Percorso didattico sulle onde meccaniche. Prerequisiti: • Conoscenza dei concetti principali della cinematica angolare: moto armonico • Conoscenza delle leggi della dinamica applicate ai moti armonici: pendolo semplice, corpo soggetto ad una molla di tipo elastico. • Concetto di energia, energia meccanica, energia potenziale, energia cinetica ed energia termica. • Concetto di equilibrio meccanico, posizione d’equilibrio meccanico. • Nozioni di trigonometria. 1. Esperimento concettuale. Consideriamo un esperimento in cui sono presenti due Pendoli di uguale lunghezza l e di eguale peso p (aventi perciò la stessa massa all’estremo libero), i quali possono eseguire oscillazioni di piccola ampiezza in modo tale che da poter essere considerati equivalenti a due oscillatori armonici. Supponiamo inoltre che essi siano soggetti ad una interazione di tipo elastico, ovvero ad una forza prodotta ad esempio da una molla di costante elastica k, della forma F = - k· x x1 x2 e supponiamo di spostare uno dei due pendoli dalla sua posizione d’equilibrio senza intaccare le proprietà di elasticità del materiale di cui è composta la molla. Sperimentalmente si osserva che una volta lasciato libero il pendolo, questo oltre ad oscillare, indurrà un’oscillazione anche nell’altro pendolo: i due pendoli cominceranno cioè ad oscillare con la stessa frequenza attorno alle proprie posizioni di equilibrio. Essi però non risultano sincroni, nel senso che in ogni istante non compiono il medesimo spostamento: x1 ≠ x2 e ciò si esprime dicendo che non sono in fase. Se se consideriamo idealmente il sistema privo d’attrito l’unica ragione che può spiegare tale fenomeno è il fatto che tra i due pendoli, avviene un trasferimento di energia meccanica: l’energia potenziale inizialmente accumulata una volta lasciato andare il primo pendolo, man mano che questo si muove si suddivide in energia potenziale ed energia cinetica e, sotto queste due forme si trasmette al secondo pendolo che inizia così ad oscillare. C’è da notare inoltre che al passare del tempo, l’energia del primo pendolo viene gradualmente trasmessa al secondo finchè quest’ultimo non ha immagazzinato tutta l’energia del primo pendolo e comincia ad oscillare da solo; naturalmente questo processo si inverte a favore del primo pendolo e si ha un continuo alternarsi del trasferimento di energia da un pendolo ad un altro. A causa dell’inerzia dovuta alla presenza delle masse, tale oscillazione si trasmette perciò da un pendolo ad un altro con un certo ritardo che determina lo sfasamento osservato. Tale procedimento può essere ripetuto con un numero elevato di pendoli (oscillatori) tutti identici tra loro e uniti a due a due con molle eguali: ——— ——— ——— ——— ——— ——— ◦ P1 P2 P3 · · · · · · · · Pi essa costituisce una catena lunga di oscillatori Perfettamente armonici tutti eguali e connessi tra loro. Se immaginiamo di dare un colpo con un martelletto all’oscillatore Pi in direzione longitudinale esso comprimerà la molla a destra , Prof. Giorgio Erby 1 distenderà quella di sinistra convertendo la sua energia cinetica in potenziale, ma a differenza di ciò che accadrebbe per un pendolo isolato, le molle deformate esplicheranno una forza eguale a quella esercitata su Pi anche sui pendoli immediatamente vicini e questi ne saranno accelerati. Ne consegue che con un certo ritardo rispetto a Pi anch’essi acquisteranno una velocità finita sollecitando i pendoli a loro volta vicini. In tal modo l’energia data a Pi , invece di convertirsi solo in energia potenziale delle molle alle quali Pi è connesso e tornare poi a divenire energia cinetica solo di Pi , si comunica a destra e a sinistra. Quando i pendoli vicini messi in moto saranno tanti da totalizzare (insieme alle molle) tutta l’energia data inizialmente da Pi quest’ultimo sarà in quiete, ma l’energia si ritroverà integralmente nelle due deformazioni che si stanno propagando a destra e a sinistra di Pi . Tutto ciò può essere generalizzato sostenendo che in ogni sistema costituito da particelle interagenti tra loro, il moto di ogni singola particella è influenzato e a sua volta influenza quello delle altre. Da ciò si può dedurre che nei liquidi, nei solidi e nei gas non rarefatti non ha senso descrivere il moto di una singola particella indipendentemente da quello delle altre con cui essa interagisce ma, è altresì necessario realizzare uno studio del moto collettivo degli elementi costituenti il sistema. Onde meccaniche. Considereremo un particolare moto collettivo, quello di un sistema di particelle materiali che possono compiere oscillazioni intorno alle loro posizioni di equilibrio, supponiamo inoltre che fra le particelle che costituiscono il sistema si esercitino delle forze di legame similmente al modello precedentemente considerato. Se si allontana una o più particelle dalla loro posizione di equilibrio, ad esempio attraverso una sollecitazione esterna, la particella o l’insieme delle particelle sollecitate cominciano a compiere un moto oscillatorio intorno alle loro posizioni di equilibrio; in questo modo si determina una perturbazione di una certa porzione del mezzo la quale, a causa delle forze di legame che vincolano le particelle materiali costituenti il sistema studiato, si propaga , con velocità finita agli altri punti del sistema; si provoca così quel particolare moto collettivo detto “moto ondulatorio”, caratterizzato dal fatto che si ha una trasmissione di energia da una zona all’altra del sistema considerato senza che si verifichi un trasporto di materia. Lo spostamento di una porzione del sistema considerato dalla sua posizione di equilibrio denominata definisce perciò una perturbazione denominata onda meccanica (in un mezzo continuo). Le onde meccaniche si propagano da uno strato del mezzo sollecitato al successivo, a causa delle proprietà elastiche del sistema stesso: infatti se in una zona delimitata di un dato mezzo materiale si produce una perturbazione abbastanza piccola, si può supporre che in prima approssimazione sia valida la legge di Hooke, per cui si originano forze proporzionali agli spostamenti delle singole particelle materiali dalla loro posizione di equilibrio, che tendono a riportarle nella loro configurazione iniziale. In modo identico al modello considerato all’inizio, a causa delle forze di legame esistenti tra le singole particelle che costituiscono il sistema, questa perturbazione tende a propagarsi a tutti i punti del sistema con un certo ritardo determinato dal tipo di sollecitazione che ha causato la perturbazione, dall’inerzia delle particelle materiali formanti il sistema, dal tipo di legame esistente tra esse, dai vincoli esterni ecc. E’ importante rimarcare come il sistema percorso dalla perturbazione non si muova nel suo complesso seguendo il moto dell’onda: sono i vari strati del mezzo che eseguono successivamente oscillazioni limitate. Ad esempio si può facilmente verificare che una propagazione delle onde sulla superficie dell’acqua non è accompagnata da uno spostamento dell’acqua stessa: un qualsiasi corpo galleggiante oscilla su e giù e non si sposta con l’onda; tale fenomeno presenta una prova indiretta del fatto che il passaggio dell’onda determina solamente un’agitazione “locale” dell’acqua, in quanto le molecole compiono approssimativamente un moto in su e giù simile a quello del corpo galleggiante. Inoltre è importante considerare il fatto che l’approssimazione delle interazioni con la legge di Hooke fa sì che il mezzo possa essere considerato “idealmente elastico” , il che significa che Prof. Giorgio Erby 2 l’energia della deformazione o perturbazione non viene dissipata in calore; naturalmente questa è solo un’approssimazione in quanto in natura non esistono mezzi completamente elastici che permettono una perfetta propagazione di onde meccaniche in un mezzo. Se le onde meccaniche necessitano la presenza di un mezzo per potersi propagare, ne esistono altre che possono invece propagarsi anche nel vuoto: si può allora definire in modo più generale l’onda come una perturbazione di una determinata grandezza fisica che si propaga in un dato mezzo o nello spazio. In particolare esiste un modello in natura caratterizzato dai reticoli atomici, in cui gli atomi separati dal vuoto per distanze regolari, sono legati tra loro con delle interazioni a distanza che possono essere in prima approssimazione considerate della stessa forma di quelle di tipo elastico: quando essi sono soggetti ad una sollecitazione, essi cominciano a vibrare allo stesso modo delle particelle soggette ad una sollecitazione presenti in un mezzo e vengono comunicate da ciascun atomo all’altro attraverso l’emissione di particelle, dette fononi le quali giocano nei cristalli lo stesso ruolo svolto dalle onde meccaniche in un mezzo elastico: comunicano la perturbazione agli altri atomi con la differenza che, stavolta la comunicano propagandosi nel vuoto. Onde longitudinali e onde trasversali. Le onde meccaniche si possono distinguere in due tipi a seconda della direzione in cui avviene l’oscillazione delle particelle materiali rispetto alla direzione di propagazione dell’onda. Consideriamo ad esempio una fune disposta orizzontalmente, vincolata ad un estremo e supponiamo di far oscillare verticalmente l’altro estremo (quello mobile): sperimentalmente si osserva subito che le particelle investite dalla perturbazione che si propaga lungo la fune stessa, oscillano in direzione verticale. In questo caso si dice che l’onda è trasversale. In generale, si ha un’onda trasversale quando le oscillazioni trasmesse dall’onda alle particelle materiali che costituiscono il sistema risultano perpendicolari alla direzione di propagazione dell’onda. Un’onda trasversale in genere, è determinata dallo scorrimento di uno strato di materia sull’altro e di conseguenza questo tipo di onde si manifesta nei mezzi dotati di forte elasticità, quali i corpi solidi, perché essi sono in generale capaci di subire deformazioni elastiche, che riacquistano la forma iniziale quando si annulla la causa che ha determinato la deformazione. Consideriamo ora un altro esempio, quello di una molla d’acciaio; se facciamo oscillare su e giù la prima spira, a causa delle proprietà elastiche della molla, la seconda spira, con un certo ritardo, comincia ad oscillare e così successivamente tutte le altre: la perturbazione che si propaga rappresenta proprio un’onda che si propaga nella direzione di oscillazione ovvero longitudinale. In generale, un’onda, si dice longitudinale, se le oscillazioni trasmesse alle particelle di un dato mezzo dal passaggio dell’onda avvengono lungo la direzione di propagazione dell’onda. La possibilità che si determini un’onda longitudinale è maggiormente connessa ai mezzi caratterizzati da un’elasticità meno intensa, mezzi cioè caratterizzati da una maggiore compressibilità e dalla capacità di riacquistare il volume iniziale una volta cessata la compressione. Onde di questo tipo possono propagarsi sia nei solidi che nei fluidi. E’ perciò importante sottolineare che le onde trasversali sono dovute alle forze elastiche che si oppongono allo scorrimento dei diversi strati del corpo uno sull’altro, mentre le onde longitudinali si oppongono alla compressione e dilatazione del corpo. Ciò significa che entrambe sono onde elastiche nel vero senso della parola. Formalizzazione matematica. Prof. Giorgio Erby 3 Riconsideriamo la corda con un estremo fisso e l’altro libero: se agitiamo l’estremo una sola volta, in su e in giù, determiniamo una singola onda impulsiva o impulso, ovvero una perturbazione di breve durata che si propaga lungo la corda. Ogni particella della corda resta ferma finchè non è investita dall’impulso, quindi si muove per un breve intervallo di tempo e poi ritorna nella sua posizione iniziale. Possiamo inoltre definire come ampiezza A dell’onda impulsiva lo spostamento subito da ogni punto x investito dall’onda rispetto alla sua posizione di equilibrio. La velocità con cui si propaga tale onda . è finita . Se muoviamo con continuità e regolarità l’estremo libero della corda in modo tale che esso compia successive oscillazioni periodiche di periodo T, lungo di essa si propaga una successione di onde impulsive denominata onda periodica. Ogni particella della corda investita dall’onda ripete il moto dell’estremo libero, movendosi di conseguenza con un moto periodico perpendicolare alla direzione di propagazione dell’onda. In particolare, se il moto dell’estremo libero della corda è armonico di periodo T, ciascuna particella è soggetta ad oscillazioni armoniche dello stesso periodo T. Se, in prima approssimazione, si suppone che i singoli impulsi che compongono l’onda periodica non si smorzino durante la propagazione, ovvero che l’ampiezza A di ogni punto rimanga costante, lungo la corda si propaga un’onda sinusoidale semplice, il che significa che la forma della corda percorsa dalla corda sarà in ogni istante una sinusoide della forma Asen(kx) o Acos(kx) , dove k deve avere le dimensioni dell’inverso di una lunghezza perché x è una lunghezza e ciascuna funzione matematica trascendente deve avere un argomento dimensionale il che significa che kx dev’essere adimensionale. Il profilo spaziale dell’onda è il seguente: A M1 λ M2 v A x A λ P1 λ P2 m1 m2 dove le posizioni di equilibrio sono ubicate lungo l’asse x e v è la velocità di propagazione dell’onda Il grafico spaziale dell’onda fornisce, in un dato istante t fissato, il valore dell’ampiezza A dell’onda in funzione della distanza x dall’origine (in questo caso dall’estremo libero della fune) Si definisce lunghezza d’onda λ la distanza percorsa dalla perturbazione in un periodo T. Nel caso particolare di onda sinusoidale qui considerato, λ è data dalla distanza intercorrente fra due massimi o minimi consecutivi. Ciò significa che se v è la velocità di propagazione dell’onda dev’essere: λ=v·T=v/ν dove ν = 1/ T esprime la frequenza.Questa relazione ci dice che lunghezza d’onda e frequenza sono tra loro inversamente proporzionali: onde di alta frequenza hanno piccola lunghezza d’onda e viceversa.Si definisce inoltre pulsazione di un’onda la grandezza: ω = 2πν / T = 2π /T Per ricavare il grafico temporale dell’onda e dunque determinare come l’ampiezza di oscillazione di un punto fissato investito dall’onda varia in funzione del tempo, basta ricordarsi che tale punto esegue un moto armonico e dunque matematicamente l’ampiezza in funzione del Prof. Giorgio Erby 4 tempo può essere espressa dalle seguenti funzioni Asen(ωt) o Acos(ωt) se ω è la sua frequenza di oscillazione. Sperimentalmente ciò può essere verificato connettendo un punto P della corda ad un pennino scrivente connesso a sua volta con un nastro che può scorrere con velocità costante in direzione dell’asse x ottenendo proprio un grafico che esprime la variazione dell’ampiezza AP di oscillazione del punto P in funzione del tempo: in ordinate è rappresentata l’ampiezza AP ed in ascisse il tempo t. AP v t pennino scrivente nastro scorrevole corda P x Vogliamo ora determinare l’equazione dell’onda, cioè una funzione che ci permetta di determinare in ogni istante t lo spostamento A(x,t) di un generico punto della fune di ascissa x, rispetto alla sua posizione di equilibrio. Se l’estremo libero (che supponiamo di ascissa x = 0) della fune si muove di moto armonico con periodo T, la sua equazione sarà del tipo: A(0,t) = A0 senωt Con un grafico temporale della forma: A dove con A0 si è indicata L’ampiezza massima delle oscillazioni che il punto O Compie in direzione Perpendicolare alla direzione t di propagazione dell’onda e ω (pulsazione) è collegata al periodo T dalla relazione ω = 2π / T A0 T In seguito alle oscillazioni armoniche di O, ogni altro punto della fune, in assenza di smorzamenti, comincia a muoversi successivamente di moto armonico, ripetendo quindi un moto identico a quello del punto O con un ritardo τ che dipende principalmente dalla sua distanza da O (oltre al tipo di materiale della fune e dalla tensione); ciò significa che per un punto della fune che si trovi a distanza x da O e per ogni generico istante t' deve valere la seguente condizione di periodicità: A(x, t' + τ ) = A(0, t' ) Prof. Giorgio Erby 5 Se poniamo t' + τ = t ovvero t' = t – τ (equivalente a ridefinire l’origine dei tempi) , l’equazione si riscrive come segue: A(x, t) = A(0, t – τ ) = = A0 senω(t – τ ) = A0 sen((2π / T )·(t – τ ) ) per vedere come lo spostamento A(x, t) di un generico punto della fune dipende dalla coordinata x, basta esprimere il ritardo τ in funzione della velocità di propagazione della perturbazione lungo la fune τ = x / v, per cui alla fine si può scrivere: A(x, t) = A0 sen((2π / T )·(t – (x/v) ) ) = = A0 sen(2π ·((t/T) – (x/λ) )) essendo λ = v· T. E’ bene ricordare inoltre che quando una grandezza fisica è espressa con una funzione matematica trascendentale o esponenziale, l’argomento della funzione dev’essere a-dimensionale. Si è così ottenuta l’equazione dell’onda. Si definisce in genere fase dell’onda nel punto di ascissa x all’istante t l’angolo φ definito da: φ = 2π· ((t/T) – (x/λ)) poichè nell’origine lo spostamento della fune in funzione del tempo, non deve necessariamente partire da uno spostamento iniziale nullo a t = 0, per tale dipendenza sussisterà la legge più generale: A(0,t) = A0 sen(ωt + φ0 ) E dunque la fase dell’onda in un generico punto di ascissa x sarà: φ = 2π· ((t/T) – (x/λ)) + φ0 La funzione A(x,t) soddisfa perciò le seguenti relazioni: A(x, t + T) = A(x, t) A(x + λ, t ) = A(x, t) che stanno ad indicare che per x fissato al variare del tempo t , essa è funzione periodica di periodo T; per t fissato al variare della posizione x , essa è funzione periodica di periodo λ. Si osservi inoltre che ω = 2π / T = 2π λ / λT = 2π v / λ definendo il numero k = 2π/ λ si ricava che: ω = ω( k ) = v· k Principio di sovrapposizione. Volesi esaminare cosa avviene quando in una regione di spazio si propagano simultaneamente più onde. Consideriamo il caso di due onde impulsive (trasversali) che si propagano simultaneamente lungo una fune in direzioni opposte: la prima da destra verso sinistra e la Prof. Giorgio Erby 6 seconda da sinistra verso destra. Si può osservare che le due onde impulsive, incontrandosi, si combinano dando luogo ad un profilo di corda nuovo, diverso in generale dalla forma iniziale delle due onde componenti. Le immagini successive mostrano infine che, quando le due onde si sono allontanate dalla regione comune, proseguono ognuna per il suo verso riacquistando la stessa forma che avevano prima di incrociarsi. Ciò dimostra che le due onde non si sono modificate durante la loro interazione: si sono attraversate senza alterarsi, mantenendo una loro individualità indipendente l’una dall’altra. Da un esame più accurato delle immagini si può osservare che nella zona di sovrapposizione l’ampiezza dell’onda risultante è in ogni punto eguale alla somma algebrica delle ampiezze delle due onde componenti.Ciò significa che lo spostamento totale che subisce ogni punto della fune investito simultaneamente dalle perturbazioni è uguale in ogni istante alla somma algebrica dei due distinti spostamenti che determinerebbero le singole onde se si propagassero separatamente. Questo può essere formalizzato in un principio generale valido per tutti i tipi di onde: Principio di sovrapposizione: due o più onde possono passare simultaneamente in una stessa regione di spazio agendo indipendentemente l’una dall’altra; l’ampiezza dell’onda risultante è data in ogni istante e in ogni punto dalla somma algebrica delle ampiezze delle onde componenti Matematicamente il principio di sovrapposizione è esprimibile attraverso il Teorema di Fourier: ogni funzione periodica comunque complessa può rappresentarsi come somma di un numero, finito o infinito, di funzioni sinusoidali semplici, le cui frequenze sono multiple di una frequenza fondamentale corrispondente alla frequenza del moto periodico considerato Ciò vuol dire che ogni moto periodico di periodo T ,comunque complesso, di una particella, può essere espresso come una combinazione di moti armonici semplici secondo l’espressione: A( t ) = A0 + A1 senωt + A2 sen2ωt + A3 sen3ωt + ··· + B1 cosωt + B2 cos2ωt + B3 cos3ωt + ··· Dove A0 , A1 , A2 , A3 , ….., B1 , B2 , B3,… sono costanti il cui valore dipende dal particolare moto periodico A( t ) considerato. Ma poiché un’onda è determinata dal moto oscillatorio di una sorgente, segue che ogni onda si può sempre considerare come la sovrapposizione di un’onda sinusoidale con frequenza uguale alla frequenza fondamentale e di un certo numero di onde sinusoidali semplici con frequenza pari a un multiplo intero della frequenza fondamentale. Velocità di propagazione. Intensità Ricaviamo con un’analisi meccanica la velocità di un impulso in una corda tesa. Consideriamo un’onda impulsiva che avanza lungo la corda con velocità v da sinistra verso destra. v Δl Prof. Giorgio Erby 7 Si può pensare che la corda intera si muova da sinistra verso destra con questa stessa velocità in modo R tale che l’impulso dell’onda rimanga O fermo nello spazio, mentre le varie particelle della corda passano successivamente per l’impulso. Ciò equivale a prendere come riferimento invece delle pareti tra le quali la corda è tesa, un riferimento in moto uniforme rispetto al primo. Infatti le leggi di Newton tengono conto solo delle accelerazioni, che sono le stesse in entrambi i riferimenti. Si consideri un tratto Δl della corda, talmente piccolo da poter essere considerato l’arco di un cerchio di raggio R. Se μ, la cosiddetta densità lineare, è la massa dell’unità di lunghezza della corda, allora μΔl è la massa di questo elemento. La tensione F della corda è una forza tangenziale applicata a ciascuna estremità di tale elemento piccolo di corda. Le componenti orizzontali si annullano e le componenti verticali sono entrambe eguali a Fsenθ, per cui la forza totale agente sulla verticale è 2Fsenθ. Poiché θ è piccolo si può approssimare senθ ≈ θ e F F 2Fsenθ = 2Fθ = 2F(Δl/2)/R = FΔl/R la qual forza produce l’accelerazione centripeta delle particelle della corda ed è diretta verso O. Si sa però che la forza centripeta agente su una massa μΔl descrivente un cerchio di raggio R con velocità v è μΔl v2 /R in cui la componente tangenziale della velocità di questo elemento di massa all’apice dell’arco è diretta orizzontalmente e coincide con la velocità di fase dell’impulso. Eguagliando le due quantità si ottiene: FΔl/R = μΔl v2 /R Ossia: v = ( F/μ )1/2 Per calcolare l’energia meccanica trasportata da un’onda sinusoidale semplice (trasversale) lungo la fune, possiamo cominciare a calcolare l’energia meccanica associata al moto dell’estremo libero della corda (oscillatore armonico) che supponiamo schematizzato da un punto materiale di massa m. Sappiamo che le equazioni di un punto materiale che si muove di moto armonico lungo l’asse y sono date da: y = Asen(ωt + φ ) vy = ωAcos(ωt + φ ) con A ampiezza, ω pulsazione e φ la fase iniziale del moto armonico considerato. L’energia cinetica del punto materiale considerato è data, dall’equazione: Ec = (1/2)mvy2 = (1/2)mω2A2 cos2(ωt + φ ) L’energia potenziale invece è associata ad una forza del tipo F = -ky ed è dunque data da: Ep = (1/2)ky2 = (1/2) mω2A2 sen2(ωt + φ ) Essendo l’accelerazione ay = - ω2 y per cui k = mω2. Sommando a membro a membro le equazioni delle due energie otteniamo l’energia totale: E = Ec + Ep = (1/2) mω2A2 Prof. Giorgio Erby 8 Per calcolare l’energia che attraversa nell’unità di tempo una generica sezione della fune percorsa dall’onda, bisogna notare che in un intervallo di tempo Δt, l’onda percorre un tratto di fune di lunghezza l = vΔt che quando Δt è un secondo, il tratto sarà l = v; l’energia trasmessa attraverso una sezione s nell’unità di tempo è pari all’energia associata ad un tratto cilindrico di fune di sezione s e lunghezza v, la cui massa è pari a m = μv che sostituita nell’espressione di E: I = (1/2) μvω2A2 Interferenza. L’interferenza è quel fenomeno fisico consistente nella sovrapposizione di due moti oscillatorio, generalmente di due perturbazioni ondulatorie. In generale esso dà origine in alcuni punti dello spazio ad un rafforzamento della perturbazione risultante, in altri a una sua attenuazione. Affinché si possa avere interferenza le onde che si sovrappongono devono avere la stessa lunghezza d’onda: infatti trattandosi di onde della stessa natura che si propagano nel medesimo mezzo, esse avranno uguale velocità di propagazione e perciò anche uguale frequenza. Ciò implica che in genere saranno anche onde con una certa differenza di fase costante nel tempo, ed in tal caso due sorgente che emettono onde con questa proprietà si diranno “coerenti”. Nel caso in cui le onde componenti abbiano, oltre ad avere stessa frequenza, anche stessa ampiezza A (?), l’ampiezza dell’onda risultante sarà doppia 2A e le due onde si diranno in “concordanza di fase” il punto P di massima ampiezza si dirà “ventre di vibrazione”. Nel caso di ampiezze raggiunte in direzioni opposte A e -A, l’ampiezza di P sarà minima, cioè nulla , le onde si diranno in opposizione di fase e il punto P sarà “nodo di vibrazione”; l’interferenza in tal caso è distruttiva. Poiché le due onde hanno ugual frequenza, se sono in opposizione di fase in un istante qualsiasi continueranno ad esserlo in tutti gli istanti successivi; ne consegue che nei nodi l’ampiezza dell’onda risultante è sempre nulla. Al fine di effettuare un’analisi quantitativa, consideriamo due sorgenti S1 ed S2 di oscillazioni coerenti di egual frequenza, uguale ampiezza e differenza di fase φ che si propagano nella stessa direzione;definendo con k = (2π/λ) il numero d’onda, le singole onde saranno date da: A1(x , t) = A sen(k· x – ωt - φ) A2(x , t) =.A sen(k· x - ωt ) La prima espressione può essere riscritta nei seguenti modi: A1(x , t) = A sen[k· (x – φ/k) - ωt ] = sen[k· x – ω· (t + φ/ω) ] La prima forma ci dice che all’istante t le due onde A1 e A2 si trovano spostate l’una rispetto all’altra di una lunghezza costante φ/k = φλ/2π, mentre la seconda forma mostra che in un qualsiasi punto x le due onde danno luogo a due moti armonici semplici intervallati nel tempo dal valore φ/ω = cost. y φ/k A2 A1 x Prof. Giorgio Erby 9 Per il principio di sovrapposizione l’ampiezza d’onda risultante in un generico punto P è data da: AR = A1(x1 , t) + A2(x2 , t) = A · [sen(k· x – ωt - φ) + sen(k· x - ωt )] Facendo uso delle formule di Prostaferesi e Werner: senp + senq = 2sen((p + q)/2) · sen((p –q)/2) si ricava: AR = 2A · cos( φ/2 ) · sen(k· x – ωt – φ/2) Conseguenza: l’onda risultante è un’onda avente la stessa frequenza delle onde componenti ed ampiezza A0R = 2A · cos( φ/2 ); l’onda risultante inoltre è sempre sinusoidale. Da ciò si può evincere che l’ampiezza sarà massima in valore assoluto quando cos( φ/2 ) = ±1 cioè per φ = 0, 2π, 4π,………2n·π ,... con n intero ovvero per (φλ/2π) = 0, λ, 2λ, 3λ, …….,n·λ,.. ovvero per multipli interi della lunghezza d’onda si ha A0R = 2A . E viceversa sarà minima per cos( φ/2 ) = 0 ovvero per = π, 3π,………2(n +1)·π ovvero per (φλ/2π) = λ/2, 3λ/2, 5λ/2, …….,(2n+1)·λ/2,..ovvero per multipli interi di mezza lunghezza d’onda per i quali AR = 0. Poiché il quadrato dell’ampiezza è A0R2 = 4A2· cos2( φ/2 ) ed essendo 2cos2α= cos2α +1 segue: 4A2· cos( (cosφ+1)/2 ) = 2A2 + 2A2· cosφ e poiché l’intensità è proporzionale al quadrato dell’ampiezza si può scrivere: IR = 2I + 2I· cosφ Con I = c· A2 intensità delle onde componenti e c costante. Per cui nel caso di intensità massima sarà IR = 4I e minima IR = 0. Onde stazionarie. Le onde stazionarie sono le onde che si originano dall’interferenza di due onde di uguale ampiezza e frequenza ma di verso opposto. Siano A1(x , t) = A sen(k· x – ωt) A2(x , t) = A sen(k· x + ωt) Possiamo considerare come caso particolare dell’espressione generale sull’interferenza con φ = 0 e +ωt al posto di –ωt nella seconda equazione da cui: Prof. Giorgio Erby 10 AR = A1(x1 , t) + A2(x2 , t) = A · [sen(k· x – ωt ) + sen(k· x + ωt )] = AR (x, t)= 2A ·sen(k· x) cos(ωt ) y λ/2 x 0 λ/4 λ/2, Caratteristica fondamentale delle onde stazionari è che l’ampiezza massima non è la stessa per le diverse particelle, ma varia con la loro posizione : A0R = 2A ·sen(k· x) Per cui essa ha un massimo 2A in kx = π/2, 3π/2, 5π/2,……., (2n+1)π/2,.. con n intero ovvero in x = λ/4, 3λ/4, 5λ/4,……., (2n+1)λ/4 e tali punti saranno chiamati “ventri”. L’ampiezza ha il valore minimo 0 in kx = 0,π, 2π, ..3π,……., nπ, con n intero ovvero in x = 0,λ/2, λ, 3λ/2,……., nλ/2 e tali punti saranno chiamati “nodi”. E’ importante notare che se la corda ha una lunghezza assegnata l, ed entrambi gli estremi fissati alla parete dev’essere necessariamente AR (0, t)= 0 = AR (l, t) ovvero entrambi gli estremi devono essere dei nodi, ma la condizione perché si abbiano onde stazionarie in una corda soggetta a tali vincoli è che kl = nπ ovvero l = nλ/2 ovvero λ = 2l/n Si può osservare inoltre che la distanza tra due ventri o nodi consecutivi è sempre λ/2 AR = 0 sicuramente per tutti gli ωt = (2n+1)π/2 il che significa che il tempo richiesto per riacquistare lo stesso valore sarà tale che ωt = π/2 ovvero tale che 2 π t/T = π/2 da cui t = T/4 . L’onda stazionaria è perciò un’onda avente lunghezza d’onda pari alla metà della lunghezza d’onda delle due onde componenti e periodo temporale pari a un quarto del periodo delle onde componenti. Si osservi che poiché i nodi sono dei punti fermi, e si trovano ad ampiezza nulla, l’energia in tali punti è nulla: ne consegue che in un’onda stazionaria l’energia non si può propagare al di là dei punti nodali. Durante l’oscillazione di ciascun punto della corda si verifica una trasformazione continua di energia cinetica di oscillazione in energia potenziale elastica e viceversa, ma non di trasmissione di energia da un punto ad un altro. Frequenze proprie. Si è visto che la condizione affinché si abbiano onde stazionarie in una fune di lunghezza l con gli estremi fissi, è che in essa ci può essere un numero arbitrario di nodi purchè sia soddisfatta la relazione λ = 2l/n. Ricordiamo ora che la velocità di propagazione di un’onda meccaniche progressive e regressive la cui sovrapposizione dà luogo all’onda stazionaria è legata alla loro lunghezza d’onda e frequenza attraverso la relazione λ = v/ν da cui ν = v/ λ ; si è anche visto che la velocità di tali onde meccaniche che si propagano in una fune (ed in generale in qualunque mezzo elastico) è anche data da v = ( F/μ )1/2 . Sostituendo nell’espressione di ν = v/ λ l’ultima espressione di v e l’espressione di λ in funzione di n si ottiene: Prof. Giorgio Erby 11 ν = (n/2l) · ( F/μ )1/2 al variare del numero n dei nodi varia la frequenza delle onde stazionarie e tali frequenze possibili, per ogni valore di n, si chiamano frequenze proprie o naturali di oscillazione del sistema o meglio dei punti della fune. Si chiamano proprie perché dipendono anche dalla densità lineare del mezzo e dunque sono caratteristiche del mezzo stesso. Vibrazioni reticolari. Consideriamo un mezzo continuo lineare che può essere approssimato da una successione di pendoli connessi con delle molle di uguale costante elastica come visto all’inizio o da una successione di oscillatori armonici connessi consecutivamente tra loro. Esso può essere cioè considerato composto da tanti piccoli elementi di massa Δm ognuno dei quali durante l’oscillazione sarà soggetto ad uno spostamento Δx dalla sua posizione d’equilibrio ad causa di una forza di tipo elastico F = - k· Δx . Dal secondo principio della dinamica si ha che: - k· Δx = Δm · a con a accelerazione . In tale approssimazione il moto può essere considerato armonico e dunque l’onda che si trasmette da un elemento all’altro nella forma: A(x , t) = A0 sen(k· x – ωt) Dove si è messo x al posto di Δx per semplicità di notazione. Si ha inoltre : ω si ha cioè tra ω e k una relazione di tipo lineare data da: ω(k) = k · v k con v = ( F/μ )1/2 Consideriamo ora un mezzo discreto lineare come ad es. una catena lineare monoatomica, tipica dei cristalli monoatomici: n–2 n –1 gli atomi sono cioè disposti in un reticolo in modo tale che la distanza tra due atomi a consecutivi sia sempre pari al passo a. Hanno inoltre tutti la stessa massa m e si può assumere con buona xn-1 xn xn+1 approssimazione che l’interazione sia limitata ai prossimi vicini a questo. Ciò significa che la forza agente tra l’atomo n.esimo è prodotta unicamente dalle interazioni di questo con gli atomi n-1 ed n+1 . Tale forza come nel caso del mezzo lineare continuo e degli oscillatori armonici può essere considerata di tipo elastico: F = - k· Δx; l’unica differenza rispetto al caso precedente consiste nel fatto che la catena è discreta. Se denotiamo con xn-1, xn e xn+1 Prof. Giorgio Erby n n+1 n+2 12 rispettivamente gli spostamenti subiti dalla posizione d’equilibrio degli atomi n-1, n ed n+1 si ottiene che la forza complessiva che agisce nell’atomo n-mo è in modulo: F = k · (xn+1 - xn ) - k · (xn - xn-1 ) Ovvero ma = k · (xn+1 + xn-1 - 2xn ) queste interazioni sono di tipo armonico e dunque producono delle vibrazioni; i vari atomi potranno così produrre nelle loro vibrazioni delle onde di tipo armonico della forma : xn = x0 sen(ωt ± k· na ) con x = k· na l’unica differenza con il caso continuo sta nel fatto che le onde si propagano nel vuoto invece che nel mezzo e che bisogna tener conto della struttura discontinua ovvero della distanza minima tra gli atomi. Si sa allora che per le interazioni di tipo armonico è: ma = -mω2 xn = -mω2 x0 sen(ωt ± k· na ) = k · (xn+1 + xn-1 - 2xn ) sostituendo le espressioni corrispondenti nei seni di xn+1 , xn-1 ,xn nell’ultimo membro a destra e facendo uso della trigonometria si trova che: -mω2 = -k · 4sen2(ka/2) da cui: ω = ± (4k/m)1/2 · sen(ka/2) il cui grafico è: ω/ (4k/m)1/2 1 k -2π/a -π/a 0 π/a 2π/a poichè si è nel discreto le lunghezze d’onda non possono essere inferiori alle distanze interatomiche e dunque λ > a Si noti inoltre che per valori di k molto piccoli k<<1 il grafico diventa lineare proprio come la legge ω(k) = v· k trovata per il mezzo continuo lineare. Nei valori k = ± π/a si ha invece xn = x0 sen(ωt ± nπ ) = = x0 sen(ωt)cos (nπ ) che corrisponde al caso particolare di onde stazionarie non viaggianti, onde cioè caratterizzate solo da nodi. Prof. Giorgio Erby 13