoteliali. La prima strategia
potrebbe essere basata sul blocco
dell'espressione o della produzione
dei fattori angiogenetici o sulla
neutralizzazione della loro attività.
La seconda strategia potrebbe
essere quella di annullare la capacità delle cellule endoteliali di
rispondere ai fattori angiogenetici.
Tutti gli inibitori dell'angiogenesi
attualmente conosciuti, specialmente gli steroidi angiostatici, operano con questa seconda modalità (Ingber et al., 2000). L'ulteriore
caratterizzazione dei fattori di crescita che intervengono nella neovascolarizzazione in presenza di
DR proliferativa rappresenta, quinOftalmologia Sociale N.1-2004
di, una via promettente per lo sviluppo di nuovi trattamenti farmacologici.
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45
LAVORI SCIENTIFICI
Chiralità ed anestetici locoregionali
impiegati in chirurgia oculare
N. Pescosolido *, S. Murer **, L. Paffetti***
* Dipartimento di Scienze dell’Invecchiamento, **Dipartimento di Biologia Cellulare e dello Sviluppo, *** Dipartimento di Scienze Oftalmologiche
Università degli Studi di Roma “La Sapienza”
Il tentativo di incrementare e rendere più omogeneo il successo della
chirurgia del glaucoma e della cataratta è uno degli obiettivi principali
della ricerca oftalmologica dei nostri
giorni e l’anestetico locale svolge
oggi un ruolo fondamentale e complicazioni sistemiche possono essere causate dalla tossicità degli anestetici locali determinata da sovradosaggio o da reazioni allergiche
(Rubin, 1991).
La nostra attenzione si è focalizzata
su due anestetici locali appartenenti
alla categoria delle amino-amidi:
lidocaina e ropivacaina (McGoldrick,
1991).
ANESTETICI LOCALI
L'anestesia loco-regionale in oftalmochirurgia deve produrre, per
essere soddisfacente, oltre che
anestesia sensitiva, immobilità dell'occhio.
Gli anestetici locali sono una categoria di farmaci il cui uso clinico è in
continuo crescendo; dalla scoperta
nel 1884 della cocaina alla nuova
ropivacaina, gli anestetici locali
sono farmaci che producono, nel
punto in cui sono applicati, un blocco reversibile della conduzione nervosa, sia in senso centripeto (fibre
sensitive) che in senso centrifugo
(fibre simpatiche e motrici), senza
indurre, nel contempo, una perdita
di coscienza.
Gli anestetici a legame estereo
sono facilmente e rapidamente idrolizzati nel plasma ad opera delle
pseudocolinesterasi.
Gli anestetici amidici vengono
degradati meno rapidamente e
catabolizzati pressoché unicamente
a livello dei microsomi epatici. Questo conferisce a queste molecole
una stabilità e una durata d'azione
maggiore.
Nonostante la loro eterogeneità,
nella molecola della maggior parte
degli anestetici locali possono essere individuate tre porzioni costituite
da (Fig.1):
• un polo lipofilo, rappresentato
spesso da un anello aromatico
responsabile della liposolubilità del
prodotto, della diffusione nei tessuti
e nelle membrane biologiche, del
fissaggio alle proteine plasmatiche
e dell'attività;
• un polo idrofilo, comune alle due
classi di anestetici locali, che conferisce agli anestetici locali il caratte-
re di amine terziarie e ne determina
il carattere di base. L'idrofilia condiziona l'idrosolubilità, quindi la diffusione della forma non ionizzata, e la
ionizzazione (che, ad un determinato pH, è funzione del pKa) della
molecola dell'anestetico locale;
• una catena intermedia, che per la
presenza di un legame amidico o
estere permette la classificazione
degli anestetici locali. La natura
della catena intermedia condiziona
il metabolismo di queste sostanze.
La lunghezza e le ramificazioni della
catena intermedia determinano inoltre l’attività dell’anestetico locale.
In soluzione gli anestetici locali esistono in due forme:
1. forma basica (R-NH2), non ionizzata e liposolubile
2. forma ionizzata [(R-NH3)Cl-], idrosolubile;
la proporzione tra le due forme
dipende dalla costante di dissociazione (Ka) della forma ionizzata e
dal pH.
Struttura chimica
In relazione alla struttura chimica,
gli anestetici locali possono essere
classificati in due categorie:
1. Amino-esteri: procaina, clorprocaina, tetracaina
2. Amino-amidi: lidocaina, mepivacaina, prilocaina, bupivacaina, etidocaina, ropivacaina
Fig.1 – Struttura degli anestetici locali
46
Oftalmologia Sociale N.1-2004
LAVORI SCIENTIFICI
Meccanismo d’azione
Gli anestetici locali bloccano in
modo transitorio e reversibile la
conduzione nervosa modificando la
propagazione del potenziale d’azione a livello dell’assone.
La membrana della fibra nervosa,
da una condizione di riposo mante+
nuta dall’attività di una pompa Na +
K ATPasi-dipendente, in seguito al
passaggio del potenziale d’azione,
consente l’ingresso massivo di ioni
sodio al suo interno, invertendo il
potenziale di membrana da negativo a positivo. La corrente di depolarizzazione nel momento in cui tutta
la superficie della membrana è
depolarizzata, innesca modificazioni
strutturali del canale del sodio ostacolando un’ulteriore ingresso di
sodio con conseguente inattivazione dell'eccitabilità di membrana. Al
decadere della corrente di sodio
segue la fuoriuscita dalla cellula di
+
ioni K in numero uguale a quello di
+
ioni Na entrati nella fase di depolarizzazione.
Il canale rapido del sodio è il recet-
tore specifico su cui agiscono gli
anestetici locali. Le molecole d'anestetico, una volta attraversata la
membrana cellulare della fibra nervosa, si legano ad un recettore presente sulla faccia interna della
membrana, di fatto impedendo l'in+
gresso massivo di ioni Na e quindi
la fase di depolarizzazione (Fig.2).
Gli anestetici locali nella loro forma
attiva, quella ionizzata, interferiscono con le diverse fasi del potenziale
d'azione, diminuendone l'ampiezza,
la velocità di depolarizzazione e la
durata del periodo refrattario. La
concentrazione di anestetici locali
necessaria per determinare il blocco
della conduzione nervosa differisce
per ogni sostanza, pertanto la
potenza di ciascun anestetico locale
viene indicata dalla concentrazione
minima inibente (Cmi), ovvero dalla
concentrazione di farmaco al di
sotto della quale la fibra ritorna ad
essere eccitabile.
LIDOCAINA
E' un anestetico locale della classe
delle amino-amidi avente formula di
struttura 2-(Dietilamino)- N-(2,6dimetil-fenil) acetamide e il cui peso
molecolare come sale cloridrato è
268.
La struttura molecolare della lidocaina presenta un anello aromatico
legato ad una catena carboniosa in
cui è presente un amino gruppo
legato con legame amidico. La presenza dell'amino gruppo determina
un pKa di circa 8.5 che le conferisce
un debole potere basico (Fig.3).
Conseguentemente la molecola
risulta essere ionizzata in forma
cationica nelle soluzioni acquose di
uso commerciale.
La lidocaina, come altri anestetici
locali, inibisce l'eccitazione in corrispondenza delle terminazioni nervose e bloccando la conduzione dell'impulso ai nervi periferici. Ciò è
dovuto alla parziale perdita di permeabilità da parte delle membrane
agli ioni sodio.
Sono state ipotizzate due teorie per
spiegare il meccanismo d'azione:
1. Il farmaco provocherebbe un'alte-
Fig.2 – Meccanismo d’azione degli anestetici locali. LAH+: forma ionizzata (attiva) del farmaco, LA: forma non nominata nel farmaco
Oftalmologia Sociale N.1-2004
47
LAVORI SCIENTIFICI
altri campi della medicina. Si può
supporre che le forme destrogire
potrebbero rappresentare una specie di zavorra con due possibili
effetti negativi:
• Esse potrebbero occupare i siti
recettoriali senza, però, riuscire a
produrre il blocco e contrastando il
corretto legame con la forma S;
• Potrebbero accumularsi perché
non trovano recettori ai quali legarsi
e provocare effetti collaterali tossici.
Pare certo che gli (S)-isomeri degli
anestetici locali abbiano più lunga
durata per il maggiore effetto vasocostrittore.
Fig.3 – Struttura molecolare della lidocaina
razione della membrana cellulare
con collasso parziale dei canali ionici ed impedimento allo scambio
ionico;
2. Il farmaco si legherebbe a specifici recettori di membrana prevenendo o impedendo l'apertura dei canali per il sodio.
Sembra che la teoria più accreditata
sia quella per cui la lidocaina si
adsorbe specificatamente ai recettori delle proteine dei canali per il
sodio bloccandone il trasporto. In
realtà, su questo ultimo punto non
c’è ancora uniformità di vedute
(Choi et al., 2000).
ANESTETICI LOCALI
E CHIRALITA'
La crescita dell’anestesia locoregionale è dovuta a molti fattori fra cui la
sicurezza dei farmaci anestetici
moderni, il miglioramento delle tecniche d’esecuzione, il relativo minor
costo ed in generale i progressi tecnologici riguardo ai materiali usati. Il
numero di anestesisti che utilizzano
l’anestesia locoregionale è in crescita e lo dimostra anche la mole di
lavori scientifici prodotti negli ultimi
anni. Molta di questa produzione
riguarda la farmacologia degli anestetici locali ed in particolare lo studio degli effetti secondari e della
loro relativa tossicità. Di recente l'in48
dustria farmaceutica, alla ricerca di
anestetici locali più potenti ma
meno tossici e che rispondessero
alle accresciute istanze di farmaci
sempre più affidabili, ha imboccato
una via relativamente nuova- quella
della chiralità e dei farmaci enantiomeri.
Gli anestetici locali presentano sul
canale del sodio due siti di legame,
che hanno affinità diverse ed il cui
peso nel determinare il blocco dell’impulso non è stato ancora esattamente valutato. L’identificazione di
questi due differenti siti di legame
all'interno del canale del sodio ha
spinto ad approfondire l'analisi della
stereoselettività di legame ed a verificare cioè se i due stereoisomeri di
una stessa molecola posseggano
qualità differenti in termini di affinità
recettoriale. Le differenze nella
struttura tridimensionale conferiscono differenze nell’affinità degli enantiomeri con il recettore (Sidebotham
e Schug, 1997). Infatti gli enantiomeri legano con recettori che sono,
a loro volta, aminoacidi chirali con
proprietà di stereoselettività. Perciò
due enantiomeri potrebbero avere
differenti attività.
Sulla base delle conoscenze di farmacologia delle molecole chirali si
potrebbero ipotizzare alcune congetture per spiegare il "successo"
delle forme levogire (s), anche in
ROPIVACAINA
La ropivacaina (Fig.4) è un relativamente nuovo anestetico locale amidico a lunga durata d’azione strutturalmente simile alla bupivacaina;
possiede proprietà farmacocinetiche
simili a quelle della bupivacaina.
Il nome commerciale della ropivacaina è naropina e il suo peso molecolare è di 329.
È debolmente basica con un pKa di
8.1 (Engman et al.,1998) e presenta
un effetto, anestetico prolungato
grazie alla sua elevata liposolubilità
e alla stabilità nel tempo dei legami
proteici (Morara et al., 1999).
Oggi la ropivacaina S-isomero dell’omologo 1-n-propil, rappresenta il
primo ed unico anestetico locale
enantiomericamente puro disponibile per uso clinico. Mentre gli altri
anestetici sono generalmente prodotti per uso clinico come miscele
racemiche, la ropivacaina, al contrario, viene sintetizzata solo come
enantiomero S, con coefficiente di
purezza del 99,5% (Federsel et al.,
1987).
Le conoscenze circa la farmacologia dei farmaci chirali consentono di
predire che la ropivacaina sarà
un’alternativa meno neurotossica
della bupivacaina racemica, pur
mantenendo simili profili farmacocinetici, simile potere anestetico ma
maggiore effetto vasocostrittore
(Arviddson et al., 1995). Essa quindi
può essere vantaggiosamente
impiegata a concentrazioni e dosi
maggiori.
È un anestetico utilizzato in interOftalmologia Sociale N.1-2004
LAVORI SCIENTIFICI
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Fig.4 - Struttura molecolare della ropivacaina, S-isomero
venti di oftalmologia per la sua azione anestetica selettiva sulle fibre C
(Wildsmith et al., 1989).
In recenti studi la ropivacaina allo
0,75% è risultata ugualmente efficace nel determinare il blocco motorio
rispetto alla bupivacaina allo 0,75%
mentre la latenza si è rilevata più
breve per la ropivacaina (Nociti et
al., 1998).
Confrontata con la bupivacaina, allo
0,75%., la ropivacaina all’1% non
ha mostrato, nella chirurgia della
cataratta effettuata con blocco peribulbare, differenze cliniche significative nella qualità del blocco sensitivo e motorio (Huma et al., 1999).
Valutando le proprietà cliniche nel
blocco peribulbare della ropivacaina
allo 0,75%, paragonata con una
miscela di lidocaina al 2% e di bupivacaina allo 0,5%, altri Autori (Gioia
et al.,1999) hanno riscontrato una
latenza simile ma una migliore qualità dell'analgesia postoperatoria nei
pazienti del gruppo ropivacaina.
Secondo Katz e collaboratori (Katz
et al., 1990) le concentrazioni elevate utilizzabili di ropivacaina, senza
rischio di tossicità sistemica, permettono di ottenere una aumentata
efficacia clinica della ropivacaina
rispetto alla bupivacaina in anestesia, con maggior durata sia del blocco sensitivo sia di quello motorio.
Gli evidenti vantaggi mostrati dalla
Oftalmologia Sociale N.1-2004
ropivacaina in termini di lunga durata d'azione e di differenziazione del
blocco sensitivo-motorio hanno confinato al laboratorio l'uso di altre
molecole di questo gruppo di anestetici locali (McClure, 1996).
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Oggi c’è una grande esigenza
a tutti i livelli della Società
di avere il maggior numero di informazioni
circa le possibilità preventive, terapeutiche e riabilitative
di malattie oculari, rispetto a quelle che una visita oculistica
di routine può fornire. Esistono anche il desiderio
e la necessità di conoscere al meglio le possibilità
di assistenza sanitaria per ogni realtà riabilitativa.
LINEA VERDE
Numero telefonico : 800 068506
La Sezione Italiana dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione
della Cecità, nel quadro della sua costante azione promozionale con lo
scopo di diffondere la cultura della prevenzione delle patologie oculari, ha dato il via ad una LINEA VERDE DI CONSULTAZIONE GRATUITA, aperta a tutti coloro che chiamano da una postazione telefonica
fissa, situata in territorio italiano.
La linea verde funzionerà per due ore e trenta nei giorni feriali
dalle ore 10 alle ore 12,30 dal lunedì al venerdì
Sarà possibile consultare un medico oculista, al quale esporre il proprio problema ed ottenere i suggerimenti necessari.
La speranza è che questa iniziativa contribuisca a diffondere ulteriormente la coscienza della prevenzione, concetto che incontra tuttora
un non facile accesso nella mentalità civica e soprattutto delle categorie più a rischio (i giovanissimi e gli anziani).
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Oftalmologia Sociale N.1-2004
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