Carta Litotecnica (BD_LITEC) Enti realizzatori 1. Premessa Numerosi fattori controllano lo sviluppo dei fenomeni gravitativi di versante. Qualunque metodo di valutazione quantitativa della propensione del territorio allo sviluppo delle frane deve basarsi su una corretta parametrizzazione di tali fattori. Tra questi, le caratteristiche litologicotecniche (o "litotecniche") di rocce e terre affioranti e sub-affioranti sono di fondamentale importanza poiché condizionano distribuzione spaziale, frequenza, caratteristiche morfometriche, cinematismo, dei movimenti franosi. Per questa ragione, la comunità scientifica e pubbliche amministrazioni hanno realizzato, nel recente passato, banche dati e carte litotecniche a supporto di studi territoriali sulla pericolosità da frana. Possono essere impiegati diversi set di dati di input, strumenti e metodi per ottenere banche dati litotecniche, ma l'affermazione dei Sistemi Informativi Territoriali e la conseguente disponibilità di banche dati geologiche ha reso le procedure di ricodifica (o riclassificazione) quelle più semplici da implementare e quindi più diffuse. Queste procedure si basano sull'ipotesi per cui ogni formazione geologica, data la propria omogeneità litologica, può essere "assegnata" (quindi ricodificata secondo una relazione "1:1") ad una determinata classe litotecnica, ovvero una specifica categoria corrispondente a determinate e più o meno variabili proprietà litologiche, fisiche e meccaniche. In termini più generali, si assume che esista / possa esistere una relazione "1:molti" tra le unità litotecniche e le formazioni geologiche, in quanto queste ultime sono istituite su base litostratigrafica, quindi anche considerando proprietà che non hanno in genere peso rilevante sulle proprietà litotecniche (ad es., età, ambiente di sedimentazione, facies metamorfica, ecc.). In realtà, fattori come variabilità litologica a scala regionale, assetto e localizzazione strutturale, stato della fratturazione, possono essere solo parzialmente correlati con la distribuzione delle formazioni geologiche, per cui può verificarsi una relazione molti:1 tra unità litotecniche e formazioni, condizione che di fatto può rendere non accurato attribuire, su base cartografica ed in assenza di ulteriori dati geologico-tecnici disponibili, ogni formazione ad un'unica unità litotecnica. Si può allora affermare che la sola cartografia geologica non consente di ottenere, tramite ricodifica "1:1" delle formazioni, una cartografia litotecnica accurata, poiché la prima è carente di dati geologico-tecnici che, per altra via, devono essere acquisiti, elaborati e utilizzati nelle fasi di compilazione della nuova cartografia. L'obiettivo di questa attività di ricerca è la realizzazione di una banca dati geografica litotecnica (BD_LITOT) e della corrispondente rappresentazione cartografica in scala 1:10.000, utilizzando come documento di base, il Continuum Territoriale Geologico della Regione Toscana, implementato attraverso la raccolta, elaborazione e integrazione di dati inediti sulle proprietà litologiche, fisiche e meccaniche delle formazioni geologiche litoidi affioranti. Poiché per la caratterizzazione litotecnica a scala regionale è necessario disporre di un set di dati 1 estremamente ampio, inoltre è stato fatto riferimento alla letteratura e ai progetti già svolti dall'Amministrazione Regionale. 2. Dati di riferimento Come prima fase di lavoro, sono stati quindi reperiti una serie di documenti preesistenti inerenti la tematica, e che sono stati utilizzati come materiale di riferimento. In particolare: • Cartografia relativa al progetto: “Individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico per problemi di stabilità dei versanti secondo quanto previsto dal D.L. 11/6/98, n. 180, convertito in Legge 3/8/98, n. 267 e dall’atto di indirizzo e coordinamento della predetta legge”. AdB dei fiumi Arno e Serchio, 2000. • Carta sperimentale della pericolosità geologica dei versanti, in condizioni statiche e dinamiche a scala 1/10.000, nell’ambito del progetto "Realizzazione della cartografia Geologica e Geotematica e dei relativi supporti informatici alla scala 1/10.000 Progetto 1 - Zona Nord. Progetti strumentali alla funzione di ricostruzione. Interventi strutturali comunitari obiettivo 5b - Misura 3.1.4: Azioni di ricostruzione e recupero del tessuto urbano infrastrutturale nei territori colpiti dal sisma (Azione 7)", Regione Marche - Servizio Urbanistica e Cartografia e l'Università degli Studi di Siena, 2001. • Programma VEL, istruzioni tecniche per le indagini geologiche, geofisiche, geognostiche e geotecniche per la valutazione degli effetti locali nei comuni classificati sismici della Toscana, 2007. • Banca dati litotecnica derivata redatta dall’Istituto di Geoscienze e Georisorse - IGG – CNR e Regione Toscana, Direzione Generale delle Politiche Territoriali e Ambientali, Servizio Geologico Regionale. 3. Strumenti Gli strumenti e le tecniche di misura utilizzati per la raccolta dei dati geologico-tecnici sono stati scelti tenendo conto dell'obiettivo cartografico della ricerca, in modo da privilegiare semplicità e possibilità di impiego in situ ed in laboratorio, fornendo comunque risultati con adeguata ripetibilità. La strumentazione ed i test utilizzati in questo lavoro sono i seguenti: - Sclerometro modello B/L. - Penetrometro tascabile. - Slake durability test. 2 - 3.1. Determinazione del peso di volume. Sclerometro Lo sclerometro permette l’esecuzione di prove “non distruttive” sui materiali litoidi. E' costituito da una massa battente in acciaio, azionata da una molla, che contrasta un’asta di percussione che è a diretto contatto con la superficie da testare. Per eseguire la prova si deve premere l’asta di percussione sulla superficie fino all’arresto, in questo modo la massa contenuta nell’apparecchio viene caricata per mezzo di una molla, di una quantità fissa di energia; si libera poi la massa, la quale urta contro il percussore ancora in contatto con la superficie e rimbalza (Figura 2). L’entità del rimbalzo è il cosiddetto “Indice di Rimbalzo r” dal quale viene ricavato analiticamente o graficamente il valore della resistenza a compressione uniassiale (UCS) della roccia. L’indice di rimbalzo r e’ infatti, nella pratica comune di caratterizzazione meccanica delle rocce, uno degli indici maggiormente utilizzati per la stima di questo parametro (Aydin, 2009). Figura 1 Principio di funzionamento del martello di Schmidt (da Aydin, 2009). Gli sclerometri utilizzato in questo lavoro sono: • • martello di Schmidt elettronico Silver Schmidt B/L della Proceq, i cui parametri meccanici standard sono riportati in Tabella 1; martello di Schmidt analogico. Martello di Schmidt, tipo L Energia di impatto 0,735 Nm Massa del martello 115 g Costante della molla 0,26 N/mm Estensione della molla 75 mm 3 Tabella 1 Parametri meccanici del martello di Schmidt, tipo L. Le normative di riferimento per l'esecuzione delle prove tramite sclerometro sono: • EN 12504-2, ENV 206. • ASTM C805, ASTM D5873 (Rock)_ norma attiva: ASTM D5873 -05 Standard Test Method for Determination of Rock Hardness by Rebound Hammer Method. • BS 1881 Part 202. • JGJ/T 23-2001. 3.1.1. Ripetibilità delle misure sclerometriche Le prime fasi di lavoro sono state indirizzate alla definizione di procedure specifiche per l'impiego dello sclerometro per la costruzione della carta litotecnica. Una serie di test sono stati effettuati al fine di valutare la variabilità delle misure ottenute utilizzando lo sclerometro su materiali artificiali omogenei, con l'obiettivo di discriminare successivamente, nelle misure acquisite su materiali naturali, la componente di variabilità derivante dalle proprietà dello strumento o dovuta a fenomeni di distruzione/compattazione derivanti dall'uso dello strumento, dalla componente di variabilità dovuta ad anisotropie e disomogeneità naturali della roccia. Con questo obiettivo, utilizzando mattoni di laterizio, si è proceduto in prima fase ad acquisire valori ripetuti di r in corrispondenza di un singolo punto di misura e, in seguito, su punti diversi (Figura 2). I risultati ottenuti mostrano come, anche in materiali (supposti) omogenei sia presente un rumore nei valori di misura di r, come evidenziato in Figura 3 e in Tabella 2 (σ ≈ 4-5). Tenendo conto di questo risultato, è stato valutato il numero di misure minimo necessario per ottenere un valore di indice di rimbalzo r stabile e rappresentativo del materiale o della superficie da caratterizzare. 4 Figura 2 Valore dell'indice di rimbalzo R misurato tramite sclerometro digitale in materiali artificiali. Figura 3 Diagramma di distribuzione di frequenza dei valori di R relativo a materiali artificiali. Tabella 2 Deviazione Standard ottenuta per misure di R in materiali artificiali omogenei. Dai grafici in Figura 4 è evidente come la media delle misure di r si stabilizzi già dopo 10-15 osservazioni, anche se è stato utilizzato in via cautelativa un numero minimo di 20 osservazioni per test, come suggerito dall'International Society for Rock Mechanics (ISRM, 1981; Aydin, 2009). 5 Figura 4 Variazione del valore dell'indice di rimbalzo medio ri in funzione del numero i di misure utilizzato nel calcolo (Area Test 002 - 003 - 009). 3.1.2. Normalizzazione dei valori del numero di rimbalzo R Come riportato in alcuni lavori (Aydin & Basu 2005,Aydin, 2009), i valori di R ottenuti per misurazioni effettuate con lo sclerometro posto in posizione di impatto diversa dall'orizzontale (ma sempre perpendicolare alla superficie di misura), sono affetti da un errore dovuto all'effetto dell'accelerazione di gravità, e per questo vanno normalizzati rispetto alla posizione orizzontale teorica. Uno dei metodi più conosciuti ed utilizzati per la normalizzazione del numero di rimbalzo r è il diagramma costruito da Deere and Miller nel 1966 (Figura 5) che permette oltre alla 6 normalizzazione di r, rispetto alla direzione verticale, la stima dei valori di resistenza alla compressione uniassiale (UCS) della roccia. Figura 5 Diagramma di Deere e Miller (da Deere & Miller, 1966). Utilizzando questo grafico, la normalizzazione di r è però limitata per valori di rimbalzo misurati su superfici che rispetto alla verticale hanno inclinazione di 45°, 90°, 135° e 180°. Per questo lavoro è stata ricavata la relazione che lega la variazione del valore di rimbalzo per l'effetto della gravità, al valore dell'angolo teta (θ) di inclinazione del martello rispetto alla verticale in modo da poter applicare la correzione, o meglio la normalizzazione, per qualunque valore di inclinazione. Tale relazione è basata sul principio di conservazione dell'energia che esprime il significato dell'Indice di Rimbalzo (Aydin & Basu, 2005). 7 3.2. Slake Durability Test Lo slake durability test (Franklin, 1971) è una prova di laboratorio che viene eseguita su campioni di litotipi poco competenti. Questo test permette di valutare il comportamento geologicotecnico delle rocce deboli attraverso la stima quantitativa della durabilità della frazione fine componente. La procedura di esecuzione dello slake durability test si basa sullo Standard ASTM n. (ASTM D4644-87. Standard Test Method for Slake durability of shale and similar weak rocks. In Annual Book of ASTM Standards, (Vol. 04.08). Philadelphia: American Society for Testing and Materials) con modifiche introdotte per evidenziare il comportamento delle rocce deboli in condizioni di prolungata e ripetuta permanenza in ambiente acquoso. La norma prevede che la roccia sottoposta a prova venga classificata in base all'indice Id2, che si basa sulla perdita di materiale dopo due cicli di agitazione in ambiente acquoso: Id2 = [(Wf - C)/(B - C)] * 100 dove: Id2= Indice di durabilità (secondo ciclo) B = peso del cestello più il peso iniziale dei campioni essiccati Wf = peso del cestello più il peso dei frammenti di campione residui dopo il secondo ciclo C = peso del cestello Secondo la classificazione delle shale del Ministero dei Trasporti dell'Ontario (Franklin, 1983), mediante una prova d'alterabilità, sono divise le shale con un indice di slake-durability test (Id2) minore di 80% da quelle con indice maggiore di 80%. Le prime, sono assimilate a terre e sono ulteriormente divise in base all'indice di plasticità che è eseguito sulla parte del campione sbriciolato durante la prova d'alterabilità (passante dal cestello ruotante dell'apparecchio per lo slake durability test); le seconde sono assimilate a rocce e divise in base alla resistenza di carico alla punta (Indice di resistenza standard). Sulla base di questa classificazione, è stato scelto l' Id2 e la soglia di 80% come limite distintivo tra le terre e le rocce deboli. L'analisi della letteratura (Dhakal et alii 2002; Franklin 1972) ed i test effettuati durante questo studio su una serie di campioni, ha consentito di osservare che materiali caratterizzati da valori simili di Id2, quindi classificabili in una stessa categoria in base allo slake durability test, possono tuttavia manifestare diverso comportamento di perdita di massa se sottoposti a ulteriori cicli di imbibizione e prova. Questa osservazione è rilevante in quanto si può affermare che in natura le rocce vadano incontro a numerosi e ripetuti cicli di imbibizione ed essiccamento. Per queste ragioni i campioni sono stati sottoposti a test fino al 5° ciclo. Per valutare gli effetti dei cicli di prova 3-5 rispetto al 2, è stato calcolato l'indice normalizzato di durabilità Idn2-5: 8 4. Determinazione del peso di volume La determinazione del peso di volume dei campioni rappresentativi di ogni affioramento investigato è stata effettuata con il metodo della pesata idrostatica. Nella foto di Figura 6 è visibile la strumentazione utilizzata. Figura 6 Strumentazione per la pesata idrostatica. Le normative di riferimento sono: . ASTM D2937 - 94 . BS 1377:Part 2:1990 I valori ottenuti sono stati utilizzati nel calcolo di IQA secondo l'equazione Eq. 2 (vedi paragrafi seguenti). 9 5. Strategia di misura ed elaborazione dati sull’ammasso roccioso 5.1. Costruzione della griglia di misura Nell’ottica di ottenere misure di indice di rimbalzo r che siano caratteristiche dell’ammasso roccioso e non della roccia intatta, l’area da indagare deve essere sufficientemente ampia da includere i sistemi di discontinuità e le eterogeneità primarie e secondarie del litotipo. In particolare, le rocce lapidee e le rocce deboli sono state caratterizzate in corrispondenza di affioramenti immediatamente vicini al suolo, dove i processi di alterazione e destrutturazione hanno i maggiori effetti (peggiorativi) sulle proprietà geologico-tecniche dell’ammasso e quindi possono influire in maniera più importante sui processi di evoluzione dei versanti. Per ogni area test si è quindi scelto di acquisire dati sclerometrici in corrispondenza dei nodi di una griglia immaginaria costituita da n righe per m colonne, di dimensioni tali da soddisfare i suddetti requisiti. In ogni caso, l’estensione dell’area da indagare è sempre condizionata dalla locale dimensione dell’affioramento e dalla reale accessibilità per l’esecuzione delle misure. Per stabilire il numero minimo di righe e colonne (e quindi di osservazioni) necessario per la costruzione di una griglia rappresentativa, si è deciso di valutare il risultato ottenuto nei test 011 e 012 effettuati su due sezioni della formazione del Macigno del Chianti a Ponte agli Stolli (lungo la Via Grevigiana SP16, comune di Figline Valdarno, AR, essendo qui ubicata la sezione tipo della formazione suddetta), andando a variare il numero di punti di misura, e definendo in questo modo griglie di dimensioni (n-x) * (m-x) a partire da una griglia iniziale 4*6, con dimensione di maglia di 40 cm. I risultati, mostrati in Figura 7 e Figura 8 e in Tabella 3, evidenziano come valori stabili, cioè che si discostano dalla media meno di 1 σ ottenuto dalla precedente analisi di ripetibilità, si ottengono comprendendo un minimo di ∼ 10-12 nodi su maglia 3*4. Variazione R in funzione delle dimensioni della griglia 30 Media di R 25 15 4x4 3x3 2x2 10 4x5 4x6 20 5 0 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 N. nodi utilizzato Figura 7 Area test 011: effetti della variazione delle dimensioni della griglia, quindi del numero di nodi di misura utilizzati, sul valore di r. 10 Variazione R in funzione delle dimensioni della griglia 35 Media di R 34 4x4 3x3 2x2 4x5 4x6 33 32 31 30 29 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22 24 26 N. nodi utilizzato Figura 8 Area test 012: effetti della variazione delle dimensioni della griglia, quindi del numero di nodi di misura utilizzati, sul valore di r. MEDIA di r TIPO GRIGLIA (m*n) TEST 011 TEST 012 2x2 21.4 32.2 3x3 20.4 33.5 4x4 18 32.3 4x5 18.8 31.9 4x6 18.9 31.9 Tabella 3 Valori di r ottenuti utilizzando griglie di diverse dimensioni nelle aree test 011 e 012 In questa fase è stato inoltre sperimentalmente verificato che cambiando l’ordine di acquisizione dei nodi della griglia, in maniera anche casuale, i valori di si stabilizzano a partire da circa 14-16 acquisizioni, che corrispondono ad una griglia di 4*4 (Figura 9 e Figura 10). 11 Media di R 011 MAC 26 25 24 23 22 21 20 19 18 17 16 15 14 13 12 11 10 9 8 7 6 ord_1 ord2 ord3 ord4 ord5 ord6 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 N. nodi utiliz z ati Figura 9 Variazione dei valori di al variare del numero di nodi utilizzato e dell’ordine di acquisizione dei dati, relativo all’area test 011. 012 MAC 38 36 Media di R 34 ord1 32 ord2 30 ord3 28 ord4 ord5 26 24 22 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 N. nodi utiliz z ati Figura 10 Variazione dei valori di al variare del numero di nodi utilizzato e dell’ordine di acquisizione dei dati, relativo all’area test 012. Alla luce delle precedenti considerazioni è stato scelto di adottare una griglia di dimensioni variabili (scelta condizionata dalle dimensioni e dalla forma dell'affioramento), formata da un numero di nodi compreso tra 20 e massimo 25 nodi corrispondenti ad altrettanti punti di misura, distanziati ≈ 40 cm in direzione verticale ed orizzontale (Figura 11). 12 Figura 11 Esempio di griglia 4*5 adottata per l'acquisizione dei dati sclerometrici, località Capanne di Careggine (Lu). Per ogni sito (ammasso roccioso) rappresentativo di una determinata formazione geologica la strategia di acquisizione è la seguente: - Costruzione di una griglia di misura, costituita da n righe per m colonne, solitamente per un totale di circa 20 nodi; per ogni nodo viene acquisito un set di 20 valori sclerometrici (indice di rimbalzo r). - Valutazione del grado di alterazione dell’ammasso roccioso e assegnazione di una classe di alterazione sulla base di criteri visivi e qualitativi (Tabella 4; I.S.R.M., 1978). - Individuazione dei sistemi di discontinuità che interessano l’ammasso roccioso, valutazione dell’orientazione e della spaziatura per ogni sistema e stima del parametro Jv (Barton et alii, 1974). - Raccolta di campioni rappresentativi per la determinazione del peso di volume della roccia costituente e per l’esecuzione dello slake durability test su litotipi poco competenti. 13 Tabella 4 Tabella per la valutazione del grado di alterazione del'ammasso roccioso (ISRM, 1978). 5.2. Calcolo del valore IQA Per la discriminazione degli ammassi rocciosi analizzati in unità litotecniche è stato definito il parametro IQA (Indice Qualità degli Ammassi) secondo le equazioni seguenti che integrano l’equazione di Deere e Miller: rJ = Eq. 1 Eq. 2 IQA = 1 i=n ∑ ri n i =1 1 j = n ( 0.00088*rJ *γ +1.01) ∑10 n j =1 Dove: ri è il valore i-esimo di rimbalzo normalizzato determinato nel nodo J-esimo della griglia di misura utilizzata sull’affioramento (vedere paragrafo Errore. L'origine riferimento non è stata trovata.). Se r non è misurabile (fondo scala inferiore dello sclerometro) si utilizza il valore di sostituzione pari a 6 ovvero la metà del valore r minimo determinabile tramite lo sclerometro; γ è il peso di volume determinato sul litotipo analizzato oppure, in assenza di misura diretta, quello ottenuto da affioramenti con caratteristiche di alterazione e fratturazione simili. 14 6. Nomenclatura litotecnica Nella scelta della nomenclatura di riferimento si è tenuto conto di una serie di vincoli e condizioni al contorno ritenuti importanti per la realizzazione di un progetto, come questo, da sviluppare a scala del territorio della Regione Toscana. Per la raccolta dei dati geologico-tecnici da integrare con quelli esistenti sì è quindi scelto, come visto nei paragrafi precedenti, di privilegiare strumenti e tecniche di misura relativamente semplici applicabili in sito ed in laboratorio, che fornissero risultati con adeguata ripetibilità. Lo schema di nomenclatura adottato è rappresentato in Figura 12. Si tratta di un diagramma di flusso che consente di classificare l'ammasso roccioso del sito di misura attraverso un parametro litologico e due parametri geologico-tecnici, i cui valori sono espressi tramite un codice con struttura di riferimento tipo XXn[Y][Z], dove: • XXn: attributo relativo alla classificazione litologica dell'ammasso; • [Y]: attributo, occorrente solo in alcuni ammassi di rocce lapidee caratterizzate da layering regolare, relativo al comportamento geologico-tecnico del componente secondario; • [Z]: attributo, occorrente nei soli ammassi rocciosi lapidei, relativo al valore di IQA (Indice Qualità Ammasso). Il parametro litologico prende in considerazione gli aspetti macroscopici dell’ammasso roccioso analizzati in affioramento, in particolare si considerano struttura, tessitura e lo stato della fratturazione. Il parametro geologico-tecnico IQA divide gli ammassi rocciosi deboli e le terre (IQA<25) dagli ammassi rocciosi lapidei (IQA>25) e per questi ultimi consente di definire tre classi di appartenenza. Il secondo parametro geologico-tecnico integra le informazioni fornite dal parametro litologico ed è valutato tramite la prova di durabilità. In particolare tale parametro si applica esclusivamente agli ammassi di rocce lapidee caratterizzate da layering regolare e discrimina tra ammassi in cui non è presente un componente litologico secondario o, se questo è presente e non consente l'impiego dello sclerometro, ammassi in cui il componente litologico secondario si comporta da terra (indice di durabilità < 80) o da roccia debole (indice di durabilità > 80). 15 Figura 12 Schema logico della nomenclatura di riferimento implementata per la costruzione della banca dati geografica litotecnica BD_LITOT e della relativa carta in scala 1:10.000. 16 7. Risultati 7.1. Banca dati puntuale OSS_LITOT Le attività svolte nell’ambito di questa attività di ricerca hanno permesso la creazione di un database composto da 373 punti di osservazione di ammassi rocciosi ritenuti rappresentativi, la cui ubicazione è riportata in Figura 13 (essenzialmente localizzati nelle province di Arezzo e Lucca). Di seguito vengono riportate le formazioni indagate organizzate secondo lo schema gerarchico Dominio -> Unità -> Formazione -> Membro, ed ordinate per età (dalla più giovane alla più vecchia) così come riportato nella legenda del Continuum Territoriale Geologico della Regione Toscana. DEPOSITI DEL PLEISTOCENE MEDIO-SUPERIORE • Travertini e calcari continentali (f1b) DEPOSITI CONTINENTALI RUSCINIANI E VILLAFRANCHIANI • Argille di Meleto (VILb) DEPOSITI MARINI PLIOCENICI • Argille Azzurre (FAA); SUCCESSIONE EPILIGURE • • Formazione di M. Fumaiolo (MFU); Formazione di San Marino – “Membro Stratificato” (SMN2); DOMINIO LIGURE INTERNO o Unità di M. Gottero, Unità di Leo, Unità Monghidoro • Arenarie di M. Gottero (GOT); • Argille a Palombini (APA); • Basalti con strutture a pillow-lava (BRG); DOMINIO LIGURE INTERNO o o Unità dei “Flysch a Elmintoidi”, Unità di Ottone, Unità Caio • Flysh do Ottone-Monteverdi (OMT); • Complesso di Casanova - Brecce ad elementi ofiolitici (CCVa); - Brecce ad elementi calcarei (CCVb); - Brecce a matrice pelitica (CCVc) Unità di M. Morello, Unità di S.Fiora, Unità del Cassio • Formazione di M. Morello (MLL) • Formazione di Sillano – S. Fiora (SIL) • Pietraforte (PTF) • Argille Varicolori (AVR) • Peridotiti, serpentiniti (pm) DOMINIO SUBLIGURE 17 o Unità di Canetolo • Arenarie di M. Senario (SEN) • Brecce di M. Senario (BMS) - Livelli di calcareniti (BMSa) • Calcari di Groppo del Vescovo (CGV) • Argille e Calcari di Canetolo (ACC) - Litofacies calcareo-argillitica (ACCa) - Litofacies calcarea (ACCb) DOMINIO TOSCANO o o o Unità dello “Pseudoverrucano” • Nummulitico (NUM) Unità di M. Cervarola • Marne di Vicchio (VIC) - Litofacies marnoso – arenitica (VIC3) - Litofacies marnoso-calcarea (VIC2) - Litofacies marnosa (VIC1) • Formazione Arenarie del M. Falterona (FAL) - Membro di Fosso delle Valli (FAL5) - Marne di Galiga (FAL4a) - Membro di Lonnano (FAL4) - Litofacies argillitica (FAL3a) - Membro di Montalto (FAL3) - Membro di Camaldoli (FAL2) - Membro di Montefalco (FAL1) - Olistostromi di materiale proveniente dalle unità liguri (FALa) • Marne Varicolori di Villore (MVV) - Alternanza di argilliti mal stratificate e di strati calcarenitici (MVVb) - Marne alternate ad argilliti (MVVa) Falda Toscana • Macigno (MAC) - Arenarie zonate (MACb) - Olistostromi di materiale ligure e subligure (MACa) • Marne di Marmoreto (MMA) • Argille di Fiumalbo (FIU) • Scaglia Toscana (STO) - Membro di M. Filoncio (STO6) - Membro delle Marne di Rovaggio (STO5) - Membro delle Calcareniti di Dudda (STO4) - Membro delle Calcareniti di Montegrossi (STO3) - Membro delle Marne del Sugame (STO2) - Membro delle Argilliti di Brolio (STO1) - Calcari di Puglianella (STOb) - Brecce calcareo-silicee (STOa) • Maiolica (MAI) • Diaspri (DSD) • Calcare Selcifero dela Val di Lima (SVL) • Marne a Posidonomya (POD) • Calcare Selcifero di Limano (LIM) • Rosso Ammonitico (RSA) • Calcari ad Angulati (ANL) 18 • • • o Calcare Massiccio (MAS) Calcari a Rhaetavicula Contorta (RET) Calcare Cavernoso (CCA) Unità Toscane Metamorfiche • Pseudomacigno (PSM) • Cipollino (MCP) • Scisti Sericitici (SSR) • Metacalcari ad Entrochi (ENT) • Metaradiolariti (MDI) • Metacalcari Selciferi (CLF) • Marmi (MAA) • Marmi dolomitici (MDD) • Grezzoni (GRE) • Quarziti di M. Serra (QMS) - Membro delle Quarziti bianco-rosa (QMS3) - Membro degli Scisti verdi (QMS1) • Formazione della Verruca – Civitella (VEU) - Membro delle Anageniti minute (VEUb) - Membro delle Anageniti grossolane (VEUa) • Quarziti e Filladi superiori (MRQ) • Porfiroidi e Scisti porfirici (PRS) • Filladi Inferiori (FAF) DOMINIO UMBRO-MARCHIGIANO • Marne di San Paolo (SPL) • Formazione Marnoso-Arenacea (FMA) - Membro di Civitella (FMA9) - Membro di Montecoronaro (FMA6) - Litofacies arenaceo-pelitica (FMA5b) - Membro di Collina (FMA5) - Litofacies arenaceo-pelitica di Montelabreve (FMA4a) - Membro di Galeata (FMA4) - Membro di Premilcuore (FMA3) - Membro di Corniolo (FMA2) Formazione Marnoso-Arenacea Marchigiana (FAM) - Arenarie e peliti torbiditiche silicoclastiche (FAM1) - Litofacies di Campo (FAM1a) Formazione Marnoso-Arenacea Umbra (MUM) - Membro di Vesina (MUM3) - Membro di Monte Casale (MUM2) - Membro di Casa Spertaglia (MUM1d – MUM1c) Le formazioni indagate coprono arealmente oltre il 95 % del territorio delle due province considerate. Tale banca dati raccoglie un set di informazioni geologico-tecniche inedite degli ammassi rocciosi per un'area vasta rispetto al territorio regionale toscano, e costituisce quindi un esempio di sviluppo finalizzato del Continuum Territoriale geologico. 19 Figura 13 Distribuzione degli affioramenti analizzati durante l’attività di ricerca. 7.2. Banca dati poligonale POLY_LITOT Questa banca dati costituisce l'output finale del progetto di ricerca ottenuto dall'implementazione delle seguenti fasi: • analisi spaziale/statistica delle informazioni puntuali (banca dati OSS_LITOT); • ricodifica delle unità geologiche in unità litotecniche. 7.2.1. Analisi spaziale/statistica delle informazioni puntuali E' stata valutata, per le formazioni più estese o per quelle sottoposte a misure di affioramento con maggiore frequenza, la distribuzione nelle classi litotecniche. Si osserva che alcuni affioramenti di MAC, FAL2, LIM, MLL, vengono attribuiti ad una unità litotecnica prevalente, mentre altri affioramenti vengono attribuiti ad un numero molteplice di classi litotecniche. Ciò può indicare che esista, per alcune formazioni, una relazione 1:1 tra le due categorie tematiche. Tuttavia, l'analisi spaziale dei dati puntuali di affioramento, e in particolare del parametro IQA, mette in evidenza che 20 per alcune formazioni è ragionevole/opportuno eseguire una suddivisione in due classi litotecniche. Ciò vale in particolare per MAC e FAL3, la cui distribuzione dei valori di IQA è stata valutata considerando subset dell'area di studio rappresentati in Figura 22 e Figura 23. La distribuzione del parametro IQA, calcolato sugli ammassi rocciosi appartenenti alla formazione del Macigno è bimodale. Partendo allora dalle evidenze di sito (alterazione, fratturazione, quadro strutturale, estensione affioramenti) sono state individuate nella popolazione “Macigno” quattro sottopopolazioni distinte, ognuna caratterizzante una determinata porzione dell’area di studio (Figura 23), che sono descritte di seguito: • la popolazione 1 ha valore mediano 19 e si colloca quasi completamente nella classe degli ammassi rocciosi deboli; • la popolazione 2 ha valore mediano 39 (ammassi rocciosi lapidei categoria A); la distribuzione di questa popolazione è bimodale e ricade anche nella categoria B, ma la distribuzione e la densità dei dati non permettono di riconoscere e discriminare 2 sottopopolazioni distinte. • La popolazione 3 ha valore mediano 36 (ammassi rocciosi lapidei categoria A) e distribuzione marcatamente bimodale. • La popolazione 4 ha valore mediano di 30 (ammassi rocciosi lapidei categoria A); tale distribuzione, nonostante si riferisca all’intera area dei monti del Chianti, è caratterizzata da variabilità minore rispetto alle altre popolazioni. Analogamente, è stata analizzata la distribuzione del valore IQA per il Membro di Montalto (Formazione delle Arenarie del Monte Falterona). Nonostante la distribuzione di questa formazione non presenti andamento bimodale, sulla base delle evidenze di campagna e della lettura della cartografia geologica (Continuum Regione Toscana) si riconoscono due popolazioni (subset 5 e 6 in Figura 23) caratterizzate da mediana differente: la popolazione 6 ricade negli ammassi rocciosi deboli, mentre la 5 ricade in quelli lapidei. Tuttavia le due distribuzioni sono ampiamente sovrapposte, per cui solo una maggiore densità di campionamento degli affioramenti consentirebbe di discriminare spazialmente in modo robusto le due popolazioni. 21 Figura 14 Distribuzione degli affioramenti analizzati della Formazione del Macigno, rispetto alla nomenclatura litotecnica; 82 occorrenze. Figura 15 Distribuzione degli affioramenti analizzati appartenenti al Membro di Montefalco (Arenarie del Monte Falterona), rispetto alla nomenclatura litotecnica; 6 occorrenze. 22 Figura 16 Distribuzione degli affioramenti analizzati appartenenti al membro di Membro di Camaldoli (Arenarie del Monte Falterona), rispetto alla nomenclatura litotecnica; 17 occorrenze. Figura 17 Distribuzione degli affioramenti analizzati appartenenti al membro di Membro di Montalto (Arenarie del Monte Falterona), rispetto alla nomenclatura litotecnica; 28 occorrenze. 23 Figura 18 Distribuzione degli affioramenti analizzati, appartenenti alla Formazione del Calcare Selcifero di Limano, rispetto alla nomenclatura litotecnica; 6 occorrenze. Figura 19 Distribuzione degli affioramenti analizzati, appartenenti alla Formazione della Maiolica, rispetto alla nomenclatura litotecnica; 10 occorrenze. 24 Figura 20 Distribuzione degli affioramenti analizzati appartenenti alla Formazione Di Monte Morello, rispetto alla nomenclatura litotecnica; 11 occorrenze Figura 21 Distribuzione degli affioramenti analizzati, appartenenti al Membro delle Calcareniti di Montegrossi (Scaglia Toscana), rispetto alla nomenclatura litotecnica; 12 occorrenze. 25 2 3 1 Figura 22 Stralcio della carta geologica della Regione Toscana a scala 1:250000, Provincia di Lucca. Punti rossi: affioramenti appartenenti alla Formazione del Macigno. Con il tratteggio si identificano subset delle aree di affioramento di MAC che mostrano una propria caratteristica distribuzione dei valori di IQA. 26 5 6 4 Figura 23 Stralcio della carta geologica della Regione Toscana a scala 1:250.000, Provincia di Arezzo. Punti rossi: affioramenti appartenenti alla Formazione del Macigno; punti blu: affioramenti appartenenti al Membro di Montalto (Formazione delle Arenarie del Monte Falterona). Con il tratteggio si identificano subset delle aree di affioramento di MAC e FAL3 che mostrano una propria caratteristica distribuzione dei valori di IQA. 27 Figura 24 Densità di frequenza delle popolazioni appartenenti alla Formazione del Macigno. Con le linee verticali viene rappresentato il valore mediano della distribuzione. In grigio chiaro invece si riporta il limite delle classi di IQA. 28 Figura 25 Andamento della densità di frequenza delle popolazioni, appartenenti al Membro di Montalto (Formazione delle Arenarie del Monte Falterona). Con le linee verticali viene rappresentata la mediana della distribuzione. In grigio chiaro si riporta il limite delle classi di IQA. Alcune analisi statistiche, sono state inoltre effettuate sui dati relativi alle proprietà fisiche, geologiche e geomeccaniche, dei litotipi indagati, con l’obiettivo di individuarne eventuali correlazioni. In base all’attuale data set di studio, si possono fare alcune considerazioni. Per la Formazione del Macigno (Figura 26) le classi di alterazione 1, 3 e 4 manifestano una correlazione con Jv, sebbene piuttosto rumorosa, mentre la classe di alterazione 2, non mostra indizi di correlazione. Una generale correlazione si osserva per il Membro di Montalto (Formazione delle Arenarie del Monte Falterona), anche se il dataset poco numeroso rende poco affidabile tale considerazione. 29 Figura 26 Formazione del Macigno: plot a dispersione dei valori di IQA e Jv analizzati per i differenti valori di grado di alterazione. Figura 27 Membro di Montalto (Formazione delle Arenarie del Monte Falterona): plot a dispersione dei valori di IQA e Jv analizzati per i differenti valori di grado di alterazione 30 7.2.2. Ricodifica delle unità geologiche in unità litotecniche Dai risultati ottenuti nella fase precedente è stata eseguita la ricodifica delle formazioni geologiche in unità litotecniche seguendo la stessa nomenclatura applicata alla banca dati degli affioramenti. Di conseguenza l'attribuzione alle nuove classi tematiche poligonali si è basata, come prima opzione, sulla frequenza delle classi litotecniche ottenute, per ogni formazione, a livello puntuale (esempi: Figura 16, membro FAL2; Figura 24, Formazione del Macigno popolazione 4, parametro geologico-tecnico IQA). Dove la densità di campionamento era adeguata per individuare subset della stessa formazione con caratteristiche litotecniche diverse, sono stati introdotti nella banca dati nuovi limiti di unità in modo da realizzare una relazione 1:molti tra formazioni e unità litotecniche (esempio: Formazione del Macigno). Dove invece la densità di campionamento puntuale non era elevata o la statistica dei risultati non era risolutiva (esempio: Figura 19, Maiolica) si è proceduto integrando i dati di affioramento con criteri euristici che tengono conto del quadro strutturale e dei caratteri degli affioramenti a scala regionale. Infine, le formazioni poco estese sono state ricodificate per analogia rispetto ad altre formazioni litologicamente simili di cui erano note le proprietà geologico-tecniche. 31