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Sergio Bocchini
PAROLE PER CAPIRSI
Religioni a confronto
su trenta temi di attualità
EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA
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Impaginazione: Emme2 srl, Bologna
©
2013 Centro editoriale dehoniano
via Nosadella, 6 – 40123 Bologna
www.dehoniane.it
EDB®
ISBN
978-88-10-60465-6
Stampa: Tipografia Giammarioli, Frascati (RM) 2013
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Introduzione
New York - Una retata della polizia porta in carcere per
una notte cinque ragazzi che hanno partecipato a una manifestazione per la libertà religiosa davanti al Palazzo di Vetro
delle Nazioni Unite.
«Tu chi sei? Da dove vieni? Che fede professi?», si chiedono a vicenda con la spontaneità dei coetanei, in attesa dell’interrogatorio.
«Io sono musulmana – dice una delle due ragazze – e già
lo vedete dal velo che porto sulla testa».
«Io sono indù», dice l’altra ragazza e fa osservare che questa sua appartenenza è segnalata dal puntino rosso che ha
sulla fronte («Non è mica sangue questo!») e che attesta la
sua condizione di «non vedova».
Uno dei tre ragazzi tira fuori dal taschino la kippah e se
la mette in testa: «Questo zucchetto noi ebrei lo indossiamo
quando entriamo nella sinagoga o quando ci prepariamo per
la preghiera».
Un secondo ragazzo si slaccia la camicia e mostra una piccola croce d’oro che ha al collo, pendente da una catenina,
anch’essa d’oro, e dice: «È il mio segno di appartenenza alla
fede cristiana».
«Da questa mia veste arancione, che si chiama ciwon e
che mi lascia nuda una spalla, voi già capite che io sono un
monaco buddhista», dice l’ultimo dei ragazzi...
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Ho narrato una parabola da me inventata per introdurre
a una lettura viva di questo libro, scritto da Sergio Bocchini,
sulle «parole per capirsi» tra appartenenti alle principali religioni mondiali.
Cristianesimo, islam, induismo e buddhismo sono le quattro religioni con il maggior numero di aderenti nel mondo,
oggi. Secondo il sito World Religion Population, il cristianesimo conta nell’insieme del pianeta 2,1 miliardi di aderenti,
l’islam ne ha più di 1,5 miliardi, l’induismo 1 miliardo, il
buddhismo 576 milioni.
Alla regola del numero fa eccezione l’ebraismo, che conta appena – secondo quella stessa fonte statistica – 15 milioni di seguaci, ma che è la matrice riconosciuta delle due religioni più numerose in assoluto: il cristianesimo e l’islam.
Ebrei si nasce e l’ebraismo non tende a fare proseliti, ma ha
generato, storicamente, le due fedi più fortemente missionarie che si contendono il primato nell’umanità del terzo millennio: quelle che si richiamano a Cristo e a Maometto e che,
insieme all’ebraismo, costituiscono i tre monoteismi della famiglia di Abramo.
Il raffronto analitico – qui condotto per voci come in una
trattazione enciclopedica – ha buone basi culturali e persino
linguistiche nel caso delle tre «religioni del Libro», che si richiamano cioè a una «rivelazione» codificata in un testo sacro. E sarà bene aver presente questa migliore paragonabilità
ogni volta che ci si interroga sulla possibilità di capirsi tra diversi: oggi siamo fortemente impressionati dalle perduranti
se non crescenti difficoltà di convivenza tra i «figli di Abramo», ma non bisogna dimenticare che nel profondo la difficoltà di intesa – o anche solo di comprensione verbale – è
per noi molto più forte nei confronti delle due fedi asiatiche,
che hanno tutt’altra matrice e presentano analogie o somiglianze solo esterne, o comunque parziali, con l’uno o l’altro
aspetto delle fedi «abramiche».
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Di questa dinamica tra lontananza per conflitto (poniamo
tra cristiani e musulmani, o tra musulmani ed ebrei) e lontananza per estraneità (poniamo tra cristiani e buddhisti, o
indù) possiamo trovare riscontri lampanti andando ad esempio alle voci «Aldilà» o «Suicidio», per indicarne due tra le più
impegnative e ben condotte tra le trenta tematiche analizzate in questo libro.
A proposito di aldilà, vedremo come i tre monoteismi attendono concordemente un giudizio finale, una condanna o
un premio; mentre le due religioni asiatiche prospettano la
catena delle reincarnazioni e delle continue rinascite, dalle
quali occorre liberarsi percorrendo specifiche vie di purificazione. Altrettanto incisiva è la diversa concezione del suicidio che le fedi abramiche condannano come contrario al
dono della vita che viene da Dio, mentre le fedi asiatiche lo
avversano perché ostacola la liberazione finale e prolunga la
catena delle rinascite.
Già svolgendo questi esempi ci avvediamo di come possa essere lontano l’universo simbolico e concettuale di chi
considera positivamente la «rinascita» e la interpreta come
un sinonimo di «risurrezione» o «sopravvivenza» – come sono tentati di fare gli occidentali che paiono abbracciare con
entusiasmo la dottrina della «reincarnazione» – rispetto al
modo di pensare degli asiatici, che invece guardano alla «ruota delle rinascite» come alla madre di ogni sofferenza per gli
esseri viventi.
Già se scorriamo l’indice delle voci trattate in questo libro possiamo cogliere come a temi alti e drammatici, quali i
due già citati, si sia scelto di accostarne altri più leggeri e immediatamente fruibili, ad esempio: «Abbigliamento», «Ambiente e rispetto del creato», «Animali», «Cibo» e così via. Similitudini e lontananze tra le fedi cresciute nel bacino del
Mediterraneo e quelle asiatiche si rivelano in una descrittiva
particolarmente efficace nella trattazione di tematiche che
vedono ben intrecciata la dimensione alta e quella quotidia7
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na della vita: da «Donna» a «Guerra e pace», da «Preghiera» a
«Stranieri e migranti» ecc.
Per ogni voce Sergio Bocchini procede con semplicità di
linguaggio e scrupolo didascalico, fornendo al lettore, in appendice, anche un breve ma utile «Dizionario delle religioni».
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Per l’approccio alle indicazioni riguardanti i tre monoteismi, non c’è dubbio che il lettore potrà fare da sé. Qualche
parola va invece detta per le due fedi asiatiche.
L’induismo è la più antica tra le cinque religioni considerate dal nostro autore: è la fede attualmente seguita dalla maggioranza degli indù, suddivisa in un gran numero di scuole,
che però convergono nel tributare una particolare venerazione al dio Visnu e al dio Shiva. Costituisce – a partire dal XV secolo a.C. – una sorta di continuazione dell’antico bramanesimo, che a sua volta era collegato all’anteriore vedismo.
Il buddhismo invece è più recente (risale al VI secolo
a.C.) e rappresenta un’evoluzione della fede induista in direzione di una dottrina della liberazione dal desiderio e dalla
volontà di vita che, nel giro continuo delle reincarnazioni, trascinano i viventi attraverso il dolore e la morte. La meta è lo
stato di illuminazione perfetta del nirvāna.
Da decenni buddhismo e induismo esercitano un forte fascino sull’umanità dell’Occidente, curiosa del diverso, delusa
dalle guerre di religione e dai conflitti ideologici, affascinata
dalle figure di Gandhi e del Dalai Lama. Basti pensare al seguito che incontrano anche in Italia le pratiche ascetiche e
meditative dello yoga, da parte di giovani o meno giovani,
che magari ignorano totalmente – né mai, seppure informati,
prenderebbero in considerazione – analoghi «esercizi» delle
nostre tradizioni spirituali e monastiche.
Stante questa crescente contaminazione culturale, nonché il veloce aumento della presenza musulmana nei nostri
quartieri e nelle nostre scuole, merita il benvenuto un libro
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come questo, che può diventare un utile vademecum, di facile accesso e di sicura informazione, per chi desidera cogliere il senso delle parole necessarie a capirsi tra fedeli di religioni diverse.
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I segni distintivi dell’appartenenza religiosa hanno sempre esercitato un fascino e hanno ripetutamente alimentato
la curiosità conoscitiva.
Nel capitolo CLVII del Milione, Marco Polo narra che, trovandosi nella città di Fugiu «soggetta al Gran Khan», da un sapiente saraceno udì questa notizia: «Nel tale luogo esistono
genti di una religione molto incerta. Non sono idolatri perché non hanno idoli; non adorano il fuoco; non seguono la
legge di Maometto e non sembrano avere regole cristiane. Se
vi pare andiamo da loro e discorriamo insieme: può darsi che
si arrivi a capire che cosa sono». Vanno, e scoprono che si
tratta di cristiani nestoriani, di cui allora nulla si sapeva in Occidente, ma che oggi sono ben noti alla critica storica. Marco
Polo li riconobbe da «parole del Salterio» che erano in alcuni
loro libri e dalle immagini dipinte di tre apostoli («tre dei settanta che andarono predicando per il mondo») che trovò in
un loro «piccolo tempio».
Ecco: il libro di Sergio Bocchini che qui presento sarebbe
stato certamente utile a Marco Polo nella sua indagine, così
come può essere utile anche oggi a chi ogni giorno a scuola,
all’università, nel mondo del lavoro, per strada, incontra persone provenienti da ogni parte del mondo.
Altrettanto affascinante è sempre apparsa, nei secoli, la
sfida a capirsi e ad aiutarsi tra diversi: una sfida che in passato era di pochi e che oggi riguarda tutti. Ed è con questa immagine che termino la mia introduzione, proponendo una
considerazione sul nostro futuro destino con la narrazione di
una parabola contenuta in un testo antico. Si tratta della leggenda popolare sulla nascita della Scuola Salernitana che sa9
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rebbe avvenuta dall’incontro, in una notte piovosa del lontano medioevo, tra un romano, un greco, un ebreo e un arabo.1
I quattro – portatori di quattro culture molto diverse – misero insieme i loro ritrovati per curare il romano che era ferito.
Ebbene, oggi possiamo guardare a un futuro da inventare, nel
quale ebrei, cristiani, musulmani, induisti, buddhisti e seguaci di ogni altra fede congiungano i loro sforzi per soccorrere
un’umanità globale carica ancora e sempre di ferite.
Luigi Accattoli
1 La nascita della Scuola Salernitana è narrata nella Regola sanitaria salernitana (Flos Maedicinae Salerni, un poemetto dell’XI-XII secolo): cf. La Regola sanitaria salernitana, Newton
Compton, Roma 1993, 10.
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