celle fotovoltaiche - Liceo Statale Rinaldo d`Aquino

CELLE FOTOVOLTAICHE
Prof. Diego Colombo
Studente: Simona di Dio
Anno accademico 2007-2008
Indice INTRODUZIONE
La radiazione solare
Il percorso del sole e le componenti della
radiazione solare Energia solare e celle
fotovoltaiche
Caratteristica elettrica di una cella fotovoltaica
PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DI UNA CELLA
Coppie elettrone-lacuna
Drogaggio dei semiconduttori
Giunzione p-n
TIPOLOGIE DI CELLE FOTOVOLTAICHE
Celle di silicio cristallino
Celle fotovoltaiche in silicio monocristallino
Silicio policristallino
Le celle a film sottili
Silicio amorfo
Le celle microcristalline e microamorfe
Le celle CdTe (telluriuro di cadmio)
Le celle CIS (Copper Indium Selenide) al diseleniuro di rame e di indio
Celle ibride in cristallino /amorfo (HIT- Heterojunction with Intrinsic Thin
layer)
PRODUZIONE CELLE FOTOVOLTAICHE
Processi di produzione celle in silicio monocristallino
Metodo Czochralski
Tecnica Casting
Trattamento anti riflesso (ARC)
ALTRE APPLICAZIONI DEI SISTEMI FOTOVOLTAICI
Sistemi isolanti (stand-alone)
Temi collegati alla rete (grid connected ) Fotovoltaico e architettura
Fotovoltaico e illuminazione stradale Fotovoltaico e regolamentazione del traffico Fotovoltaico e rete
elettrica
Fotovoltaico ed impianti di sollevamenti Fotovoltaico/Convenienza economica SMALTIMENTO E
RICICLAGGIO BIBLIOGRAFIA
SITI INTERNET
INTRODUZIONE
La conversione diretta della radiazione luminosa in energia elettrica è stato sperimentato per la
prima volta nel 1839 dal fisico Edmond Becquerel, verificando come l’intensità della corrente in
una cella elettrolitica con elettrodi in platino aumentasse con l’esposizione diretta con il sole. Fu
Hertz che in seguito, nel 1887 progettò un dispositivo che produceva lo stesso effetto di
conduzione nel vuoto. Tali studi hanno mostrato le proprietà dei materiali semiconduttori,
soprattutto per il silicio. Allo stato non eccitato il silicio non è un conduttore perché i suoi quattro
elettroni più esterni all’atomo sono vincolati. Quando questi elettroni ricevono una certa quantità
di energia come ad esempio quella dei fotoni della radiazione solare, essi sono in grado di
abbandonare la banda di valenza per passare la banda di conduzione.
L’elettrone che si muove all’interno nel cristallo lascia quindi degli spazi vuoti dette “lacune”. È
proprio in continuo susseguirsi di questi spostamenti che crea una corrente elettrica disordinata e
di entità trascurabile.
Una corrente elettrica stabile e di piccola entità può essere ottenuta imponendo una differenza di
potenziale (dovuto a campo elettrico) in materiali capaci di attivare questi movimenti. Trattando
gli strati di silicio con altri elementi quali il fosforo e il boro (in grado di accentuarne la differenza
di potenziale) può essere ottenuto un effetto maggiore e quindi di produrre una corrente elettrica
più elevata.
L’effetto fotovoltaico si verifica quando un dispositivo formato da due strati congiunti e
sovrapposti, costituiti da silicio drogato con atomi di fosforo (conduttore di tipo n cioè ha carica
negativa) e da silicio drogato con atomi di boro (conduttore di tipo p cioè ha carica positiva) viene
esposto direttamente all’incidenza della luce e quindi dei fotoni.
Nello specifico la corrente si crea in corrispondenza dell’area di giunzione, ed è tanto maggiore
quanto più elevata è intensità della luce. ( 3)
L’effetto provoca la generazione di una corrente elettrica in seguito all’assorbimento di luce da
parte di celle fotovoltaiche. Il materiale di base delle celle fotovoltaiche è silicio cristallino o
amorfo. Mediante l’introduzione (drogaggio) di una piccola concentrazione di impurità diviene
conduttore elettrico. A seconda della natura dell’impurità, il cristallo diventa conduttore di cariche
negative (“n”), elettroni, oppure cariche positive (“p”), lacune. Il cristallo può essere reso sensibile
a “n” drogandolo con fosforo e con boro per renderlo di tipo “p”. Il materiale di tipo “n” che è quello
generalmente esposto alla radiazione solare, ha uno spessore dell’ordine dei μm, mentre quello di
tipo “n” ha uno spessore di circa 200 μm.
Nella zona di contatto esiste un campo elettrico dovuto alla diversità dei due materiali. Quando un
fotone della radiazione solare urta la regione della giunzione “p-n”, si produce una coppia
elettrone-lacuna, e l’elettrone tende a migrare verso lo strato di silicio tipo “p”. Se gli strati “p” e
“n” sono collegati con fili conduttori, la corrente elettrica prodotta può circolare in un circuito
esterno di utilizzazione. Ogni cella irraggiata dalla luce solare, produce una tensione di 0,4 – 0,5
Volt. (5)
Figura 1: Rappresentazione effetto fotovoltaico
LA FONTE DI ENERGIA: IL SOLE
La radiazione solare
Il sole è la fonte energetica più importante per la terra. La vita in tutte le sue forme, dipende
dall’energia del sole, che rappresenta il punto di partenza per le catene chimiche e biologiche sul
nostro pianeta e allo stesso tempo costituisce la forma energetica più pulita dal punto di vista
ambientale.
Al centro del sole ha luogo un processo di fusione in cui due nuclei di idrogeno si fondono in un
nucleo di elio. L’energia così irradiata nello spazio sotto forma di onde elettromagnetiche. La Terra
si trova a una distanza dal sole di 143 milioni di km e quindi riceve solo una piccola frazione di tale
energia.(2)
L’energia irradiata dal sole si propaga in modo simmetrico nello spazio fino a raggiungere
l’atmosfera terrestre con una potenza di 1353 W/m 2 . Tale valore, detto costante solare, varia
periodicamente nel corso dell’anno in funzione della diversa distanza tra il sole e la terra durante le
stagioni, quindi rappresenta il valore medio della potenza specifica e oscilla entro un intervallo del
±3% (assume valori massimi nel periodo invernale e quello minimo in estate).
Malgrado ciò, il sole offre più energia in un quarto d’ora di quanta l’uomo ne usi in un anno.
In termini di cifre ogni anno il sole fornisce una quantità di energia pari 1.500 milioni di miliardi di
chilowattora all’anno. Questa quantità di energia proveniente dal sole risulta pertanto 10.000 volte
superiore all’attuale fabbisogno di tutto il pianeta.
Nella pratica impiantistica il valore di massima radiazione al suolo viene assunto pari a 1000W/ m 2.
(torna)
Il percorso del sole e le componenti della radiazione solare
La quantità di energia solare incidente sulla fascia esterna dell’atmosfera terrestre nell’unità di tempo
può considerarsi, in prima approssimazione, costante. Tale irraggiamento –o intensità di radiazione
– riferita ad una superficie di area unitaria (perpendicolare alla radiazione stessa) viene detta costante
solare. Il valore di tale costante subisce lievi oscillazioni dovute alla variazione dell’attività del sole,
nonché alle differenze nella distanza tra la terra e il sole durante il seguirsi delle stagioni. Queste
irregolarità, che incidono meno del 5%, nel valore della costante solare sono riscontrabili
soprattutto nel campo UV.
Da diversi studi il valore medio della costante solare a pari a 1360W/m 2.
Se l’irraggiamento solare è pari a 1000 W/m2 allora la capacità del sole di irradiare è data da una
potenza P pari 1000 W su una superficie di un metro quadro. Quindi se il sole risplende con una
potenza di 1000W per un’ora, allora produce una energia di “1 kilowattora”.
ENERGIA=POTENZA*TEMPO
La quantità di energia solare disponibile sulla terra è molto variabile perché dipende da:
 latitudine geografica;
località
 periodo dell’anno;
 ora del giorno.
Infatti in base all’inclinazione del sole si hanno giornate più lunghe per esempio in estate; inoltre il
sole raggiunge altezze maggiori nei mesi estivi rispetto a quelli invernali.
La radiazione solare che raggiunge la terra senza variazione di direzione (infatti parte della
radiazione solare può essere riflessa, Erif, dalle diverse superfici o essere deviata, Edif, dalle nuvole)
viene chiamata radiazione diretta E dir.
La sommatoria delle tre radiazioni (diretta, riflessa e deviata) si dice radiazione globale E g.
Eg=Edir+Edif+Erif
Quando il sole è posizionato verticalmente rispetto al piano dell’orizzontale, la luce solare compie
il percorso più breve possibile attraverso l’atmosfera, quindi si avrà una maggiore intensità della
radiazione al suolo. Al contrario l’intensità sarà minore se il percorso è più lungo cioè avendo un
angolazione minore della radiazione solare che colpisce la terra.
La nuvolosità e lo stato del cielo costituiscono il secondo fattore decisivo per determinare la
disponibilità della radiazione solare. Quindi sia l’irraggiamento che la quota di radiazione diretta e
diffusa variano molto a seconda del grado di nuvolosità. Le osservazioni condotte in un arco di
tempo di diversi anni hanno mostrato che, alle altitudini caratteristiche del centro Italia, la quota di
radiazioni diffusa rappresenta nel corso dell’anno il 30÷35%della radiazione globale.
Nei mesi invernali questa percentuale è maggiore.
Il parametro portante per la progettazione di un impianto solare è il valore medio annuale della
radiazione solare globale su un piano orizzontale, che varia con la latitudine; per esempio nella
provincia di Bolzano è apri a 1220 kWh/m2 mentre nella provincia di Trapani 1700 kWh/m 2.
Nell’arco dell’anno la radiazione solare globale è soggetta a considerevoli variazioni giornaliere
dovute alla componente diretta.
Ai fini della progettazione oltre che considerare la radiazione solare globale viene spesso fornito il
numero di giorni sereni, esprimibili tramite le ore di sole all’anno. In Italia questo valore varia tra
1300 e 1900 ore l’anno. (2)
(torna)
Energia solare e celle fotovoltaiche
La conversione della energia solare in energia elettrica avviene sfruttando l’effetto indotto da un
flusso laminare che incide su di un materiale conduttore come il silicio quando quest’ultimo
incorpora su un lato atomi di drogante di tipo p (boro) e sull’altro atomi di tipo n (fosforo).
Ogni fotone dotato di energia pari a
E= h*v
dove
v: rappresenta la frequenza
h: rappresenta la costante di Plank
è in grado di liberare nella zona di contatto tra la parte drogata e p e quella drogata n una coppia di
elettrone-lacuna che, per effetto del campo elettrico tra i due strati drogati differentemente, genera
una differenza di potenziale.
Pur considerando che la frequenza f e la lunghezza d’onda λ esiste la relazione
f = 1/ λ
nel caso della radiazione luminosa ci si riferisce alla lunghezza d’onda λ. I valori della lunghezza
d’onda λ nel visibile sono riportati nella seguente immagine:
Figura 2: Particolare dello spettro del visibile (la lunghezza d’onda va da 400nm a 700nm)
nello specifico si riportano i valori delle lunghezze d’onda del visibile:
ROSSO
ARANCIO
GIALLO
VERDE
AZZURRO
INDACO
VIOLETTO
0,700÷0,645
0,645÷0,585
0,585÷0,575
0,575÷0,490
0,490÷0,455
0,455÷0,425
0,425÷0,400
μm
μm
μm
μm
μm
μm
μm
Tabella 1: Lunghezze d’onda dello spettro visibile
L’energia necessaria per liberare una coppia di elettrone-lacuna, utilizzando un semiconduttore
come il silicio corrisponde ad una lunghezza d’onda massima, per la radiazione luminosa, di 1150
nm. La frazione eccedente questo limite, avente cioè λ maggiore e quindi energia insufficiente,
corrisponde circa a il 25% dell’energia complessivamente contenuta nello spettro solare. Il rimanente
75% risulta quindi in grado di liberare coppie elettrone-lacuna. Al contrario al diminuire della
lunghezza d’onda i fotoni hanno energia sempre maggiore che risulta quindi in eccesso a quella
richiesta: tale energia viene perduta sotto forma di calore.
Con un semiconduttore al silicio la percentuale di energia solare che viene convertita in energia
elettrica non supera il 44%, ma una tale valore nella pratica non viene raggiunto perché intervengono
ulteriori fattori quali:

non tutti i fotoni incidenti sulla cella fotovoltaica penetrano all’interno, alcuni vengono
riflessi ed altri intercettati dall’elettrodo di fronte;

alcune coppie elettrone-lacuna si ricombinano prima che queste possano essere postate dal
campo elettrico interno alla giunzione (dipende dal grado di purezza);

parte dell’energia potenziale delle coppie elettrone-lacuna che vengono separate risulta
inefficiente ai fini della conversione in energia elettrica viene persa;

dal circuito equivalente della cella (Fig.3) si nota l’esistenza della resistenza RS dovuta alla
realizzazione contemporanea di un buon contatto e la minore oscurazione della superficie
della cella esposta alla luce.
Figura 3: Circuito equivalente ad una cella fotovoltaica
(torna)
Caratteristica elettrica di una cella fotovoltaica
Nella figura sottostante è rappresentata la caratteristica elettrica di una cella fotovoltaica di silicio cristallino
in cui si può notare l’andamento della tensione corrente della cella.
Figura 4: Curva tensione corrente di una cella fotovoltaica
Osservando questo diagramma possiamo fare alcune considerazioni.
 L’area compresa tra l’ascissa e l’ordinata di un punto della curva e gli assi cartesiani rappresenta la
potenza elettrica (I*V) erogata in corrispondenza di quei valori di corrente e tensione.
 In corrispondenza del punto della caratteristica di ordinata IM e ascissa VM , ossia in corrispondenza
del ginocchio della curva, si ha la massima potenza ottenibile. In tale punto si hanno le condizioni di
lavoro ottimale.
Il rapporto tra il prodotto I M e VM e il prodotto tra I SC*VOC (rispettivamente corrente di corto
circuito per tensione a vuoto) è chiamato fill factor o fattore di riempimento della cella. Il fill factor dà
un’indicazione delle prestazioni della cella. Quest’ultimo nelle celle al silicio cristallino assume valori
generalmente intorno a 0,75÷0,80. Il fill factor è anche un parametro di giudizio sul rendimento della
cella: elevati valori di questi parametri sono anche indicatori di migliori prestazioni.

Come si può notare dal diagramma la corrente di corto circuito è di poco superiore alla corrente di massima
potenza per cui non è necessario utilizzare un dispositivo elettromeccanico della corrente.
Nel diagramma seguente è rappresentata la caratteristica di una cella fotovoltaica in corrispondenza di valori
diversi della radiazione solare che investe la cella.
Come si può vedere al variare dell’irraggiamento incidente sulla cella la tensione V varia di poco mentre la
corrente I varia in maniera proporzionale alla radiazione.
Figura 5: Curva caratteristica in funzione della radiazione
Anche per bassi valori della radiazione solare la tensione a vuoto assume valori molto vicini a quelli di tensione
massima per cui per evitare la presenza di tensione ai morsetti di un generatore fotovoltaico bisogna oscurarne
totalmente la superficie captante.
Analizzando la figura che segue si può notare che le prestazioni di una cella sono influenzate anche dalla
temperatura della cella.
Si evince infatti che all’aumentare della temperatura si ottiene una diminuzione della tensione a vuoto VOC in
ragione di circa 2,3 mV/°C e, un aumento della corrente di corto circuito ISC pari allo 0,2 %.
Questa variazioni possono essere prese come riferimento nell'intervallo di temperatura 0÷60 °C.
Tenendo conto delle due influenze opposte che hanno l’irraggiamento e la temperatura sulle prestazioni di una
cella possiamo concludere che la combinazione dei due fenomeni comporta una diminuzione della potenza
massima del 6÷7% per ogni aumento di 10°C della temperatura delle celle.
Figura 6: Curva caratteristica in funzione della temperatura (diverse condizioni di illuminazione)
Per cui mentre la temperatura influenza la tensione, l'irraggiamento determina la
corrente del dispositivo fotovoltaico.(4)
PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO DI UNA CELLA
Coppie elettrone-lacuna
Ogni atomo di silicio dispone di quattro elettroni nell’orbitale più esterno (elettroni di valenza),
attraverso i quali forma quattro legami covalenti con altri quattro atomi di silicio. Il reticolo cristallino
che ne deriva è molto stabile.
Figura 7: Particolare del reticolo cristallino del Silicio
Fornendo agli elettroni di valenza una certa quantità di energia sotto forma di luce o di calore essi sono
in grado di saltare dalla banda di valenza alla banda conduzione, lasciando uno spazio vuoto nel reticolo
cristallino detto lacuna.
Figura 8: Energy gap del semiconduttore
Il risultato di questo fenomeno (privo di una direzione privilegiata per il movimento delle cariche) è un flusso
sia di elettroni che di lacune (in realtà la lacuna non si muove, ma viene occupata dall’elettrone più esterno di
un atomo adiacente che a sua volta lascia una lacuna nello spazio da esso precedentemente occupato, come se
la lacuna si fosse spostata).
In condizioni normali questo movimento disordinato di cariche di segno opposto è ostacolato da continui
fenomeni di ricombinazione tra elettroni e lacune, ed ha come effetto la produzione di calore.
Per limitare nel cristallo di silicio i fenomeni di ricombinazione degli elettroni e per produrre un effetto utile
dal punto di vista è necessaria la presenza di un campo elettrico che sia in grado di dare un orientamento
preferenziale al movimento degli elettroni; un campo permanente si può ottenere sovrapponendo due strati
di silicio “drogati” con altri elementi chimici. In particolare arricchendo uno dei due strati con atomi di fosforo,
che hanno cinque elettroni di valenza, si determina un eccesso di elettroni debolmente legati all’atomo perché
non coinvolti in legami valenza. Aggiungendo invece atomi di boro (con tre elettroni di valenza) si crea una
zona con lacune in eccesso.
Se i due strati, appunto detti n (negativo) e p (positiva) vengono sovrapposti si ottiene una giunzione detta pn che genera un movimento di elettroni verso la zona p, che all’equilibrio crea una situazione di neutralità.
Nella zona p si concentrano più elettroni e, nella regione di contatto dove è avvenuto il flusso, lo strato presenta
una carica negativa; la zona n risulta invece, carica positivamente. In questa maniera si è ottenuto un campo
magnetico di bassa entità, ma stabile all’interno del cristallo di materiale semiconduttore.
Quando una cella di silicio viene esposta al sole, gli elettroni di valenza, assorbendo fotoni, acquistano l’energia
necessaria per saltare da una banda di conduzione e migrare nella zona n: parallelamente le lacune si muovono
verso la zona p. Questo fenomeno è detto fotovoltaico.
Figura 9: Struttura di una cella fotovoltaica
La cella è caratterizzata dalla presenza, su entrambe le superfici posteriore ed anteriore, di contatti metallici
con la funzione di accogliere il flusso di elettroni, e convogliarli all’estremità superiore della cella stessa, dove
viene misurata la tensione. Se il circuito è aperto, ovvero la cella non è collegata ad alcun carico elettrico, quella
che si misura è la tensione di circuito aperto (Vca): diversamente, se il circuito è chiuso può circolare la corrente
I.
In alcuni casi gli elettroni non riescono a raggiungere i contatti metallici, e si dirigono direttamente verso la
lacuna di segno opposto (fenomeno di ricombinazione).
Si definisce quindi distanza di diffusione il tratto che deve essere percorso all’interno del cristallino da un
elettrone per potersi legare ad un atomo. All’aumentare di questa distanza, aumenta la probabilità che le
cariche che circolano liberamente nella banda di conduzione raggiungano i contatti metallici dando luogo ad
un effetto utile.
Questa distanza dipende dalla composizione della cella. Per un semiconduttore drogato con un atomo diverso
ogni 10 miliardi di atomi di silicio, tale grandezza è di circa 0.5 mm.
Nelle immediate vicinanze della giunzione, la probabilità che le cariche si mantengano separate e
contribuiscano quindi ad incrementare il flusso di corrente elettrica è sufficientemente alta: al di fuori di questa
area; la probabilità di successo diminuisce all’aumentare della distanza di tale zona.
Tornando al collegamento metallico del lato anteriore e posteriore della cella, bisogna precisare che mentre il
contatto sul lato posteriore viene esteso a tutta la cella, quello sul lato frontale, esposto alla luce,viene disposto
a forma di griglia o con delle sottile ramificazioni.
I fenomeni di riflessione vengono ridotti applicando sulla superficie anteriore un sottile strato di antiriflesso a
base di nitruro di silicio o diossido di titanio.
La radiazione solare induce una separazione di cariche che va ad alimentare una determinata utenza. Fenomeni
di ricombinazione, di riflessione e la presenza dei contatti metallici sulla superficie anteriore possono incidere
negativamente sull’efficienza della cella. Inoltre buona parte della radiazione solare non può essere utilizzata
ai fini dell’effetto fotovoltaico. Una parte di questa radiazione viene infine dissipata sotto forma di calore.( 2)
Drogaggio dei semiconduttori
Si definisce drogaggio di un semiconduttore l’introduzione all’interno del semiconduttore, appartenente al IV
gruppo della tavola periodica, di atomi appartenenti al III o al V gruppo. Questo fa sì che si formino due
strutture differenti da un lato una con un eccesso di elettroni e dall’altro una struttura con un difetto di
elettroni. Ad esempio il silicio che è un semiconduttore appartenente al IV gruppo può essere drogato con
sostanze del III gruppo, ossia trivalenti, oppure con sostanze pentavalenti, le prime definite accettatrici, le
seconde donatrici. Il silicio possiede 14 elettroni, di cui 4 di valenza, e sono questi quelli che possono interagire
con altri atomi di silicio. Drogando la struttura cristallina del silicio con l’introduzione controllata di atomi di
fosforo (P) si libera un elettrone per ogni atomo di fosforo introdotto. L’elettrone che si è liberato dai legami
può staccarsi facilmente dall’atomo a cui è debolmente legato e muoversi nel reticolo cristallino essendo
disponibile alla conduzione. Si parla in questo caso di drogaggio di tipo n e di semiconduttore di tipo n.
Il semiconduttore può anche essere drogato da altri elementi, quali il boro (B), ed in questo caso si ottiene
una lacuna per ogni atomo di boro introdotto nel reticolo cristallino. Anche la lacuna è libera di muoversi
all’interno del reticolo cristallino essendo disponibile alla conduzione. In questo caso si parla di
semiconduttore di tipo p.
Figura 10: Atomi di silicio
drogato con fosforo e boro
(torna)
Giunzione p-n
Per creare una corrente, ossia un moto di elettroni occorre generare un campo elettrico interno alla cella. Il
campo si può generare mediante degli opportuni trattamenti fisici e/o chimici che consentono di produrre
un eccesso di lacune da un lato del semiconduttore e di elettroni dall’altro (vedi drogaggio dei semiconduttori).
I due tipi di silicio neutri hanno cariche mobili, positive nel caso del semiconduttore di tipo p e negative nel
caso del semiconduttore di tipo n.
Figura 11: Semiconduttori
drogati prima della
giunzione
Si parla di giunzione p-n per indicare l’insieme di due regioni di un semiconduttore una drogata di tipo n e
l’altra di tipo p. Gli elettroni della zona n diffondono nella zona p e dunque il silicio tipo n si carica
positivamente mentre quello di tipo p si carica negativamente e la regione intermedia che si crea viene detta
zona di svuotamento.
Figura 12: Semiconduttori drogati dopo della giunzione
Si crea quindi all'equilibrio un campo elettrico interno al sistema che ha un’ampiezza di pochi micrometri. Il
campo anche avendo uno spessore minimo (1 μm) possiede un'elevatissima intensità (10.000 V/cm). Esso
tiene separate fortemente le zone rimaste con le cariche mobili n e p. La sua direzione è quella che va secondo
la convezione dalla cariche positive a quelle negative. Investendo la giunzione p-n con una radiazione
luminosa si ottengono delle coppie elettrone-lacuna sia nella zona n che in quella p.
Figura 13: Giunzione p-n
Gli elettroni in eccesso originati dall’assorbimento della luce sono separati dalle rispettive lacune per mezzo
del campo elettrico, il quale spinge gli elettroni verso la zona n e le lacune verso la zona p. Questa
concentrazione di cariche positive da una parte e di cariche negative dall'altra rappresenta una differenza di
potenziale che genera una corrente elettrica. Il processo può così essere sintetizzato. L'elettrone presente nella
zona p energizzato dall'energia dei fotoni riesce a saltare la giunzione attirando a se una lacuna delle zona n.
Le due cariche si elidono sulla giunzione, un nuovo elettrone energizzato chiama a sé una nuova laguna
creando un elettrone libero che fluisce dalla zona n alla zona p. Connettendo la giunzione p-n con un
conduttore si ottiene nel circuito esterno un flusso di elettroni dallo strato n a potenziale maggiore allo strato
p a potenziale minore. L’elettricità fluisce con regolarità sottoforma di corrente continua fino a quando la cella
è investita dalla radiazione luminosa.
Figura 14: Schema di funzionamento di una cella foto fotovoltaica
Di seguito viene portato uno schema di bilancio energetico di una cella fotovoltaico:
100% irraggiamento solare
=13% energia elettrica utilizzabile
(torna)
TIPOLOGIE DI CELLE FOTOVOLTAICHE
Figura 15: Classificazione delle celle fotovoltaiche
La maggior parte delle celle fotovoltaiche attualmente in commercio è costituita da semiconduttori in silicio.
Tale elemento è stato introdotto in questo ambito per la sua buona attitudine alla raffinazione, lavorazione e
drogaggio. Inoltre, a differenza degli altri elementi conduttori, il silicio è abbondante nonché riciclabile
dall’industria fotovoltaica.(1)
Figura 16: Produzione mondiale di celle fotovoltaiche per tipo in valore
percentuale
(torna)
Celle di silicio cristallino
Il costituente principale di questo tipo di celle è il silicio che in natura si trova in forma di ossido di silicio.
Per ottenere il silicio in forma pura la sabbia deve essere fusa insieme a polvere di carbone. Mediante questo
processo possibile ottenere silicio con un grado di purezza del 98%. Il silicio a questo punto viene
ulteriormente raffinato mediante un processo chimico durante il quale il silicio viene dapprima ridotto,
finemente macinato e quindi trattato in un forno con acido idrocloridrico.
Il prodotto di questo trattamento è un liquido a base di idrogeno e tricloro-silano (composto del silicio) avente
una temperatura di ebollizione pari a 31°C.
Le impurità vengono separate dall’elemento attraverso un processo di distillazione per fasi successive. Quando
il grado di purezza raggiunge il valore desiderato , il tricloro-silano viene ridotto a silicio in presenza di
idrogeno ad una temperatura di 1000°C. Quindi il silicio può essere sottoposto a diversi trattamenti per creare
per esempio celle in silicio monocrostallino o policristallino.(2)
(torna)
Celle fotovoltaiche in silicio monocristallino
Sono costituite dallo stesso materiale impiegato per la produzione della componentistica elettronica, per
questo il prezzo di tale materia resta elevato
.
Le celle in silicio monocristallino presentano il grado maggiore di purezza garantendo quindi le migliori
prestazioni in termini di efficienza anche se a prezzo elevato.
I moduli in commercio hanno un’efficienza variabile tra il 14 e il 17% anche se le loro
prospettive sembrano migliorare tali valori. Si presentano come celle circolari o ottagonali con
diametro di 10-12 cm e spessore di 0,2÷0,3 mm, di colore blu scuro uniforme. (3)
Figura 17: Modulo fotovoltaico monocristallino
(torna)
Silicio
policristallino
Figura 18: Modulo fotovoltaico policristallino
Le celle sono ottenute dal riciclaggio del materiale scartato dalla produzione di componentistica
elettronica, rifuso per ottenere una tessitura cristallina compatta. La struttura rimane però meno
ordinata rispetto al silicio monocristallino circostanza che comporta una diminuzione dell’efficienza
attestata tra l’11 e il 14%.
Le celle sono generalmente quadrate o ottagonali, con spessore e dimensione analoghi alle celle al silicio
monocristallino, ma struttura policristallina conferisce loro un caratteristico color blu intenso
cangiante (fig. ). Sia il costo (inferiore al monocristallino), che la gradevolezza estetica del color rende
questo materiale più usato nell’integrazioni architettoniche.
Il mercato del policristallino si sta muovendo verso una progressiva differenziazione che
specializzazione del presente materiale:
si possono personalizzare la forma e la dimensione dei moduli, per consentire l’adattamen to a
condizioni diverse di applicazione;
si possono realizzare moduli con copertura di vetro su entrambi i lati che consentono il passaggio
parziale della luce, di grande impatto estetico soprattutto per la realizzazione dei lucernai;
sono comparse inoltre su mercato celle colorate con opportuni rivestimenti superficiali che riducono
l’efficienza dei policristallini ma si presentano di grande
impatto visivo.(3)
(torna)
Le celle a film sottili
Figura 19: Esempio di film sottili
Le celle a film sottile, a partire dagli anni 90, sono diventate una realtà di grande interesse nel campo
del fotovoltaico.
Le celle sono formate da starti sottili di semiconduttori applicati ad un substrato di altro materiale
(spesso vetro o ceramica). La deposizione dello strato sottile può avvenire tramite un processo di
vaporizzazione, di spruzza mento catodico o tramite un bagno elettrolitico.
I semiconduttori più utilizzati sono silicio amorfo, diseleniuro di rame e di indio (CIS) e telluri uri di
cadmio (CdTe).
A causa dell’elevata capacità di assorbire la radiazione solare da parte di queste sostanze, per le celle a
film sottile è richiesto un impiego di materiale fotosensibile molto ridotto: tale strato, teoricamente,
può arrivare ad avere uno spessore di 0.001 mm.
Gli aspetti che rendono questa tecnologia di particolare interesse in rapporto alle celle in silicio
cristallino sono molteplici.
La temperatura di processo è compresa tra i 200°C e i 500°C; inoltre, il processo di produzione è
automatizzato e consente un grande risparmio di energia e di materiale.
Per quanto riguarda la forma delle celle, non esistono particolari vincoli poiché il substrato può essere
facilmente sagomato. Diversamente, la porzione di cella elettrica attiva deve avere una forma quanto
più possibile regolare (rettangolare) per agevolare l’interconnessione in serie di celle. Mentre ogni
singola cella in silicio cristallino è collegata elettricamente ad una cella adiacente mediante una
interconnessione esterna, le celle in silicio amorfo sono collegate tra loro in modo strutturale.
Tra una cella e l’altra esiste un sottile interspazio trasparente impercettibile all’occhi umano. Per
esigenze di architettoniche, le dimensioni di tale interspazio possono essere aumentate al fine di
ottenere degli elementi strutturali semitrasparenti alla luce.
I contatti elettrici sul retro della cella consistono in una copertura metallica u niforme.
La superficie anteriore della cella è invece ricoperta da uno strato di ossidi di metallo altamente
trasparenti (TCO Trasparent Conductive Oxide) come ad esempio l’ossido di zinco (ZnO), ossido di
stagno (SnO2) e ossido di titanio e indio (ITO Indium Tn Oxide).
Le particolari caratteristiche della tecnolgia Thin Film sembrano molto adatte ad applicazioni spaziali.
I pannelli solari costruiti con tecnologia Thin Film sono una valida alternativa ai pannelli in silicio, con
il vantaggio di essere leggeri e flessibili. Ad esempio, nell'uso satellitare, i pannelli vengono arrotolati e
stipati in luogo sicuro durante il lancio, per poi essere srotolati ed aperti, una volta giunti nello spazio.
Figura 20: Esempio di film sottili (Thin Film)
(torna)
Silicio
amorfo
Figura 21: Modulo in silicio amorfo
Rappresenta l’elemento della tecnologia della cella fotovoltaica di nuova generazione, alternativa alla tecnica del
silicio cristallino. Consiste nella deposizione di uno strato sottile di silicio cristallino (1-2µm) su superfici di altro
materiale, ad esempio il vetro o supporti di plastica. In questo caso non si parla più di celle in quanto possono
essere ricoperte di superfici anche consistenti in modo continuo.
L’efficienza di questa tecnologia è sensibilmente più bassa, dell’ordine del 5÷6,8% ed è soggetta a un decadimento
consistente (-30%) che impone quindi un sovradimensionamento della superficie installata, in modo da
consentire comunque in fase di esercizio la produzione di energia elettrica preventivata in sede di progetto.
Anche l’attendibilità di vita della superficie in silicio amorfo è sensibilmente ridotta rispetto al silicio cristallino,
e corrisponde a circa 10 anni. Vi sono diversi fattori che rendono interessante i fronti di ricerca più promettenti:
risparmio di materiale pregiato: lo spessore di silicio necessario nella tecnologia amorfa è deci samente
concorrenziale. Il procedimento di deposizione consente inoltre di riciclare il materiale di scarto della
tecnologia cristallina;
costi finali sensibilmente ridotti: risparmiare materiale significa avere un prodotto finale economicamente
competitivo;
soluzioni non ottenibili con la tecnologia cristallina: la deposizione del silicio può essere realizzata su
materiali di diversa natura allo scopo di ottenere prodotti particolari, come superfici traslucide
(deposizione su vetro), o moduli flessibili (deposizione su superfici polimeriche flessibili).
Il silicio amorfo è destinato a riservarsi delle nicchie particolari del mercato, per le quali queste applicazioni
possono essere interessanti.
Per quanto riguarda le prospettive in campo architettonico, il silicio amorfo si è dimostrato particolarmente
adatto per l’uso come materiale da rivestimento per coperture, grazie al colore scuro uniforme e alla facile
realizzazione con questo materiale di vere e proprie tegole fotovoltaiche, con modalità di posa in opera analoghe
alle tegole canadesi.
Figura 22: Moduli di
tegole canadesi
fotovoltaiche
Si possono quindi evidenziare ulteriori aspetti di questa tecnologia:
possibilità di sovrapporre diversi strati caratterizzati da assorbimento differenziato rispetto allo spettro
solare, in grado di aumentare l’efficienza complessiva. Le superfici ottenute con questa metodologia
hanno dato prova di rendimenti competitivi e durata nel tempo delle prestazioni;
rendimento indipendente dalle variazioni di temperatura. Al di là del decadimento prestazionale che si verifica
nel primo mese di vita, le celle non subiscono variazioni sensibili dell’efficienza dovuto all’aumento delle
temperature di esercizio. Per le applicazioni architettoniche di questa tecnologia non è quindi necessario
prevedere la retroventilazione dei moduli, che possono quindi essere incollati direttamente sul supporto finale,
con notevole facilità e risparmio della mano d’opera. (2)
Figura 23: Particolare tegole canadesi alle quali è possibile sostituire il silicio
amorfo
(torna)
Le celle microcristalline e microamorfe
Una soluzione promettente nel campo del fotovoltaico è data dalle celle a film sottili con silicio cristallino.
Questa tecnologia consente di sfruttare i vantaggi derivati dall’impiego del silicio cristallino, e nel contempo
la semplicità realizzativa che risiede alla base del processo di produzione delle celle a film sottili.
Ad oggi sono stati identificati due processi di produzione di queste celle:
film sottile di silicio ad alto grado di purezza depositato su un substrato di materiale non pregiato che
avviene alle temperature di 900-100°C, e consente di ottenere una struttura macrocristallina simile a
quella delle celle in silicio policristallino;
avviene alle basse temperature 200-500°C; consiste nel depositare uno strato sottile di silicio con
struttura micro-cristallina su un substrato di vetro, metallo o plastica attraverso un procedimento del
tutto analogo a quello impiegato per la produzione di silicio amorfo.
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Le celle CdTe (telluriuro di
cadmio)
Figura 24: Rappresentazione cella CdTe
Il CdTe ha un “gap” di energia tra banda di conduzione e banda di valenza di circa 1,45 eV, è quindi un
materiale particolarmente adatto ad assorbire la luce solare. Inoltre è un semiconduttore a gap diretto, il che
significa, di fatto, che l’assorbimento è molto più efficiente di quanto non avvenga nel silicio.
Le celle di telluriuro di cadmio CdTe hanno un substrato in vetro e i contatti frontali sono realizzati tramite
uno strato trasparente solitamente in ossido di indio e titanio (ITO). I processi produttivi impiegati in genere
sono lo stampaggio, la deposizione galvanica e lo spruzzo. Nei processi sottovuoto, la deposizione dei due
strati di CdS e CdTe avviene a circa 700°C. Attraverso un processo in atmosfera contenente cloro il doppio
strato CdS/CdTe viene reso attivo. Lo strato CdS assorbe solo una piccola frazione della radiazione solare,
lasciando che il resto penetri fino allo strato CdTe, come nel caso delle CIS, esiste un margine considerevole
per la riduzione dei costi di produzione.
Un aspetto che potrebbe limitare l’affermarsi di questa tecnologia è la tossicità del cadmio allo stato gassoso.
Il composto di cadmio e tellurio è molto stabile: il cadmio, invece si presenta in forma gassosa soltanto
durante il processo di produzione delle celle ed è in questa fase che potrebbe manifestarsi delle criticità.
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Le celle CIS (Copper Indium Selenide) al diseleniuro di rame e di indio
Il materiale semiconduttore delle celle CIS è il diseleniuro di rame e indio. In alternativa si ha CIS anche con
gallio (CIGS) e/o zolfo. Inizialmente, attraverso un processo catodico, la superficie posteriore del vetro che
funge da substrato viene ricoperta da un sottile strato di molibdeno che svolge la funzione dei contatti.
Lo strato p viene prodotto in questa stessa fase attraverso un processo di vaporizzazione sottovuoto del
rame, dell’indio e del selenio ad una temperatura di 500°C. I contatti frontali sono realizzati in ossido di zinco
drogato con alluminio (ZnO:Al), trasparente alla radiazione solare.
Diversamente dalle celle in silicio amorfo, le celle CIS non subiscono alcun degrado a seguito dell’esposizione
alla luce solare, ma sono sensibili al calore e all’umidità; per questo è necessario che siano ben sigillati.
Se confrontate con le altre celle a film sottili, le CIS hanno efficienza più alta; inoltre sfruttando adeguatamente
le economie di scala derivanti da una produzione in serie, si dovrebbero raggiungere costi di produzione
inferiori a quelli delle celle in silicio cristallino.
Infine, il pericolo derivante dall’impiego di selenio può essere trascurato in virtù del modesto contenuto di
questo elemento nelle celle CIS.
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Celle ibride in cristallino /amorfo (HIT- Heterojunction with Intrinsic Thin layer)
Figura 25: Esempio di cella HIT: costituita da un sottile wafer di silicio monocristallino
circondato da un film di silicio amorfo ultrasottile
Costituiscono una delle frontiere più recenti e promettenti della ricerca nel settore. Sono realizzate mediante
la deposizione di uno strato di silicio amorfo su un substrato di silicio mono cristallino ad alto rendimento.
Principale caratteristica di queste celle è rappresentata dalla sezione perfettamente simmetrica che consente
la generazione di corrente attraverso l’esposizione di entrambi i lati della cella. Questo, aggiunto alla necessità
di spessori minori e alla minore sensibilità alle alte temperature rispetto alle tecnologie cristalline, rende
particolarmente promettente questa nuova tecnologia. La sua efficienza di conversione è superiore al 17%,
fattori tra i più elevati reperibili nel mercato.
La possibilità di captazione sui due lati della cella apre inoltre ottime prospettive nelle applicazioni
architettoniche, ossia in tutte quelle condizioni non ottimali in cui possa essere particolarmente conveniente
sfruttare delle componenti di riflessione dal contesto.
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PRODUZIONE CELLE FOTOVOLTAICHE
Processi di produzione celle in silicio monocristallino
Metodo Czochralski
È il processo maggiormente utilizzato per produrre celle di silicio monocristallino destinate alle applicazioni
più comuni.
Questo processo prevede la fusione dei cristalli di silicio, opportunamente orientati, ad un temperatura di
1420°C: una volta estratto dal bagno di fusione (all’interno di un crogiolo di grafite), il silicio viene sotto
sposto a raffreddamento controllato (al fine di ottenere la formazione di unico cristallo) ed assume una forma
cilindrica. I cilindri così ottenuti hanno un diametro di 30 cm e sono lunghi diversi metri.
Figura 26: Processo Czochralski
Prima di essere tagliati a fette sottili (wafer), con spessori pari a 0,3mm, vengono ulteriormente sagomati al
fine di ottenere delle celle di forma quadrata. A questo punto si passa al drogaggio dei wafer: viene dapprima
realizzato lo strato p (drogaggio con boro), quindi lo strato n mediante la diffusione di atomi di fosforo ad
una temperatura compresa tra 800-1000°C.
Dopo aver apposto i contatto sulla superficie del wafer, e fissato le connessioni elettriche, la cella viene tratta
superficialmente con uno strato di anti- riflesso (ARC).
Il processo detto “float - zone” è invece un processo di lavorazione che consente di ottenere silicio con gradi
di purezza superiore, e celle fotovoltaiche più efficienti (incremento del 1,2%). Tuttavia questo procedimento
è costoso.
Il silicio, avvolto in una bobine, viene fuso dal basso verso l’alto mediante un campo ad alta frequenza. A
partire dai nuclei di silicio posti all’estremità superiore della barra viene prodotto silicio monocristallino puro,
attraverso un processo di raffreddamento. Le impurità, in questo caso, si separano depositandosi nel bagno
di fusione.
Figura 27: Lingotto silicio cristallino
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Tecnica Casting
La tecnica del casting è quella maggiormente utilizzata. Il silicio impuro è riscaldato fino alla temperatura di
1500°C, quindi, viene raffreddato fino ad una temperatura circa di 800°C. In questo modo vengono realizzati
dei blocchi di silicio con dimensione di 40x40 cm e spessore di 30 cm. I blocchi vengono suddivisi in lingotti
e successivamente, in wafer aventi spessore di 0,3 mm. Anche in questo caso parte del silicio viene perso
durante la fase di taglio. Al termine del processo di drogaggio vengono inseriti sulla superficie posteriore della
cella i contatti. Le connessioni elettriche sono, quindi fissate sulla superficie anteriore, a sua volta trattata con
un processo antiriflesso ARC.
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Trattamento anti riflesso (ARC)
I trattamenti antiriflesso sono impiegato allo scopo di ridurre quanto più è possibile la frazione di radiazione
solare riflessa verso l’esterno e, di conseguenza non utilizzabile ai fini dell’effetto fotovoltaico. A seguito del
trattamento ARC, cambia il colore delle celle: da grigie diventano blu tendenti al nero a seconda del tipo di
silicio (policristallino o monocristallino). È comunque possibile variare ulteriormente il colore delle celle :
attualmente si producono di colore verdi, dorate, marroni e color porpora. Senza il trattamento ARC, per
perdite per riflessione possono raggiungere anche il 30% della radiazione incidente.
Figura 28: Celle colorate antiriflesso
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ALTRE APPLICAZIONI DEI SISTEMI FOTOVOLTAICI
Sistemi isolanti (stand-alone)
Si tratta di sistemi non collegati alla rete elettrica. Si utilizzano normalmente per la elettrificazione di utenze
con modesti consumi d’energia che non rendono conveniente il costo dell’allacciamento, per esempio
segnaletiche luminose stradali, ovvero per utenze difficilmente collegabili alla rete perché ubicate in aree poco
accessibili come case isolate, di campagna e baite. In questi sistemi è necessario immagazzinare l’energia
elettrica prodotta dall’impianto nelle ore diurne attraverso batterie di accumulatori per garantire la continuità
dell’erogazione anche nei momenti in cui, per mancanza di insolazione, non può essere prodotta dal generatore
fotovoltaico.
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Temi collegati alla rete (grid connected )
Questo sistema si utilizza nelle usuali utenze domestiche in modo tale che nelle ore di insolazione venga
prodotta energia per soddisfare i propri fabbisogni energetici, mentre quella in eccesso viene immessa in rete;
nelle ore d’insolazione scarsa o nulla l’utenza attinge dalla rete l’energia necessaria per coprire i p ropri bisogni;
un sistema ben dimensionato consente di ridurre a zero il costo della bolletta.
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Fotovoltaico e architettura
La scelta del tipo di silicio dipende dalle zone interessate e dalle esigenze tecniche ed architettoniche. A
richiesta può effettuarsi lo studio e l’installazione di celle ibride in cristallino/amorfo (HIT, Heterojunction
with Intrinsic Thinlayer).
I vantaggi dei moduli fotovoltaici integrati in un edificio sono molteplici: non richiedono spazio addizionale;
possono essere omessi elementi convenzionali dell'edificio quali intonaci di finitura, vetrate e tegole;
l’inserimento di elementi fotovoltaici ben progettato architettonicamente migliora l'aspetto estetico
dell'edificio e lo rende pregevole; contribuiscono, inoltre, al risparmio energetico ed alla difesa dell’ambiente.
Per le costruzioni esistenti vi è l’installazione di sistemi fotovoltaici a tetto o su terrazze.
Per l’arredo urbano le soluzioni da installare su pensiline per autovetture, su coperture per parcheggi, su
percorsi pedonali coperti.
Infine sono state sviluppate soluzioni per ragguardevoli impianti fotovoltaici ad elevata produzione di energia
da installare in appositi terreni o grandi superfici in modo da fornire o produrre corrente elettrica.
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Fotovoltaico e illuminazione stradale
Moduli fotovoltaici per illuminazione di strade, viali e giardini. Per la caratteristica dell’impianto, il modulo
fotovoltaico trasforma la radiazione solare in energia elettrica che viene accumulata, durante il giorno, in una
batteria che nelle ore notturne e nelle giornate grigie accenderà il lampione. Naturalmente, in maniera
assolutamente autonoma, il lampione si accenderà quando l’illuminazione esterna sarà molto bassa e si
spegnerà all’alba. È possibile regolare la carica della batteria in modo da garantire la massima produzione ed
accumulazione dell’energia prodotta dal modulo fotovoltaico per permettere una razionale gestione dei
periodi di accensione e spegnimento del lampione. In base alle esigenze del committente ed al grado di
illuminamento che si desidera ottenere, verranno dimensionati gli accumulatori ed i moduli fotovoltaici. È
anche possibile proporre un impianto collegato alla rete elettrica ed il tal caso, non necessita di batteria,
poiché la produzione di energia elettrica durante il giorno viene ceduta alla rete, mentre la notte verrà
riacquisita mediante apposito inverter. Tale sistema riduce, se ben dimensionato, pressoché a zero il costo della
bolletta.
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Fotovoltaico e regolamentazione del traffico
Oltre alla illuminazione stradale vengono progettati segnalazioni semaforiche dotate di moduli fotovoltaici
che consentono di abbattere i costi energetici. Ogni pannello di segnaletica verticale può essere reso molto più
visibile durante la notte con l’utilizzo di moduli fotovoltaici. Un segnalatore tipo barriera, per esempio, è
basato sulla ricarica di una batteria long - life; un sensore crepuscolare posto all’interno del dispositivo
provvede all’accensione automatica del led. Le segnalazioni luminose con ottiche lampeggianti sono possibili
con sistemi elettronici programmabili. È possibile anche intervenire sulla programmazione del consumo
energetico in maniera tale da consentire un eccellente lampeggio durante le ore diurne (con elevati margini
di sicurezza stradale) e una buona resa durante la notte. Sono studiati anche sistemi di regolamentazione della
carica dell’accumulatore salvaguardandone il funzionamento e contrastando l’eccessiva ricarica, nelle giornate
ad alta irradiazione solare e, viceversa, impedendone la scarica completa al di sotto di una determinata soglia,
nelle ore notturne.
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Fotovoltaico e rete elettrica
Ad eccezione dei sistemi fotovoltaici stand alone, gli altri devono essere connessi alla rete in maniera opportuna
con appositi inverters che convertono la corrente continua generata dalle celle solari in corrente alternata con
la quale vengono alimentate le apparecchiature. In maniera completamente automatica l’inverter gestisce il
flusso di corrente dalle celle verso la rete e, viceversa, dalla rete verso l’apparecchio utilizzatore a seconda che
ci sia un surplus o una carenza di energia fotovoltaica.
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Fotovoltaico ed impianti di sollevamenti
Tale applicazione è valida per qualunque sistema di pompaggio che, come noto, a dei costi di gestione
notevolissimi con particolare riguardo al consumo di corrente elettrica. Per le attività agricole è possibile
prevedere delle soluzioni, per esempio, per i sistemi di irrigazione a goccia. Risulta possibile, pertanto,
abbinare il risparmio energetico conseguibile con l’impiego di energia rinnovabile fotovoltaica con il risparmio
idrico determinato da un razionale impiego dell’irrigazione pioggia. Peraltro è realizzabile la fornitura
dell’energia agli impianti irrigui ottimizzando anche il consumo d’acqua, poiché esiste una correlazione tra la
radiazione solare e la funzionalità della pianta; in altri termini il consumo idrico delle piante è fortemente
influenzato dalla radiazione solare, così come l’energia prodotta dai pannelli solari. Dimensionando
opportunamente l’impianto risulta possibile eliminare gli accumulatori e distribuire l’acqua (e quindi
utilizzando energia) in maniera inferiore nelle giornate corte invernali ed incrementando l’erogazione nelle
assolate giornate estive.
(torna)
Fotovoltaico/Convenienza economica
L’impiego di sistemi fotovoltaici integrati nell’edilizia è ormai una scelta di distinzione, risparmio ed
abbattimento di inquinamento. È importante studiare e realizzare soluzioni solari esteticamente accettabili e
con elevato grado di affidabilità ai fini della resa energetica. È possibile installare impianti fotovoltaici sovra
tetto e complanari al rivestimento su coperture inclinate, a tetto-luce (impianto parzialmente trasparente),
sovra solaio a sviluppo completo o parziale su coperture piane, a sviluppo completo o parziale su coperture
curve, a sviluppo completo o parziale su facciate verticali o inclinate, direttamente su pannelli di rivestimento
verticali o inclinati, su frangisole, lucernari, balaustre, fioriere, pensiline, padiglioni, coperture parcheggi,
impianti di illuminazione o segnalazione, barriere antirumore.
L’impianto fotovoltaico, indipendentemente dalla sua collocazione sull’edificio, è costituito da un insieme di
componenti meccanici, elettrici ed elettronici che captano e trasformano l’inesauribile energia solare in
energia elettrica. Indipendentemente dal suo utilizzo o dalla taglia di potenza, può essere isolato (stand alone)
o connesso alla rete Enel (grid connected). È indispensabile per l’ottimale riuscita di un impianto fotovoltaico
uno studio preventivo (presenza o meno di ombre, vegetazione, costruzioni, alture, nebbia, foschia, nevosità,
ventosità). È necessario valutare scrupolosamente le potenziali superfici per la collocazione dei pannel li per
l’orientamento ottimale verso il sole. È essenziale calcolare la resa energetica dell’impianto in funzione della
localizzazione geografica del sito per garantire una stima corretta della produzione elettrica annua. È
importante calibrare le varie componenti dell’impianto per evitare che un malfunzionamento di una parte dei
pannelli, comprometta il funzionamento dell’intero sistema. Dalle precedenti considerazioni può dedursi
l’estrema importanza di una accurata progettazione e di una esecuzione a regola d’arte dell’impianto e quindi
la certezza di un sicuro e longevo investimento. Il costo di un impianto fotovoltaico dipende dal contesto in
cui viene realizzato (condizioni locali, normative, irraggiamento, aree disponibili); pertanto oscilla in atto, fra
i sei e gli otto mila euro per ogni kWp di potenza installata.
Tenendo conto dell’imminente emanazione del Decreto che fisserà le nuove tariffe incentivanti, in base alle
anticipazioni divulgate, è necessario realizzare l’impianto secondo precise direttive per poter beneficiare degli
incentivi. Il costo dell’investimento può essere recuperato nel giro di 7-10 anni in funzione dei contributi
derivanti dalle tariffe incentivanti o da finanziamenti in conto capitale e/o da detrazioni fiscali ai sensi della
finanziaria 2007.
Dal punto di vista strettamente economico, considerando i flussi di cassa annuali e ponendo l’investimento
completo al tempo t = 0, è possibile valutare l’orizzonte temporale per comprendere la opportunità di
spendere per un impianto fotovoltaico. Per decidere di effettuare o meno un investimento è necessario
considerare le spese e gli incassi nel corso degli anni di riferimento. Poiché queste quantità avvengono in tempi
diversi, per poterle confrontare è necessario usare un criterio di attualizzazione ad un certo istante sia dei ricavi
che delle spese che si susseguono negli anni. Uno dei metodi comunemente usati è quello noto col nome di
Valore Attuale Netto (VAN). Il Valore Attuale Netto è la somma algebrica dei costi e dei ricavi nel corso degli
anni ed è così definito:
dove:
I è l’investimento iniziale
Rk = è la somma
dei ricavi nell’anno
Ck è la somma dei
costi nell’anno
VR è il valore residuo nel periodo considerato
Il periodo considerato nel calcolo può fissarsi in venti anni; ovviamente, durando l’impianto molti anni, il
residuo al netto delle spese di manutenzione, deve considerarsi puro guadagno. Si consideri, come esempio,
un impianto di un kWp di potenza che produca in un anno al sud Italia 1900 kWh. Si ipotizzi che l’impianto
sia ammesso al nuovo conto energia che per impianti integrati, conceda ad esempio 0,42 €/kWh per venti
anni. Si ipotizzi ancora che tale impianto costi € 7.000,00 mentre i costi annui di esercizio e manutenzione
ammontino a € 70,00. Il costo medio dell’energia acquistata dal Gestore sia di 0,18 €/kWh. Mentre il
contributo statale per 20 anni non può essere aggiornato, tutte le altre voci devono essere aggiornate secondo
l’inflazione, che si assume pari al 2,5% annuo. In questo al ventesimo anno l’interesse composto vale:
(1+i)n = 1,64.
Pertanto il valore dell’investimento è:
I = 1,64 * 7.000 = 11.480 €
Il ricavo dovuto alla produzione di
energia è:
R1 = 0,42 * 1900 = 798 €/anno
Il risparmio per il non acquisto dell’energia prodotta e consumata:
R2 = 0,18 * 1900 = 342 €/anno
Il costo per la manutenzione:
C = 1,64 * 70 = 115 €/anno
Il valore del VAN a
20 anni è:
VAN20 =5.498 €
Avendo considerato nullo il valore residuo dell’impianto. Mentre il VAN a 10 anni vale:
VAN10 = 542 €
Da cui si evince che, in questo esempio, l’investimento si
recupera in 10 anni.
SMALTIMENTO E RICICLAGGIO
Il genere , tutte le tecnologie utilizzate nei processi produttivi di moduli fotovoltaici implicano alcune ricadute
ambientali che solo adeguati provvedimenti tecnici riescono a mitigare.
Una grande varietà di materiali, che risultano potenzialmente tossici e pericolosi, sono usati nell’industria
fotovoltaica quali ad esempio rame, gallio, indio, selenio, cadmio e tellurio.
È evidente che il rilascio nell’ambiente di questi materiali è un evento prevedibile solo come risultato di un
guasto o di un funzionamento anomalo della linea di produzione e che comunque aggiunge un rischio
limitato per la salute pubblica. Lo stesso rischio che l’ambiente e l’uomo corre negli stabilimenti chimici dove
sono utilizzate analoghe miscele tossiche o esplosive. La sostenibilità ambientale dell’utilizzo del fotovoltaico
(to
a)
deve essere valutata non solo per le indubbie peculiarità non inquinanti ma anche sulla eco-compatibilità
dello smaltimento a fine vita utile.
Questo problema si inserisce in uno ben più ampio che riguarda da un lato il riciclo e lo smaltimento di tutti i
metalli che fanno parte della tecnologia fotovoltaica e dall’altro in un bilancio ambientale che vede, per
esempio, il mercurio delle lampade fluorescenti valutato complessivamente in un modo positivo.
Per il fotovoltaico, è questo un problema che risulta ancora aperto e non esistono a ncora oggi metodi
standardizzati espressamente pensati per i moduli fotovoltaici; la complessità per il fotovoltaico deriva dal
fatto che il modulo è formato da moltissimi elementi ci cui solo alcuni si presentano distinti e separabili con
facilità. Mentre da un lato i volumi di produzione di moduli fotovoltaici ed il conseguente uso di materiali
potenzialmente difficili da smaltire risultano ancora ridotti, dall’altro la nuove tecnologie che troveranno in
futuro un mercato sempre maggiore hanno un contenuto di metalli più accentuato.
Per citare solo un esempio d difficoltà, ricordiamo le indagini compiute dagli Stati Uniti in merito alla presenza
di cadmio nelle celle CdTe in relazione alla sua tossicità.
L’indagine ha preso in considerazione tutto il percorso di vita delle celle CdTe a partire dai rischi di rilascio
durante il processo produttivo a quelli durante la vita (es. incendio) nonché il recupero e lo smaltimento alla
fine della stessa. Per esempio, i test mirati a evidenziare la pericolosità potenziale del prodotto CdTe in caso
di decomposizione e successivo rilascio nell’atmosfera a seguito di incendio hanno fornito risultati confortanti
constatando che vetro e substrato di materia attiva (Cd) si fondono prima della decomposizione della cella
riducendo al minimo i rischi di rilascio. Occorro comunque ricordare che i rischi derivanti dall’incendio
risultano comunque ben più importanti di quelli che riguardano il rilascio.
In conclusione si mostra una tabella riassuntiva riguardo alla ricadute ambientai nell’utilizzo dell’energia solare
fotovoltaica.
POTENZIALI RICADUTE
AMBIENTALI
Rilascio di elementi e sostanze
tossiche o pericolose
per la salute personale durante il
Occupazione
del terreno edelle celle
processo di fabbricazione
disturbo
all'ecosistema
nelle arre di
o durante la vita del sistema
terreno occupate dagli impianti
SOLUZIONI
MIGLIORATIVE
- Adozione di tutte le
precauzioni previste dalla
vigente in materia di salute
- Scelta ecologica delle aree di
personale
posa con possibilità di
- Ricerca di nuove soluzioni
ricostruzionecostruttive
all'ecosistema
tecnologiche
che
locale
Impatto visivo con disturbo
-mitighino
Integrazione
i rischi potenziali
- Uso polifunzionale del
dell'armonia naturale
architettonica del
Tabella 2: Principali ricadute
ambientali
del fotovoltaico
e soluzioni
fotovoltaico:
occupazione
di
fotovoltaico in
edifici,
migliorative
superfici
marginali
arredo urbano,
ecc (tetti,
facciate, terrazzi, ecc.)
- Rafforzamento del concetto di
generazione distribuita
(torna)
BIBLIOGRAFIA
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2. Ises Italia e Fondazione IDIS-Città della scienza (2004) – Fotovoltaico, guida per progettisti e installatori,
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7.www.archimedenergy.i
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SITI
INTERNE
T
(tor