n. 38 - maggio-agosto 2012
n. 38 - maggio-agosto 2012
Rivista quadrimestrale della FENIARCO
Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali
Feniarco
Poste Italiane SpA – Spedizione in Abbonamento Postale – DL 353/2003 (conv. In L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 1 NE/PN
solidarietà e
pratica corale
la base per il futuro
javier busto
note in libertà
morten lauridsen
tra stile
e cliché
mente, corpo,
voce e cuore
far musica, essere musica
italia’s got
festival
l’europa canta a torino
www.feniarco.it
Anno XIII n. 38 - maggio-agosto 2012
Rivista quadrimestrale della Fe.N.I.A.R.Co.
Federazione Nazionale Italiana
Associazioni Regionali Corali
Presidente: Sante Fornasier
Direttore responsabile: Sandro Bergamo
Comitato di redazione: Efisio Blanc,
Walter Marzilli, Giorgio Morandi,
Puccio Pucci, Mauro Zuccante
Segretario di redazione: Pier Filippo Rendina
Hanno collaborato: Silvana Noschese,
Rosanna Danelon, Alessandra Muratori,
Silvia Azzolin, Simone Scerri, Maria Galantino,
Manolo Da Rold, Giorgio Susana,
Lorenzo Donati, Lorenzo Montanaro,
Stefania Piccardi, Rossana Paliaga
cori da tutta Italia
concerti in città e sul territorio
incontri e nuove conoscenze
Redazione: via Altan 39
33078 San Vito al Tagliamento Pn
tel. 0434 876724 - fax 0434 877554
[email protected]
In copertina: Festival di Primavera 2012
(foto Renato Bianchini)
turismo
Progetto grafico e impaginazione:
Interattiva, Spilimbergo Pn
Stampa:
Tipografia Menini, Spilimbergo Pn
arte
Associato all’Uspi
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ISSN 2035-4851
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cultura e tradizioni
n. 38 - maggio-agosto 2012
Rivista quadrimestrale della FENIARCO
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Federazione Nazionale Italiana Associazioni Regionali Corali
DossieR
Cori e solidarietà
Solidarietà, festa e pratica corale
una base solida su cui
costruire il futuro
Sante Fornasier
siamo strumenti in… costruzione?
un’esperienza di musicoterapia
37 italia’s got festival
Silvana Noschese
la gioia nelle voci e nelle mani
48 mente, corpo, voce e cuore:
Rosanna Danelon e Alessandra Muratori
11 coro e integrazione: l’io e l’altro
Simone Scerri
15 fare uno
alchimie corali fra teatro sociale
e lavoro di gruppo
Maria Galantino
16 Coeurs en choeurs / hearts in harmony
Lorenzo Montanaro
far musica, essere musica
Stefania Piccardi
Silvia Azzolin
13 un coro in psichiatria
Attività dell’Associazione
Giorgio Morandi
cronacA
52 già mi trovai di maggio
46º concorso nazionale corale
di vittorio veneto
Giorgio Morandi
55 aspettando poulenc…
Dossier compositore
Javier Busto
19 note in libertà
Intervista al maestro javier busto
Manolo Da Rold
il florilège di tours
all’insegna dei giovani
Rossana Paliaga
Rubriche
60 Mondocoro
25 hodie christus natus est
hodie christus natus est di javier busto
Giorgio Susana
Nova et veterA
29 prigionieri di un grande mistero
tra stile e cliché nelle opere
di Morten lauridsen
portrait
Lorenzo Donati
INDICE
32 cosa, come e perché così!
intervista ad angelo agazzani
Efisio Blanc
dossIER
3
Solidarity, fun
and choral practice
a sound foundation on which
to build our future
Solidarietà, festa
e pratica corale
una base solida su cui
costruire il futuro
di Sante Fornasier
Questo numero della rivista esce in occasione del Festival Europa Cantat XVIII Torino 2012. Oltre
che ai suoi abituali lettori, Choraliter si rivolge quindi anche alle migliaia di cantori convenuti a
Torino da tutta Europa e non solo, ai quali va il nostro benvenuto e l’augurio di vivere
un’esperienza importante, creativa, festosa. Le premesse ci sono tutte: è un’edizione
particolarmente ricca di proposte per tutti i generi di coralità, di idee innovative, di stimoli per
riprendere, una volta tornati a casa, il nostro percorso corale arricchiti da un’esperienza che
lascia il segno. Torino è una città accogliente, che sa offrire, unendoli saggiamente, gli strumenti
della cultura più alta e uno stile di vita sereno. E il nostro appuntamento vuole essere, prima di
ogni altra cosa, una grande festa della coralità. Questa sfida, in cui ci siamo gettati con grande
entusiasmo, facendo prevalere la voce del cuore, si è sviluppata in un contesto sempre più
difficile e non sono mancati i timori di un esito inferiore alle aspettative. Invece la risposta dei
coristi è stata appassionata e ha determinato un’edizione tra le più partecipate della storia del
festival e con un’alta presenza del paese ospitante: una reazione di salutare ottimismo di fronte
alle difficoltà che, in misura diversa da un paese all’altro, un po’ tutti stiamo vivendo.
Ma vivere intensamente l’attività corale è proprio questo, e così vogliamo che sia la nostra
coralità: un luogo dove compiere un’esperienza gioiosa di condivisione, di vicinanza che rafforza
le ragioni del vivere sociale e dell’impegno personale, che getta ponti tra persone diverse,
unendole in uno scopo comune; che insegna ad affrontare insieme le situazioni, convinti che non
esistano soluzioni buone che non includano tutti. Per questo ci è parso opportuno dedicare il
dossier di questo numero proprio al tema della solidarietà attraverso il coro. Anche in Italia, come
in molti altri paesi, si sono sviluppati progetti che hanno fatto del coro uno strumento efficace per
aiutare le persone ad integrarsi, a vivere con dignità, a superare condizioni o momenti difficili.
Una trattazione non sistematica dell’argomento, che senza pretesa di completezza, basandosi su
alcune concrete esperienze, mostra una dimensione che è tipica della coralità amatoriale e del suo
carattere inclusivo. Solidarietà e festa: questi due elementi, complementari tra loro, fanno della
buona pratica corale un elemento importante, una base solida su cui costruire il nostro futuro.
This issue marks the Festival Europa Cantat XVIII Torino 2012, which means that, in addition to its
usual readership, Choraliter also reaches out to the
thousands of singers converging on Torino from
the whole of Europe and beyond, to whom we
extend a warm welcome and wish a meaningful,
creative, joyful stay.
All the ingredients are there. This year’s festival is
brimming with items featuring every choral genre,
innovative ideas, and spurs to resume our choral
endeavours back home enriched by an experience
that has left its mark on us. Torino is a welcoming
city that holds out an ideal blend of first-rate
facilities for the arts and a relaxed lifestyle, and
our event sets out to be, first and foremost, a
great celebration of singing together.
This challenge, into which we have thrown
ourselves with the utmost enthusiasm, giving
priority to heart over mind, has unfurled in an
increasingly tough context, and there has been no
lack of fears that the result might fall short of
expectations. Instead, the choirs’ response has
been wildly enthusiastic and has made for one of
the best-attended events in the festival’s history,
with a high number of entries from the host country: a reaction of healthy optimism to the difficulties that, to a
different extent from one country to another, almost all of us are facing.
But this is precisely what wholehearted participation in choral activity means, and it is what we want our rally to
be: a setting for a joyful experience of sharing and togetherness that shores up the cause of community life and
personal commitment, that builds bridges between different people, uniting them in pursuit of a common goal,
and that teaches them how to face situations together, in the conviction that there is no such thing as a positive
solution that does not include everybody.
This is why we thought it a good idea to devote this issue’s focus feature to the very topic of the choir as a tool
of solidarity. Projects that have turned the choir into an effective tool for helping people to integrate, live a life of
dignity, and overcome difficult conditions or periods have grown up in Italy, as in many other countries, as well.
Our admittedly piecemeal treatment of the topic, without any claim to completeness, but based on a number of
concrete examples, reveals a dimension typical of amateur choral singing and its inclusive nature.
Solidarity and fun: these two mutually complementary aspects make good choral practice a major building block,
a sound foundation on which to build our future.
solidarietà
presidente feniarco
e eca
- europa cantat
dossIER
4
Siamo strumenti in… costruzione?
un’esperienza di musicoterapia
di Silvana Noschese
musicoterapeuta e direttore dell’associazione estro armonico
«La vita non è mai una mezza vita…
vivere non è morire ogni giorno, ma
costruire in ogni momento la realtà
che viene dopo.» (Marco Trabucchi)
Are we instruments…
being built?
a music therapy experience
«Un vecchio e un bambino si preser
per mano e andarono insieme
incontro alla sera…»: cominciava così
una canzone di Guccini di qualche anno fa; cantandola si
apriva il cuore al sogno di una vita in continuità.
Il periodo dell’anzianità viene considerato, da recenti
ricerche, non come un segmento di vita a sé stante, ma
come un «continuum storico esistenziale considerato nella
sua totalità». Invecchiare è vivere, conservare cioè la
possibilità di esprimere pienamente la propria energia vitale.
Di tutte le fasce d’età l’anziano è caratterizzato da una
“fragilità umana” complessiva: ha bisogno di continui
interventi, soprattutto di tipo preventivo.
In questi ultimi anni la società sta mostrando maggior
interesse verso la terza età e per contrastare l’inevitabile
decadimento sia fisico che mentale della vecchiaia gli
anziani vengono sempre più coinvolti in percorsi animativi o
preventivo-terapeutici: suonare, cantare, danzare,
dipingere…, attività che permettono la riconquista di una
«latente capacità di piacere e una gratitudine nuova per la
propria corporeità». Ci si prende cura di loro anche con la
musica per aiutarli a vivere bene nel presente e per facilitare
l’accettazione del proprio processo d’invecchiamento.
«La musica e la ricerca musicoterapeutica tentano – dice
Lorenzetti – di farsi carico di una difficilissima ma
indispensabile operazione: riflettere sull’uomo muovendo da
ciò che egli possiede, dalla parte sana della sua storia, dei
suoi desideri, dal suo contesto di vita, dalla sua grammatica
comunicazionale, dalla sua possibilità di operare
creativamente, dal suo modo di interpretare e organizzare la
propria esistenza, dal rapporto che ha stabilito con
l’universo dei suoni, se stesso e gli altri». Diverse
esperienze e ricerche dimostrano che la musica, in
particolare il canto, possono rappresentare, anche per gli
anziani, un importante strumento espressivo-comunicativo
da cui trarre benefici. È presente, in ciascuno di loro, una
competenza nel campo sonoro che deriva dalla personale
cultura musicale, dalla conoscenza di canti, danze, serenate
e da altre esperienze similari. Anche il ricordo di momenti
musicali particolarmente significativi concorre alla
costruzione di questa capacità, che in realtà è connaturata
nella specie umana.
Tale competenza parla della storia individuale, secondo
diverse dimensioni: emotive, sentimentali, cognitive,
unitamente alla soggettiva sensibilità e a quell’insieme di
vissuti che caratterizza ciascuna persona. Andare a
riesplorare questo universo esperienziale può offrire
l’opportunità di costruire un racconto di sé arricchito di
Abstract
The author, a music therapist, describes her
experience of choral work with the old people at
Salerno’s Francesco Petraglia Multifunction Social
Centre. The project by the name of “Siamo strumenti
in… costruzione?” [are we instruments being built?]
works on the assumption that every person has
acquired an inherent ability to express sound deriving
from his or her personal musical background, from a
familiarity with songs, dances, serenades and other
experience of a similar kind. Retrieving memories of all
this musical sediment has extended beyond mere
maintenance therapy and the goal of socialisation and
shown that, even despite old age and illness, it is
possible to maintain and enhance expressive skills
capable of imparting meaning to that time of life.
consapevolezza della ricchezza della propria vita in una
prospettiva di rinnovata vitalità per il presente e il futuro.
Queste principali – benché non uniche – premesse sono state
alla base del progetto “Siamo strumenti in… costruzione?”
realizzato lungo l’arco di quattro anni, presso il Centro sociale
polifunzionale “Francesco Petraglia” del Comune di Salerno.
Il progetto è nato per offrire percorsi di musicoterapia
preventiva agli ospiti del Centro diurno con l’obiettivo
primario di valorizzare e favorire
l’aspetto creativo dell’essere
umano (in salute e in malattia),
attraverso un ascolto attento alla
“qualità dell’essere” e alla sua
espressione artistica.
A partire dai bisogni che gli ospiti
della struttura con il tempo hanno
imparato a riconoscere ed esprimere
sono stati proposti alcuni generi diversi – ma fra loro coordinati
e integrati – di percorsi: vocali, motori, sonori, strumentali.
Semplici movimenti del corpo accompagnati da musica; giochi
con la voce; sonorizzazioni con oggetti e/o piccoli strumenti
musicali; canti; danze; altre esperienze motorio-ritmicosonore…; in primo piano l’intento di valorizzare le singole
persone all’interno del gruppo e di ricercare una relazione che
stimolasse un “fare e un essere creativi”, di tipo individuale e
collettivo.
Alcune pratiche che hanno caratterizzato momenti e fasi dei
percorsi proposti, nati da esigenze del gruppo e dalle finalità
del progetto, sono state le seguenti:
• Inspirare espirare che piacer che piacer, cantata sulle note
di Fra Martino Campanaro, ha dato connotati giocosi alla
respirazione che, una volta diventata piacevole melodia,
5
ha potuto convertirsi in un momento di rilassamento e
distensione fisica e psichica.
• Le diverse esplorazioni sensoriali proposte, sui cinque
sensi, si sono trasformate in canzoni. Ad esempio Pioggia
di fiori su di me… è stato il canto conclusivo dell’esperienza
olfattiva. Guarda le mie mani si muovono ben, quello che
sonorizzava il tatto; mentre Io gusto con la mia bocca tante
cose buon il canto che ha dato voce al gusto…
Alcune delle canzoni utilizzate sono state scelte dal libro Je
me chante di Marie Louise Aucher, la fondatrice della
psicofonia. Un testo che contiene una serie di canti che si
prestano a sperimentazioni musicali, corporee e sensoriali.
Ogni movimento, piccolo o ampio, accompagnato da musiche
diverse o da semplici vocalizzazioni è stato riscoperto nella sua
piacevolezza e ciascuno ha potuto constatare quante risorse
– mai sopite dall’età – possiede il corpo, con la sua naturale
predisposizione al ritmo e alla espressività psicomotoria
condivisa, partecipata nel gruppo. Non appena una canzone
offriva qualche spunto ritmico-corporeo ecco subito farsi strada
la danza: a coppie, in cerchio… e l’andamento diventava
proprio, nel rispetto delle possibilità di ciascuno.
Le conte, i giochi infantili (Un due tre stella, Le belle statuine,
Oh quante belle figlie e altre filastrocche cantate) sono stati
occasioni per incentivare la motricità o riscoprire movimenti
stereotipati, resi in altre modalità, in un piacevole e gioioso
recupero di essi.
Muovendosi e cantando insieme si è resa possibile una
maggiore consapevolezza dei potenziali sopiti o sottoutilizzati
dell’espressività e della modulazione vocale.
Spesso il canto, spiega Delicati, è anche finalizzato «al
recupero della memoria sonora: il canto è il linguaggio degli
Invecchiare è vivere, conservare cioè
la possibilità di esprimere pienamente
la propria energia vitale.
affetti, delle emozioni, è un mezzo per creare la motivazione
al narrare, al raccontare e al raccontarsi». Le filastrocche
recitate con intonazioni improvvisate hanno consentito di
scoprire anche le molteplici e multiformi possibilità espressive
della voce parlata.
Cantare, nel progetto realizzato, si è rivelata possibilità di
esperienza-progettazione personale e collettiva di sé nonché
occasione preziosa per esplorare e stimolare le capacità
espressive ancora integre di anziani che, spesso a causa di
malattie o di danni legati all’età, avevano perso già buona
parte delle capacità mnemoniche e di orientamento.
Si è riusciti – grazie alla disponibilità e all’adesione sentita e
intensa dei partecipanti – a individuare canzoni adatte alle
diverse circostanze, con il concorso di tutto il gruppo e palese
soddisfazione.
dossIER
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Note
1. Tali dati sono emersi non solo da nostre
osservazioni e da dichiarazioni esplicitate
nel corso degli incontri, ma anche da
testimonianze degli operatori del centro:
sociologa, assistenti sociali, psicologo,
responsabili vari, che hanno raccolto dati
riguardanti il gradiente di motivazione alla
partecipazione al nostro laboratorio, e
anche evidenti trasformazioni
nell’approccio complessivo alla
permanenza nel centro e al loro modo di
affrontare la vita. Da tali valutazioni è
scaturito il rinnovo dell’incarico nel corso
degli anni.
2. Su questo principio-concetto e sulla sua
operatività rimandiamo alla bibliografia
indicata di seguito.
3. Ringrazio Simona Totaro,
danzaterapeuta, ed Eligia Levita,
musicoterapeuta, con le quali abbiamo
progettato, condotto e condiviso il
progetto
4. cfr. www.laes.it
5. A. Bianchini
Alcune tra le canzoni proposte hanno generato tangibili trasformazioni negli
stati d’animo dei partecipanti. Soprattutto si sono evidenziati: positivi
cambiamenti d’umore; maggiore fiducia in sé stessi; diversa disponibilità
all’esserci; accresciuta facilità nel superare momenti di apatia o d’isolamento.1
Ogni anno le attività avviate nel prosieguo del progetto hanno dato vita a
piccole performance per mettere in forma estetica l’esperienza2 e condividere
quanto sperimentato. Ciò con il fine di consolidare l’acquisito, valorizzarlo,
renderlo ben cosciente e farne oggetto sia di personale esperienza (carica di
vissuti e riflessioni), sia di esperienza socializzata e accomunante.
Come il canto è nella musica popolare «strumento evocativo che risveglia le
memorie affettive legate alle esperienze della vita passata e che fa riaffiorare le
emozioni vissute in gioventù, centro del racconto collettivo, l’espressione di ogni
aggregazione e di ogni solitudine», così nel nostro “piccolo grande coro” ogni
canzone diventava strumento d’espressione della storia, del vissuto di ciascuno.
Diversi sono stati gli spettacoli prodotti, in base a quanto più è risultato
d’interesse per il gruppo e funzionale a una resa collettiva. Tra questi È
arrivato un bastimento carico di M… come Memorie, Mare, Meraviglie,
Musica… in cui la voce di ogni partecipante ha preso corpo, presenza, nel
soggettivo ricordo di vecchie nenie, filastrocche, canti e danze
dell’infanzia o della giovinezza. Cantare una canzone, o anche solo il
ritornello, ha favorito l’instaurarsi di un’atmosfera gioiosa, distesa, di
apertura verso gli altri.
«Gocce di memoria… ci si ritrova fanciulli con filastrocche che riempivano un
tempo spensierato. Sapore di semplicità, di amicizia, calore del focolare
domestico, affetto, volti cari, voci antiche intatte nel tempo… torniamo a
La musica e il canto possono
rappresentare un importante
strumento espressivo-comunicativo.
sorprenderci ancora e ripartiamo per godere nuove accelerazioni e provare
sensazioni sopite». Così recita il testo scritto da Elia, una delle ospiti più
attive e intraprendenti del Centro.
I testi sono scaturiti da una scrittura di gruppo, oppure selezionati e scelti
assieme, in un’esperienza di lavoro che mette in gioco non solo sensazioni,
episodi di vita, affetti ritrovati, ma anche momenti di narrazione di sé agli
altri, alla scoperta di incontri possibili e di storie condivisibili.
In questo modo di procedere ogni brano è stato scomposto e ricomposto:
cantato, drammatizzato, ascoltato, mimato, ballato, interpretato… per poter
“gustare” la molteplicità di idee e possibilità esecutive contenute in ciascuno
di essi. Anche il tradizionale Girotondo è stato occasione di memorie
reiterate… con l’intento di rendere “l’apparente ordinario” uno straordinario
che la memoria può recuperare a fini fantasiosi, sostenuta da una
immaginazione che ravviva e riutilizza innovativamente l’antico ricordo.
Le proposte di lavoro sul corpo, sulla distensione muscolare, sull’ascolto
reciproco, sulla respirazione, sulla riattivazione sensoriale, i brani d’insieme, si
sono rivelati efficaci strumenti per vivere e condividere il quotidiano, oltre a
offrire sostegno e rinforzo psicologico.
Cantando, portando l’attenzione sul benessere che emergeva, ci si
dimenticava della routine, si riusciva per un po’ di tempo a distogliere il
7
pensiero dai propri disturbi somatici e anche la mente si sollevava dalle possibili tristi preoccupazioni.
La persona, riconoscendosi membro essenziale dell’insieme, sentendosi affermata nel collettivo e da esso
apprezzata e stimata, trova in una coralità associante – che ha dimensioni relazionali, affettive, corporee,
emotive – una nuova stima di sé, una rinnovata fiducia, oltre a percepire la possibilità di auto-educarsi alle
esperienze vissute. È lo stato generale di salute che ne riceve sollievo e… anche l’ansia vola via!
Partecipare al coro con il proprio io vitale ha prodotto arricchimento in ciascuno, con positivo riverbero nel
gruppo.
«L’arte in altre parole – afferma Bordignon – e la musica nella sua forma più antica qual è il canto corale,
consente a ciascuno di percorrere sentieri non abituali aprendogli possibilità esplorative ed esperienziali
difficilmente raggiungibili… è in questa capacità dell’arte di dare all’uomo ottiche individuali e sociali alternative
che si può fondare un progetto educativo-terapetico a dimensione individuale e di gruppo. Un progetto che fa
non della musica in sé ma di colui che se
ne appropria e la esercita insieme agli
altri (l’anziano che canta) oggetto di
autoeducazione-terapia».
Resta un’utopia pensare di poter
costruire una realtà sociale in cui la
pratica corale assuma il ruolo di
un’attività estetico-etica compagna
dell’uomo lungo l’arco della vita?
Etica unente prima che estetica – e
amatoriale-artistica – perché come dice Bernardino Streito «sperimentare, esercitare e sviluppare le proprie
capacità creative cantando arricchisce la crescita della per-sona (che si esprime col suono) schiudendo inattesi
spiragli di conoscenza sul dentro e fuori di noi».
In fondo, alla base del progetto, c’era l’obiettivo di contribuire a far crescere attraverso il canto cultura e
ben-essere insieme, facendo della coralità (e dei suoi molteplici significati estetico-etico-sociali) una delle
tematiche e delle espressioni significative della vita comunitaria, non inferiore a temi filosofici, etici, politici,
scientifici, culturali e ludici. Far coro può diventare un progetto esistenziale, sociale, umano, un modo di vivere:
donarsi in una coralità di voci-storie; unirsi nelle diversità vocali riconosciute; associarsi in un intento estetico
etico corale…
Proprio con un “motivo” dedicato alla vita, si è concluso il quarto anno d’attività condotto dalla scrivente e da
altri esperti 3 dell’Associazione Laes (l’arte è salute)4 con gli anziani del Centro.
Il canto è strumento evocativo che
risveglia le memorie affettive legate
alle esperienze della vita passata.
Come un canto sia la vita mia
calma e dolce la sua melodia
ogni gesto pieno d’armonia
senza affanno, senza frenesia.
del mio canto resti la magia
la mia voce, sia la via.5
Ciascun anziano ha cantato da solo e insieme, con gusto e pienezza, da protagonista non solo di un’esperienza,
ma d’una vita costruita e vissuta con arte, giorno dopo giorno.
Per approfondire
A a.Vv., Musica adulti e terza età, «Quaderni di musica applicata», P.C.C., Assisi, 1984.
M.L. Aucher, L’homme sonore, Epi, Parigi, 1977.
M.L. Aucher, Je me chante - 30 chansons pour la decouverte du corps vivant et l’eveil (cd).
L.M. Lorenzetti, La dimensione estetica dell’esperienza, Franco Angeli, Milano, 1995.
L.M. Lorenzetti, Psicologia estetica narrazione, Franco Angeli, Milano, 1997.
L.M. Lorenzetti, Persona amore bellezza, Franco Angeli, Milano, 2001.
S. Navone, Musica tra le menti, La casa Centro assistenza servizi per anziani, Schio, 2009.
dossIER
8
La gioia nelle voci e nelle mani
di Rosanna Danelon e Alessandra Muratori
educatrici presso l’istituto la nostra famiglia di san vito al tagliamento
Joy in Voices and Hands
«…imparano la musica con il cuore e,
se non hanno la voce, la cantano con
le mani, le loro piccole mani avvolte
dai guanti bianchi. Esprimono
ritmicamente qualsiasi pezzo
musicale, tracciando poetiche geografie, insegnano il ritmo
delle vibrazioni. Il loro “canto dei segni” è gioia e cura, è
diritto a esprimersi, è possibilità di partecipare alla vita
degli altri.» (Josè Antonio Abreu)
La storia del Coro Manos Blancas ha inizio nel 1999 in
Venezuela quando Naybeth Garcia, docente e assistente nella
scuola di musica del maestro Josè Antonio Abreu, ebbe l’idea
di applicare il metodo “El Sistema”, fondato 24 anni prima
dallo stesso maestro Abreu, a bambini con deficit cognitivi e
sensoriali. Giannola Nonino, imprenditrice e fondatrice nel
1975 del Premio Internazionale Nonino, ha accolto per prima
in Italia l’esperienza Manos Blancas attribuendo nel 2010 il
premio Risit d’àur a Naibeth Garcia. In quell’occasione la
Garcia in una sola settimana dimostrò l’efficacia di quella
disciplina coinvolgendo un gruppo di bambini friulani
nell’interpretazione di un brano musicale. Giannola Nonino,
con la collaborazione degli operatori del centro di
riabilitazione La Nostra Famiglia di San Vito al Tagliamento e
del Piccolo Coro Artemìa di Torviscosa del maestro Denis
Monte, dette così vita al Coro Manos Blancas del Friuli.
In Venezuela di questi cori in dieci anni ne sono stati creati
dodici, nell’ambito dell’avanzatissimo programma di
educazione speciale del sistema nazionale delle orchestre
giovanili ideato dal Maestro Abreu, che si propone il riscatto
dei bambini e dei ragazzi più sfortunati attraverso la musica
considerata «un agente dello sviluppo sociale nel senso più
elevato, perché trasmette i valori di solidarietà, armonia,
compassione reciproca». Un programma che prevede la
suddivisione in due aree: quella gestuale, formata
principalmente da bambini e giovani con deficit uditivi, i
quali utilizzano i guanti bianchi o colorati a seconda
dell’opera che interpretano, e quella vocale, formata da
bambini e giovani con handicap visivi e cognitivi, con
difficoltà motorie, dell’apprendimento e autismo; partecipano
anche ragazzi senza alcun tipo di deficit all’insegna della
piena integrazione e dell’armonia di cui è veicolo la musica
stessa.
Il sistema venezuelano ha saputo coinvolgere direttori come
Claudio Abbado, Simon Rattle, Shoji Sato, ma anche il
quartetto d’archi della Filarmonica di Berlino e il Museo
Beethoven di Bonn, dove un paio di guanti bianchi
conservati in una teca ricordano che anche il celebre
compositore era una persona sorda.
In Italia, e in particolare in Friuli, dopo un primo momento di
grande entusiasmo e di fascino suscitati dalla figura
carismatica di Naybeth Garcia, ci si è trovati innanzitutto a
impostare un sistema di obiettivi, proposte e attività da
adattare alla realtà italiana sicuramente “sorda” ai richiami
dell’educazione musicale in genere e in modo particolare a
quella da proporre a scuola; a tutto ciò si è aggiunta una
proposta di educazione musicale per disabili e non (diversa
dalla musicoterapia), da implementare all’interno di una
progettualità più ampia che pone tra i suoi obiettivi
principali l’integrazione e la promozione della persona in un
clima di attenzione e di partecipazione umana.
Si può facilmente comprendere quanto l’impresa racchiuda
in sé un sapore di sfida: a San Vito al Tagliamento si è
deciso di affrontarla sicuramente aiutati da molto ottimismo,
da una lunga esperienza lavorativa nell’ambito
dell’educazione speciale ma soprattutto dall’entusiasmo e
dalla carica energetica di Giannola Nonino e dalla
competenza e grande disponibilità a sperimentare assieme
del maestro Denis Monte e del suo coro. Fondamentale è
stato, inoltre, il corso di formazione che la signora Nonino
ha organizzato a settembre 2010 presso la Nostra Famiglia
di San Vito al Tagliamento dove, chiamati dal Venezuela, la
Garcia, il marito Jhonny Gomez, direttore nazionale del
programma, e il prof. Chichilla Anchieta Luis Angel, direttore
del Coro Manos Blancas venezuelano per la parte vocale, per
due settimane hanno lavorato con operatori del centro di
riabilitazione, con insegnanti e musicisti al fine di fornire loro
alcune tecniche di direzione e gestione di un coro del tipo
Manos Blancas. A tale corso hanno partecipato anche alcuni
insegnanti della scuola di musica del Testaccio di Roma che
successivamente, per volontà di Giovanna Marini e con
l’appoggio dell’Associazione Stentore, hanno costituito il Coro
Mani Bianche della scuola popolare di musica del Testaccio.
Dopo il corso formativo, a San Vito si è sperimentata la
metodologia appresa e sono state riadattate le proposte
adeguandole alle esigenze dei bambini chiamati a far parte
del coro. Soprattutto si è cercato di valorizzare le opportunità
educative e gli stimoli all’ampliamento delle capacità
espressive e comunicative perché la partecipazione all’attività
si trasformasse per i bambini in preziosa occasione di crescita
umana. Attualmente il coro gestuale è formato da 30 elementi
di età compresa tra i 7 e i 29 anni; i bambini e ragazzi sono
affetti da patologie quali Sindrome di Down, deficit cognitivi,
deficit sensoriali, disturbi linguistici, compromissioni motorie,
disturbi emozionali e di relazione. Del gruppo fanno parte
anche alcuni ragazzi normodotati che hanno deciso di
avvicinarsi a questa altra voce della musica e che sono stati
accolti proprio per testimoniare come l’integrazione possa
avvenire anche a partire da momenti piacevoli da condividere.
Il coro è diretto dalla dott.ssa Paola Garofalo, logopedista che
da molti anni si occupa di disturbi della comunicazione in età
evolutiva e di disturbi specifici del linguaggio, in particolare
quelli legati alla sordità. La sua attività è coadiuvata da
alcune insegnanti di scuola primaria, da un’assistente alla
comunicazione e dal presidente dell’associazione Amici Coro
Manos Blancas del Friuli.
L’attività del coro gestuale consta nell’interpretare una
melodia, un canto, un brano musicale eseguiti dal coro
vocale, con le mani “che segnano” cioè che si muovono in
modo coreografico concretizzando la musica, ovvero
trasformandola in qualcosa che oltre a essere ascoltato, si
può anche vedere. I coristi indossano dei guanti bianchi per
enfatizzare i loro movimenti e renderli al
contempo più fruibili per il pubblico. La
musica diviene così un momento altamente
comunicativo espresso anche senza la
verbalità. Una delle principali finalità, infatti,
consiste nell’arrivare alla comunicazione
attraverso una modalità espressiva diversa:
«le parole dell’anima attraverso le mani che segnano… anzi
che cantano».
Il progetto sviluppato a San Vito consta di due parti: una
relativa al coro gestuale e una relativa all’educazione
musicale propedeutica allo svolgimento delle attività proposte
a livello gestuale. Con il programma di educazione musicale si
propone di coinvolgere i bambini con sviluppo atipico in modo
9
Abstract
The article describes the application in Italy of the
Manos Blancas [White Hands] choral project run by
Naybeth Garcia as part of Josè Antonio Abreu’s
musical education system. Manos Blancas brings
children and young people with hearing
impairments, who take on the choreographic
aspect, together with others with impaired sight
and cognitive problems, who play the vocal role.
Kids with no impairment of any type take part as
well, reflecting the full integration and harmony
conveyed by music itself.
The project has been imported from Venezuela to
Italy’s Friuli region at the initiative of distillery
owner Giannola Nonino, who invited Naybeth Garcia
over and awarded her the company’s Risit d’Aur
prize in 2010. The course that the Venezuelan
teachers held at that time at the La Nostra Famiglia
rehabilitation school in San Vito al Tagliamento was
the springboard that launched a Manos Blancas
chorus in Friuli, trained by Denis Monte and his
assistants. The course was also attended by
teachers from Rome’s Testaccio district school,
where a similar project has been started up.
Manos Blancas is now a scheme widespread in
Italy, proving that music, in its many and varied
interpretations, can overcome all barriers.
globale. Il comprendere e dunque anche produrre e, in questo
contesto, il “far musica insieme” diventa occasione di
socializzazione e, quindi, in senso lato, preziosa opportunità
per star bene con se stessi e con gli altri. Dal momento che
l’esperienza musicale si arricchisce nell’interazione con
esperienze “di più ampio respiro” e proprio perché si vuole
Il “far musica insieme” diventa
occasione di socializzazione.
coinvolgere il bambino in modo globale, viene dato ampio
spazio all’utilizzo dei linguaggi verbale e motorio. Il corpo
diventa lo strumento privilegiato per l’interiorizzazione delle
strutture ritmiche, ma anche per la comprensione degli altri
aspetti della musica, oltre a sviluppare la coordinazione, la
lateralità e la manualità (in riferimento allo strumentario in
classe). Le attività proposte in questa esperienza musicale
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Coro e integrazione: l’io e l’altro
di Silvia Azzolin
direttrice del coro giovanile di thiene
Choir and Integration:
The Other and I
hanno, inoltre, lo scopo di potenziare i tempi di attenzione e concentrazione, di affinare la
percezione e l’osservazione, migliorare la socializzazione attraverso l’interazione con i compagni,
favorire il rispetto delle regole e il superamento degli atteggiamenti inadeguati.
I risultati fin qui ottenuti si possono considerare stupefacenti in termini di competenze
raggiunte, motivazione dei ragazzi e partecipazione attiva delle famiglie che vedono nell’attività
del coro un’occasione di valorizzazione delle “altre” abilità dei loro figli. Ne sono testimonianza i
numerosi eventi ai quali abbiamo partecipato come ad esempio l’assegnazione del Golden
Opera Award per la Solidarietà - Oscar della lirica all’Arena di Verona; il concerto presso il teatro
Olimpico di Roma all’interno della manifestazione Mani bianche per Stentore, promosso
dall’Associazione Corrado Sanucci, con
l’esibizione assieme al Coro Mani Bianche di
Roma; la partecipazione al Premio Nonino del
2010-2011-2012; l’assegnazione del premio
Colombe d’oro - Archivio disarmo per la pace a
Roma; la partecipazione alla manifestazione
Marelba con esibizione a Portoferraio; la
partecipazione al concerto Voci e mani inCanto
tenutosi alla Basilica Superiore di Assisi.
Al di là di queste esperienze importanti e stimolanti, l’attività quasi quotidiana con i bambini e i
ragazzi del Coro Manos Blancas ci rende ancora più consapevoli di come la musica, nelle sue
diverse e molteplici interpretazioni, sia in grado di superare tutte le barriere, sia quelle reali sia
quelle innalzate arbitrariamente dall’essere umano. Quando le voci bianche (candide non solo in
senso canoro) dei meravigliosi coristi del Piccolo Coro Artemìa riempiono il silenzio di un
qualsiasi palcoscenico e i Manos Blancas fanno danzare le loro mani, la musica diventa la
protagonista assoluta e ogni diversità si trasforma in opportunità e ricchezza per chi guarda e
ascolta.
Ogni diversità si trasforma
in opportunità e ricchezza
per chi guarda e ascolta.
Ultimo giorno di carnevale, serata
conclusiva di un progetto musicale
interno a una scuola elementare che
vedeva tutti i bambini protagonisti di
uno spettacolo di canti e danze
popolari del proprio territorio. Uno di
loro è A., un bambino affetto da
sindrome di down con grave compromissione della sfera cognitivo-comportamentale. I musicisti
che ci accompagnavano intervallano i canti fatti con i bambini, a esecuzioni di pezzi strumentali,
raccolti nelle loro ricerche etnomusicologiche. Durante uno di questi brani A. si alza, si infila
sotto la sedia del percussionista e prende uno dei suoi tamburi, unendosi all’esecuzione con un
ritmo velocissimo e perfettamente a tempo. I musicisti iniziano a improvvisare con lui e i
bambini seguono a ruota accompagnandoli con mani e piedi. Incrocio lo sguardo del papà di A.
con le lacrime agli occhi, mentre accompagna anche lui con il battito delle sue mani: mi auguro
di cuore che abbia avuto altre occasioni di vedere suo figlio felicemente partecipe a
un’esecuzione musicale autentica e di godere nel fare musica insieme a lui.
Questa esperienza, ben impressa nella memoria mia e di tutti i presenti a quella serata, mi ha
confermato che la musica può…
…può rendere le differenze una risorsa musicale, può rendere tutti partecipi attivi di un progetto
significativo, può offrire a tutti la possibilità di fare autentiche esperienze del bello, può farci
sentire in pienezza persone.
Da più parti si considera la musica, accanto ad altre forme artistiche come ad esempio la
danzaterapia e l’arteterapia, un mediatore educativo di straordinario valore nell’incontro con
l’altro inteso come altro da me, ovvero il compagno, il bambino diversamente abile, chi presenta
difficoltà comportamentali o d’apprendimento di varia natura, il bambino che proviene da un
altro paese, che appartiene a un’altra cultura. Il linguaggio musicale infatti può costituire un
Abstract
In addition to being an artistic experience of enormous value, music can be an exceptional formative go-between in the
encounter with the other, in the sense of other than oneself: indeed, the language of music can act as a fast track for
relating and sharing experience, so making music together is a resource for inclusion.
Making music, and singing in a choir in particular, with a view to inclusion, at the same time staunchly upholding artistic
intent, calls for an on-going quest for solutions and strategies making it possible to fulfil every individual’s potential and
reveal and enhance his or her identity, starting out from creating the awareness of the self in relation to the other. This, at
times, comes about in ways not explicitly planned, when a circuit of actions, sensations, glances, and intentions is generated
and, as if by alchemy, makes each individual feel a truly active part of the musical project.
Performance, the show, which they all perceive as the prime goal, can turn into a context for integration in so far as priority
has been given to the individual, to his or her specificity and need/desire for recognition and acceptance. If this is to come
about, the conditions in which the choir truly becomes an environment for human, personal and musical growth have to be
fostered, making it jointly responsible for the creative processes and the prime crafter and beneficiary of the wonder of
making music and performing together.
dossIER
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Un coro in psichiatria
di Simone Scerri
psicologo e ricercatore
A Choir for
Psychiatric Patients
canale privilegiato di relazione e condivisione di esperienze:
dunque, fare musica insieme rappresenta una risorsa per
l’integrazione o, mutuando un termine anglosassone, per
l’inclusione.
Cosa significa concretamente fare musica, e in particolare fare
coro, in prospettiva inclusiva?
Nella mia esperienza di direttrice di coro e insegnante di
scuola, spesso coinvolta in attività musicali, mi sono posta
spesso questa domanda e ho cercato, con molta onestà, di
interrogarmi sul mio fare quotidiano perché lavorare
integrando le differenze di ciascuno non è così semplice: non
si tratta di far suonare il tamburo agli stonati o i legnetti (che
si sentono meno) ai bambini con difficoltà,
non si tratta semplicemente di fare divertire
cantando anche chi non riesce a
partecipare ad altre attività, bensì
valorizzare ogni persona, scoprire e
integrare la sua identità, a partire dalla
costituzione del sé in rapporto all’altro,
attraverso l’esperienza del suono, dello
spazio, del tempo e delle relazioni.
Questo non mi riesce sempre, almeno non in modo
specificatamente progettato e programmato, ma a volte si
genera una circolarità di azioni, emozioni, sguardi, intenzioni
che, come in un’alchimia, fa sentire ciascuno parte davvero
attiva nel progetto musicale, insomma ci unisce tutti.
L’esecuzione, lo spettacolo, obiettivo sentito da tutti come
primario, può diventare contesto di integrazione nella misura
in cui sia data priorità alla persona, alla sua specificità, al suo
bisogno/desiderio di essere riconosciuta, accolta, ri-chiamata,
“toccata” dagli sguardi, dalle parole, dalle mani dell’altro. Ciò
non significa necessariamente piegare la ricerca del bello in
musica alla banalità per far partecipare tutti: i ragazzi del
coro di cui sono direttrice sono riusciti a ottenere un
significativo riconoscimento artistico al concorso di Vittorio
Veneto lo scorso maggio pur essendo di età, provenienza e
“abilità” molto diverse.
L’integrazione del bambino, come dell’adulto, non avviene
quando lui si adegua ai modelli comportamentali del gruppo
e nemmeno quando il gruppo si adegua ai suoi, ma quando si
sente autenticamente accolto e valorizzato nelle sue
potenzialità, quanto sente di essere, in modo significativo,
parte del progetto collettivo, il che significa, per un direttore
e un educatore, costruire dei contesti educativi e musicali
autentici dove ciascuno, a partire dai propri bisogni, come
pure da quelli degli altri, possa esprimersi e crescere.
In questo senso, personalmente considero un contesto
autentico di integrazione proprio l’attività corale, intesa in
prospettiva ampia, non solo e non tanto come l’acquisizione
La musica può rendere
le differenze una risorsa musicale.
di un repertorio e relativa esibizione di gruppo schierato con
direttore, ma come momento di condivisione di esperienze, di
proposte, di emozioni, di sfide, di creazioni, di aggregazione e
comunicazione interpersonale, oltre che di ricerca, di crescita
musicale, di studio.
Dal mio modesto punto di vista, sta a noi direttori costruire le
condizioni in cui si possa generare questa alchimia, in cui il
coro diventi veramente un ambiente di crescita umana,
personale e musicale, scegliendo repertori adeguati,
pensando all’esecuzione come momento di comunicazione più
che di “esibizione” d’eccellenza ma soprattutto rendendo il
gruppo corresponsabile nei processi creativi investendo
energie nella ricerca di soluzioni “diverse”, protagonista
consapevole nelle scelte estetico-musicali, primo artefice e
fruitore della bellezza del far musica e del creare insieme.
L’idea di partenza
Nel 2004, all’interno del Dipartimento
di Salute Mentale dell’Azienda
Ospedaliera San Gerardo di Monza,
nasce l’idea di costituire un
laboratorio corale composto da
pazienti in carico al servizio e
operatori. Si intende utilizzare questa attività a scopo
riabilitativo: infatti i pazienti dovranno mantenere un
impegno settimanale, mettersi in gioco dal punto di vista
relazionale, mettere in azione capacità di apprendimento,
giocarsi dal punto di vista espressivo e tanto altro ancora.
Mi viene affidato il compito di condurre questo progetto: la
mia passione per l’attività corale e la mia professione di
psicologo hanno un’occasione per incontrarsi, così con
passione ed energia mi metto al lavoro.
Già in fase di progettazione occorre tenere conto del fatto
che lavorare con la voce vuol dire lavorare con le emozioni:
numerosi studi dimostrano infatti che le emozioni agiscono
sulla voce modificandone ad esempio il ritmo, l’intonazione,
l’intensità, il timbro. Allo stesso modo è evidente come la
voce possa a sua volta agire sulle emozioni in un rapporto di
circolarità.
Questo apre spazi di pensiero anche sulle potenzialità
dell’uso comunitario della voce: questi aspetti non sono
marginali se si considera che la maggior parte dei pazienti
gravi che prende parte a questa esperienza vive un rapporto
spesso compromesso con il proprio mondo emotivo e ha
pochissime occasioni di socializzazione.
L’obiettivo primario del laboratorio non è dunque di tipo
artistico; piuttosto, la musica diventa uno strumento messo
Abstract
The article tells the story of a choir formed in a
psychiatric department in Lombardy. It starts with
the initial idea and recounts the chief factors to
which attention has to be paid when planning a
choral workshop of this type. It then goes on to
give a brief account of a number of key episodes in
the choir’s life, concluding by addressing a number
of factors that may be used to appraise the
importance of this type of work and its potential
musical and social spin-offs.
al servizio di obiettivi “altri”: obiettivi per la persona
(percezione della risonanza interna di suoni provenienti
dall’esterno e percezione di sé come “sorgente musicale”;
sviluppo dell’attenzione globale e selettiva attraverso un
lavoro sulla concentrazione e sull’ascolto; riconoscimento del
rapporto tra suono prodotto e stati d’animo), obiettivi per la
persona in relazione al gruppo (sperimentazione di sé come
parte di un gruppo di lavoro; socializzazione) e obiettivi
musicali (presa di coscienza di elementi relativi a
respirazione, postura, intonazione, fonazione; organizzazione
del tempo musicale per mezzo del ritmo; percezione di
armonie e disarmonie sonore).
Lo sviluppo del progetto
Gli incontri avvengono a cadenza settimanale e hanno la
durata di due ore. Al progetto prendono parte circa 25
persone e il percorso sembra andare nella direzione opposta
rispetto a quello dei cori “ordinari”: generalmente si inizia a
cantare a una voce per poi passare alla polifonia, qui si inizia
con 25 voci – tante quanti sono i partecipanti o quasi – fino
ad amalgamarle dal punto di vista dell’intonazione, del ritmo
e del suono per arrivare a una voce sola. E poi a due. E poi a
tre.
Dal punto di vista del repertorio, inizialmente vengono
alternati canti popolari italiani (che facilitano
l’apprendimento) alla musica leggera italiana (fortemente
richiesta dal gruppo). Dopo un periodo di sperimentazione si
punta su un repertorio meglio definito: la canzone italiana
degli anni ’40. Essa sembra unire le caratteristiche che
facilitano l’apprendimento con quelle che generano
divertimento, così il coro acquisisce un’identità – oltre che
con un nome (Voci Fuori Dal Coro) – anche dal punto di vista
del repertorio. L’identità viene costruita anche attraverso una
divisa, ideata e realizzata dai cantori stessi: una maglietta
arancione, con un arcobaleno a fare da pentagramma con
alcune note musicali.
Dopo sei mesi di lavoro insieme arriva una prima importante
opportunità: il coro partecipa infatti al primo Festival
Nazionale “Coralmente Abili” di Volterra (Pi), dove può vivere
per due giorni a contatto con gruppi analoghi provenienti da
dossIER
14
tutta Italia. Si tratta di una iniziativa sociale molto interessante, a cui il coro
parteciperò anche negli anni successivi. Negli anni saranno molteplici le
occasioni anche per altre esibizioni.
Alcune riflessioni
Delle tante attività proposte ai pazienti del dipartimento, il coro sembra essere
quella con maggiore tenuta nel tempo e con maggiore attaccamento da parte
dei partecipanti. Questo lo si deve al potere della musica corale, ma molto
anche all’impegno con cui gli operatori hanno sostenuto e tuttora sostengono
questo progetto: dal punto di vista pratico/organizzativo, con l’entusiasmo, nel
motivare i pazienti nei momenti di fatica. Il coro è diventato un appuntamento
fisso e atteso settimanalmente, un’occasione di incontro, un’occasione di
appartenenza a un gruppo. Alcune istantanee mi aiutano nel testimoniarne la
preziosità: Marina, che in comunità passava tutto il suo tempo senza parlare
con nessuno, come fosse muta, veniva al coro a cantare e quello era l’unico
momento in cui gli altri sentivano la sua voce; Angelo, che cantava urlando
nonostante i miei inviti a non “coprire” gli altri e poi raccontò di avere
allucinazioni uditive che tentava
di coprire – informazione
importante ai fini della sua
cura; Francesco, da sempre
chiuso in se stesso, che un
giorno arriva a cantare in
pubblico un brano da solista;
Mauro, che componeva canzoni e una di queste è entrata nel repertorio
natalizio del coro. E poi la cena per i cinque anni di vita del coro, dove si
ricordavano tantissimi episodi che erano lì a testimoniare che con quel coro
avevamo costruito, insieme, una storia.
Lavorare con la voce vuol dire
lavorare con le emozioni.
FARE UNO
Alchimie corali fra teatro sociale e lavoro di gruppo
di Maria Galantino
direttrice della corale del ce.n.tr.o.
21 onlus
Choral Alchemy
Between Community Theatre
and Group Project
Sono già passati più di tre anni dal
primo incontro, ma la sensazione è di
un tempo in-nato che ci accompagna
ogni volta nel laboratorio musicale,
nella lezione di coro, nelle lezioni di
approfondimento sulla messa in scena…
Sto parlando di un work in progress
che è anche una commedia musicale:
fare uno - Frammenti da un Mondo sconosciuto, un’esperienza di
creazione collettiva, con diversi gradi di partecipazione. La
“matrice umana” è la Corale del Ce.N.Tr.O. 21 di Bologna, una
realtà associativa già al ventesimo anno di attività nel
panorama del volontariato bolognese, la cui azione è dedicata
allo sviluppo delle autonomie nelle persone Down adulte; la
direzione artistica del progetto è affidata a Calyx Luoghi
sensibili dell’Ascolto, una giovane associazione culturale che ho
l’onore di presiedere e che si ispira all’alchimia come pratica del
fare arte, sia nelle relazioni tra gli artisti e con il pubblico che
nell’ideazione delle proposte di spettacoli e/o laboratori. Ciò al
Abstract
Solidarietà per l’Emilia
Siamo profondamente addolorati per il sisma che ha colpito molti paesi e zone dell’Emilia; esprimiamo il nostro sentito
cordoglio per le vittime e la solidale vicinanza a tutti coloro che sono stati colpiti da questo tragico evento.
In particolare vogliamo far sentire agli amici dei cori emiliani la nostra solidarietà e quella della coralità italiana aprendo una
sottoscrizione per raccogliere fondi la cui destinazione sarà concordata con l’Aerco (Associazione Emiliano-Romagnola Cori).
È stato pertanto attivato un conto dedicato sul quale versare offerte e contributi; Feniarco ha già provveduto con una
sottoscrizione di mille euro.
Le coordinate sono le seguenti:
FENIARCO - pro Emilia
Banca Prossima
IBAN IT62 V033 5901 6001 0000 0067 783
Esprimiamo il più vivo auspicio che le ferite di questa calamità possano essere al più presto rimarginate pur nella
consapevolezza che resteranno irreparabili alcune perdite di legami umani, storici e culturali.
15
fare uno - Frammenti da un Mondo sconosciuto
[Making One: Fragments from an Unknown World]
is a community theatre project, a collective
production staged by Maria Galantino with
Bologna’s non-profit Ce.N.Tr.O. 21 [National Trisomy
Centre 21] choral society, a 35-strong group that
includes 15 adults with Down’s syndrome; its
artistic direction has been taken on by Calyx
Luoghi sensibili dell’Ascolto, a cultural association
that takes its cue from alchemy as a method of
practising art. It sets out to guide us towards our
innermost space, the “unknown world.”
fare uno uses songs, sketches and choreography to
recount this journey, but it primarily uses the bodies,
eyes, hands and embraces, unexpected smiles and
wonderfully judged ad libs of the real stars, who call
themselves I Ragazzi [the lads]. A “handicap” is a
widespread condition that we “normally” attempt to
disguise. Establishing an authentic relationship
makes it possible to dissolve the “handicap.” This is
where art’s transforming power lies!
fine di riportare in uno spazio molto vicino a noi le dinamiche e
le azioni solitamente proiettate e rappresentate fuori di noi, sul
“palcoscenico”, per accompagnarci, come una magica lanterna,
verso il nostro spazio interiore, il “mondo sconosciuto”.
L’alchimia, processo alla base di ogni forma di vita e di arte,
ricompone le distanze, avvicina, facendo emergere le paure e le
difficoltà, le differenze, ma anche le meraviglie della
condivisione e la gioia di essere nella partecipazione.
fare uno prova a raccontare un’esplorazione di questo mondo
sconosciuto non privo di pericoli e di tranelli anche molto
sofisticati, e lo fa attraverso le canzoni (brani da musical, dal
pop italiano o internazionale), le scene recitate (da Collodi o da
Carrol o da riflessioni degli stessi componenti il gruppo) o le
coreografie ma, soprattutto, lo fa attraverso quello che non
viene detto e cantato, attraverso i corpi, gli sguardi, le mani e
gli abbracci, i sorrisi inaspettati, i fuori tempo splendidamente
calibrati dei protagonisti, detti “I Ragazzi” (grazie allo sguardo
genitoriale “allargato” dei volontari/e che contribuiscono ad
animare la corale).
Nei miei percorsi artistici e formativi non avevo ancora avuto,
prima di questo incontro, l’occasione di essere posta in maniera
così forte e delicata davanti all’autenticità del disagio, condizione
comune a tutti/e ma che tutti/e proviamo a rimuovere e a
mascherare. La pratica di una relazione autentica fa sì che il
“disagio” possa essere sciolto, senza comunque perdere di vista
le difficoltà. In questa prima fase del progetto fare uno, obiettivo
centrale è stato quello di curare il fiorire della relazione,
attraverso l’espressione artistica, musicale, attoriale e
coreografica, evitando da subito un’immersione in aspetti più
“tecnici”, di intonazione, di emissione o di articolazione; ma,
come accade in una buona fioritura, questa esigenza si fa
ugualmente sentire spontaneamente nella stessa pratica
artistica, che si tratti di prepararsi all’incisione in studio (il primo
cd portavoce del progetto è stato registrato nel 2011) oppure
quando si lavori al perfezionamento della recitazione di una
scena, dimostrando che «…sbagliando si cambia», come afferma
orgogliosamente uno dei Ragazzi…
dossIER
COEURS EN CHOEURS
HEARTS IN HARMONY
di Giorgio Morandi
«Lo stare insieme di disabili, ammalati e persone in buona salute è condividere la felicità della
comunione di tutti gli esseri umani…Non ci sono due mondi, quello delle persone abili e quello
degli “altri”. Esiste un solo mondo, quello di tutti gli uomini e di tutte le donne che formano la
società. Non esiste una causa umanistica più grande di quella che vuole superare le differenze…
Praticare il canto corale significa mettere in armonia le voci, gli spiriti e i cuori.»
Trondheim (Norvegia) nel 2008; nel 2010 fu la volta di Budapest,
Barcellona e Valencia; nel 2011 Örebro (Svezia), Novi Sad (Serbia)
e Francia; nel 2012 si ripeterà a Novi Sad mentre per il 2013
l’evento è già programmato nelle Fiandre. È da sottolineare anche
il fatto che gli eventi di Budapest, Barcellona e Örebro fanno
parte del programma Uniting Youth in Song (Unire i giovani nel
canto) realizzato in collaborazione con Feniarco, scic (associazione
corale della Catalogna/Spagna), kota (associazione corale
ungherese), il Festival Europa Cantat di Utrecht (2009) e Europa
Cantat. Questo progetto è stato selezionato e finanziato nel
Programma Cultura 2007-2013 dell’Unione Europea.
Hearts in Harmony a Barcellona ha ricevuto il premio Musical
Rights Award dell’International Music Council, un’importante
riconoscimento per programmi e progetti che sostengono in
modo esemplare i diritti musicali enunciati dal Consiglio stesso il
quale afferma, fra l’altro, che «il Musical Rights Award di imc è un
programma che mira a coinvolgere nel fare musica persone con
handicap e disabilità diverse, fondandosi su due importanti
principi: le persone con disabilità definita siano integrate con i
musicisti e quant’altri facciano musica senza aver visto
riconosciute possibili disabilità. E inoltre, i responsabili, come
dirigenti e direttori di coro di gruppi integrati attraverso studi
privilegiati, siano preparati a creare una unità naturale di tutti
coloro che fanno musica.»
A tutt’oggi Hearts in Harmony ha coinvolto portatori di handicap
della vista (campo in cui hanno un merito speciale il Youth
Committee di Europa Cantat, che nel 2009 promosse un
workshop dal titolo “Cantare con un handicap”, e l’associazione
corale ungherese kota), persone disabili nell’udito (in Norvegia e
in Svezia, usando il linguaggio dei segni), disabili affetti dal
Morbo di Alzheimer (in Spagna) e disabili affetti da Morbo di
Parkinson (in Francia).
Allo scopo di rendere più comprensibile in concreto di cosa si
tratta, si ritiene di fornire alcuni dettagli sugli ultimi due eventi
citati, peraltro rimasti memorabili.
Il primo straordinario evento ebbe luogo a Valencia nel
settembre 2010. Straripante per quantità e per emozioni il
pubblico del Palau de la Musica di Valencia, composto da una
variegata gamma della società locale, amici, parenti e
simpatizzanti per la causa, ha vissuto l’esperienza dell’ascolto di
un coro molto speciale, un coro composto da pazienti affetti da
Morbo di Alzheimer.
Alzheimer è una condizione neuro-degenerativa cronica e
progressiva che provoca la perdita irreversibile delle capacità
intellettuali quali la memoria, la comunicazione e l’abilità
organizzativa. È in questa situazione che, grazie alle felicissime
intuizioni e alla dedizione di alcune persone, la musica è
diventata un alleato straordinario materializzatosi in un coro.
La storia del coro era cominciata qualche mese prima al centro
diurno di terapia per l’Alzheimer. L’esperto di terapia musicale
lavorava da tempo adottando strategie diverse. Usando il ritmo,
il canto ed esercizi di percussione aiutava i pazienti a socializzare
fra loro e a migliorare – cosa ancor più importante – la loro
salute fisica ed emozionale. Il successo della terapia fu presto
evidente e superò ogni iniziale aspettativa: pazienti che
17
Abstract
Coeurs en Choeurs began as special project (thanks
to ‘A Coeur joie’) in France in 2006 in order to include
people with disabilities in choirs. The first event was
a magnificent concert at the Palais des Congrès de
Paris performed by a choir of 300 singers – half with
impairments and disabilities – accompanied by an
orchestra. The European Music Council (emc)
recognized the Paris concert as the Musical Event Of
The Year and part of the Biennale Européenne. Since
its inception, the project has snowballed and now two
or three events take place every year in various
countries under the supervision of the European
Choral Association.
The project aims to involve singers who are blind or
sight-impaired, deaf or hearing-impaired an, those
with Parkinson’s or Alzheimer’s disease. With
Hearts-in-Harmony, Europa Cantat and the choral
world are hoping to promote the wider inclusion of
singers with impairments. Two Hearts-in-Harmony
events were held in Spain and France recently, the
former designed to include those suffering from
Alzheimer’s disease and the latter for those with
Parkinson’s disease.
coeurs en
L’insieme di tutte queste convinzioni è all’origine del progetto Coeurs en Choeurs (Hearts in
Harmony) in cui cantori disabili e cantori abili si mettono insieme per operare in comunione
esprimendosi con la musica e prevalentemente nella forma corale.
Poiché il canto corale è per essenza eminentemente fusione e quindi portatore di virtù
umanistiche, il progetto Coeurs en Choeurs è nato per raccogliere in un solo coro molte
centinaia di cantori disabili e abili (in proporzioni paritarie o con prevalenza dei disabili), allo
scopo concreto finale di costruire e presentare un grande concerto pubblico a Parigi.
Il progetto quindi è nato in Francia nel 2006 e ha messo insieme la passione e le energie della
federazione internazionale dei cori A Coeur Joie, della federazione corale europea Europa Cantat,
dei cori della federazione Handivox, di Turbulences – associazione che si occupa delle persone
autistiche – del coro Quinze-vingt e di molti altri cori.
Grazie al sostegno della Fondation de la 2 e Chance (associazione che attraverso una rete di
sponsors si dedica all’accompagnamento di persone che nonostante un percorso di vita a
ostacoli – perdita di lavoro, disabilità, ecc. – lottano per realizzare i loro progetti professionali),
grazie al contributo del Groupe Bolloré e di molte istituzioni che operano a favore delle persone
disabili, il progetto Coeurs en Choeurs si è concretizzato per la prima volta il 6 maggio 2006 nel
Palazzo dei Congressi a Parigi quando i cuor di 300 cantori – di cui 150 disabili – hanno vibrato
all’unisono grazie alla loro passione per il canto. I coristi furono diretti da Thierry Thiébaut,
direttore generale di A Coeur Joie, e accompagnati dall’Orchestra delle Università di Parigi
diretta da Pierre Calmelet.
Presentato allo European Music Council, il concerto di Parigi fu dichiarato “Evento Musicale
Europeo dell’Anno” e diventò un evento europeo a programmazione biennale. In realtà il
progetto in tre o quattro anni si sviluppò molto più del previsto e dal 2010 in poi non solo è
diventato un evento annuale, ma addirittura si presenta con più manifestazioni: dopo Parigi ci fu
18
praticamente non parlavano più, cominciarono a intervenire
nei canti sempre più frequentemente, ed altri che a malapena
stavano in piedi e potevano ancora camminare terminavano
la loro sessione terapeutica musicale danzando. Incredibile, e
non soltanto per noi che oggi conosciamo questi eventi, ma
anche per chi ebbe il coraggio e la lungimiranza di introdurre
sui propri assistiti questo genere di terapia.
L’idea iniziale del coro era stata di uno studente di musicoterapia che incoraggiò i pazienti a cantare insieme agli altri,
cominciando dal ricordo dei canti della loro giovinezza. Ben
presto quella che era una delle tante attività del centro
diurno degli alzheimeriani, divenne una attività specifica,
precisa ed autonoma.
Per farla breve, dopo soli tre mesi di prove di coro i cantori
erano capaci non soltanto di eseguire i canti che ricordavano
dalla loro fanciullezza, ma riuscivano anche ad apprendere
brani nuovi, completamente sconosciuti e in lingue diverse.
Il tempo per la condivisione delle proprie abilità e conoscenze
con un pubblico era ormai maturo e il passo fu immediato. Fu
organizzato un concerto presso una struttura turistica
primaria di Valencia. Per i membri del coro era l’opportunità
di condividere la propria esperienza con amici e familiari, per
questi speciali protagonisti era un’operazione estremamente
gratificante e concretamente utile. Per gli operatori assistenti
dei malati, i benefici furono chiari e inequivocabili. Prima del
grande concerto vi furono dei concerti/prova generale.
Durante tutte le esecuzioni il coro era attivo, di buon umore,
partecipativo e mostrava chiaramente che le competenze
chiave di tutti i cantori, come quelle collegate alla memoria,
al linguaggio e all’attenzione, erano pienamente applicate.
Il grande concerto al Palau de la Musica fu un successo
strepitoso; il coro ricevette una
standing ovation da un
pubblico formato da oltre 1500
persone. Era, il concerto, la
materializzazione di un
progetto pionieristico che
avrebbe fatto storia nel campo
della musico-terapia applicata
ai malati di Alzheimer.
Il secondo grande evento che si vuole presentare in qualche
dettaglio è anche il più recente.
Nasce in Francia all’inizio del 2011, dall’incontro fra Coeurs en
Choeurs (il progetto nato proprio in quel paese soltanto
cinque anni prima) e l’Associazione Francese Parkinsoniani.
Un cuore che batte (Un Coeur qui bat) è il nome del coroevento di cui si vuole parlare. Fin dall’inizio è sostenuto dal
già citato Pierre Calmelet, direttore di coro e d’orchestra e
professore al Conservatorio di Boulogne (vicino a Parigi).
In perfetto accordo coi principi di Coeurs en Choeurs questo
coro è aperto sia a cantori abili e in salute, sia a cantori che
soffrono di Morbo di Parkinson. La motivazione si trova nel
fatto che i malati di Parkinson vivono diverse forme di
handicap quali la lentezza di movimenti (Akinesia), tremore o
aritmia, problemi di linguaggio… tutti problemi che – oggi lo
sappiamo per certo – il canto può aiutare a mitigare o
correggere. Inoltre il senso di depressione sperimentato da
questi ammalati può essere alleviato e represso attraverso
attività svolte collettivamente e il canto corale è praticato –
appunto – con compagni, coniugi, amici… Questo aumenta
grandemente la fiducia degli ammalati.
L’atto di cantare (come del resto la cultura in generale) dona
piacere e gioia di vivere specialmente nei casi in cui la salute
è debole o mancante. Attraverso il canto, dalla fragilità
individuale emerge la bellezza collettiva.
«In Coeurs en Choeurs – dice il suo responsabile – noi non
cerchiamo di sviluppare la compassione, ma di portare ogni
cantore un po’ oltre, sempre attraverso la domanda di qualità
artistica…»
Gli scopi del coro Un Coeur qui bat non sono principalmente
Attraverso il canto, dalla fragilità
individuale emerge la bellezza collettiva.
terapeutici; si canta prima per piacere e per condividere gioia
e poi si canta per contribuire alla crescita del benessere dei
pazienti. Certo, coloro che si prendono cura degli ammalati
hanno anche mire terapeutiche. Direttori di coro e operatori
sanitari usano risorse similari. Hanno un’unica attenzione: i
pazienti non sono “casi” ma individui unici.
È indiscutibile: praticare il canto corale è mettere in armonia
lo spirito, le voci, i cuori. Ma questa è la finalità di Coeurs en
Chœurs (Hearts in Harmony): nella musica coristi-disabili e
coristi-in-buona-salute, di solito in pari numero ma spesso
con più disabili che persone in salute, si associano per
operare insieme ed esprimere comunione.
note in libertà
Intervista al maestro javier busto
a cura di
Manolo Da Rold
direttore della corale
zumellese
Unfettered Notes
Ho avuto la fortuna di avere
tra gli ospiti d’onore al
quarantennale di fondazione
Interview with composer
della Corale Zumellese di
Javier Busto
Mel il celebre direttore e
compositore spagnolo Javier
Busto.
coro degli studenti baschi Ederki presso
Il maestro Busto ha tenuto, durante la sua
l’Università di Valladolid; gruppo che condussi dal
permanenza italiana, un interessante stage alla
1970 al 1976. Proprio a Valladolid conobbi Erwin
guida della Corale Zumellese e del coro voci
List, il quale dimostrò subito una certa fiducia nei
bianche Roberto Goitre di Mel; all’incontro hanno
miei confronti incoraggiandomi vivamente a
partecipato numerosissimi direttori e compositori
intraprendere gli studi di direzione. Grazie ai
provenienti da tutto il triveneto.
consigli del maestro studiai dapprima direzione a
Durante la seconda parte del concerto di gala
Valladolid e successivamente in Catalogna a
tenutosi a Mel, la Corale Zumellese è stata diretta
Lleida. Devo la mia fortuna proprio al maestro
dai maestri Piero Caraba e Javier Busto; sono
Erwin che mi ha sempre sostenuto e ha creduto in
state cantate alcune partiture in prima esecuzione
me fin dagli esordi della mia carriera.
assoluta, partiture che rientrano tra le ventuno
opere contenute in un volume, presentato durante
Quali sono state le esperienze più significative
la serata, dal titolo emblematico:
nella sua carriera di direttore di coro?
Contemporaneamente. Il brano che il maestro
Come già accennato la mia carriera iniziò a
Busto ha dedicato alla Corale Zumellese si intitola
Valladolid con il coro Ederki, e lì imparai
Canticum Isaie.
veramente cosa fosse un coro! Antecedentemente
il mio legame con la musica corale era limitato al
Maestro Busto, quando è iniziata la sua carriera di
semplice ruolo di corista nel coro del collegio e
direttore di coro e che importanza ha avuto nella
della chiesa. La grande svolta avvenne quando
sua formazione l’incontro con il maestro Erwin Lizt?
iniziai a condurre nel 1978, e ininterrottamente
La mia carriera di direttore iniziò al tempo
fino al 1994, il coro Eskifaia a Hondarribia con cui
dell’università quando mi fu chiesto di dirigere il
Javier
Veduta
di Valladolid
(Paesi Baschi)
compositorE
20
Javier Busto_______
Ha studiato direzione corale con il maestro Erwin List.
Parallelamente agli studi musicali si è laureato in
Medicina all’Università di Valladolid. È stato direttore
del coro Ederki di Valladolid (1971-1976) con cui ha
vinto il terzo premio a Tolosa (1975). Nel 1978 ha
fondato il coro Eskifaia di Hondarribia che ha diretto
fino al 1994 vincendo con esso primi premi ai più
importanti concorsi corali internazionali come: Tolosa,
Avilés, Tours, Gorizia, Spittal an der Dräu, Mainhausen
e Marktoberdorf. Ha fondato nel 1995 il Kanta
Cantemus Korua di Gipuzkoa con il quale ha ottenuto il
primo premio ai concorsi internazionali di Tours nel
1997 e di Tolosa nel 1999.
Le sue composizioni eseguite in tutto il mondo dai più
importanti cori polifonici, sono state premiate a Bilbao,
Tolosa e Igualada e pubblicate in Svezia (Gehrmans
Musikförlag), USA (Walton, Alliance Music P. and Santa
Bárbara), Germania (Ferrimontana) e Spagna
(Bustovega). Docente di direzione corale in Spagna,
Francia, Svezia, Venezuela, prende parte regolarmente
alle giurie dei più importanti concorsi corali quali
Arezzo, Debrecen, Las Palmas de Gran Canaria, Tours,
Takarazuka (Giappone), Tolosa, ed è membro del
comitato tecnico del concorso di Tolosa e del Festival
di Legnano. È stato direttore ospite in numerose
occasioni quali: il IV World Symposium on Choral
Music nel 1996 a Sydney (Australia), e a Kobe / Osaka
/ Tokyo (1998), ospite d’onore a Tokyo Cantat nel 2000
e nel 2002 all’Americafest International Women’s
Singing Festival, Seattle (2001), al festival Europa
Cantat a Barcellona (2003), e ha diretto illustri cori in
Giappone, Svezia, Canada, Spagna, Argentina e in Italia
(Corale Renato Portelli di Mariano del Friuli, Corale
Zumellese di Mel).
ottenni grandi successi sia ai concorsi nazionali e
internazionali, sia ai più rinomati festival corali in diversi paesi
europei.
La direzione del coro Eskifaia fu veramente impegnativa da
tutti i punti di vista: tre prove settimanali, produzioni
sinfonico corali (Requiem di Fauré, War Requiem di Britten,
Aleksandr Nevskij di Prokofiev, Carmina Burana di Orff, Gloria
di Vivaldi, il Magnificat di Schütz, l’8ª Sinfonia di Mahler,
ecc.).
Tra i concorsi vinti alla guida del coro Eskifaia ricordo con
particolare emozione i primi premi assoluti al Concorso di
Gorizia, a Tours, a Tolosa, a Mainhausen, a Marktoberdorf, e
molti altri.
Nel 1995 fondai il Kanta Cantemus Korua, coro a organico
femminile con coriste molto preparate sia musicalmente che
vocalmente. Alla guida di questo coro mi esibii in tutta Europa
e negli Stati Uniti, di cui ricordo particolarmente il festival di
Seattle per cori femminili America Fest.
Nel 2007 conclusi la splendida avventura con il kck dopo le
vittorie ai concorsi internazionali di Tolosa e di Tours e con un
repertorio di oltre 250 partiture corali; sono stati dodici anni
meravigliosi!
Contemporaneamente ho avuto le piacevoli esperienze in giro
per il mondo come docente a numerosi laboratori di canto
corale in Francia, Italia, Giappone, Australia, Canada, Svezia,
Germania, Venezuela, ecc. Nel giugno 2012 andrò a Taiwan
per lavorare con il Taipei Male Choir e alti cori appartenenti a
questa organizzazione.
Lei è un compositore conosciuto in tutto il mondo, quando e
con quali modalità si è delineato nel tempo il “fenomeno”
Javier Busto?
Senza dubbio la composizione che mi ha reso famoso è stata
l’Ave Maria per coro misto; si tratta di una partitura carica di
emozione che riflette sul fatto religioso. Fu inserita come
brano d’obbligo al concorso di Tolosa (e per tale motivo sarò
sempre grato ai commissari che scelsero la mia
composizione). Nonostante la mia produzione sacra sia molto
eseguita a livello internazionale, ho notevoli riscontri anche
nella musica di ispirazione popolare, partiture come
Ametsetan, Zai Itxoiten e Sagastipean si cantano in moltissimi
paesi e ciò che mi inorgoglisce è il fatto che siano scritte in
lingua basca.
Cosa si prova a sapere che migliaia di cori di tutto il mondo
eseguono le sue composizioni?
Sinceramente non avrei mai immaginato che la mia musica
potesse ottenere un così grande successo nel mondo corale.
Per me è motivo di orgoglio, di emozione e di immensa
soddisfazione essere consapevole che molte persone abbiano
deciso di considerare la mia musica interessante e degna di
essere eseguita dal proprio coro.
Confidenzialmente mi ha detto che alcuni compositori sono
troppo vincolati dai dettami accademici tendendo così a dare
la precedenza al ragionamento piuttosto che al cuore; cosa
intende con questa affermazione e qual è secondo lei
l’obiettivo primario che deve porsi un compositore nel
momento in cui inizia a scrivere una
nuova opera?
Questa domanda ha una risposta
piuttosto chiara e ferma. Io di
professione faccio il medico, non ho
mai approfondito accademicamente
lo studio dell’armonia, del
contrappunto e della composizione:
in questo campo specifico mi
considero un autodidatta e tutti gli amici compositori
professionisti ribadiscono spesso il concetto che, sicuramente,
se avessi studiato composizione, non avrei mai potuto
esprimere le mie idee musicali con la stessa libertà con cui le
esprimo attualmente.
Se oltre allo studio della direzione avessi studiato anche
composizione forse mi sarei dedicato alla musica strumentale,
avrei scritto sinfonie o composizioni pianistiche, chissà… mi
rimarrà per sempre il dubbio!
21
La sua Ave Maria è divenuta celebre e con essa altre
numerose partiture di carattere sacro. Recentemente la
Corale Zumellese ha eseguito in prima assoluta e sotto la
sua direzione un interessantissimo mottetto dal titolo
Canticum Isaie il cui testo è tratto dall’Antico Testamento;
qual è il suo rapporto con i testi sacri e con la musica sacra
in generale?
Il mio rapporto con la musica sacra fonda le sue origini nella
mia infanzia, periodo in cui cantavo nel coro voci bianche del
collegio e nel coro liturgico della parrocchia, inoltre prestavo
servizio come chierichetto durante le celebrazioni liturgiche.
Tutto questo mi ha permesso di imparare molti testi liturgici
che ormai fanno parte della mia formazione e della mia
cultura personale.
Nonostante il mio rapporto con il clero cattolico non sia stato
sempre idilliaco, anzi spesso ho dovuto subire da parte di
alcuni sacerdoti delle vere e proprie cattiverie, ho sempre
cercato di distinguere tra chiesa degli uomini e chiesa di Dio,
inserendo nella mia musica tutta la spiritualità di cui molti
prelati erano privi.
Per me la Bibbia è un libro meraviglioso, ricco di verità legate
anche alla quotidianità ed è proprio per questo motivo che mi
Avessi studiato composizione, non avrei
potuto esprimere le mie idee musicali
con la stessa libertà.
interessano tanto la Sacra Scrittura e le tematiche religiose in
generale.
Canto di tradizione orale e canto di ispirazione popolare:
come affronta le due tematiche nella sua produzione?
Ho lavorato molto durante il corso della mia vita sul canto di
tradizione orale, conosco molti melos popolari e questo mi ha
aiutato ad approfondire nel dettaglio il mio folklore e le sue
caratteristiche, con una lingua come la basca (Euskera)
complessa, ma bellissima dal punto di vista fonetico.
Abstract
In this interview recorded during a course taught by Javier Busto in Italy last November, the Basque composer and
conductor talks about his training and career, commencing with his youthful experience conducting the Valladolid
university chorus and his encounter with Erwin List, and extending to his current projects, on which he is working in
the Far East. When revealing the roots of his inspiration, Javier Busto highlights the role played by the Scriptures and
the folk traditions of his native land, which he nevertheless develops with the utmost creative freedom. On the subject
of freedom, he stresses that practising medicine as his prime profession frees him from all constraints. In conclusion,
Javier Busto casts an eye over the Italian choral scene and wishes Torino 2012 every success.
compositorE
22
Generalmente mi piace scrivere musica con libertà senza la
pressione psicologica di una commissione, però se il tema da
affrontare mi sembra interessante e la scadenza della
consegna è a lungo termine, questa non mi pesa. La mia
attività prevalente è quella di medico rispetto a quella di
musicista e ciò mi permette di lavorare come compositore
senza l’assillo di dover vivere con la composizione e mi dà
una grande libertà di scelta e di movimento nel mondo
musicale.
Partendo dalla musica popolare arcaica sono riuscito a
scrivere opere a essa ispirate che ormai la gente identifica
come “musica basca popolare” ma che sono mie
composizioni in cui sono riuscito a esprimere con genuinità
tutte le caratteristiche della musica della mia terra.
Quanto è importante il suo rapporto con il territorio dei paesi
baschi e con la lingua basca?
È fondamentale sia nella mia vita
professionale che nella mia attività
musicale: il fatto è che la fonetica basca
è profondamente musicale.
Il mio impegno di compositore di musica
contemporanea che scrive in lingua basca
ha uno scopo ben preciso nell’intento che
in un futuro prossimo il popolo basco
abbia non soltanto melodie arcaiche
legate alla tradizione, ma anche un ricco
repertorio di musica scritta da compositori attuali.
Quando una sua composizione entra a far parte del
repertorio di un coro la considera ancora “sua” preferendo
che gli esecutori rispondano precisamente alla sua idea
interpretativa o l’opera diventa proprietà di chi la canta con
una piena libertà di interpretazione? Mi piace ascoltare differenti interpretazioni dei miei lavori,
sempre che non si allontanino troppo dalle mie idee e
soprattutto dalle mie indicazioni metronomiche. Se il tempo
indicato è semiminima a 60, non mi piace che si trasformi in
semiminima a 80, tuttavia che il direttore imprima un
determinato carattere, una dinamica differente, ecc. mi piace
molto. Lascio sempre libertà d’interpretazione, però con
assoluto rispetto di quanto scritto in partitura.
Lei è membro del comitato tecnico del Concorso Corale
Internazionale di Tolosa dove quest’anno si è svolto il Gran
Premio Europeo di canto corale: mi può fare un’analisi dello
Lavorare senza l’assillo di dover
vivere con la composizione mi dà
grande libertà di scelta.
Molta della sua produzione è rivolta ai cori giovanili e ai cori
di voci bianche, e spesso per queste composizioni utilizza
testi in lingua basca; cosa mi può dire a riguardo?
Ho scritto molto per cori di voci bianche: mi ricollego alla
domanda precedente specificando proprio il fatto che far
apprendere la lingua basca alle giovani generazioni è
fondamentale per la salvaguardia del nostro idioma che tra
l’altro i bambini imparano con estrema facilità, perché lo
percepiscono come semplice e vicino alla loro sensibilità.
Ovviamente ho scritto anche molta musica in latino per i cori
di bimbi, ma vi assicuro che le partiture in basco hanno
maggior successo tra i piccoli coristi.
stato di salute della coralità europea e mondiale?
Credo che in questi anni si sia sviluppato in tutto il mondo un
grande fermento intorno alla musica corale, in Europa è
evidente il fenomeno. Quello però che mi preme analizzare è
quanto sta accadendo in questi ultimissimi anni in Asia.
Proprio nei territori asiatici sta progredendo in maniera
esponenziale l’interesse nei confronti del mondo corale,
coralmente parlando l’Asia è un vero e proprio vulcano in
piena eruzione.
Tornando alla vecchia Europa, considero di particolare
interesse la musica corale di provenienza scandinava, e
soprattutto l’interessante e fortunato connubio che in questi
paesi si è effettuato tra grandi compositori e cori
tecnicamente di altissimo livello.
Preferisce scrivere musica liberamente o la commissione di
un’opera da parte di un direttore o di un coro la spinge
a lavorare con maggior entusiasmo?
Che rapporto ha con la coralità italiana e cosa ne pensa dei
cori e dei compositori italiani?
Ammetto con sincerità di non conoscere approfonditamente la
realtà corale italiana, conosco però alcuni casi di ottimi direttori
alla guida di altrettanto ottimi gruppi corali… È un po’ come
capita ovunque, anche qui in Spagna e in tutto il resto del
mondo, ossia non esistono buoni o cattivi cori, ma solamente
buoni o cattivi direttori! I coristi non hanno alcuna colpa!
Ho sentito cori diretti bene da Lorenzo Donati, Mauro
Marchetti, Manolo Da Rold; loro hanno cori interessanti
perché sono loro a essere interessanti!
Ribadisco però che la mia conoscenza della coralità italiana è
piuttosto limitata e siccome questa è la rivista corale
nazionale italiana chiedo scusa per questo mio limite.
Quali consigli darebbe a un giovane direttore di coro alle
prime armi?
L’unico consiglio che darei a un giovane direttore all’inizio
della sua carriera è che il canto corale diventi per lui una vera
e propria droga (nel senso buono del termine ovviamente) da
cui quotidianamente possa trarre beneficio. Dedicarsi con
anima e corpo alla coralità investendo tutta l’energia possibile
per conseguire risultati artistici elevati e interessanti.
Quali consigli darebbe invece a un giovane compositore che
per la prima volta dedica la propria attenzione al mondo
corale?
Gli consiglierei di non trattare il coro come fosse un’orchestra,
gli consiglierei inoltre di conoscere a fondo le caratteristiche
timbriche, le tessiture, i colori delle singole voci corali.
Le caratteristiche della voce umana sono molto diverse da
23
quelle di un violino, di una viola o di un violoncello, forse
tecnicamente più limitate, ma sicuramente timbricamente più
ricche e “calde” sempre se ben lavorate compositivamente
parlando.
Quest’anno il festival Europa Cantat ha sede in Italia nella
bellissima città di Torino, qual è il suo augurio per la
manifestazione?
Penso sarà un grande successo, come tutti i festival Europa
Cantat. Torino inoltre è veramente una città straordinaria. Io
ho partecipato insieme a Vytautas Mis̆kinis alla
manifestazione di Barcellona e fu una meravigliosa
esperienza, in cui è stato fatto un ottimo lavoro, con tanta
buona musica in un clima di collaborazione e grande amicizia.
Io credo che l’aspetto più importante di questo tipo di
manifestazioni sia legato all’enorme quantità di gente che ha
l’opportunità di conoscersi, cooperare e sentire musica corale
di livello alto. Sicuramente, nonostante la crisi economica
globale, quello di Torino sarà un festival stupendo! Un
augurio particolare lo rivolgo a Feniarco e a Sante Fornasier
che ho avuto il piacere di incontrare proprio a qui a Mel in
occasione del quarantennale di fondazione della Corale
Zumellese.
Un fuerte abrazo.
Javier Busto
Traduzione a cura di: Almudena Marazuela
Catalogo delle opere di Javier Busto
A tu lado, satb, 2003, BustoVega (pdf)
A tu lado, ssaa, 2003, BustoVega (pdf)
A tu lado, ttbb, 2003, BustoVega (pdf)
Agnus Dei, satb div., Santa Barbara Music Publishing
Agur Jaunak, saa e satb, Carus Verlag
Agur Maria, sa div., 2000, BustoVega (pdf)
Alleluia, ssaa, Gehrmans Musikförlag
Alma Redemptoris Mater, ssaa e satb div., Gehrmans Musikförlag
Altxa Pello Artzaia, satb, Gehrmans Musikförlag
Ametsetan, satb div., 2000, BustoVega (pdf)
Ametsetan (Zati bat), satb div., 2000 rev. 2003, BustoVega
Amodioa, satb, 1995, BustoVega
Amodioa, ssaa, 1995, BustoVega
Ave Maria, satb divisi, Gehrmans Musikförlag
Ave Maria gratia plena, ssaa, 1983, BustoVega
Ave Maris Stella, satb-s solo, Gehrmans Musikförlag
Ave Verum, satb divisi, Gehrmans Musikförlag
Axuri beltza, ssaa, 1991, 2004, BustoVega (pdf)
Axuri beltza, ttbb, 1991, 2004, BustoVega (pdf)
Axuri beltza (Folk. Arr), satb, 1991, BustoVega
Basque Magnificat, satb div., 2001, BustoVega
Beati omnes qui timent Dominum, satb, Editions À Coeur Joie
Bidasoa, satb div., 1986, BustoVega (pdf)
Bustapi, ssaa, Walton Music
Cansado de tanto amor, sa, 2004, BustoVega (pdf)
Cansado de tanto amor, tb, 2004, BustoVega (pdf)
Cantate Domino, satb, Carus Verlag
Cantiga nº 100, saa/tbb, 1995, BustoVega (pdf)
Canto a la Virgen, satb, Editions À Coeur Joie
Cantus Marianus, ssaa, 2003, BustoVega (pdf)
Comedetis Carnes, satb divisi, Edition Ferrimontana
Con nostalgia… Ejea, satb, 1994, BustoVega (pdf)
Cuatro cantos penitenciales, ttbb, 1999, BustoVega
Da pacem Domine, satb, Carus Verlag
Deux chansons pour choeur, satb, 2008, BustoVega
Ego sum Pastor Bonus, satb, Carus Verlag
compositorE
24
25
la gioia dei cristiani
HODIE CHRISTUS NATUS EST di Javier Busto
segue Catalogo delle opere di Javier Busto
Ejea, la de los Caballeros, satb, 2009, BustoVega
Euskal jokoak, satb div., 2006 rev. 2010, BustoVega
Exsultate Deo, satb, 1991, BustoVega
For us, ssaa, 1996, BustoVega (pdf)
For Us, satb divisi, Editions À Coeur Joie
Francisco Pino “Poemas”, satb, 2003, 2004, BustoVega
Gabon Izar Eder, sa, Gehrmans Musikförlag
Gabona, berri ona!, sa, acordeón, 1999, BustoVega (pdf)
Gauaren zergatiaren bila, saa, 1987, 1988, BustoVega
Gerezi – Lux Aeterna, satb divisi, Pana musica
Gizon on bat…, saa, 2007, BustoVega
GLORIA (Missa Brevis Pro Pace), satb divisi, Alliance Music
Publishers
Gure Amaren Seaskabestiya, satb, Editions À Coeur Joie
Gut’n Abend Euch Allen Hier Beisamm, sa divisi (arm.), Carus
Verlag
Herrens Nǻd Tar Inte Slut, satb, Gehrmans Musikförlag
Himno A La Virgen, satb, Carus Verlag
Hiru Eguberri kanta, saa, 1982, 1985, BustoVega
Hodie Christus natus est, satb div., 2003, BustoVega
Itsasoa laño dago (arr.), satb, 2007, BustoVega (pdf)
Jesu Redemptor Omnium, satb divisi, Editions À Coeur Joie
Jetzt Gang I Ans Brünnele, sa divisi (arm.), Carus Verlag
Joseph fili David, satb, 1992, BustoVega
Jubilate Deo, satb divisi, Edition Ferrimontana
Kaia barrenean (Arm.), ssa, 2000, BustoVega
Kom Till Mig, satb, Gehrmans Musikförlag
Kuttun Kantak, satb-t solo, Oxford University Press
Kyrie (Missa brevis pro pace), satb div., 1987, BustoVega (pdf)
La Gran Fira, satb, CM-Ediciones Musicales
La noche en la isla, ssaa, 1992 rev. 1998, BustoVega
La noche en la isla, ttbb div., 1992, BustoVega (pdf)
Laetabundus, satb, Editions À Coeur Joie
Lafa-lafa, ssaa, 1988, BustoVega
Laudate Dominum, saa, Gehrmans Musikförlag
Laudate Dominum, satb divisi, Edition Ferrimontana
Laudate Pueri, satb divisi, Gehrmans Musikförlag
Lili eder bat, ssaa, 2001, BustoVega (pdf)
Lili eder bat (Arm.), satb, 2001, BustoVega
Lux Fulgebit, satb divisi, Gehrmans Musikförlag
Magnificat, saa, Gehrmans Musikförlag
Maiteak galdegin zautan, satb, 2006, BustoVega (pdf)
Maria Maialen, satb, Editions À Coeur Joie
Maritxu nora zoaz (Arm.), ssa, 2000, BustoVega
Maritxu nora zoaz (Arm.), satb, 2000, BustoVega
Mila begi, saa, 2001, BustoVega (pdf)
Mila begi, libro 35 canciones, voci pari, 1985, 2006,
BustoVega
Misa San Francisco Javier, satb div., 2006, BustoVega
Missa Augusta, ssaa, 2001, BustoVega
Missa pro defunctis, satb, Ss. Bs. Clarin, 1996, 1997,
BustoVega
No lloréis mis ojos (Arm.), sa div., satb, 1987, 1995, BustoVega
Noeyt De Salut, satb, Editions À Coeur Joie
Notre Père, satb, Editions À Coeur Joie
O Eguberri Gaua, satb, Editions À Coeur Joie
O magnum mysterium, satb, 1998, BustoVega
O quam suavis est, satb div., 2009, BustoVega
O Sacrum Convivium, satb divisi, Gehrmans Musikförlag
O salutaris Hostia, satb div., 2008, BustoVega
O Vos Omnes, satb divisi, Gehrmans Musikförlag
Oi Bethleem!, saa, Oxfrord University Press
Pater Noster, satb divisi, Gehrmans Musikförlag
Poema del polvo y la vereda, satb, 2008, BustoVega (pdf)
Popule Meus, saa, Gehrmans Musikförlag
Porrusalda, satb, 2004, BustoVega (pdf)
Praise the Lord, satb, 1999, BustoVega
Psalmus 100, satb, Carus Verlag
Puer natus est nobis, satb, 1999, BustoVega
Responsorio de Navidad, ssa, 1985 rev. 1997, BustoVega
Responsorio De Semana Santa, satb, Editions À Coeur Joie
S’ha feito de nuey (arr.), satb div., 2002, BustoVega (pdf)
Sagastipean, satb, 1990, BustoVega
Salve Regna, ssaa, Gehrmans Musikförlag
Shorter’s Gloria, satb, 1999, BustoVega
Soinuen itsasoa, satb div., 2001, BustoVega (pdf)
Stabat mater, satb, 1998, BustoVega
Te Lucis Ante Terminum, satb, Editions À Coeur Joie
The Lord Is My Shepherd, satb divisi e ssaa, Gehrmans
Musikförlag
Tres nanas cántabras (arr.), satb, 2008, BustoVega (pdf)
Tú venías, ttbb, 1995, BustoVega (pdf)
Txantxangorria, satb, 2001, BustoVega (pdf)
Verbum Caro Factum Est, satb divisi, Editions À Coeur Joie
Virgo Dei Genitrix (Hymnus), ssaa, 2003, BustoVega (pdf)
Zai itxoiten, saa, 1987, BustoVega
Zutaz, satb, 1998, BustoVega
Zutaz, ssaa, 1998, BustoVega
www.bustovega.com
a cura di Giorgio Susana
compositore e direttore
Hodie Christus natus est è l’antifona al Magnificat dei
Secondi vespri nel giorno di Natale. Moltissimi sono i
compositori che hanno musicato questo testo (da Byrd a
Palestrina, da Gabrieli a Monteverdi fino ai moltissimi
contemporanei) o che si sono serviti dell’originale antifona
gregoriana elaborandola, inserendola in originali
composizioni o semplicemente mantenendola intatta come
fa Benjamin Britten nella sua celebre A ceremony of carol.
Potremmo dividere il testo in quattro idee basilari ciascuna
preceduta dalla parola Hodie che sembra voglia
sottolineare l’importanza e l’unicità del giorno di Natale.
Hodie Christus natus est.
Hodie Salvator apparuit.
Hodie in terra canunt Angeli, laetantur Archangeli.
Hodie exultant justi dicentes: Gloria in excelsis Deo, Alleluia.
Cristo è nato. In questa prima sezione il compositore affida
all’armonia il ruolo principale. L’annuncio degli angeli nella notte
santa è ripetuto per ben tre volte. Il numero tre è assai
ricorrente nelle sacre scritture e nell’arte sacra (nel
Cristianesimo tre sono le virtù cardinali su cui si fonda la
perfezione della vita umana: fede, speranza e carità; tre sono i
soggetti che costituiscono la SS. Trinità; tre i giorni in cui Cristo
rimane nel sepolcro, ecc…). Nelle prime due ripetizioni le
armonie tendono alla dominante di mi producendo una cadenza
sospesa arricchita di tutte le dissonanze naturali proprie della
dominante, mentre la terza volta il giro armonico risolve
sull’accordo di tonica con l’aggiunta della settima di quarta
specie e della nona. Anche nella disposizione delle entrate si
potrebbe alludere a un messaggio simbolico: le voci entrano
dall’alto al basso ( s-a-t-b), rispettando la successione melodica
del tetracordo discendente mi - re# - do# - si, quasi a voler
simboleggiare Dio che si fa carne scendendo dai cieli in terra…
Oggi Cristo è nato.
Oggi è apparso il Salvatore.
Oggi sulla terra cantano gli Angeli, si rallegrano gli Arcangeli.
Oggi i giusti esultano dicendo: “Gloria a Dio nel più alto dei
cieli”: Alleluia.
La versione musicale, che ne fa il compositore spagnolo Javier
Busto, mantiene fede alla divisione del testo in più parti con
particolare attenzione al rapporto musicale con ogni singola
parola. A tal proposito utilizza, mediante la tecnica
compositiva, effetti, artifici madrigalistici, ricorrendo
addirittura al prestito di spunti melodici e ritmici propri della
tradizione popolare e sacra… L’effetto finale è un
componimento di sicuro impatto emotivo.
Musicalmente il brano può essere diviso in otto parti
(esattamente il doppio rispetto al testo), contrastanti per
andamento e carattere:
– prima parte, ricerca dell’effetto armonico;
– seconda parte, ampi salti melodici;
– terza parte, omoritmica e cantabilità;
– quarta parte, omofonica (piccola parte di transizione);
– quinta parte, a cori battenti su un ritmo di danza affidato
alle percussioni;
– sesta parte, omoritmica in tempo composto;
– settima parte, come la quinta a cori battenti;
– ottava parte (alleluia), sul ritmo di Zortziko (danza
popolare spagnola). Seguono alcune battute di finale.
La prima parte corrisponde al primo versetto del testo: Oggi
Abstract
Hodie Christus natus est is one of the texts most
frequently set to music, and Javier Busto, too, has
given us his own version. The article examines the
composition in each of the eight segments into which
it is divided, highlighting each section’s contrasting
nature, the use of rhetorical figures typical of the
madrigal, the citing of techniques dear to the hearts
of the Renaissance schools (two or more choirs,
modal forms etc.), and the inclusion of elements
deriving from the Basque folk tradition.
compositorE
26
Nelle tre frasi le voci entrano ad intervalli regolari ma, mentre
nella prima rispettano la pulsazione di semiminima, nella
seconda e nella terza entrano in modo più “stretto” (a
distanza di mezza pulsazione).
soprani. La consapevolezza che il Messia è nato si rafforza
sempre di più nel corso del brano fino all’Alleluja finale.
Busto, come si vedrà in seguito, tradurrà tale gioia con un
aumento della velocità ritmica e con un continuo crescendo
sonoro fino al fortissimo finale. In questa seconda parte la
melodia procede, in crome e terzine, per intervalli di quinta
ascendente sulle note sol#-re#. Il compositore imposta una
sorta di piccola progressione il cui modello iniziale di tre
misure viene ripetuto una sola volta. In realtà l’ascoltatore
tende a credere che si tratti di una progressione: a un’analisi
più attenta si evince però che nella seconda ripetizione i salti
melodici non sono più di quinta bensì di sesta maggiore. Le
altre voci, che accompagnano questo momento, ripropongono
il gioco contrappuntistico della prima parte con entrate
ravvicinate dall’alto al basso. Per non togliere l’interesse alla
melodia dei soprani, il compositore sceglie di “spezzare”, con
alcune pause, la parola Chri-stus, alleggerendo
l’accompagnamento mediante le pause e realizzando nel
contempo un movimento ritmico interessante. Per sopperire
alla mancanza della quarta voce (i soprani, impegnati nella
melodia) divide a due la parte dei bassi.
coda aggiuntiva che contiene il re naturale (la settima della
dominante di la), necessaria ai cantori per modulare alla
nuova tonalità di la maggiore.
A questo punto il brano acquisisce maggiore slancio e
sonorità, infatti sono le voci virili a ripetere, con gioia ed
entusiasmo, la buona novella: “oggi i giusti esultano dicendo:
Gloria a Dio nel più alto dei cieli”. Nel rispetto della tradizione
del canto monodico cristiano, l’autore affida ai soli tenori la
prima frase (lo si potrebbe considerare una sorta di
intonazione al Gloria da parte del celebrante) mentre le altre
voci rispondono all’unisono Gloria in excelsis Deo. È esplicito,
in questa risposta, il riferimento al Gloria gregoriano della
Messa VIII in Festis Duplicibus, conosciuta più popolarmente
come Messa De Angelis, anche se Busto, per non farla
apparire come una esplicita citazione, ne modifica le ultime
quattro note conducendo la linea melodica al si (suono
facente parte della triade di dominante di la e dunque un’altra
cadenza sospesa).
Conclude questa prima parte la ripetizione delle parole
Christus natus est con armonie più calme a valori larghi.
La cadenza finale è impostata sul sesto grado con l’aggiunta
della settima di seconda specie, della nona e dell’undicesima.
Interessante notare come in quest’accordo conclusivo manchi
la terza esattamente come nella cadenza sospesa della prima
e della seconda frase, e come anche l’armonia, ricorrendo
ancora a un messaggio figurativo, “scenda” verso il basso.
Tutta questa prima parte esige una sonorità tenue e in
diminuendo (dal mp al ppp) poiché sono gli angeli, essere
spirituali servitori di Dio, i primi a portare agli uomini il lieto
annuncio…
Nella seconda parte si assiste a uno slancio melodico dei
La seconda parte si chiude con un piccolo pedale sulla nota
mi (affidato ai soprani) che prepara l’ennesima cadenza
sospesa (alla dominante vengono aggiunte ancora una volta le
dissonanze di settima, nona e undicesima).
Segue un periodo regolare di 16 misure, omoritmico, formato
da quattro frasi regolari ( a-aı-b-aı) e molto cantabile (l’autore
indica Nostalgico - espressivo) in cui la melodia della voce
acuta, rispetto alla sezione precedente, procede per intervalli
melodici di seconda e terza minore ristabilendo quindi una
sorta di tranquillità emotiva. Il giro armonico delle prime due
frasi è assai semplice (i-iv-v-i) anche se Busto arricchisce gli
accordi con lievi e gradevoli dissonanze di seconda armonica.
La frase b (frase di transizione) è impostata, secondo i canoni
classici, sul quarto grado con cadenza sulla tonica. Per
chiudere segue la ripetizione della frase aı con una piccola
Ormai l’entusiasmo del popolo credente è ufficiale e Busto,
specificando Dantza - con jùbilo con una indicazione
metronomica di 96 alla semiminima (la velocità iniziale era
52), dà vita a un vero e proprio ritmo di danza con tanto di
strumenti a percussione. Egli esige tamburi africani o indiani
suonati con battenti e stabilisce una semplice successione di
crome, con accento sulla prima in tempo, 2/4. Dopo poche
misure di percussioni sole, entrano le sole voci femminili
(divise a 3-4 parti) che da questo punto in poi dialogheranno
a mo’ di cori battenti o spezzati, con le voci maschili (a loro
volta divise a 3-4 parti).
Sul semplice ritmo di crome dei tamburi si innesta un ritmo
più vario affidato alle voci: crome puntate, utilizzo del modo
ritmico brevis - longa (valore corto seguito da valore lungo).
L’armonia tonale di la maggiore viene sostituita dall’armonia
di la misolidio (la scala di la maggiore con il sol naturale). Le
voci femminili rispondono a quelle maschili imitandone il
27
senso ma modificandone il punto di arrivo delle armonie: la
prima semifrase (antecedente) affidata alle voci maschili,
infatti, si conclude sul primo grado del modo misolidio di la
mentre quella affidata alle voci femminili si conclude sul
secondo grado. Entrambe le semifrasi conseguenti, invece, si
portano al quinto grado (anche se con conclusione con la
quarta sospesa per i tenori e bassi). Per entrambi i gruppi,
inoltre, c’è una analogia sulla conduzione delle parti: nella
semifrase di proposta le voci procedono in forma di discanto
mentre nella risposta procedono in forma di organum
parallelo. Da segnalare la irregolarità delle due frasi formate
infatti da 7 misure. Per ottenere la prima semifrase di 4
battute Busto ripete la parola Christus, mentre nella seconda
semifrase omette la ripetizione. Seguono due frasi più lunghe
(15 misure per le donne, 8 per gli uomini) più o meno simili
alle precedenti. Nella frase finale dei tenori e bassi si
riacquista il senso tonale di la maggiore, mediante il riutilizzo
della sensibile (sol#). Questa sezione si conclude con una
cadenza al secondo grado di la maggiore in primo rivolto…
Segue un breve periodo di transizione dove il tempo di 6/8
composto favorisce, naturalmente, un aumento della velocità.
Il materiale melodico e ritmico viene desunto dal precedente
periodo: ad esempio l’insistenza dei bassi, divisi a due, sul
piede ritmico giambo croma-semiminima, e la conduzione per
quinte parallele. Si ritorna al modo misolidio di la. L’insistenza
sull’armonia del primo grado, anche se arricchita con una
doppia appoggiatura dei bassi sol n - re (quinte vuote) sul
secondo tempo di ogni misura, l’utilizzo abbondante del moto
parallelo, il ritmo ossessivo del tamburo e l’uso della modalità
antica, ci riportano alle prime forme di polifonia. A rendere
ancor più interessante questo breve periodo di transizione è il
ritmo della percussione che, alternando figurazioni ritmiche in
6/8 ad altre in 3/4, contrasta con la ritmica del coro. Tale
ritmo inoltre potrebbe essere associato, vista la provenienza
spagnola di Busto e dell’amore per la sua terra, a un palo del
Flamenco. Infatti ricorda molto il ritmo della danza popolare
di Petenera la cui struttura, in 12 beat, prevede gli accenti
forti sulla prima, quarta, settima, nona e undicesima
suddivisione.
28
Dopo questo breve periodo di passaggio in tempo composto
si ritorna a una sezione molto simile alla precedente con i due
gruppi, femminile e maschile, in alternanza. Il tempo ridiviene
binario, la percussione si riporta su un semplice ritmo di
crome, si passa dal modo misolidio alla tonalità di la
maggiore.
L’accordo di settima di dominante di re maggiore, affidato a
tutte le voci con divisione a due di ogni parte, ci conduce al
gran finale: è il momento più gioioso di tutto il brano, è il
popolo in festa che si unisce in un fragoroso Alleluia!
Il compositore si serve di alcuni ingredienti per evidenziare
questo giubilo: l’omoritmia, tipica delle forme polifoniche
popolari, l’aumento della dinamica che raggiunge il forte, la
ripetizione della parola Alleluia (per ben venti volte!), l’ascesa
delle voci verso l’alto (nell’accordo conclusivo tutte le voci
toccano l’apice del loro range vocale). Infine Busto
personalizza e rende davvero unico il suo Hodie Christus natus
est, con il ritmo di Zortziko. Tale ritmo è tipico di una danza
spagnola nella regione Basca e prevede l’uso del tempo 5/8
con questa suddivisione: 1+2+2. È interessante però notare
come Busto, come aveva fatto già nella sesta parte, affidi al
coro un ritmo diverso rispetto alle percussioni realizzando il
5/8 con la suddivisione 3+2. Le frasi sono regolari di quattro
misure ritornellate ed è evidente nelle prime sedici misure la
tonalità di re maggiore. Busto però non cede alla tentazione di
“pulire” in modo consonante le sue armonie mantenendosi
fedele al suo stile che prevede l’aggiunta di piacevoli
dissonanze agli accordi mediante l’uso di quarte o seconde
armoniche. Solo alla fine di ogni frase gli accordi sono triadi
perfette di re maggiore.
29
Nelle ultime otto misure si ritorna al modo misolidio impostato
sul re (dal modo maggiore di re il do# diventa do naturale).
Tutte le voci salgono toccando il punto più acuto del brano in
un crescendo di sicuro impatto emotivo. Nell’accordo finale si
condensa tutta la gioia dei credenti per la venuta del Salvatore
e si scarica così tutta l’energia accumulata in questa
meravigliosa interpretazione dell’Antifona natalizia che ne fa
Javier Busto.
prigionieri di un
grande mistero
Tra stile e cliché nelle opere
di Morten Lauridsen
di Lorenzo Donati
Prisoners
of a Great Mystery
Chi frequenta il mondo
della coralità conosce
certamente il nome di
Morten Lauridsen o, se
non il suo nome,
Morten Lauridsen between
almeno una delle sue
opere più eseguite, O
style and cliché
magnum mysterium.
Questa composizione,
e diffuso, dando così la possibilità al compositore
non troppo difficile, ma che necessita comunque
di divulgare, di riflesso, anche altre opere. Ciò
per una buona esecuzione di un coro di ottimo
vale anche per moltissimi altri autori, sia moderni
livello, è tra i “best sellers” della musica corale
che antichi.
contemporanea. Studiata e diffusa da cori di
Infatti il grande pubblico si avvicina ad alcuni
tutto il mondo, amata per la gradevole linea
nomi grazie a un’opera in particolare, l’opera
melodica che il compositore a volte mostra e a
divenuta celebra porta all’attenzione del pubblico
volte nasconde tra le voci, registrata da cori
e dei musicisti lo stile di un autore che ha in
professionali e proposta in vari concorsi, questa
questo modo la possibilità di diffondere altre
composizione ha portato il nome di Lauridsen
opere. Quanti appassionati si sono avvicinati al
alla fama internazionale.
nome di de Victoria grazie a un altro celebre O
magnum mysterium, oppure quanta attenzione
Un autore, un’opera
ha ricevuto Samuel Barber per mezzo del suo
Per un autore è certamente importante avere una
straordinario Adagio. Lo stesso si può dire per
o più opere trainanti, una composizione come O
tanti autori: César Franck e il suo Panis
magnum mysterium di Lauridsen, che venga
Angelicus, Marc-Antoine Charpentier conosciuto
eseguita spesso e in molte parti del mondo.
per il Te Deum, magari solo per la sua prima
Questo rende il nome del compositore conosciuto
Morten
compositore
nova et vetera
30
parte. Potremmo continuare questa lunga lista, che forse vale
anche per me e il mio Ponetemente, ma il punto che vorrei
approfondire è il rapporto che ogni compositore, soprattutto
contemporaneo, ha con l’opera che lo rende “famoso”.
Creare e divulgare, due scelte differenti
Pur vivendo l’azione creatrice come un momento di intima
congiunzione con qualcosa che sta oltre la realtà i tutti i
giorni, il compositore si deve confrontare con questa realtà.
L’artista crea quando sente sinceramente la necessità di far
sorgere, attraverso le proprie intuizioni, un qualcosa, come un
dono. Creare è vivere nella gioia, questo sentimento è il primo
dono che fa l’artista, e lo fa a se stesso. Ciò che crea, in
seguito si confronta con la realtà e da quel
momento le strade si moltiplicano e si
ramificano. Ci sono compositori che lavorano per
divulgare la propria opera, per personale
desiderio di successo o per l’incontenibile anelito
verso l’incontro con l’umanità, altri invece non
sono interessati alla divulgazione delle proprie
opere. Per coloro che anelano a diffondere la
propria arte, è una grande opportunità avere
un’opera che riceve apprezzamenti dal pubblico e che li aiuta
a rendere noto il proprio nome. Allo stesso tempo questa
fortunata condizione può generare dipendenza.
con una nona aggiunta, che “colora” e “accende” le tensioni
tra le note. Ma gli elementi musicali che il compositore mette
in campo presentano un equilibrio maggiore tra le scelte
melodiche, quelle ritmiche e quelle armoniche. Il predominio
delle sonorità create con sapienti passaggi armonici tornerà
anche in altre sue opere successive, ma in questo ciclo la
volontà di avvicinarsi alla relazione tra suono e parola, tipica
del Rinascimento, lo spingono a piegare le armonie diatoniche
in cromatismi e le sinuose linee in processi imitativi.
I Fire Songs ci fanno comprendere il desiderio del
compositore di relazionarsi con i grandi della storia, infatti
cita nella prefazione Monteverdi e Gesualdo, mentre dedica
due dei sei madrigali a due compositori del Novecento:
Robert Shaw e Benjamin Britten. Proprio la dedica del brano
«Quando son più lontan» alla memoria del grande
compositore inglese ci porta alla memoria un altro importante
ciclo di madrigali del Novecento, i Five Flower Songs di
Britten. Anche in quel caso l’autore cercava di unire la
sensibilità della musica del Novecento con alcune peculiarità
dell’estetica musicale rinascimentale.
siete domandati se quell’artista non fosse un po’ troppo
ripetitivo, sempre i soliti colori, sempre i soliti soggetti,
sempre i soliti tagli. Certamente quando l’arte si confronta
con il mercato qualche dubbio può venire e ci si può
domandare se le caratteristiche stilistiche di quell’artista non
possano essere divenute a un certo punto un cliché.
Stravinskij diceva che Vivaldi aveva scritto sempre lo stesso
concerto: in effetti ci sono autori che hanno amato variare
con una certa continuità il loro percorso stilistico e altri che,
potremmo dire, rimangono “fedeli” a un’unica linea stilistica.
Ma ciò dipende anche dal periodo e dal contesto storico nel
quale si trova a vivere l’artista. Si potrebbe sostenere l’ipotesi
che i compositori che mantengono per tutta la loro fase
Il grande pubblico si avvicina
ad alcuni nomi grazie a
un’opera in particolare.
Stile o cliché
Quante volte ascoltando un’opera di un musicista vi siete
chiesti se non era un po’ troppo simile a qualcosa che aveva
già scritto prima. Quante volte guardando una mostra non vi
Abstract
The article, which starts out from an examination
of one of Morten Lauridsen’s best-known
compositions, O Magnum Mysterium, highlights
the fact that it features a number of stylistic
elements repeated in subsequent compositions,
to the point of turning into the composer’s
hallmark. The author ponders the role that a
popular piece plays in a composer’s subsequent
output, emphasising its ambiguity: it both marks
his language, ensuring that the audience
recognises it, and threatens to imprison him,
turning stylistic element into cliché. In Six Fire
Songs on Italian Renaissance Poems, a work that
precedes O magnum mysterium and takes its cue
from the Italian Renaissance, the composer
achieves greater originality by aiming for the
balance between continuity and individual style
that marked the era in question, and urges
Lauridsen to return to that approach.
creativa lo stesso stile, lo fanno per ragioni di opportunità.
Nel caso di Lauridsen si potrebbe ad esempio pensare che lo
stile O magnum mysterium, fatto armonicamente di
concatenazioni accordali tonali, “colorate” con none e
undicesime, possa essere un cliché. L’intreccio di voci,
semplice e moderatamente denso, le linee melodiche che
dolcemente sgorgano dalle cadenze con salti ascendenti di
quarta, tutto potrebbe divenire un marchio di fabbrica assai
gradevole, ben fatto e di sicuro successo. Certamente era
anche quello che pensavo io, perché le opere più eseguite del
compositore americano hanno queste caratteristiche. Con
alcune differenze e tante similitudini i brani di Lauridsen O
magnum mysterium, O nata lux, Ubi caritas, Ave Maria creano
un corpo omogeneo di composizioni, che farebbe pensare a
caratteristiche poetiche definite.
La domanda che sorge spontanea ascoltando le opere più
conosciute di Lauridsen riguarda l’utilizzo che egli fa di alcuni
stilemi armonico-ritmico-melodici. Il ritorno in differenti
composizioni a medesime situazioni fa nascere il dubbio sulla
ricerca di originalità che queste opere sembrano non
evidenziare. Ma la differenza tra stilemi, segni distintivi di uno
stile, e cliché, stereotipi compositivi, non è facile da
distinguere e in generale darei fiducia alla sincerità
dell’artista.
La maledizione dell’opera famosa
Certamente l’artista può divenire schiavo del proprio successo
e delle caratteristiche stilistiche che lo hanno portato alla
fama. L’immagine che le opere più eseguite di Morten
Lauridsen danno del suo stile compositivo è infatti di una
certa ripetitività. A volte chi commissiona un brano chiede al
compositore, in modo più o meno esplicito, di rifarsi allo stile
utilizzato in un’altra composizione. Questo può portare
31
l’artista a riproporre legittimamente scelte già fatte,
divenendo a volte fotocopia di se stesso. Ma se si studia
meglio l’opera del compositore americano si possono notare
scelte stilistiche aperte anche ad altre strade
musicali. In questo senso l’opera famosa o più
conosciuta di un artista può divenire quasi una
maledizione, quando diventa un termine di
paragone con le produzioni nuove e quando
pubblico, critica ed editoria etichettano l’artista
sulla base di quell’opera di successo.
Trovare e cercare, l’equilibrio rinascimentale
La ricerca e la spinta verso una tradizione musicale lontana,
ma fondamentale per l’evoluzione della musica vocale
mondiale, ci dà la possibilità di conoscere un aspetto stilistico
del maestro americano, che viene così liberato dalla gabbia
stilistica nella quale siamo abituati a chiuderlo e ci fa altresì
sperare in un suo futuro ritorno alla lingua italiana e alle
radici dell’energia creativa della polifonia rinascimentale.
Il Rinascimento, Palestrina, Monteverdi, Marenzio, Gesualdo
Se si studia meglio l’opera del
compositore americano si possono
notare scelte stilistiche aperte
anche ad altre strade musicali.
La cifra stilistica dei Fire Songs
Nel catalogo delle opere corali di Morten
Lauridsen trova spazio un ciclo musicale
scritto nei primi anni ottanta, quando aveva
circa quarant’anni: una suite di sei madrigali in lingua italiana.
Un omaggio al Rinascimento, alla musica profana sorta in
Italia nel Cinquecento e alla poesia amorosa. I Six Fire Songs
on Italian Renaissance poems propongono un percorso
musicale basato, come dice l’autore, su «riferimenti stilistici ai
madrigali italiani, mescolati a elementi compositivi
contemporanei». Il rapporto con la musica rinascimentale e
con i testi poetici italiani consente a Lauridsen di addentrarsi
in percorsi melodico-armonici differenti rispetto a quelli che
poi conosceremo nelle opere successive. Certo
armonicamente e melodicamente sono presenti alcuni suoi
stilemi, come l’accordo su cui si fonda buona parte del ciclo,
quello che lui chiama fire-chord, che è un accordo maggiore
potranno ancora essere per i compositori contemporanei un
esempio di come, pur proponendo un proprio stile personale,
si potesse trovare il giusto equilibrio tra continuità e
innovazione, rendendo sempre la musica viva. Questo è il
grande mistero di cui ogni compositore è prigioniero e di cui
deve trovare soluzione, quanto trovare in ciò che già c’è e
quanto cercare in ciò che ancora non c’è.
portraiT
32
Cosa, come e perché così!
Intervista ad Angelo Agazzani
33
Abstract
a cura di Efisio Blanc
What, how and why!
Interview with Angelo Agazzani
Angelo Agazzani è uno dei pionieri
della coralità italiana: nel gennaio
del 1955 fonda a Torino il Coro
Alpino La Grangia (poi Camerata
Corale La Grangia), coro maschile
che dirige tuttora. Quale è stata la
motivazione che l’ha portata a
fondare il coro La Grangia, in tempi non certo facili e senza
tanti esempi a cui ispirarsi?
La conoscenza, al conservatorio G. Verdi di Torino nel 1952,
del coro della sat mi “folgora”. Ero cantore di messe in
parrocchia e con quattro compagni d’oratorio, imparando “a
tastino” le varie parti delle armonizzazioni del coro trentino,
riesco a mettere assieme le voci di alcuni canti tra i più facili.
Ma intanto mi studio tutte le parti presenti nel libro! Ho poi
occasione di conoscere in Trentino e nella sede i cantori satini
e ne esce una esperienza amicale ma soprattutto “armonica”.
Nel 1954, dopo essere entrato nel coro del cai Uget di Torino,
porto colà i miei primi colleghi coristi e con altri, aggiuntisi
come coro di riserva, riesco a proporre a timidi concerti –
peraltro subito apprezzati – rifiutati dal coro maggiore, finché,
dopo il fatale inevitabile “strappo”, prendiamo il nome di
Coro Alpino La Grangia.
Sin da subito la sua attività di direttore è stata affiancata da
quella di ricercatore. Le sue numerose incisioni e
pubblicazioni di canti popolari piemontesi testimoniano di
questa meritoria ricerca. Forse a quei tempi era anche un
passaggio obbligato perché non esisteva un repertorio
disponibile?
Diciamo subito che la motivazione prima, tenuto conto
dell’indiscutibile esempio degli amici trentini propositori di
canti della loro terra, fu di proseguire su quella strada della
ricerca e riproposta dei canti, questa volta, della mia terra: il
Piemonte. Fu una vera fatica convincere anche i miei colleghi
coristi che bisognava lasciare il “canto di montagna”,
rischiando la perdita di pubblico affezionato a quel repertorio.
Di repertorio “montanoide” (mi si scusi l’aggettivo), specie
veneto-trentino, ne esisteva già parecchio.
Una delle questioni più dibattute nell’ambito della coralità
popolare è relativa all’elaborazione corale delle melodie
tradizionali: c’è chi considera tale pratica un tradimento dello
spirito popolare e chi la considera una nobilitazione. Qual è
il suo pensiero in merito?
È un sofisma, questo, che lascia e lascerà sempre scontente
le due parti. Io ho sempre sostenuto che quando una della
tante Virtuose Memorie che ho incontrato mi stava
confidando una canzone, quella conteneva una carica
emotivo-storico-sociologica che irrimediabilmente moriva lì.
Questo perché non sarebbe più stato possibile riproporre la
caratura antropologica e musicale di quella voce, che mi stava
affidando un testamento della sua vita culturale. Anche se
ritenevo che questi aspetti non dovessero scomparire.
D’altra parte quella voce, assieme alle altre della sua epoca e
della sua gente, aveva sicuramente cantato quella canzone in
coro, e quindi è giusto riportarla in coro anche al pubblico
attuale. Sul tipo di elaborazione (non si dimentichino quelle
di autori celebri, Beethoven e Sinigaglia per citarne due) si
impone il buon gusto dell’elaboratore. Ma c’è chi può
discutere le armonizzazioni di Arturo Benedetti Michelangeli e
tutti gli altri nobili musicisti che hanno scritto per il Coro
della sat?
In definitiva non credo che si debba pensare di rendere “più
bella” una canzone elaborando la melodia ascoltata (o
copiata!) perché essa è già “bella” anche se semplice o
breve. Ogni melodia – intendo soprattutto quelle in
parlata dialettale – possiede non solo il suono ma anche
il valore aggiunto del testo che le memorie viepiù hanno
valorizzato. E non ci vedo tradimento nella elaborazione,
se in essa ne viene rispettato il contesto dal quale è
uscito l’originale. L’importante è che chi l’ascolta possa
sentire, pur se attualizzato, un legame a quelle origini. Se
trasformiamo il canto in musica rock credo che siamo
fuori strada.
Se ne facciamo un piccolo madrigale, presentandolo nelle
dovute reminiscenze cultural-sociologiche rendiamo
comunque un servizio al gusto dei nostri ascoltatori e
sicuramente alla crescita dei nostri colleghi coristi. E forse
anche all’attenzione di chi prima non aveva degnato di
rispetto e/o attenzione al repertorio popolare.
Oggi è forse più difficile che in passato far riconoscere il
valore culturale della canzone e della coralità popolare,
viste talvolta come qualcosa di superato. Cosa potrebbero
fare i cori per ridare a questo splendido repertorio la
visibilità e l’importanza che merita?
C’è a mio avviso (e mi viene fatale un collegamento con
quanto ho detto poc’anzi) un mezzo – tra l’altro
ampiamente verificato “sul campo” – per rendere
accettate alla Alta Cultura le proposte della coralità
popolare, anche se, sempre più, quest’ultima rischia di
diventare una inutile forma esibizionistica di cantori, per lo
più illetterati musicalmente (e a volte non solo), senza
essere di altra utilità che alla soddisfazione del proprio
spirito edonistico. Se è pur vero che è possibile
raccogliere a volte un numeroso pubblico ai concerti dei
nostri cori “popolari” è altrettanto vero che a questo
pubblico il più delle volte si offrono soltanto preziose
esecuzioni musicali senza che a queste si aggiunga la
“socio-storico-etnologica” motivazione dell’offerta.
Ogni regione ha senza alcun dubbio un passato
comunitario e culturale – musica degli incolti, mi piace
definirla – che c’è racchiuso in ogni documento vocalmusicale. Ricercare queste radici, giustificarne tematiche e
Angelo Agazzani is one of the pioneers of Italian
choral singing. After being “thunderstruck” by
hearing the famous sat [Trentino Alpine Society]
choir, he founded the La Grangia Alpine Choir
(subsequently renamed the Camerata Corale La
Grangia), the male-voice choir he still conducts, in
Torino in January 1955. As the sat choir did in
Trentino, his choir, too, set out to trace and
perform songs from its own region, Piedmont,
leaving aside the “mountain songs” that were
already well known and extremely popular. As
regards the arrangement of such tunes, Agazzani
takes the view that, as they are in any case to be
sung in chorus (as they were in the past), and as
it is clearly impossible to recreate their emotional,
historical and social charge, they need to be
entrusted to the expert ministrations of skilled
harmonisers (such as Leone Sinigaglia, Arturo
Benedetti Michelangeli for the sat and so on).
However, while not setting out to “beautify” a
song by arranging it (because it is already
“beautiful,” albeit simple), he does not see
arrangement as a betrayal if it seeks to abide by
the original context and to ensure that the listener
can hear the link to its origins, even if it has been
updated.
One way of highlighting the cultural value of a folk
song, Agazzani says, is to accompany choirs’
performances (at times reduced to simple forms of
performance) with explanatory notes pointing up
the roots, the linguistic particulars, and the rites
and customs of the area from which each song
comes. «Teaching those who come and listen to
us about these aspects is the very purpose of
each of these choirs’ existence and work. What is
more, such endeavours might arouse interest in
young people and help them realise that taking
part in choral activities is worthwhile.» Agazzani’s
advice to a young folk choir conductor is to
question his choices and the reasons for making
them all the time. He also urges him to learn
about and appreciate classical music, both choral
and symphonic, and to find a trustworthy guide to
listening to it.
34
portraiT
35
Camerata Corale La Grangia significa…
…un gruppo di studiosi del
canto popolare piemontese (una
eco delle seicentesche camerate
culturali), dilettanti, ma con
impegno “professionale” in
quanto seriamente impegnati a
schedare l’anagrafe poetica
della tradizione popolare del
loro Piemonte. Un coro di
uomini (secondo la tradizione
piemontese) dalle più svariate
professioni che dal 1953 – chi
più chi meno! – studia e
ripropone le canzoni della sua
terra.
Primo concerto il 4 novembre 1954 a Torino. Fondatore, ricercatore, armonizzatore e
direttore-cantore: Angelo Agazzani, grafico di professione e autodidatta nel campo
musicale. La Camerata Corale La Grangia (ex Coro Alpino La Grangia) ottiene il suo
primo successo importante meritando, a Bellagio sul lago di Como, nel 1956 il primo
premio assoluto al Concorso Nazionale fra i cori italiani. Si ripete a Novara, nel 1958,
primo assoluto con il Campano d’Argento che lo pone così fra i più importanti cori
ripropositori della tradizione popolare italiana. Con una attenta ricerca “sul campo”
Agazzani e i suoi collaboratori-cantori, seguendo la via tracciata da Costantino Nigra e
Leone Sinigaglia, riportano alla luce centinaia di documenti canori ormai in via di
estinzione. Canta nelle più importanti sale da concerto e per numerose emittenti tv,
italiane e straniere.
Angelo Agazzani è stato chiamato a far parte di giurie di concorsi corali, ha tenuto
conferenze sul canto popolare piemontese e scritto articoli per varie pubblicazioni. Ha
pubblicato i primi due volumi di Conte e canson contenenti 400 canzoni raccolte dalla
viva voce della sua gente e ha iniziato una collana «perché non tutto vada perduto» di
documenti sonori e/o rituali della tradizione piemontese meno noti. Gli è stato
assegnato il Castello d’oro, ambito premio designato dai direttori di cori italiani, istituito
dal Corocastel di Conegliano Veneto; il premio Mario Fontanesi istituito dal Coro Val
Dolo e Aerco, il premio Acqui Settembre istituito dalla Corale Città di Acqui Terme e il
premio Venendo giù dai monti ai benemeriti del canto popolare, istituito dal Coro
Montenero di Ponte dell’Oglio.
La Camerata Corale La Grangia di Torino è stata onorata con il Sigillo d’Argento della
Città di Torino dal Sindaco Diego Novelli. Il 18 novembre 1992 ha ricevuto il premio
Circolo della Stampa di Torino prezioso riconoscimento della stampa subalpina alla
cultura e operosità piemontesi. È, in definitiva, un coro che cerca le radici della propria
civiltà, che tenta di identificare la filigrana del vecchio Piemonte. Studiosi… che cantano.
particolari linguistici, rituali, di costume di ognuno di essi
e farlo conoscere a chi viene ad ascoltarci giustifica
l’esistenza e l’attività (e anche la richiesta di contribuzioni
agli enti culturali e quel tanto ricercato rispetto
desiderato dall’Alta Cultura e della critica musicale) di
ognuno di questi cori. Altrimenti, secondo me, è puro e
costoso autoesibizionismo. Comunque la libertà è un
bene supremo e guai a chi lo incrina!
Rispetto al passato, la pratica della coralità popolare
sembra essere oggi più lontana dal mondo giovanile. È
veramente così? E se così fosse, come si potrebbe
recuperare tale affezione?
Ci si può collegare alla precedente mia risposta. Credo
proprio che, impegnando l’esecutore corale in questo tipo
di discipline su accennate, si possa riuscire (ma non può
essere solo il risultato di qualche mosca bianca) a
coinvolgere i giovani che vogliono vivere, anche con
competenza e convinzione, un loro impegno e interesse
musicale e far loro comprendere il valore di una loro
partecipazione all’attività corale. D’altronde noi
constatiamo sempre più una presenza giovanile ai
concerti della coralità classica (si pensi all’immenso valore
dei King’s Singers che offrono documenti musicali con
precise tematiche e con quale bravura! E non solo loro!).
A un giovane direttore di coro che si apprestasse a
dovere dirigere un gruppo corale con repertorio
popolare, cosa si sentirebbe di consigliare?
Molto umilmente di cercare in queste mie considerazioni
d’anziano credente nel valore anche propedeutico delle
sue scelte – e metto a sua disposizione tutto il materiale
della mia ricerca – di seguire i tre per me fondamentali
impegni di direttore, cantore e ricercatore: cosa, come e
perché così!
Voglio aggiungere una invocazione: ai coristi di un coro,
seppur improntato al “popolare”, si faccia conoscere la
La libertà è un bene supremo
e guai a chi lo incrina!
musica classica, non solo corale ma soprattutto
sinfonica. Nel momento in cui si produce armonia le
differenze fra quelle prodotte da un’orchestra e quelle di
una partitura corale non sono molto lontane. E sapere
che esiste quell’altra musica non può fare che del bene
e esser di grande aiuto al direttore.
4187 coristi
+ 1 (tu)*
111 concerti
e molto altro!
italia’s
got festival
di Lorenzo Montanaro
Sta per aprirsi il sipario su Europa Cantat XVIII
Torino 2012, il più importante festival corale
europeo che per la prima volta fa tappa in Italia.
Parliamo di un’avventura dalle mille
sfaccettature, in cui tutti possono trovare un loro
posto. In preparazione a questo grande evento,
abbiamo provato a raccogliere alcuni spunti che,
pur senza essere esaustivi, ci auguriamo possano
introdurre i lettori allo spirito della
manifestazione. Ecco, quindi, una serie di
approfondimenti su particolari aspetti di Europa
Cantat, ma anche alcune “digressioni” su luoghi
simbolici e significativi, nonché qualche piccolo
consiglio per le tante persone che, durante il
festival, visiteranno Torino e il Piemonte.
Carrasco (direttrice), Rob Kearley (regista) e
Bridget Kimak (scenografa) un gruppo di bambini
catalani e polacchi metterà in scena Cello Rising,
del compositore austriaco Manfred Länger. Si
tratta di un lavoro innovativo, a cominciare dalla
struttura della narrazione. Niente lupi cattivi,
nessun drago da sconfiggere, niente principi e
principesse. Piuttosto una riflessione filosofica,
venata di spiritualità, sul rapporto fra essere e
apparire nella società contemporanea.
Protagonista della vicenda è un gruppo di ragazzi
che, grazie all’intervento di un misterioso
violoncellista, scoprono l’immenso potere della
musica. Quella che Länger propone è una realtà
non necessariamente consolatoria, anzi, a tratti
squassata dalle onde della storia. Ma esiste una
grande ancora di salvezza, la musica, nella quale
tutti possono trovare uno spazio vivificante di
condivisione e sperimentare una diversa
dimensione del vivere. Soprattutto Cello Rising
vuole essere un lavoro corale sotto tutti i punti di
vista: «il mio obiettivo – dichiara il compositore
– non era scrivere un’opera per solisti nella quale
il coro si limita a commentare alcuni sentimenti,
ma un’opera in cui tutto il coro interpreta tutta la
gamma degli stati d’animo». A conclusione
dell’atelier, Cello Rising sarà rappresentata al
teatro Espace di Torino.
Il secondo progetto, The sound of silent films,
trova nel capoluogo piemontese un valido alleato.
A Torino, infatti, il cinema italiano ha mosso i
italia’s
Musica nuova per gli atelier
Attento a valorizzare stimoli e proposte della
musica contemporanea, il Festival Europa Cantat
ha commissionato due lavori corali da abbinare
ad altrettanti atelier: lavori che saranno studiati a
fondo ed eseguiti durante il festival. Ci riferiamo
ai progetti Opera for Children e The sound of
silent films.
Opera for children ha l’ambizioso obiettivo di
realizzare, in appena sette giorni di prove,
l’allestimento di un’opera per voci bianche. Un
percorso estremamente complesso, dunque, in
cui musica e arte scenica devono fondersi in un
tutto organico. Sotto la guida di Elisenda
ASSOCIAZIONE
38
The curtain is about to raise on Europa Cantat XVIII Torino
2012, for the first time in italy. Europa Cantat is the most
important European choral festival, a thousand facets
adventure for everyone. In preparation for this big event, we
gathered some ideas that we hope will introduce readers to
the festival’s spirit. Here, then, a series of discussions on
particular aspects of Europa Cantat, but also some
“digressions” on symbolic and significant places and some
little advices for all those people who will visit Torino and
Piemonte during the festival. primi passi e tuttora la città, con i suoi festival internazionali
e le sue numerose produzioni di film, continua a essere un
punto di riferimento. Chi desidera ripercorrere questa
affascinante storia può visitare il Museo del Cinema, una
miniera di informazioni e documenti collocata all’interno della
Mole Antonelliana. E proprio dagli archivi del museo
provengono le quattro pellicole di film muti cui il compositore
inglese Jonathan Rathbone ha reso omaggio, scrivendo
musiche per coro e strumenti (pianoforte, contrabbasso,
percussioni) da eseguire in sincrono con le proiezioni. Le
pellicole scelte hanno un carattere molto diverso: si spazia da
La madre e la morte, che Rathbone ha musicato usando il
testo della Messa da Requiem, a Donna che balla,
sequenza di appena un minuto; da Robinet
innamorato di una Chanteuse, a La peine du
talion, cioè La legge del taglione. Quest’ultimo
film, una rara pellicola colorata a mano, racconta
di un cacciatore di farfalle che, trovandosi
improvvisamente a ricevere lo stesso trattamento
riservato alle sue prede, si pente delle proprie
azioni. L’atelier The sound of silent films coinvolge
coristi appartenenti a diverse nazionalità, che,
diretti dal maestro francese Loïc Pierre, lavoreranno sui
quattro brani fino all’esibizione-proiezione conclusiva.
potenzialità, alcune delle quali probabilmente sono ancora da
esplorare.
Una panoramica sulle opere commissionate, scritte per cori
maschili, femminili e misti, è sufficiente per avere un’idea di
quanto ampia e variegata possa essere la tavolozza di
emozioni esprimibili attraverso un coro: c’è posto per il
repertorio sacro come per la ninna-nanna, ma anche per brani
in cui lo spunto compositivo è dato dai versi di grandi poeti
del passato. Ed ecco, elencati in ordine rigorosamente
alfabetico, i nomi dei dieci compositori protagonisti: Carlo
Boccadoro, Matteo D’Amico, Michele Dall’Ongaro, David Del
Puerto, Lorenzo Ferrero, Micha Hamel, Leo Hurley, François
Parliamo di un’avventura dalle mille
sfaccettature, in cui tutti possono
trovare un loro posto.
Spazio ai compositori
Ma l’attenzione che il Festival Europa Cantat dedica alla
musica contemporanea va anche oltre. Infatti sono state
commissionate a dieci compositori dieci nuove opere che
sono poi state proposte ad altrettanti cori partecipanti. Gli
autori (cinque italiani e cinque internazionali) impegnati in
questo entusiasmante progetto hanno alle spalle percorsi
artistici e di ricerca molto diversi. Tra loro c’è chi ha più
familiarità con il mondo corale, ma anche chi invece, finora,
non l’aveva frequentato nella propria opera. In questa scelta
sta racchiuso lo spirito del progetto: lanciare un ponte tra i
compositori d’oggi e il movimento corale con le sue enormi
Narboni, Luis Tinoco, Fabio Vacchi. La maggior parte dei lavori
commissionati saranno eseguiti durante il festival. Inoltre gli
autori parteciperanno a un interessante programma di tavole
rotonde, nelle quali affronteranno aspetti legati alla creazione
musicale e alla carriera artistica nell’epoca contemporanea. Il
progetto è coordinato dal maestro Nicola Campogrande.
Questa iniziativa rientra nel programma per compositori, una
felice novità dell’edizione torinese, che certamente non
mancherà di produrre i suoi frutti.
I cori giovanili
È con grande soddisfazione che l’edizione torinese di Europa
Cantat accoglie la presenza di numerosi cori giovanili
nazionali e regionali. È fondamentale dare spazio a realtà
d’eccellenza così preziose, laboratori di crescita insostituibili
New music for the ateliers
The Festival Europa Cantat, giving value to contemporary
music’s inputs and suggestions, has commissioned two choral
operas, Opera for Children and The sound of silent films, in
addition to all the ateliers’ work, and all of this will be
thoroughly studied and performed during the festival.
The ambitious aim of Opera for children is to create an opera
in just seven days of rehearsal. This is an extremely complex
path in which music and scenic art must form an organic
whole. A group of Catalan and Polish children will stage Cello
Rising, opera by the Austrian composer Manfred Langer,
guided by Elisenda Carrasco (choir conductor), Rob Kearley
(theatre director) and Bridget Kimak (set designer). This work
is groundbreaking just for its narrative structure. It’s nothing
about bad wolves, dragons to defeat, princes and
princesses. It’s rather a philosophical thought, tinged with
spirituality, on the relationship between being and appearing
in contemporary society. The protagonist is a group of kids
who, thanks to a mysterious cellist, discover the immense
power of music. Langer suggests that reality is not necessarily comforting,
indeed, it gets at times violently shaken by the waves of
history. But there is a great lifeline, music, in which everyone
can find a life-giving space where to share and experience a
new living dimension. Cello Rising wants, above all, to be a
choral work from all points of view. «My aim – says the
composer – was not to write a solo-opera with a choir who is
commentating some feelings. I want to write an opera for a
whole choir with the whole range of feelings.» At the
conclusion of the atelier, Cello Rising will be performed at the
Teatro Espace of Torino.
The second project, The sound of silent films, finds a valuable
ally in Torino. Torino, in fact, is the city where Italian cinema
has taken its first steps and the city continues nowadays to be
a reference point for film festivals and productions. The
Museum of Cinema offers a mine of information and
documents, located inside of the Mole Antonelliana, for
all those who want to trace the fascinating history of
cinema. The English composer Jonathan Rathbone paid a
tribute to four silent films coming from the museum’s archives,
by writing music for choir and instruments (piano, bass,
percussion) to be played in sync with the projections. The
selected films have very different characters. They range from
39
The mother and death, scored by Rathbone using the text of
the Requiem Mass, to Dancing woman, a one minute
sequence, and then from Robinet in love with a Chanteuse, to
La peine du Talion (The Talion Law). The latter film, a rare
hand-painted film, tells about a butterfly hunter who repents
of his actions, finding himself suddenly to receive the same
treatment reserved to his victims. The sound of silent films
atelier involves singers from different nationalities, who will
work on the four tracks up to the final performance-projection
directed by French master Loïc Pierre.
Giving space to composers
The Festival Europa Cantat attention to contemporary music
goes even further. In fact, ten new works have been
commissioned to ten composers and, then, have been
proposed to as many participating choirs. The authors
involved in this exciting project, five of which are Italian and
five international, come from very different artistic and
research paths. Among them, there is who is more familiar
with the choral world, but also who, until now, has never
practised it. This choice reflects the spirit of the project that
is to build a bridge between today’s composers and the
enormous potential of the choral movement that, probably,
still needs to be more explored.
It’s enough doing an overview on all commissioned works,
written for male choir, female and mixed, to get an idea of ​​
how wide and varied range of emotions can be expressed by
a chorus. There is room both for the sacred repertoire and
the lullabies, but also for pieces in which the composing input
is given by verses from the great poets of the past. And here
the names of the ten composers listed alphabetically: Carlo
Boccadoro, Matteo D’Amico, Michele Dall’Ongaro, David Del
Puerto, Lorenzo Ferrero, Micha Hamel, Leo Hurley, François
Narboni, Luis Tinoco, Fabio Vacchi. Most of the commissioned
works will be performed during the festival. The authors will
also participate to an exciting program of panel discussions,
in which they will discuss aspects of creating music and
career in contemporary art. The project is coordinated by
ASSOCIAZIONE
40
per assicurare un futuro alla coralità europea. Al Coro
Giovanile Italiano spetta il compito di fare gli “onori di
casa”: un compito importante, visto che per la prima volta il
festival fa tappa nel nostro Paese. Ma ora scopriamo chi
sono gli altri partecipanti: Norges Ungdomskor (Norvegia),
Schweizer Chor (Svizzera), Hamrahlidarkorinn (Islanda),
Estonian National Youth Choir (Estonia), Nederland
Studenten Kammerkoor (Olanda). Due cori giovanili regionali
provengono dalla Germania: Landesjugendchor RheinlandPfalz e Landesjugendchor Niedersachen, e uno dall’Austria:
Cantanima (Stiria). Va inoltre menzionato il Coro Accademia
Feniarco, altra vitale esperienza italiana, impegnato
quotidianamente nell’open singing. I cori giovanili (nazionali
e regionali) hanno un ruolo di primo piano all’interno del
festival e molti sono i momenti che li vedono protagonisti.
Segnaliamo un progetto in particolare, che attira l’attenzione
per il coinvolgimento dell’Orchestra Sinfonica Nazionale
della Rai, che ha la sua sede a Torino e che attraverso
questo concerto offre il suo prestigioso contributo
all’esperienza di Europa Cantat. Tre cori giovanili (quello
italiano, quello svizzero e quello islandese) insieme ad alcuni
cori di voci bianche partecipanti, si cimentano
nell’esecuzione dell’oratorio Le Laudi, opera del compositore
svizzero Hermann Suter. Le Laudi, la cui composizione risale
al 1923, è un’opera molto eseguita oltralpe, ma non
conosciuta nel nostro Paese. Eppure il suo legame con
l’Italia è evidente. L’oratorio infatti è basato sul Cantico di
Frate Sole di san Francesco d’Assisi, uno dei testi fondativi
della letteratura “in volgare” e un costante punto di
riferimento spirituale, capace di ispirare
artisti di ogni tempo. Più in generale, il
lavoro di Suter si riallaccia all’antica forma
della lauda, molto praticata nell’Italia
medievale, soprattutto in area centrosettentrionale. Per secoli le “compagnie
dei laudesi”, composte da religiosi ma
spesso anche da laici, si sono riunite in
chiese e spazi di culto per esprimere la
loro devozione, proprio attraverso il canto.
È forse anche per rendere omaggio a questo antico genere
che l’opera si apre con un’introduzione affidata alla voce di
un tenore solista, il quale espone il tema senza
accompagnamento strumentale né interventi corali. Spesso
le antiche laude presentavano una forma responsoriale,
basata proprio sull’alternanza di voce solista e coro. Un
riferimento alla lauda medievale si potrebbe cogliere anche
nella dichiarata scelta di riprendere, al n. 2 dell’opera,
l’antico modo dorico. Ma naturalmente a questi echi, per
quel processo di stratificazione tipico della pratica
compositiva, si sommano anche stimoli molto diversi:
soprattutto influssi di Brahms, Strauss e Mahler, compositori
che ebbero molto peso nella formazione e nella riflessione
musicale di Suter.
Per chi non ha mai cantato
Il festival è uno spazio per tutti, un’opportunità per tanti cori
già formati (e spesso già affermati), ma anche per singoli
cantori alla ricerca di esperienze di condivisione. Chi non ha
mai cantato, poi, trova in Europa Cantat l’occasione giusta per
avvicinarsi al mondo della coralità. Esistono diverse offerte
studiate ad hoc, nelle quali il rigore e la serietà delle proposte
artistiche si sposano con un approccio divertente e “leggero”,
ideale per i neofiti. L’atelier F3 ha un titolo quanto mai
significativo: “Coro amore a prima vista!”. È aperto a tutti
L’edizione torinese di Europa Cantat
accoglie la presenza di numerosi cori
giovanili nazionali e regionali.
(singoli e gruppi dagli 11 anni in su): non solo a chi è digiuno
di lettura musicale, ma anche a chi si considera stonato e
pensa di non avere alcun feeling con il canto. Ecco l’occasione
giusta per ricredersi. La voglia di mettersi in gioco è l’unico
“requisito” davvero necessario per lanciarsi in questa
avventura e liberare la propria energia creativa. I partecipanti
saranno seguiti da docenti italiani e internazionali e direttori
ospiti provenienti da diversi Paesi.
Ma il festival è attento anche alle esigenze dei più piccoli. I bambini dai 6 ai 10 anni, fascia d’età fondamentale per lo
sviluppo della sensibilità artistica, possono inserirsi nell’atelier
F2 “Laboratorio per le scuole primarie”. Sono benvenuti sia i
cori scolastici (anche non al completo), sia i singoli. In un
clima di festa e di gioco, i piccoli partecipanti possono
immergersi nella magia del canto, proprio come i grandi, e
nello stesso tempo incontrare coetanei provenienti da ogni
Nicola Campogrande. This initiative is part of the program for
composers, a happy novelty for the festival edition in Torino,
that certainly will not fail to bear its fruit.
The Youth Choir
Torino’s edition of Europa Cantat welcomes with great
satisfaction numerous national and regional youth choirs. It’s
important to give space to excellent and precious realities
such as irreplaceable workshops ensuring growth and a
future to the European choirs. The Italian Youth Choir will be
doing the “honours”. This is an important task because the
festival stops for the first time in our Country. But now let’s
discover who the other participants are: Norges Ungdomskor
(Norway), Schweizer Chor (Switzerland), Hamrahlidarkorinn
(Iceland), Estonian National
Youth Choir (Estonia),
Nederland Studenten
Kammerkoor (Netherlands).
Two regional youth choirs
come from Germany:
Landesjugendchor
Rheinland-Pfalz and
Landesjugendchor
Niedersachsen and one
from Austria, Cantanima
(Styria). Another vital
Italian experience has to be
also mentioned: the Coro
Accademia Feniarco, that is
engaged every day in open
singing.
The national and regional
youth choirs have a major
role in the festival. We
report a particular project
drawing attention to the
involvement of the
Orchestra Sinfonica
Nazionale della RAI, which has its headquarters in Torino.
This event gives a prestigious contribution to the experience
of Europa Cantat. Three youth choirs (the Italian, Swiss and
Icelandic) along with some children choirs will be executing
the oratorio Le Laudi, by the Swiss composer Hermann Suter.
Le Laudi, the composition of which dates back to 1923, is
often performed beyond the Alps, but it’s not known in our
Country. Yet its relation with Italy is evident. The oratorio is in
fact based on the Cantico di Frate Sole by St. Francis of
Assisi, one of the founding texts of literature “in the
vernacular” (ie Italian) and a reference point of spirituality,
that inspired artists of all time. More generally, the work of
Suter is linked to the ancient form of the hymn, widely
practiced in medieval Italy, especially in the north-central
area. For centuries, the “compagnie laudesi”, groups of
religious or lay people, gathered in churches and places of
worship to express their devotion by chanting. The Opera in
41
fact opens with an introduction entrusted to the voice of a
tenor soloist, who exposes the theme without instrumental
accompaniment or choral interventions, perhaps to pay
homage to this ancient genre. The ancient laude had often a
responsorial form, based on the alternation of solo voice and
chorus. A reference to the medieval hymn may also be
perceived in the choice to return, at n. 2 of the Opera, to the
ancient Dorian mode. But of course very different inputs add
up to these echoes, in the process of stratification that is
typical of the practice of composition. In particular we can
find the influence of Brahms, Strauss and Mahler, composers
who had a lot of weight in Suter’s training and musical
thinking.
For who has never sung
The festival is a place for everyone, an opportunity for
already formed or well established choirs, but also for
individual singers looking for shared experiences. Who has
never sung can find in Europa Cantat the right opportunity to
approach the world of choral music. There are different ad
hoc artistic offers, in which the rigor and seriousness are
combined with a fun and light approach ideal for beginners.
The workshop F3 has a very significant title: “Choir, love at
first sight”. It’s open to everyone (individuals and groups
starting from 11 years of age). It’s open not only to those who
have never read music, but also to those who consider
themselves tone deaf and without singing feeling. Here’s a
chance to change idea. The only “requirement” that is really
necessary to embark on this adventure, is the desire to get
involved and freeing the creative energy. Participants will be
guided by Italian and international directors and guest
conductors from different countries. But the festival is also attentive to the needs of children.
Children aged 6 to 10 years, a crucial period for the
development of artistic sensibility, can fit in the atelier F2
“workshop for primary schools”. We welcome both school
choirs (even if not complete), and individuals. In a festive and
playful atmosphere, young participants can immerse
themselves in the magic of chant and, at the same time, they
can meet peers from around the world. All of this under the
guidance of experienced and highly specialised teachers. For
the under 6 years old children there is the “Musical
Kindergarten,” a workshop of songs, dances, musical games
and movement. All those activities are accompanied by a
healthy snack. Thus, while parents attend a workshop or
other programs of the festival, children can count on a
comfortable space and be looked after by professional staff.
It’s impossible to conclude this quick overview without
mentioning the Open singing, a tradition of the festival that
sums up its spirit. The appointment is every evening at 8 pm
in Piazza San Carlo, under the main stage. Short time, many
participants, a chorus leader, suggestions given by an
experienced director. These simple ingredients are enough to
create a magic of sounds able to excite and give participants
the joy of singing together. As the name suggests, the Open
ASSOCIAZIONE
42
parte del mondo. Tutto questo
sotto la guida di docenti esperti
e altamente specializzati. Per i
bimbi ancora più piccoli (al di
sotto dei 6 anni) c’è il “Musical
kindergarten”, un laboratorio di
canti, danze, giochi musicali e
movimento (il tutto
accompagnato da un sano
spuntino). Così, mentre i
genitori frequentano un atelier
o un altro programma del
festival, i bimbi possono
contare su uno spazio
confortevole ed essere accuditi
da uno staff professionale.
È impossibile concludere questa
rapida panoramica senza citare
gli Open singing, una tradizione
del festival che in un certo
senso ne sintetizza lo spirito.
Tutte le sere, alle ore 20, l’appuntamento è in piazza san
Carlo, sotto il palco principale. Pochi minuti, tanti partecipanti,
un coro guida, i suggerimenti di un direttore esperto:
possono bastare questi semplici ingredienti per dar
vita a una piccola magia sonora capace di emozionare
e regalare ai partecipanti la gioia di cantare tutti
insieme. Come il nome stesso suggerisce, gli Open
singing sono aperti a tutti: iscritti al festival, ma
anche semplici passanti, curiosi e turisti.
XXVI del Purgatorio (un caso unico in tutta la Commedia).
Durante il Sound System sarà proprio un gruppo occitano a
guidare le danze: i Lou Dalfin, “trovatori contemporanei” che
hanno saputo costruire una felice sintesi fra passato e
presente. I loro testi si rifanno a temi antichi, ma affrontano
anche l’attualità; la formazione accoglie strumenti tradizionali,
come la ghironda e la fisarmonica, accanto a chitarra e basso
elettrificati. Tutti pronti, dunque, per rispondere in coro
all’invito di Se chanto, melodia simbolo e inno dell’Occitania.
Il secondo protagonista, il Salento, si trova in Puglia (Sud
Italia). In quest’area permangono ancora oggi delle comunità
di lingua greca, la cui origine potrebbe risalire al periodo
bizantino, ma secondo alcuni studiosi va ricercata ben più
indietro nel tempo, all’epoca della Magna Grecia, cioè ancor
prima della conquista romana dell’Italia. Il Salento è terra di
grande ricchezza musicale, che si esprime in varie tradizioni.
Una di esse è la pizzica, forma che va messa in relazione con
le tarante, diffuse un po’ ovunque nel Sud Italia e
caratterizzate dalla compartecipazione di canto, musica
strumentale e danza. La loro chiave di lettura sta nel ritmo:
un ritmo ancestrale, talvolta ossessivo, eredità dei tempi più
remoti. Tempi in cui alla musica si riconosceva un valore
magico, taumaturgico, capace di facilitare il superamento di
Europa Cantat Sound System: voci dall’Occitania
e dal Salento
Per sua stessa natura il festival, fin dagli esordi, accoglie la
sfida delle “musiche del mondo”. Perché l’orizzonte della
coralità non si esaurisce nella cosiddetta “musica colta”, ma
include un’infinità di esperienze, dal folk alla musica etnica,
dai canti di lavoro alle multiformi espressioni della religiosità
popolare: tutti casi in cui il coro diventa espressione tangibile
della vita di una comunità. L’edizione torinese accoglie questa
sfida offrendo ai partecipanti qualche assaggio di una realtà
tutta mediterranea, fatta di lingue, dialetti, ambienti sonori e
“microclimi culturali” unici al mondo. Il concerto Europa
Cantat Sound System ha come protagoniste principali due
realtà geografiche: l’Occitania e il Salento. La prima, molto
vicina a Torino, deve il suo nome alla lingua d’oc, l’occitano
appunto. Seppur divisa in diverse varietà, questa lingua è
diffusa in un’area molto vasta e riesce ad affratellare alcune
vallate piemontesi con ampie zone della Francia meridionale e
perfino con alcune propaggini della Spagna. Una parlata così
affascinante e musicale ci riporta all’epoca dei trovatori,
poeti-cantanti che, girando di corte in corte, ebbero un ruolo
fondamentale nella stabilizzazione di un’identità culturale
europea. Nel medioevo la lingua d’oc godeva di grande
prestigio, tanto che venne usata anche da Dante nel canto
dolori e lutti e ottenere la guarigione dalle malattie (“mal
d’amore” compreso). Dopo decenni di oblio, negli ultimi anni
queste tradizioni hanno conquistato grande popolarità, grazie
anche al coinvolgimento dei giovani, che talvolta hanno
saputo ibridarle con forme diverse come il reggae e farle
rivivere in piccole e grandi feste di piazza. Feste, proprio
come quella che, nel nome di canto e ritmo, unirà i
partecipanti del Sound System e anche coloro che
frequenteranno gli atelier e i concerti del gruppo torinese
Paranza del Geco.
Occitania e Salento sono solo due facce di una realtà molto
ampia, cui da anni Feniarco dedica attenzione, grazie a
progetti di studio sulle diverse comunità linguistiche italiane,
proprio in virtù di quel legame inscindibile che unisce coro,
parole, letteratura e cultura.
Il festival è attento anche alle
esigenze dei più piccoli.
Il Lingotto: storia di una fabbrica
Il programma degli eventi del festival prevede quattro
importanti concerti e un punto di accoglienza al Lingotto,
spazio dall’alto valore simbolico, con una storia peculiare e
molto caratteristica. Dagli anni ’20 al 1982, infatti, il Lingotto
è stato uno dei principali stabilimenti di produzione
dell’industria automobilistica Fiat. In questo immenso
complesso hanno visto la luce decine di modelli di automobili,
singing is open to everyone who applied to the festival, but
also to people who are simply passing by, curious ones and
tourists.
Europa Cantat Sound System: voices from Occitania and
Salento
The festival has always welcomed, by its very nature, the
challenge of “world music”. This because choral music is not
confined to so-called “cultured music”, but includes a
multitude of experiences, from folk to world music, from work
songs to various expressions of popular religiosity. These are
all cases in which the choir becomes a tangible expression of
community life. The Torino festival edition embraces this
challenge by offering participants a glimpse of a
Mediterranean reality, made of languages, dialects, sound
environments and “cultural microclimates” which are unique
in the world. Protagonists of the concert Europa Cantat Sound
System are Occitania and Salento, two geographical realities.
The first one, very close to Torino, owes its name to the
langue d’oc, precisely the Occitano. Even if it’s divided into
several varieties, such language is common on a wide area
and connects some valleys of Piemonte with large areas of
southern France and even with some offshoots of Spain. A charming and well spoken music brings us back to the
troubadours, poet-singers who, turning from court to court,
played a key role in establishing a European cultural
identity. In the Middle Ages, the langue d’oc had great
prestige, so that it was used by Dante in Canto XXVI of
Purgatory (a unique case in the whole Commedia). The
Occitan group Lou Dalfin will be leading the dances during
the Sound System. The Lou Dalfin are our “contemporary
troubadours” who knew how to build a successful synthesis
43
between past and present. Their lyrics are based on old
themes, but they also deal with actuality; the formation in
fact plays traditional instruments like the hurdy-gurdy and
accordion alongside electrified guitar and bass. Be ready to
answer as choir to the call of Se chanto symbol and anthem
melody of Occitania.
The second protagonist, Salento, is located in Puglia (South of
Italy). In this area there is still a Greek-speaking community,
whose origin can be traced back to the Byzantine period.
According to some scholars, this community can be found
further back in time at the time of Magna Graecia, even before
the Roman conquest of Italy. Salento is a land of great musical
richness that is expressed in various traditions. One of them is
the pizzica, a musical form in relation with the tarante, spread
in different areas of Southern Italy and characterized by a
participated time of singing, instrumental music and dance. The
key to understand this form lies in the ancestral, sometimes
obsessive rhythm, that has been inherited from earlier times
when the music was recognized as magical, miraculous and
capable of helping people to overcome the pain and grief and
to be healed from disease (“love sickness” included). After
decades of oblivion these traditions have gained recently a
great popularity, thanks to the involvement of young people,
who have been able to cross them with different forms such as
reggae and make them revive in small and large street
parties. A party, in fact, will gather the participants of the
Sound System and those who attend ateliers and concerts held
the group Paranza del Gecko (Torino).
Occitania and Salento are just two sides of a wide reality,
studied for many years by Feniarco through research projects
on various Italian language communities, just for that
unbreakable bond that joins choir, words, literature and culture.
ASSOCIAZIONE
44
45
Salone del Libro, kermesse dell’editoria che richiama ogni
anno migliaia di visitatori, e il Salone del Gusto, dedicato alle
eccellenze alimentari. È inoltre sede della prestigiosa
Pinacoteca Agnelli. Ma anche la musica ha un posto di
assoluto riguardo: nel 1994 è stato inaugurato l’auditorium
Giovanni Agnelli, intitolato al fondatore della Fiat, uno spazio
a capienza variabile (da meno di 500 a oltre 2000 posti) dove
si tengono molti concerti, a cominciare dalle stagioni
sinfoniche dell’Unione Musicale di Torino. Nel corso degli anni
l’auditorium Agnelli, apprezzato per la sua eleganza e la sua
pregevole acustica, ha ospitato artisti e formazioni ai massimi
livelli della scena contemporanea, compresi i Berliner
Philharmoniker, che, sotto la direzione del maestro Claudio
Abbado, vi hanno tenuto il concerto inaugurale.
tra cui le ormai mitiche Balilla, Topolino e Torpedo. Per molto
tempo la fabbrica ha raccolto in sé le storie di migliaia di
lavoratori provenienti dal Sud Italia, che si lasciavano alle
spalle la loro vita di contadini, inseguendo un lavoro più
sicuro, per sé e per le loro famiglie. Gente che arrivava
portandosi sulle spalle, a volte come unico bagaglio, le
proprie tradizioni, canti compresi, naturalmente. Non solo: dal
Lingotto è passato quel percorso di identificazione che per
decenni, nell’immaginario collettivo, ha fatto coincidere la Fiat
con la città stessa, generando abitudini, modi
di pensare e anche qualche stereotipo, sia
positivo (Torino città operosa e produttiva),
sia negativo (Torino città industriale un po’
grigia). Ai tempi della sua costruzione il
Lingotto aveva una struttura avveniristica e
altamente funzionale. Due rampe elicoidali
collegavano i lunghi corpi longitudinali delle
officine con il tetto della struttura: in questo modo le vetture
prodotte al piano terra potevano raggiungere una pista di
collaudo, costituita da due rettilinei lungi oltre 400 metri uniti
da due curve sopraelevate. L’idea della pista sul tetto piacque
molto a Le Corbusier, che infatti menzionò il complesso
torinese nella sua opera Vers une architecture (1923), nel
capitolo Architettura o rivoluzione.
La seconda e più recente vita del Lingotto è legata al nome di
un altro grande architetto, il genovese Renzo Piano, che nel
1985, tre anni dopo la dismissione dell’impianto industriale, fu
incaricato di ristrutturare l’intero complesso. Non più fabbrica,
ma centro polifunzionale, sede di servizi, alberghi, ma
soprattutto polo culturale. Tra i vari elementi di innovazione è
impossibile non notare “La bolla”, una sala riunioni in vetro e
cristallo posta al di sopra della torre Sud, con vista
panoramica sull’arco alpino. Attualmente il Lingotto, una delle
più grandi strutture europee di questo genere, ospita
numerose manifestazioni culturali di ampio respiro, come il
Il Borgo Medievale: un “autentico” falso storico
A proposito di luoghi particolari, ecco un altro spazio torinese
che merita un approfondimento, se non altro per la sua storia
inconsueta. Parliamo del Borgo Medievale (inserito nel parco
del Valentino). Durante il festival vi si terranno alcuni eventi
della sezione Fringe: estemporaneità e immaginazione
creativa saranno elementi dominanti. Anche il borgo
medievale nasce da un “sogno creativo”, un po’ visionario.
Per comprenderne lo spirito bisogna ritornare alla Torino di
fine Ottocento. Da circa un secolo la sensibilità romantica
aveva disseminato in tutta Europa un’autentica passione per il
medioevo, non più considerato era buia e barbarica, ma
momento fecondo e genuino (che, tra l’altro, dava occasione
alle dinastie regnanti di legittimare il loro potere). Fu
Il Piemonte è una terra dalle mille
ricchezze paesaggistiche e artistiche.
l’Esposizione Generale Italiana, che si tenne a Torino nel 1884,
a suggerire lo spunto per il progetto. Per il padiglione Arte
Antica, su consiglio dello studioso Alfredo D’andrade, si
pensò di ricreare un borgo feudale quattrocentesco,
prendendo a modello le testimonianze architettoniche
disseminate in Piemonte e Valle d’Aosta. Nacque così il
villaggio, raccolto attorno a un castello turrito, proprio come
avveniva nel XV secolo, quando i centri abitativi avevano
come fulcro le dimore dei signori. L’inaugurazione avvenne
alla presenza dei sovrani d’Italia, Umberto e Margherita di
Savoia. Il borgo è, nel suo insieme, un prodotto di invenzione,
ma ogni singolo elemento (compresi i motivi decorativi e gli
arredi) è riprodotto con precisione filologica da modelli
originali. Per questo, oltre a essere un luogo pittoresco, è
considerato un valido spunto didattico, molto visitato da
bambini e ragazzi delle scuole.
Lingotto, the story of a factory
The program of the festival’s events consists of 4 major
concerts and a reception point in the Lingotto area, that has a
highly symbolic value for its peculiar and characteristic
history. From the ’20s to 1982, in fact, Lingotto was one of
the main Fiat car manufacturing industry. Dozens of car
models, including the legendary Balilla, Topolino and Torpedo,
have been produced in this huge industrial complex. For
many years the factory has collected the stories of thousands
of workers from southern Italy, who have left behind their
peasant life searching for a more secure condition for
themselves and their families. They would come carrying
traditions and songs on their shoulders, sometimes as a
single piece of luggage. For decades Fiat has been identified
with the city itself, generating habits, ways of thinking and
even a few stereotypes, both positive (Torino as an
industrious and productive city) and negative (Torino as an
industrial and gray city). At the time of its construction
Lingotto presented a futuristic and highly functional
structure. Two spiral ramps were connecting the longitudinal
bodies of the workshops with the building’s roof. In this way
the cars, produced at the ground floor, could reach a test
track made of two straight stretches with over 400 meters of
length, connected by two raised curves. Le Corbusier really
liked the idea of the track on the roof, in fact he mentioned
the Turinese industrial complex in his work Vers une
architecture (1923), in the chapter Architecture or Revolution.
The second and more recent life of Lingotto is connected to
the name of another great architect, Renzo Piano who, in
1985, three years after the disposal of the industrial
establishment, was commissioned to renovate the entire
complex. Lingotto, instead of a factory, became a
multifunctional centre with home services, hotels and
especially a cultural centre. Among the innovative elements,
you can’t miss “The Bubble”, a meeting room, made of glass
and crystal placed above the South Tower, with panoramic
views over the Alps. Lingotto, one of the largest European
structures of this kind, is currently home of numerous cultural
events as the Salone del Libro, an important publishing event
that every year attracts thousands of visitors, and Salone del
Gusto, dedicated to excellence in food. It’s also home of the
prestigious Pinacoteca Agnelli. Music as well finds an
important place in Lingotto, in fact, in 1994, the auditorium
Giovanni Agnelli opened. The auditorium, named after the
founder of Fiat, is a space of variable capacity (from less than
500 to over 2000 people) where numerous concerts are held,
starting from the symphonic season organised by the Unione
Musicale of Torino. The Auditorium Agnelli, has been
appreciated over the years for its elegance and its fine
acoustics and has hosted artists and formations at the
highest levels of the contemporary scene, including the
Berliner Philharmoniker that has played the opening concert
directed by maestro Claudio Abbado.
The Medieval Village, an “authentic” historical fake
This is another special place in Torino which deserves
attention, even just for its unusual background. We are
speaking about the medieval village inside of Parco del
Valentino. During the festival, some of the events of the
fringe section will be hosted there. Improvisation and creative
imagination will be their dominant elements. The medieval
town was created by a creative and visionary dream. To
understand its spirit we must return back in time to Torino at
the end of the nineteenth century. For nearly a century, the
Romantic sensibility had scattered all over Europe a genuine
passion for the Middle Ages, no longer considered a dark and
barbaric period, but rather fertile and genuine (that gave to
the ruling dynasties the occasion of legitimizing their power).
It was the Esposizione Generale Italiana, held in Torino in
1884, to inspire the project. For the Ancient Art section it was
ASSOCIAZIONE
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cori. Questi momenti sono importanti occasioni di
confronto, a metà strada tra musica, arte, turismo e
convivialità. Tutti i luoghi piemontesi interessati
dall’iniziativa meriterebbero un approfondimento, ma ci
limitiamo a citarne alcuni, perché particolarmente densi di
storia o perché situati nei capoluoghi di provincia: il
teatro Alfieri ad Asti, la basilica di San Sebastiano a
Biella, la Chiesa di San Francesco a Cuneo, il cortile
medievale all’interno del palazzo del Broletto a Novara,
l’abbazia di Staffarda, un gioiello dell’architettura sacra
risalente al XII secolo. E come dimenticare la Sacra di San
Michele, monastero posto a strapiombo su una vallata,
uno dei monumenti simbolo dei Piemonte capace di
offrire ai visitatori una totale immersione nella storia
medievale, oltre a una visuale incredibilmente suggestiva?
Il programma dei concerti sul territorio è coordinato da
Acp (Associazione Cori Piemontesi).
Sul territorio
Le proposte di Europa Cantat non si limitano alla città di
Torino. L’intera regione Piemonte è coinvolta, cosa che
permette ai partecipanti di scoprire, insieme con la magia del
canto, il fascino di una terra dalle mille ricchezze
paesaggistiche e artistiche. Il 30 luglio l’intera “macchina” del
festival si trasferisce alla Reggia di Venaria (o Venaria Reale).
Situata alle porte di Torino, questa meraviglia architettonica,
che oggi è uno dei luoghi artistici più visitati d’Italia, nacque
nel XVII secolo su commissione dei
duchi di Savoia, che intendevano
usarla come base per le battute di
caccia nella vicina zona collinare (il
suo stesso nome, Venaria, è da
mettere in rapporto con l’azione del
cacciare, in latino venare). Il progetto
iniziale si deve ad Amedeo di
Castellamonte, ma, in epoche successive, vi lavorarono diversi
altri architetti. Spicca su tutti l’imponente programma di
restauri voluto da Filippo Juvarra, il geniale artista che
(accanto a Guarino Guarini) seppe rinnovare il volto di Torino
in epoca barocca. Oggi, tornata ai suoi antichi splendori dopo
secoli di oblio, la Venaria si mostra in tutto il suo incanto:
saloni decorati e luminosi corridoi ispirati alla magnificenza di
Versailles, come la cosiddetta Galleria di Diana, ampi cortili e
sontuosi giardini all’italiana. Inoltre, da diversi anni, la Reggia
è sede di importanti mostre d’arte. Tra le più recenti
ricordiamo La bella Italia, allestita nel 2011 per il
centocinquantesimo anniversario dell’unità nazionale, che ha
richiamato migliaia di visitatori.
Ma le occasioni per scoprire le bellezze del Piemonte non si
esauriscono in una singola giornata. Più di cinquanta cori
partecipanti al festival sono coinvolti in un ricco programma
di eventi sul territorio. Si tratta di concerti choir to choir, cioè
che prevedono, per ogni esibizione, la partecipazione di due
Quanto ampia e variegata può essere
la tavolozza di emozioni esprimibili
attraverso un coro!
decided, with the advise of the architect Alfredo D’Andrade,
to recreate a fifteenth century feudal village, modeled on
Piemonte and Valle d’Aosta architectural testimonies. Thus
the village was born, built around a turreted castle, like in the
fifteenth century when the towns’ focus were the gentry’s
homes. The Medieval Village was opened in the presence of
the sovereigns of Italy, Umberto and Margherita of Savoy. The
village is entirely a product of invention, but each element
(including the decorations and furnishings) is reproduced with
philological precision of the original models. For this reason,
besides being a beautiful place, the Medieval Village is
considered a valid educational tool and is largely visited by
children and school groups.
On the territory
Europa Cantat suggestions are not limited to the city of
Torino. The whole Piemonte is involved in it and this allows
the participants to discover, along with the magic of singing,
the charm of a land made of a thousand natural and artistic
treasures. On the 30 th of July, the entire festival “machine”
will move to the Reggia di Venaria (or Venaria Reale). This
architectural beauty, situated on the outskirts of Torino, is
today one of the most visited art places of Italy. It was built in
the seventeenth century, commissioned by the Duke of Savoy,
who intended to use it as a hunting base (its very name,
Venaria, is related to the action of hunting, in Latin
venare). The initial plan was designed by Amedeo
Castellamonte, but later in time, has been reviewed by several
architects. The impressive restoration program done by
Filippo Juvarra, a gifted artist who (along with Guarino
Guarini) was able to renew the face of Torino in the Baroque
period, stands out among all the others. Now, back to its
former beauty after centuries of oblivion, Venaria shows itself
in all its charm. We can admire decorated living rooms and
illuminated corridors inspired by the magnificence of
47
Versailles, like the Gallery of Diana, the large courtyards and
magnificent Italian style gardens. Moreover, since several
years, the Palace is hosting major art exhibitions. Among the
most recent works we want to remember La bella Italia, set
up in 2011 for the hundred and fiftieth anniversary of National
Unity, which attracted thousands of visitors.
But the opportunities of discovering the beauty of Piemonte
are not exhausted in a single day. More than fifty choirs are
involved in a varied program of events through the
territory. These events are the choir to choir concerts, with
the participation of two choirs scheduled for each
performance. These are important sharing opportunities,
halfway between music, art, tourism and hospitality. All the
places involved in the initiative would deserve to be named,
but we just mention a few, because they are particularly rich
in history and because they are situated in the provincial
capitals as the Teatro Alfieri of Asti, the Basilica of S.
Sebastiano in Biella, the Church of S. Francesco in Cuneo, the
medieval courtyard inside the Broletto palace in Novara,
Staffarda Abbey, a gem of religious architecture dating from
the twelfth century and the Sacra di San Michele, a
monastery falling sheer into a valley. The Sacra is one of
Piemonte’s symbolic monuments, offering to visitors a
complete immersion in medieval history as well as an
incredibly beautiful sight. The program of concerts across the
territory is coordinated by ACP (Associazione Cori Piemontesi).
ASSOCIAZIONE
49
Abstract
mente, corpo,
voce e cuore
far musica, essere musica
di Stefania Piccardi
Mind, body,
voice, heart
La musica, vissuta fin da bambini, rende
consapevoli, capaci e curiosi di conoscere,
ascoltare, apprezzare, discriminare,
appassionarsi ed emozionarsi. Ne sono
certa.
being music, making music
La mia curiosità musicale è iniziata da
piccolissima. Registravo con la mia voce
una melodia e giocavo improvvisando
controcanti, sempre diversi nei ritmi e nelle armonie. A tredici anni cantavo nel coro polifonico della
mia città, dove potevo realmente intrecciare la mia voce con quella di altre persone. Non ho mai
smesso di amare il coro.
Durante i miei studi ho avuto la fortuna di conoscere e collaborare con tanti musicisti: direttori,
compositori, strumentisti… Artisti che dedicano la propria esistenza alla musica come una ragione
d’essere e, da ognuno di loro, ho avuto in dono esperienza e energia.
Col passare del tempo, ho maturato la convinzione che potevo contribuire anche io, nel mio piccolo,
a diffondere conoscenze e passione per la musica corale, ma non avevo chiaro come…
Un giorno, partecipando da corista a un concorso nazionale corale, ascoltai un gruppo giovanile, il
Genova Vocal Ensemble, diretto da Roberta Paraninfo. Vedevo e ascoltavo dei ragazzi meravigliosi,
certamente consapevoli della musica che stavano interpretando con straordinaria naturalezza e
semplicità. Autonomi, ma perfettamente uniti.
Il loro messaggio mi arrivò come un grido: forte e chiaro.
«…Il respiro è già canto… nel silenzio, prima di emettere
un suono, la voce nasce nella mente, vive attraverso la
musica che interpreta e finisce nelle emozioni di colui che
ascolta…»
Seppi in quel momento che dovevo studiare, ricercare,
conoscere, sapere quanto più possibile sulla coralità e
vocalità infantile, per poter contagiare con la mia musica
quanti più bambini potevo.
Mi misi subito a cercare.
Attraverso l’attività del Centro Musicale Aureliano di Roma
e grazie alla pluriennale esperienza con le voci bianche di
Bruna Liguori Valenti, ebbi le prime indicazioni e
motivazioni. L’interessante e formativo percorso di studi
mise ordine alle informazioni da me acquisite negli anni
precedenti, “obbligandomi” a metterle in pratica. Così
durante questo cammino, il piccolo laboratorio vocale di
bambini diede vita al primo nucleo del Coro Aurora,
gruppo associativo di voci bianche e giovanili, con cui mi
impegno a vivere e diffondere la musica corale.
«…Music education should begin very early,
because taste and skills can be more readily
influenced in childhood: impressions that last a
lifetime can be created in the early years…»
I accepted Feniarco’s invitation to run the Music in
Movement workshop during the Spring Festival in
Montecatini Terme – an opportunity for the school
choirs attending to meet each other, study and
compete – with curiosity, enthusiasm and the
desire to pass on my experience, and I have, as
always, received as much as I gave.
Feniarco staff’s excellent management and
organisation, the constant exchange and debate
with the other workshops’ teachers and the good
work performed closely with the pupil’ music
teachers helped capture the collective attention of
the 400 girls and boys aged from 10 to 14,
stimulating their curiosity.
I think this is the chief purpose of the Spring
Festival: immersing the young choristers in choral
activity, enabling them to relate to one another
under the guidance of new chorus masters and
spurred by rivalry with choirs of the same age.
The atmosphere that came about during the final
concert was striking. The hundreds of voices
followed each other on stage, displaying
discipline, attention, commitment, respect and joy,
all concentrating on imparting their own nuance,
essential to making the music real. Alive… not just
performed!
Boys and girls ready to be drawn, mind, body,
heart and voice, into the demands made by the
score. Youngsters enthralled by being and making
music.
«…Music is a moral law. It gives soul to the
universe, wings to the mind, flight to the
imagination, and charm and gaiety to life and to
everything…»
It is everybody’s right, and children’s in particular,
to enter into contact with it and enjoy making it. It
is everybody’s, not only music lovers’ duty, to
strive to defend and disseminate it.
mente, corpo,
«…La musica è necessaria nella formazione generale
dell’uomo poiché stimola l’intelletto sviluppando maggiore
recettività verso le altre discipline…»
Avendo dei figli in età scolare, nella scuola primaria, mi
sono resa conto personalmente di quanto, purtroppo,
manchi nel nostro sistema scolastico l’attenzione e il
rispetto verso l’insegnamento della musica. L’ora di
educazione musicale è prevista, ma non sempre si pratica.
In pagella sono indicati gli obiettivi curricolari e, per
assurdo, esiste anche una valutazione espressa di
insegnamenti che spesso non vengono neanche proposti
agli alunni.
Il devastante risultato è che i nostri bambini crescono
musicalmente analfabeti, fruitori passivi di infinite quantità
e tipologie di suoni e per niente in condizione di poterne
apprezzare i contenuti.
Fortunatamente esistono istituzioni scolastiche e
Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni
Regionali Corali
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33078 San Vito al Tagliamento (Pn) via Altan, 39
tel. 0434 876724 - fax 0434 877554 - [email protected] - www.feniarco.it
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FESTIVAL DI PRIMAVERA 2012
Montecatini Terme (Pt)
18-21 aprile 2012 - Scuole medie
Partecipanti
12 cori - 400 giovani coristi
oltre 500 persone coinvolte
Atelier
Antica ma non troppo - docente: Debora Bria
John Rutter - docente: Roberta Paraninfo
Vocal pop - docente: Fabio Alberti
Musica in movimento - docente: Stefania Piccardi
World music - docente: Edoardo Materassi
Concerti
Giovedì 19 aprile 2012 - Palazzo dei Congressi
Concerto di apertura del Festival
Venerdì 20 aprile 2012 - Palazzo dei Congressi
Gran Concerto di Primavera
Sabato 21 aprile 2012
8 concerti nelle scuole del territorio
25-28 aprile 2012 - Scuole superiori
Partecipanti
21 cori - 620 giovani coristi
oltre 700 persone coinvolte
Atelier
Musica rinascimentale - docente: Mauro Marchetti
Antonio Vivaldi - docente: Luigi Marzola
Musica contemporanea - docente: Basilio Astulez (Spagna)
World music - docente: Cinzia Zanon
Vocal pop - docente: Lorenzo Fattambrini
Moses Hogan - docente: Flavio Becchis
Concerti
Giovedì 26 aprile 2012 - Palazzo dei Congressi
Concerto del Coro Accademia Feniarco
Venerdì 27 aprile 2012 - Nuovo Teatro Verdi
Gran Concerto di Primavera
Sabato 28 aprile 2012
10 concerti nelle scuole del territorio
insegnanti che si preoccupano di questa realtà e,
credendo nella interdisciplinarietà della pratica musicale,
si impegnano progettando percorsi formativi sin dalla
scuola primaria.
Si offre così ai bambini l’opportunità di incontrare la
musica che altrimenti non potranno mai amare: non la
conoscono!
«…L’educazione musicale deve iniziare molto presto,
perché il gusto e le abilità sono maggiormente
influenzabili in età infantile: nei primi anni si possono
creare impressioni che dureranno tutta una vita…»
Con curiosità, entusiasmo e volontà di donare la mia
esperienza, ho accettato l’incarico da Feniarco di
condurre l’atelier Musica in movimento a Montecatini
Terme, durante il Festival di Primavera, momento
d’incontro, studio e confronto tra i cori scolastici
partecipanti e come sempre ho ricevuto nel dare.
L’ottima gestione e organizzazione dello staff di Feniarco
e Act, il continuo scambio e confronto con i docenti degli
altri atelier e la positiva collaborazione con i professori
degli alunni cantori, hanno contribuito a catturare
l’attenzione corale dei 400 ragazzi di età compresa tra 10
e 14 anni, motivandone la curiosità.
Credo sia questo l’obiettivo principale del Festival di
Primavera: immergere nell’attività corale i giovanissimi
cantori, permettendo loro di relazionarsi, guidati da
nuovi maestri e stimolati dal confronto con cori composti
da coetanei.
Emozionante l’atmosfera che si è creata durante il
concerto finale. Le centinaia di voci si sono susseguite
sul palco, con serietà, attenzione, impegno, rispetto e
gioia. Tutti concentrati nel regalare la propria sfumatura,
necessaria a rendere la musica vera. Viva… non solo
eseguita!
Ragazzi pronti a farsi coinvolgere dalle argomentazioni
richieste dallo spartito. Mente, corpo, voce, cuore.
Giovani affascinati dall’essere e dal far musica.
«…La Musica è una legge morale. Essa dà un’anima
all’universo, le ali al pensiero, uno slancio
all’immaginazione, un fascino alla tristezza, un impulso
alla gaiezza e la vita a tutte le cose...»
È diritto di tutti, in particolare dei bambini, entrare in
contatto con essa e goderne l’espressione. È dovere di
tutti, non solo di chi ama la musica, impegnarsi a
difenderla e diffonderla.
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CRONACA
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GIÀ MI TROVAI DI MAGGIO
46º Concorso Nazionale Corale di Vittorio Veneto
di Giorgio Morandi
Vittorio Veneto
National Choral Competition
Già mi trovai di maggio una mattina
entro un bel teatro con palco adorno
di tanti fiori nella città della vittoria
alata.
Sembra (e chiedo venia fin d’ora se a
qualcuno apparisse una insolenza) la
parafrasi del testo di un bel canto
dell’indimenticabile maestro Bruno
Bettinelli, pezzo forte del repertorio di tanti cori, nonché uno
dei brani del concorso di cui ora si parlerà. Ma per chi scrive
non è che, letteralmente, la realtà vissuta a Vittorio Veneto
nel fine settimana del 26 e 27 maggio del corrente anno
2012.
«46° Concorso Nazionale Corale Trofei “Città di Vittorio
Veneto 2012”» tuona al microfono del bel teatro Lorenzo Da
Ponte la voce decisa del maestro Giorgio Mazzuccato, speaker
ufficiale e portavoce della Commissione Artistica del
concorso. Ricordato il Comune di Vittorio Veneto come ente
organizzatore dell’evento, lo speaker prosegue citando la
Regione Veneto, la Provincia di Treviso, Feniarco, Asac Veneto
e l’Associazione e Coro Ana della città quali enti la cui
attenzione e partecipazione concreta ha contribuito a
realizzare anche quest’anno il Concorso Corale Nazionale; il
maestro Mazzuccato presenta quindi gli altri membri della
Commissione Artistica: Stefano Da Ros (coordinatore artistico
e trascinatore di tante edizioni del concorso), Francesco Luisi
e Alvaro Vatri. Procede con la presentazione dei membri della
giuria che è presieduta da Antonio Sanna ed è formata da
Arnaldo De Colle, Francesco Erle, Floranna Spreafico e Paola
Stivaletta. E quindi…
Signori si va a cominciare! Aprono le audizioni per il concorso
i sei cori della categoria d Progetto-programma riservato a
cori giovanili. Nulla richiama una qualsiasi religiosità del
luogo se non il “sacro” silenzio dell’attento pubblico presente
in sala che, interessatissimo, ascolta attento il risultato di un
lungo lavoro svolto dai cori nei mesi precedenti. Un applauso
convinto saluta ogni coro al termine dell’esibizione e alla fine
introduce la pausa di poche decine di minuti che permette
alla giuria di stilare la classifica dei concorrenti. Questa prima
fase del concorso è conclusa dalla proclamazione dei primi tre
cori classificati. Ed è solo in questo momento che la sala si
eccita e le grida di gioia dei cori citati dal portavoce della
giuria la riempiono.
Nei due giorni dell’importante evento corale questo rito si
ripete per altre quattro volte, con la categoria a Progettoprogramma musiche originali d’autore (con 9 cori), la
categoria c Progetto-programma riservato a cori maschili”
(4 cori), la categoria b Progetto-programma canto popolare
(con 3 cori) e la categoria e Progetto-programma riservato a
cori di voci bianche (7 cori).
Se momento atteso con ansia è, come già citato, il momento
della proclamazione dei vincitori delle diverse categorie, ancor
di più lo è il momento dell’esibizione di tutti i vincitori nel
grande concerto finale che permetterà alla giuria di dichiarare
il vincitore assoluto del festival con l’assegnazione del 18°
Gran Premio Efrem Casagrande, istituito a ricordo dell’illustre
e indimenticato cittadino di Vittorio Veneto, grande esponente
della coralità italiana, fondatore e sostenitore dello stesso
Concorso Corale Nazionale.
Va evidenziato che per la prima volta al superconcorso ha
dato un tocco di prestigio particolare la presenza competitiva
del coro italiano che nell’edizione del 2011 ha vinto il
Concorso Nazionale Guido d’Arezzo e precisamente il Coro da
Camera di Varese diretto dal maestro Gabriele Conti. Con la
sua qualifica di vincitore di Arezzo il coro varesino è stato
ammesso di diritto al Gran Premio Efrem Casagrande.
In una scheda a parte onoreremo giustamente tutti i cori
vincitori delle singole categorie, ma non possiamo omettere di
citare, già qui, almeno il vincitore del Gran Premio 2012, il
coro femminile Ensemble La Rose di Piovene Rocchette
(Vi), diretto dalla maestra Jose Borgo, coro già vincitore
nella categoria Progetto-programma musiche originali
d’autore con il progetto Sub tuum Praesidium: devozione
mariana nella musica corale contemporanea.
Quest’ultima informazione ci introduce e ci porta a
evidenziare un tratto caratteristico del concorso corale di
Vittorio Veneto: ogni coro partecipa al concorso
proponendo un piccolo unitario progetto corale. Non è qui
possibile citare tutti i 29 progetti, ma è garantito il fatto
della loro interessante originalità che va a coprire
tantissimi aspetti della cultura e della storia dell’umanità
che caratterizza la nostra società.
Il progetto ritenuto dalla giuria il più interessante fra quelli
ammessi al concorso, e nel caso specifico il progetto
Pitture vocali: disegno e coloro con la voce presentato dal
Coro Aurora di Bastia Umbra (Pg) diretto da Stefania
Piccardi, ha ricevuto uno dei premi speciali previsti
dall’organizzazione del concorso. La lista dei premi
speciali si completa con la citazione del: premio per il
direttore di coro che ha espresso le più spiccate doti
interpretative, assegnato a Giorgio Susana, direttore del
Corocastel di Conegliano (Tv); premio per il coro veneto
che ha ottenuto la migliore valutazione nel concorso,
assegnato all’Ensemble La Rose di Piovene Rocchette (Vi),
diretto da Jose Borgo; premio speciale per i cori scolastici,
assegnato al coro Voci bianche Italo Calvino di Milano,
diretto da Sonia Spirito, unico coro scolastico presente a
questa edizione del concorso.
A mo’ di conclusione piace riferire le seguenti parole:
«Ancora una volta nella nostra città si è realizzata una
festa: quella del canto, soprattutto della voce, educata e
disciplinata dalla tecnica, ma sempre fluente dal cuore;
quello strumento sonoro insuperabile, certamente
duraturo quanto la stessa umanità». Sono parole del
Sindaco di Vittorio Veneto, Gianantonio Da Re che,
accompagnato dall’Assessore alla Cultura Michele De
Bertolis e dal Prefetto di Treviso Aldo Adinolfi, essendo
presente al concerto per l’assegnazione del Gran Premio
Efrem Casagrande, ha voluto di persona ringraziare tutti i
cori partecipanti al concorso, il pubblico presente, gli
organizzatori (con menzione particolare al coordinatore
maestro Stefano Da Ros) e tutti gli enti che hanno
contribuito alla realizzazione della grande festa corale.
A livello statistico, informiamo che ben ventinove sono
state le compagini corali che con circa ottocento coristi si
sono iscritte e hanno effettivamente partecipato alla 46 a
edizione del Concorso Nazionale Corale Trofei “Città di
Vittorio Veneto” 2012. La loro provenienza copre
geograficamente tutto il paese, dalla Sicilia al Friuli
passando attraverso sette diverse regioni.
Il futuro?
Dal punto di vista sia organizzativo sia dei contenuti il
concorso gode ottima salute e il suo futuro è assicurato,
anche se alcune novità, per la vivacità e l’incisività della
53
Abstract
In the last weekend of May, 2012, the National
Choral Competition “Trofei Città di Vittorio
Veneto” was held in Vittorio Veneto, a town in the
province of Treviso. Twenty-nine choirs from all
over Italy sang for a jury composed of Antonio
Sanna (chairman), Arnaldo De Colle, Francesco
Erle, Floranna Spreafico and Paola Stivaletta. The
list of winning choirs is published elsewhere but
mention must be made of the winner of the Gran
Premio Efrem Casagrande, the Ensemble La Rose
(from Piovene Rocchette, in Vicenza province)
conducted by Jose Borgo.
The competition was staged to great acclaim in
the town’s Teatro Da Ponte, provided by the
municipal authorities, which were represented by
the mayor Gianantonio Da Re and Culture
Committee councillor, Michele De Bertolis (both of
whom were present at the final concert). Other
dignitaries, attending various concerts and
greeting the choirs, were the Prefect of Treviso,
Aldo Adinolfi, the General Secretary of Feniarco,
Lorenzo Benedet, and the President of ASAC (the
regional choral association), Alessandro Raschi.
The 46 th edition of the National Choral
Competition, under the leadership of maestro
Stefano Da Ros, reflected the town’s long-standing
legacy of Italian choral music, a legacy it is
determined to preserve and continue, as
confirmed by the parting promise of the maestro
to «see you next year».
CRONACA
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ASPETTANDO POULENC…
IL FLORILÈGE DI TOURS ALL’INSEGNA DEI GIOVANI
RISULTATI DEL CONCORSO
CAT. A - Progetto-programma musiche originali d’autore
1° Classificato: Ensemble La Rose di Piovene Rocchette (Vi), dir. Jose Borgo
2° Classificato: Coro Dalakopen di Legnano (Mi), dir. Pietro Ferrario
3° Classificato: Coro Iride di Roma, dir. Fabrizio Barchi
CAT. B - Progetto-programma canto popolare
1° Classificato: non designato
2° Classificato: Coro da Camera Trentino di Borgo Valsugana (Tn), dir. Giancarlo Comar
3° Classificato: Coro S. Ilario di Rovereto (Tn), dir. Antonio Pileggi
CAT. C - Progetto-programma riservato ai cori maschili
1° Classificato: Corocastel di Conegliano (Tv), dir. Giorgio Susana
2° Classificato: Coro S. Romedio Anaunia di Romeno (Tn), dir. Luigi De Romedis
3° Classificato: Coro S. Ilario di Rovereto (Tn), dir. Antonio Pileggi
CAT. D - Progetto-programma riservato ai cori giovanili
1° Classificato: Coro Iride di Roma, dir. Fabrizio Barchi
2° Classificato: Gruppo vocale Vogliam Cantare di Trento, dir. Maria Cortelletti
3° Classificato: Gruppo vocale Vivae Vocis Concentus di Perugia, dir. Franco Radicchia
CAT. E - Progetto-programma riservato ai cori di voci bianche
1° Classificato: Voci bianche Vogliam Cantare di Trento, dir. Maria Cortelletti
2° Classificato: Coro Aurora di Bastia Umbra (Pg), dir. Stefania Piccardi
3° Classificato - exequo: Voci bianche Garda Trentino di Riva Del Garda, dir. Enrico Miaroma;
I Piccoli Cantori di Barcellona Pozzo di Gotto (Me), dir. Salvina Miano
Gran Premio Efrem Casagrande
Ensemble La Rose di Piovene Rocchette (Vi), dir. Jose Borgo
manifestazione stessa, sono sempre possibili e talvolta auspicabili. Se è lecito esporre a mo’ di esempio un’idea
personale, forse ci sarebbe spazio affinché il concorso dei cori italiani diventasse un po’ di più anche concorso
della musica corale italiana (ora fortemente penalizzata dalla imperante – e non sempre giustificata – moda
della musica straniera). Siamo certi che la Commissione Artistica del concorso ha ben presente la situazione e vi
dedicherà attenzione per il futuro.
Dal punto di vista finanziario bisogna ammettere che anche il concorso di Vittorio Veneto risente della pesante
crisi in corso a livello nazionale, ma le parole pur molto prudenti delle autorità e del regista Stefano Da Ros
hanno lasciato ampia speranza
dandoci il loro cordiale arrivederci
al prossimo anno.
L’originalità dei progetti va a coprire
tantissimi aspetti della cultura e
della storia dell’umanità.
di Rossana Paliaga
Florilège Vocal de Tours:
Waiting for Poulenc…
Cantare bene è una cosa seria:
bisogna crederci e impegnarsi di
conseguenza nell’approfondimento
della tecnica vocale, dello stile, dei
necessari dettagli interpretativi che
permettono, attraverso la
condivisione autenticamente corale di
un approccio, di passare dalla buona esecuzione
all’interpretazione che suscita e trasmette emozioni. Per
alcuni è un traguardo realizzabile, per altri ancora il tentativo
di raggiungere un obiettivo, ma la sola espressione di questa
volontà dona senso e dignità all’attività di un coro,
predisponendolo a considerazioni di natura artistica. Questa è
la fede che accomuna chi partecipa ai più rinomati concorsi
corali internazionali, un acuto senso critico che al di là della
giuria deputata coinvolge anche i coristi e il pubblico,
costituito in grande maggioranza da conoscitori che in questa
sede amano analizzare con cognizione le singole esibizioni.
Per questo motivo i grandi concorsi non sono soltanto una
gara tra i cori partecipanti, ma il momento in cui godere
dell’arte corale nella sua forma più alta, confrontandosi e
arricchendosi reciprocamente in uno scambio ad ampio raggio
tra direttori, compositori, organizzatori, coristi e appassionati,
nel quale poter parlare di coralità con un linguaggio comune,
quello dell’adesione al dogma dell’onestà artistica e della
necessaria competenza.
Questa è stata anche quest’anno l’atmosfera vissuta al
Florilège vocal di Tours, roccaforte francese del circuito
europeo del Grand Prix corale. La 41ª edizione del concorso
ha offerto all’attenzione del suo pubblico un programma
ramificato che ha suddiviso i cori di adulti in piccole categorie
a seconda dell’organico misto, a voci pari o da camera,
affiancando alle loro prove, come da regolare tradizione
biennale, il concorso internazionale dedicato esclusivamente
ai cori giovanili.
A sorpresa la gara dei giovanissimi ha rivelato potenzialità più
interessanti rispetto a quelle espresse dai cori di adulti. Il
nuovissimo brano d’obbligo di questa categoria, l’accattivante
canzonetta Le rat des villes et le rat des champs (Il topo di
città e il topo di campagna), è stato commissionato dal
concorso al compositore Julien Joubert. Sul podio sono saliti i
rappresentanti di tre diversi approcci alla coralità giovanile:
sul gradino più alto la Solfa de la Schola Cantorum Coralina
da Cuba con le sue accattivanti note folk, la grande musicalità
e l’irresistibile voglia di ballare degli affiatati coristi, seguito
dal coro femminile Spigo di Jelgava in Lettonia, gruppo
vocalmente valido e agguerrito ma che con le sue scelte di
programma votate a un’ostentazione di facile effetto ha
suscitato le maggiori riserve proprio per l’atteggiamento. Agli
antipodi rispetto a questo tipo di scelte, ha conquistato il
terzo posto il coro Radost di Praga, per programma, vocalità e
concetto di esibizione erede di un metodo tradizionale quanto
efficace, che punta più sui contenuti che sulla decorazione e
ha portato al coro anche il premio del pubblico e il meritato
premio all’esperienza del direttore Vladislav Soucek,
“capitano” professionale ma cordiale, che con ammirabile
minimalismo di gesti sa ottenere massima attenzione, grande
precisione e una dinamica curata nei minimi dettagli.
Sono partiti invece in sordina i cori di adulti, ma la variabilità
del fattore umano e “atmosferico” che caratterizza lo
strumento-coro ha portato nelle successive categorie qualche
piacevole sorpresa, evidenziando tre gruppi che si sono poi
contesi con sostanziale equivalenza di mezzi il Grand Prix.
La giuria, che ha avuto anche la sua voce italiana con il
compositore Giovanni Bonato, ha confermato l’impressione
con una condivisibile severità di giudizio: niente primo premio
nella categoria dei cori misti, niente primo e terzo premio
nella categoria dei gruppi vocali, addirittura nessun premio
56
Abstract
Major choral competitions are not simply
contests, but opportunities to enjoy choral art
in its highest form. They are occasions for
conductors, composers, promoters and singers
to come together, a place for people who speak
the common language of artistic honesty and
mastery.
Such was the atmosphere at the 41th Florilège
Vocal de Tours, where choirs competed in three
restricted categories (mixed choirs, equal
voices, vocal groups) as well as the biennial
international competition dedicated exclusively
to youth choirs. The latter showcased the very
different approaches of the three choirs on the
podium. The Solfa de la Schola Cantorum
Coralina from Cuba sang catchy folk music with
great tonality, the female choir, Spigo from
Jelgava in Latvia, who performed most
effectively, and the Radost choir from Prague,
heirs to the traditional method which
concentrates more on content than decorative
flourishes.
Three adult groups of similar standing
competed for the Grand Prix. These were the
harmonious Samford University, A Cappella
Choir, of Birmingham, Alabama, competently
directed by Philip Copeland, the brilliant
Swedish choir, Härlanda Kammarkör,
meticulously directed by David Molin and the
florid Musicaquantica of Buenos Aires, featuring
the confident flourishes of the conductor,
Camilo Santostefano. The international jury
awarded the Grand Prix de la ville de Tours to
the choir from Argentina, which ensures their
participation in the Grand Prix final in Arezzo in
2013.
The head of international relations for the
Florilège Vocal de Tours, Jacques Barbier, said
this year’s competition was a prelude to
forthcoming changes in the contest rules in the
next edition. There will be fewer choirs with
longer programmes and new ideas to revitalise
the traditional approaches. The competition will
mark the fiftieth anniversary of the death of
Francis Poulenc, who spent part of his life in
Tours and whose name is forever linked with
the competition.
57
assegnato nelle voci pari. I premi consegnati sono stati divisi
tra il coro dell’università di Birmingham in Alabama, il coro
svedese Härlanda e i Musicaquantica di Buenos Aires, che
oltre a cinque premi (tra secondi, terzi e premi speciali)
hanno conquistato anche il riconoscimento più ambito, il
Grand Prix de la ville de Tours che garantisce la loro presenza
alla finalissima del Gran premio nel 2013 ad Arezzo.
La riflessione sulle singole esibizioni insieme ad alcuni dei
direttori dei cori partecipanti ha offerto l’occasione per capire
quale sia l’immagine, il ruolo e la fama della quale godono i
concorsi del gpe e Tours in particolare. Una delle
caratteristiche peculiari del concorso francese è l’importanza
riservata alla categoria di musica rinascimentale che ha
attirato in maniera particolare il raffinato coro belga
Reflection Vocaal Ensemble. Come conferma il direttore
Patrick Windmolders, «l’idea di partecipare al concorso di
Tours è nata in occasione dell’International choir contest of
Flanders, dove abbiamo ricevuto l’invito a partecipare alle
selezioni. Abbiamo immediatamente accolto la proposta con
interesse perchè è importante cogliere l’opportunità di
superare i confini nazionali per far conoscere a un nuovo
pubblico il proprio lavoro e repertorio e per imparare,
attraverso il contatto con altri direttori e l’ascolto di cori di
diversa provenienza. A Tours è particolarmente interessante il
confronto sul piano del repertorio rinascimentale, a proposito
del quale esistono molte scuole di pensiero differenti.»
Per tutti i direttori e i coristi è stato unanime l’entusiasmo
rispetto alla scelta dell’idilliaco priorato di San Cosma a La
Riche, oasi contemplativa dove i roseti si intrecciano alle
vestigia medievali e cornice e acustica risultano perfette per
immergersi nello spirito e nello stile della polifonia antica.
Rimpiange di non aver avuto più tempo a disposizione per
godere della bellezza del luogo il simpatico direttore del coro
svedese Härlanda Kammarkör, David Molin, che con serietà,
modestia e onestà ha portato in tutte le categorie la varietà
di repertorio e l’entusiasmo di un lavoro accurato. «Avevo
sentito parlare molto di Tours anche perchè nel 2007 vi aveva
preso parte con successo un altro coro di Göteborg, l’ottimo
Simon Phipps Vokal Ensemble, che aveva vinto il primo
premio assoluto. Dalle parole dei colleghi ho capito trattarsi
di un concorso di grande prestigio che si svolge in un posto
meraviglioso e si distingue per le sue qualità anche all’interno
del circuito del gpe. Devo ammettere che i fatti hanno
confermato le aspettative e siamo molto grati per la generosa
accoglienza, inoltre per il piacere della scoperta di un luogo
eccezionale come La Riche, che è stato una fonte di
ispirazione per il repertorio rinascimentale.»
Ha giocato senza riserve e con una resa costante in tutte le
categorie il coro americano Samford University A Cappella
Choir, ensemble armonioso e capace di delicate sfumature
nella gestione della vocalità sotto la guida del valido Philip
Copeland, pienamente consapevole dell’importanza di questa
esperienza europea. «I grandi concorsi europei sono eventi di
riferimento a livello mondiale e sono noti nel nostro paese
anche attraverso le esperienze di gruppi americani che vi
hanno partecipato. L’idea del circuito del Grand Prix è
fenomenale e aggiunge prestigio ai concorsi che ne fanno
parte. Negli Stati Uniti non abbiamo nulla di simile; con il gpe
potremmo confrontare, nonostante i diversi presupposti,
soltanto i World choir games.»
I grandi concorsi europei sono ben noti nell’ambiente corale
americano e hanno costituito un punto di riferimento e una
sfida importante anche per il vincitore di quest’anno, il coro
argentino Musicaquantica Voces de Camara, per il quale
questo traguardo, accolto con entusiasmo “latino” sul palco
del Grand Théâtre, ha rappresentato un riconoscimento per
un impegno che supera l’ambito puramente musicale e
costituisce la base della coesione di questo gruppo di coristi
dal forte temperamento, guidati dalla competenza di un
giovane direttore dalle idee molto chiare, Camilo
Santostefano. «Il circuito del Grand Prix è molto
conosciuto nel nostro paese, inoltre ho avuto la
possibilità di sentirne parlare da chi vi ha preso
parte. Decidere di partecipare è stata per noi una
scelta impegnativa, per questo abbiamo cercato di
sfruttare al massimo l’opportunità della nostra prima
tournée in Europa iscrivendoci a due concorsi e un
festival, che posto in mezzo alle due competizioni ha
costituito strategicamente un momento di distensione. Ci
siamo iscritti a tutte queste manifestazioni per due motivi
principali. Il primo è di carattere pratico ovvero economico: la
preparazione al viaggio è durata un anno e mezzo e non
soltanto per garantire la migliore preparazione musicale. Il
secondo motivo era il desiderio preciso di partecipare a una
delle competizioni del Grand Prix e metterci alla prova in tutti
gli stili previsti dal regolamento.
I coristi provengono da esperienze musicali molto diverse,
dalla musica antica all’elettronica, al folk, per questo motivo
cerco di valorizzare questo bagaglio variegato con un
repertorio eclettico. Sono convinto infatti che l’attività corale
debba coinvolgere ogni singolo corista in maniera personale,
ognuno deve trovarvi il genere che più lo rappresenta, il
proprio spazio di espressione per dare un contributo attivo al
lavoro comune. Oltre al grande impegno che dedichiamo alla
musica, il coro ha per noi un forte significato anche a livello
umano. La maggior parte dei nostri coristi vive a Buenos
Aires, ma proviene da altre zone dell’Argentina ed è lontana
dalla propria famiglia e dagli affetti, quindi il coro è diventato
una specie di famiglia allargata, nella quale trovare sostegno.
Abbiamo bisogno l’uno dell’altro e questo rappresenta l’anima
più autentica del nostro gruppo.»
Il legame umano e artistico di questo coro ha convinto giuria
I grandi concorsi sono il momento
in cui godere dell’arte corale nella
sua forma più alta.
e pubblico con lo slancio di una forte motivazione, una
struggente adesione ai colori della letteratura nazionale e uno
studio accurato dei brani proposti, impreziosito per il pubblico
più attento da una rara precisione negli attacchi. Con la
soddisfazione dei coristi argentini e il consueto concerto in
piazza di tutti i cori partecipanti, regalato agli abitanti di
Tours (che hanno dimostrato anche quest’anno grande
interesse per l’omaggio musicale), si è conclusa un’edizione
che prelude a importanti perfezionamenti, come ci ha rivelato
il responsabile alle relazioni internazionali Jacques Barbier.
«Quest’anno abbiamo dedicato particolare attenzione ai
58
59
+ notizie>
+ approfondimenti>
+ curiosità>
+
rubriche>
+
+
musica>
servizi sui principali>
avvenimenti corali
LA RIVISTA DEL CORISTA
giovani, rinunciando ad attivare la categoria dei cori di voci bianche a favore di un maggiore rilievo
dato ai cori giovanili. In generale il concorso ha visto la partecipazione di un numero volutamente
inferiore di gruppi; si tratta di un anno di transizione che prelude ai cambiamenti che metteremo in
atto fin dalla prossima edizione, a partire dalle novità nel regolamento del concorso. Prevediamo
infatti di far partecipare in futuro meno cori con programmi più lunghi. Tutte le selezioni si
svolgeranno al Grand Théâtre di Tours senza disperderdere le categorie in luoghi limitrofi. Sono
convinto inoltre che l’ingresso di Loïc Pierre nello staff organizzativo del concorso porterà idee nuove
e ci permetterà di evitare di accumulare la polvere dell’abitudine con proposte attuali. Nella prossima
edizione celebreremo anche il cinquantenario della morte di Francis Poulenc, compositore il cui nome
è legato alla storia di questa competizione e a questi luoghi, dove ha trascorso una parte della
propria esistenza. Poulenc conosceva bene la
regione della Touraine e ha composto nella sua
casa di campagna vicino a Tours molte opere
corali. Ovviamente vogliamo incoraggiare in
questa occasione l’esecuzione di opere di Poulenc
e introdurremo un premio speciale dedicato
proprio alla migliore interpretazione di brani dal
suo repertorio corale.»
La volontà di non portare avanti una tradizione
preconfezionata, ma di trovare sempre
l’opportunità e le idee per migliorarla, sta guidando il Florilège oltre la boa del primo quarantennio,
secondo le parole di Pierre de Coubertin che la presidente Isabelle Renault ha scelto come incipit del
proprio saluto introduttivo: «Il successo non è un fine, ma un modo per mirare più in alto».
È importante superare i confini
nazionali per far conoscere a un
nuovo pubblico il proprio lavoro.
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RUBRICHE
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MONDOCORO
a cura di Giorgio Morandi
«Living in troubled and confusing times, listening to music is a solace, a deliverance, a release. Especially when the music comes from human voices, the most
expressive, gentle and creative medium in inspiring and expressing Art.»
(Tharassos Cavouras)
I festival e le rassegne sono motivo e occasione per condividere e scambiare
esperienze significative e per un vero incontro. Incontrarsi significa apprezzarsi
reciprocamente. Ma spesso significa anche scoprire lati sorprendenti che arricchiscono e realizzano le nostre aspettative…
International choral events and festivals… are a wonderful opportunity for young
people to meet each other, to share and swap experiences… (EC Magazine 1/1997)
Per questo e per tutte le altre ragioni che ognuno di noi può trovare partecipando
al Festival Europa Cantat XVIII Torino 2012, ai partecipanti singoli, ai gruppi corali,
ai conduttori/responsabili di tutti gli ateliers, a tutti coloro che a Torino e per Torino
hanno lavorato e lavorano per il successo del festival e quindi per la gioia della
coralità europea, Mondocoro anticipa un cordiale saluto e augurio: godiamoci il
nostro cantare a Torino!
For these, and for the many other reasons that motivate each one of us who are
participating in the Festival Europa Cantat XVIII in Torino in 2012, Mondocoro
sends his best chordial greetings and wishes in advance to the individual singers,
choral groups, all the musicians who will give tutorials to workshops, all the people
who have worked and who are working for the success of the festival and, especially, for the joy of the European choral movement: let’s enjoy our singing in
Torino!
Chorus America premia la coralità
Chorus America, fondata nel 1977 in Nord America, è un’organizzazione avente lo
scopo di difendere, promuovere e sviluppare la leadership che fa progredire i cori
professionisti, quelli amatoriali e i cori giovanili, dando sostegno ai direttori di
coro, ai dirigenti, ai membri del direttivo e ai cantori, con strumenti, formazione,
networking che permettono loro di contribuire meglio al loro gruppo corale. Più
di 2000 cori, individui, aziende e organizzazioni sono membri di Chorus America
e hanno accesso a un’ampia gamma di programmi, pubblicazioni, ricerche e servizi
personali sviluppati per loro.
Chorus America, tramite commissioni esaminatrici indipendenti, anche per il 2012
ha selezionato e annunciato i destinatari dei vari premi che verranno consegnati
in occasione della 35a conferenza annuale Chorus America a Minneapolis, dal 13
al 16 giugno 2012. Questi premi hanno lo scopo di riconoscere una vasta gamma
di realizzazioni nel campo della musica corale, inclusa l’eccellenza artistica, la
programmazione avventurosa, i programmi di formazione innovativi, la filantropia
generosa e la longevità di servizio e dedizione personale all’arte corale.
«La leadership esemplare dimostrata da questi individui e organizzazioni meritevoli
funge da modello per tutti i cori che lottano per il successo
delle loro comunità», afferma Ann Meier Baker, presidente di
Chorus America.
L’elenco e le motivazioni dei premi e l’elenco e le notizie sui
premiati si possono trovare in www.chorusamerica.org
Chorus America recognizes
outstanding choirs and individuals
Chorus America (founded in 1977) is a national organization
with the objective of developing and promoting professional,
amateur and youth choirs. It acts as advocate, promotes research and develops leadership to advance the interests of the
choral world. It supports and serves choir conductors, administrators, board members and singers by providing tools, training, peer networking and access so that choirs are better able
to contribute to their communities. More than 2,000 choirs,
individuals, businesses and organizations are members of Chorus America and have access to a wide range of programmes,
publications, research and personal services developed for
their benefit.
Chorus America has announced the recipients of its 2012
awards in recognition of a broad range of achievements in choral music, including artistic excellence, adventurous programming, innovative education programmes, generous philanthropy and lifetime service to the choral art.
«The exemplary leadership displayed by these deserving individuals and organizations serves as a model for all choirs as
they strive for success in their communities,» said Ann Meier
Baker, President and ceo of Chorus America.
Independent panels selected the winning individuals and
choirs, who will receive the awards at Chorus America’s 35th
Annual Conference in Minneapolis, June 13-16, 2012.
Details of the awards and news about the winners are available
at www.chorusamerica.org
MUSICA, l’archivio corale per tutti
L’associazione Musica International ogni anno gestisce diversi
workshops che portano il partecipante a migliorare la qualità
e la quantità del repertorio corale presente nel database di musica. Se il promotore del workshop è italiano, il repertorio corale
incrementato in musica sarà italiano (e ce ne sarebbe bisogno!).
I partecipanti leggono partiture, ne inseriscono i dati e/o correggono dati già presenti: i direttori si occuperanno dei loro
brani preferiti, i compositori delle proprie composizioni, i bibliotecari delle opere presenti nella loro biblioteca, i musicologi
sono benvenuti in modo tutto particolare per le loro esperienze
specialistiche. I dati da inserire vanno da una descrizione bibliografica completa all’analisi della partiture fino ad aspetti
più soggettivi quali le chiavi appropriate per una ricerca efficace,
il livello di difficoltà di apprendimento e di esecuzione per direttore e per coro, i temi musicali, ecc.
Quando è reperibile, è possibile inserire nell’archivio musica l’immagine della prima pagina della partiture, un estratto di una
buona esecuzione piuttosto che la pronuncia corretta del testo
e la sua traduzione in diverse lingue.
Per informazioni: http://www.musicanet.org/en/workshops.php
MUSICA, the choral database open to everyone
Musica International association holds several workshops in
order to assist participants to discover the research tool musica
and, at the same time, improve the quality and quantity of the
data of the Musica International database on the choral music
repertoire.
If an Italian member of Musica International were to organise
a workshop, this would increase the currently very limited extent of Italian choral music in the Musica International database.
Participants read through choral music scores, enter new data
into the database and/or correct and improve existing records.
Conductors enter their favourite pieces, publishers enter their
publications, composers enter their compositions, librarians
enter the content of their library and musicologists are especially welcome to work on scores in their specialist field. Data
entry consists of a comprehensive bibliographic description and
an analysis of each score, along with other, more subjective
information, such as appropriate keywords to make searching
more effective, an assessment of the level of difficulty in learning and performing for both conductor and choir, and musical
themes to enable display and direct searching when only the
tune is known, etc…
Where available, features like “Image of the first page” of the
score, “Sound of an excerpt” from a good interpretation, the
correct pronunciation of the text (sound file) and translations
of the text in different languages can also be entered.
For more details: http://www.musicanet.org/en/workshops.php
RUBRICHE
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Cori che cambiano il nostro mondo
Vienna: Festival Corale Pace Nel Mondo
cd
Dal 19 al 23 giugno ha avuto luogo la prima edizione dello Yale International Choral
Festival organizzato in collaborazione con la Yale School of Music, il Festival Internazionale delle Arti e delle Idee e lo Yale Alumni Chorus. Tutti gli eventi hanno
avuto luogo nel campus dell’Università di Yale (New Haven, ct, usa). Importantissimi
cori da quattro continenti si sono trovati insieme per cinque giorni di canto, di
studio e di scoperta delle relazioni interpersonali che solo la musica corale sa
offrire. Ogni sera è stato dato un concerto formale nella celebre Sprague Hall di
Yale, e la giornata è stata piena di lezioni, workshops e master class per i direttori
partecipanti, tenute da docenti selezionati ospiti e da professori dell’Università di
Yale. Fra i cori ospiti erano presenti il Central Conservatory of Music Chorus, Pechino; il Cambridge University Consort of Voices, UK; il Manado State University
Choir, Indonesia; il Imilonji Kantu Choral Society, Sud Africa; lo Yale Choral Artists
e lo Yale Alumni Chorus. Durante il festival (22 e 23 giugno) si è tenuto anche un
Symposium della durata di due giorni, intitolato Cori che cambiano il nostro mondo,
organizzato con la collaborazione di Direttori Senza Frontiere di ifcm e del Programma di Scambio Internazionale di Direttori di Coro della American Choral Directors
Association. Il Symposium ha messo a fuoco le modalità con cui le persone (sia
negli usa che negli altri paesi) stanno utilizzando la musica corale per generare
cambiamenti positivi nella società, per promuovere il benessere personale e accrescere il senso di comunità.
Per maggiori informazioni: www.yaleinternationalchoralfest.org
Il terzo Vienna-World Peace Choral Festival sarà il carnevale dei
cori di bambini e ragazzi. Vedrà riuniti insieme cori da tutto il
mondo. Avrà luogo a Vienna dal 30 luglio al 1° agosto 2012 e
fin dalla cerimonia di apertura rappresenterà un’esperienza di
prestazioni al massimo livello, di attività ricche e di scambio e
integrazione multiculturale.
Hanno già manifestato forte interesse per questo festival e apprezzato il suo tema e l’impostazione delle varie attività i seguenti cori: Türkischen Kultur und Tourism Ministerium Kinderchor (Turchia), Vesna Children’s Choir (Russia), Cor Divisi Choir
(Spagna), Speghani Choir (Armenia), Estonian Television Concert Choir (Estonia) e Unison Children’s Choir and Vlastarele
Orastiei Choir (Romania), ma il numero di partecipanti sta crescendo ancora.
In particolare si deve rilevare un grande interesse a questo festival da parte dei cori cinesi che arriveranno da Pechino,
Shanghai, Guangzhou, Xi’an, Yantai, Nanjing, Chongqing e
Kunming.
Benché i cori abbiano culture diverse e diversi stili corali, per
buona volontà e per cantare tutti insieme essi si riuniscono e
cantano per la pace. Il festival sarà una sfilata e un luna park
per i giovani appassionati del canto corale.
Altri dettagli: www.wpcf.at
Vespro della Beata Vergine di Alessandro Grandi
D. York, D. Taylor, E. Lyon, P. Harvey - Gächinger Kantorei BachCollegium Stuttgart - Matthew Halls.
Choirs Transforming Our World
The Yale International Choral Festival is a new event organised in collaboration
with the Yale School of Music, the International Festival of Arts & Ideas, and the
Yale Alumni Chorus. The event is to be staged between June 19th and 23rd, 2012,
on the campus of Yale University (New Haven, ct, usa). Outstanding choirs from
four continents will come together for five days of singing, learning and exploring
the bonds that choral music forges between people. Each evening, a formal concert will be held in Yale’s renowned Sprague Hall, and every day will be filled with
lectures, workshops and master classes for the Conducting Fellows, led by visiting
conductors, guests and members of the Yale faculty. Participating ensembles will
include the Central Conservatory of Choral Music, Beijing; the Cambridge University
Consort of Voices, UK; the Manado State University Choir, Indonesia; the Imilonji
Kantu Choral Society, South Africa; the Yale Choral Artists, and the Yale Alumni
Chorus. A two-day symposium will be held on June 22nd and 23rd entitled Choirs
Transforming Our World, organized in association with the International Federation
for Choral Music’s ‘Conductors Without Borders’ network and the International
Conductors Exchange Program of the American Choral Directors’ Association. The
symposium will explore ways in which people throughout the us and the world
are using choral music to foster positive social change, promote mental health,
and engender community spirit.
Details at www.yaleinternationalchoralfest.org
Nel Catalogo Carus Verlag troviamo
questo cd che fu inciso live durante
la Musikfest Stuttgart 2010. È un cd
da possedere, non fosse altro che
per avere una buona idea della musica di Grandi e per poter magari
proporre al proprio coro qualcuno
dei brani preferiti. In questa incisione, la Carus paga un giusto tributo
alla profondità della musica di Grandi. Questa compilation delle
opere di Grandi rappresenta un insieme di molti stili musicali e
si può certo affermare che i musicisti della Gächinger Kantorei
Stuttgart, integrati dallo stupendo set di solisti York (sop.), Taylor (alt.), Lyon (ten.) e Harvey (bas.), sono meravigliosi.
Ricordiamo brevemente che Alessandro Grandi (1586-1630) è
uno dei tanti compositori la cui opera fu a lungo sottovalutata
e poco conosciuta. Tutta la sua carriera si sviluppò all’ombra
della sua guida, Claudio Monteverdi, la cui fama prevalse su
quella di Grandi. La musica di Grandi è stata senza dubbio una
forza fondamentale per lo sviluppo della prima musica barocca
di cui Grandi è un pioniere.
Vienna - World Peace Choral Festival 2012
The 3rd Vienna - World Peace Choral Festival is to be staged in
Vienna from July 30th to August 1st, 2012. Excellent performers,
abundant activities and the opportunity for multicultural interchange mean that expectations will be high, right from the
opening ceremony. The festival draws many choirs from all over
the world: Turkey’s Türkischen Kultur und Tourısm Ministerium
Kinderchor, Russia’s Vesna Children’s Choir, Spain’s Cor Divisi
Choir, Armenia’s Speghani Choir, Estonia’s Estonian Television
Concert Choir and Romania’s Unison Children’s Choir and the
Vlastarele Orastiei Choir. Leading choirs from Beijing, Shanghai,
Guangzhou, Xi’an, Yantai, Nanjing, Chongqing, and Kunming
have also signed up for the festival. In spite of their different
cultural backgrounds and choral styles, all will come together
in a spirit of peace and goodwill. The festival is both a pageant
and a carnival for all young choral lovers. You can find more about the festival at www.wpcf.at This Carus Verlag cd was recorded live during the Musikfest in
Stuttgart in 2010. This is a must-have cd if only to gain wider
recognition for A. Grandi (1586-1630) and perhaps encourage
more choirs to perform some of his pieces. In this recording
Carus pays tribute to Grandi’s musical breadth and depth. This
compilation is a wide cross-section of different musical styles
and allows us to praise the Gächinger Kantorei Stuttgart, complimented by the impressive roster of soloists York (sop.), Taylor
(alt.), Lyon (ten.) and Harvey (bas.).
It is timely to remind ourselves that Alessandro Grandi’s works,
as with those of many other classical composers, have long
been undervalued and neglected. His entire career was overshadowed by that of his mentor, Claudio Monteverdi, whose
renown prevailed over Grandi’s. Alongside Monteverdi, he was
pivotal in the development of early baroque music, of which
he is regarded as a pioneer.
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LIBRI
90 Days To Sight-Reading Success [Successo nella lettura a prima vista in 90
giorni], Stan McGill & H. Morris Stevens Jr., Alliance Music Publications
Another 90 Days To Sight Reading Success (A Singer’s Resource for Competitive
Sight-Singing) [Un altro successo nella lettura a prima vista in 90 gorni (Un ausilio
per i cantori che si preparano alla lettura a prima vista)], Stan McGill & H. Morris
Stevens Jr., Alliance Music Publications
Le citate pubblicazioni sono opera di due grandi direttori di coro e hanno avuto
enorme successo nell’insegnamento del canto a prima vista agli studenti. Le tecniche che si trovano in questi libri davvero hanno funzionato egregiamente per
molti studenti come pure per molti bambini.
90 Days To Sight-Reading Success è un libro di lavoro con cd, calibrato sulle necessità degli studenti di canto della scuola secondaria che si preparano all’esame
di lettura vocale a prima vista. Si tratta di un approccio al canto a prima vista
compatto e semplificato, che funziona davvero, e a un prezzo speciale.
Another 90 Days To Sight-Reading Success è un nuovo sforzo collaborativo di Stan
McGill e H. Morris Stevens Jr. che vogliono fornire agli studenti esercizi che possano
servire come preparazione per l’esperienza competitiva di lettura a prima vista. È stato scritto a seguito di numerose richieste da parte di studenti che hanno trovato
di notevole aiuto l’uso del loro libro originale 90 Days to Sight-Reading Success.
Le premesse di questo secondo libro pareggiano molto bene quelle del loro predecessore. Ci sono dei cambiamenti notevoli in base al feedback di coloro che
hanno utilizzato l’originale e alla pratica guidata, con ogni settimana organizzata
per temi e con l’utilizzo dei brani del cd migliorati e ampliati.
I consigli utili sono una raccolta di istruzioni dei due direttori preparate per i propri
studenti coinvolti nella lettura a prima vista individualmente o per gli esami. È la
speranza degli autori che tanto gli studenti quanto gli insegnanti trovino questo
libro gratificante almeno quanto la loro prima edizione e utile nella preparazione
per le competizioni di lettura a prima vista. Il cd allegato al volume è inestimabile
per guidare lo studente alle lezioni e agli esempi. Gli autori sperano che questo
loro lavoro sia di aiuto e augurano: buona lettura a prima vista!
These publications by two great choral directors have met with tremendous success in teaching students – and even young children – to sing by sight-reading.
The 90 Days To Sight-Reading Success workbook and cd meet the needs of the
secondary school choir student who is preparing for vocal sight-reading auditions.
It’s a compact, streamlined approach to sight singing that really works – at a
bargain price.
Another 90 Days to Sight-Reading Success is a collaborative effort of Stan McGill
and H. Morris Stevens Jr., aimed at providing training exercises for students in
preparing for the competitive sight reading experience. It was written as a result
of numerous requests from students who had read their original book, 90 Days
to Sight-Reading Success.
The second volume has been amended to take into account the feedback from
those who read the first. Like its predecessor, it contains weekly, guided practice
on different themes, supported by improved and expanded cd tracks. It includes
‘helpful hints’, a compilation of instructions the two directors gave their own students. The authors hope that students and teachers alike will find this book just
as rewarding and useful as the first edition in preparing for sight reading competitions. The accompanying cd is invaluable as a guide for students to the lessons
and examples. Hope this helps! Happy sight-reading!
www.feniarco.it
Anno XIII n. 38 - maggio-agosto 2012
Rivista quadrimestrale della Fe.N.I.A.R.Co.
Federazione Nazionale Italiana
Associazioni Regionali Corali
Presidente: Sante Fornasier
Direttore responsabile: Sandro Bergamo
Comitato di redazione: Efisio Blanc,
Walter Marzilli, Giorgio Morandi,
Puccio Pucci, Mauro Zuccante
Segretario di redazione: Pier Filippo Rendina
Hanno collaborato: Silvana Noschese,
Rosanna Danelon, Alessandra Muratori,
Silvia Azzolin, Simone Scerri, Maria Galantino,
Manolo Da Rold, Giorgio Susana,
Lorenzo Donati, Lorenzo Montanaro,
Stefania Piccardi, Rossana Paliaga
cori da tutta Italia
concerti in città e sul territorio
incontri e nuove conoscenze
Redazione: via Altan 39
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(foto Renato Bianchini)
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cultura e tradizioni
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solidarietà e
pratica corale
la base per il futuro
javier busto
note in libertà
morten lauridsen
tra stile
e cliché
mente, corpo,
voce e cuore
far musica, essere musica
italia’s got
festival
l’europa canta a torino