Fuoco greco - Riassunti, ricerche e altro

Rappresentazione bizantina del fuoco greco.
Dettaglio di un dispositivo manuale per il lancio.
Rappresentazione antica, ma anacronistica, del lancio
di fuoco greco mediante un trabucco.
Il fuoco greco (greco ὑγρόν πῦρ - hygrón pyr) era una
miscela incendiaria usata dai bizantini per dar fuoco al
naviglio avversario o a tutto quello che poteva essere
aggredito dal fuoco.
L'espressione "fuoco greco" era utilizzata soprattutto
dai popoli stranieri, poiché i bizantini, in realtà
«romei», cioè romani dell'impero romano d'Oriente, lo
chiamavano fuoco romano, fuoco artificiale o fuoco
liquido.
Descrizione
La formula della miscela che componeva il "fuoco
greco" era nota soltanto all'imperatore e a pochi
artigiani specializzati ed era custodita tanto
gelosamente che la legge puniva con la morte
chiunque avesse divulgato ai nemici questo segreto. Il
fuoco greco - la cui invenzione si attribuisce a un
greco originario della città di Eliopolis (oggi Baalbek
in Libano), di nome Callinico - oggi si ritiene fosse
una miscela di pece, salnitro, zolfo, nafta e calce viva,
contenuta in un grande otre di pelle o di terracotta
(sìfones) collegato ad un tubo di rame, montato sui
dromoni bizantini. La miscela veniva spruzzata con la
semplice pressione del piede sulle imbarcazioni
nemiche oppure stipata dentro vasi di terracotta che
venivano lanciati sul naviglio nemico tramite le
petriere, similmente a mortai di artiglieria.
La caratteristica che rendeva temuti questi primitivi
lanciafiamme era che il fuoco greco, a causa della
reazione della calce viva, non poteva essere spento
con acqua, che anzi ne ravvivava la forza, e di
conseguenza le navi, realizzate in quel periodo in
legno, coi comenti[1] dello scafo impermeabilizzati
tramite calafataggio e con velatura, sartie e drizze in
fibre vegetali, anch'esse intrise di pece, erano
destinate a sicura distruzione. Lo storico Marco Greco
ci fornisce una semplice ricetta di tale miscuglio e
afferma che l'unico modo per spegnerlo era quello di
usare urina, sabbia o aceto.
Fu proprio l'utilizzo del fuoco greco che fece fallire il
secondo assedio di Costantinopoli, condotto dagli
Arabi musulmani fra il 717 e il 718. Ma anche in altre
occasioni l'arma fornì servigi essenziali a
Costantinopoli e ad altre città dell'Impero bizantino
per sfuggire ai loro assedianti.