dopo Galilei Il sistema ottico dei cannocchiali astronomici del Seicento era del tipo descritto da Keplero nella Dioptrice del 1611. Il vantaggio del sistema di Keplero – obiettivo ed oculare convessi – è spiegato, nel 1645, dal frate cappuccino boemo Anton Maria Schyrleus de Rheita (in Oculus Enoch et Eliae …). I raggi provenienti da una stella non sull'asse ottico incidono sulla parte esterna della lente oculare. Se la lente è concava fa piegare i raggi verso l'esterno così che non entrano nella pupilla dell'occhio, se è convessa fa piegare i raggi verso l'asse ottico, così che possono entrare completamente nell'occhio: ne deriva un campo di vista maggiore e immagini più nitide e chiare. Se si vuole evitare l’aberrazione cromatica con vetri semplici, si deve limitare il rapporto d’apertura. In questo modo, l’apertura che si può utilizzare (quindi diametro dell’immagine di diffrazione e ingrandimento) dipende dalla distanza focale dell’obiettivo. Se si usano più di 15 ingrandimenti per metro di distanza focale, l’immagine diviene scura e confusa. Dapprima era usata per l'oculare una lente singola piano convessa, poi Huygens ideò una combinazione di due lenti. Questo tipo di oculare, che prese il suo nome, è stato in uso fino ai tempi moderni. Vennero allora costruiti telescopi con focali sempre maggiori e con curvature sempre più piccole: fino a 120-130 piedi (oltre 40 m). Ancora agli inizi del ‘700 l’uso di strumenti ottici al posto dei traguardi di tipo ticonico non era generalizzato. Sin dal 1634 Jean Baptiste Morin aveva suggerito l'applicazione di un cannocchiale a un quadrante astronomico, ma la mancanza di un reticolo, unita alla scarsa definizione e al piccolo campo del sistema ottico galileiano utilizzato, rendeva lo strumento poco preciso. Solo qualche anno più tardi William Gascoigne usò un cannocchiale su di un quadrante, ma il cannocchiale doveva essere di tipo kepleriano. Gascoigne e l’italiano Francesco Fontana furono forse i primi a costruire un telescopio kepleriano e Gascoigne il primo ad applicarlo a un quadrante astronomico. Quadrante mobile di Menini, Bologna, 1710 Museo della Specola Ma le prime osservazioni certe, eseguite con un cannocchiale su un quadrante, sono di Adrien Auzout e Jean Picard, relative all’osservazione dell’altezza meridiana del Sole dal giardino della Librairie Royale a Parigi, nel 1667, tramite un quadrante di 9 piedi e 7 pollici e un sestante di 6 piedi, muniti di telescopio. Ancora nella seconda metà del ‘600, gli astronomi – soprattutto Hooke ed Hevelius – disputavano sulla preferenza da accordare alle mire ottiche o ai cannocchiali per migliorare la precisione delle osservazioni. Quadrante mobile da l’Encyclopedie, 1751-72 Il catalogo di Hevelius, Prodromus Astronomiae, pubblicato postumo dalla moglie nel 1690, contiene 1564 stelle misurate con pinnule, senza cannocchiale. Venne superato in precisione solo nel 1725 dal catalogo di 2935 stelle, nell’Historia Caelestis Britannica, compilato da Flamsteed con l’uso di cannocchiali applicati a un sestante da 7 piedi e a un settore murale di 140°. Nella misura della separazione tra alcune stelle brillanti, l’r.m.s. risulta per Hevelius di 50", per Flamsteed di 40": quindi, non differenze sostanziali. Un secolo e mezzo prima, le misure delle stesse stelle eseguite da Tycho erano precise a 1'40". Problemi ulteriori erano introdotti dalla difficoltà di misurare con precisione gli istanti di transito delle stelle sul meridiano, onde poterne misurare le variazioni in ascensione retta. Già Ole Römer aveva cercato di migliorare questo tipo di osservazioni con uno strumento specializzato, lo ‘strumento dei passaggi’. Questa idea di Römer sarà largamente utilizzata dopo il 1720, sviluppandosi nel ‘cerchio meridiano’ e finendo per sostituire completamente i grandi quadranti e sestanti murali nelle misure di posizione. Strumento dei passaggi di Sisson, Londra, 1739 Museo della Specola Ma la causa di maggiore imprecisione risiedeva soprattutto nell’irregolarità di marcia degli orologi. Nei diari di osservazione della specola bolognese, che pure possedeva eccellenti orologi a pendolo e cicloidali di fabbricazione inglese e francese, si ritrovano numerose lamentazioni degli astronomi per la loro insoddisfacente accuratezza. Tant’è che, oltre ad utilizzare una meridiana filare per controllare al mezzodì locale l’andamento degli orologi, venivano eseguite anche osservazioni diurne di stelle brillanti per lo stesso scopo . Orologio a cicloide di Ellicot, Londra, seconda metà ‘700 Museo della Specola La storia dello sviluppo delle tecniche di costruzione degli orologi è indubbiamente un capitolo affascinante della storia della tecnologia. Basti qui ricordare che da un errore di ~10" al giorno, per il primo orologio a pendolo di Huygens del 1656, si passerà ai decimi di secondo un secolo più tardi con i primi modelli di cronometro, a compensazione della temperatura e frizione ridotta, di John Harrison, per arrivare al centesimo di secondo solo alla fine dell’Ottocento, con il pendolo quasi libero e a spinta costante di Riefler. Orologio di Riefler Harrison 1 e 4 In questa corsa verso sempre più accurate misure di posizioni, uno strumento accessorio rivestirà una grande importanza, il MICROMETRO. Anche in questo caso la priorità dell’invenzione (1638-39) va assegnata a William Gascoigne (che per primo aveva applicato un telescopio kepleriano a un quadrante) e anche in questo caso l’idea del 1639 del giovane dello Yorkshire (morto durante la guerra civile a soli 24 anni sotto la bandiera di Carlo I) non avrebbe avuto grande seguito fino al riconoscimento avuto nel 1667 da Richard Townley in una Letter alla Royal Society a seguito di un lavoro del 1666 di Adrien Auzout sulla misura del diametro dei pianeti. Micrometro di Gascoigne secondo Hooke Dopo Gascoigne, Auzout e Townley, lo strumento ebbe un rapido sviluppo, ad opera di Huygens, Divini, Malvasia, Montanari, Hooke, Römer. “It is small, – scrive Townley sulle Philosophical Transactions – not exceeding in weight, nor much in bigness, an ordinary pocket watch, exactly marking above 40,000 divisions in a foot, by the help of two indexes; the one showing hundreds of divisions, the other divisions of the hundred .” Le difficoltà di costruzione erano nella filettatura delle viti di spostamento e nell’evitare dei tempi morti negli spostamenti micrometrici. Micrometro a barre di Lusverg, Roma, 1744 Museo della Specola Con il ‘micrometro filare’, James Bradley ed Eustachio Manfredi eseguiranno le misure che porteranno alla scoperta dell’ ‘aberrazione annua della luce delle stelle’. Micrometro a fili mobili di Scherer, Vienna, 1732 Museo della Specola Nel 1748, forse da un’idea di Römer, Bouguer sviluppa l’‘eliometro’ o ‘micrometro a lenti divise’: una lente tagliata a metà da porre dinanzi all’obiettivo del telescopio, così da formare due immagini dello stesso oggetto. Con questo strumento, costruito da Fraunhofer per l’osservatorio di Königsberg, Bessel misurerà, nel 1837-40, la prima parallasse di una stella, quella di 61 Cygni, pari a 0,35". R.C. Brooks, The development of micrometers …, «Jour.Hist.Astr.», 1991, p.126 Eliometro di Dollond, Londra, 1787 Museo della Specola Insieme allo sviluppo degli strumenti, si sviluppa anche la nuova fisica, enunciata nel 1687 da Newton nei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, che consentì di fornire una solida base alla realtà di un sistema eliocentrico: L’Universo diventa uno solo e la scienza può studiarlo nella sua interezza, applicandovi ovunque le stesse leggi e la stessa fisica … e la parallasse … ? gli astronomi proseguirono testardamente nelle loro osservazioni ancora per oltre un secolo, fino a quando … nel 1729, un astronomo inglese, James Bradley, annunciò una nuova scoperta che venne presentata alla Royal Society da Edmond Halley : «quei piccoli spostamenti che da tempo gli astronomi osservavano nelle posizioni delle stelle ‘fisse’ e che non potevano essere attribuiti alla ‘parallasse’ … sono in realtà dovuti alla combinazione della velocità di rivoluzione della Terra intorno al Sole con la velocità finita della luce proveniente dalle stelle … » Philosophical Transactions, 1729 l’asse maggiore dell’ellisse di PARALLASSE (< 1”) dipende dalla distanza della stella l’asse maggiore dell’ellisse di ABERRAZIONE (~ 40”) è la stessa per tutte le stelle ~ 10 arcsec questo fenomeno prese il nome di aberrazione annua della luce dal lavoro di un astronomo bolognese che, per primo, nel 1730, confermò le ipotesi di Bradley: Eustachio Manfredi La sede settecentesca dell’ Accademia delle Scienze - oggi sede dell’ Università di Bologna -a la Torre dell’Osservatorio - oggi sede del Museo della Specola - Una scoperta imprevista – l’aberrazione annua delle stelle – confermava il moto della Terra intorno al Sole … e, finalmente, pochi anni più tardi, la RIVOLUZIONE COPERNICANA, convalidata dalle osservazioni astronomiche, vide una conclusione “ufficiale” e definitiva allorché … il 16 aprile del 1757 la Sacra Congregazione dell’Indice permise la libera circolazione dei “…libri omnes docentes immobilitatem Solis et mobilitatem terrae …”