la gestione delle emorragie alte non da varici

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LA GESTIONE DELLE EMORRAGIE
ALTE NON DA VARICI
Livio Cipolletta, Gianluca Rotondano
U.O.C. di Gastroenterologia, Ospedale Maresca di Torre del Greco (NA)
GESTIONE PRE-ENDOSCOPICA
L’adeguato inquadramento clinico è un elemento essenziale per impostare con tempestività misure di supporto emodinamico e/o di terapia farmacologica pre-endoscopia.
Stratificazione del rischio (triage)
L’impiego di sistemi prognostici è raccomandato per stratificare il profilo di rischio del paziente e migliorare la gestione clinica.
La precoce applicazione di sistemi prognostici che utilizzano la combinazione di variabili cliniche ed endoscopiche consente di identificare i pazienti ad alto rischio di
risanguinamento e morte (da sottoporre al trattamento
endoscopico), e quelli a basso rischio che possono essere dimessi precocemente o addirittura essere trattati in regime ambulatoriale con notevole miglioramento
degli outcomes economici (1-4). Fattori predittivi di risanguinamento sono usualmente correlati alle caratteristiche della lesione (sede, dimensioni e presenza di stigmate ad alto rischio). I fattori predittivi di mortalità sono
invece essenzialmente correlati alle condizioni cliniche
del paziente (Tabella 1) (5,6-8).
Tra gli scores di mortalità disponibili, vi è lo score italiano PNED (Progetto Nazionale Emorragie Digestive),
derivato da un ampio studio prospettico multicentrico
e composto da 10 fattori indipendenti, 8 dei quali clinici
(9). Lo score PNED (Tabella 2) va da un minimo di 0,
quando il paziente non presenta nessuno dei dieci fattori di rischio indicati, fino ad un massimo di 24 per la
contemporanea presenza di tutti i fattori di rischio, con
cut off tra basso rischio ed alto rischio di morte per valori
inferiori o superiori a 4.
Lo score PNED è stato in seguito validato su un secondo campione indipendente, dimostrando di essere
robusto e significativamente più accurato in termini predittivi rispetto allo score di Rockall (AUC 0.81 vs. 0.66,
p=0.001) (9). Ancora, dati italiani dimostrano l’utilità
delle reti neurali nel costruire uno score di rischio con
soli elementi clinici, risultato superiore anche al Rockall
completo (cioè composto sia da elementi clinici che
endoscopici) nel predire il rischio di morte nel paziente
con emorragia non varicosa (accuratezza 95% vs. 67%)
(10). Tutte le variabili dello score PNED sono state catturate anche nello score finale del sistema d’intelligenza
artificiale, a testimonianza che alcune variabili cliniche (in
particolare comorbidità severa ed età avanzata) hanno
un valore prognostico universale.
Stabilizzazione emodinamica
Il paziente deve essere stabilizzato dal punto
di vista emodinamico prima di procedere con
l’esame endoscopico.
Tabella 1: fattori predittivi di risanguinamento e di morte nel paziente con emorragia non varicosa
Predittori di risanguinamento
Predittori di mortalità
Dimensione dell’ulcera > 20 mm
Età avanzata (> 65 anni)
Presenza di stigmate ad alto rischio (emorragia attiva, vaso visibile)
Condizioni generali scadenti (ASA 4-5)
Sede dell’ulcera (piccola curva, parete posteriore del duodeno)
Comorbidità
Anemia acuta (Hb < 7 g/dL)
Necessità trasfusionale
Ematemesi rosso vivo
Sepsi
ASA: American Society for Anesthesiology
Hb: emoglobina
Tabella 2: score PNED per la valutazione del rischio di morte
Fattori
di rischio
Score
1
2
3
4
ASA 3
Tempo ricovero-endoscopia
<8h
Hb ≤ 7 g/dL
Età ≥ 80
Insufficienza renale
Risanguinamento
ASA 4
Neoplasia
Cirrosi
Fallimento emostasi
endoscopica
Mortalità < 5% per scores < 4
10% per scores > 5 < 8
33% per scores > 9
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Instabilità emodinamica
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LA GESTIONE DELLE EMORRAGIE ALTE NON DA VARICI
Una precoce stabilizzazione emodinamica è associata
con una significativa riduzione della mortalità. La gestione
iniziale della fase acuta (la cosiddetta golden hour dei rianimatori) prevede una rapida e accurata valutazione dello
stato emodinamico, l’accesso venoso duplice e gli esami
di laboratorio indispensabili per valutare l’entità della perdita
ematica e quindi l’entità del reintegro volemico. Si consiglia di iniziare il reintegro della volemia con fluidi avendo
come obiettivo quello di mantenere la PA sistolica sopra
100 mmHg e la diastolica sopra 60 mmHg. Supplementare
l’ossigeno è buona norma data la ipossia periferica legata
alla perdita ematica ed in casi selezionati (ematemesi massiva o alterazione dello stato di coscienza) procedere con la
intubazione per proteggere le vie aeree ed evitare la comparsa di distress respiratorio acuto.
La inserzione di un sondino naso-gastrico, pur non essendo raccomandata di routine, può rivelare la presenza
di sangue rosso vivo in cavità gastrica ed in tal caso è un
fattore predittivo di emorragia clinicamente rilevante.
In pazienti in terapia anticoagulante è opportuno
correggere la coagulopatia senza ritardare l’esame endoscopico.
L. Cipolletta, G. Rotondano > La gestione delle emorragie alte non da varici
18
1
La correzione di eventuali coagulopatie è utile, ma non
deve ritardare l’esecuzione dell’esame endoscopico (1).
Un valore di INR (International Normalised Ratio) al ricovero
> 1.5 non rappresenta un fattore predittivo di risanguinamento ma appare associato a un maggior rischio di morte
in quanto indicatore surrogato di comorbidità (11).
Trasfondere il paziente quando il valore dell’emoglobina è inferiore a 7 g/dL.
La stima della perdita ematica è complessa e resa ancor
più difficoltosa dall’emodiluizione causata dall’infusione di
fluidi. Il ricorso alle trasfusioni è, pertanto, alquanto empirico e va valutato nel singolo caso in rapporto al rischio
individuale di complicanze ipossiche più che sulla base di
un parametro ematochimico fisso. Vi è indicazione alla trasfusione quando vi sia una perdita stimata > 30% della volemia, nel paziente ipoteso che non risponde a 2 l di cristalloidi, per valori di Hb < 7 g/dL in pazienti giovani o a basso
rischio e per valori di Hb < 10 g/dL in pazienti anziani o ad
alto rischio con malattia coronarica o cerebrovascolare.
Terapia farmacologica
L’impiego di PPI pre-endoscopia è utile per ridurre
la quota di pazienti con emorragia attiva all’endoscopia e ridurre la necessità di intervento endoscopico, sempre a patto che la terapia non ritardi
la esecuzione della endoscopia precoce.
Il trattamento precoce con PPI e.v. ad alto dosaggio prima
dell’endoscopia è indicato perché la maggior parte degli
eventi è dovuta a un’ulcera.
Il loro uso sembra associato con una significativa riduzione della prevalenza di stigmate ad alto rischio [OR 0.67
(0.54-0.84)] e la conseguente necessità di trattamento endoscopico [OR 0.68 (0.50-0.93)] (12). Pertanto, pur non
modificando i parametri di outcome del paziente, il loro uso
sembra costo-efficace.
L’impiego di agenti procinetici non va eseguito
di routine per incrementare la resa diagnostica
dell’endoscopia.
Una singola dose di eritromicina 250 mg e.v. 30-60 minuti prima dell’esame endoscopico può essere utile in casi
selezionati per migliorare la visione endoscopica. Una recente meta-analisi ha documentato un significativo miglioramento della qualità della visione endoscopica con ridotta
necessità di ripetizione dell’endoscopia, ma nessun significativo miglioramento dei parametri di outcome primari
quali tasso di emostasi e risanguinamento (13).
Timing della endoscopia
L’esecuzione precoce dell’esame endoscopico
(max entro 24 ore) è raccomandata in tutti i pazienti emorragici.
L’endoscopia ha il compito essenziale di confermare la
fonte emorragica e fornire elementi morfologici di rischio
relativi all’aspetto endoscopico dell’ulcera (i cosiddetti segni di sanguinamento o stigmate). L’esecuzione precoce
dell’esame endoscopico è considerata una componente
essenziale in un percorso gestionale di qualità (alla stregua della trombolisi precoce per l’infarto del miocardio) ed
è raccomandata quale strumento per migliorare l’outcome clinico ed economico nel paziente emorragico (1,2).
Una recente revisione sistematica ha puntualizzato che
mentre l’endoscopia entro le 24 ore ha documentati benefici clinici e consente la valutazione del rischio per una
ridotta degenza ospedaliera, l’esame endoscopico entro
le prime 12 ore non ha benefici documentati, non riduce il
risanguinamento né migliora la sopravvivenza e potrebbe
inoltre comportare un uso non necessario dell’emostasi
endoscopica (14).
TRATTAMENTO ENDOSCOPICO
L’emostasi endoscopica non è indicata nei pazienti con stigmate a basso rischio (base detersa
o ematina al fondo).
Lesioni ulcerose con pigmento ematico al fondo, modesto
sanguinamento a nappo dai bordi o, infine, con base detersa hanno un basso rischio di recidiva emorragica e non
richiedono terapia endoscopica (1,2).
Il reperto di un coagulo al fondo dell’ulcera necessita di irrigazione mirata nel tentativo di rimozione
con terapia appropriata della stigma sottostante.
Il ruolo della terapia endoscopica per ulcere con
coagulo adeso è controverso. La terapia endoscopica può essere considerata, sebbene il solo
trattamento conservativo con PPI ad alte dosi
può essere sufficiente.
In caso di coagulo adeso, si raccomanda il tentativo di rimuovere il coagulo e di applicare il trattamento alla stigma
sottostante (il grado di raccomandazione però non è dei più
forti e “probabilmente” va fatto, cioè se il coagulo si rimuove
In pazienti ad alto rischio (sanguinamento in atto,
vaso visibile) la terapia endoscopica è sempre
raccomandata.
Vi è indicazione assoluta al trattamento endoscopico nei
pazienti che presentano stigmate ad alto rischio (emorragia
attiva, vaso visibile) perché riduce in maniera significativa il
rischio di risanguinamento e morte (1). L’evidenza scientifica derivata da meta-analisi di trials clinici randomizzati
documenta con chiarezza che l’emostasi endoscopica
comporta un vantaggio clinicamente rilevante solo nel sottogruppo dei pazienti ad alto rischio, cioè in coloro che alla
endoscopia presentano emorragia in atto o vaso esposto
alla base dell’ulcera (15). Nei primi, il trattamento endoscopico riduce il rischio relativo di risanguinamento e chirurgia
rispettivamente del 71% e 75% [RR 0.29 (0.20-0.43), NNT
2 e RR 0.25, (0.13-0.50), NNT 2], mentre nei secondi la
riduzione del rischio è del 51% e 59%, rispettivamente [RR
0.49, (0.40-0.59), NNT 5 e RR 0.41, (0.24-0.71), NNT 9]
(15). Non si registrano vantaggi clinici significativi nei pazienti con coagulo adeso, probabilmente perché questa
stigmata non ha una definizione omogenea (contiene sia
pazienti a basso che ad alto rischio) ed anche in relazione
alla efficacia del trattamento adiuvante con PPI che stabilizzando il coagulo può in qualche modo far perdere “dignità” di rischio intrinseco contribuendo ad un minor rischio di
risanguinamento.
Quanto al tipo di trattamento endoscopico, una recente serie di meta-analisi su 41 studi per un totale di 4.261 pazienti
ad alto rischio ha confermato che l’approccio endoscopico
è significativamente superiore alla sola terapia farmacologica (inclusi i soli PPI) nel ridurre il rischio di risanguinamento
[OR 0.56 (0.34-0.92)] (16).
La sola iniezione di epinefrina infatti non è raccomandata se non in combinazione con altre
metodiche di emostasi all’interno di protocolli di
terapia combinata.
La terapia iniettiva da sola è inferiore alle altre metodiche
di emostasi endoscopica, con un forte trend verso un aumento del rischio di risanguinamento se si utilizza una singola sostanza vs. 2 sostanze [OR 1.40 (0.95-2.05)] (16).
Nessuna metodica termica è significativamente
superiore all’altra; la terapia termica o meccanica
deve essere impiegata da sola o in combinazione con la terapia iniettiva.
Per quanto concerne le altre metodiche di emostasi endoscopica, non vi è alcuna differenza in termini di efficacia
tra le diverse metodiche di coagulazione termica (16) - la
scelta dipende principalmente dalla confidenza che l’operatore ha con i diversi devices. La terapia meccanica con
clips è superiore alla terapia iniettiva in termini di maggiore
emostasi definitiva [RR 1.14, (1.00-1.30)] e minore risanguinamento [RR 0.49, (0.30-0.79)], ma assolutamente pari
alla terapia termica (17). La superiorità della emostasi meccanica sulla iniettiva è stata confermata anche in un’altra
meta-analisi con riduzione del 78% del rischio di recidiva
emorragica [RR 0.22, (0.09-0.559)] (15). Nella revisione
sistematica canadese, invece, le clips sono risultate significativamente più efficaci della terapia termica nel ridurre
il rischio di risanguinamento [OR 0.24 (0.06-0.959)] (16).
Nessuna differenza esiste tra le metodiche di emostasi in
termini di mortalità, ulteriore conferma che l’evento morte
è indipendente dalla tipologia di emostasi endoscopica ed
il paziente può morire anche dopo un efficace controllo del
sanguinamento se non viene operata una gestione clinica
adeguata nell’insieme.
La terapia combinata, cioè la esecuzione sequenziale di
terapia iniettiva seguita da altra forma di endoterapia (termica o meccanica) è considerata il gold standard della
emostasi in pazienti ad alto rischio. La terapia combinata è
superiore alla sola terapia iniettiva, mentre non sembra offrire vantaggi clinicamente rilevanti rispetto alla sola terapia
termica o alla sola terapia meccanica (18). Questo dato è
stato confermato dalla meta-analisi canadese in cui la terapia combinata iniettiva più termica non risulta superiore
alla sola termica [OR 0.79 (0.24-2.62)] o alle sole clips [OR
0.82 (0.28-2.38)] (16). In definitiva, la terapia iniettiva da
sola non deve essere più considerata sufficiente, ma quale
step preliminare alla applicazione di un’altra forma di endoterapia. Se, invece, si opta per un trattamento endoscopico singolo, allora la terapia termica o, quando applicabile,
la terapia meccanica rappresentano le opzioni di scelta.
GESTIONE POST-TRATTAMENTO
ENDOSCOPICO
Prevenzione del risanguinamento
Dopo emostasi endoscopica somministrare PPI
endovena ad alte dosi per 72 ore.
Dopo il controllo endoscopico del sanguinamento, la somministrazione PPI endovena ad alte dosi (bolo di 80 mg
e poi 8 mg/h in infusione continua per 72 ore) è ormai
considerato lo standard di cura per ridurre risanguinamento e morte nei pazienti ad alto rischio (1,15,19). In questi
pazienti, infatti, l’uso sistematico dei PPI e.v. ad alte dosi
comporta una riduzione del 60% del rischio di risanguinamento rispetto al placebo [OR 0.40 (0.28-0.59)] (15).
I pazienti ad alto rischio devono essere ospedalizzati per almeno 72 ore dopo l’emostasi endoscopica.
La durata della ospedalizzazione del paziente in cui è stato
necessario un intervento endoscopico non dovrebbe essere inferiore ai tre giorni per scongiurare episodi di risanguinamento. L’alimentazione orale con liquidi chiari può
essere ripresa circa 6 ore dopo l’esofagogastroduodenoscopia (Esophagogastroduodenoscopy/EGD) se il paziente è stabile, altrimenti la rialimentazione precoce (< 48 ore)
andrebbe evitata per la potenziale necessità di un secondo esame endoscopico corredato da retrattamento (1,2).
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agevolmente con l’irrigazione forzata allora il trattamento
endoscopico può ragionevolmente essere applicato), ma
al contempo se il coagulo non si disloca allora è altrettanto
accettata l’ipotesi di una terapia di “consolidamento” con
PPI ad alte dosi al posto della terapia endoscopica (1). La
materia è in evoluzione e il comportamento da adottare non
è univoco probabilmente perché molte delle evidenze che
supportavano la rimozione “a tutti i costi” del coagulo erano
basate su studi dove non venivano impiegati i PPI. La potenza antisecretiva dei PPI e la loro capacità di stabilizzare
il coagulo potrebbero nel prossimo futuro cambiare la raccomandazione verso un atteggiamento più conservativo.
19
15
LA GESTIONE DELLE EMORRAGIE ALTE NON DA VARICI
Il “second-look” endoscopico non è raccomandato di routine.
L’obiettivo del controllo endoscopico programmato (second-look) è quello di identificare le ulcere con persistenza di
stigmate ad alto rischio da sottoporre a re-trattamento. Nonostante una recente meta-analisi di 7 studi randomizzati (5
con terapia iniettiva e 2 con terapia termica) documenti una
significativa riduzione del rischio di recidiva emorragica con
l’impiego del re-trattamento termico [RR 0.29 (0.11– 0.73)], il
second-look non è raccomandato di routine, ma solo in casi
selezionati di fondato sospetto clinico di recidiva emorragica
(nuova ematemesi/melena e riduzione della Hb di almeno 2
g/dL dopo iniziale stabilizzazione) o in pazienti a rischio particolarmente elevato (incompleta o dubbia emostasi iniziale,
grande quantità di sangue o coaguli in cavità gastrica con
visione endoscopica parzialmente oscurata oppure grosse
ulcere della parete duodenale posteriore) (1,2,20-22).
Tutti i pazienti con ulcera emorragica devono essere testati per l’infezione da H. pylori ed eradicati se l’infezione è presente con conferma della
eradicazione.
L. Cipolletta, G. Rotondano > La gestione delle emorragie alte non da varici
20
1
L’infezione da H. Pylori è un fattore predittivo indipendente di recidiva emorragica e la sua eradicazione riduce il rischio di recidiva dell’ulcera e di risanguinamento nel lungo
termine (2). Pertanto, nell’ulcera emorragica l’H. Pylori va
sempre ricercato (con istologia se possibile) ed eradicato
se presente. Un test negativo nel setting acuto può essere
fuorviante perché vi è un 40-50% di falsa negatività (per
effetto battericida del plasma umano). Pertanto, si raccomanda di ripetere il test (urea breath test o test antigenico
fecale) a distanza di tempo dall’evento emorragico (1).
In pazienti con pregressa ulcera emorragica che
necessitano terapia con FANS, si raccomanda
di utilizzare un COX-2 inibitore + gastroprotezione con PPI.
Se il paziente assume FANS, si dovrebbe idealmente sospendere il farmaco gastrolesivo. In caso ciò non sia possibile
è opportuno ricordare che l’impiego di un FANS + PPI o del
solo COX-2 inibitore non elimina completamente il rischio di
recidiva emorragica. In tale caso si raccomanda di utilizzare
un Coxib associato alla gastroprotezione con PPI (ricordare
che se il paziente ha elevato rischio cardiovascolare i Coxib
non sono appropriati ed è meglio un FANS tradizionale) (1,2).
Nei pazienti emorragici che assumono aspirina
a basse dosi, la terapia con ASA deve essere
ripresa appena il rischio cardiovascolare sopravanzi quello gastrointestinale; nei pazienti che
necessitano profilassi cardiovascolare il clopidogrel da solo ha maggior rischio di risanguinamento rispetto alla combinazione di ASA + PPI.
Il paziente emorragico ad alto rischio cardiovascolare deve
riprendere l’aspirina non appena il rischio cardiovascolare
sopravanza quello gastrointestinale (di solito entro 7 giorni) ed in questi casi è preferibile l’associazione ASA + PPI
rispetto al solo clopidogrel (1). In pazienti con emorragia
da aspirina, la prosecuzione dell’ASA (che non viene sospesa ma associata alla terapia con PPI i.v. per 72 ore e
poi per os) anche se aumenta il rischio di recidiva emorragica (10.3% vs. 5.4%, p=0.01), riduce significativamente il
rischio di morte globale (1.3% vs. 12.9%, p=0.000) e quello di morte per eventi trombo-embolici (1.3% vs. 10.3%,
p=0.000) (23). La portata di questi dati, se confermati ulteriormente, è davvero rilevante in quanto dimostra ancora
una volta che il risanguinamento non è un fattore determinante per l’exitus (esso può di solito essere controllato da
una seconda procedura endoscopica, mentre un ictus o
una trombosi certamente no!!).
Gestione della emorragia persistente o recidiva
In caso di risanguinamento, effettuare un secondo tentativo di emostasi endoscopica. Ottenere
il parere del chirurgo e del radiologo interventista in casi selezionati.
In caso di recidiva emorragica un secondo tentativo di
emostasi endoscopica va sempre tentato prima di valutare
l’opzione chirurgica, che invece diviene ineludibile in caso
di emorragia persistente (fallimento del trattamento endoscopico primario) o ricorrente (fallimento del re-trattamento
endoscopico). Il chirurgo deve comunque essere sempre
allertato in presenza di un paziente con emorragia severa
ed instabilità emodinamica e coinvolto in ogni fase del processo decisionale diagnostico e terapeutico.
In caso di fallimento della emostasi endoscopica, l’approccio chirurgico di salvataggio è virato nel tempo verso una
chirurgia sempre più “di minima” per ottenere l’emostasi (73.8% vs. 42.3%; p < 0.005) (24). L’embolizzazione
angiografica transcatetere (Angiographic Transcatheter
Embolization/TAE) rappresenta, laddove disponibile, una
valida alternativa, riducendo la necessità di chirurgia senza
incrementare la mortalità globale ed è inoltre associata con
minori complicanze. Infatti, un recente studio retrospettivo
su 88 pazienti nei quali era fallita l’emostasi endoscopica ha documentato che la TAE era in grado di assicurare l’emostasi nell’88.5% dei casi. La recidiva emorragica
era superiore (34.4% vs. 12.5% del gruppo chirurgia,
p=0.01), ma le complicanze erano significativamente inferiori (40.6% vs. 67.9%, p=0.01). Non vi erano differenze in
termini di mortalità a 30 giorni, durata media della degenza
e necessità trasfusionali (25).
Figura 1: algoritmo di trattamento delle emorragie digestive alte (EDA) non varicose
Emorragia digestiva alta non varicosa
Stabilizzazione emodinamica (fluidi / sangue)
Considerare inserzione di SNG
Valutare l’impiego di IPP e.v. a doppia dose
Endoscopia (entro 24h)
Coagulo
Irrigazione
Lesione ad alto rischio
Coagulo adeso
Lesione a basso rischio
Pigmento ematico
Terapia endoscopica
Base detersa
Paziente stabile?
Ricovero in degenza monitorata per ≥ 24h
IPP bolo ev + infusione continua (8mg/h per 72 h)
Degenza ordinaria
IPP dose standard per os
NO
SÌ
Rivalutazione quotidiana
NO
Risanguinamento
Dimettere con IPP per os
Testare Hp > eradicare se + vo
Programmare follow-up
SÌ
Corrispondenza
Livio Cipolletta, Gianluca Rotondano
U.O.C. di Gastroenterologia
Ospedale Maresca, ASL NA3sud
Torre del Greco (NA)
Tel. + 39 081 8490102
Fax + 39 081 8490109
e-mail: [email protected]
e-mail: [email protected]
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hemostasis to bleeding peptic ulcers. Gastrointest Endosc 2011;73:900-8.
SURVEY SULLA FORMAZIONE
ENDOSCOPICA IN ITALIA
a cura del GLS<35
Caro Socio
il Gruppo di Lavoro Sied < 35 (GLS<35) propone un’indagine sulla formazione
dei giovani endoscopisti in Italia.
Il questionario potrà essere compilato “on line” sul portale della SIED www.sied.it
da tutti i Soci con meno di 35 anni e con non più di 5 anni di attività endoscopica.
è anche previsto il collegamento al nostro portale mediante un link per Colleghi
di altre Società Scientifiche che si occupano di endoscopia digestiva.
La scheda informativa
resterà disponibile per 4 mesi
dalla data della sua pubblicazione.
Italo Stroppa
Coordinatore Nazionale del GLS<35
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