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DELROCK
http://delrock.it/album/2007/the_adventures_of_ghosthorse_stillborn.php
Con le CocoRosie era bello giocare con le parole. Per esempio: il disco del 2005 si chiamava Noah’s Ark e
metteva in copertina l’orgia di tre unicorni. Sembrava quasi un biglietto da visita, un modo di presentarsi in
un certo modo, uno strano mix di santo e impuro che è anche il modo più semplice per spiegare con le
parole il mistero dell’alchimia CocoRosie. Un folk antico innestato su batterie e versi di animali giocattolo, nel
primo disco (La maison de mon reve). Un lirismo carico di lacrime con la voce miagolante e dispettosa di
Bianca e quella lirica di Sierra in un disco che dava forma più compiuta e strutturata alle intuizioni ingenue e
geniali dell’esordio. Due album straordinari e molto rappresentativi del suono in cui viviamo.
Ecco perché l’inizio del nuovo disco (The Adventures of Ghosthorse & Stillborn, registrato in Islanda e
prodotto da Valgeir Sigurdsson, già collaboratore di Bjork) è una delusione cocente. Perché di tutto quello
che aveva reso le sorelle Casady così affascinanti è rimasto poco. Quella patina di lontananza è stata levata
via con un’accentuazione del lato ritmico, ma non come contrapposizione imprevedibile con l’elemento folk,
antico, ma come aspetto preponderante che stavolta definisce all’inizio l’orizzonte sonoro delle Cocorosie.
Rainbowarriors, che apre l’album, sembra ad esempio una canzoncina pop di serie b per teenager.
Leggermente meglio fa Promise, downtempo con "rap" di Bianca, ma ancora non si capisce bene qual è la
ragione di questa regressione trip-hop che fa molto decennio scorso. Ma non è solo questo. Perché poi si
torna nei paraggi del disco precedente, pur non riuscendo a creare l’incanto profondo di un paio di anni fa. I
pochi brani che si stagliano (Animals per come riesce a fondere ritmo e melodia vocale, o l’ottima Raphael)
non salvano un album che a conti fatti si può definire in un solo modo: brutto. La formula ha forse mostrato
la corda, e quando le Cocorosie cercano nuove strade toppano di brutto. (andrea tramonte)
KDCOBAIN
http://www.kdcobain.it/pagine/recensioni/cocorosietheadventures.htm
Il rischio più grande che può correre una band dopo il debutto, è quello di non riuscire a ripetere lo stesso
successo ottenuto con il primo lavoro. Le due sorelle tenute separate fino a pochi anni fa ed oggi rinomate
artiste sotto il monicker di Cocorosie si saranno sicuramente poste il problema di come evolvere nel loro stile
senza però perdere quello stile che gli ha dato il successo. "The adventures of ghosthorse and stillborn" è
una vera e propria rinascita per questo duo americano, e lo si nota a cominciare dal look più dark e retrò che
le due sfoggiano in copertina.
Il disco presenta sonorità molto eterogenee e a tratti molto distanti dal primo lavoro. Le melodie a volte un
po' lagnose del primo lavoro lasciano qui spazio perfino a scratch di estrazione hip hop come quelli di
"Bloody Turns" e al minimalismo scanzonato in stile filastrocca di "Japan". Non manca ovviamente l'intensità
emotiva che ha contraddistinto l'album precedente, e lo si può notare ascoltando pezzi come "Black Poppies"
o "Werewolf".
"The adventures of ghosthorse and stillborn" è un evoluzione sperimentale del primo lavoro delle Cocorosie
che non lascerà insoddisfatti i fans di queste giovani artiste che hanno saputo apprezzare quello stile in bilico
tra il passato folk e il futuro elettronico della loro musica, qui ancora più affinato in un lavoro molto
appassionato.
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KALPORZ
http://www.kalporz.com/recensioni/adventuresofghosthorse-cocorosie.htm
Potremmo tranquillamente cominciare da qui per raccontare e insieme comprendere tutto quello che si
nasconde nella musica di Bianca e Sierra Casady. E' una musica che evoca immagini, stagioni della vita
lontane, ricordi. Sono atmosfere che trasportano la mente verso altri luoghi, verso un mondo che fin dal
primo album Coco e Rosie (questi i loro soprannomi da bambine) hanno voluto raccontarci e farci
immaginare. Tutto come previsto; tutto leggero, volatile e allo stesso tempo profondo e avvolgente. Il canto
lirico di Sierra, la vocetta di Bianca, l’aggiustamento definitivo in direzione di questo hip hop obliquo e
atipico. “The Adventures Of Ghosthorse And Stillborn” è la terza parte di una storia cominciata nel 2004 con
“La Maison De Mon Rêve” e proseguita nel 2005 con “Noah’s Ark”. Non ci sono particolari cambi di stile né di
linguaggio(i). La formula funziona davvero. Chi le amava le amerà; chi le ignorava le ignorerà.
L’inizio con “Raimbowarriors” (primo singolo con video diretto da Michel Gondry) ci pone di fronte alla sintesi
perfetta di un suono fatto di cadenze mutuate dall’hip hop accompagnate da canti celestiali, rumorismi
artigianali e qualche accenno di scratch. Il christian rap, le radici folk e le battute da beat box si fondono
perfettamente in “Promise”, mentre l’amato suono da carillon ritorna nella successiva “Boody Twins” e come
introduzione alle metriche di “Animals”. “Japan” è un susseguirsi di stati d’animo, una marcetta, un’altalena
di sensazioni diverse che nascono dall’alternanza di ritmiche decise e momenti di solo canto. “Sunshine”,
dolce ninnananna, ci riporta nella “casa dei sogni” insieme con la successiva “Black Poppies”, quadretto di
sussurri e vagiti. “Werewolf” e “Raphael” seguono l’esempio di “Promise” proponendo un tappeto ritmico che
si adagia sopra un sostrato di leggeri dondolii e piccole oscillazioni, nella perfetta simbiosi di folktronismo e
hip hop, miscela distintiva dell’intera discografia delle sorelle Casady. Voci che si intrecciano, si fondono, si
sciolgono. Accostamento inconsueto di ingredienti e sapori, ripetizione di canoni che tende ad assuefare.
Restano “Houses”, in cui mette le mani Devendra Banhart, i 48 secondi di “Girl And The Geese” e la
conclusiva e malinconica “Miracle”.
Mentre qualcuno starà già pensando che Bianca e Sierra, non essendo in grado di rinnovarsi, non possano
fare altro che proporci la solita minestra, per noi tutto questo continua ad andare fin troppo bene. “The
Adventures OF Ghosthorse And Stillborn” si giova di una formula e di uno stile che, pur restando pressoché
inalterati da “La Maison de Mon Rêve” a oggi, vivono di un proprio (per ora) inesauribile fascino. Altri sono
gli album che suonano di già sentito. Altri sono gli album che mancano di carica emotiva. Qua dentro, oltre a
un suono ormai inconfondibile, ci sono la nostalgia, i vecchi giocattoli della nostra casetta di montagna, i
luoghi e i ricordi di un’infanzia che custodiamo ancora da qualche parte.
Basta, è l’ora di spegnere il lettore, di svegliarsi, di fare qualcosa.
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ONDAROCK
http://www.ondarock.it/recensioni/2007_cocorosie.htm
Erano in tanti che, per diversi motivi, attendevano al varco del terzo album le sorelle Casady, in arte
CocoRosie, e tutti avevano come comune denominatore lo scarso successo che all'unanimità aveva accolto il
loro secondo lavoro, “Noah’s Ark”; i detrattori avevano visto in quell’album il segno che la musica delle due
era già alle corde, mentre chi aveva apprezzato e amato “La Maison de Mon Reve” aveva considerato quel
disco solo un piccolo inciampo di percorso.
Intanto Bianca e Sierra sono cresciute, hanno fatto passare più tempo prima di creare questo lavoro e si
sono date a svariati progetti, la prima ha fondato una casa di produzione (la Voodoo Eros) per cui incide
anche il progetto musicale dell’altra sorella, i Metallic Falcons, ma non solo, le due hanno pure una galleria
d’arte e una propria linea di moda; in mezzo a tutto questo daffare, sono riuscite anche a partorire questo
“The Adventures Of Ghosthorse And Stillborn”, registrato in Islanda.
Il nuovo lavoro delle CocoRosie inizialmente si presenta più evoluto e deciso nel prendere le distanze rispetto
al suo predecessore, nel separarsi, seppur non drasticamente, da quel sound che aveva caratterizzato i
precedenti album ma che sembrava già un po’ logoro. Prima di tutto il suono si presenta più pulito, meno lofi e meno abbozzato, e le voci delle sorelle sono limpide ed elevate; l’influenza hip-hop viene messa in
marcata evidenza nelle prime due tracce, break-beat e scratch si mescolano ai caratteristici sonagli nel
sottofondo di “Rainbowarriors” mentre “Promises” si scioglie bene in un liquido tappeto trip-hop tremolante
alla Portishead. La successiva “Bloody Twins” è solo poco più di un intermezzo (di dubbia riuscita) in cui una
voce flebile si fa strada in un nugolo di campanellini, “Japan” invece sorprende con una filastrocca folkcalypso interrotta nel mezzo, solo per un attimo, da un cantato operistico.
Dopo questo bell’inizio, però, le sorelline si immergono in pezzi troppo simili a cose già fatte e la riuscita
degli stessi è alterna; se “Sunshine” è una delicata poesia per voce e diradate note di piano e “Werewolfes”
è un folk-pop brillante nel mescolare il semi-parlato di Bianca e la melodia di Sierra, “Black Poppies” è noiosa
nelle sue velleità vocali, e “Animals”, con la sua eccessiva lunghezza, mostra tutti i limiti del folk delle
CocoRosie.
Per chi ne sentisse la mancanza, ritornano toni d’opera in “Houses”, molto meglio allora “Raphael”, in
vecchio stile, sì, ma che si snoda leggera tra piacevoli inserti d’arpa. Giusto il tempo di un intermezzo talkin’
recitato da una voce androgina (“Girl And The Gees”) e siamo già in dirittura d’arrivo; è un bel finale, però,
“Miracle”, un soffio, un afflato di voce steso leggero su di una nuvola dream-pop, ogni tanto qualche carezza
sotto forma di lievi strofe cantate da Antony che, novello Re Mida, sembra impreziosire qualsiasi cosa a cui
presti la voce.
In definitiva, non è stato facile recensire “The Adventures Of Ghosthorse And Stillborn”, un po’ perché il cdpromo, con la sua “simpatica” protezione anti-copia, sul mio lettore cd-mp3 portatile funzionava una volta sì
e tre no, ma soprattutto perché nel disco si trovano sia segnali di un buona evoluzione sia tracce di empasse
artistica che non daranno grandi responsi né ai detrattori né agli amanti delle Casady.
Un album riuscito per metà, che si può guadagnare la sufficienza e il plauso di qualcuno, ma che forse
dovrebbe spingere le dolci e pazzerelle Bianca e Sierra a occuparsi meglio della loro musica, più che di
moda, arte e produzioni, per imprimere al loro stile una spinta decisa e mettere in atto una reale crescita
musicale.
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DEBASER
http://www.debaser.it/recensionidb/ID_17119/CocoRosie_The_Adventures_of_Ghosthorse_and_Stillborn.ht
m
Se andate a Colonnata, Via Vittorio Emanuele 24, chiedete dell'enoteca Vincafè perchè servono il lardo più
buono del mondo.
Io l'ho mangiato insieme a Dario, il mio amico di Colonnata.
Dario aveva un negozio di dischi in via Pietrasanta, sempre a Colonnata, ma i colonnatesi non hanno mai
avuto una così grande passione per la musica da giustificare l'esistenza, in un paese così piccolo, di un
negozio altamente specializzato.
Dario adora le Cocorosie e le ascolta ad ogni occasione, gli piacciono le diavolerie nelle canzoni, i suoni da
micette stiptiche e le astruse architetture di archi.
Sente qualcosa nella voce di Bianca e Sierra che io non riesco a cogliere, il senso dell'assoluto, quello spirito
naif da dopocena radical chic che tanto non digerisco. No, non lo digerisco.
$ (questo simbolo è pensato per la recensione ed è fortemente simbolico)
Dario ama molto le cose celtiche, tutto quello che ha a che fare con gli elfi e con le fate, io le odio.
Avevo una fidanzata che ascoltava Lorena McKennit, a me Lorena non piace e il nostro rapporto entrò in crisi
per divergenze musicali.
Io e Dario non parliamo mai di musica, si capisce.
Ma amiamo il cibo, il sole e pranzare insieme nei giorni di festa, senza fare un cazzo.
In fondo Le Cocorosie non sono il peggio, io e Dario ci siamo scambiati l'unica occhiata d'intesa
musicalmente schifata quando dalla radio Cristicchi...
$ ) perchè Antonio sa volare.
MUSICAOLTRANZA
http://www.musicaoltranza.net/archivio/recensioni/cocoad.php
Ero timoroso riguardo gli esiti di questo terzo disco delle sorelle Casady: a vendo trovato un capolavoro il
disco di esordio, ed essendo stato profondamente deluso dalla seconda prova del duo americano, non
sapevo davvero cosa aspettarmi.
Ma la capacità compositiva delle Cocorosie ha avuto la meglio sui miei timori. Ho ascoltato un disco maturo,
dove la consapevolezza nella creazione dei pezzi è totale. Per capirci, immaginate “La Maison De Mon Reve”
trasportato in un contesto decisamente più hi-fi. Cioè le consuete ricerche e soluzioni sonore, ma con un
lavoro di studio e di arrangiamento molto maggiore. Il tutto senza che ci sia nessun calo di spontaneità nelle
sonorità dei pezzi.
L’album è comunque una favola, come negli altri dischi delle Cocorosie, a tratti oscura, a tratti luminosa,
spesso all’interno dello stesso pezzo, in cui lirismo, sia in senso musicale che di testo, e filastrocca si fondono
alla perfezione per dare un senso terzo più compiuto e sorprendente. Ne sono un esempio la sfottente
"Japan", oppure "Houses".
Più moderne, ma senza perdere quello che è ormai il marchio compositivo delle Cocorosie, la “hip-hop”
"Rainbowarriors" oppure la cupa "Miracle".
Scomparsi, quindi, i timori per le capacità artistiche delle due sorelle ci dichiariamo ormai affezionati uditori.
Perché raramente la musica sfiora così da vicino la poesia e la fiaba.
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STORIA DELLA MUSICA
http://www.storiadellamusica.it/CocoRosie_%E2%80%93_The_Adventures_of_Ghosthorse_and_Stillborn_(T
ouch_&_Go,_2007).p0-r546
Our new album is a departure from the obscured blur of stained glass
Rêve to a more self-exploitve memoir. Parts are dreamy and parts are
savage, but as with an opera where death represents a secret heaven,
the whole record feels like a black diamond in the snow.
L’arte di ridefinirsi di continuo è il primo ed essenziale esercizio del vero artista per proiettarsi sulla strada del
futuro del proprio sviluppo artistico: esso deve sforzarsi di non ripetersi, ma contemporaneamente di restare
fedele al proprio stile. Le sorelle americane Casady ne sono pienamente consapevoli, e lo si sente fin della
prime note di Rainbowarriors. L’opener marca l’unica strada possibile per le eccentriche sorelle, evitare di
riciclare La Maison De Mon Rêve e Noah’s Ark, e intraprendere un percorso ancora più stravagante dei primi
dischi, lasciando piena libertà alla propria vena di follia.
La novità più eclatante coincide con un flirt più spinto con l’elettronica: l’itinerario di Rainbowarriors
costeggia con approccio fauvista l’hip hop e lo fonde con le incursioni nella lirica di Sierra, Promise sviluppa
un’inattesa vena trip hop, mentre in Sunshine, fluttuante in caldo liquido amniotico sonoro, pare di risentire
le melodie dei Telepopmuzik . A tratti è riconoscibile anche l’influenza della giovane Björk, complice la
produzione di Valgier Sigurdsson. In Francia e, insieme a lui, nello studio islandese di Rekjavik, hanno
partorito un album eccentrico e indecifrabile, come ci si aspettava dalle due fascinose sorelle.
Il potenziale c’è, e in abbondanza. Non si può negare il talento creativo del duo: l’intensità e le idee in
quest’album, ispirato da una meditazione mistica ma anche personale sul passato e il futuro, la morte e
creature fantastiche, non mancano.
Epperò, stenti a rimanere incantato come quando hai sentito la prima volta il poetico La Maison De Mon
Rêve. E non è solo che la sorpresa iniziale è evento irripetibile. Il grande difetto, oggettivo, del disco è che
purtroppo esso resta stranamente tagliato in due gruppi di frammenti artistici che mostrano nitido l’impronta
dell’una o dell’altra. Le sorelle scelgono ognuna per sé una strada diversa e l’album ne soffre. Non è
un’opera artistica omogenea ma un campo di gioco per le loro divise inclinazioni musicali.
Mentre Bianca si sfoga con una vocina più che mai infantile e inclina la sua follia verso una strada più
luminosa, ma allo stesso tempo solo apparentemente naîf, dotata di uno strano magnetismo (non si può
negare un certo fascino perverso nella marcetta psicotica di Japan), Sierra prende più spazio per la sua
morbida melanconia e per la sua inclinazione per l’opera.
Per sé i tentativi delle due non appaiono nemmeno male, ma resta un gusto amaro per l’isolamento dell’arte
di una dall’altra. Le loro voci risuonano in modo solipstico, prigioniere di una gabbia di vetro, chiuse e
solitarie senza la possibilità di avvilupparsi tra loro come era stato in passato. È un confuso coacervo di
elementi allo sbando, persi in uno spazio colorato, che faticano a mostrarsi in piena luce. Tutta l’affascinante
eccentricità, tutto quello che abbiamo amato così tanto dal primo album, ha perso il suo fascino tradita dalla
sua stessa esasperazione.
Lo charme dell’esordio è assente in questo disco: La Maison de mon rêve era un ideale dialogo tra strutture
tradizionali (polverose sonorità jazz) ed una moderna estetica lo-fi, sintesi sonora fragile ma organica: qui
l’equilibrio viene meno e la costruzione, cede. Solo in pochi pezzi sentiamo i pezzi tornare insieme,
sporadicamente si affacciano episodi di sovversiva bellezza, come nella splendida Miracle, in cui Anthony
presta la sua voce per pochi, fugaci istanti: come sempre la sua voce angelica è in grado di regalare uno dei
momenti di rara bellezza all’album, lasciando intravedere un fugace lampo della dolcezza che era. Nel
seducente e doloroso Werewolf o nel bellissimo e melanconico Raphael, canzoni dalla vena più che mai
intimista, le sorelle finalmente agiscono di nuovo insieme.
Per il resto, le tante facce delle CocoRosie in The Adventures of Ghosthorse and Stillborn trovano troppo rari
punti d’incontro: il disco rimane purtroppo un assemblaggio scomposto di spunti e suggestioni, che lascia
indietro il cuore, rannicchiato, freddo e deluso, ma ancora in attesa che il talento e il genio musicale delle
sorelle tornino a sbocciare.
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KRONIC
http://www.kronic.it/artGet.aspx?aID=2&sID=14847
Ammettiamolo, il fastidio bestiale provocato da certi apprezzamenti per “La Maison De Mon Rève” ed, in
parte, “Noah’s Ark” faceva persino rivalutare Clap Your Hands Say Yeah ed affini, che almeno un briciolo di
simpatia potevano procurarla. Qui era veramente hype incomprensibile per ci avesse orecchie sane ed occhi
non tendenziosi, perché Jena Malone si ama, ma non si pretende da lei un disco. Ed allora, oggi, uscito “The
Adventures Of Ghosthorse And Stillborn” spiace quasi dover ancora ridicolizzare un duo che non ha mai
scritto una-canzone-una, perché accorgersi del nulla pensavamo fosse semplice, non ritenevamo dovessero
occorrere tre album.
Eppure pare siano serviti, almeno per qualcuno, visto che in giro c’è ancora chi inventa neologismi per
esaltare la bellezza del vuoto assoluto. Si è sinceri, l’ultima fatica delle belline non è poi così peggiore delle
precedenti. Presunti passaggi operistici, falsetti da retrobottega, schiribezzoli elettronici ansiosi di strizzare
l’occhio a certo trip-hop (??), folkettino tendenzioso e giochetti pianistici modello nonna Fernanda. Il nulla,
come accennato, ma non che prima ci fosse altro.
A Sierra e Bianca, dunque, arriva la nostra comprensione, per una scelta stilistica coerente e razionale. Se
poi restassero carine come sono potremmo pure accettare nuove copertine.
EXCITE
http://musica.excite.it/news/1919/Cocorosie__The_Adventures_of_Ghosthorse_and_Stillborn
Artefici di un giochetto, spesso al limite del grottesco, che può risultare interessante sotto l’aspetto della
ricerca sonora (e vocale), Sierra e Bianca Casady in arte CocoRosie persistono con The Adventures of
Ghosthorse and Stillborn (Touch & Go, 9 Aprile), in un progetto che, giunto al terzo livello, mostra
ufficialmente la corda nella totale mancanza di nuove idee e nell’imbarazzante reiterarare d’una formula
compositiva alla quale c’è davvero poco da aggiungere.
Registrato a Reykjavik con il supporto alla consolle di Valgeir Sigurdsson (Björk, Múm, Bonnie Prince Billy
ecc…), l’album mette in scena per l’ennesima volta l’esperimento sonoro basato sul contrasto delle due voci.
I passaggi operistici (Sierra) e i molesti miagolii (Bianca) sono ancora l’elemento principale della loro musica.
Come se l’alterco tra le due personalità delle cantanti fosse, per qualche misteriosa ragione, un motivo
sufficiente per farci apprezzare la loro “arte”. Se l’arte è quella dei dischi POP, serve ben altro. Che qui non
c’è. Se l’arte è quella dell’avanguardia musicale, serve ben altro. Che qui non c’è.
Il lavoro si muove piuttosto monocorde tra ballate malate e tracce più guizzanti (il singolo Rainbowarriors
dalle reminescenze hip-hop e con un video in cantiere girato da Michel Gondry) per ondivagare poi in elegie
pianistiche (Sunshine), e divagazioni nel Calypso e nel caraibico (Promise, Animals…) senza che questo abbia
mai un vago sentore di concretezza. Le Casady, ultimamente impegnate in miriadi di progetti alternativi alle
CocoRosie, hanno dato vita ad attività che coinvolgono anche moda e organizzazioni di mostre d’arte.
Bianca con l’artista Militia Shimkovitz ha creato l’etichetta discografica Voodoo Eros che ha già in catalogo
alcuni dischi molto ben accolti dall’intellighenzia newyorkese, tra cui la compilation The Enlightened Family
(con vecchie registrazioni di Antony, Devendra Banhart, Vashti Bunyan) e l’album di Sierra col gruppo
Metallic Falcons.
La Voodoo Eros ha anche un’appendice fisica (come la chiamano loro) che si trova in una galleria d’arte di
Manhattan chiamata The Museum of Nice Items e prevede in futuro anche un catalogo di libri e DVD oltre
che, ovviamente, di dischi e merchandising per i gruppi del roster.
Hanno disegnato, creato e messo in commercio una collezione di abiti e Bianca (con lo pseudonimo Red
Bone Slim) ha già presentato i propri lavori al MONI durante lo scorso anno.
Insomma hanno un sacco di cose da fare, sono impegnatissime, molto attive ed apprezzate imprenditrici.
Mi chiedo: perché non dedicarsi a quello e liberarci da dischi molesti come questo?
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INDIEFORBUNNIES
http://www.indieforbunnies.com/2007/04/13/cocorosie-the-adventures-of-ghosthorse-and-stillborn/
E’ tardi. E’ notte fonda, saranno passate le tre. Proprio non riesci a dormire e domani ti devi anche svegliare
presto. Quando eri piccolo ti rivoltavi nel letto alla ricerca della posizione definitiva, a pancia sotto, un
braccio sotto al cuscino, senza coperte o con le gambe piegate nei modi più assurdi quasi a sfidare le leggi
della meccanica. Quando la situazione diventava insostenibile, sull’orlo di una crisi isterica preadolescenziale, immancabile come sempre, tua madre si svegliava per sussurrarti qualche canzoncina
dall’origine incerta ma dal sicuro effetto soporifero. Ma ora come si fa? Sei lontano da casa, da solo e quella
dannata sveglia non la smette di picchiettare ogni maledetto, singolo secondo. Le hai provate tutte:
camomile, tisane, tutti i rimedi della nonna, hai provato a contare le pecore ma a quattro già ti sei stancato.
Allora non ti rimane altro che far partire sommessamente l’ultimo disco delle CocoRosie. Le sorelle Bianca e
Sierra stavolta sono volate fino in Islanda per registrare la loro ultima fatica negli studi di Reijkiavick.
“Insomma lì si respira aria buona”, avranno pensato, “e magari tra un licheno ed un geiser ci viene anche
l’ispirazione”. Ora non so che sensazioni possa dare ad uno straniero la terra del ghiaccio per eccellenza, ma
le evocazioni dei Sigur Ros, dei Mùm e compagnia cantando sono ben lontane dalle atmosfere che
evaporano da ‘The adventures of ghosthorse and stillborn’. Album minimale fino all’eccesso, lo-fi
nell’attitudine e dal risultato decisamente casareccio, con tastierine Casio e altre chincaglierie come
strumenti dominanti in una desolazione melodica che ben trasfonde su disco il ghiaccio della terra di Bjork.
Piccole ballate hip-hop come nell’iniziale ‘Rainbowarriors’ fanno ben sperare per il prosieguo, ma le
aspettative vengono man mano disattese. Le atmosfere sono sempre pacate, filastrocche da ninnananna,
ma le intenzioni vengono tradite dalla messa in pratica; il vero problema è che la musica coi suoi riff e le sue
melodie manca del tutto e se non fosse per la buona produzione, che ad esempio riesce a far diventare
strumento il tintinnare di monete, questo sarebbe un album realizzabile da tutti. Come tutte le cose di
‘genere’, le CocoRosie si arroccano su posizioni autocompiaciute ed eccessivamente manieriste senza
sfociare nel mare magnum della musica a tutto tondo. Rimangono un fiumiciattolo di montagna, che fa
tenerezza e romanticismo mentre lo si guarda nel suo affannarsi tra le rocce ma che si dimentica al primo
volgere del capo. ‘Japan’, ‘Sunshine’ e ‘Black Poppies’ si susseguono nel timido carillon delle sorelline lo-fi,
senza sussulti o particolari slanci emotivi. Disco privo di levità che nell’esasperata ricerca di originalità si
perde, lasciando polvere e qualche lieve suggestione. Forse sarà un mio problema che in certe sonorità
artificiali non riesco ad immergermi, che adoro la chitarra riconoscendola unica cassa di risonanza di anime e
spiriti, ma proprio non riesco ad andare oltre una placida benevolenza nei confronti delle CocoRosie.
Inoltre….”Hey, ma che fai? Ti sei addormentato?”… Allora le sorelle americane sono servite a qualcosa. O
sono stato io?
DEDICATION
http://www.dedication.it/trlist-cocorosie2.htm
Le feroci (e a volte incomprensibili) critiche piovute addosso alle CocoRosie da una parte della critica sono
direttamente proporzionali alla sviluppo della loro cifra stilistica.
Nel terzo disco, la musica delle sorelle Casady, infatti, risulta più matura e definita che mai: ogni elemento è
al suo posto, e la confusione la mancanza di compattezza che affioravano qua e là in "La Maison De Mon
Rêve" e "Noah's Ark" (recensione) adesso lasciano spazio ad una perfetta miscela di generi ed orientamenti
diversissimi tra loro, ma uniti armonicamente grazie anche alla registrazione svolta in Islanda e
supervisionata dal produttore Valgeir Sigurdsson, già al fianco di Björk, Mùm, Sigur Rós e Bonnie "Prince"
Billy.
Si rileva, insomma, una rinnovata coerenza tra le parti, sebbene anche qui, come e più che mai prima, si
passi in un attimo dall'hip-hop (molto, a questo giro) all'opera lirica, attraverso l'avant-folk, il pop
psichedelico, il trip-hop, le amene e nostalgiche filastrocche infantili ed ulteriori sperimentazioni e stranezze
varie.
Forse lo stupore che generò l'album d'esordio è ormai irripetibile, ma "The Adventures Of Ghosthorse And
Stillborn" non lesina magia e si configura senz'altro come il lavoro migliore, il più compiuto, finora sfornato
da Bianca e Sierra.
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BAND: COCOROSIE
TITLE: THE ADVENTURES OF
GHOSTHORSE AND STILLBORN
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IL POPOLO DEL BLUES
http://www.ilpopolodelblues.com/rev/aprile_2007/recensione/Cocorosie.html
Si respira un’aria nuova nel terzo album delle sorelle Sierra e Bianca Cassidy, meglio conosciute come
Cocorosie.
Non meno sperimentale dei precedenti “ La Maison de Mon Reve” e “Noah’s Ark” nel loro nuovo album, “
The Adventures of Ghosthorse & Stillborn “, caratterizzato da temi più personali e profondi, si nota
l’assorbimento di un certo europeismo nel far musica e, insieme ad una innata voglia di libertà, il desiderio di
un maggior rigore e di una certa idea dello spazio sonoro. Merito del produttore islandese Valger Sigurdsson
(già con Bjork, Mm e Bonnie Prince Billy in “The Letting Go”) che ha al risultato finale un senso di
parsimonioso surrealismo, tanto caro alle Cassidy. Lì dove in questo “The Adventures of Ghosthorse &
Stillborn“ si potrebbe pensare i essere dinanzi ad eventi sonori casuali, basta un più approfondito ascolto per
capire che le Cocorosie sono consce che questo album può essere davvero quello del grande salto, del o la
và o la spacca. La follia dei fairytales delle sorelle Cassady, aumentata dall’atmosfera della campagna del
Sud della Francia crea un bel landscape sonoro a un disco complesso che necessita molti ascolti. Sigurdsson
si muove con competenza e il suo lavoro, la sua mano si sente. Le Cassidy, lontane dal hype che le circonda
sin dagli esordi. lo lasciano lavorare con fiducia, sicure di portare a casa un risultato che ci piacerebbe
vedere in teatro piuttosto che su un qualsiasi palcoscenico rock.
ROCKOL
http://www.rockol.it/vetrina-4415/Cocorosie/THE-ADVENTURES-OF-GHOSTHORSE-AND-STILLBORN
Le sorelle Bianca e Sierra Casady, in arte CocoRosie, giungono alla terza prova discografica. “The adventure
of Ghosthorse and Stillborn” giunge a due anni di distanza dal precedente lavoro e si presenta con maggiori
influenze trip-hop rispetto al passato, anche se non mancano i giocosi episodi folk che hanno reso famoso il
sound del duo.
L’album è stato registrato in Islanda con l’ausilio di Valgeir Sigurdsson, già collaboratore di Bjork e Bonnie
“Prince” Billy.
SMEMORANDA
http://www.smemoranda.it/_box_home/ns_rubriche/artI6852.html
Ascoltare un disco delle CocoRosie non è come ascoltare un qualsiasi cd. Non lo puoi fare mentre leggi il
giornale (non parliamo di un libro poi), mentre prepari la cena o ti tagli le unghie dei piedi. Ascoltare un
disco delle CocoRosie vuol dire avere orecchi/naso/occhi/mani solo per questo.
Ascoltare un disco delle CocoRosie è come sedersi davanti a un fiume e guardare l’acqua mentre ti scorre
davanti. Solo così puoi apprezzarne le voci particolari, i campanellini e i versi di strani animali, i campanelli di
bicicletta e le rane dello stagno, i rumori gelatinosi e l’amato carillon.
Ascoltare un disco delle CocoRosie è come leggere un libro di Simona Vinci, è come perdersi nel bosco della
propria infanzia, è come ascoltare una favola macabra (guardate la copertina del cd e capirete cosa intendo)
senza comprendere tutto al primo colpo (e manco al secondo...).
Ascoltare un disco delle CocoRosie non è sempre piacevole, non e sempre facile, non è sempre divertente,
ma di sicuro nessuno lo farà diventare un inno da cantare allo stadio (scusate se è poco) e avrete la
soddisfazione di un’opera d’arte pop unica e inimitabile.
Finché avrò vita continuerò a meravigliarmi.
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LIVEROCK
http://www.liverock.it/tuttarec.php?chiave=793&chiave2=CocoRosie
Sierra e Bianca Casady sono due sorelle, una nata nell’Iowa da mamma indiana, l’altra alle Hawaii da padre
sciamano. Il proprio nomadismo le porta, dopo una vita separata l’una dall’altra, a ritrovarsi a Parigi nel
2003. Le sorelline non si limitano a ristabilire un legame familiare creduto perso ma danno vita ad un
sodalizio artistico che porta alla registrazione, su un quattro piste, del disco “La Maison De Mon Reve”, a cui
la critica appiccica ciecamente l’etichetta pre-war folk, che nell’estate 2004 sembra adattarsi a tutto ciò che
di nuovo viene fuori dall’indie americano. Chiaramente le assonanze con Banhart e Vetiver non mancano, ma
la sperimentazione vocale delle CocoRosie ne fa un caso unico e finisce per stregare chiunque si avvicina alla
loro musica. L’anno dopo arriva “Noah’s Ark”, episodio forse un po’ affrettato in cui spicca però la
partecipazione di Antony in un omaggio a Jean Genet, e ora è il momento del terzo capitolo.
Da più parti diranno che la formula delle CocoRosie aveva già esaurito quello che aveva da dire col primo
album. Onestamente pare invece che la formula continui a sedurre: tra acuti, miagolii, carillon, fruscii e
campanellini, “The Adventures of Ghosthorse and Stillborn” è percorso da un grido naif che fa eco dentro
foreste malvagie e case di marzapane.
Se il brano d’apertura nonché primo singolo (Rainbowarriors) ammicca all’hip-hop, si tratta pur sempre di
hip-hop languido e favoloso. L’elemento fiabesco, presente nelle composizioni delle CocoRosie sin dagli inizi,
specialmente nelle canzoni-giocattolo di Bianca, esplode in questo album in modo quanto mai deciso, tanto
che, dopo aver composto a Parigi, Bianca e Sierra sono volate a Reykjavik a registrare. L’atmosfera onirica è
esacerbata poi dalla produzione di Valgeir Sigurdsson, già al lavoro con la Bjork di “Dancer In The Dark”,
“Vespertine” e “Medulla”. E a chi non ne ha a sufficienza per sognare ad occhi aperti basterà attendere di
vedere il video di Rainbowarriors, attualmente in preparazione, girato da Michel Gondry, reduce dal recente
successo di critica per il film “L’arte del sogno”.
Il disco seduce anche (o proprio) per la sua varietà: le sorelle Casady sanno essere inquietanti (Bloody
Twins), dolcissime (Werewolf), liquide e inebrianti come sidro (Houses), caracollanti come potrebbe soltanto
un Tom Waits bambino (Japan) e, sempre, inequivocabilmente, fiabesche e freak. Il gusto dell’ascolto non
viene meno neanche nei rari momenti in cui la sperimentazione scade nel kitsch o quando si fa largo il
dubbio che la voce da soprano di Sierra sia un tantino sacrificata tra gli striduli gorgheggi di Bianca.
Alle CocoRosie si può già guardare come ad un modello, ce ne fossero di ragazze vogliose di imparare dalla
loro lezione di coraggio. Per intanto Sierra e Bianca continuano ad essere l’unico duo femminile capace di
colorare il folk con la naturalezza di un bambino un po’ malvagio o, se preferite, con il gusto infantile di un
Tim Burton perso in uno di quegli incubi che fanno anche un po’ sorridere.
DISCOCLUB65
http://www.discoclub65.it/index.php?option=com_content&task=view&Itemid=36&id=1316
Venghino signori e signore, venghino, il circo Casady è tornato. Pronto a stupirvi, a cullarvi o a farvi
arrabbiare. Cosa preferite? Snobbare e liquidare le canzoncine al limite dell’hip-hop (Rainbowarriors)
costruite sui frammenti sonori di giocattoli malinconicamente anni ottanta, o farvi rapire e canticchiare
disarticolatamente filastrocchine anti-guerra (Japan) sulle basi di carillon sintetici? L’effetto sorpresa oramai
non c’è più. Non rischiamo di calpestare inavvertitamente il maiale di gomma dimenticato volutamente per
terra. Né ci stupiamo più a sentire la pianolina a fiato regalataci al nostro settimo compleanno dalla vecchia
zia. Però è piacevole ritrovarsi e abbandonarsi pacificamente in quella culla calda e accogliente fatta di
piccoli accenni e melodie volubili e sensuali.
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PAG. 48
IL MASCALZONE
http://www.ilmascalzone.it/articolo.php?id=8879
Sierra e Bianca Casady sono due sorelle, una nata nell’Iowa da mamma indiana, l’altra alle Hawaii da padre
sciamano. Il proprio nomadismo le porta, dopo una vita separata l’una dall’altra, a ritrovarsi a Parigi nel
2003. Le sorelline non si limitano a ristabilire un legame familiare creduto perso ma danno vita ad un
sodalizio artistico che porta alla registrazione, su un quattro piste, del disco “La Maison De Mon Reve”, a cui
la critica appiccica ciecamente l’etichetta pre-war folk, che nell’estate 2004 sembra adattarsi a tutto ciò che
di nuovo viene fuori dall’indie americano. Chiaramente le assonanze con Banhart e Vetiver non mancano, ma
la sperimentazione vocale delle CocoRosie ne fa un caso unico e finisce per stregare chiunque si avvicina alla
loro musica. L’anno dopo arriva “Noah’s Ark”, episodio forse un po’ affrettato in cui spicca però la
partecipazione di Antony in un omaggio a Jean Genet, e ora è il momento del terzo capitolo.
Da più parti diranno che la formula delle CocoRosie aveva già esaurito quello che aveva da dire col primo
album. Onestamente pare invece che la formula continui a sedurre: tra acuti, miagolii, carillon, fruscii e
campanellini, “The Adventures of Ghosthorse and Stillborn” è percorso da un grido naif che fa eco dentro
foreste malvagie e case di marzapane.
Se il brano d’apertura nonché primo singolo (Rainbowarriors) ammicca all’hip-hop, si tratta pur sempre di
hip-hop languido e favoloso. L’elemento fiabesco, presente nelle composizioni delle CocoRosie sin dagli inizi,
specialmente nelle canzoni-giocattolo di Bianca, esplode in questo album in modo quanto mai deciso, tanto
che, dopo aver composto a Parigi, Bianca e Sierra sono volate a Reykjavik a registrare. L’atmosfera onirica è
esacerbata poi dalla produzione di Valgeir Sigurdsson, già al lavoro con la Bjork di “Dancer In The Dark”,
“Vespertine” e “Medulla”. E a chi non ne ha a sufficienza per sognare ad occhi aperti basterà attendere di
vedere il video di Rainbowarriors, attualmente in preparazione, girato da Michel Gondry, reduce dal recente
successo di critica per il film “L’arte del sogno”.
Il disco seduce anche (o proprio) per la sua varietà: le sorelle Casady sanno essere inquietanti (Bloody
Twins), dolcissime (Werewolf), liquide e inebrianti come sidro (Houses), caracollanti come potrebbe soltanto
un Tom Waits bambino (Japan) e, sempre, inequivocabilmente, fiabesche e freak. Il gusto dell’ascolto non
viene meno neanche nei rari momenti in cui la sperimentazione scade nel kitsch o quando si fa largo il
dubbio che la voce da soprano di Sierra sia un tantino sacrificata tra gli striduli gorgheggi di Bianca.
Alle CocoRosie si può già guardare come ad un modello, ce ne fossero di ragazze vogliose di imparare dalla
loro lezione di coraggio. Per intanto Sierra e Bianca continuano ad essere l’unico duo femminile capace di
colorare il folk con la naturalezza di un bambino un po’ malvagio o, se preferite, con il gusto infantile di un
Tim Burton perso in uno di quegli incubi che fanno anche un po’ sorridere.
LOSING TODAY
http://www.losingtoday.com/it/reviews.php?review_id=3774
Ci sono gli innamorati, ai quali i miagolii e le moine delle Coco Rosie provocano ogni volta un terremoto
ormonale. Indipendentemente dal contesto musicale in cui sono inseriti. A questi irriducibili fedeli piacerà di
sicuro “The Adventures Of Ghosthorse And Stillborn”, un album che spazia dall'hip hop alla lirica con una
disinvoltura che sa di arroganza. Tutto è permesso alle sorelline più vezzeggiate dagli indie nerds ( e non
solo...), anche cercare per un album intero di far il verso ai Mum e di riuscirci appena in tempo prima della
fine (“Miracle”). Poi ci sono i delusi, quelli che dopo averle viste dal vivo non riescono che a sentire suoni
fastidiosi e stridenti uscire dalle ugole di Bianca e Sierra. Loro continueranno a vedere solo fumo negli
arrangiamenti briosi e sempre spiazzanti delle canzoncine delle Coco Rosie. Non si accorgeranno neanche
della bravura raggiunta nel mescolare con l'elettronica mille aromi diversi. Questa volta grazie anche ad un
produttore come Valgeir Sigursson, che è riuscito in parte a distrarre le terribili sorelline dai loro giochini un
po' infantili portandole nella sua Islanda. Le Coco Rosie, dal canto loro, continuano ad essere sempre più
teatrali, arroganti, sopra le righe e decisamente brave nell'interpretare sogni e desideri degli hippie annoiati
di questi strani giorni.
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BAND: COCOROSIE
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GHOSTHORSE AND STILLBORN
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PAG. 49
IL FOGLIACCIO ONLINE
http://www.ilfogliaccio.com/pagina.php?pag_id=2
Se c'è qualcosa di peggio di un disco brutto, quello è senz’altro un disco noioso e, il terzo album delle
CocoRosie, mette una gran voglia di sbadiglio fin dal secondo brano.
Vabbé la naivitè compositiva e strumentale, vabbé l'interpretazione naif e la finta trascuratezza che dà al
tutto un tocco così casuale da risultare artisticamente puro, ma, per Dio, noi vogliamo ascoltare della musica
e non sfiancanti cincischiamenti in chiave finto operistica o borbottii “ninnananeschi” supportati dai più banali
e triti trick e beats elettronici sentiti ultimamente. Quello che nel primo disco risultava spontaneo e
ingenuamente fresco, qui lascia il posto ad un alquanto sgradevole senso di programmaticità, di calcolata
messa in scena, di pochezza compositiva che nessun bamboleggiamento riesce a mascherare.
Un’operina radical chic, priva di quell’anima freak che aveva ispirato i primi due lavori delle CocoRosie.
GIOVANI.IT
http://www.giovani.it/musica/recensioni/cocorosie.php
A quattro anni dall'esordio nel panorama delle band indie rock, tornano le Cocorosie. Il nuovo album, uscito
qualche giorno fa in Italia, si chiama The adventures of ghosthorse and stillborn e contiene 12 pezzi, di stile
completamente diverso dai precedenti. Per chi non ne avesse mai sentito parlare, le Cocorosie sono due
sorelle americane piuttosto stravaganti, che suonano utilizzando giocattoli e facendo capriole sul palco. Dopo
l'esordio nel 2003 con l'album La maison de mon reve, il successo del secondo album Noa's Ark le ha
consacrate come uno degli esperimenti indie più interessanti e seguiti degli ultimi anni. Il loro genere è
assolutamente personale, chi si è azzardato a classificarlo lo definisce folk psichedelico.
Per i fan sparsi in tutta Europa, è una miscela di ballate malinconiche, suoni distorti e pezzi hip hop che non
lascia indifferenti. Merito anche delle splendide voci, specialmente quella di Sierra, diplomata come soprano
al Conservatorio di Parigi. In aggiunta, i testi sono visionari e sfacciatamente ironici. La storia delle Cocorosie
somiglia molto ad una leggenda, dove verità e fantasia si mescolano come accade in ogni loro performance.
Sierra e Bianca nascono rispettivamente nello Iowa e alle Hawaii, da un'insegnante artista che ha la mania di
viaggiare per gli Stati Uniti e un padre hippie di origini native coinvolto nel Peyotismo e Sciamanesimo. Nelle
vene di Sierra e Bianca scorre sangue cherokee, ma soprattutto c'è un'insofferenza alle regole e
all'educazione formale.
A 14 anni Sierra viene buttata fuori di casa dalla madre e mandata in collegio. Cambia diversi istituti, ma alla
fine si trasferisce a Parigi ed è li che inizia la sua carriera di soprano. Anche Bianca, che studia a Brooklyn, si
interessa di musica e arti visive. Dopo 10 anni di silenzio, le due sorelle si ritrovano a Parigi
nell'appartamento di Sierra. Lì, nel giro di qualche giorno, verrà registrato l'album La maison de mon reve:
chiuse nel bagno di casa, le due sorelle si riscoprono simili, compongono oltre 20 pezzi e non si separano
più. Il resto è la storia dei loro concerti, pieni di ospiti strani, musicisti di strada che usano la voce come
strumento e soprattutto, giocattoli. Il nome Cocorosie deriva dall'infanzia. La più grande, Sierra, veniva
chiamata Rose dalla madre, mentre la piccola Bianca (o Red Bone) era detta Coco.
Ora le due sorelle sono unite più che mai, anche se i loro progetti si stanno diversificando. Sierra ha fondato
una nuova band, i Metallic Falcons, che porta avanti in parallelo all'attività con la sorella. Bianca invece
collabora con l'artista Melissa Shimkivitz e ha fondato con lei una casa discografica, la Voodoo Records, e
con la VoodooEros produce una linea di vestiti e organizza mostre. Il nuovo album vanta collaborazioni
illustri come Valgeir Sigurdsson, già produttore di Bijork. “ The adventures of ghosthorse and stillborn è un
capitolo di una fiaba – dicono - Anzi, il nuovo capitolo della nostra fiaba personale”. Il genere è diverso dai
precedenti, ma lo stile delle ballate e gli incredibili virtuosismi della voce sono gli stessi. Chi ricorda come un
pugno nello stomaco la voce roca e sgraziata di Bianca o i gorgheggi di Sierra non rimarrà deluso. Se tutto
va bene, le Cocorosie andranno presto in tour e a luglio potrebbero passare in Italia. Il singolo, già
disponibile nello spazio My Space delle due sorelle, è Rainbowarriors. A breve dovrebbe anche essere pronto
un video per accompagnarlo, girato dal regista rivelazione Michel Gondry. Gondry, che ha riscosso molto
successo in tutto il mondo con L'arte del sogno, viene dalla regia di videoclip musicali e le due sorelle sono
entusiaste che abbia accettato di collaborare con loro. Più visionario di così.
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BAND: COCOROSIE
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PAG. 50
MUSICLAND
http://www.musicland.ct.it/sub/rec07.04.html
E' una musica che evoca immagini, stagioni della vita lontane, ricordi. Sono atmosfere che trasportano la
mente verso altri luoghi, verso un mondo che fin dal primo album Coco e Rosie (questi i loro soprannomi da
bambine) hanno voluto raccontarci e farci immaginare. tutto leggero, volatile e allo stesso tempo profondo e
avvolgente. Il canto lirico di Sierra, la vocetta di Bianca, l’aggiustamento definitivo in direzione di questo hip
hop obliquo e atipico. “The Adventures Of Ghosthorse And Stillborn” è la terza parte di una storia cominciata
nel 2004 con “La Maison De Mon Rêve” e proseguita nel 2005 con “Noah’s Ark”. Non ci sono particolari
cambi di stile né di linguaggio(i. La formula funziona davvero. Chi le amava le amerà; chi le ignorava le
ignorerà.
XTM
http://www.xtm.it/DettaglioMusicAffair.aspx?ID=5264
Il paragone è azzardato, ma questo disco ci fa pensare a un film di David Lynch. Ascoltandolo, perdiamo la
strada, non capiamo più in quale labirinto sonoro siamo capitati. Tutto inizia con un pezzo hip hop, un coro
etereo, scratch e base campionata. Ma ci sono strani echi di sottofondo al cantato rap, e, d’improvviso, uno
squarcio, e la scena cambia: un’altra dimensione, corale e festosa. Altri tempi. E poi un altro sipario che si
alza repentinamente: un brano di opera lirica, tetro, accompagnato dal suono di un organo… Si prosegue
così in questo universo bizzarro creato dalle CocoRosie: veniamo trasportati avanti e indietro in epoche
diverse, tra momenti di folk ancestrale degno di una interpretazione di Shirley Collins e moderni scheletri
electro, tra ballate evocative arricchite da un’arpa a pezzi stralunati e solenni per piano e voce.
Finora, avevamo pensato che le due sorelline fossero un bluff, un duo che furbescamente giocava a
mischiare le carte (musicali) in tavola. Con The Adventures Of Ghosthorse And Stillborn non possiamo che
ricrederci, perché stavolta Sierra e Bianca hanno realizzato un disco che – a volerle cercare – offre
suggestioni infinite. Un album per niente facile, che susciterà irritazione se ascoltato una volta sola. Ma che
ripagherà, probabilmente, chi gli presterà la dovuta attenzione. Non è la stessa cosa con i film di Lynch?
INDIE-EYE
http://www.indie-eye.it/recensore/category/generi/indie/
Luci e ombre. Le Cocorosie tornano con il nuovo album e il consueto bagaglio di strumenti giocattolo,
malinconia, ritmi hip hop e nenie folk. Il precedente Noah’s Ark era la quintessenza della tristezza, questo
nuovo The Adventures of Ghosthorse and Stillborn sia apre invece all’insegna della luce: “Rainbowarriors”
segna la ricerca di un’inedita forma di leggerezza, malinconia sì ma con un nuovo appeal radiofonico se
possibile (vengono quasi in mente i Bran Van 3000!). Il tempo di abituarsi alla novità e subito segue
“Promise”, brano dall’incedere hip hop di rara pesantezza che proietta sull’ascoltatore la consueta ombra
della disperazione tipica delle sorelle Casady. Un inizio coi fiocchi che lascia pensare a un nuovo grande
capitolo della saga Cocorosie e invece l’alternanza di luce e ombra si ripropone su un piano qualitativo.
Segue l’inconsistente “Bloody Twins” e la decisamente bruttina “Japan”. Mi chiedo se per incidere un brano
come questo, marcetta esotica dal sapore caraibico, fosse veramente necessario volare fino a Reykjavik per
lavorare con Valgeir Sigurdsson (già produttore di The Letting Go di Bonnie Prince Billy). The Adventures of
Ghosthorse and Stillborn procede tutto così, tra canzoni che faranno la gioia degli estimatori (tra cui mi
annovero) e cadute di stile più o meno eclatanti. Anche “Houses”, scritta da Devendra Banhart, non risolleva
di molto la situazione.
In definitiva The Adventures of Ghosthorse and Stillborn non è un disco brutto come ho letto da qualche
parte. In realtà se oggi ci si può permettere di essere così esigenti con le Cocorosie è perché ci hanno
abituato a ben altro. In ogni caso un album da ascoltare anche se è sicuramente il meno convincente dei tre.