FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE Corso di laurea in scienze sociologiche (per lo sviluppo locale) Prof. Everardo Minardi Sociologia generale e storia della sociologia II (3 crediti) SINTESI DELLE LEZIONI 1^Lezione Dall’azione all’interazione sociale: l’approccio di analisi di G.Simmel Georg Simmel, contemporaneo, ma più anziano di Max Weber, si presenta come una figura di particolare importanza proprio per i legami del suo pensiero con quello weberiano, ma anche per le differenze significative manifestate nei suoi riguardi. Con Max Weber ha in comune una forte attenzione e sensibilità nei confronti delle manifestazioni del conflitto sociale. Max Weber aveva introdotto tra i suoi tipi ideali fondamentali quello di “lotta”, da cui aveva derivato il concetto di “competizione” con il quale egli guardava ai movimenti inscritti nella società. G.Simmel condivideva tale prospettiva, partendo tuttavia da premesse diverse; il suo concetto di conflitto nasce infatti dalla visione conflittuale dei rapporti tra individuo e società, un conflitto tra lo spirito di libertà dell’individuo e le coercizioni che la società continuamente (quasi in senso durkheimiano) impone all’individuo per includerlo nell’organizzazione sociale, per esercitare su di lui un sistematico controllo normativo. Tale conflitto tra individuo e società può essere colto tuttavia secondo Simmel non in maniera idealtipica, ma piuttosto osservando le interazioni come manifestazione delle modalità con cui l’individuo interagisce con la società. Non l’azione soggettivamente intenzionata dell’individuo, ma l’interazione tra due o più individui diventa l’oggetto dell’analisi sociologica; non i tipi ideali (di matrice weberiana), ma le forme sociali sono i concetti sociologici che è possibile costruire per sviluppare una scienza della società. Da ciò risulta una sociologia incentrata sul confronto continuo tra forme sociali (le categorie sociologiche) ed i contenuti dinamici delle interazioni sociali, sempre mutevoli. Il conflitto per alcuni aspetti entra perciò anche all’interno dello stesso processo conoscitivo, dovendo lo scienziato sociale sempre adeguare i concetti al continuo variare delle interazioni sociali tra gli individui (tipi sociali concreti). Sulla base di queste premesse va considerata attentamente la grande produzione sociologica di Simmel, ritenuta al suo tempo in un certo senso “anomala” in quanto fortemente connessa con contestuali chiavi di lettura filosofica, psicologica ed economica. Da leggere: D.Frisby, Georg Simmel, Il Mulino, Bologna, 1985 G.Simmel, Giochi di società, Feltrinelli, Milano, G.Simmel, La filosofia del denaro, Utet, Torino, 1984 2^ Lezione Da Weber a Pareto: dalla razionalità strumentale ai sentimenti, gli istinti e le ideologie come fattori di limitazione della razionalità La figura di Vilfredo Pareto sembra quasi dover fare un passo indietro alla sociologia nella sua tormentata crescita. Infatti, la matrice culturale di questo autore è decisamente positivistica, con una formazione essenzialmente matematica e tecnica (Pareto svolge inizialmente la professione di ingegnere). Il suo interesse per le questioni sociali lo porta presto ad intraprendere studi di economia, sviluppando approcci originali all'analisi dei consumatori ed alla ricerca delle condizioni ottimali di efficienza nella gestione delle imprese. L'economia nella concezione di Pareto arriva a configurarsi come la scienza sociale per eccellenza, in quanto con il suo approccio di analisi matematica e quindi formale, è in grado di prospettare le strutture compiutamente logiche dei comportamenti economici delle individui e delle imprese. La turbolenza dei mercati e le crisi economiche successive alla prima guerra mondiale, unitamente agli sconvolgimenti politici che ne conseguono in diversi paesi (in primi l'affermazione del regime dei soviet in Russia) mettono progressivamente in crisi tale convinzione in Pareto così da indurlo a ricercare in un'altra disciplina le capacità interpretative che l'economia politica non sembra possedere nei confronti di eventi e processi sociali di contenuto assai lontano e divergente rispetto ai modelli formali di spiegazione dei comportamenti logici, così come definite dai modelli di analisi della scienza economica. Occorre quindi una disciplina che sia in grado di rapportarsi alle manifestazioni della realtà storica empirica dove si possono rilevare comportamenti anche divergenti rispetto ai modelli logici; una disciplina che anche non possedendo schemi di analisi di tipo compiutamente logico, sia in grado di leggere e di interpretare i contenuti variabili degli eventi che sono prodotti dalle azioni individuali. La sociologia secondo Pareto sembra possedere tale caratteristica, poiché se anche la sua struttura logica può considerarsi "imperfetta" (Benedetto Croce parlerà della sociologia come una sorta di scienza inferma), essa è tuttavia capace di spiegare i diversi fattori che incidono sulla azione dell'uomo. Le azioni dell'uomo, infatti, che non possono non definirsi all'origine come azioni logiche (in cui l'individuo cioè pone la relazione tra mezzi e scopi nei termini della massima adeguatezza), vengono deviate in seguito all'intervento di altri fattori di natura non logica dal loro percorso formalmente preordinato. La sociologia, secondo Vilfredo Pareto, si rileva come la scienza adeguata a leggere ed a spiegare i fenomeni sociali, come risultanti delle azioni individuali poiché può disporre di una teoria dell'azione in cui accanto alla spiegazione dell'azione logica e dei modelli formalizzabili del comportamento logico dell'individuo può disporre anche degli strumenti logici di interpretazione di azioni non logiche, in quanto influenzate e deviate da fattori di natura estranea alla dimensione logica. La sociologia, infatti, non è soltanto una teoria delle azioni logiche (in ciò coincidendo con l'economia politica), ma anche delle azioni non logiche. E di queste prioritariamente si occupa sotto il profilo osservativo ed analitico. In base a quali fattori le azioni individuali di per sé logiche, divengono non logiche, dando origine ad effetti sociali di tal segno? Secondo Pareto le azioni dell'individuo vengono significativamente influenzate e modificate da due fattori: 1. i residui: con tale espressione Pareto vuole indicare non solo la sfera istintuale, ma anche e soprattutto ciò che residua dall'azione di controllo logico che l'individuo esercita sugli stessi istinti; ciò significa che l'individuo non può essere inteso in senso meccanicistico o razionalistico come un essere nel pieno e permanente controllo della sfera dei sentimenti, delle emozioni e degli istinti; questi elementi se possono essere sottoposti a controllo, continuano però ad influire significativamente sulle scelte e decisioni logiche dell'individuo, allontanandole dal modello formale in cui possono venire mentalmente e scientificamente rappresentate; 2. le derivazioni: con tale espressione Pareto vuole riferirsi al particolare ruolo di influenza o anche di distorsione che sulle scelte e sulle azioni individuali vanno a svolgere con particolare intensità le giustificazioni ex post che gli individui danno alle loro azioni allorquando devono giustificare lo scostamento delle azioni concrete dai modelli formali logici in cui esse sono rappresentate; in altri termini Pareto individua la particolare funzione di occultamento e di mascheramento della realtà che compiono le ideologie, le giustificazioni cioè logiche nei confronti di comportamenti di tipo non logico, in quanto orientati dai modelli logico formali, ma piuttosto dai sentimenti, dagli interessi o da altri fattori "opportunistici". Ciò che nel pensiero di Pareto rappresenta una novità rilevante per la sociologia non è soltanto il fatto che egli reintroduce con determinazione logica ciò che il positivismo aveva pesantemente scartato (proprio Pareto di formazione positivistica e meccanicistica, sostenuta da una cultura di tipo tecnico!) (ciò gli istinti, le emozioni e le ideologie), ma anche e soprattutto la presentazione che egli fa del nesso tra azione logica ed azione non logica come un vero e proprio sistema di interdipendenze. Non è possibile pensare, quindi, l'azione logica senza il rapporto con i fattori che andranno storicamente e sociologicamente a modificare in senso non logico tale azione; così come non è possibile pensare e quindi conoscere e spiegare l'azione non logica, senza mettere questa a confronto con il modello formale dell'azione logica. Nella realtà la sociologia, quindi, a differenza della economia politica, non cercherà più di leggere le azioni logiche, ma i sistemi continuamente mutevoli di connessioni ed interdipendenze tra azioni logiche ed azioni non logiche, tra contenuti logici e non logici. Pareto, infatti, vede nella formazione dei fenomeni sociali come sistemi di azioni logiche e non logiche il prodursi della caratteristica dell'equilibrio, che dei sistemi sociali è una componente fondamentale. La sociologia analizza quindi sistemi sociali in condizioni di equilibrio. Da leggere: V.Pareto, Compendio di sociologia generale, Einaudi, Torino, 1978 (pp.25-66; pp.147-260) F.Ferrarotti (a cura di), Pareto. Un’antologia, Mondatori, Milano, 1973 3^ Lezione Pareto, la teoria dell’equilibrio e del cambiamento sociale. La teoria della circolazione delle élites Pareto è sicuramente l’esponente più significativo tra i sociologi che si sono occupati della formazione e della dinamiche del mutamento sociale e quindi degli attori di tale mutamento: le élites politiche e sociali. Le società moderne, per assicurare l’equilibrio dei loro sistemi di governo, hanno necessità di selezionare gli accessi al sistema politico stesso; le élites riproducono al loro interno la combinazione dei “residui” e delle “derivazioni” che stanno alla base delle azioni sociali. Ciò spiega, secondo Pareto, il carattere circolare della selezione delle élites; infatti, ad élites caratterizzate da azioni che le fanno assomigliare alle azioni dei leoni si succedono élites le cui azioni sono piuttosto influenzate da combinazioni di fattori che generano comportamenti propri delle volpi. Il cambiamento politico non avviene perciò attraverso processi rivoluzionari, ma piuttosto da una continua e ricorrente successione di élites, che si sostuiscono ad altre élites, conferendo al sistema politico una sostanziale condizione di equlibrio. Da leggere: V.Pareto, Compendio di sociologia generale, Einaudi, Torino, 1978 (pp.455-522) N.Bobbio, Pareto e il sistema sociale, Sansoni, 1973 4^ Lezione L’influenza della “crisi delle scienze europee” sulla sociologia: la crisi del razionalismo e l’emergere del soggetto Le scienze sociali e la filosofia alla fine dell’800 ed all’inizio del ‘900 sono collocate in un contesto fortemente dominato dal razionalismo, sia nella espressione neo-positivista sia nella espressione storicistica, soprattutto di derivazione neo-kantiana. La sociologia sicuramente risente di questa clima culturale che sembra impedirle una più ampia e completa conoscenza dei fenomeni storico-sociali. E’ prevalente infatti l’approccio quantitativo ed oggettivistico; del tutto marginali sono le impostazioni teoriche e metodologiche che si richiamano ad un modo diverso di vedere la realtà. Sul terreno propriamente filosofico cominciano tuttavia a svilupparsi approcci critici che si interrogano sulle fondamenta delle scienze (sia fisiche sia sociali) e sulla loro impostazione epistemologica e metodologica. Soprattutto sul terreno filosofico viene ripresa l’attenzione nei confronti del soggetto, al di fuori però del ruolo attribuitogli da M.Weber. Va ricordati in particolare – per la forte connessione che avrà con la sociologia – il pensiero di Edmund Husserl e del contributo decisivo da lui dato alla critica della impostazione razionalistica che caratterizzava lo sviluppo delle scienze in Europa. L’assunto da cui muove il pensiero di Husserl è che è possibile la conoscenza del mondo sociale, in quanto costruzione continua della intersoggettività che si genera e si riconosce nella dimensione del “mondo della vita”. Per entrare in questa dimensione è necessario fare epoche, “sospendere i giudizi” (o meglio i pre-giudizi) che già sono formati e consolidati, per entrare in una relazione conoscitiva più diretta con la dimensione dei mondi della vita, in cui si riconosce il soggetto e si comprendono i significati del proprio essere e del proprio agire. La razionalità della conoscenza ed il carattere riduzionistico dei suoi metodi non illuminano, ma rendono opaca la realtà sociale, impedendo di entrare in relazione con il soggetto e l’insieme delle sue relazioni sociali. La messa tra parentesi di concetti razionali consente l’ascolto in profondità degli altri, lo sviluppo di un sapere basato sulla “empatia” – dirà un’allieva di Husserl – una progressiva acquisizione del senso che gli stessi affidano alle azioni sociali. L’intersoggettività e la condivisione intersoggettiva dei significati costituisce quindi l’ambito conoscitivo delle scienze sociali, che attraverso di essi possono procedere – suggerisce un allievo di Husserl, Alfred Schutz – alla tipificazione delle categorie proprie delle scienze sociali e della sociologia in particolare. I concetti che la sociologia continuamente elabora vanno perciò intesi non come categorie chiuse, significative di per se stesse, ma piuttosto come strumenti euristici da considerarsi sempre in relazione con la dimensione della intersoggettività in cui vengono prodotti Da leggere: E.Husserl, La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, Il Saggiatore, Milano, 1987 (in particolare Prima e Seconda parte) 5^ Lezione La antropologia culturale - Radcliffe Brown e Malinowski Come Pareto aveva ridefinito il concetto di "sistema" (un insieme di interdipendenze tra elementi tra loro disomogenei), così antropologi culturali come Radcliffe-Brown e B.Malinowski, hanno offerto un particolare contributo alla definizione dei sistemi sociali, in quanto realtà essenzialmente caratterizzate dall'integrazione culturale e da una struttura unitaria rappresentabile nei termini di una totalità compiuta. In particolare B.Malinowski, nel definire il sistema sociale come una unità culturale, una totalità compiuta tra bisogni e risposte agli stessi costruite all'interno di un sistema di relazioni sociali, rese possibile il superamento delle concezioni biologico-funzionalistiche con il risultato di connotare in senso più specificatamente culturale le stesse relazioni funzionali che si vanno a definire tra le diverse componenti del sistema sociale. Successivamente Radcliffe-Brown nel riproporre la visione integrata, olistica del sistema sociale, accentuò al tempo stesso la distinzione, ma anche la connessione tra la dimensione della struttura e delle funzioni del sistema sociale. L'equilibrio del sistema sociale, infatti, risiede nel comporsi armonico di tali dimensioni che danno stabilità e capacità di riprodursi ad ogni sistema sociale. In tale concezione la struttura in un sistema sociale consiste in "un certo numero di persone che entrano in rapporti sociali reciproci, in modo che l'insieme dei rapporti costituisce un insieme completo con una continuità al di là della finitezza umana". L'antropologia culturale attraverso esponenti come quelli sopra nominati ha esercitato una particolare influenza sul nascere della teoria strutturale funzionalistica in sociologia. Ciò è avvenuto in modo particolare con: 1. un crescente e rinnovato interesse per una teoria sistematica; 2. la nozione di società come sistema sociale, ma anche come sistema culturale; 3. la centralità di concetti quali struttura, funzione, status e ruolo. Tali elementi si ritroveranno tutti nella teoria sociologica del sistema sociale di T.Parsons. Da leggere: 6^ Lezione La grande teorizzazione di Talcott Parsons: lo strutturalfunzionalismo - i suoi postulati Durkheim e gli antropologi culturali da un lato e Max Weber e Pareto dall'altro costituiscono gli autori a cui T.Parsons fece più esplicito riferimento per delineare la propria teoria del sistema sociale. Ciò in quanto alla base della teorizzazione sociologica parsonsiana sta l'esigenza di portare a sintesi ed unità le due grandi tradizioni della sociologia delle origini: le teorie del sistema (da Comte a Durkheim) e le teorie dell'azione (Max Weber e pur con le dovute differenziazioni, V.Pareto). La teoria sociologica parsonsiana, acquisendo gli elementi teorici più rilevanti dagli esponenti di tali tradizioni (Durkheim, Weber e Pareto prima di tutti), si esplicita essenzialmente in una serie di postulati e di proposizioni che si possono compendiare nei termini seguenti: 1. la conoscenza del mondo sociale ha un sostanziale fondamento nel pensiero logico-analitico, non empirico; il pensiero logico analitico è orientato alla realtà, ma non ha necessità di essere verificato nella realtà empirica (dottrina del realismo analitico); 2. la scissione tra mondo biologico e mondo sociale va superata; il secondo comprende ed interagisce con il primo, ambedue fanno riferimento a due organismi viventi anche se di natura diversa; 3. ogni fenomeno sociale, come i fenomeni naturali, vengono pensati e rappresentati dalla mente umana (sede del pensiero logico-analitico) come "sistemi"; ciò in quanto la conoscenza riconosce le relazioni di interdipendenza tra le diverse componenti costitutive dei fenomeni sociali; 4. Ogni volta che si intende rappresentare un sistema sociale, si fa necessariamente riferimento ad una dimensione "soggettiva", "volontaristica" (l'attore sociale), capace di imprimere movimento e direzione al sistema sociale; in altri termini in ogni sistema sociale è riconoscibile la capacità di elaborare e costruire un "azione sociale" volta a dare orientamento di valore al sistema stesso. Azione come sistema e sistema come azione: sono i due capisaldi concettuali su cui si regge la teoria sociologica di Parsons. Con tale equazione, Parsons ritiene di aver realizzato l'obiettivo di dare alla sociologia un proprio, autonomo ed autorevole paradigma scientifico, liberando tale disciplina dalla necessità di ricorrere alle scienze naturali o a quelle biologiche per dare un fondamento al proprio pensiero teorico. 7^ Lezione Struttura e funzioni del sistema sociale in Talcott Parsons Il sistema di azione sociale, secondo l’impostazione parsonsiana, si compone di: una struttura, rappresentata da norme, valori condivisi e riconosciuti dagli altri attori sociali, relativamente stabili nel tempo e nello spazio; una serie di variabili strutturali, che evidenziano attraverso il carattere dilemmatico dell’azione sociale, l’ambito di variabilità e di mutamento a cui è sottoposto ogni sistema di azione sociale; requisiti funzionali di sistema, di carattere generale, necessari per ogni sistema di azione sociale, quali 1. l’adattamento, da intendersi come la capacità di ogni sistema di azione sociale di acquisire le risorse e le energie idonee a mantenere vitale il sistema stesso; 2. il conseguimento degli scopi, come insieme di attività volte a distribuire le risorse acquisite in ragione degli obiettivi da acquisire da parte del sistema stesso; 3. l’integrazione in quanto insieme di attività volte a valorizzare le risorse distribuite ed assegnate per favorire l’integrazione del sistema stesso di azione sociale; 4. la latenza, come insieme di attività, finalizzate ad assicurare la continuità e la riproduzione dell’equilibrio del sistema stesso. Da leggere: 8^ Lezione Le critiche allo struttural funzionalismo parsonsiano: La sociologia "radical" di Charles Wright Mills e l'immaginazione sociologica Pur nel predominio della sociologia struttural funzionalistica, anche negli Usa erano rimasti vivi altri approcci di analisi e di teoria sociologica. Un particolare rilievo ha avuto la radical sociology, che in atteggiamento fortemente critico nei confronti della sociologia parsonsiana, richiamava costantemente il lavoro di ricerca dei sociologi ad una maggiore attenzione nei confronti dei gravi problemi sociali che attraversavano la società americana, soprattutto nell'immediato secondo dopoguerra. Un esponente di particolare rilievo di tale corrente è stato Charles Wright Mills, che può essere ricordato per : 1. una critica serrata alle concezioni ottimistiche sullo sviluppo della società americana; tale critica fu condotta con 2 opere di ricerca: White Collars (Colletti bianchi), in cui analizza la trasformazione della classe lavoratrice americana, evidenziando il progressivo spostamento della stessa dalla produzione industriale ai servizi; Power's Elites (Le élites del potere), in cui denuncia la dominanza rispetto alle caratteristiche della democrazia americana, delle aggregazioni di poteri e di interessi che si vanno a formare tra 3 élites: i politici, i militari, gli industriali; con il risultato di gravi rischi per la stessa vita democratica della società statunitense. 2. Una critica irriverente e beffarda nei confronti sia della "grande teorizzazione" di T.Parsons, accusata di astrattezza e di retorica, sia dell'Empirismo esasperato, rappresentato dalla scuola di P.Lazarsfeld, incapace di formulare qualsiasi interpretazione delle trasformazioni della società americana. Tale critica viene formulata da Wright Mills in un libro The Sociological Imagination (L'immaginazione sociologica), divenuto poi un classico della letteratura sociologica contemporanea, particolare noto e diffuso alla fine degli anni sessanta, quando diventò una bandiera contro la sociologia ed i poteri accademici di controllo della conoscenza. Per superare le astrattezze teoriche ed empiristiche della sociologia dominante, occorre secondo Wright Mills: 1. sottrarre la sociologia alla subordinazione al moderno Principe; 2. recuperare la connessione tra società e biografie dei suoi attori sociali; 3. ricostruire l'analisi sociologica, ricomponendo il rapporto essenziale tra società e storia. E' particolarmente importante il ruolo esercitato da Wright Mills per avvicinare di nuovo la sociologia nordamericana a quella europea, con effetti benefici per ambedue. Da leggere: Ch. Wright Mills, L’immaginazione sociologica, Il saggiatore, Milano (ultima edizione utile) 9^ Lezione La teoria critica della società: la scuola di Francoforte La teoria critica della società nasce a Francoforte, prima degli anni 30, come espressione del lavoro di teoria e di ricerca condotta presso l'Istituto per la ricerca sociale da Max Horkheimer e Theodor. W. Adorno. I punti nodali di partenza della loro elaborazione sono: 1. l'affermazione della possibilità della conoscenza attraverso il pensiero negativo, come principio epistemologico su cui fondare le scienze sociali; 2. la critica dell'illuminismo come negazione e superamento di una dottrina che, esaltando la ra-gione come fonte di conoscenza, ma privandola della sua facoltà di pensiero critico, l'ha tra-sformata in uno strumento di estensione e di giustificazione del dominio. Gli studi empirici sulla famiglia e l'autorità costituiscono significativi esempi dell'esercizio del pensiero critico come pensiero negativo volto ad indagare temi di rilevanza tale che interesse-ranno poi la svolta autoritaria della Germania. Costretti a rifugiarsi negli Usa dopo l'ascesa del nazismo con l'apporto di altri autori, quali H.Marcuse e E.Fromm e F.Pollock, i due maggiori esponenti della Scuola Horkheimer e Adorno svilupparono la teoria critica soprattutto in direzione di grandi fenomeni: 1. la democrazia di massa e l'uso della cultura ai fini della socializzazione politica e sociale ai mo-derni regimi politici ed economici; 2. lo sviluppo dei mass-media e l'uso manipolativo degli stessi fattone dalle élites del potere. Un contributo particolarmente significativo fu fornito negli anni 60 da Herbert Marcuse, con 2 volumi da ricordare: Eros e civiltà e L'uomo ad una dimensione; in essi si evidenziava la progressiva sottomissione dell'individuo ad una società e ad un modello di civilizzazione che negava all'indivi-duo a priori ogni possibilità di emancipazione. Da leggere: M.Horkheimer, T.W.Adorno, Lezioni di sociologia, Einaudi, Torino, (ultima edizione utile) Il docente si scusa di non aver prodotto le sintesi delle restanti lezioni.