L`intervento e il voto in assemblea dopo l`attuazione della Direttiva

L’intervento e il voto in assemblea
dopo l’attuazione della Direttiva
sull’esercizio di alcuni diritti
degli azionisti di società quotate [*]
Lucia Calvosa
La disciplina introdotta in Italia con il d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 27, in recepimento della direttiva 2007/36/CE sull’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate, ha modificato
talune regole che sino ad oggi hanno disciplinato la partecipazione del socio in assemblea e
l’esercizio del diritto di voto [1], divaricando ulteriormente lo statuto legale delle società quotate da quello delle altre società azionarie [2]. Tuttavia, anche con riguardo a queste ultime è
cambiata la disciplina: l’art. 2370 c.c. prevede ora che “possono intervenire all’assemblea coloro ai quali spetta il diritto di voto” – e non più “gli azionisti cui spetta il diritto di voto”– con ciò
stesso riconoscendo il diritto di intervento in assemblea non al socio in quanto tale, ma al soggetto titolare del diritto di voto (si pensi ai casi di pegno, usufrutto e sequestro di azioni; di riporto di azioni; di nomina di un rappresentante comune ex art. 2347, 1° comma, c.c.). Di qui
l’implicito riconoscimento che il diritto di intervento è strumentale al diritto di voto, e non è dipendente dallo status di socio, né ha autonoma rilevanza [3]; per cui, se per un verso chi non ha
diritto di voto non può intervenire in assemblea, chi sia munito del diritto di voto – e, quindi, di
intervento – potrebbe per altro verso in concreto non poter esercitare il voto ove sussistano circostanze impeditive al suo esercizio. Il che significa che potranno intervenire tutti coloro cui
spetta il diritto di voto (ancorché non soci), coloro che siano sospesi dal diritto di voto (le cui
azioni ex art. 2368, 3° comma, c.c. sono computate ai fini della regolare costituzione dell’as-
[*] Relazione svolta presso l’Universidad del País Vasco, San Sebastian 9-10 settembre 2010, in occasione del convegno Los accionistas ante el nuevo Derecho Europeo de Sociedades – IV Encuentro hispano-italiano de profesores de Derecho Mercantil. Lo scritto è in ricordo del professor Berardino Libonati.
[1] Ribadendo il principio di parità di trattamento tra gli azionisti «per quanto concerne la partecipazione e l’esercizio
dei diritti di voto in assemblea» (art. 4 direttiva 2007/36/CE).
[2] Il tema ha costituito oggetto di studio da parte di ATLANTE-STELLA RICHTER jr, “Il recepimento in Italia della direttiva
sui diritti degli azionisti e le modificazioni statutarie conseguenti”, Studio n. 62-2010/I, 9 s. del dattiloscritto, consultato
per la cortesia degli aa.; ABRIANI-SANTOSUOSSO, “La Direttiva relativa all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società
quotate ed il ruolo degli investitori istituzionali nella democrazia azionaria del terzo millennio”, RDS, 2007, 3, 140 ss., a p.
140 s.; DE LUCA, “La nuova disciplina della gestione accentrata e della legittimazione degli azionisti”, Banca, borsa, tit.
cred., 2010, I, 254 ss.; ID., “Titolarità vs. legittimazione: a proposito di record date, empty voting e “proprietà nascosta” di
azioni”, RDS, 2010, 1, 312 ss.; VENTORUZZO, “Approvata la direttiva sui diritti degli azionisti: record date e deleghe di voto”, Riv. soc., 2007, 1181 ss.
[3] Cfr. per tutti SERRA, Il procedimento assembleare, in ABBADESSA-PORTALE (diretto da), Il nuovo diritto delle società.
Liber amicorum Gian Franco Campobasso (Torino, 2006), 2, 35 ss., a p. 64, secondo il quale dopo la riforma del 2003
“ormai il diritto di intervento è, in linea di principio, inscindibilmente legato al diritto di voto”.
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semblea) [4], ma non anche tutti coloro che siano istituzionalmente privi del diritto di voto.
La partecipazione all’assemblea di soggetti non legittimati può essere causa di annullabilità
della delibera ex art. 2377, 5° comma, nn. 1 e 2, c.c., se determinante rispettivamente ai fini
della regolare costituzione dell’assemblea e ai fini del raggiungimento della maggioranza richiesta. Come del pari annullabile può ritenersi la delibera adottata senza partecipazione di un
legittimato che sia stato escluso, solo qualora il suo voto avrebbe potuto modificare l’esito della votazione. La soluzione, non disciplinata, sembra, in considerazione del principio di stabilità
degli effetti delle deliberazioni, quella preferibile sul piano interpretativo [5], anche se non può
sottacersi che, così ragionando, potrebbe facilmente estromettersi la minoranza, di per sé incapace di incidere sulla prova di resistenza, ma non di influire sulla discussione.
Com’è noto, il diritto di intervento si pone proprio in funzione del diritto di discussione, che
è a sua volta in funzione del diritto di informazione, inteso nella sua duplice accezione di diritto ad informare e ad essere informati. In proposito, l’art. 2374 c.c., che consente il rinvio dell’assemblea per quei soci (che riuniscano un terzo del capitale rappresentato in assemblea) che
si dichiarino non sufficientemente informati sugli argomenti all’ordine del giorno, non è stato
novellato dal d.lgs. n. 27/2010 e continua a recare l’espressione “soci”. Probabilmente si tratta
di un difetto di coordinamento, in quanto, essendo il diritto di essere informati (per il tramite
della richiesta di rinvio) strumentale al diritto di voto, e potendo quest’ultimo spettare anche a
chi non sia azionista, è giocoforza riconoscere il diritto di cui all’art. 2374 anche a tutti coloro
che, pur non facendo parte della compagine azionaria, siano comunque legittimati ad intervenire e votare in assemblea.
Per vero, il dato rilevante – già peraltro introdotto in Italia con la riforma societaria del 2003
e ora confermato, in virtù della direttiva comunitaria, con il d.lgs. n. 27/2010 – consiste nel fatto che non è più richiesto il (ed è anzi fatto divieto del) preventivo deposito delle azioni presso
la sede della società o presso le banche indicate nell’avviso di convocazione [6], ed è venuto
meno il divieto di ritiro dei titoli prima che l’assemblea abbia avuto luogo [7]. Ciò significa
che è necessario e sufficiente che si dimostri la legittimazione secondo le regole fissate dall’art.
2355 c.c.: in caso di mancata emissione delle azioni (art. 2346, 1° comma), la funzione legittimante sarà svolta dall’iscrizione nel libro dei soci (art. 2355, 1° comma) e – può ritenersi – ove
statutariamente previsto, anche dal decorso di un certo termine dall’iscrizione nel libro dei so-
[4] Si pensi ad esempio al socio in mora nei versamenti (art. 2344, 4° comma); al socio di società che fa ricorso al
mercato del capitale di rischio che partecipi ad un patto parasociale non dichiarato in apertura di assemblea (art. 2341ter, 2° comma); al socio che ha violato gli obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti (art. 120, 5° comma,
t.u.f.); al socio amministratore rispetto alle determinazioni riguardanti la sua responsabilità; al socio consigliere di gestione
in ordine alla nomina, revoca e responsabilità dei consiglieri di sorveglianza (art. 2373, 2° comma). Diversa interpretazione
è quella di STELLA RICHTER jr, “Prime considerazioni sulla legittimazione all’esercizio del voto dopo la riforma delle società
di capitali”, in Studi di diritto industriale in onore di Adriano Vanzetti (Milano, 2004), II, 1627 ss., a p. 1628, n. 4, secondo
il quale “non si vede perché, una volta che si sia espressamente previsto che il diritto di intervento compete a chi spetta il
diritto di voto, debba porsi il dubbio di discriminare tra ipotesi in cui il diritto di voto non spetti “strutturalmente” da ipotesi in cui il diritto di voto non spetti accidentalmente o temporaneamente”.
[5] Cfr., in ordine alle conseguenze sulla delibera dell’esclusione dall’assemblea di soggetti legittimati, SACCHI, “L’intervento e il voto nell’assemblea della s.p.a. – Profili procedimentali”, in Trattato Colombo-Portale (Torino, 1994), 203 ss.,
a p. 249 ss.
[6] Non solo è vietato il deposito preventivo in senso stretto, ma sono anche vietate forme di immobilizzazione dei titoli ad esso equivalenti, quali il trasferimento preliminare delle azioni o la registrazione a nome di un’altra persona fisica o
giuridica.
[7] La direttiva 2007/36/CE, al considerando (3), testualmente recita: “gli ostacoli che dissuadono gli azionisti dal votare, come il fatto di subordinare l’esercizio dei diritti di voto al blocco delle azioni per un certo periodo precedente
l’assemblea, dovrebbero essere eliminati”. Sui problemi interpretativi sollevati in ordine alla previsione dell’art. 2370 v., tra
gli altri, BRIOLINI, “Partecipazione al sistema di gestione accentrata, «comunicazione dell’intermediario», intervento e voto
in assemblea. Note sul nuovo art. 2370 c.c.”, Banca, borsa, tit. cred., 2005, I, 33 ss.
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ci [8]; in caso di azioni al portatore (ove ammissibili), la legittimazione all’esercizio dei diritti
sociali sarà riconosciuta al possessore sulla base della semplice presentazione del titolo; in caso
di azioni nominative, la funzione legittimante sarà attribuita dall’annotazione sul titolo del nominativo dell’azionista il quale si dimostri possessore dello stesso in base a una serie continua
di girate (art. 2355, 3° comma). Dispone peraltro l’art. 2370, 3° comma, c.c., che “se le azioni
sono nominative, le società le cui azioni non sono ammesse alla gestione accentrata provvedono all’iscrizione nel libro dei soci [9] di coloro che hanno partecipato all’assemblea o che hanno effettuato il deposito” (ove questo sia statutariamente previsto). Prevede infatti l’art. 2370,
2° comma, che “lo statuto delle società le cui azioni non sono ammesse alla gestione accentrata
può richiedere il preventivo deposito delle azioni presso la sede sociale o presso le banche indicate nell’avviso di convocazione, fissando il termine entro il quale debbono essere depositate
ed eventualmente prevedendo che non possano essere ritirate prima che l’assemblea abbia avuto luogo” [10]. In altre parole: a) per le società le cui azioni non sono ammesse alla gestione
accentrata può essere richiesto il deposito dei titoli in una data antecedente all’assemblea, anche impedendosi fino alla celebrazione della stessa la circolazione delle azioni con effetti cartolari; b) la regola comunitaria che vieta l’obbligo di deposito delle azioni riguarda secondo la
legge italiana soltanto le società quotate (con azioni dematerializzate per legge), le società con
azioni diffuse in misura rilevante e le società che volontariamente aderiscono al sistema di gestione accentrata in regime di dematerializzazione.
La previsione statutaria del preventivo deposito ha lasciato aperti alcuni problemi sorti anteriormente: il problema dell’applicabilità del termine previsto per il deposito delle azioni anche
all’ipotesi di assemblea totalitaria [11]; il problema del deposito in caso di seconda convocazione, quando l’avviso già rechi l’indicazione della sua data [12]; il problema dell’intervento e
del voto di chi, privo dei requisiti, possa provare la propria titolarità, eccependo il difetto di titolarità nel soggetto in possesso dei requisiti [13].
I problemi più rilevanti si prospettano peraltro per le società che fanno ricorso al mercato
[8] In tal senso si è espresso MAGLIULO, “Le clausole sulla legittimazione all’intervento in assemblea”, Notariato, 2010,
403 ss., a p. 404.
[9] Ha sottolineato MINERVINI, “Azioni dematerializzate e libro dei soci nel codice civile rinnovato”, Banca, borsa, tit.
cred., 2005, I, 1 ss., a p. 10, che, essendo venuto meno il ruolo legittimante dell’iscrizione nel libro dei soci per l’esercizio
dei loro diritti, “c’è da domandarsi se il libro dei soci sia ormai solo un relitto cartaceo, destinato a essere travolto tra breve
anch’esso dall’onda lunga della dematerializzazione”. Ora questa affermazione è vieppiù attuale.
[10] “Deposito preventivo” e “vincolo” non devono essere necessariamente previsti congiuntamente. Ove sia previsto
il deposito, ma non il blocco, manterrà la legittimazione a partecipare a quella certa assemblea colui che non sia più socio,
avendo ceduto le azioni dopo il deposito. Trattasi di un sistema analogo a quello della record date (in tal senso STELLA RICHTER jr (supra, n. 4), 1633 s.). Nelle spa aperte il termine per l’eventuale deposito delle azioni non può essere superiore a
due giorni lavorativi per andare incontro alle esigenze degli investitori professionali per i quali l’impossibilità di trading nel
periodo del deposito rappresenta un grande inconveniente, spesso tale da indurli a disertare l’assemblea: cfr. PRESTIRESCIGNO, Corso di diritto commerciale (Torino, 2007), III ed., 133.
[11] Cfr. SACCHI (supra, n. 5), 208 s. Cfr. altresì STELLA RICHTER jr (supra, n. 4), 1632, secondo il quale l’obbligo di deposito preventivo statutariamente previsto non troverebbe applicazione in caso di assemblea totalitaria, in quanto esso presuppone “proprio quella formale convocazione che la riunione totalitaria rende inutile e quindi prescindibile”.
[12] Si è affermato che il deposito avrebbe dovuto essere compiuto prima della data della prima convocazione, trattandosi di un unico procedimento. Ciò peraltro creerebbe una disparità di trattamento tra l’ipotesi in cui l’avviso contenga
sia la data della prima sia quella della seconda convocazione e l’ipotesi in cui quest’ultima sia disposta autonomamente:
cfr. SACCHI (supra, n. 5), 211 s.
[13] Cfr. al riguardo SACCHI (supra, n. 5), 213 ss., secondo il quale in caso di conflitto tra legittimazione e titolarità
l’esclusione del titolare privo dei requisiti di legittimazione è tesa alla tutela del regolare funzionamento dell’assemblea,
che implica l’inderogabilità delle regole che disciplinano il procedimento di formazione della delibera. Sembra opportuno
che gli organi societari non si svincolino dagli indici formali di legittimazione. Rileva la posizione formale del soggetto che
interviene e vota. Non si vede perché debbano essere tutelati gli interessi del titolare privo di legittimazione.
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del capitale di rischio (art. 2325-bis c.c.). Al riguardo, l’art. 2370, all’ultimo comma, prevede
che “resta fermo quanto previsto dalle leggi speciali in materia di legittimazione all’intervento
e all’esercizio del diritto di voto nell’assemblea” nelle società con azioni ammesse alla gestione accentrata, ora disciplinate nella novellata parte III del t.u.f. che contiene, riorganizzata,
l’intera materia della gestione accentrata di strumenti finanziari a seguito del riordino della
normativa già presente nel t.u.f. e nel decreto euro.
Per vero, una buona parte della disciplina è stata riconfermata: l’art. 83-quater t.u.f. ribadisce che la registrazione dei trasferimenti sui conti è effettuata dagli intermediari all’esito del
regolamento delle relative operazioni: confermando il rilievo assunto dall’effettivo regolamento dell’operazione, e non dal momento della conclusione del contratto [14]. L’art. 83-quinquies
ribadisce che la legittimazione all’esercizio dei diritti relativi agli strumenti finanziari, ad eccezione del diritto di intervento in assemblea (per il quale v. infra), è attestata dalla esibizione di
certificazioni rilasciate dagli intermediari in conformità alle proprie scritture contabili e recanti
l’indicazione del diritto sociale esercitabile: “non può esservi, per gli stessi strumenti finanziari, più di una certificazione ai fini della legittimazione all’esercizio degli stessi diritti” (art. 83quinquies, 4° comma, t.u.f.).
In sostanza, per tali profili è stato riconfermato il sistema previgente. È stata per contro modificata proprio la disciplina relativa alla legittimazione all’intervento in assemblea.
Il nuovo art. 83-sexies t.u.f., relativo appunto al diritto di intervento in assemblea, è dettato
in tema di gestione accentrata in regime di dematerializzazione, ma è applicabile anche alla gestione accentrata di strumenti finanziari rappresentati da titoli in virtù del rinvio contenuto
all’art. 85, 1° comma, t.u.f. [15].
Al suo 1° comma l’art. 83-sexies ribadisce che la legittimazione all’intervento in assemblea
è attestata da una comunicazione all’emittente effettuata dall’intermediario in conformità alle
proprie scritture contabili, in favore del soggetto a cui spetta il diritto di voto. Il sistema era già
previsto nella regolamentazione Consob, ma ora è contenuto in norma di fonte primaria.
Le vere novità si presentano peraltro nei commi successivi.
Il 2° comma dispone che la comunicazione è effettuata, per le società quotate e per quelle
ammesse nei sistemi multilaterali di negoziazione italiani o di altri paesi dell’unione europea,
con il consenso dell’emittente [16], sulla base delle evidenze relative al termine della giornata
contabile del settimo giorno di mercato aperto precedente la data fissata per l’assemblea in
prima o in unica convocazione. Le successive registrazioni in addebito e in accredito non rilevano ai fini della legittimazione all’esercizio del diritto di voto [17]. In altri termini, colui che
intende prendere parte all’assemblea dovrà rivolgersi all’intermediario (art. 83-novies, lett. c,
t.u.f.) [18], affinché quest’ultimo possa inviare alla società la comunicazione, previa verifica
[14] Sul dibattito sorto al riguardo cfr., per tutti, CIAN, Titoli dematerializzati e circolazione «cartolare» (Milano, 2001),
60 ss. e 221 ss.
[15] Si applica alle assemblee il cui avviso di convocazione è stato pubblicato dopo il 31 ottobre 2010 (art. 7, d.lgs. 27
gennaio 2010, n. 27). Sulla disciplina previgente v., tra gli altri, LENER, “Legittimazione all’intervento in assemblea nelle
società quotate”, in ABBADESSA-PORTALE (diretto da), Il nuovo diritto delle società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso
(Torino, 2006), 2, 77 ss.
[16] La regola si applica alle spa quotate, e non anche alle cooperative quotate, per le quali essa può prevedersi solo
statutariamente ai sensi del 3° comma dell’art. 83-sexies (art. 83-sexies, 5° comma).
[17] L’art. 7 della direttiva 2007/36/CE precisa che la determinazione dei soggetti legittimati non deve impedire la circolazione delle azioni.
[18] La norma precisa che: “la richiesta può essere effettuata con riferimento a tutte le assemblee di uno o più emittenti, fino a diversa indicazione; in tal caso l’intermediario provvede senza necessità di ulteriori richieste all’invio delle
comunicazioni”.
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del possesso dei requisiti [19], al termine della giornata contabile del settimo giorno di mercato
aperto precedente la data fissata per l’assemblea; ciò che accadrà dopo non sarà più rilevante ai
fini della partecipazione all’assemblea. In tale prospettiva l’art. 125-bis, 4° comma, prevede
che l’avviso di convocazione debba contenere, tra l’altro, la data di registrazione, “con la precisazione che coloro che risulteranno titolari delle azioni solo successivamente a tale data non
avranno il diritto di partecipare e di votare in assemblea”.
Si tratta del riconoscimento legislativo della c.d. record date di matrice nordamericana, in
virtù della quale le cessioni successive alla data di registrazione ma antecedenti all’assemblea e
quelle in corso di procedimento (quelle che intervengano fra una convocazione e l’altra) non
rilevano ai fini della legittimazione all’intervento e al voto [20]. La comunicazione sembra doversi tenere ferma anche per la eventuale seconda convocazione, che costituisce una sottofase
del medesimo procedimento [21]. Invero, la direttiva sembrerebbe presupporre l’applicabilità
del meccanismo della record date non solo alla prima convocazione, ma, qualora l’assemblea
non possa validamente deliberare per mancato raggiungimento del quorum costitutivo, anche a
ciascuna convocazione successivamente indetta. Tuttavia non può non sorgere qualche perplessità perché il legislatore comunitario in realtà nulla dispone rispetto alla legittimazione
all’intervento e al voto all’adunanza in seconda convocazione o nelle convocazioni successive.
Pertanto, è necessario rimettere ai singoli ordinamenti la questione se la data di registrazione
debba fare riferimento alla sola prima convocazione o anche alle eventuali convocazioni successive.
Secondo una lettura, la record date avrebbe l’effetto di regolare la legittimazione al voto
nell’assemblea degli azionisti intesa nella sua interezza ovvero in tutte le sue possibili convocazioni. In tal modo, essa esaurirebbe la propria portata legittimante una volta per tutte e con
riferimento al procedimento assembleare comprensivo di tutte le sue convocazioni al termine
della giornata contabile del settimo giorno di mercato aperto antecedente la data dell’adunanza
in prima convocazione. Di conseguenza, il socio alienante sarebbe legittimato a votare in tutte
le possibili convocazioni di quell’assemblea. La data di registrazione sarebbe un criterio di legittimazione, per così dire, statico ed esaurientesi in un’unica soluzione, indipendente e autonomo rispetto alle successive vicende dell’assemblea a cui si riferisce e alle molteplici riunioni
di cui essa può comporsi.
Secondo altra lettura, la record date sarebbe legata alle singole convocazioni e vi sarebbero
tante record dates quante sono le convocazioni assembleari. La legittimazione dell’ex socio
varrebbe solo per la prima convocazione, mentre in quelle successive essa spetterebbe al nuovo
socio. La data di registrazione sarebbe un criterio, per così dire, dinamico e articolantesi in tante occasioni quante sono le convocazioni.
[19] Il legislatore comunitario ha previsto (all’art. 7.4 della direttiva) che “la prova della qualità di azionista può essere
soggetta solo ai requisiti necessari per assicurare l’identificazione degli azionisti e solo nella misura in cui detti requisiti siano proporzionati al raggiungimento di tale obiettivo”.
[20] Il sistema della data di registrazione è tradizionale negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Spagna. Sistema analogo è
stato introdotto in Germania nel 2005 e in Francia nel 2006. In Italia è stato ora introdotto, in virtù del d.lgs. 27 gennaio
2010, n. 27, dall’art. 83-sexies t.u.f., applicabile alle società quotate, a quelle con azioni ammesse ad un sistema multilaterale di negoziazione e facoltativamente a quelle che aderiscono su base volontaria ad un sistema di gestione accentrata.
Esso peraltro già prima era statutariamente prevedibile: v. STELLA RICHTER jr (supra, n. 4), 1634 s.
[21] Cfr. DE LUCA (supra, n. 2), 333, secondo il quale “il problema della possibile dissociazione tra legittimazione e titolarità non è limitato ai sette giorni tra la data di registrazione e quella fissata per l’assemblea, ma può porsi in relazione
alla seconda convocazione della stessa, che può tenersi entro trenta giorni dalla data fissata per la prima. Un totale massimo di trentasette giorni, che potrebbe addirittura rivelarsi in contrasto con il termine di trenta giorni fissato dalla direttiva
comunitaria”.
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La giurisprudenza pregressa, con riguardo al sistema del deposito delle azioni, ha adottato
diverse soluzioni a seconda che le convocazioni siano o meno indette con un unico avviso. Solo qualora la prima e la seconda convocazione siano indette separatamente si realizzerebbe
un’autonomia del procedimento che potrebbe legittimare un deposito azionario specifico.
Trasfuso il principio alla regola della record date, nel caso di unico avviso, vi sarebbe una
sola data di registrazione e l’azionista che abbia acquistato posteriormente a tale data sarebbe
privo di legittimazione al voto per tutte le convocazioni successive dell’assemblea. In caso di
pluralità di avvisi, il meccanismo di legittimazione al voto farebbe riferimento per ciascuna
convocazione al relativo avviso. Vi sarebbero diverse date di registrazione, ciascuna facente
capo alle singole convocazioni, così che il nuovo socio, divenuto tale dopo la prima record date, potrebbe partecipare a tutte le riunioni successive.
Ma così il diritto di chi acquista le azioni dopo la data di registrazione di partecipare alle
convocazioni successive alla prima sarebbe rimesso ad una scelta discrezionale di ogni singola
società basata sulle modalità di redazione dell’avviso di convocazione. Sarebbe quindi opportuno un intervento in sede legislativa o regolamentare a chiarimento.
In ogni caso, in termini generali la soluzione della record date può apparire formalistica, in
quanto essa “fotografa” la compagine sociale ad una data (sette giorni di mercato aperto) precedente all’assemblea; essa tuttavia risponde ad un’esigenza organizzativa e crea certezza relativamente ai soggetti legittimati all’intervento e al voto, scongiurando il rischio che la partecipazione azionaria sia alienata al solo fine di consentire l’intervento e il voto a soggetti interessati ad una certa deliberazione più che alla vita della società (rischio, questo, che in passato aveva indotto le società ad introdurre divieti di alienazione delle azioni a ridosso delle assemblee).
Un meccanismo analogo è stato introdotto dal d.lgs. n. 27/2010 anche in relazione alla determinazione della legittimazione richiesta per la presentazione delle liste per la nomina dei
componenti il consiglio di amministrazione e del sindaco di minoranza al fine di facilitare la
presentazione delle liste (artt. 147-ter, comma 1-bis e 148, 2° comma, t.u.f.). Ha espresso grande favore per questa previsione Assogestioni, che, in una nota del 16 settembre 2009, ha così
precisato: “tale meccanismo rappresenta il superamento del blocco dei titoli sino ad oggi necessario per ottenere la certificazione di possesso per il deposito delle liste di voto per
l’elezione delle cariche sociali (…), e al contempo costituisce uno strumento di semplificazione della stessa procedura di presentazione delle liste”. E ciò rappresenta un grande vantaggio
per gli investitori istituzionali che, promotori di liste per la nomina degli organi, erano costretti
sinora a subire il blocco dei titoli.
Per quanto funzionalmente collegati all’esercizio del diritto di voto, il diritto di impugnativa
e di recesso sembrano seguire una diversa sorte. Non è infatti dato intendere se nella medesima
linea tracciata o in direzione contraria si ponga la previsione dell’art. 127-bis t.u.f. secondo cui,
ai fini dell’annullabilità delle delibere assembleari e ai fini del diritto di recesso, colui a cui favore sia effettuata la registrazione in conto delle azioni in data successiva alla record date ma
prima dell’assemblea dovrà essere considerato assente e non aver concorso all’approvazione
della delibera, e dunque legittimato tanto all’impugnativa quanto all’esercizio del diritto di recesso, e ciò – potrebbe ritenersi – anche qualora l’ex socio legittimato abbia espresso voto favorevole all’adozione della deliberazione. Per quest’ultimo, naturalmente, il recesso non si giustificherebbe, essendo già avvenuto il disinvestimento attraverso il trasferimento della partecipazione; e l’impugnativa non sarebbe proponibile, difettando in capo al medesimo sia l’interesse ad agire sia la condizione di procedibilità del possesso azionario alla data dell’esercizio
dell’azione. La norma non precisa invero se il consenso espresso dal legittimato al voto costituisca o meno un limite alle facoltà (di impugnativa e di recesso) dell’azionista divenuto tale
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fra la data di registrazione e quella dell’assemblea; per quanto a stretto rigore dovrebbe sussistere coerenza tra le singole prerogative sociali funzionalmente collegate. Tuttavia, è stato fatto
notare che in tal modo si finirebbe con il contraddire la volontà del legislatore comunitario in
quanto, lungi dal favorire il mercato delle partecipazioni anche in prossimità delle assemblee,
si deflazionerebbero in realtà i trasferimenti, in quanto la partecipazione verrebbe ceduta [22]
per così dire “menomata” non soltanto della prerogativa dell’intervento e del voto in assemblea [23], ma anche delle altre prerogative dell’impugnativa e del recesso [24].
L’art. 83-sexies, 3° comma, attribuisce alle società non quotate né ammesse nei sistemi
multilaterali di negoziazione la possibilità di introdurre statutariamente la regola della record
date, potendosi eventualmente prevedere anche un divieto di alienazione delle azioni fino alla
celebrazione dell’assemblea, così come l’art. 2370 c.c. prevede per le società che emettono
titoli azionari [25]. Tuttavia, se la cessione non è vietata, ed avviene dopo l’invio della comunicazione da parte dell’intermediario, questi deve effettuare una rettifica ed inviarla all’emittente. Pertanto per tali società, a differenza di quanto previsto per le società quotate e per
quelle ammesse nei sistemi multilaterali di negoziazione (per le quali inderogabilmente le alienazioni successive alla record date non rilevano ai fini dell’intervento e del voto), sembrerebbe prevalere la comunicazione correttiva dell’intermediario, e sarebbe quindi ammesso all’intervento e al voto l’acquirente successivo alla data di registrazione ma precedente all’assemblea. E – come è stato rilevato [26] – da tale previsione emergerebbe un certo disfavore
del legislatore per il sistema della record date al di fuori delle società quotate. È stato affermato che, a ben vedere, la comunicazione in rettifica sarebbe diretta ad informare l’emittente
dell’avvenuta alienazione, ma non determinerebbe alcun effetto sul diritto di intervento in assemblea.
Il 4° comma dell’art. 83-sexies specifica poi, a tutela degli azionisti, il termine entro il quale
l’intermediario è tenuto ad effettuare la comunicazione [27]. Si è in proposito precisato nella
Relazione illustrativa al d.lgs. n. 27/2010 che, se la comunicazione è imprescindibile modalità
di identificazione degli azionisti [28], perché la detenzione delle azioni alla data di registrazio-
[22] V. in proposito FURGIUELE, “La disciplina dell’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate alla luce
dell’art. 7 della direttiva 36/2007/CE”, Riv. dir. comm., 2008, I, 989 ss., spec. 1008 ss., la quale peraltro distingue l’ipotesi
del recesso da quella dell’impugnazione; ID., “Record date ed esercizio dei poteri di impugnazione e di recesso”, Riv. dir.
comm., 2011, I, 157 ss., spec. 165 ss., secondo la quale la previsione dell’art. 127-bis t.u.f. non sarebbe applicabile alle
ipotesi statutarie di record date (p. 181).
[23] Il fatto che la partecipazione venga trasferita con tutti i diritti in essa incorporati ad eccezione del diritto di voto,
la cui titolarità si scinde dalla partecipazione permanendo in capo all’alienante (non più azionista), potrebbe generare
perplessità in relazione alla compatibilità con il cd. principio di inscindibilità della partecipazione sociale. Ma al riguardo,
circa la “scindibilità” dei diritti sociali, v. CALVOSA, La partecipazione eccedente e i limiti al diritto di voto (Milano, 1999),
88 ss. Sul tema della record date quale apparente fonte di dissociazione del voto dalla partecipazione sociale v. MAUGERI,
“Record date e «nuova» inscindibilità della partecipazione azionaria”, Riv. dir. comm., 2011, I, 107 ss., spec. 131 ss.
[24] In tal senso FURGIUELE (supra, n. 22), 1013.
[25] Che la regola della record date possa essere disposta statutariamente anche per le società non quotate era già stato affermato, pur in difetto di previsione normativa, da STELLA RICHTER jr (supra, n. 4), 1634.
[26] Da MAGLIULO (supra, n. 8), 416.
[27] Per le società quotate le comunicazioni degli intermediari devono pervenire all’emittente entro la fine del terzo
giorno di mercato aperto antecedente la data fissata per l’assemblea in prima convocazione ovvero il diverso termine stabilito dalla Consob, d’intesa con la Banca d’Italia con regolamento, oppure entro il successivo termine stabilito nello statuto delle società indicate nel 3° comma (art. 83-sexies, 4° comma). Il rispetto del termine rappresenta un obbligo per gli
intermediari, presidiato da sanzione (art. 190, 2° comma, lett. b-bis, t.u.f.).
[28] La proposta in proposito avanzata da Borsa Italiana e Monte Titoli di non imporre la comunicazione globale dell’azionariato, ma solo di coloro che intendono partecipare all’assemblea, si giustifica con l’introduzione della disciplina
sull’identificazione degli azionisti di cui all’art. 83-duodecies t.u.f.
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ne costituisce l’unico indice di legittimazione all’intervento e al voto, non potrebbe essere negato l’accesso in assemblea a colui per il quale la comunicazione sia stata effettuata comunque
in tempo utile, entro l’apertura dei lavori assembleari (in prima o unica convocazione), ma oltre i termini imposti all’intermediario.
Ricapitolando: il legislatore italiano ha recepito il precetto comunitario della data di registrazione, prevedendo che: a) per le società quotate (nei mercati regolamentati o nei sistemi
multilaterali di negoziazione) la comunicazione dell’intermediario si riferisca alle relative evidenze contabili alla chiusura del settimo giorno di mercato aperto; b) le negoziazioni e le conseguenti registrazioni in conto successive alla data di registrazione non rilevano ai fini della legittimazione all’intervento e al voto in assemblea; c) se lo prevede lo statuto, la regola della record date si applica anche alle società con azioni dematerializzate non quotate, per le quali può
anche essere vietata la cessione delle azioni fino alla celebrazione dell’assemblea; d) per tali
società se la cessione non è vietata ed avviene dopo l’invio della comunicazione da parte dell’intermediario, questi deve effettuare una rettifica e inviarla all’emittente.
Se il sistema della record date risulta essere senz’altro efficace dal punto di vista organizzativo, tuttavia esso può essere facile strumento di abusi [29]. Infatti, anche negli Stati Uniti,
dove pure è sorto e si è diffuso, ne è stata sottolineata la pericolosità, in quanto la dissociazione fra la registrazione, e quindi la legittimazione, e la titolarità può indurre a far esprimere
il voto a soggetti privi di interesse economico sottostante (cd. empty voting) [30]. Inoltre, anche se la circolazione delle azioni è consentita, il fatto che chi compra dopo la data di registrazione non possa acquistare legittimazione all’esercizio del diritto di voto può costituire
elemento di disordine nella regolarità dei corsi di borsa e fomentare operazioni meramente
speculative [31].
E del resto tale sistema, lungi dal favorire la partecipazione all’assemblea, la disincentiva
incrementando il fenomeno di apatia razionale o comunque quello di negoziazione del voto tra
alienante e acquirente, con conseguente allontanamento dalle dinamiche della dialettica assembleare. La partecipazione all’assemblea da parte dell’ex socio è la conseguenza materiale di un
meccanismo che ha come obiettivo immediato non tanto la ripartizione del diritto di voto fra
azionisti in relazione agli interessi in giuoco, quanto la rimozione di ogni ostacolo alla circolazione delle azioni in prossimità dell’assemblea, rispetto alla quale il criterio di legittimazione
svolge una funzione meramente strumentale. E data tale funzione, il preminente interesse del
nuovo azionista impone che l’ex socio, non avendo più alcuna aspettativa né patrimoniale né
amministrativa nei confronti della società, finisca appunto col non votare o col negoziare il diritto di voto.
Per porre rimedio alle possibili distorsioni applicative, è stata prospettata la possibilità di fare ricorso all’eccezione di dolo generale e all’eccezione di difetto di titolarità, sul presupposto
[29] “Il vero problema” – si è puntualizzato [DE LUCA (supra, n. 2), 333, testo e n. 76] – “non è quello dell’esercizio
sporadico del voto da parte del non più titolare, ma quello del possibile approfittamento intenzionale della norma di legge. Si pensi concretamente all’azionista che intende concorrere ad assumere una deliberazione (ad esempio, l’adozione di
misure difensive in caso di OPA), ma vuole anche garantirsi il diritto di impugnare la delibera o di recedere dalla società.
Questo azionista potrebbe far sì che le azioni siano accreditate ad un terzo alla data di registrazione, impartirgli istruzioni
di voto, e quindi farsi retrocedere la partecipazione prima che l’assemblea abbia avuto svolgimento”.
[30] Il fenomeno è descritto da de DE LUCA (supra, n. 2), 314 ss., 319 ss. e, con specifico riferimento alla cd. “proprietà nascosta”, 333 ss. Cfr. altresì PORTALE, “La società quotata nelle recenti riforme (note introduttive)”, RDS, 2007, I, 2 ss.,
a p. 4 s., il quale qualifica come “sconcertante” – “visto che si tratta di favorire soci di minoranza qualificati: gli investitori
professionali” – il fatto che possano partecipare all’assemblea anche “persone non legittimate (per avere alienato tutte le
azioni) con voto determinante”, senza conseguenze invalidanti sul deliberato.
[31] Così DE LUCA (supra, n. 2), 319, testo e n. 26.
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