2_Rel. storico-artistica

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COMUNE DI CASTELGOMBERTO
PROVINCIA DI VICENZA
VILLA TRISSINO BARBARAN
Intervento di restauro conservativo e adeguamento funzionale-impiantistico
PROGETTO ESECUTIVO
II STRALCIO:
PIANI TERRA E PRIMO
RELAZIONE STORICO-ARTISTICA
Villa Trissino Barbaran di Castelgomberto costituisce un’importante testimonianza di
architettura veneta del XVIII secolo, organizzata come residenza nobiliare, circondata da
vaste proprietà terriere e dotata di annessi rustici.
La costruzione del nucleo iniziale è dovuta alla potente famiglia Trissino.
Presenti già da alcuni secoli anche a Castelgomberto, come in tutta la Valle dell’Agno, i
Trissino si radicarono nel corso del XV secolo, ed espressero vivamente la loro presenza
costruendo la villa padronale proprio al centro del paese.
Dopo successivi passaggi di proprietà (fu anche dei Barbaran), da alcuni decenni è proprietà
del Comune di Castelgomberto, che in questi anni ha programmato un’opera di radicale
restauro.
La Villa acquisì il suo aspetto attuale nei primissimi anni del ‘700, come dimostra la lapide
presente nel timpano sul fianco dell’edificio che costeggia Via Villa, ma mantiene elementi
gotici, segno di una costruzione preesistente: le aperture del piano nobile nel prospetto
posteriore e la loggia all’ultimo piano del prospetto anteriore, oltre alla torre, ad est della
fabbrica.
Nell’assetto attuale la Villa presenta un prospetto sul cortile aperto alla sommità nella
soggetta, traslata dal secondo piano della costruzione gotica.
Tre aperture scandiscono il piano terreno e il piano nobile: centinate le centrali, con cimosa
orizzontale le altre.
Bugnato è il portale d'ingresso con la robusta chiave arricciata che sembra avvolgersi alla
cornice superiore, sulla quale s'appoggia l'elaborata balaustra sporgente della grande finestra
superiore. Da sottolineare il caratteristico motivo del modiglione ripetuto di profilo sotto il
balcone sporgente. Si veda anche l'interessante aggancio dei modiglioni del balcone con la
cornice della porta su strada.
Provviste di balaustra sono anche le finestre laterali del medesimo piano, i cui modiglioni
quasi entrano in tangenza con le finestre sottostanti. Il discorso architettonico, molto ordinato
nella composizione assiale e nella rigorosa disciplina sintattica, perde la sua omogeneità nella
inattesa conclusione della loggia soprastante, che appare slegata dal resto.
Il corpo aggiunto a destra, ma esso pure del Settecento, non è sostenuto dalla medesima
eleganza: le finestre, a taglio più modesto e a cornice assai semplificata, non hanno la nobiltà
delle altre. A livelli anche diversi, assolvono esclusivamente alla funzione di illuminare le
scale, ricavate con agile articolazione di rampe brevi e di frequenti riposi. In stretta adiacenza
si sviluppa il bellissimo porticato ad archi assai ariosi, dalle ghiere bugnate che insistono su
pilastri pure bugnati d'ordine tuscanico: robuste teste umane ne formano la chiave e sembrano
modellate dal medesimo artista che lavorò in palazzo Nanti a Valdagno. Il porticato,
piegando a sud, segna il perimetro dello spazioso cortile, cui dava sostenuta eleganza prima
d'essere inopportunamente sopraelevato.
Il prospetto su strada è pur esso ricco di interesse con le grandi finestre del piano nobile, rese
solenni dall'alto frontone curvilineo e dal balcone sporgente. Il frontone triangolare - a
coronamento del prospetto - è reso ancor più importante dalle tre statue ai vertici,
probabilmente opera della Scuola di Orazio Marinali.
All'interno ha mantenuto quasi intatta la sua cubatura settecentesca il vastissimo salone al
piano nobile, adorno di porte con cimasa orizzontale, come quelle delle stanze minori.
Notevole la porta che dalla sala inferiore dava accesso alla scala e al corridoio destinato a
collegarla alla barchessa: essa era perfettamente in asse con la porta che s'apriva nella
facciata su strada. Questa porta, soprattutto, e le sagome molto elaborate delle due finestre al
piano nobile su strada e di quella centrale nel prospetto sud, farebbero pensare che
responsabile di esse, e quindi di tutto il rinnovamento settecentesco, sia il medesimo
architetto che fece il Palazzo Montanari a Santa Corona di Vicenza.
Talune affinità di sagome si notano anche con la villa Da Porto di Montorso.
Non possiamo non ricordare le tre statuette del Settecento poste entro le nicchie sopra le
porte della sala al pianterreno.
Nell'Ottocento la proprietà era passata dai Trissino ai Barbaran, altra famiglia nobile
Vicentina. Questi verso la fine del secolo scorso si trovarono in difficoltà economiche
rilevanti, forse a causa del gioco d'azzardo cui era dedito, come molti nobili di quell'epoca,
l’ultimo discendente dei Barbaran, Alfonso, del quale resta la memoria del tragico suicidio in
una delle città dei Casinò. Ai Barbaran subentrarono dei proprietari borghesi che cercarono di
sfruttare l'edificio per le loro attività: nei primi anni di questo secolo proprietari furono i
Marzotto e poi i Zanuso di VaIdagno, che conducevano direttamente una filanda; nella parte
antica era stato ricavato un albergo gestito dalla famiglia Agosti (si possono osservare ancor
oggi delle scritte sotto il portico della barchessa), mentre nel grande granaio della barchessa
venivano allevati i bachi da seta.
La grande sala del pianterreno nel periodo fra le due guerre mondiali venne utilizzata anche
come teatro. Nel secondo dopoguerra l'intero complesso venne acquistato dal Comune, che vi
insediò - negli anni Cinquanta - la scuola di avviamento professionale e, dopo la riforma
scolastica, la scuola media. Non veniva arrestato però il degrado dell'edificio: scomparve il
parco con le serre, che si trovava al di la di Via Villa, venne ridotto a cortile il prato circolare
recintato da gelsi davanti la facciata principale; nelle dipendenze si installarono abitazioni
private, gli ambulatori medici, laboratori, e un’officina meccanica.
Il terremoto del 1976 danneggiò alcune parti dello stabile, ormai fatiscenti, e rese necessario il
trasferimento della scuola media.
Nell’ottobre del 1978 le infiltrazioni d’acqua causate dalle continue piogge determinarono il
crollo di una parte del tetto e del muro anteriore dell’ala orientale, per cui un intervento di
restauro si rese improrogabile: tale restauro si concluse nel 1981.
BIBLlOGRAFIA:
R. Cevese, Ville vicentine, Milano 1971;
Faccioli, 1804, Pars Termia;
G. Fasolo, Le ville del vicentino 1929;
B. Morsolin, Una vicenda araldica, Vicenza 1881;
D.P. Meda, Castelgomberto sue chiese e oratori, Vicenza 1935;
N. Carlotto, C. Fanelli, S. Fornasa, A. Fortuna, A. Viaggiano, S. Zamperetti,
“Castelgomberto, storia di una comunità rurale dal medioevo all’ottocento”;
Sergio Fortuna: I cinque secoli di Palazzo Barbaran, notiziario della Biblioteca n. 12 a. 1985
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