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Blake, B.J. (1992), Case, Cambridge, Cambridge University Press
Case is a system of marking dependent nouns for the type of relationship they bear
to their heads. Traditionally the term refers to inflectional marking, and, typically,
case marks the relationship of a noun to a verb at the clause level or of a noun to a
preposition, postposition or another noun at the phrase level.
The term case is also used for the phenomenon of having a case system and a
language with such a system is sometimes referred to as a case language
We need to make a distinction between cases […] and the case markers or case
forms through which the cases are realised. A case marker is an affix and a case
form is a complete word
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La “famiglia” delle lingue indo-pacifiche (papuane)
Comprendente oltre 700 lingue differenti, collocate principalmente sull’isola di
Nuova Guinea e su altre isole circostanti, la famiglia delle lingue indo-pacifiche (o
papuane; di seguito useremo i due termini come sinonimi) costituisce uno dei
raggruppamenti numericamente più poderosi del globo (ad essa, in effetti,
afferisce più del 10% delle lingue del mondo). Allo stesso tempo, però, con soli
2.800.000 parlanti complessivi, la famiglia delle lingue indo-pacifiche si
caratterizza per il numero medio estremamente ridotto di locutori associabili ad
ogni singolo idioma (poco meno di 5.000)
Sull’isola di Nuova Guinea lo spazio fisico di pertinenza di ciascuna lingua
ammonta a circa 900 km2; la cifra scende sensibilmente, arrivando ad appena
200 km2, nella regione solcata dal fiume Sepik, dove la concentrazione di parlate
differenti è elevatissima. Questi dati bastano a inquadrare il nocciolo essenziale
della questione: siamo di fronte ad una famiglia in cui la diversità ha largamente
la meglio sull’uniformità.
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Relazioni di caso vs. sistemi di caso.
Con le prime si suole indicare le relazioni che intercorrono tra i diversi costituenti
di una frase rispetto, soprattutto, alla valenza del verbo principale (ad esempio
soggetto, oggetto diretto ecc.); i secondi, invece, costituiscono un sistema di
affissi specificamente dedicato all’espressione delle prime (ad esempio
nominativo per il soggetto, accusativo per l’oggetto diretto ecc.).
Le lingue papuane ricorrono di norma ad un sistema di casi solo per la codifica di
alcune relazioni di caso. A livello interlinguistico, le lingue in questione dispongono
di cinque casi distinti:
− strumentale;
− causale;*
− ablativo;
− locativo;
− allativo**
*Si tratta di una sorta di complemento di causa, limitato però ad eventi “naturali” che determinano, nel
soggetto, uno stato o una reazione particolare.
** Si tratta di un complemento molto simile al moto a luogo.
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It is also necessary to make a further distinction between the cases and the case
relations or grammatical relations they express. These terms refer to purely
syntactic relations such as subject, direct object and indirect object, each of
which encompasses more than one semantic role, and they also refer directly to
semantic roles such as source and location, where these are not subsumed by a
syntactic relation and where these are separable according to some formal
criteria
Grammatical relations need not to be in a one-for-one correspondence with cases
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Difficilmente tuttavia le singole lingue dispongono di cinque diverse terminazioni di
caso; si verificano, infatti, quasi ovunque fenomeni di sincretismo. In yimas, ad
esempio, tutte le cinque relazioni di caso confluiscono in una sola terminazione (con
due allomorfi : -in e -nan); in iatmul, invece, il caso allativo conta su una sua
specifica terminazione (-(ŋt)ət), mentre gli altri quattro casi sono espressi dal
suffisso -mpa. In kewa, strumentale e causale confluiscono nella desinenza -mé,
ablativo,locativo e allativo nella desinenza -para ecc.
MANCANO I CASI PER GLI ARGOMENTI!!!!
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La maggior parte delle lingue papuane codifica soggetto ed oggetto attraverso una
marcatura simultanea sul verbo e sul nome, con un complesso sistema di accordo
che si ricollega alle classi di genere e che coinvolge anche il rapporto tra
complementi e ruoli tematici.
Nelle lingue che dispongono di un sistema di classi nominali sufficientemente
sviluppato, ogni classe prevede, oltre ad una serie di affissi per il nome, anche una
serie di affissi per verbi ed aggettivi che a questo nome rimandano.
L’ordine con cui questi affissi si uniscono al verbo determina la funzione sintattica
dei nomi cui essi rinviano.
yimas:
nama-t
ura-ŋk
nar-maŋ
k6-n(a)-ŋa-r-umpum
uomo-I:PL
cocco-VI:SING
donna-II:SING
VI:SING-II:SING-darePERFETTIVO-I:PL
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In yimas vi sono undici classi, ciascuna delle quali comprende non meno di nove
affissi distinti:
uno per il nome singolare
uno per il nome plurale
uno per il nome duale
uno per l’aggettivo riferito al nome singolare
uno per l’aggettivo riferito al nome plurale
uno per l’aggettivo riferito al nome duale
uno per il verbo riferito al nome singolare
uno per il verbo riferito al nome plurale
uno per il verbo riferito al nome duale.
Di queste undici classi, solo tre prevedono un meccanismo di assegnazione
integralmente fondato su criteri semantici (le prime tre classi comprendono
rispettivamente i nomi che designano esseri umani di sesso maschile, esseri umani
di sesso femminile ed animali). Una quarta si fonda su parametri prevalentemente
semantici (i nomi che di essa fanno parte indicano, per la quasi totalità, piante). Le
altre sette, invece, non consentono alcuna generalizzazione: i nomi si distribuiscono
tra esse solo ed esclusivamente in base alla conformazione della sillaba finale.
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L’elemento cruciale per capire il ruolo sintattico o, meglio, tematico dei costituenti
nominali della frase è rappresentato dal verbo; più precisamente dagli affissi ad esso
associati.
yimas:
nama-t
ura-ŋk
nar-maŋ
k6-n(a)-ŋa-r-umpum
uomo-I:PL
cocco-VI:SING
donna-II:SING
VI:SING-II:SING-darePERFETTIVO-I:PL
Tre nomi:
namat ‘uomini’ appartiene alla classe I (esseri umani di sesso maschile);
uraŋk ‘cocco’ alla classe VI (classe con un fondamento semantico solo parziale)
narmaŋ ‘donna’ alla classe II (esseri umani di sesso femminile).
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Ciascuno di questi nomi è “ripreso” da un affisso legato al verbo
namatα uraŋk narmaŋ kɨ -n -ŋar-umpumα.
Proprio l’ordine di questi affissi sancisce il ruolo dei nomi:
- il prefisso più esterno indica il paziente (che quasi sempre coincide con
l’oggetto diretto);
- il prefisso più prossimo al morfema lessicale (alla radice verbale, in un certo
senso) designa l’agente (di norma il soggetto sintattico della frase);
- il suffisso postradicale, se presente, indica il beneficiario (l’oggetto indiretto).
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Quindi, associando questi tre ruoli tematici ai tre nomi presenti si ottiene lo schema
seguente:
namat ‘uomini’ ruolo tematico: beneficiario; funzione sintattica: oggetto indiretto;
uraŋk ‘cocco’ ruolo tematico: paziente; funzione sintattica: oggetto diretto;
narmaŋ ‘donna’ ruolo tematico: agente; funzione sintattica: soggetto.
La lettura semantica della frase è dunque ‘la donna ha dato il cocco agli uomini’.
L’ordine reciproco dei tre nomi è del tutto ininfluente: essi possono invertire le
loro posizioni senza alterare la composizione del significato complessivo. Se
invece cambia lo posizione degli affissi legati al verbo, muta anche il significato
della frase.
Questo sistema funziona solo se i due o tre nomi che saturano le valenze del
verbo appartengono a classi distinte. Se, invece, almeno due nomi si collocano
nella medesima classe (e dunque vengono ripresi, sul verbo, da due affissi
identici) l’ordine dei costituenti si irrigidisce e la loro posizione nella frase serve a
definire il ruolo sintattico e tematico
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Relazioni di caso spaziali.
Con l’eccezione dei complementi di stato in luogo (espresso dal caso locativo) e di
moto a luogo (espresso dal caso allativo), le altre relazioni spaziali vengono di
norma espresse da posposizioni:
kuman
kagl-e
mina
piede-suo F
su
‘è sul suo piede’;
yoŋgwa
essere 3SING
Mokona gagl-e krika
ortaggi borsa-in mettere 1SING
‘ho messo gli ortaggi nella borsa’.
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Quindi, riepilogando, la codifica delle relazioni di caso (dunque delle funzioni
sintattiche e/o dei ruoli tematici) avviene, nella maggior parte delle lingue papuane,
con l’impiego di tre strategie distinte così distribuite:
a) relazioni spaziali > posposizioni;
b) altri circostanziali > desinenze di caso;
c) argomenti > affissazione verbale e/o ordine dei costituenti.
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