Leggi il primo numero di Arts Club

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arts
club
All’interno:
Interpol
Blur
British
Invasion
Club
N. 1
5 MAGGIO 2010
ArtsClub Italia
TIME FOR HEROES
The Libertines
are back
1
news
Si Kele, No Party
Uscirà nel prossimo Giugno
‘The Boxer’, primo album solista di Kele Okereke, cantante dei Bloc Party. Il singolo di
lancio si chiama ‘Tenderoni’
e richiama i suoni danceoriented più recenti della
sua band: sarà una hit certa
nei dance club inglesi.
Crystal Castles out now
È uscito lo scorso 23 Aprile in
download digitale l’ultimo
omonimo lavoro dei Crystal
Castles, originariamente
previsto per Giugno ma già
‘piratato’ in rete. Così la band
ha deciso di rendere disponibile il download legale. La
copia fisica sarà nei negozi il
24 Maggio. Singolo di lancio:
‘Celestica’.
Litfiba, tornati insieme!
Dando finalmente ascolto
alla preghiera di Elio e Le
Storie Tese, i Litfiba sono
tornati insieme per davvero. Dopo i concerti del
Reunion Tour fra Febbraio e
Aprile, ecco la canzone ‘Sole
Nero’, primo inedito dopo lo
scioglimento, preludio ad un
doppio album live.
Flamingo Flowers
Il frontman dei The Killers
Brandon Flowers ha annunciato l’uscita di ‘Flamingo’,
il suo primo lavoro come
solista. Lo stesso Flowers
tiene a precisare che la band
non si è sciolta, ma soltanto
presa una pausa, con tutti
gli elementi al lavoro su altri
progetti.
White Lies in Italia
Annunciata la presenza dei
White Lies alla Fiera della
Musica di Azzano Decimo
(Pordenone) per il prossimo
17 Luglio. Alla stessa manifestazione parteciperanno
anche i Baustelle.
Confermati anche i Kings of
Convenience, in programma
a Tarvisio (Udine) il 27 Luglio
per il No Borders Festival.
Who Are You,
ArtsClub?
Il ritorno
dei Libertini
di Alessandro Gandini
di Luca Robotti
V
ia, una pacca sul culetto ed eccoci al mondo: quelle che state leggendo sono le prime
righe di ArtsClub Italia, il nuovo nato nella famiglia Paper Street, un magazine quindicinale allegato alla sezione musica della Rivista.
Con questo lavoro ci proponiamo di raccontare, ogni due settimane la musica indie e
tutto l’universo che la circonda, dall’Italia al
Regno Unito e ritorno. Proveremo a farlo con
un taglio giovane e originale, underground e
indipendente, sul modello di quella ‘bibbia’
dell’indie-rock che è il settimanale britannico
NME. Il nome Arts Club deriva dal famoso locale londinese Notting Hill Arts Club, dove ogni
mercoledì sera va in scena la famosissima
Death Disco, organizzata e diretta da Alan McGee (foto), scopritore e manager degli Oasis.
Da quello scantinato puzzolente e leggendario sono partite le carriere di tante band famose,
ultimi gli straordinari Glasvegas. Ci occuperemo di quello che è l’indie in tutte le sue forme:
non solo musica, ma anche stile, luoghi, e ovviamente suoni. Parleremo di band e artisti conosciuti, e di quelle band che faticano a trovare spazio altrove, che popolano i garage delle
nostre città con amplificatori pesanti sognando un giorno di ripercorrere le orme degli Arctic
Monkeys o degli Strokes. E chissà che, partendo proprio da queste pagine, non nascano i
nuovi Oasis, i nuovi Glasvegas, magari italiani. Quindi, abbigliati di cardigan e jeans sporchi di
quattro giorni, ci buttiamo in questa avventura. Se vorrete seguirci, ne saremo felici.
P
er chiunque faccia indie rock’n’roll in Gran Bretagna, i Libertines sono stati la stella polare dello scorso decennio. Illuminati da
un successo folgorante, hanno incarnato, fra il 2000 e il 2004, un
modo di fare musica che non esiste quasi più: un indie-punk alla
maniera dei Clash – non a caso il loro produttore è Mick Jones, leggendario chitarrista della band di London Calling – mescolato a uno
stile decadente e neoromantico proprio di quel maledetto musicista dell’eccesso che è Pete Doherty. Il quale, intrappolato nel personaggio, aveva perso sé stesso e la band, andando spesso sull’orlo di
una morte più volte annunciata e per fortuna mai avvenuta. Gli altri
hanno cercato una sopravvivenza esterna: Carl Barat e Gary Powell
nei Dirty Pretty Things, che non certo hanno lasciato il segno, John
Hassall negli Yeti – poco incisivi – e in un percorso spirituale che lo
ha avvicinato a Buddha. Ma in fondo, erano tutti e quattro consapevoli che il loro successo era dovuto alla loro unione. The ‘Boys In The
Band’, o meglio ancora, ‘the stylish kids in the riot’.
Così, dopo alcune improvvisate acustiche nei pub di Camden Town,
con Pete finalmente riemerso dall’abisso in cui si era cacciato, spinti
da una ritrovata voglia di fare musica insieme e da una nostalgia
verso quei ‘good old days’ che era ormai palpabile, i Libertines ritornano per guidare il doppio concerto Leeds / Reading del prossimo
27-29 Marzo, oscurando così l’avanzata americana che si prospettava quest’anno con i ritorni di Guns ‘n’ Roses e Blink 182 e soprattutto
con gli Arcade Fire, in rampa di lancio verso il definitivo successo.
Bentornati Libs, ci siete mancati.
N
La moda delle reunion
Q
uesto primo numero di ArtsClub è dedicato a una di quelle news che non si possono
“bucare”, la reunion dei Libertines, ma le reunion più o meno famose non si fermano qui.
Già in questo numero ne trattiamo altre due,
qui a sinistra con la news sui Litfiba, italiche
bandiere del rock, più avanti nel magazine
con i Blur, che pare una di quelle rimpatriate
riuscite a metà: leggere per credere. E il fenomeno non sembra avere sosta: si parla da
tempo di una nuova reunion dei Pink Floyd,
anche se i soliti contrasti fra Gilmour e Waters (foto) sembrano impedire il replay del
“Live 8” del 2005, stavolta, purtroppo, senza
il compianto Rick Wright.
Molto più modestamente, si sono riuniti anche gli Suede, di scena alla Royal Albert Hall di Londra a inizio Aprile per la manifestazione Teenage Cancer Trust, e che hanno appena annunciato
un concerto alla 02 Arena, sempre a Londra, per il prossimo Dicembre, per quello che sarà il live
più importante della loro storia, festival esclusi. Chi saranno i prossimi? (a.g.)
2
onostante si dicessero ‘spiritualmente lontani’, Carl Barat e Pete Doherty (foto
a sinistra) sono dunque di nuovo insieme. Persa per strada Kate Moss, la Yoko
Ono dei Libertines, Pete sembra ripulito
e tutti vivono felici e contenti, almeno si
spera. L’auspicio è che questa rinnovata
armonia porti la band a concentrarsi su
un nuovo studio album, a sei anni da ‘The
Libertines’, ormai datato 2004.
Ma i Libertines non solo solo Carl e Pete:
c’è anche John Hassall (foto a destra), ottimo bassista ed elemento fondatore della
band, spesso ‘nascosto’ dalla ingombrante rivalità mediatica dei due leader. Nei
prossimi giorni troverete su Paper Street
un’intervista inedita a John Hassall, datata 2008, in cui si parla di Libertines e di
progetti di reunion, Giusto per capire,
quanto il tempo cambi le cose... prossimamente, nella sezione musica di Paper
Street. (a.g.)
3
Blur,
e quindi?
Le luci
degli Interpol
British Invasion
Club @ Rocket
di Alessandro Gandini
di Marlene Barrett
di Nicholas David Altea
C
osa succede ai Blur? Dopo un’estate di concerti
e atmosfere incantate, da Hyde Park fino addirittura
alle aule dei College, come il Goldsmiths, sud-est
di Londra, il luogo dove la band si è formata, dai
Blur ci si aspettava una reunion coi fiocchi, come
nei sogni e nei libri delle fiabe: in poche parole, si
sognava un album e una nuova ventata di britpop
progressista e laburista (che ne avrebbero tanto
bisogno, dalle parti di Downing Street). Invece la
montagna ha partorito il topolino: un singolo, Fool’s Day, con rispettivo lato B, in vendita nel circuito
di negozi musicali indipendenti in edizione limitata
dallo scorso 19 Aprile, sole mille copie, alcune delle
quali oggi già all’asta su e-Bay. E ora, esaurite quelle, disponibile in download gratuito dal sito della
band. Un po’ pochino, per un evento attesissimo e
invece inferiore alle attese. E mentre Damon Albarn
è attivissimo con i Gorillaz, viene il sospetto che
dietro la reunion ci fosse un motivo squisitamente
commerciale, e che i dissapori dell’ultimo decennio
siano lungi dall’essere appianati. Con la speranza di
essere smentiti al più presto.
4500 chitarre
di Alessandro Re
B
P
oniamo il caso che i Joy Division facciano l’amore con i Cure e che
il frutto di questa unione, nel terzo millennio, viva a New York e stia per
pubblicare il suo quarto album.
Poniamo anche il caso che siano una delle band più meritevoli d’attenzione nel panorama musicale indie degli ultimi 10 anni e che scelgano di
regalarci un teaser, il primo singolo del nuovo lavoro, in download gratuito dal loro sito internet.
Gli Interpol (foto), all’anagrafe Paul Banks, Carlos Dengler, Sam Fogarino
e Daniel Kessler, nati nel 1998 e autori di un’inconfondibile rivisitazione
della cosiddetta New Wave, interpretano con la massima consapevolezza
la tradizione musicale da cui nascono. La omaggiano e la adattano ai loro
tempi e ai loro modi, nella sapiente alternanza di profondità e freddezza, in una manifesta tensione all’assenza di soluzioni semplici. Lights, il
nuovo singolo, in download gratuito sul sito della band www.interpolnyc.
com, ci lascia presagire un arricchito ritorno alle origini, una maturazione ulteriore, il rifiuto della pur minima ruffianeria e l’abbandono ad una
trama di sonorità alternativamente ipnotiche ed epiche. La sensazione
che si ha, ascoltandoli, è che gli Interpol siano decisamente in grado di
reggere le anime plurime del nostro tempo e la diaspora delle macerie
dei sistemi superiori, con lucidità e disincanto, si trasforma in una sorta di
misticismo metropolitano, carico delle nevrosi degli anni 00. “Mostrami le
tue vie, insegnami a incontrare i miei desideri”. Nella latitanza spirituale
di strade maestre e nel disinteresse per le posture sociali, la band newyorkese prosegue il suo percorso di crescita artistica, dopo “Turn on the
bright lights” (2002) folgorante esordio, “Antics” (2004) rassicurante consolidamento più pieno e orecchiabile e “Our love to admire” (2007), è in
arrivo il prossimo album della band. Ispirati a illustri antenati, gli Interpol
ne reinterpretano i connotati e, pur muovendosi su un terreno musicale
non vergine, ci lasciano ragionevolmente attendere sfumature e alchimie
in qualche modo inedite. Non resta che aspettare il prossimo album e,
soprattutto, la nuova tournée.
(Leggi Marlene sul suo blog www.marlenebarrett.blogspot.com)
reslavia, Polonia. 2 maggio. Immaginati di essere
in una piazza. Un’enorme piazza. Ora mettici al centro un uomo vestito da cow-boy con una chitarra in
mano. Dev’essere pazzo pensi, vedendolo. Dall’altro
lato ne arriva un altro. Due pazzi. Un altro ancora, e
poi due ragazze. Altre due chitarre. Ognuna diversa. Ritmi diversi. Pazzi, pensi di nuovo. Ti è istintivo,
perché la tv t’ha passato play-back, star insaponate
e vestiti firmati. Non sei abituato a toccare e sentire musica. Così torni in piazza. Piena. 4500 chitarre.
4500 anime, tutte lì, insieme. E capisci che il pazzo
sei tu, senza chitarra in mano.
(Circa 4500 persone si sono radunate a Breslavia, in
Polonia, per il Thanks Jimmy Festival, celebrazione
in onore di Jimi Hendrix. Tutte con una chitarra in
mano.)
4
So ‘90s
Hurricane#1(1997)
E
sordio per gli Hurricane #1 (Oxford,
UK), con alla chitarra un Andy Bell (che
diventerà in futuro bassista degli Oasis)
e fresco di fine avventura coi Ride (storica band shoegaze/dream pop); il tutto sotto l’ala protettrice di Alan McGee
(Creation Records).
Facile immaginarsi un mix di Oasis e
svariate influenze di altre band “mancuniane”, ma spesso le cose semplici
piacciono e raggiungono il loro obiettivo. “Just Another Illusion” potrebbe star
tranquillamente in un album dei primi
Charlatans e non sfigurerebbe assolutamente. Poi ascolti “Step Into My World”,
il pezzo più famoso degli Hurricane #1,
perla del brit pop ’90 che piano piano
si è spento su se stesso e sulla troppa
ridondanza e poca fantasia (vita breve
la loro dal 1996-1999); ma questo è un
inno di speranza, alle occasioni che ci
si lascia sfuggire nella vita “I don’t want
to spend the rest of my days/ Running
around, chasing your shadow / So please don’t let this chance slip away / If
you waste it this time / I won’t be here
Tomorrow”. “Mother Superior” rimane
nella testa, ma è condita una parte strumentale psichedelica di chitarre e batteria sul finale che lascia sorpresi, quasi
spiazzati per un finale per niente scontato. Invece “Chain Reaction” ritorna sul
classico stile “noeliano” arricchito sempre da piacevoli tastiere. Poi la ballata
acustica non può mancare ed eccovi la
dolce e suadente “Monday Afternoon”.
Si chiude con “Stand in Line” che riporta
subito alle atmosfere “acid trip” beatlesiane di Rubber Soul fino a “ Magical Mistery Tour”. In definitiva, delle vere brit
pop songs di qualità per gli amanti del
genere e magari non solo. Gioiellino.
(n.d.a.)
D
a una passione comune e tanta volontà di due ragazzi milanesi, appassionati
di musica, nasce nel settembre 2009 la British Invasion Club. Francesco Orcese (voce
e chitarra dei Likely Lads) e Gabriele Carbone sono i due ideatori di queste serate
organizzate a Milano, dove a suonare sono
sia band giovanissime, ma anche altre ben
più affermate, tutte con pezzi propri. L’ultima serata si è tenuta al Rocket (uno dei locali per eccellenza per la musica live indie e
derivati vari). Pur essendo una domenica, i
ragazzi hanno risposto molto bene alla chiawww.myspace.com/daisychainsband
mata delle quattro bands lombarde. Primi
www.myspace.com/likelyladsforever
sul palco i The Industries, che nonostante la
www.myspace.com/bobintheboxband giovanissima età hanno proposto suoni che
www.myspace.com/theindustries1
sfociano a metà strada tra garage rarefatto e
www.myspace.com/britishinvasionclub rock psichedelico. A seguire è toccata ai
Bob In The Box che con il loro indie rock veloce, minimale e serrato ha fatto muovere
il pubblico. Penultimo gruppo sono stati i Likely Lads con all’attivo già molte date, che
hanno scaldato le gole del pubblico con i loro pezzi che attingono sia dal brit pop ‘90
che dal brit rock dell’ultimo decennio; sapendo inoltre coinvolgere il pubblico con due
storiche cover: “Psicho Killer” (Talking Heads) e “If The Kids Are United” (Sham 69). A chiudere sul palco i Daisy Chains, quartetto bergamasco portatore di sano rock’n roll, a tratti
più spedito e immediato, a tratti più melodico ma sempre genuino e con punte british.
Attualmente hanno all’attivo un album autoprodotto (Monster and Pills) ed in cantiere
un secondo. Il tutto si è chiuso con il dj set di Skinny Boy che ha tenuto ancora vivo il
locale per un bel po’, a completare la piacevole serata.
White Belt Yellow Tag
“Methods”(2010)
P
rimo album dopo due Ep e un singolo, registrato senza produttore e inizialmente
anche senza etichetta però c’erano le idee che spesso contano di più. Atmosfere spaziali dove la musica a volte viaggia con convinzione verso qualche meta, altre invece si
lascia trasportare, galleggiando in balia del momento migliore per riprenderne il controllo, toccando sia Interpol che Radiohead maturi. “Remains” è un buon pezzo d’apertura, “You’re Not Invicible” è quella che colpisce nella sua immediatezza non scontata,
nell’andare al dunque dopo pochi secondi. L’album non
cala mai troppo di ritmo, si giostra bene come fra “Always
and Echoes”, “News” e “Ode”. C’è molto in questi pezzi e
non salta tutto all’orecchio al primo ascolto, e anche se
può piacere quasi subito, non vuol dire che si abbia capito
tutto. Esplorativi. (n.d.a.)
www.myspace.com/whitebeltyellowtag
5
Freddie Mercury,
icona e leggenda
tratto da culturalstudiesitalia.blogspot.com
F
reddie Mercury, compianto cantante dei Queen, fu tragico protagonista
di una delle tematiche più care ai Cultural Studies: gli studi di genere. La sua
omosessualità fu oggetto di dibattito, vissuta in modo prima nascosto, poi
libero, dal cantante stesso, come raccontano le cronache dell’epoca. Si può
dire che Freddie Mercury abbia incarnato il periodo storico di transizione
e di superamento del tabù pubblico dell’omosessualità, contribuendo al
suo sdoganamento dalla posizione privilegiata di idolo delle folle, e grazie
al suo non fare della sua natura una moda. Che rimase, sostanzialmente,
un fatto privato, non ostentato. Accanto a questo, di Freddie Mercury resta
non solo il ricordo vivo di una vera e propria star, che ha inciso parola per
parola il suo canto del cigno attraverso veri e propri testamenti in parole e
musica, come These Are The Days Of Our Lives, Too Much Love Will Kill You,
ma soprattutto di un uomo che sente arrivare la fine e che in pochi versi,
The Show Must Go On, sintetizza il suo essere, leggero e profondo come
‘un’anima dipinta come le ali di una farfalla’ che sogna di volare, che ci riesce
e che sente, però che il mondo non avrà tempo di fermarsi per lui. E che lo
spettacolo deve continuare. (a.g.)
in uscita playlist concerti
3 Maggio: Hole, Nobody’s Daughter
Doves, Andalucia
4 Maggio: New Pornographers,
Together
7 Maggio, Black Rebel Motorcycle Club
@ Magazzini Generali, Milano
The Foals, Spanish Sahara
7 Maggio, The Grace + Presentazione
Video ‘Fading Way’ @ Murazzi, Torino
Interpol, Lights
8 Maggio, Madness @ Palasharp, Milano
M.I.A., Born Free
14 Maggio, Jethro Tull @ Vaillant Palace,
Genova
White Belt Yellow Tag, You’re
Not Invincible
15 Maggio, British Invasion Club @
Ligera, Milano
7 Maggio: Nada Surf, If I Had a Hi-Fi
10 Maggio: The National, High Violet
10 Maggio: The Foals, Total Life Forever
17 Maggio: Faithless, The Dance
Heike Has the Giggles, Robot
credits
staff
ArtsClub Italia è un allegato quindicinale alla Rivista Paper Street.
Da un’ idea di Alessandro Gandini. Scrivici a [email protected].
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ArtsClub Italia, Indie is cool.
Coordinamento: Alessandro Gandini.
Grafica: Francesca Avian.
Hanno collaborato:
Nicholas David Altea, Marlene Barrett,
Giacomo Lamborizio, Lucio Laugelli,
Alessandro Re, Luca Robotti.
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