BARCA, La vita è sogno. Dramma in tre atti composto nel 1635

PEDRO CALDERÓN DE LA BARCA, La vita è sogno. Dramma in tre atti composto nel 1635.
Trama (da P. CALDERÓN DE LA BARCA, Teatro scelto, introduzione di J. Granados, traduzioni di
P. Monti e G. Buttafava, note di G. Buttafava, Bietti, Milano 1971, pp. 160-161).
Atto I
Basilio, re di Polonia, avvertito dagli astrologhi che suo figlio Sigismondo, oltre a
strappargli il trono e lo scettro, sarebbe diventato un tiranno, lo rinchiude fin dalla nascita
in una torre, affidandolo alle cure del precettore Clotaldo. Sigismondo impreca contro il
mondo e il destino che lo provano della libertà senza ragione.
Dopo venticinque anni d'angoscia, Basilio, temendo d'essersi ingannato nell'interpretare i
segni del cielo, prima di abdicare in favore dei nipoti Astolfo e Stella, decide di tentare il
destino e fa portare Sigismondo addormentato nel palazzo reale, affinché, svegliandosi Re,
sia libero di comportarsi secondo come gli detta il cuore.
Atto II
Ma la prova sembra dar ragione agli astri: Sigismondo, conosciuta l'ingiustizia subita,
assetato di vendetta, sfoga selvaggiamente il suo istinto, giungendo a gettare dalla finestra
un servo che lo aveva contraddetto. Basilio, vedendo in ciò la prova della veridicità del
pronostico e non l'errato mezzo d'educazione adottato, fa riportare il figlio addormentato
nella torre.
La prima reazione di Sigismondo al risvegliarsi nel carcere è di scetticismo sulla veridicità
dei suoi sensi; poi, istruito dall'esperienza del disinganno, pensa pessimisticamente che
tutta la vita non è altro che un sogno e che i sogni sono sogni che hanno il loro risveglio
nel sonno della morte.
Atto III
Il popolo intanto, venuto a conoscenza dell'esistenza dell'erede legittimo, libera
Sigismondo, lo acclama Re e, guidato da lui, sbaraglia l'esercito regale. Quando tutti si
attendono che Sigismondo attui la sua vendetta contro il padre e il precettore, il giovane
sovrano, illuminato dalla luce della verità e ammaestrato dal disinganno, perdona il padre
e lascia libero Clotaldo, che hanno agito in buona fede, mentre condanna il soldato che,
tradendo il suo Re, gli ha aperto la porta della prigione. Dando poi prova della sua
saggezza, rinuncia all'amata Rosaura, ristabilendo con un duplice matrimonio l'ordine
morale e sociale nel suo regno.
Atto II, Scena XIX
SIGISMONDO. È vero; raffreniamo dunque questa fiera natura, questa furia, questa ambizione,
se mai ci avvenisse di sognare un'altra volta; e faremo così, perché siamo in un mondo così
strano, che il vivere in esso non è che sognare; e l'esperienza m'insegna che l'uomo che
vive sogna quello che è, sino al risveglio. Il Re sogna di essere Re, e vivendo in questa
illusione, comanda, dispone, governa; e quell'applauso precario che riceve, lo scrive al
vento, e in cenere lo converte la morte (ahi, grande sventura!): e v'è chi cerca di regnare,
quando sa che si deve svegliare nel sonno della morte? Sogna il ricco le sue ricchezze, che
gli recano grandi affanni; sogna il povero che soffre la sua miseria e povertà; sogna chi
comincia a prosperare; sogna chi cerca e s'affanna; sogna chi altrui ingiuria e offende; e
insomma, nel mondo tutti sognano quel che sono, benché nessuno l'intenda. Io sogno
d'essere qui da queste catene gravato, e sognai di essere in uno stato migliore. Che è mai la
vita? Una frenesia. Che è mai la vita? Un' illusione, un'ombra, una finzione, e piccolo è il
più gran bene, perché tutta la vita è un sogno, e i sogni sono sogni.
[trad. it. di P. Monti, in P. CALDERÓN DE LA BARCA, Teatro scelto, cit., p. 200.]