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Biopolitica: Pilato e la verità
Il tema della biopolitica non rappresenta una gemmazione della
bioetica e del biodiritto, come si potrebbe pensare tenendo conto
della concatenazione dei concetti comparsi in letteratura in questi
ultimi decenni a partire dagli anni ’70 del secolo scorso: è comparsa prima la bioetica dopo il suo lancio fortemente suggestivo fatto
da Van Rensselaer Potter e poi circa dieci anni dopo con la creazione del Comitato Warnok si comprese che la bioetica sollecitava
l’emanazione di norme e implicava il biodiritto ed ora, da un paio
d’anni, si propone il termine di biopolitica costretti a costatare che
il potere politico, in rapporto al suo orientamento in materia sociale, economica e demografica è sempre più sollecitato a presentare
anche un programma biopolitico.
Questo programma biopolitico si pronuncia sugli investimenti
della ricerca biomedica e biotecnologica, sugli indirizzi di politica
demografica e famigliare, sulla gestione della salute e della organizzazione sanitaria.
I candidati dei grandi schieramenti politici dichiarano già in fase di competizione elettorale quali sono i programmi in tema di legalizzazione dell’aborto, di ricerca biomedica, di birth control e di
organizzazione della salute, di prevenzione dell’uso della droga e
del contagio da virus HIV e così via.
Ma se si riflette su questi passaggi dal punto di vista storico, si
capisce che la successione bioetica-biodiritto-biopolitica non è
scontata nella logica e cronologia ora definita, perché la biopolitica ha un’origine più lontana ed è stata direttamente inerente ai regimi assolutistici, in cui il potere politico ritiene di essere onnicomprensivo nella gestione della vita dei cittadini, o meglio, dei sudditi.
I lavori che compaiono in questo fascicolo ci offrono su questo
punto un panorama dialettico tra bios e kratos che è più ampio e
più drammatico e ci fanno capire, soprattutto, che la biopolitica,
una volta generata dal potere assoluto ha avuto tale “virale insidiosità” di penetrazione da infettare anche i regimi democratici ed
anche in regimi democratici minaccia di capovolgere l’organigramma genealogico: la biopolitica tende a generare il biodiritto e sollecita il consenso della bioetica, influenzandone gli orientamenti e
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le strutture organizzative. Addirittura si affaccia come più credibile
la genealogia per cui gli stessi regimi assolutistici potrebbero essere figli e non genitori della ideologia biopolitica e del potere che
questa esige.
Se questo è vero, come è stato consolidato dalla storia scritta a
caratteri di lacrime e sangue, con le foibe e campi di concentramento, nei tempi di totalitarismo, e anche attualmente riscritta o ricopiata nei regimi che si definiscono democratici e che ripetono
stragi di innocenti, prima della nascita, impongono la pianificazione delle nascite e i controlli della crescita demografica e danno impulso alla legalizzazione dell’aborto, alla strategia antinatalista,
alla liberalizzazione delle droghe e al permissivismo in tema di prevenzione dell’AIDS ecc., se questo è vero, allora bisogna fare un
passaggio diagnostico ulteriore e domandarsi se è il potere che
crea il diritto, l’etica e anche la verità o è la verità che deve orientare l’etica, il diritto e la politica stessa.
Il problema diventa gnoseologico e fondativo: esiste o non esiste
una verità? una verità che ci permette di conoscere la realtà e di
fondare il concetto di bene, la verità che fonda il valore della vita e
ne comanda il rispetto, guida la libertà e pone limiti al potere? Se
non esiste la verità, ma la verità stessa è creata dall’uomo e da chi
sta al potere, allora ha ragione Pilato quando si mostra pronto a
scrivere la sentenza e a uccidere Cristo. Egli, infatti, dice ironicamente: “che cos’è la verità?” E poi si lava le mani di fronte alla richiesta di condanna dell’Innocente.
La prima fatica da intraprendere con umiltà e coraggio è quella
di scoprire la verità che vincola e accende la coscienza, prima di
tutto dobbiamo scoprire la verità sull’uomo.
La grande conquista offerta a partire da Socrate e dalla filosofia
classica, rafforzata dal “Verbo che si è fatto uomo” è stata quella
per cui esiste la verità, ed essa fonda la morale e illumina il futuro
dell’uomo, donando dignità alla persona, ad ogni persona, chiedendo l’uguaglianza e la giustizia e recuperando sempre più i territori sottratti dal potere abusivo, dal potere forte per le armi o per il
denaro o per capacità di determinare i consensi.
Se si accoglie la verità con l’umiltà dell’intelletto che “legge” e
non crea la realtà, che indaga le origini e la sorgente della realtà
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stessa con la ragione aperta anche alla metafisica e senza precludersi, per onestà e per grazia, la sorgente della Rivelazione, si potrà ricostruire attorno alla dignità della persona e ai principi dell’uguaglianza e della giustizia gli argini all’insidia ricorrente dei
poteri forti e del profitto coalizzato; si potrà fare sì che il potere affidato all’autorità sia un servizio alla dignità della persona e al bene comune, dando così un significato di servizio alla biopolitica,
perché sia posta al servizio della dignità delle persone singole e del
bene comune.
Questo orientamento porta con sé questo fascicolo della Rivista
in cui è raccolta la meditazione a più voci del V Congresso della
FIBIP, organizzazione che nel suo Statuto porta scritte la promessa
di fedeltà alla verità e al vero bene di ogni persona umana e la vigile attenzione, perché non insorga nessun Pilato che, deridendo la
Verità, flagellando e uccidendo l’Innocente, torni ancora o continui
a occupare il seggio in un qualsiasi abusivo pretorio del mondo.
La democrazia, soprattutto, ha bisogno di fondamenti di verità a
garanzia del diritto di ognuno e della giustizia uguale per tutti.
Elio Sgreccia
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