La rivoluzione francese e la `rivoluzione` tedesca Mappa dell`Unità

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La rivoluzione francese e la 'rivoluzione' tedesca
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Piccolo popolo - Siamo alla rivoluzione francese.
- Vediamo cos'ha da dire la filosofia sulla rivoluzione.
- Ultimamente la filosofia è molto reticente su questa materia.
- Ha perso la memoria?
- Se è per questo, si tratta di una vera epidemia.
- Cosa c'è di filosofico in una rivoluzione?
- Io credo che una rivoluzione sia un evento prima di tutto filosofico.
- Ma va?!
- Non è vero Ermetis? La rivoluzione è o non è l'espressione di un desiderio filosofico? Del desiderio di felicità.
Ermetis - Naturalmente. È quanto di più filosofico sia esistito finora. È una rappresentazione del pensiero sotto forma
di tragedia.
Piccolo popolo - Anche tu preferisci non parlarne?
Ermetis - Nient'affatto. Ne parlerò, dicendovi tutto quello che penso. Ma non c'è molto da teorizzare, preferisco
confrontarmi sul piano della filosofia pratica.
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L'apertura degli Stati generali in un'immagine dell'epoca
Piccolo popolo - Però prima ci dovete spiegare in che senso la rivoluzione è "filosofica".
- Come dicevo, penso che sia il punto in cui giunge al suo culmine l'utopia della felicità in terra. D'altronde, non avete
buona memoria: Ermetis ci ha accennato qualche giorno fa al millenarismo, cioè all'utopia paleocristiana di un "regno di
Dio in terra", come matrice di tutti i movimenti che volevano ribaltare l'ordine del mondo per instaurare il "regno della
felicità".
- Quindi non c'è soltanto filosofia, ma anche religione?
Ermetis - È l'utopia cristiana spogliata di sacralità. O forse, ancora meglio: è lo spostamento della sacralità dal piano
trascendente al piano umano.
Piccolo popolo - Non mi pare che le rivoluzioni siano mai state della pacifiche processioni di chierichetti.
Ermetis - Non proprio, infatti. Ma è esattamente nella violenza il carattere sacro di una rivoluzione. Il sangue è sangue
sacrificale, il lavacro che restituisce purezza alla terra su cui verrà edificato il "regno dei cieli".
Piccolo popolo - D'accordo. Ma questa è una regressione a livelli pre-filosofici, a livelli simbolici molto arcaici, quasi
tribali. È lo scatenamento delle passioni, non una pacata riflessione sul concetto di felicità.
Ermetis - In ogni vera, grande rivoluzione - quella francese, ovviamente, come quella russa, ma anche nella ribellione
dei contadini tedeschi all'epoca di Lutero, tra parentesi la "madre di tutte le rivoluzioni", quella che per prima venne
chiamata con questo nome -, dicevo: in ogni grande rivoluzione è in gioco tutta l'anima dell'uomo e tutto il mondo
interiore di un popolo. La rivoluzione non è un atto politico, ma una rappresentazione sacra in cui la scissione tra bene e
male assume aspetti mitologici. La rappresentazione della realtà in forme simboliche, fortemente cariche di emotività,
esce dai normali confini della psiche individuale e si trasforma in un contagio: lo spirito collettivo diventa l'immenso
scenario di un sogno, nel quale il desiderio e la sua ombra assumono i tratti contrapposti delle fazioni politiche in gioco.
Hai ragione: qui non è in ballo la Conversazione sul bene, ma i suoi presupposti inconsci, le sue stesse radici
psicologiche profonde.
Piccolo popolo - Fermo! Cosa intendi con "il desiderio e la sua ombra"?
Ermetis - La matrice psicologica di ogni desiderio è fondata su una scissione: alla soddisfazione di ogni desiderio si
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accompagna sempre l'ansia della sua scomparsa. Lo stesso oggetto del desiderio si colora così di bianco, in quanto
causa del benessere, e di nero, in quanto causa del dolore, nel momento in cui esso vien meno. Un uomo sano è un
uomo che ha integrato le due facce del desiderio in una rappresentazione realistica, grazie alla quale egli sa che le cose
vanno e vengono, che ci sono e non ci sono, che un benessere interiore può essere conservato anche lontano dalla sua
fonte primaria. Una psiche malata, invece, conserva la visione scissa della realtà in bianco e nero, vive cioè in uno stato
di ansia perenne e di aggressività nei confronti di ciò che desidera.
Piccolo popolo - Cioè: dividere il mondo in bene e male, in bianco e nero, in buoni e cattivi, è follia?
- Beh… non mi pare poi così strano. Che cos'è il fanatismo, se non pazzia?
- Scusate, ma non capisco … D'accordo sulla follia manichea del bianco e nero, tutto il male di là e tutto il bene di
qua. Ma cosa c'entra questo con il desiderio?
- Credo che la questione abbia a che fare, per sdrammatizzare un po', con la favola della volpe e l'uva.
- Sarebbe?
- Io odio ciò che, avendolo desiderato, mi viene negato. È molto comune, non trovate, questo atteggiamento per cui,
se una donna che desidero mi dice di no, posso anche arrivare ad ucciderla?
- Va bene, ma qui si parlava di rivoluzione. Non ditemi che i Giacobini desideravano il re …
Ermetis - Effettivamente la questione ci sta sfuggendo di mano. Non volevo fare della psicologia sociale; però, per non
lasciare la domanda in sospeso, vorrei solo aggiungere che esiste il processo di spostamento: quando la scissione si
instaura nella psiche in modo irreversibile, allora ogni atteggiamento assume i suoi toni drammatici e dolorosi. È ovvio
che i Giacobini avevano mille ragioni per detestare il re, ma è il tono emotivo e "teatrale" che assume la questione che ci
deve colpire. È il suo aspetto simbolico, per mezzo del quale il re assume i panni del capro espiatorio, diventa l'origine
di ogni male. Non c'è più riflessione, integrazione, conciliazione possibile: c'è solo l'ombra del male assoluto da
cancellare dalla faccia della terra.
Piccolo popolo - Quindi il bene, ogni discorso sul bene, è frutto della scissione? È questo che vuoi dire? L'idea stessa
che esistano il bene e il male parte da una ferita psicologica non rimarginata?
- Cioè, tutto quello che abbiamo sentito e detto fino ad oggi è solo la messa in scena apparente dietro la quale si
nascondono i mostri dell'inconscio?
Ermetis - Se la filosofia è il sole, come fantasticava Platone, non dimentichiamoci che esso si muove nello stesso cielo
che di notte appare freddo e tenebroso. La filosofia rischiara appena un mondo che continua ad essere quello vuoto e
silente degli spazi siderali: è solo un punto di luce nel buio.
Dunque ogni rivoluzione è stata, "nel bene e nel male", il tentativo di fissare un modello di felicità nell'esistenza
concreta degli uomini, sempre lo stesso irraggiungibile modello mutuato dai miti edenici dell'Occidente. Un passo
indietro nella filosofia come "filosofia pratica", un passo avanti nella "filosofia come pensiero". Un passo indietro perché
ogni rivoluzione si è rivelata un tradimento dell'autentica pratica filosofica, un passo avanti perché un pensiero autentico
è quello che si misura con la storia.
Ma è indubbio che quel fine XVIII secolo è stato una vera matrice di spiriti rivoluzionari. L'altra grande rivoluzione di cui
parleremo è infatti quella "rivoluzione copernicana" con la quale Kant ribalta la tradizionale visione del mondo centrata
sul paradigma soggetto-oggetto, in una nuova concezione dell'essere come soggetto. Mi spiego.
nota di copyright: immagine di pubblico dominio
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In questa unità
Testo: Storia delle idee
Autore: Maurizio Châtel
Curatore: Maurizio Châtel
Metaredazione: Erica Pellizzoni
Editore: BBN
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