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QUADERNI dell’ ASPIRANTE
AVVOCATO
DIRITTO
CIVILE
Manuale di base
per la preparazione alla prova orale
• In appendice gli argomenti
oggetto di domanda d’esame
II Edizione
SIMONE
EDIZIONI GIURIDICHE
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Gruppo Editoriale Esselibri - Simone
DIRITTO
CIVILE
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TUTTI I DIRITTI RISERVATI
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appartengono alla Esselibri S.p.A. (art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)
Manuali di approfondimento per la prova orale dell’esame di avvocato
Vol.
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Diritto del lavoro
Diritto costituzionale
Diritto penale
Diritto amministrativo
Diritto civile
Diritto commerciale
Diritto processuale penale
Diritto processuale civile
Diritto tributario
Diritto ecclesiastico
Diritto internazionale privato
Diritto dell’Unione europea
Ordinamento e deontologia forense
Revisione del testo a cura della dott.ssa Raffaella del Vecchio
Finito di stampare nel mese di aprile 2010
dalla «Cecom» - Via Cardaropoli, n. 14 - Bracigliano (SA)
per conto della ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - Napoli
Grafica di copertina di Giuseppe Ragno
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PREMESSA
Già da prima che fossero istituiti i nuovi esami per procuratore, poi avvocato, le Edizioni Simone hanno preso a cuore le esigenze degli aspiranti avvocati pubblicando una serie di fortunati testi di preparazione agli esami.
Si è posta attenzione ai volumi indirizzati alle prove orali in quanto, il
candidato, all’atto della preparazione, già possiede le nozioni di base, e, quindi, necessita più che di testi istituzionali, di lavori sistematici e riassuntivi che
gli consentano di «riorganizzare» le sue conoscenze in vista dell’esame.
Ciò soprattutto in considerazione dei tempi di studio, sempre più stretti, e
dei potenziali interlocutori che fondano le loro conoscenze sulla pratica professionale più che su un sapere accademico, modificando così l’ottica di inquadramento dei singoli istituti.
Sulla base di tali convinzioni, e monitorando il sito e il forum di www.sarannoavvocati.it, i nostri autori hanno tenuto presente le indicazioni di
quanti hanno superato con esito positivo le prove e, richiamandosi a Giustiniano, hanno tagliato «il troppo e il vano».
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Il volume è aggiornato alle più recenti novità normative e giurisprudenziali in materia, tra cui ricordiamo la L. 23-7-2009, n. 99 (Sviluppo e internazionalizzazione delle imprese), che ha modificato la disciplina della class action e
il D.L. 78/2009 conv. in L. 102/2009 che ne ha definitivamente fissato l’entrata
in vigore al 1° gennaio 2009.
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non si limita alla sola parte istituzionale, ma, seguendo un recente orientamento didattico riporta una corposa appendice che elenca gli argomenti dei
quesiti potenzialmente oggetto di prova di esame.
Tali quesiti formulano l’argomento in termini di una risposta esaustiva e
centrata operando anche collegamenti, paralleli e differenze con istituti affini.
Anche i Quaderni, dunque, si giovano della esperienza Simone per offrire
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PARTE PRIMA
NORMA GIURIDICA E
RAPPORTO GIURIDICO
Capitolo Primo
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La norma giuridica
1. LA NORMA GIURIDICA: CONCETTO, CARATTERI. LA SANZIONE
Norma giuridica è il comando generale ed astratto rivolto a tutti i consociati con il quale si impone ad essi una determinata condotta, sotto la minaccia di una determinata reazione (sanzione).
Caratteristiche delle norme giuridiche sono:
— generalità: in quanto le norme sono rivolte alla comunità nella sua interezza;
— astrattezza: in quanto la norma non prende mai in considerazione un singolo
caso particolare, ma prevede una situazione generale ed astratta (cd. fattispecie);
— obbligatorietà: in quanto l’osservanza della norma è garantita con la forza,
e cioè con la previsione di una particolare reazione contro chi non la osserva (sanzione).
Dal punto di vista strutturale, la norma giuridica è composta da due elementi:
— precetto, cioè il comando contenuto nella norma o la regola comportamentale da rispettare;
Bisogna, però, tener presente che vi sono anche delle norme che constano non di un comando o di una regola, ma di una definizione (es. art. 1470, contratto di compravendita) o di una
elencazione (es. art. 1, disp. gen., indicazione delle fonti);
— sanzione, cioè la minaccia di una reazione da parte dell’ordinamento giuridico per l’ipotesi di violazione del precetto.
La sanzione è dunque la reazione che l’ordinamento giuridico minaccia a
chi viola le norme.
Sanzioni sono:
— la pena: che infligge al violatore un male che non è in relazione diretta con la lesione compiuta;
— l’esecuzione, in cui rientrano sia l’esecuzione forzata (per es. sui beni del debitore insolvente)
che la nullità dell’atto compiuto in violazione delle norme: con l’esecuzione si realizza il risultato che si sarebbe ottenuto con l’obbedienza al comando;
— il risarcimento e la riparazione: rivolte ad ottenere soltanto un equivalente di ciò che si sarebbe ottenuto con l’obbedienza spontanea della norma.
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Parte Prima - Norma giuridica e rapporto giuridico
Differenze
A) In base al contenuto si distinguono:
— norme precettive: che contengono un comando rivolto ai destinatari (es.: art. 433);
— norme proibitive: che, invece di un comando, contengono un divieto (es.: art. 1471);
— norme permissive: che concedono e garantiscono ai soggetti determinate facoltà (es.:
possibilità di proporre appello contro le sentenze di primo grado).
B) In base al tipo di comando contenuto nella norma si distinguono:
— norme cogenti (o imperative): sono quelle norme la cui applicazione è imposta dall’ordinamento, prescindendo dalla volontà dei singoli (es.: norme penali);
— norme relative (o derogabili): la cui applicazione può essere evitata dagli interessati;
esse si distinguono, ulteriormente, in dispositive e suppletive. In particolare: si dicono
dispositive quelle che regolano un rapporto, ma consentono alle parti di disciplinarlo
diversamente (cfr. art. 1282); sono invece dette suppletive quelle norme destinate a
supplire all’inerzia dei privati, in quanto intervengono a regolare un rapporto solo in
mancanza della volontà delle parti (cfr. art. 1063).
C) In base alla sanzione si distinguono:
— norme perfette: sono quelle munite di sanzione;
— norme imperfette: non sono munite di sanzione (es.: art. 315);
— norme «minus quam perfectae»: sono quelle norme la cui inosservanza viene punita
con sanzioni non adeguate (es. artt. 89 e 140).
2. LE FONTI DELLE NORME GIURIDICHE. IL CODICE CIVILE
Per fonti delle norme giuridiche si intendono quegli atti o fatti dai quali
traggono origine, appunto, le norme giuridiche, che valgono a formare il diritto
oggettivo.
Differenze
In particolare, le fonti si distinguono in:
— fonti di produzione: sono costituite da quegli atti o fatti cui l’ordinamento riconosce l’idoneità a porre in essere norme giuridiche attraverso l’individuazione degli organi titolari
del potere e del procedimento di formazione dell’atto normativo;
— fonti di cognizione: sono costituite da quegli strumenti attraverso i quali le norme vengono
concretamente identificate e rese conoscibili. L’espressione fonte di cognizione si riferisce,
dunque, al momento della conoscenza o della conoscibilità, non a quello della creazione
della norma giuridica, e sta ad indicare i documenti e le pubblicazioni ufficiali attraverso
cui può aversi conoscenza del testo delle norme (es.: Gazzetta Ufficiale della Repubblica
Italiana, Raccolte di atti etc.).
Altra importante distinzione è quella tra:
— fonti atto: costituite da manifestazioni di volontà normativa espresse da organi dello Statosoggetto, o di altri enti a ciò legittimati dalla Costituzione, che trovano, di norma, la loro
formazione in un testo normativo;
— fonti fatto: consistenti in un comportamento oggettivo cui il nostro ordinamento riconosce,
nella sussistenza di determinate condizioni, l’idoneità a porre in essere norme rilevanti per
l’ordinamento giuridico (es.: la consuetudine).
L’art. 1 delle disposizioni sulla legge in generale sancisce che sono fonti del
diritto le leggi, i regolamenti, le norme corporative e gli usi.
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Capitolo Primo - La norma giuridica
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Dopo la caduta del fascismo è stato abrogato l’ordinamento corporativo e
dunque anche l’art. 1 n. 3 disp. prel. (D.lg.lgt. 23-11-1944, n. 369).
Le fonti del diritto sono, dunque, poste tra di loro in un ordine strettamente gerarchico, da cui consegue che una fonte subordinata non può mai porsi
in contrasto con una fonte sovraordinata.
Al vertice della gerarchia delle fonti di produzione vi è la Costituzione
(entrata in vigore il 1° gennaio 1948), che è la legge fondamentale dello Stato
e rappresenta il principale punto di riferimento di tutto il sistema normativo.
Le leggi costituzionali sono poste nella scala gerarchica sullo stesso piano
della Costituzione, in quanto vengono emanate dal Parlamento, mediante l’adozione di una procedura più complessa di quella prevista per le leggi ordinarie.
Su un gradino inferiore troviamo le leggi ordinarie formali e sostanziali (fonti primarie).
Sono leggi formali quelle leggi approvate dal Parlamento, secondo la procedura ordinaria
espressamente prevista dalla Costituzione.
Sono invece leggi sostanziali (o materiali) le leggi delegate o decreti legislativi e i decreti
legge approvati dal Consiglio dei ministri in seguito ad una legge delega del Parlamento (decreti
legislativi) o adottate in determinate ipotesi straordinarie di urgenza e necessità (decreti legge),
purché convertite in legge dalle Camere.
Per legge si intende qualsiasi atto normativo posto in essere dagli organi
competenti nei modi e nelle forme previste dalla Costituzione. Rientrano in
tale ampio concetto: la Costituzione e le leggi costituzionali, le leggi ordinarie
in senso stretto, le leggi delegate e i decreti legge.
Il Parlamento fa le leggi che vengono promulgate dal Presidente della Repubblica e successivamente pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.
Equiparati alla legge sono il decreto legislativo delegato (emanato dal Governo in base ad una
legge-delega ex art. 76 Cost.) ed il decreto legge (emanato dal Governo in casi straordinari di necessità ed urgenza e convertito poi in legge dalle Camere ex art. 77 Cost.).
Il sistema piramidale delle fonti del diritto caratterizzato dalla rigidità della nostra Carta
Costituzionale fa sì che la legge ordinaria, gli atti ad essa equiparati e le leggi regionali non possano mai porsi in contrasto con la Costituzione. L’organo preposto a dirimere tali eventuali antinomie è la Corte Costituzionale (giudice delle leggi).
Sotto la legge e gli atti ad essa equiparati, quali fonti secondarie, vi sono i
regolamenti dell’Esecutivo, che sono atti formalmente amministrativi ma
sostanzialmente normativi. Si tratta, infatti, di norme giuridiche emanate
dagli organi del potere esecutivo nei limiti della potestà normativa loro conferita che trovano la loro fonte nell’art. 17 della L. n. 400/1988.
Quali fonti di secondo grado i regolamenti non possono porsi in contrasto non solo con la
Costituzione, ma neanche con la legge. Competente a giudicare dell’eventuale contrasto è in tal caso
qualsiasi giudice, ma solo ai fini della disapplicazione della norma illegittima, mentre il potere di
annullare le norme poste dal regolamento spetta unicamente al Giudice Amministrativo.
Infine troviamo gli usi o consuetudini, fonti (terziarie) non scritte caratterizzate dalla necessaria compresenza di due elementi:
— oggettivo, per cui il comportamento deve essere tenuto dalla generalità dei
soggetti in modo costante ed uniforme nel tempo;
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Parte Prima - Norma giuridica e rapporto giuridico
— soggettivo, per cui deve sussistere la convinzione della giuridica doverosità di quel comportamento (cd. opinio iuris ac necessitatis).
Gli usi possono regolare solo materie non disciplinate dalla legge (cd. consuetudine praeter
legem) e quelle già regolamentate dalla legge nei limiti in cui siano da questa espressamente richiamati (cd. consuetudine secundum legem). Non è ammesso, invece, l’uso contra legem.
Un riferimento agli usi quali fonti del diritto si ritrova nell’art. 1374, mentre non costituiscono fonti normative gli usi negoziali (art. 1340) e quelli interpretativi (art. 1368).
Differenze
Gli usi normativi, fonti del diritto, devono essere distinti da:
— usi contrattuali, cioè usi applicati in un determinato luogo e con riferimento ad un determinato tipo di affari (es. art. 1340, le clausole d’uso si intendono inserite nel contratto, se
non risulta che le parti non le abbiano volute);
— usi interpretativi, usi con i quali individui di un certo luogo intendono un’espressione non
chiara o ambigua inserita in un contratto (es. art. 1368 che dispone che le clausole ambigue si interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui il contratto è
stato concluso).
Un cenno va fatto anche alle fonti comunitarie.
In particolare tra le fonti normative comunitarie è possibile individuare:
a) i regolamenti, che hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi e sono
direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri;
b) le direttive, che vincolano, invece, ciascuno Stato membro cui sono rivolte per quanto riguarda il risultato da raggiungere, lasciando liberi gli organi nazionali di scegliere la forma e i
mezzi con cui raggiungere il risultato;
c) le decisioni della Corte di giustizia dell’U.E.
Per lo studio del diritto privato, grande importanza, tra le leggi ordinarie,
riveste il Codice Civile, approvato con Regio decreto 16 marzo 1942, n. 262
ed entrato in vigore il successivo 21 aprile.
Il codice civile, composto da una parte introduttiva e da sei libri, è, senz’altro, la fonte di gran
lunga più importante del diritto privato. Tuttavia, sulla scorta di un fenomeno già evidente dalla
fine dello scorso secolo la disciplina di singoli istituti civilistici è, talvolta, contenuta in leggi
speciali estranee al corpo codicistico (es.: il Codice del consumo). A seguito dell’entrata in vigore della Costituzione, la legislazione speciale ha svolto un importante ruolo di adeguamento del
sistema codicistico, imperniato su logiche discriminatorie ed individualistiche, all’ispirazione
egalitaria e solidaristica dei principi costituzionali.
3. L’EFFICACIA DELLA NORMA GIURIDICA
A) L’efficacia nel tempo
L’efficacia di una norma giuridica è circoscritta sia da limiti di tempo sia
da limiti spaziali.
1) Entrata in vigore ed abrogazione
La norma giuridica entra in vigore, cioè spiega in pieno la sua efficacia erga
omnes, dopo:
— la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica;
— la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale;
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Capitolo Primo - La norma giuridica
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— il decorso di un certo periodo di tempo (di regola, 15 giorni) dalla pubblicazione (cd. vacatio legis). Trascorso tale periodo, la legge diviene obbligatoria per tutti e nessuno può invocarne l’ignoranza per sottrarsi ai suoi comandi (ignorantia legis non excusat).
L’abrogazione della norma giuridica, cioè la cessazione della sua efficacia,
si realizza per:
— dichiarazione espressa del legislatore;
— dichiarazione tacita del legislatore (per incompatibilità con una nuova disposizione o per successiva nuova regolamentazione dell’intera materia);
— referendum popolare (art. 75 Cost.);
— decisione di illegittimità costituzionale pronunziata dalla Corte Costituzionale (così GALGANO e GAZZONI), altra dottrina ritiene, invece, che la
decisione di illegittimità produca una sorta di annullamento della norma
incostituzionale (TRABUCCHI, GUASTINI), la differenza non è di poco
conto dal momento che l’abrogazione di regola non retroagisce (tranne che
non sia espressamente disposto il contrario), l’annullamento determina,
invece, una sorta di cancellazione della norma come se non fosse mai esistita;
— cause intrinseche (ad es. la legge è emanata per un certo periodo di tempo).
2) Irretroattività
L’art. 11 delle disposizioni preliminari al Codice Civile sancisce il principio
fondamentale di «irretroattività delle norme giuridiche»: «La legge non
dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo»; la legge, cioè, non
estende la sua efficacia a rapporti verificatisi nel tempo antecedente alla sua
emanazione.
Tale principio, ispirato ad esigenze di certezza del diritto, è, tuttavia, derogabile in via eccezionale, ed infatti:
—
—
—
—
sono retroattive le leggi penali più favorevoli al reo (art. 2 c.p.);
sono retroattive le leggi di interpretazione autentica;
sono retroattive le leggi di ordine pubblico che tutelano i fondamentali interessi dello Stato;
il legislatore può ritenere opportuno estendere gli effetti di una legge anche al passato (es.
aumenti di stipendio con decorrenza retrodatata).
3) Successione delle norme nel tempo
Il sopravvenire di una nuova legge determina problemi pratici di notevole
importanza riguardo alle situazioni in via di definizione.
Il legislatore, al fine di risolvere tali problemi e di dirimere eventuali conflitti, detta delle norme transitorie.
In mancanza di norme transitorie le questioni vengono risolte dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti: in base alla teoria del fatto compiuto in virtù della quale le nuove norme non
estendono la loro efficacia ai fatti compiuti sotto il vigore della legge precedente, benché dei
fatti stessi siano pendenti gli effetti; oppure in base alla teoria del diritto quesito, secondo cui il
diritto acquistato non può essere eliminato da una legge successiva, anche se è possibile che muti
la disciplina dei poteri e delle facoltà che lo caratterizzano e i suoi modi di esercizio.
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Parte Prima - Norma giuridica e rapporto giuridico
B) L’efficacia nello spazio
Il Legislatore, al fine di risolvere i conflitti fra diritto italiano e straniero ed
identificare la legge applicabile, ha dettato le cd. norme di diritto internazionale privato. Tali norme, quindi, sono norme interne dello Stato, volte a stabilire quale legge vada applicata nel caso in cui un rapporto giuridico presenti
elementi di estraneità rispetto all’ordinamento giuridico (es.: se un rapporto è
posto in essere da stranieri in Italia o concluso all’estero da italiani): per l’analisi concreta di tali norme si veda la legge 31-5-1995, n. 218 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato).
4. L’INTERPRETAZIONE DELLA NORMA GIURIDICA
L’interpretazione della norma consiste in quell’attività di ricerca e di spiegazione
del senso della norma stessa, «senso — come si esprime l’art. 12 delle disposizioni preliminari al Codice Civile — fatto palese dal significato proprio delle parole,
secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore». La citata disposizione legislativa fa dunque espresso riferimento a due criteri normativi di
interpretazione, quello letterale e quello logico, parimenti indispensabili ed indicativi del metodo attraverso il quale condurre l’interpretazione di una norma.
In particolare, quanto al modo ed ai criteri, l’attività di interpretazione normativa si realizza in due fasi:
— interpretazione letterale: volta a valutare il significato proprio delle parole utilizzate considerate non isolatamente, ma secondo la loro connessione, ossia secondo la successione seguita
nella esposizione;
— interpretazione logica: volta a stabilire il vero contenuto della norma, ossia l’intenzione del legislatore. Tale intenzione è da intendere non come la volontà di coloro che concorsero ad
emanare la norma, bensì come l’intento obiettivo (la ratio) della legge, e va ricercata nell’interesse che questa mira a tutelare. Per individuare l’effettiva volontà della legge si utilizzano
tre criteri interpretativi, quello teleologico, quello sistematico e quello storico. Con il primo si
interpreta la norma in coerenza con le sue finalità; con il secondo si interpreta la norma in
coerenza con l’intero sistema; con il terzo si tiene conto delle contingenti esigenze storiche
che hanno indotto il legislatore all’emanazione della norma.
Appare dunque chiaro che l’interpretazione delle norme va eseguita in considerazione del complesso dell’ordinamento giuridico e della società in cui esse si calano. Si parla, infatti, di interpretazione evolutiva per indicare quel fenomeno per cui, pur restando immutata la formulazione letterale di una norma, la sua interpretazione cambia al cambiare di altre leggi o della società (TRIMARCHI).
Differenze
Appare utile ricordare le principali distinzioni che, in tema di interpretazione delle norme
giuridiche, sono state operate dalla dottrina, mossa soprattutto dalla esigenza di promuovere
l’adozione di canoni interpretativi che, da un lato, garantissero la necessaria coerenza generale del sistema delle fonti e, dall’altro, consentissero di adeguare l’interpretazione delle norme
al mutamento dei tempi e della coscienza sociale.
Pertanto, in relazione ai soggetti che la effettuano, l’interpretazione può essere:
— giudiziale: compiuta dai giudici nell’esercizio della funzione giurisdizionale. Essa è vincolante solo per le parti del giudizio, anche se non può escludersi una sua influenza di fatto,
soprattutto quando si formi un orientamento giurisprudenziale costante, fonte non equivoca di evoluzione del diritto cd. vivente;
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Capitolo Primo - La norma giuridica
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— dottrinale: compiuta, senza alcuna forza vincolante, dagli studiosi di materie giuridiche;
— autentica: compiuta dallo stesso legislatore che emana talvolta norme (con efficacia retroattiva) volte a definire l’esatto significato di norme preesistenti che abbiano dato adito ad
interpretazioni difformi. Essa ha efficacia vincolante erga omnes.
In relazione ai risultati l’interpretazione può essere:
— dichiarativa: se i risultati dell’interpretazione grammaticale coincidono con quelli dell’interpretazione logica (lex tam dixit quam voluit);
— estensiva: se l’ambito di applicazione della norma è più esteso di quanto si ricava dalla sola
formulazione letterale (lex minus dixit quam voluit);
— restrittiva: nel caso contrario (lex plus dixit quam voluit).
5. INTEGRAZIONE DELLA NORMA GIURIDICA. L’ANALOGIA
Spesso il giudice si trova di fronte a casi pratici (cd. fattispecie concrete)
che nessuna norma positiva direttamente prevede e disciplina (si parla in
queste ipotesi di lacune dell’ordinamento). Il giudice, non potendo creare egli
stesso la «regola di diritto» idonea a colmare il vuoto normativo, né potendo
rifiutarsi di risolvere il caso pratico portato alla sua attenzione, può sopperire
alle deficienze legislative applicando la disciplina giuridica dettata per un caso
simile o per una materia analoga (analogia legis).
Il ricorso all’analogia è ammissibile solo se poggia sui seguenti presupposti:
— il caso in questione non deve essere previsto da alcuna norma;
— devono esservi significative somiglianze tra la fattispecie prevista dalla legge e quella non prevista;
— il rapporto di somiglianza deve riguardare gli elementi della fattispecie prevista che hanno
costituito la giustificazione stessa della disciplina data dal legislatore.
Il ricorso all’analogia non è ammesso (art. 14 preleggi):
— rispetto alle leggi penali sfavorevoli al reo (cd. in malam partem), in forza del principio di legalità (nullum crimen, nulla poena sine lege), per cui non si può essere incriminati per un
fatto che, al momento in cui è stato commesso, non può considerarsi reato in base alla legge;
— rispetto alle leggi eccezionali, in quanto il tenore eccezionale delle stesse ne sconsiglia l’applicazione in altre, diverse circostanze.
Differenze
L’analogia non va confusa con l’interpretazione estensiva: con quest’ultima, infatti, si resta
sempre nell’ambito della norma, che viene intesa nel suo significato più ampio; con l’analogia,
invece, si è al di fuori dei confini della norma, perché il caso da regolare non rientra nella
norma medesima, anche se a questa si attribuisce il più ampio significato possibile.
Va infine osservato che le norme speciali, a differenza di quelle eccezionali, sono applicabili per
analogia. Al riguardo si ricordi che:
— norme speciali: sono quelle che, per soddisfare particolari esigenze, si applicano solo in
alcune materie (es.: caccia e pesca), in alcune circostanze (es.: in tempo di guerra) o per
alcune categorie di soggetti (es.: gli imprenditori commerciali), dettando una disciplina
difforme ma non antitetica al diritto comune;
— norme eccezionali: sono invece quelle che, per le particolari esigenze cui vanno incontro,
deviano dai principi ispiratori di tutto un ramo del diritto o di un istituto giuridico.
Pertanto, mentre le norme eccezionali si caratterizzano perché contraddicono, per particolari ragioni, al sistema delle altre norme, le norme speciali costituiscono un’applicazione, con
adattamenti, del sistema stesso ad un ramo che ha speciali esigenze.
Capitolo Secondo
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Il rapporto giuridico
e le situazioni soggettive
1. IL RAPPORTO GIURIDICO
A) Nozione
È rapporto giuridico ogni relazione tra due o più soggetti, regolata dal diritto.
Esempi: il rapporto tra il creditore e il debitore di una somma; il rapporto fra il proprietario
di un bene e tutti gli altri componenti della collettività che devono astenersi dall’impedire il pacifico esercizio del diritto di proprietà.
In seno al rapporto giuridico si distinguono:
— il soggetto attivo, che è colui al quale l’ordinamento giuridico attribuisce
determinati poteri (diritto soggettivo);
— il soggetto passivo, che è colui su cui grava il corrispondente obbligo o su
cui incombe una soggezione.
B) Vicende
Nascita del rapporto
Si ha quando un rapporto si costituisce e il titolare acquista il diritto.
Tale acquisto, in particolare, può essere:
— a titolo originario: se il diritto sorge a favore di un soggetto senza esser
stato trasmesso da un precedente titolare (es.: il pescatore acquista a titolo
originario i pesci caduti nella rete);
— a titolo derivativo: se il diritto viene trasmesso da un soggetto (autore o
dante causa) ad un altro (successore o avente causa).
Si ha, in questo caso, un fenomeno di successione che, a sua volta, può essere:
— a titolo universale: se il soggetto subentra complessivamente in tutti i rapporti di un’altra
persona. Si fa riferimento, in particolare, alla successione mortis causa, in cui l’erede prende
il posto del de cuius nel complesso di rapporti che possono essere trasmessi;
— a titolo particolare: se, invece, il soggetto subentra solo in determinati rapporti (es.: compravendita, ove l’acquirente subentra nel diritto di proprietà del precedente titolare).
Modificazione del rapporto
Ricorre in relazione a determinati fatti, al verificarsi dei quali il rapporto
subisce un mutamento, che può consistere nella limitazione del suo contenuto (es.: limitazione del diritto di proprietà con la nascita di usufrutto su uno
stesso bene) o nella variazione di un soggetto o dell’oggetto.
Capitolo Secondo - Il rapporto giuridico e le situazioni soggettive
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Estinzione
Si verifica quando il diritto (o l’obbligo) non si trasferisce ad un altro soggetto, ma viene meno definitivamente nei confronti di tutti (es.: remissione
del debito non rifiutata, confusione etc.).
Varie possono essere le cause che determinano l’estinzione di un diritto (e dell’obbligo
correlativo). Talvolta l’estinzione risulta funzionale allo stesso scopo per cui il diritto sorge (ad
esempio il diritto di credito nasce perché al creditore sia assicurata la soddisfazione di un determinato interesse, per cui, una volta realizzato tale scopo, il diritto cessa di esistere); altre
volte l’estinzione si verifica in conseguenza di vicende che fanno venir meno la stessa ragion
d’essere del diritto (ad esempio, quando nel diritto di credito, la prestazione diviene impossibile) o determinano la cancellazione del «titolo» di acquisto (si pensi all’annullamento di un
contratto).
Particolare importanza ha il decorso del tempo che, accompagnato ad altri elementi, può
determinare il venir meno di un diritto o la perdita di un potere in virtù degli istituti della prescrizione e della decadenza.
2. LE SITUAZIONI SOGGETTIVE ATTIVE
Il diritto oggettivo conferisce ai soggetti cui si rivolge determinate situazioni giuridiche soggettive che possono essere definite come la risultante della
qualificazione giuridica di un interesse. Tali situazioni soggettive possono
essere di vantaggio o di svantaggio (situazioni attive o passive).
Esaminiamo innanzitutto le più importanti situazioni soggettive attive:
a) il diritto soggettivo: viene tradizionalmente definito come il potere di agire (àgere licére) per il soddisfacimento del proprio interesse, protetto dall’ordinamento giuridico. Ciò non significa, tuttavia, riconoscimento e difesa
incondizionati di tale interesse, dovendosi inquadrare il diritto soggettivo
nella dimensione sociale, espressione di quella solidarietà sociale intesa
quale valore di fondo della nostra Costituzione;
b) le potestà: costituiscono dei poteri attribuiti ad un soggetto per la realizzazione di interessi che non fanno capo direttamente a lui. Colui che ne è investito, pertanto, non è libero come il titolare di un diritto soggettivo, ma
è vincolato alla tutela degli interessi per cui la potestà gli è attribuita (es.:
la potestà parentale, che attribuisce ai genitori un insieme di poteri, concessi nell’interesse dei figli) (art. 316);
c) l’aspettativa: è la posizione in cui si trova il soggetto a favore del quale
viene maturando un diritto soggettivo. L’aspettativa, dunque, si caratterizza come posizione di interesse iniziale giuridicamente riconosciuta non
come tale, ma in vista del suo successivo evolversi in una situazione finale
corrispondente ad una posizione di diritto soggettivo.
L’aspettativa vera e propria (cd. aspettativa di diritto) si ha solo quando la legge garantisca tale
posizione di attesa, favorendone la conservazione e l’attitudine a trasformarsi in diritto soggettivo (cfr. gli artt. 1356 e 1358).
La mera speranza di acquistare un diritto soggettivo, di per sé priva di rilevanza giuridica, è
detta aspettativa di fatto e non può considerarsi una situazione giuridica soggettiva;
14
Parte Prima - Norma giuridica e rapporto giuridico
d) il diritto potestativo: è il potere di modificare a proprio vantaggio, con un
atto unilaterale, la situazione giuridica di un altro soggetto che, rispetto a
tale diritto, è in posizione di soggezione (es.: il diritto di recedere da un
rapporto contrattuale ex art. 1373);
e) l’interesse legittimo: la figura dell’interesse legittimo è stata studiata nel
campo del diritto amministrativo dove assume un preciso valore pratico ai
fini della individuazione del giudice competente a conoscere delle controversie tra privati e P.A. Dopo essere stato inizialmente configurato come
interesse indirettamente ed occasionalmente protetto, in quanto meritevole di protezione solo se strettamente coincidente con un interesse pubblico
ed attraverso la tutela giuridica di quest’ultimo, si è affermata l’attuale
definizione di interesse legittimo che, riconoscendo l’autonomia della posizione sostanziale in cui si concreta, lo individua come situazione soggettiva di vantaggio riservata ad un soggetto in relazione ad un bene della vita
oggetto di un provvedimento amministrativo, che consiste nell’attribuire a
tale soggetto la possibilità di influire sul corretto esercizio del potere, al
fine di rendere possibile la realizzazione dell’interesse al bene (TRABUCCHI).
In via più generale, può condividersi la definizione del Virga che individua
nell’interesse legittimo quella situazione soggettiva che si sostanzia nella
pretesa alla legittimità dell’azione amministrativa riconosciuta a quel soggetto che, in relazione ad un dato potere della P.A., si trova in una posizione differenziata rispetto agli altri soggetti che trae origine da un precedente rapporto di diritto privato o di diritto pubblico.
Solo di recente, a seguito di un mutato quadro normativo e giurisprudenziale (v. D.Lgs. n.
80/1998, L. n. 205/2000 e Cass. S.U. n. 500/1999), è stata riconosciuta una tutela in sede civile di tali interessi, essendo stata ammessa la risarcibilità ex art. 2043 — anche ad opera del
G.A. e non solo nelle materie rientranti nella sua giurisdizione esclusiva — del danno derivante dalla lesione degli interessi legittimi;
f) gli status: costituiscono un complesso di diritti (e doveri) che fanno capo
ad un individuo in relazione alla posizione che esso occupa in un gruppo
sociale (es.: stato di cittadino, stato di figlio, di coniuge etc.);
g) gli interessi diffusi: sono situazioni giuridiche attive appartenenti alla
generalità dei soggetti di una comunità nel suo complesso indifferenziato.
h) gli interessi collettivi: sono situazioni giuridiche attive appartenenti ad una
collettività determinata, la cui tutela è affidata ad un ente esponenziale.
3. LE SITUAZIONI SOGGETTIVE PASSIVE
Le più importanti situazioni soggettive passive sono:
a) l’obbligo giuridico: consiste nel dovere di tenere un comportamento (di
dare, di fare, di non fare) di contenuto specifico, che risulti funzionalmente
rivolto alla realizzazione di un interesse altrui (es.: obbligo di pagare la
somma al creditore);
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Capitolo Secondo - Il rapporto giuridico e le situazioni soggettive
15
b) il dovere generico di astensione: consiste nella situazione giuridica di chi
si deve limitare a rispettare una situazione di supremazia altrui (es.: la situazione di chi deve rispettare l’altrui diritto di proprietà);
c) l’onere: consiste nel sacrificio di un interesse proprio, imposto ad un soggetto come condizione per ottenere o conservare un vantaggio giuridico
(es.: si richiede la trascrizione di alcuni atti per ottenere la tutela dei propri
diritti rispetto ad altri soggetti);
d) la soggezione: consiste nella sottoposizione di un soggetto alle conseguenze
dell’esercizio dell’altrui diritto potestativo, senza potere in alcun modo reagire
(es.: la posizione di colui che riceve una disdetta, la dichiarazione di riscatto etc.).
4. CLASSIFICAZIONE DEI DIRITTI
Tra le più importanti distinzioni in materia di diritti soggettivi ricordiamo
quelle tra:
A) Diritti assoluti/Diritti relativi
Diritti assoluti (cd. erga omnes): sono quelli che garantiscono al titolare un
potere che questi può far valere indistintamente verso tutti gli altri soggetti, a
carico dei quali sussiste un generico obbligo negativo di non turbare l’esercizio
del diritto stesso (es.: il diritto di proprietà).
La categoria dei diritti assoluti comprende: i diritti reali, i diritti della personalità, i diritti su
beni immateriali, i diritti di monopolio.
Diritti relativi (in personam): sono quelli che assicurano al titolare un potere che si può far valere solo verso una o più persone determinate, a carico
delle quali sussiste l’obbligo di dare, non dare, fare o non fare qualcosa (es.: il
diritto del creditore di ottenere la prestazione del debitore). La categoria dei
diritti relativi coincide con quella dei diritti di credito.
La distinzione tra diritti assoluti e diritti relativi acquista un significato più pregnante se limitata all’ambito dei diritti patrimoniali, in relazione ai quali suggerisce l’altra fondamentale
distinzione tra diritti reali e diritti di obbligazione.
B) Diritti patrimoniali/Diritti non patrimoniali
Diritti patrimoniali: sono i diritti che tutelano gli interessi economici dei
soggetti e, pertanto, sono suscettibili di valutazione in danaro.
Diritti non patrimoniali: sono i diritti che realizzano interessi di prevalente
natura morale (es.: i diritti non patrimoniali che attengono ai rapporti familiari).
C) Diritti trasmissibili/Diritti intrasmissibili
Diritti trasmissibili: sono quelli normalmente trasferibili ad altri soggetti.
Diritti intrasmissibili: sono quelli che non possono essere trasferiti ad altri
soggetti: sono tali i cd. diritti personalissimi (alla vita, onore etc.), alcuni diritti patrimoniali (diritto di uso e abitazione) ed, in genere, i diritti che disciplinano rapporti che soddisfano un interesse superiore (es.: diritti familiari).
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16
Parte Prima - Norma giuridica e rapporto giuridico
D) Diritti reali/Diritti di obbligazione
I diritti reali costituiscono la categoria più importante dei diritti assoluti ed
attribuiscono al loro titolare una signoria piena (es.: proprietà) o limitata (es.:
diritti reali su cosa altrui) su un bene. Il diritto reale può essere definito come
la facoltà di agire di un soggetto sopra un bene per la soddisfazione di un proprio
interesse (BARBERO).
I diritti reali sono caratterizzati dall’esistenza di una relazione immediata tra il soggetto ed il
bene, assicurano un potere immediato sulla cosa, si fanno valere nei confronti di tutti i soggetti
sui quali incombe, quindi, un dovere negativo di astensione, costituiscono un numerus clausus.
I diritti di obbligazione (o di credito o personali) sono diritti relativi, caratterizzati, quindi, dal fatto che alla pretesa di un soggetto corrisponde un obbligo facente capo ad un altro soggetto (o ad altri soggetti determinati).
E) Diritti principali/Diritti accessori
I diritti accessori sono diritti che hanno vita e si trasmettono insieme ad
altri diritti, detti principali, cui accedono e dalla cui sorte dipendono. Ad es. i
diritti di garanzia (pegno, fideiussione ecc.) sono diritti accessori in quanto
non sono autonomi rispetto al credito garantito, per cui se questo si estingue,
si estingue anche la garanzia (TRABUCCHI).
5. ESERCIZIO ED ABUSO DEL DIRITTO SOGGETTIVO
L’esercizio del diritto soggettivo consiste «nell’esplicazione dei poteri in cui
il diritto consta» (TORRENTE): così, ad esempio, il proprietario esercita il suo
diritto di proprietà percependo i frutti del bene che ne è oggetto.
Il diritto soggettivo — osserva TRABUCCHI — è espressione di libertà, per
cui dev’essere garantito al titolare qualunque sia lo scopo che questi persegua.
La legge, tuttavia, pone dei limiti generali all’esercizio del diritto; si pensi
al divieto degli atti emulativi, cioè degli atti che non hanno altro scopo che
quello di nuocere ad altri (art. 833).
Tali ipotesi costituiscono casi di abuso del diritto per indicare un comportamento che, ponendosi in contrasto con gli scopi per cui il diritto stesso
viene riconosciuto e tutelato, travalica i confini propri del diritto soggettivo e
finisce per configurare un illecito.
Giurisprudenza
Con un importante arresto, di recente (sent. 20106/2009), la Suprema Corte ha affermato che:
«…i principi della buona fede oggettiva e dell’abuso del diritto, debbono essere selezionati e rivisti
alla luce dei principi costituzionali-funzione sociale ex art. 42 Cost. — e della stessa qualificazione dei diritti soggettivi assoluti.
In questa prospettiva i due principi si integrano a vicenda, costituendo la buona fede un canone
generale cui ancorare la condotta delle parti, anche di un rapporto privatistico e l’interpretazione
dell’atto giuridico di autonomia privata e, prospettando l’abuso, la necessità di una correlazione
tra i poteri conferiti e lo scopo per i quali essi sono conferiti.
Qualora la finalità perseguita non sia quella consentita dall’ordinamento, si avrà abuso».
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PARTE SECONDA
I SOGGETTI DI DIRITTO
Capitolo Primo
• • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
La persona fisica
1. I SOGGETTI DI DIRITTO
Il nostro ordinamento riconosce come soggetti di diritto:
— la persona fisica: è qualsiasi essere umano nato vivo, centro di imputazione di situazioni giuridiche e pertanto soggetto di diritto;
— la persona giuridica: è un complesso organizzato di persone e di beni,
rivolto ad uno scopo, al quale la legge riconosce la personalità giuridica;
— gli enti senza personalità: sono un complesso organizzato di persone e di
beni al quale la legge, pur riconoscendoli come soggetti di diritto,non attribuisce la personalità giuridica.
2. LA CAPACITÀ GIURIDICA: ACQUISTO, LIMITI, AZIONI E PERDITA
La capacità giuridica è l’attitudine di un soggetto ad essere titolare di rapporti giuridici, cioè di situazioni giuridiche attive e passive.
A) Acquisto della capacità giuridica
La capacità giuridica si acquista al momento della nascita (art. 1 comma
1), con la separazione del feto dal corpo materno.
È necessario che il feto sia nato vivo perché gli possa essere riconosciuta
la capacità giuridica. Non si richiede, invece, né il requisito della vitalità (es.
l’assenza di gravi menomazioni organiche) né una durata minima della vita.
Benché l’acquisto della capacità giuridica coincida, per la persona fisica, con la nascita, la
legge riconosce eccezionalmente anche a soggetti non ancora venuti ad esistenza la possibilità di
essere titolare di diritti, subordinatamente all’evento della nascita (art. 1 comma 2) e relativamente alle sole attribuzioni di diritti a titolo di liberalità, per successione o donazione. Così:
— ai nascituri concepiti la legge riconosce la piena capacità di ricevere a causa di morte (art. 462
comma 1) e la capacità di ricevere per donazione (art. 784);
— ai nascituri non concepiti la legge riconosce la capacità di succedere a causa di morte, ma solo
in caso di vocazione testamentaria (art. 462 comma 3), e la capacità di ricevere per donazione (art. 784).
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18
Parte Seconda - I soggetti di diritto
B) Limitazioni alla capacità giuridica
La capacità giuridica è riconosciuta ad ogni persona fisica: è, però, configurabile un’incapacità speciale che indica la preclusione del soggetto rispetto a determinati rapporti. Essa può riguardare:
— l’età: in relazione ad alcuni rapporti la capacità giuridica non decorre dalla nascita, essendo richiesta una determinata età (es.: 18 anni per fare testamento);
— il sesso: la donna è esclusa da alcune prestazioni di lavoro ritenute particolarmente gravose e indicate in leggi speciali (es.: lavoro nelle miniere), in
relazione alla essenziale funzione familiare che essa è chiamata a svolgere
(art. 37 Cost.).
La rilevanza del sesso si è andata man mano attenuando; infatti, in attuazione dell’art. 3 Cost.
si è provveduto all’eliminazione di vecchie discriminazioni attraverso una serie di interventi
legislativi diretti alla realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro (culminati, da ultimo,
nel D.Lgs. 11-4-2006, n. 198, Codice delle pari opportunità tra uomo e donna);
— la salute: per esempio, l’interdetto per infermità mentale non può contrarre
matrimonio (art. 85);
— le condanne penali: a seguito di determinate condanne penali è prevista,
come sanzione accessoria, la perdita o la sospensione (quest’ultima durante l’espiazione della pena) della potestà sui figli (art. 32 c.p.).
C) Perdita della capacità giuridica
La capacità giuridica cessa solo a seguito dell’evento naturale della morte
del soggetto. Infatti, l’art. 22 Cost. detta: «Nessuno può essere privato, per
motivi politici, della propria capacità giuridica».
3. LA COMMORIENZA
Ai fini ereditari è importante stabilire il momento preciso della morte per le conseguenze che
da essa discendono, ma ciò non sempre è agevole (si pensi ad un naufragio o ad un disastro ferroviario). La legge, pertanto, pone una presunzione di commorienza per il caso in cui due o più
persone muoiano a causa di uno stesso evento e non sia possibile provare il momento della morte di ciascuna. È tuttavia consentito a chi vi abbia interesse di provare la sopravvivenza, anche per
pochi istanti, di un commoriente rispetto ad un altro. Invero, se nello stesso evento periscono due
coniugi senza discendenti diretti, gli eredi di ciascuno avranno interesse a dimostrare che il loro
parente, essendo morto dopo, ha ereditato le sostanze dell’altro.
4. INCERTEZZA SULL’ESISTENZA DELLA PERSONA
Per l’ordinamento giuridico è spesso rilevante stabilire se una persona è
ancora in vita; a tal fine la legge prevede una serie di istituti applicabili nelle
ipotesi in cui non sia possibile stabilire con certezza se un soggetto è vivo o
morto. Tali istituti sono: scomparsa; assenza; morte presunta.
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Capitolo Primo - La persona fisica
19
A) Scomparsa
La scomparsa è una situazione di fatto che si concretizza nell’allontanamento della persona dal suo ultimo domicilio o residenza e nella mancanza di
notizie relative alla persona stessa.
A questo fatto sono collegate due conseguenze giuridiche:
— lo scomparso non può ricevere eredità (all’eventuale successione, aperta in
suo favore dopo la scomparsa, saranno chiamati coloro ai quali sarebbe
spettata in sua mancanza), né può acquistare altro diritto;
— il Tribunale dell’ultimo domicilio (o residenza) dello scomparso può — su
istanza di qualunque interessato o del P.M. — nominare un curatore che
provveda alla conservazione del patrimonio dello scomparso (art. 48).
B) Assenza
L’assenza è una situazione di diritto, in quanto, al contrario della scomparsa, è dichiarata con provvedimento giudiziale.
Qualora la scomparsa di una persona si protragga per due anni dall’ultima
notizia, con ricorso al Tribunale competente ex art. 48, si può ottenere la dichiarazione di assenza dello scomparso (art. 49). Legittimati alla richiesta sono
i presunti successori legittimi dello scomparso e chiunque altro ragionevolmente creda di avere sui beni dello scomparso diritti dipendenti dalla sua
morte. Il Tribunale dichiara l’assenza con sentenza.
L’assenza opera solo nel campo dei diritti patrimoniali (a differenza della
morte presunta). Di conseguenza il coniuge dell’assente non può contrarre
nuovo matrimonio: tuttavia se egli riesce comunque a sposarsi, il nuovo matrimonio non viene annullato finché dura l’assenza (art. 117).
In particolare alla dichiarazione di assenza può far seguito:
— l’apertura del testamento dell’assente (se questi lo ha redatto);
— l’immissione nel possesso temporaneo dei beni, su domanda dell’erede testamentario o legittimo;
— l’esercizio temporaneo dei diritti che spetterebbero, a seguito della morte
dell’assente, ai suoi successori;
— il temporaneo esonero dall’adempimento delle obbligazioni, esistente a favore dell’assente, se esse sono destinate ad estinguersi per effetto della morte
del creditore (ad es.: il debito consistente in una rendita vitalizia).
L’assenza cessa:
— con l’accertamento della morte dell’assente;
— con la dichiarazione di morte presunta;
— col ritorno dell’assente (o con la prova che egli è vivente): in tal caso è ripristinato ogni diritto dell’assente e cessano gli effetti della dichiarazione di
assenza.
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272
Indice
Capitolo Terzo: La successione per legge
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
La successione legittima............................................................................. Pag. 176
Successione dello Stato ..............................................................................
» 176
La successione dei legittimari ....................................................................
» 177
Singole categorie di legittimari ..................................................................
» 177
Il diritto alla quota legittima ed il suo contenuto .....................................
» 177
Lesione di legittima e riunione fittizia.......................................................
» 178
L’azione di riduzione (artt. 553-564) ..........................................................
» 178
Azione di restituzione .................................................................................
» 179
Legato in sostituzione e legato in conto legittima ....................................
» 179
Capitolo Quarto: La successione testamentaria
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Il testamento ...............................................................................................
Gli elementi accidentali nel testamento (artt. 633-648) ...........................
Le forme del testamento .............................................................................
La pubblicazione del testamento ...............................................................
Capacità di testare e di ricevere per testamento .......................................
Invalidità del testamento ............................................................................
Sanatoria della disposizione testamentaria nulla .....................................
Revocazione e caducità del testamento .....................................................
Esecuzione del testamento ed esecutore testamentario (artt. 700-712) ..
»
»
»
»
»
»
»
»
»
180
180
181
183
183
183
184
184
185
»
»
»
»
186
186
187
188
»
»
»
»
»
»
189
189
189
190
190
191
»
»
»
»
»
»
»
»
192
192
192
193
193
193
194
194
Capitolo Quinto: La successione a titolo particolare: il legato
1.
2.
3.
4.
Nozione .......................................................................................................
Distinzione tra legato ed eredità ................................................................
L’acquisto del legato e la rinunzia ..............................................................
Figure particolari di legato.........................................................................
Capitolo Sesto: La comunione e la divisione dell’eredità
1.
2.
3.
4.
5.
6.
La comunione ereditaria ............................................................................
La divisione (artt. 713-768) ........................................................................
Rimedi contro la divisione .........................................................................
La divisione dei debiti (art. 752) e dei pesi ereditari ................................
La collazione (artt. 737-751) ......................................................................
Il patto di famiglia (artt. 768bis-768octies) ...............................................
Capitolo Settimo: La donazione
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
Generalità ....................................................................................................
Caratteri ......................................................................................................
Capacità .......................................................................................................
L’invalidità del contratto di donazione ......................................................
Le donazioni indirette ................................................................................
La donazione remuneratoria (art. 770) .....................................................
La donazione obnuziale .............................................................................
La revoca della donazione (artt. 800-809) .................................................
i
QUADERNI dell’ ASPIRANTE
AVVOCATO
DIRITTO
CIVILE
Un manuale di base di nuova concezione per la preparazione alla
prova orale, organizzato in maniera originale al fine di fornire al
candidato, che già possiede una buona conoscenza della materia,
ulteriori spunti per risposte convincenti ed efficaci in sede d’esame.
I Quaderni dell’aspirante Avvocato, facendo tesoro della pluriennale
esperienza della casa editrice, presentano in maniera piana e
sistematica l’intera disciplina, privilegiando argomenti e concetti
che maggiormente potrebbero divenire oggetto di domanda.
A tal fine, in appendice è proposto un elenco alfabetico dei quesiti
più frequentemente posti dagli esaminatori.
Questo Quaderno di Diritto Civile, pertanto, da solo o in affianco
al vecchio e fedele manuale istituzionale, persegue il fine di
accompagnare con successo l’aspirante Avvocato a superare
brillantemente la prova orale.
www.sarannoavvocati.it
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