Il teatro del 1600. appunti - Liceo Classico Scientifico XXV Aprile

Il teatro del ‘600.
Il ‘600 fu il secolo del teatro, che vi esprime un ruolo egemone e che nello stesso tempo si pone
come il canale più adatto ad esprimere una certa Weltanschaung
•
La nuova idea copernicana significò la perdita della prospettiva geocentrica. Il fatto
introduce una sensazione di smarrimento, del quale diventa corrispettivo autentico
l’instabilità dell’uomo, che si muove nel mondo come su una scena: niente è più come
sembrava, teorie millenarie vengono invalidate e il divario tra apparenza e realtà genera
il relativismo, il gusto del travestimento, della metamorfosi, della maschera, dello
•
scambio tra finzione e realtà.
Il mondo è come un spettacolo e la vita assume connotati effimeri, anzi sembra un sogno1.
•
A causa delle costrizioni dell’assolutismo era quanto mai necessario saper simulare e insieme
dissimulare: cioè saper recitare. In un certo senso la vita si fa teatro e al tempo stesso il
teatro diviene il luogo privilegiato per condurvi ogni tipo di riflessione. Cfr. in Italia
Federico della Valle col suo teatro meditativo e riflessivo sull’apparenza e l’effimera vanità
•
delle cose, volto più alla lettura dunque che alla rappresentazione, sotto l’egida del
modello senecano.
Il teatro è obbligato a rinnovarsi rispetto alla tradizione.
➢ La commedia letteraria, in declino, non scompare però del tutto2 . Si diffondono tuttavia
Melodramma e Commedia dell’Arte.
1
Cfr. Calderon de la Barca (1600-1681) con La vita è un sogno (1635). Il protagonista, il principe di Polonia Sigismondo,
vive dalla nascita imprigionato in una torre sotto la custodia del servo Clotaldo perché il padre, Basilio, è avvertito da
un indovino che riceverà dal figlio una grave umiliazione. Dunque relega il figlio nella torre fino a che decide di
sperimentare cosa succederebbe se questi fosse libero. Allora lo fa narcotizzare e condurre a corte. Sigismondo, ormai
regredito allo stato selvaggio a causa della solitudine e della mancanza totale di contatti umani, dà spazio ai suoi
istinti non controllati, per cui allo stesso modo viene ricondotto nella prigione. Quando si sveglia ricorda bene ciò che
è avvenuto a corte ma, anche su sollecitazione di Clotaldo che asseconda Basilio, lo intende come fosse stato un
sogno. Nel frattempo il popolo si solleva, Basilio è cacciato ed è posto sul trono Sigismondo. Egli ha per sua esperienza
inteso che la vita è solo apparenza, sogno e finzione e ciò produce in lui quel relativismo che genera la saggezza.
Dunque perdona il padre e diviene un re giusto e generoso. Pur amandola rinuncia a Rosaura, concedendo la ragazza a
un antico innamorato e sposa una parente.
Attraverso un conflitto drammatico tra la spinta terrena alla potenza e alla vendetta e l’esigenza religiosa che
conduce invece al controllo e alla sublimazione delle passioni, il dramma si configura come un iter dal caos e dalla
colpa originaria alla salvezza, in una prospettiva religiosa che nella Spagna cattolica e controriformistica è ancora
possibile: diversamente da quanto avviene invece nel dramma barocco tedesco, dove piano terreno e religioso non
possono trovare conciliazione (W. Benjamin).
2
Ricordiamo il Candelaio di Giordano Bruno, opera che presenta tutti i principali ingredienti ed espedienti della
commedia cinquecentesca, cioè astuzie, beffe salaci, travestimenti …
Melodramma
Commedia dell’arte
Si tratta dell’invenzione del secolo. Nasce a
Firenze, nel clima delle ricerche accademiche
intorno ai modi di rappresentazione del teatro
classico. Il termine significa “dramma in musica”
e il problema di fondo è proprio la convivenza tra
musica e testo. Dietro questo dibattito è ancora
una volta la Poetica di Aristotele, in cui il filosofo
parla di una partitura musicale che
accompagnava i versi della tragedia greca della
cui musica, però, non è restato niente. Come
afferma Vincenzo Galilei nei suoi scritti teorici,
occorre “imitar col canto chi parla”.
Fino a quel momento aveva prevalso lo stile
polifonico del canto a più voci.
Galilei e la Camerata dei Bardi (musicisti e poeti
che si riunivano in casa Bardi tra il 1580 e il 1590
e che – analizzando il rapporto musica-parola –
cercano di recuperare la partitura di cui parla
Aristotele per la tragedia) sostengono invece una
linea monodica, in cui si ode una voce sola
accompagnata da musica. Tale stile monodico
permise di mettere in atto il recitar cantando,
che si affermò per la prima volta proprio nel
melodramma e segnò il superamento
dell’alternanza tra recitato e cantato. Esso
prevedeva una voce accompagnata da un basso
continuo, nel senso che la parola non doveva
essere violata dal fraseggio musicale, perché
potesse essere pienamente compresa dal
pubblico: e dunque doveva restare chiara come
nel discorso parlato, perciò poteva solo essere
ritmata su pochi accordi di accompagnamento.
Tra i librettisti più famosi fu il poeta Ottavio
Rinuccini (1562-1621), che con le sue tre opere
Euridice (di Jacopo Peri), Dafne e Arianna è
considerato
l’iniziatore
del
genere
melodrammatico.
Il più importante compositore del periodo fu
però senz’altro Claudio Monteverdi (15671643), che operò soprattutto tra Venezia e
Mantova dove, presso i Gonzaga, fu anche
maestro di Cappella. Grazie a lui l’orchestra
divenne essenziale e parte integrante dell’opera.
Con Monteverdi lavorò lo stesso Rinuccini
chiamato a Mantova per il libretto di Arianna.
Comunque subito dopo aver assistito alla
rappresentazione dell’Euridice,
il duca di
Mantova incaricò Monteverdi di scrivere un’
opera capace di suscitare lo stesso interesse di
È tutt’oggi punto di riferimento imprescindibile
nella storia del teatro. L’espressione dell’ ”arte”
sta ad indicare :
1. secondo alcuni critici il “talento, la bravura”; 2.
secondo altri invece vuole alludere al “mestiere”
inteso nel senso di “professione”. In realtà,
entrambe le interpretazioni sono legittimate da
alcuni dei caratteri fondamentali di questo
genere, che si contraddistingue per:
✓ Il fatto che non prevedeva un testo
scritto vero e proprio. Esisteva solo un
esile schema steso da un poeta, detto
canovaccio, sul quale poggiava l’attività
di improvvisazione degli attori. Essi
recitano dunque “a soggetto” e devono
caratterizzarsi per abilità artistiche
davvero importanti, che denotano la loro
bravura. L’attore, cioè, non conosce le
parole che pronuncerà il suo compagno
sulla scena, ma sa cosa aspettarsi da lui,
perché conosce la funzione che quella
“parte” svolge nell’economia della
commedia.
✓ Si creano dei tipi – già propri della
commedia cinquecentesca – che
verranno portati all’estrema stilizzazione,
al punto che diventeranno delle
maschere: come per esempio Arlecchino,
Pulcinella, Pantalone …
✓ Non poteva allora che trattarsi di attori
professionisti, i quali si specializzavano in
un personaggio che riproponevano per
tutta la vita. Essi vivono del loro mestiere
di attori. Tali attori professionisti non
godono però di un’identità sociale
rispettabile. Il risultato è che il teatro
diviene uno strumento per vivere, è
sottratto all’ ”economia di festa” (cui non
resta funzionalmente legato) e viene ad
inserirsi piuttosto nell’economia di
mercato. Il primo documento notarile
che testimonia di una compagnia di attori
professionisti è del 1545 a Padova e
regola i rapporti tra i vari componenti
della compagnia: ancora solo uomini.
Solo attorno al 1560 si assiste all’entrata
delle donne nelle compagnie, perciò solo
a quest’altezza cronologica si parla di
vera e propria commedia dell’arte.
quella. Il compositore realizzò allora l’Orfeo,
andato in scena per la prima volta nel 1607
durante il carnevale mantovano presso
l’Accademia degli Invaghiti. Il librettista
Alessandro Striggio stende il testo con un lieto
fine (per cui Orfeo diviene immortale grazie ad
Apollo ed ascende all cielo) in 5 atti e 1 prologo.
Quest’ultimo è affidato alla musica, che diventa
un vero personaggio.
Si introduce un nuovo modello di recitativo, che
comprende le arie (movimenti musicali in cui il
personaggio parla di sé o della sua condizione); il
coro (che spesso, come nella tragedia greca,
commenta la vicenda); le sinfonie, in cui è
protagonista l’orchestra; i recitativi, che sono i
cosiddetti pezzi chiusi, cioè le parti comprese tra
le arie e i cori, nei quali si svolge la vicenda e
dove i personaggi interagiscono. La recitazione e
il canto non sono più nettamente divisi.
Inizialmente dunque, come del resto dicono i
titoli, il melodramma ha un’intonazione
classicistica, erudita ed elitaria che gli derivava
dalla tragedia, anche se diversamente da questa
esso si concludeva con lieto fine della favola
pastorale. Ben presto però si trasformò in un
genere di vasto consumo, ispirandosi anche a
temi più leggeri e disimpegnati.
Nonostante il lavoro dei librettisti, si assiste a un
progressivo
drastico
ridimensionamento
dell’aspetto letterario a vantaggio di quello
musicale.
✓ Questa è una rivoluzione nella storia del
teatro ed è uno dei motivi principali
attorno a cui si concentra la condanna
dei comici, guardati con sospetto. Basta
confrontare, al riguardo, la campagna
persecutoria condotta (del resto siamo in
clima controriformistico) dai Gesuiti,
soprattutto per il prevalente ruolo di
seduzione esercitato dalle donne e che
rimandava alla libertà sessuale. I Gesuiti
guidano e controllano un altro tipo di
teatro, sempre popolare, ma al quale si
attribuisce un alto valore pedagogico.
Negli esercizi spirituali di Ignazio di
Loyola, infatti, è prescritto di utilizzare
l’immaginazione per rappresentarsi –
teatralmente – la scena. Anche il grande
successo
di
pubblico
e
l’esito
imprevedibile delle scene, per il carattere
di improvvisazione che le distingueva,
fanno sì che la Chiesa guardi sempre con
sospetto tale commedia.
✓ Attorno alle compagnie ruotavano,
accanto agli attori, anche il poeta che
scriveva il canovaccio, mimi e giocolieri.
✓ Si trattava infine di compagnie itineranti,
che si spostavano coi loro carrozzoni in
coincidenza di fiere e mercati.
➢
Il teatro in Italia. I nomi più importanti sono quelli di Carlo de’ Dottori e Federico della Valle, che
toccano temi cari alla spiritualità gesuitica, traendoli dalla Bibbia o adeguando alla morale
cattolica motivi classici.
Il teatro in Spagna. Anche qui l’influenza della Controriforma si fa sentire. Tra i principali autori
sono Calderòn della Barca, Lope de Vega e Tirso de Molina.
Il teatro in Francia. Manca qui la tradizione della commedia letteraria; il tentativo dei poeti della
Pleiade di darle vita fallirono. I nomi sono quelli degli autori tragici Corneille (1606-1684)e Racine
(1639-1699), accanto naturalmente a quello di Moliere (1622-1673).
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Corneille fu il vero fondatore del teatro francese. Vive nell’epoca dell’instaurazione del
potere assoluto di Richelieu e del conflitto con gli ugonotti. Mette in scena personaggi
storici che incarnano i valori dell’ortodossia controriformistica quali l’onore, la santità, la
magnanimità. È famoso soprattutto come scrittore di tragedie. Il suo capolavoro, Le Cid, si
configura come una tragicommedia che tratta delle vicende epiche dell’eroe spagnolo.
L’opera ebbe un grande successo ma suscitò un vasto dibattito. Furono rimproverate al
suo autore l’inverosimiglianza, il mancato rispetto delle regole e le situazioni moralmente
riprovevoli.
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Racine. Si forma in ambiente giansenista, che molto lo influenza per ciò che concerne la
concezione pessimistica. Nelle sue tragedie scandaglia l’animo umano, per dire con
quanta forza le passioni agitino la vita dell’uomo. Conosce Moliere da cui si stacca per
creare una propria compagnia. Si inserisce nella politica culturale di Luigi XIV. I suoi
personaggi non sono eroi della volontà, come quelli di Corneille, ma piuttosto travolti
dalle passioni. Spesso l’eros ha, nei suoi drammi, una potenza distruttiva.
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Moliere. La sua novità è nel fatto che attinge alle fonti più disparate, dalla commedia
dell’arte, alla farsa popolare di origine
medievale, alla produzione spagnola
contemporanea. Il suo è un teatro d’azione. Egli è un grande realista, attento osservatore
dei meccanismi sociali, illustrati con un personalità aperta e progressista.
Riprende la tradizione anticonformista di Rabelais e di Montaigne, soprattutto nella
seconda parte della sua produzione che nasce da un senso di malessere e disgusto per la
società coeva, nei cui confronti esercita una satira pungente. La sua opera più
provocatoria fu il Tartufo, una commedia di carattere ma anche di azione e drammatica,
contro l’ipocrisia religiosa. Verso la fine della carriera scrisse commedie più “leggere”.