NOTA CONGIUNTURALE
Settembre 2016
N.B. La presente nota è aggiornata al 30.09.2016. La prossima nota, sarà sul
sito il 31.10.2016
INDICE
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ECONOMIA INTERNAZIONALE – Sommario
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Quadro congiunturale
Evoluzione per Paese
Area €uro
News dal mondo
Previsioni dei principali Istituti (CE, FMI, OCSE, BCE)
2.
ECONOMIA INTERNA
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Indicatori reali
Indicatori finanziari
Previsioni
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Finanza pubblica
Italia
Zona Euro
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Politica delle riforme
– Sommario
3. MERCATI FINANZIARI - Sommario
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1.1 Economia Internazionale – Sommario
L'Ocse sottolinea che l'economia mondiale rimane bloccata "in una trappola di
bassa crescita" che ha tra le spie principali l'indebolimento dei flussi commerciali.
Non a caso, intitola il nuovo Interim Economic Outlook: "Allarme sulla crescita globale:
commercio debole, distorsioni finanziarie". "La crescita dell'economia mondiale
dovrebbe mantenersi quest'anno stabile in area 3%, con un'accelerazione molto
modesta nel 2017", in riferimento a una dinamica di Pil vista a 2,9% nel 2016 e 3,2%
nel 2017 dopo il 3,1% dell'anno scorso.
USA. Il Beige book delude le attese dei mercati: secondo le informazioni contenute
nel report, l’andamento dell’inflazione pesa ancora sull’outlook di valutazione per
l’economia degli Stati Uniti, ostacolando il prossimo rialzo dei tassi di interesse.
L’economia degli Stati Uniti è cresciuta ad un ritmo limitato nel mesi di luglio e
agosto; la forza del mercato del lavoro statunitense non è riuscita a fornire una forte
pressione rialzista sui salari e sui prezzi.
Giappone. L'economia giapponese cresce poco più delle stime iniziali, ma le prospettive
per il 2016 sono ancora deboli e non riducono le probabilità che la Bank of Japan torni
in campo per sostenere l'economia. Secondo l'Istituto di ricerca economica e sociale
del Cabinet Office giapponese, il Prodotto Interno Lordo (PIL) nei primi tre mesi
è salito dello 0,7% a livello tendenziale rispetto al +0,2% indicato nella stima
preliminare.
Area euro. Prosegue la ripresa economica nell’area dell’euro. I dati più recenti
segnalano il protrarsi della crescita nel terzo trimestre dell’anno, con un tasso
all’incirca simile a quello del secondo trimestre. Tuttavia, ci si aspetta che la ripresa
economica nell’area sia frenata dalla persistente debolezza della domanda estera,
nonché dagli aggiustamenti di bilancio necessari in diversi settori e dalla lenta
attuazione delle riforme strutturali.
Germania. Il ritmo di espansione dell'economia tedesca potrebbe aver subito un
rallentamento nel corso del terzo trimestre, in primo luogo a causa della debolezza
della domanda estera di prodotti manifatturieri. Lo scrive il bollettino mensile
Bundesbank, che dipinge un quadro meno positivo per la prima economia della zona euro
dopo una serie di numeri macro inferiori alle attese.
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1.2 Economia Internazionale
Quadro congiunturale
L'Ocse sottolinea che l'economia mondiale rimane bloccata "in una trappola di bassa
crescita" che ha tra le spie principali l'indebolimento dei flussi commerciali. Non a
caso, intitola il nuovo “Interim Economic Outlook”: "Allarme sulla crescita globale:
commercio debole, distorsioni finanziarie".
"La crescita dell'economia mondiale dovrebbe mantenersi quest'anno stabile in
area 3%, con un'accelerazione molto modesta nel 2017", in riferimento a una dinamica
di Pil vista a 2,9% nel 2016 e 3,2% nel 2017 dopo il 3,1% dell'anno scorso.
L'Ocse, pertanto, ha tagliato le stime sulla crescita di buona parte delle maggiori
economie mondiali, a partire dagli Usa, che passano da un +1,8% nel 2016 e un +2,2%
nel 2017 a, rispettivamente, +1,4% e +2,1% "a causa dei deboli investimenti" e
"nonostante i robusti consumi e la crescita dell'occupazione". Rispetto all'Economic
Outlook di giugno. L'unico Paese a essere interessato da una revisione al rialzo e'
il Brasile, la cui economia e' prevista in calo del 3,3% quest'anno e dello 0,3% l'anno
prossimo, laddove tre mesi era stata stimata una contrazione del 4,3% nel 2016 e
dell'1,7% nel 2017. Marginale revisione al rialzo nel 2016 anche per il Regno Unito
(da +1,7% a +1,8%), seguita pero' da un drastico ridimensionamento nel 2017 (da +2%
a +1%). A subire il taglio piu' duro e' l'Italia, la cui crescita attesa per il 2017
passa dall'1,4% allo 0,8%. Revisione piu' moderata per la Francia (da +1,4% a +1,3%
nel 2016 e da +1,5% a +1,3% nel 2017) mentre le attese sulla Germania migliorano per
l'anno in corso (da +1,6% a +1,8%) e peggiorano per il successivo (da +1,7% a +1,5%).
L'economia dell'Eurozona e' invece stimata in espansione dell'1,5% nel 2016 e
dell'1,4% nel 2017 (+1,6% e +1,7% nel 2017). In questo caso l'organizzazione di
Parigi cita un "rallentamento nel secondo trimestre" dovuto "alla frenata dell'effimera
ripresa degli investimenti". "Se nell'area euro l'occupazione continua a crescere
lentamente, c'e' ancora una significativa fiacchezza nel mercato del lavoro e ci sono
pochi segnali di ripresa dell'inflazione e delle pressioni sui salari".
Il Giappone, sul quale pesano "l'apprezzamento dello yen e l'indebolimento del
commercio in Asia", e' previsto in crescita dello 0,6% quest'anno e dello 0,7% il
venturo (+0,7% e +0,4% secondo le stime di giugno), mentre il Canada passa da un +1,7%
(2016) e un +2,2% (2017) a un +1,2% e un +2,1%. Stabili le previsioni su Cina (+6,5% nel
2016 e +6,2% nel 2017) e India (+7,4% nel 2016 e +7,5% nel 2017).
Sullo scenario, avverte ancora l'Ocse, incombono rischi al ribasso.
"I rischi di instabilità finanziaria sono aumentati, in particolare in ragione dei tassi di
interesse eccezionalmente bassi e delle ricadute sugli asset finanziari e sul settore
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immobiliare. Per uscire dalla trappola della bassa crescita serve a livello collettivo una
risposta più forte da parte della politica fiscale e strutturale".
Nel testo si specifica che "continue delusioni sulla crescita pesano sulle aspettative di
crescita, che deprimono commercio, investimenti, produttività e salari, il che porta a
sua volta a un ulteriore revisione al ribasso delle aspettative di crescita e a un
infiacchimento della domanda".
Alla voce del commercio, si registra che nel primo trimestre del 2016 "il volume del
commercio mondiale è sceso e, nonostante una qualche ripresa nel secondo trimestre,
la crescita del commercio globale dovrebbe essere inferiore a quella del Pil nel
complesso dell'anno". Il quadro "è ben al di sotto degli standard passati e implica che
la globalizzazione, misurata tramite l'intensità del commercio, possa aver frenato".
I "mediocri" numeri della crescita globale, "l'elevata ineguaglianza" e "i salari
stagnanti" stanno poi "complicando ulteriormente il quadro politico, rendendo più
difficile portare avanti polizie che sostengano la crescita e promuovano l'inclusione".
Guardando al Vecchio continente, l'Ocse registra che "finora" il risultato del
referendum sulla Brexit "ha avuto ripercussioni modeste sull'economia globale, in
particolare sull'area euro, anche per quanto riguarda la fiducia e le valutazioni dei
mercati finanziari sugli investimenti" ma è "probabile" che nel 2017 "emergano
maggiori effetti negativi sull'Eurozona". Occhi puntati poi sul comparto finanziario
europeo: "Sebbene la crescita del credito nell'Eurozona sia migliorata, l'elevato livello
di crediti deteriorati in alcuni paesi dell'area continuano a comprimere le prospettive
di crescita".
L'Organizzazione per lo sviluppo lancia un alert sui tassi negativi: rappresentano
"una situazione senza precedenti" che "crea distorsioni e rischi", in particolare per
quanto riguarda i mercati finanziari. Secondo l'Ocse, "I tassi di interesse bassi
sostengono aumenti diffusi e ingenti dei prezzi delle attività, il che aumenta le
probabilità di una brusca correzione dei prezzi delle attività e la vulnerabilità a essa",
si legge nel testo, "un riassestamento dei tassi sui mercati finanziari potrebbe portare
a un sostanziale riprezzamento delle attività e aumentare la volatilità finanziaria anche
qualora i tassi restino al di sotto dell medie di lungo termine". Tra gli effetti
indesiderati del costo del denaro intorno allo zero c'è poi "la crescita dei prezzi
degli immobili".
Come sanno bene i banchieri, poi, "se mantenuti oltre l'orizzonte dei prossimi due anni,
i tassi bassi e negativi porranno problemi per i modelli di business e la sostenibilità
delle istituzioni finanziarie".
L'Ocse è in accordo con Draghi, che più volte ha fatto appello a riforme e politica per
rilanciare la crescita, quando dice che "in assenza di risposte politiche robuste in
campo fiscale e strutturale, la politica monetaria soffre un carico eccessivo".
Il documento si rivolge direttamente alle principali Banche centrali: la Fed dovrebbe
"proseguire un graduale aumento dei tassi", mentre un deciso allentamento monetario
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rimane "opportuno" per la Bce e la Banca del Giappone, le quali devono comunque
valutare "con cura" rischi, costi e benefici di ulteriori espansioni del Qe o nuove misure
non convenzionali.
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Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) chiede più investimenti, poiché proprio la
loro debolezza è stata la principale causa del rallentamento del commercio globale.
"La debolezza dell'economia, in particolare degli investimenti ha rappresentato il
principale freno alla crescita, pesando per i due terzi del rallentamento", spiega il
Fondo nei capitoli analitici del World Economic Outlook, il rapporto semestrale
sull'economia che si appresta a presentare in occasione delle assemblee annuali a
Washington.
L'organismo guidato da Christine Lagarde spiega che al rallentamento hanno
contribuito anche altri fattori, come "l'affievolirsi delle liberalizzazioni nel
commercio" e il recente risorgere dei "protezionismi", seppur con un impatto limitato.
L'istituzione di Washington, invita, quindi ad avviare ulteriori riforme del commercio
con l'obiettivo di ridurre le barriere.
Consuntivo
Rallenta il pil dell'area Ocse nel secondo trimestre dell'anno. Dopo +0,4% nei primi
tre mesi del 2016, la crescita economica nel secondo trimestre si è attestata a +0,3%.
Lo rende noto l'organizzazione internazionale. Nei G7, i principali paesi
industrializzati, il pil è in crescita dello 0,2% contro +0,4% nel primo trimestre
mentre nell'area dell'euro il pil è sceso a +0,3% dopo +0,6% nei primi tre mesi. Nell'Ue
il pil è sceso da +0,5% a +0,4%. Negli Usa il pil è cresciuto passando da +0,2% nel primo
trimestre dell'anno a +0,3% nel secondo. A livello tendenziale il pil nell'area
dell'Ocse è sceso da +1,7% a +1,6% nel secondo trimestre come nell'area
dell'euro. Nei paesi del G7 il pil è passato da +1,4% a +1,2%.
Aspettative a breve termine
OCSE (CLI). La crescita economica perde slancio nei paesi OCSE a luglio,
evidenziando un marginale peggioramento, soprattutto nell'area G7 e nell'Eurozona, a
dispetto della rimonta delle economie asiatiche e dei mercati Emergenti. La crescita
in Europa rallenta a causa degli effetti della Brexit sull'andamento dell'economia del
Regno Unito. La conferma di questa tendenza arriva dal leading indicator dell'area
OCSE, che si conferma a luglio a 99,7 punti (-0,04), mentre quello dell'Eurozona
scende a 100,2 punti da 100,3. In Germania il superindice si conferma stabile a 99,8
punti, mentre in Francia cala a 100,3 ed in Italia a 100,2. L'indicatore economico
anticipatore ha segnalato anche un perdita di forza negli Stati Uniti (a 99 punti),
mentre resta stabile in Giappone (a 99,6 punti). Ferma la Gran Bretagna (99,3 punti).
Il leading indicator del G7 quindi scende a 99,4.
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F
Fonte: Ocse
USA. Cresce ancora più delle attese la fiducia dei consumatori americani,
suggerendo un progressivo rafforzamento del sentiment delle famiglie, che ben depone
per i consumi e per la crescita economica. Il dato del Conference Board degli Stati
Uniti sulla fiducia consumatori si è portato a 104,1 punti dai 101,8 rivisti del mese
precedente (101,1 punti la prima lettura) risultando migliore delle aspettative degli
analisti che avevano previsto un peggioramento a 99 punti. Il sondaggio sulla fiducia
dei consumatori è basato su un campione rappresentativo di 5.000 famiglie americane
ed è condotto per il Conference Board dal NFO WorldGoup.
Nello stesso periodo l'indice sulla situazione presente è salito a 128,5 punti da 125,3,
mentre l'indice sulle attese ha evidenziato un aumento a 87,8 punti da 86,1 precedenti.
Il settore terziario negli Stati Uniti cresce più velocemente a settembre,
collocandosi ai massimi dal mese di aprile, nonostante il rallentamento degli ordini e
dell'occupazione. La stima flash dell'indice PMI dei servizi, elaborato da Markit, indica
un valore di 51,9 punti, in miglioramento rispetto ai 51 di agosto. Le stime degli analisti
erano per un aumento fino a 51,1 punti. Il dato è positivo perché resta al di sopra della
quota dei 50 punti, ovvero sopra la soglia che separa l'espansione dalla contrazione.
Area Euro In marginale miglioramento la fiducia dei consumatori di Eurolandia,
anche se il sentiment si conferma tendenzialmente negativo. Lo rivela l'ultimo
sondaggio condotto dalla Direzione Generale degli Affari Economici e Finanziari della
Comunità europea (DG ECFIN). La stima flash del dato sulla fiducia dei consumatori
indica per il mese di settembre un aumento a -8,2 punti rispetto al dato di agosto di 8,5. Il dato risulta in linea con le attese degli analisti. Invece, nel complesso dell'Unione
Europea l'indicatore ha evidenziato un aumento più incisivo di 1,3 punti a quota -6,4.
La fiducia degli investitori della zona euro è ulteriormente migliorata in settembre.
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L'indice elaborato dalla società di ricerca tedesca Sentix è infatti salito a 5,6 da 4,2
battendo le attese che convergevano su 5. "Con il secondo aumento consecutivo gli
indici economici Sentix hanno digerito lo shock della Brexit quasi completamente".
Per il Fondo Monetario Internazionale, la Grecia tornata protagonistica
Per il Fondo Monetario Internazionale, la Grecia tornata protagonista all'Eurogruppo
di inizio settembre, ha bisogno di un ulteriore "alleggerimento del debito" oltre a
misure di austerità più "morbide". Il Fondo guidato da Christine Lagarde lancia un
nuovo appello ai paesi dell'area euro e, nel rapporto dedicato al programma greco,
spiega che le misure di alleggerimento serviranno ad aiutare la fragile ripresa
dell'economia. L'organismo di Washington tuona, poi, contro la richiesta dei creditori
di raggiungere, nel 2018, l'obiettivo di un avanzo primario pari al 3,5% del PIL. "Gli
obiettivi attualmente fissati dalle autorità rimangono irrealistici, dal momento che
si basano ancora sull'assunto di un avanzo primario a 3,5% con un tasso di
disoccupazione a due cifre" scrive il documento FMI.
Durante l'Eurogruppo di settembre, i ministri finanziari invitarono Atene a fare prima
possibile sul processo di riforme strutturali, condizione "sine qua non" per ottenere
nuove tranche di aiuti. Lo scorso maggio, i creditori internazionali hanno concesso alla
Grecia la seconda tranche del pacchetto di aiuti, pari a 10,3 miliardi, di cui 7,5 miliardi
già anticipati, a condizione che Atene rispetti alcuni precisi impegni entro fine ottobre.
Il numero uno della BCE Mario Draghi torna a sollecitare più coesione in Europa,
Il numero uno della BCE Mario Draghi torna a sollecitare più coesione in Europa,
addirittura una condivisione della sovranità, ormai necessaria in risposta a sfide che
oltrepassano i confini nazionali. Un passo ulteriore rispetto alla prima versione nata
dal Trattato di Maastricht ed alla seconda versione, lanciata durante la crisi con il
Patto di stabilità e crescita (la versione 2.0) e l'Unione bancaria. Una sorta di
provocazione da parte dell'ex di Bankitalia, ora a capo dell'istituto di Francoforte,
avanzata durante un intervento a Trento, dove è stato consegnato il premio Alcide
De Gasperi. Secondo il banchiere, questa è l'unica strada per "far sentire la voce degli
uomini e delle donne europei in un contesto globale", poiché la condivisione della
sovranità nell'ambito dell'UE ha sinora funzionato come un "moltiplicatore della
nostra forza nazionale".
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Draghi ha poi ribadito che l'Unione Europea è solida e che i suoi valori fondamentali ne
restano la base, ma il processo di integrazione deve evolvere verso "esiti che siano
più efficienti e più direttamente mirati alla gente, ai loro bisogni e alle loro paure,
ed essere meno concentrato sulla costruzione delle istituzioni", che oggi sono
percepite come qualcosa di estraneo. Di qui, il presidente della BCE ha citato la figura
di Alcide De Gasperi, come esempio per superare le resistenze nazionali ed arrivare
ad una maggiore integrazione. Draghi ha precisato ovviamente che l'azione dei governi
non basta e che il nuovo scatto in avanti deve prevedere una unione non solo
economico-finanziaria e fiscale, ma relativa a difesa, migrazione e sicurezza. In
tali ambiti, ha sottolineato, l'azione dei singoli Stati e governi non è sufficiente, come
nel caso dei migranti, che avrebbe dovuto prevedere un'azione unitaria di difesa delle
frontiere esterne e gestione dei flussi migratori, invece è stata non gestita (o mal
gestita) dai singoli governi, riducendo la fiducia verso l'UE. Un esempio ne è la Brexit,
che conferma il fallimento delle istituzioni nell'essere accettate dai cittadini.
La Germania non rispetta le regole sul surplus commerciale
La Germania non rispetta le regole sul surplus commerciale. Senza politiche su
economia e immigrazione, l'Europa rischia molto". È l'affondo di Matteo Renzi al
termine del vertice Ue a Bratislava - il primo dopo Brexit - conclusosi con il rifiuto da
parte del premier italiano di partecipare a un briefing coi giornalisti insieme ai suoi
omologhi tedesco e francese. "Non posso fare una conferenza stampa congiunta con
Merkel e Hollande - ha spiegato il presidente del Consiglio - se non condivido le loro
conclusioni su economia e immigrazione. Non è polemica, l'Italia non la pensa allo stesso
modo degli altri".Posizione ai limiti della rottura. Una posizione al limite della rottura,
quella del premier italiano, alla quale ha risposto la Merkel lanciando un appello alla
coesione. "Senza l'unità europea - ha detto la Cancelliera - non riusciremo a
raggiungere gli obiettivi". Quindi, Merkel ha ribadito che "lo spirito di Bratislava è di
collaborazione". E che "il vertice si è tenuto in un'atmosfera buona e molto
costruttiva". Secondo la Cancelliera e il presidente francese Francois Hollande, i
leader europei hanno raggiunto un accordo su una road map per provvedimenti in
materia di difesa, sicurezza ed economia che dovrebbero essere approvati al vertice
di Roma di marzo, in occasione del 60esimo anniversario della firma dei trattati
fondatori dell'Ue. Germania e Francia "lavoreranno molto intensamente nei prossimi
mesi affinchè tutto questo abbia successo", hanno assicurato Merkel e Hollande.
Le critiche di Renzi. Ma al di là dei toni distensivi di Angela Merkel, la realtà è un'altra,
almeno a giudicare dalle dure critiche di Renzi sui temi dell'immigrazione e
dell'economia. "La soluzione individuata al vertice di Malta è rimasta lettera morta",
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ha detto. "Non è che si può pensare che risolto il problema della Turchia si è risolto
il problema. Sui migranti vogliamo vedere i fatti". Sulle politiche economiche, il premier
invoca poi un cambio di rotta. "Noi - ha dichiarato - abbiamo bisogno di tornare a
crescere come Paese, ma è l'Europa che deve tornare a crescere, abbandonando la
politica dell'austerity". Renzi: "La Germania non rispetta le regole". "Così come i
Paesi devono rispettare le regole del deficit, allo stesso modo si devono rispettare
altre regole, come quella sul surplus commerciale. E ci sono alcuni Paesi che non la
rispettano, il principale è la Germania". È l'affondo di Renzi contro la Germania. Il capo
dell'Esecutivo sostiene da tempo che, se i tedeschi portassero entro i limiti europei
del 6% il loro surplus commerciale, oggi attestato al 7,6%, ci sarebbero circa 38-40
miliardi di euro di investimenti da fare in Germania. "Un passettino avanti". In un
tweet, Renzi riassume lo spirito del summit di Bratislava, e non nasconde tutta la sua
amarezza. "Passo in avanti, ma piccolo piccolo. Troppo poco. Senza cambiare politiche
su economia e immigrazione, l'Europa rischia molto"
Riunione dei Paesi dell'Unione europea che si affacciano sul Mar Mediterraneo
IL 9 settembre 2016 i rappresentanti politici di Francia, Italia, Spagna, Portogallo,
Cipro, Malta e Grecia si sono incontrati nel Palazzo Zappeion di Atene per discutere i
problemi dei paesi dell'Unione europea che si affacciano sul Mar
MediterraneoAll'incontro, ospitato dal Primo Ministro della Grecia, Alexis Tsipras,
presenti il presidente francese, Francois Hollande, il Primo Ministro italiano, Matteo
Renzi, il Primo Ministro del Portogallo, Antonio Costa, il presidente di Cipro Nicos
Anastasiades e il primo ministro di Malta, Joseph Muscat. Assente il primo ministro
incaricato spagnolo, Mariano Rajoy, ma il paese è stata rappresentato dal Segretario
di Stato per l'Unione europea, Fernando Eguidazu.
La Grecia propone che questi paesi dell'Europa meridionale facciano fronte comune
contro la politica sviluppata paesi dell'Europa centrale, guidati dalla Germania. La
volontà dichiarata del primo ministro greco Alexis Tsipras è provare a creare un gruppo
per influenzare le decisioni comunitarie in materia di questioni come la politica per
l'immigrazione e lo sviluppo sociale e creare un contrappeso al gruppo di Visegrad,
composto da Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.
In un'intervista rilasciata al quotidiano francese 'Le Monde', Tsipras ha avvertito che
l'Europa "si presenta come un sonnambulo che cammina verso il precipizio". Per questo
motivo, quando è intervenuto in occasione dell'ultima riunione del Partito socialista
europeo tenutesi il 25 agosto a Parigi (Francia), il leader greco ha fatto appello alla
formazione di uno spazio di dialogo alternativo per i movimenti di sinistra europei per
uscire dalla crisi e stabilire una giustizia sociale egualitaria in tutti i paesi dell'UE.
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Sempre al quotidiano francese Tsipras ha dichiarato: "Sono realista. L'equilibrio di
potere non è favorevole a coloro che si oppongono alle politiche neoliberiste, Ma, se
non è possibile cambiare le norme comunitarie, deve essere possibile ottenere deroghe
al patto di stabilità e crescita, aumentare il sostegno per le misure a favore della
crescita, e combattere meglio la disoccupazione.
G20 settembre 2016
Il G20 si impegna a “stimolare l’occupazione e una una crescita inclusiva, solida,
sostenibile”. Lo si legge in una bozza delle conclusioni del vertice del G20, che si è
tenuto i Cina, ad Hangzhou. Nella bozza del comunicato, visionata da Bloomberg, si
legge:
La volatilità presente sui mercati finanziari rappresenta rischi al ribasso per la
crescita. Le strategie fiscali sono importanti allo stesso modo di quelle monetarie.
Una volatilità eccessiva, movimenti disordinati sui mercati dei cambi danneggiano la
stabilità.
Il G20 riconosce l’eccesso di capacità di produzione di acciaio alla stregua di un
problema globale. I sussidi possono contribuire alla capacità globale in eccesso
La decisione del Regno Unito di lasciare Ue ha aggiunto un’incertezza sull’economia
globale.
Il terrorismo rappresenta una grave sfida per la sicurezza internazionale.
Sulla base di questi sviluppi, il Giappone ha anche lanciato un avvertimento al Regno
Unito, attraverso un meno di 15 pagine che è stato reso noto nella giornata di domenica,
sempre in occasione del summit del G20 in Cina, affermando che la Brexit potrebbe
costringere diverse aziende giapponesi a lasciare il Regno Unito.
Diverse sono le aziende che hanno investito molto nel Regno Unito, incluso il colosso
bancario Nomura e i principali produttori di auto Toyota, Nissan e Honda.
In generale, a spaventare le banche internazionali che operano nel Regno Unito è la
possibilità che la Brexit si traduca nella fine dei loro diritti ad accedere a una sorta
di passaporto finanziario all’Ue, che ha permesso loro finora di vendere prodotti in
tutti i 28 paesi. Nel rapporto è contenuta espressamente la minaccia secondo cui le
aziende finanziarie giapponesi potrebbero decidere di trasferirsi in altri paesi
dell’Unione, al fine di ottenere il passaporto.
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Derivati
Fonte: Wallstreetitalia
L’Italia è il Paese dell’ Eurozona che più ha pagato a causa dei contratti swap, che
avrebbero protetto dal rischio del rialzo dei tassi; lo ha messo in evidenza Bloomberg
analizzando dati Eurostat, dai quali è emerso che nel 2015 il prezzo da pagare è
stato di 6,8 miliardi di euro.
La protezione dello swap permette, dietro un costo, di convertire il pagamento di un
tasso variabile (come quello sul debito pubblico) con un tasso fisso in grado di rendere
prevedibili i pagamenti futuri. Una mossa prudente, da un lato, ma che ha “scommesso”
nella direzione sbagliata, visto che negli ultimi tempi i tassi si sono mossi verso il basso.
Il conto complessivo delle perdite sugli swap fra 2011 e 2014 anni è stato di
16,95 miliardi.
Derivati: buco di Stato, segreto di Stato
Fonte: L’Espresso
Ai parlamentari del Movimento 5 Stelle che hanno provato a chiedere i contratti è
stato risposto che non potranno averli mai. Perché i derivati finanziari sottoscritti dal
Tesoro devono essere un segreto? Il governo di Matteo Renzi, per bocca dei dirigenti
del ministero dell'Economia guidato da Pier Carlo Padoan, dice che sono contratti fra
privati, e che le condizioni sono sottoposte a riservatezza commerciale.
Un'occhiata ai numeri fa però venire il sospetto che la questione provochi un certo
imbarazzo, anche a livello politico. Negli ultimi quattro anni per le perdite sui derivati
il Tesoro ha dovuto subire un esborso di 16,9 miliardi di euro, 4,5 miliardi dei quali solo
nel 2014. In pratica, se non avesse perso quei quattrini, il governo avrebbe potuto
azzerare l'Imu sulla prima casa senza tagliare altre spese.
Buco di Stato, segreto di Stato
I contratti dei derivati-flop comprati dal Tesoro sono tenuti nascosti a tutti. Eppure
stanno già costando miliardi alle casse pubbliche. Mentre le banche ci fanno profitti
d’oro. Quei soldi, poi, sono finiti a grandi banche internazionali, il cui nome resta però
segreto, in virtù di clausole contrattuali che a nessuno è dato conoscere. Purtroppo la
situazione non sembra destinata a migliorare: come racconta l'inchiesta de
“l'Espresso”, nei prossimi mesi il Tesoro dovrà fronteggiare scadenze che rischiano di
essere molto onerose, come rivelano alcuni indizi.
Ad esempio: su un derivato da 2 miliardi che in teoria dovrebbe terminare nel 2036,
una banca dal nome tenuto sotto stretto riserbo ha la possibilità di uscire
anticipatamente nel prossimo mese di marzo, costringendo il governo a sborsare una
cifra che potrebbe rivelarsi vicina a un miliardo di euro.
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http://leg16.camera.it/465?area=9&tema=39&I+derivati+degli+enti+territoriali
Derivati, una mina da "37 miliardi" sui conti pubblici italiani (fonte: teleborsa)
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L'esposizione dello Stato italiano verso i derivati rischia di vanificare ogni sforzo
per una revisione della spesa pubblica e bloccare il ventilato taglio delle tasse. Il
tema del rischio insito nei conti statali, di tanto in tanto, riemerge ed il Tesoro
ha più volte gettato acqua sul fuoco.
Tuttavia, secondo l'ufficio Studi Unimpresa, esisterebbe una "mina sulla finanza
statale italiana" del valore di 37 miliardi di euro.
In base ad un'analisi effettuata su dati della Banca d’Italia, la massa di derivati
finanziari in passivo nei bilanci dello Stato, voce che nell'ultimo anno si è allargata di
quasi il 30% ed è arrivata a quota 36,8 miliardi. Al contrario, si registra una sostanziale
invarianza (+0,7%) dei derivati in perdita nelle amministrazioni locali: nei 12 mesi sotto
la lente, le consistenze dei bilanci di comuni, province e regioni sono passate infatti da
1,26 miliardi a 1,27 miliardi, con un aumento di soli 9 milioni.
In tutta Italia, considerato sia il settore pubblico sia quello privato, la montagna di
titoli finanziari ad alto rischio, cioè potenzialmente in perdita, è cresciuta in totale di
oltre l'8% in un anno (dal 2013 al 2014) passando da 153 miliardi di euro a 166 miliardi.
Su anche i derivati "a rischio" delle banche, in crescita di 4,7 miliardi da 105,7 miliardi
a 110,5 miliardi (+4,4%). Lieve incremento per i prodotti speculativi nei bilanci delle
imprese: a fine 2014 l’ammontare è salito di 347 milioni a quota 7,6 miliardi rispetto ai
7,3 del 2013 (+4,7%). Nel comparto assicurativo e dei fondi pensione si è passati da
5,2 a 5,5 miliardi (+5,1%) in aumento di 269 milioni, mentre il resto degli intermediari
finanziari ha registrato una crescita di 164 milioni (+3,5%) da 4,6 miliardi a 4,8 miliardi.
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Cina
Previsioni
A parere del Fondo monetario internazionale Pechino dovrebbe mettere da parte gli
obiettivi sulla crescita economica, concentrandosi invece sul miglioramento qualitativo
della politica espansiva.
Sul prodotto interno lordo di quest'anno l'organizzazione basata a Washington ha
comunque una stima di 6,6%, coerente con il ventaglio di 6,5/7% dell'obiettivo
governativo.
"Porsi per la crescita annua un obiettivo [in luogo di formulare una stima] ha come
conseguenza un'eccessiva concentrazione sull'orizzonte di breve termine e invita a
utilizzare misure qualitativamente discutibili" scrive il rapporto annuale Fmi dedicato
alle seconda economia mondiale.
Se Pechino non volesse rinunciare a fissare un obiettivo, dovrebbe comunque indicare
un range più ampio e più flessibile, tale da garantire che il tasso di crescita risulti
sostenibile.
Il Fondo suggerisce a questo proposito di indicare per il 2017 un target intorno a
6%, invitando le autorità responsabili a una maggiore attenzione a indicatori più
specifici come la crescita del reddito disponibile.
Nei prossimi anni, dice sempre il rapporto Fmi, il ritmo dell'espansione economica
vedrà un graduale rallentamento per arrivare a circa 5,8% nel 2021.
I tassi di interesse sono del resto stati abbassati anche oltre il necessario e, in caso
l'inflazione dovesse tornare a crescere come previsto, occorrerà riportare il costo del
denaro su livelli meno accomodanti degli attuali.
Il rapporto fa anche riferimento alla posizione delle autorità incontrate dal Fondo nel
corso della missione cinese, a parere delle quali invece "il livello dei tassi di interesse
è appropriato da un punto di vista ciclico".
Pechino non concorda neanche con la valutazione Fmi secondo cui le misure espansive
attualmente in atto aumentano la vulnerabilità del Paese, ritenendo invece che
l'aumento delle spese infrastrutturali in aree meno sviluppate contribuisca a
migliorare il profilo della crescita.
Il Fondo stima che un aumento delle imposte sui carburanti fossili e sull'inquinamento
potrebbe tradursi in un calo di quasi quattro milioni delle morti premature da qui al
2030.
"La maggioranza della spesa pubblica e del finanziamento del deficit avviene con poca
trasparenza, tramite misure non inserite a bilancio" scrive ancora lo studio, lamentando
la difficoltà di monitoraggio.
L'inflazione cinese dovrebbe rimanere quest'anno in area 2-2,5% quest'anno e il
prossimo, per poi accelerare intorno a 3% nel medio termine grazie alla ripresa
delle commodities e della dinamica dei salari.
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Consuntivo
Segnali di stabilizzazione giungono dall'economia cinese che nel secondo trimestre
registra un crescita del PIL del 6,7% rispetto ai tre mesi precedenti. Su base
mensile la crescita è stata dell'1,8%.
Si tratta di una crescita leggermente superiore alle stime degli analisti e in linea con
le previsioni del governo che indicano un range tra 6,5% e 7%. A trainare l'espansione
del Prodotto Interno Lordo è stata la produzione industriale balzata a giugno del 6,2%
in accelerazione dal 6% di maggio e le vendite al dettaglio in forte incremento (+10,6%)
ben oltre le attese. Per contro gli investimenti nel settore privato hanno mostrato un
nuovo rallentamento che suggeriscono una certa cautela sulla stabilizzazione della
crescita del Paese.
"Ciò dimostra che l'economia è sostanzialmente stabile", ha dichiarato Ding Shuang
economista della Standard Chartered Bank. "Il governo è seriamente intenzionato a
raggiungere il suo obiettivo di crescita" per il 2016 tra il 6,5% e il ??7%.
Ad agosto, l'agenzia di rating Moody's ha migliorato la propria view sulla Cina.
L'agenzia americana ha alzato le stime di crescita sul Prodotto Interno Lordo cinese
(PIL) sulla scia del maxi piano di stimoli varato dalle autorità cinesi, indicando un
incremento del 6,6% nel 2016, rispetto al +6,3% indicato in precedenza. Riviste al
rialzo anche le previsioni relative al 2017, con il PIL visto salire del 6,3% rispetto al
+6,1% precedente.
Anticipatori
L'attività dei servizi in Cina ha registrato un'accelerazione nel mese di agosto. E'
quanto ha rilevato Caixin Media secondo cui l'indicatore del settore terziario è salito
a 52,7 punti rispetto ai 51,7 punti del mese precedente. Il dato ha superato le attese
degli analisti che avevano previsto una salita più contenuta fino a 51,9 punti. L'indice
si conferma saldamente sopra la soglia dei 50 punti che conferma un settore in
espansione grazie anche ai ripetuti stimoli lanciati dalle autorità di Pechino e dalla
banca centrale cinese. Il sostegno alla liquidità e le riforme sono serviti a scaldare la
prima economia asiatica, che rappresenta un indicatore chiave dello stato
dell'economia globale. Le rilevazioni annunciate, dall'ufficio nazionale di statistica
mostravano un indice in leggera frenata a 53,5 punti dai 53,9 di luglio.
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Elementi congiunturali
I prezzi delle case tornano a correre in Cina, segnalando un surriscaldamento del
mercato immobiliare e dell'economia, che potrebbe avere riflessi sulle scelte della
banca centrale in merito alla politica monetaria. Difatti, le autorità di Pechino hanno
spesso messo il punto sulla bolla speculativa presente nel mercato immobiliare,
segnalando la necessità di frenare questa crescita. Secondo i dati del National Bureau
of Statistics cinese, il prezzo medio delle abitazioni nelle 70 maggiori città cinesi è
cresciuto più velocemente nel mese di agosto, segnando un aumento del 7,5% rispetto
allo stesso mese dell'anno precedente, dopo aver riportato a luglio un incremento del
6,3%. Su mese i prezzi sono saliti dell'1,3%, confrontandosi con una crescita dello 0,7%
registrata il mese precedente.
I prezzi delle abitazioni provate non sussidiate dallo Stato sono aumentati in 62 delle
70 città messe sotto osservazione, a confronto con le 58 di luglio. La crescita
tendenziale nelle maggiori città metropolitane cinesi è stata del 25,8% a Beijing, del
37,8/ a Shanghai e del 37,3% a Shenzhen.
Segnali incoraggianti arrivano dall'economia cinese, dove salgono produzione
industriale e vendite al dettaglio. Nel mese di agosto, la produzione industriale
accelera del 6,3% su base annua. Nel mese di luglio era salita del 6%. Il dato è stato
divulgato dal National Bureau of Statistics e ha superato le previsioni degli analisti del
+6,1%. Nello stesso periodo, continuano a salire le vendite al dettaglio che fanno un
balzo del 10,6% rispetto all'anno precedente. Il dato accelera rispetto all'aumento del
10,2% mostrato nel mese di luglio e batte le previsioni degli analisti ferme al 10,1%.
Segnali misti arrivano dalla Cina, dove l'inflazione rallenta a dispetto di un
recupero dei prezzi alla produzione. I prezzi al consumo di mese di agosto hanno
subito una frenata per il quarto mese consecutivo. I prezzi sono aumentati del 1,3%
rispetto all'anno precedente contro la salita dell'1,8% registrata nel mese di luglio. Lo
comunica l'Ufficio Nazionale di Statistica. Il dato si è attestato al livello più basso da
ottobre del 2015. Numeri quelli sull'inflazione, che deludono le attese degli analisti
che attendevano una salita dell'1,6%. Nello stesso mese, rallenta il calo dei prezzi alla
produzione. Ad agosto i prezzi alla produzione hanno segnato un calo dello 0,8% annuo
dopo -1,7% del mese precedente. Battute le attese che erano per un calo dello 0,9%.
Scende l'export ad agosto, ma ad un tasso inferiore a quanto registrato in
precedenza ed a fronte de primo recupero delle importazioni da due anni a questa
parte. Secondo la General Administration of Customs, le esportazioni in agosto sono
crollate del 2,8% rispetto all'anno precedente, rallentando la caduta rispetto al -4,4%
di luglio. Il dato si rivela anche superiore alle attese degli economisti, che indicavano
una contrazione del 4%. Il rallentamento della caduta delle esportazioni ha a che fare
17
anche con il deprezzamento dello yuan, dato che la valuta cinese ha perso circa il 7%
del suo valore a luglio contro un basket delle principali valute mondiali. Le importazioni
sono salite per la prima volta in 2 anni dell'1,5%, dopo esser crollate del 12,5% a luglio.
In realtà, il recupero del valore delle importazioni è in buona parte da attribuire alla
risalita dei prezzi delle materie prime, soprattutto quelle energetiche, ma segnala in
piccola parte anche un aumento dei consumi interni e degli investimenti. Il surplus
commerciale è dunque sceso a 52,05 miliardi di dollari dai 52,31 miliardi di luglio,
risultando inferiore alle attese degli economisti, che stimavano un avanzo di 59,40
miliardi. Cauti i commenti degli analisti che, pur accogliendo con un moderato ottimismo
questi numeri, affermano di non attendere ancora una "svolta" dell'economia cinese.
Calo a minimi record nel periodo gennaio-giugno della crescita degli investimenti
da parte delle imprese private (solo +2,8%), possibile premessa per un futuro
indebolimento dell'attività economica, che peraltro mantiene intatte le pressioni su
Pechino per eventuali nuove misure di stimolo.
Petrolio
Sorpresa ad Algeri, dove i paesi appartenenti al cartello dell’Opec hanno raggiunto
un accordo per limitare la produzione di petrolio all’interno di un range compreso
tra 32,5 milioni e 33 milioni di barili al giorno. Si tratta di un taglio dell’offerta di
700.000 barili rispetto alla produzione del mese di agosto. Immediata la reazione dei
prezzi del petrolio, che sono volati di quasi il 6% dopo la notizia dell’intesa, la prima su
un taglio alla produzione dal 2008.
Si parla di un accordo storico, raggiunto ai margini del Forum Internazionale
dell’Energia che è iniziato ad Algeri il 26 settembre per concludersi nella giornata di
ieri 28 settembre. Storico, soprattutto se si considerano le posizioni inizialmente
distanti tra l’Iran e l’Arabia Saudita.
Così il ministro petrolifero dell’Iran, Bijan Zanganeh:
“Abbiamo deciso di ridurre la produzione di 700.000 barili circa al giorno”.
L’Opec raggiungerà un ulteriore accordo sui livelli di produzione di ciascun paese
membro del cartello, in occasione del prossimo meeting, che si svolgerà a Vienna il
prossimo 30 novembre. Dopo aver raggiunto il target, cercherà poi il supporto anche
dei produttori non Opec, per tagliare ulteriormente l’offerta globale.
Le quotazioni del Brent, alla diffusione della notizia, hanno guadagnato $2,72, o il
5,9%, per terminare la sessione di New York a quota $48,69 al barile, dopo aver
toccato $48,96 al barile, massimo in più di due settimane. Il contratto scambiato a
New York ha segnato un rally di $2,38, o del 5,3%, a $47,05, dopo essere balzato nei
massimi intraday fino a $47,45, al record dallo scorso 8 settembre.
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Tuttavia, proprio la frenata dei prezzi delle ultime ore conferma la cautela degli
operatori su alcuni dettagli dell’accordo che rimangono poco chiari. Tra questi, i tetti
alla produzione che saranno decisi per ogni paese appartenente all’Opec.
Alcuni analisti non nascondono tuttavia il loro ottimismo. Così al Guardian Phil Flynn,
analista presso la società di brokeraggio Price Futures Group, con sede a Chicago:
“Si tratta di un accordo storico. Questa è la prima volta che l’Opec e i paesi non Opec
raggiungeranno una intesa, dopo più di dieci anni. L’accordo dovrebbe sostenere il
petrolio, che potrebbe rimbalzare verso quota $60″.
Scott Shelton, broker del settore energia per Icap a Durham, in North Carolina,
ammette riferendosi all’accordo, “che era sicuramente qualcosa di inatteso. Nessuno
tra quelli che conosco lo prevedevano”.
Tuttavia Jeff Quigley, direttore della divisione di mercati energetici presso Stratas
Advisors a Houston, invita alla cautela, affermando che l’accordo ha una natura “troppo
preliminare” per avallare l’entusiasmo.
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1.2 Evoluzione per Paese
Stati Uniti
Previsioni
Il Beige book delude le attese dei mercati: secondo le informazioni contenute nel
report, l’andamento dell’inflazione pesa ancora sull’outlook di valutazione per
l’economia degli Stati Uniti, ostacolando il prossimo rialzo dei tassi di interesse.
L’economia degli Stati Uniti è cresciuta ad un ritmo limitato nei mesi di luglio e
agosto; la forza del mercato del lavoro statunitense non è riuscita a fornire una forte
pressione rialzista sui salari e sui prezzi. Questo il messaggio principale contenuto dal
Beige Book di settembre appena pubblicato.
"In generale, le aspettative di crescita dei salari per i prossimi mesi sono state
modeste" e mentre l’aumento dei prezzi "rimane leggermente generalizzato, mentre il
mercato del lavoro «rimane circoscritto nella maggior parte dei distretti», la spesa
complessiva dei consumatori è «poco variata».
"Moderato" non è un termine nuovo alla Fed, visto che lo stesso aggettivo è stato
utilizzato dalla banca centrale americana nelle precedenti pubblicazioni. Sono
indicazioni importanti quelle che giungono da questo rapporto, perché costituiranno la
base delle decisioni che il FOMC, il comitato di politica monetaria della Fed, assumerà
nella prossima riunione, con la Chairwoman della Fed, Janet Yellen, che ha aperto alla
possibilità di un nuovo rialzo dei tassi di interesse USA.
La Casa Bianca, dopo il +2,4% del 2015, prevede una crescita del 2,6% quest'anno
e il prossimo, il biennio migliore da quello 2005-2006, per poi assestarsi in media
al 2,3% nel lungo termine. Le previsioni sono leggermente piu' pessimistiche rispetto
a sei mesi fa: la stima per il 2016 e' stata abbassata dello 0,3% e quella per il 2017
dello 0,2%. Le previsioni dell'amministrazione Obama sono piu' ottimistiche di quelle
degli analisti, che attendono una crescita del 2,5% e del 2,4% rispettivamente
quest'anno e il prossimo, e della Federal Reserve, che vede una crescita del 2,4% nel
2016 e del 2,2% nel 2017.
Per quanto riguarda la disoccupazione, la Casa Bianca prevede un tasso al 4,7%
quest'anno e al 4,5% il prossimo, per poi tornare gradualmente al 4,9% nei prossimi
dieci anni. Il tasso di disoccupazione e' calato al 4,9% a gennaio, scendendo sotto il 5%
per la prima volta da febbraio 2008.
Il Fondo monetario ha rilevato che l'economia Usa si trova "complessivamente in
buona forma", con la crescita che dovrebbe accelerare rispetto alla recente battuta
d'arresto e nonostante un dollaro sopravvalutato del 10-20% rispetto alle principali
20
valute. Nel report annuale sulle politiche economiche negli Stati Uniti, il Fondo
monetario rivede però al ribasso le stime di crescita del pil Usa al 2,2% nel 2016
(da 2,4%) mentre conferma la previsione di una crescita del 2,5% nel 2017. L'inflazione
è vista risalire lentamente verso l'obiettivo della Fed del 2%.
Consuntivo
La crescita Usa del secondo trimestre si è attestata all'1,4% annualizzato,
secondo la lettura finale del dato diffusa dal dipartimento del Commercio.
Il dato è stato rivisto al rialzo dal +1,1% rilevato un mese fa, dopo una stima preliminare
di +1,2%, e rappresenta un'accelerazione rispetto al +1% del primo trimestre.
A sostenere la crescita, leggermente migliore delle attese, che indicavano un +1,3%, è
stato l'incremento dell'export, superiore a quello delle importazioni, e degli
investimenti delle imprese.
Particolarmente confortante, dal punto di vista della Fed, è l'andamento degli
investimenti, che hanno fatto segnare complessivamente un +1% annualizzato, il primo
incremento dal terzo trimestre dell'anno scorso: un dato che suggerisce come il peggio
del trend legato soprattutto alla riduzione degli investimenti nel settore energetico
possa essere alle spalle.
Gran parte della crescita del secondo trimestre è dovuta all’incremento dei consumi
privati, saliti del 4,2%, l’incremento maggiore dal quarto trimestre del 2014.
Le scorte delle imprese sono diminuite di 8,1 miliardi di dollari, la prima flessione
dal terzo trimestre del 2011. Nel primo trimestre e Nel primo trimestre erano
aumentate di 40,7 miliardi di dollari. La diminuzione delle scorte ha sottratto 1,16 punti
percentuali alla crescita del Pil. Le esportazioni sono cresciute, contribuendo alla
riduzione del deficit commerciale.
Fonte: bea.gov
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Il commercio internazionale ha aggiunto 0,23 punti percentuali a alla crescita.
Gli investimenti fissi non residenziali, che corrispondono alla spesa delle imprese,
sono diminuiti del 2,2%. Gli investimenti fissi residenziali, che comprendono la
costruzione di case, sono diminuiti del 6,1%.
Anticipatori
Rivisto al rialzo il dato di settembre sul consumer sentiment, elaborato
dall'Università del Michigan, che ora segnala un rialzo anche rispetto ad agosto. Il
dato finale della fiducia dei consumatori è stato indicato, infatti, a 91,2 punti rispetto
agli 89,8 della lettura preliminare, risultando sopra le stime di consensus che lo
indicavano a quota 90. Ad agosto, l'indice della fiducia si era attestato a 89,8 punti.
La componente relativa alle aspettative è stata rivista a 82,7 da 81,1, mentre la
componente sulla condizione attuale è salita a 104,2 da 103,5.
Piccolissimo recupero per l'indice Fed di Richmond, relativo al settore
manifatturiero,, che conferma un quadro a tinte fosche di questo settore. Nel mese di
settembre, l'indicatore che sintetizza lo stato dell'attività del distretto si è portato
a -8 punti dai -11 di agosto. Lo comunica il Distretto FED di Richmond. Le attese degli
analisti erano per un miglioramento più evidente a -2 punti. Sale anche la componente
delle consegne che passa a -4 da -14.
Il settore terziario negli Stati Uniti cresce più velocemente a settembre,
collocandosi ai massimi dal mese di aprile, nonostante il rallentamento degli ordini e
dell'occupazione. La stima flash dell'indice PMI dei servizi, elaborato da Markit, indica
un valore di 51,9 punti, in miglioramento rispetto ai 51 di agosto. Le stime degli analisti
erano per un aumento fino a 51,1 punti. Il dato è positivo perché resta al di sopra della
quota dei 50 punti, ovvero sopra la soglia che separa l'espansione dalla contrazione.
Cresce ancora più delle attese la fiducia dei consumatori americani, suggerendo un
progressivo rafforzamento del sentiment delle famiglie, che ben depone per i consumi
e per la crescita economica. Il dato del Conference Board degli Stati Uniti sulla
fiducia consumatori si è portato a 104,1 punti dai 101,8 rivisti del mese precedente
(101,1 punti la prima lettura) risultando migliore delle aspettative degli analisti che
avevano previsto un peggioramento a 99 punti. Il sondaggio sulla fiducia dei
consumatori è basato su un campione rappresentativo di 5.000 famiglie americane ed
è condotto per il Conference Board dal NFO WorldGoup. Nello stesso periodo l'indice
sulla situazione presente è salito a 128,5 punti da 125,3, mentre l'indice sulle attese
ha evidenziato un aumento a 87,8 punti da 86,1 precedenti.
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Crolla l'indice dell'attività economica elaborato dal distretto Fed di Chicago,
segnalando un leggero peggioramento dell'economia nella regione ed anche nel resto
degli Stati Uniti. L'indice Fed Chicago sull'attività nazionale (CFNAI) ha registrato ad
agosto un decremento a -0,55 punti dai +0,24 rivisti di luglio (+0,27 il preliminare). La
media mobile a tre mesi nello stesso periodo si conferma a –0,01 dal -0,22 del
trimestre terminato a marzo. L'indice CFNAI è una media pesata di ben 85 indicatori
che riflettono lo stato di salute dell'attività economica nazionale.
Cala il superindice USA in agosto, facendo peggio di quanto previsto dagli analisti e
confermando un andamento altalenante dell'attività economica. Secondo il consueto
sondaggio elaborato dal Conference Board degli Stati Uniti il Leading Economic Index
è sceso dello 0,2% a 124,1 punti, dopo il +0,5% di luglio (rivisto da un preliminare +0,4%)
e si confronta con il +0,1% stimato dagli analisti. L'indice coincidente che rappresenta
le condizioni attuali è salito dello 0,1% contro la variazione del +0,3% del mese
precedente, mentre l'indice differito che indica le prospettive per i prossimi 12 mesi
è salito dello 0,2% (+0,2% il precedente).
L'indice dalla Fed di Filadelfia sulle condizioni delle imprese a settembre è salito
a 12,8, da 1 delle previsioni degli economisti e da 2 del mese precedente. Guardando
alle componenti dell'indice, i nuovi ordini si attestano 1,4 da -7,2, i prezzi pagati a 20,6
da 19,7. Le attese di spesa in conto capitale a sei mesi sono calate a 8,6 da 19,2 di
agosto, l'indice sulle condizioni di business a 37,5 da 45,8 di agosto.
L'indice manifatturiero 'Empire State' elaborato dalla Fed di New York è
migliorato a settembre a -1,99 da -4,21 del mese precedente anche se il consensus
degli economisti prevedeva una lettura di -1,00. Il dato sui nuovi ordini è sceso a -7,45
da +1,04 di agosto segnando un nuovo minimo dallo scorso febbraio. La componente
sull'occupazione è scivolata a -14,29 da -1,03, minimo da dicembre 2015.
L'attività manifatturiera americana si mostra in calo ad agosto. Lo confermano sia
la lettura finale dell'indice PMI manifatturiero diffuso da Markit, sia l'indice ISM
manifatturiero in calo rispetto al mese precedente. Secondo l'Insitute for Supply
Management (ISM), l'indice dei direttori acquisto del settore manifatturiero si è
attestato a 49,4 punti dai 52,6 di luglio. Il dato risulta leggermente inferiore ai 52
attesi dagli analisti. L'indicatore è usato per valutare lo stato di salute del settore
manifatturiero statunitense si posiziona al di sotto la soglia chiave di 50 punti. Soglia
che che fa da spartiacque tra espansione e contrazione dell'attività. Fra le varie
componenti dell'indice, quella sui nuovi ordini è scesa a 49,1 da 56,9 mentre quella
sull'occupazione è calata a 48,3 da 49,4 e la componente relativa ai prezzi è scesa a
53 da 55.
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Elementi congiunturali
Rallenta la crescita dei redditi delle famiglie americane, frenando anche i consumi,
che nel mese di agosto sono rimasti al palo. Secondo il Bureau of Economic Analysis
(BEA) degli Stati Uniti, i redditi personali hanno registrato ad agosto un incremento
dello 0,2% in decelerazione rispetto al +0,4% di luglio, ma in linea con le stime degli
analisti. Nello stesso periodo, i redditi disponibili hanno riportato un incremento dello
0,2% (+0,4% il mese precedente). I consumi personali (PCE) invece sono rimasti
praticamente fermi, dopo aver riportato un aumento dello 0,4% a luglio, e risultano
inferiori al consensus di +0,1%. Il PCE price index core, una misura dell'inflazione,
segna una variazione pari a +0,2%, registrano un'accelerazione rispetto al +0,1%
precedente.
Si ferma, inaspettatamente, la richiesta per gli ordinativi di beni durevoli
americani. Nel mese di agosto, gli ordini hanno evidenziato una variazione nulla rispetto
al +3,6% rivisto del mese precedente (+4,4% la prima lettura). Le attese del mercato
erano per una discesa dell'1,4%. Il dato è stato comunicato dal Dipartimento del
Commercio degli Stati Uniti (Bureau of the Census). Se si esclude il settore dei
trasporti il dato (core) ha segnato un aumento dello 0,6% rispetto al -0,8% rivisto di
luglio (+1,5% la prima lettura). Escludendo il settore della difesa, invece, gli ordini
hanno registrato un decremento dell'1% (+3% il dato precedente).
Ancora in calo le vendite di case negli Stati Uniti ad agosto, a conferma che il
mercato immobiliare resta fra luci ed ombre, dopo il buon dato sui prezzi delle case
annunciato dalla Federal Housing Finance Agency. Il dato, comunicato
dall'Associazione Nazionale degli Agenti Immobiliari (NAR) USA, ha mostrato un calo
dello 0,9% a 5,33 milioni di unità rispetto ai 5,39 milioni di luglio. Il dato risulta
peggiore del +1,1% atteso dagli analisti. Le vendite sono scese per la seconda volta
consecutiva, presagendo forse tempi più difficili in attesa dell'ormai prossimo aumento
dei tassi da parte della Fed.
Non ci sono segnali di recupero dal fronte dei prezzi import-export statunitensi
nel mese di agosto, alimentando i timori di deflazione. Secondo quanto rilevato dal
Bureau of Labour Statistics americano, i prezzi alle importazioni sono diminuiti dello
0,2% dopo il +0,1% non rivisto di luglio. Il dato è peggiore delle attese degli analisti
che stimavano una contrazione dello 0,2%. Su base annua si è registrata una caduta
dei prezzi del 2,2% da -3,7%. Al netto delle importazioni di petrolio, i prezzi import
hanno registrato un decremento del 2,1% evidenziando un calo annuale del 12,2%.In
calo anche l'indice dei prezzi alle esportazioni, sceso dello 0,8% dopo aver registrato
un incremento dello 0,2% nel mese precedente. Le stime di consensus erano per una
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salita dello 0,1%. Su anno il dato evidenzia una flessione del 2,7% da -3%.Al netto dei
prodotti agricoli i prezzi alle esportazioni sono scesi del 3,4% rispetto al -0,3% rivisto
di luglio. Su base tendenziale hanno registrato invece una variazione negativa del
13,9%.
Frena la spesa delle famiglie americane ad agosto, come testimoniato dalle vendite
al dettaglio che mettono in dubbio la ripresa della domanda interna. Il dato ha
registrato una flessione mensile dello 0,3% a 456,3 miliardi di dollari, dopo il +0,1% del
mese precedente (rivisto dal dato invariato preliminare) ed a fronte del -0,1% stimato
dagli analisti. Lo comunica l'US Census Bureau, precisando che su base annua si è
registrato un incremento dell'1,9%. Il dato "core", ossia le vendite al dettaglio escluse
le auto, ha segnato un ribasso dello 0,1% (-0,4% a luglio). +0,2% il consensus.
Nessuna variazione significativa sui prezzi praticati all'industria americana nel mese
di agosto, nonostante la timida ripresa della pressione inflazionistica registrata negli
ultimi tempi grazie anche al recupero dei prezzi energetici. Secondo il Dipartimento
del Lavoro americano (BLS), ad agosto i prezzi alla produzione sono rimasti stabili a
livello congiunturale, dopo il -0,4% del mese precedente, deludendo le attese degli
analisti che erano per un timido aumento dello 0,1%. Invariato anche il dato su base
annua, a fronte del -0,2% del mese precedente e rispetto al +0,1% stimato dagli
analisti. I prezzi dei beni e servizi "core", ovvero l'indice depurato dalle componenti
più volatili quali il settore alimentare e quello dell'energia, sono saliti dello 0,1% dopo
il -0,3% precedente, risultando in perfetta linea con le attese degli analisti. A livello
tendenziale, l'indice core ha registrato un +1% dopo il +0,7% precedente e rispetto al
+1% atteso.
In retromarcia la produzione industriale americana, dopo una prima parte dell'anno
altalenante, specchio di una fase ancora incerta dell'economia a stelle e strisce. Ad
agosto la produzione industriale ha registrato un decremento dello 0,4%, dopo il +0,6%
di luglio (rivisto da un preliminare +0,7%). Il dato risulta peggiore delle stime degli
analisti che indicavano un decremento dello 0,2%. Su base annua si è evidenziato un
calo dell'1,1%. In negativo anche la produzione manifatturiera, dello 0,4% dopo il +0,4%
del mese precedente (-0,4% su anno). Nello stesso periodo la capacità di utilizzo
relativa a tutti i settori industriali si è attestata al 75,5% dal 75,9% del mese
precedente, risultando inferiore al consensus di 75,7%. Scende anche la capacità di
utilizzo nell'industria manifatturiera al 74,9% da 75,2%.
Invariate a luglio le scorte di magazzino USA, segnalando un calo della domanda e di
conseguenza una debolezza dell'industria avallata anche dai dati odierni sulla
produzione industriale. Secondo il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, il dato
è rimasto stabile rispetto al mese precedente, attestandosi a 1.813,2 miliardi di dollari,
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risultando inferiori alle attese degli analisti che erano per un +0,1%. Il mese prima si
era registrato un aumento dello 0,2%. Su base tendenziale si è verificato un
incremento dello 0,5%. Nello stesso periodo le vendite hanno registrato una variazione
negativa su base mensile dello 0,2% a 1.303,6 mld di dollari, con un calo tendenziale
dello 0,8%. La ratio scorte/vendite, che misura quanti mesi sono necessari a
un'azienda per esaurire completamente le proprie scorte, è risultata pari a 1,39
dall'1,37 di luglio 2015.
Il dato relativo al deficit della bilancia commerciale è sceso di ben l’11,6% nel
mese di luglio, a $39,5 miliardi. A incidere è stato soprattutto il balzo nelle consegne
di semi di soia, che ha permesso alle esportazioni di attestarsi al record in 10 mesi. Le
esportazioni Usa sono salite dell’1,9%, a $186,3 miliardi, riportando il rialzo maggiore
in due anni e mezzo: in particolare, le esportazioni di semi di soia sono triplicate a $5,2
miliardi. Le importazioni Usa sono scese invece dello 0,8% a luglio, a $225,8 miliardi.
Il report occupazionale Usa relativo al mese di agosto, elaborato dal dipartimento
del Lavoro Usa ha reso noto che nel mese di agosto sono stati creati 151.000
nuovi posti di lavoro, al di sotto delle attese. Il tasso di disoccupazione è rimasto
fermo al 4,9%. Il numero dei nuovi posti di lavoro creati delude le attese degli analisti,
che avevano previsto +180.000 nuovi posti di lavoro. Forte inoltre il calo rispetto al
mese di luglio, quando sono stati creati 275.000 nuovi posti di lavoro. In media, i salari
orari sono cresciuti dello 0,1%, a $25,73, con un aumento +2,4% su base annua;
le settimana lavorativa, in media, è scesa di 0,1 ore a 34,3 ore.
Negli USA, continua a scendere la produttività, mentre sale il costo del lavoro. I
dati rivelano una miscela piuttosto negativa per lo stato di salute del mercato del
lavoro. La produttività del settore non agricolo statunitense del 2° trimestre del 2015
è stata rivista al ribasso a -0,6%. La stima preliminare indicava un calo meno marcato
dello 0,5%. Il dato risulta in linea con le attese degli analisti. Secondo il Bureau of
Labour Statistics (BLS) americano il costo per unità di lavoro è salito del 4,3%. La
prima stima era pari al +2%. Il consensus indicava una crescita meno forte, del 2,1%.
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Giappone
Previsioni
L'economia giapponese cresce poco più delle stime iniziali, ma le prospettive per il
2016 sono ancora deboli e non riducono le probabilità che la Bank of Japan torni in
campo per sostenere l'economia. Secondo l'Istituto di ricerca economica e sociale del
Cabinet Office giapponese, il Prodotto Interno Lordo (PIL) nei primi tre mesi è
salito dello 0,7% a livello tendenziale rispetto al +0,2% indicato nella stima
preliminare. Il dato è in linea con le previsioni formulate dagli analisti per la prima
stima e superiore a quelle attuali, che incorporavano un peggioramento delle
aspettative ad una crescita zero. Anche su base trimestrale il PIL ha registrato una
revisione al rialzo a +0,2%, mentre la prima stima indicava una crescita zero.
A determinare la revisione al rialzo della crescita è stato il miglioramento del dato
sulle spese in conto capitale (voce chiave del PIL) a -0,1% da -0,4% iniziale.
In un’economia che fatica a crescere e i consumi rimangono stagnanti, il governo
giapponese guidato da Shinzo Abe ha fatto di nuovo ricorso alle armi pesanti,
approvando un nuovo pacchetto di misure di stimolo fiscale da 28mila miliardi di
yen, pari a circa 244,5 miliardi di euro.
Secondo l’agenzia di stampa Dow Jones il pacchetto di misure ha come obiettivi il
rilancio del Pil al +1,4%, delle nuove misure a tutela dell’infanzia, dei sussidi economici
a 22 milioni di persone a basso reddito, una tranche di prestiti da 10,7 mila miliardi di
yen per investimenti nelle infrastrutture e 7 miliardi e mezzo per la spesa fiscale
diretta per il governo nazionale e le amministrazioni locali.
“Oggi abbiamo individuato un grande pacchetto economico volto a realizzare gli
investimenti per il futuro. Con questo pacchetto, non solo si stimola la domanda, ma si
realizza anche una crescita economica sostenibile guidata dalla domanda privata”.
Queste la parole del premier Shinzo Abe mentre annuncia il pacchetto di misure
arrivato tre anni della sua “Abenomics“, un mix di politica monetaria estremamente
accomodante, spesa flessibile e promesse di riforma strutturale. Ma nonostante ciò il
paese ha necessità di rilanciare la sua economia fiaccata per lo più dalla debolezza dei
consumi, a cui si aggiunge la recente Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Ue votato il
23 giugno scorso con referendum.
Il nuovo pacchetto di misure fiscali ed economiche arriva qualche giorno dopo l’annuncio
da parte della Banca del Giappone della necessità di rivedere il suo programma di
stimolo monetario.
Il valore del programma presentato dal primo ministro giapponese viene indicato
in 28 mila miliardi di yen che prevede anche 15 mila yen da destinare ai meno
27
abbienti al fine di rilanciare i consumi. Sono previsti anche investimenti per 6.200
miliardi di yen, di cui 2.500 da destinare al welfare.
Interventi di spesa a livello nazionale e regionale per 7.500 miliardi di yen e un
programma di investimenti e prestiti per 6.000 miliardi.
Secondo le stime del governo, il pacchetto di stimoli si dovrebbe tradurre in un
incremento del PIL di circa l’1,3%.
L’FMI boccia l’Abenomics e anche la politica di tassi negativi introdotta in Giappone
a febbraio. Secondo il Fondo, tale politica non è riuscita di fatto a generare la
domanda interna del paese. L’istituzione di Washington ha raccomandato anche
caldamente al Giappone di rinunciare a stabilire il momento in cui prevede il
raggiungimento da parte del tasso di inflazione al target del 2%. Raggiungimento che,
secondo la Bank of Japan, avverrà nell’anno fiscale 2017.
“Il quadro della politica monetaria deve diventare più flessibile, con la Bank of Japan
che deve abbandonare l’abitudine di fissare una data di calendario specifica in cui
l’inflazione raggiungerà il target. Sebbene tale cambiamento possa aumentare la
credibilità della Bank of Japan nello stabilire un obiettivo più realistico, la transizione
dovrà essere comunicata nel modo opportuno, per evitare la percezione che la banca
centrale stia riducendo il suo impegno a raggiungere il suo target di inflazione, e per
limitare potenziali reazioni avverse di mercato, incluso l’apprezzamento dello yen”.
L’Fmi chiede anche che il governo di Tokyo introduca un meccanismo per assicurarsi
che le aziende che generano profitti aumentino i salari base di almeno il 3%, a fronte
di incentivi fiscali o – come ultimo strumento – di sanzioni.
L’FMI prevede ora una crescita del pil del Giappone dello 0,5% circa nel 2016,
dello 0,3% nel 2017, a fronte di una crescita potenziale che scivolerà vicino allo
zero entro il 2030, causa il collasso demografico.
Consuntivo
Il Giapponese ha rivisto al rialzo la crescita dell'economia nel II trimestre grazie
ai maggiori investimenti delle aziende, all'aumento del livello delle scorte da parte
delle imprese e all'accelerazione della spesa pubblica.
Da aprile a giugno il Pil è aumentato dello 0,7 su base annualizzata, comunica
l'Ufficio di Gabinetto, più dello 0,2% indicato nelle prima lettura. Su base trimestrale
la crescita è stata dello 0,2%. Secondo i dati più aggiornati gli investimenti delle
aziende sono scesi dello 0,1%, meno dello 0,4% previsto. Il dato è stato migliore della
stima preliminare, che indicava una variazione nulla. La revisione ha riguardato
principalmente gli investimenti non residenziali.
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Guardando alle componenti del prodotto interno lordo, sul fronte dei consumi si e'
registrato un aumento contenuto. Questi infatti sono saliti solo dello 0,6% a/a, in
rallentamento rispetto al +2,8% a/a del primo trimestre. Per quanto riguarda gli
investimenti nel settore immobiliare, invece, questi si sono attestati a quota +21,3%,
sui massimi dal secondo trimestre del 2008.
Anticipatori
Torna a crescere il settore manifatturiero giapponese in settembre, per la prima
volta in sette mesi. La stima flash dell'indice Pmi manifatturiero, pubblicata stamane
da Ihs Markit/Nikkei, si è portata a 50,3 punti, in salita dai 49,5 di agosto, offrendo
un timido segnale nella direzione di un rafforzamento della crescita del Paese.
Si tratta della prima lettura in sette mesi sopra la soglia dei 50 punti che separa le
rilevazioni di crescita da quelle di contrazione del settore. Il sotto indice relativo alle
nuove esportazioni è salito a 50,2 punti dai 47,2 di agosto: in questo caso si tratta del
primo dato di crescita in otto mesi.
Secondo la stima preliminare del Cabinet Office, il leading indicator (superindice)
di luglio è sceso dello 0,7% a 100 punti, rispetto ai 100,7 di giugno (dato aggiornato
ancora da un rivisto di 99,2 punti). Nello stesso periodo, l'indice coincidente che
sintetizza la situazione attuale dell'economia è indicato in rialzo a 112,8 punti da 112,1,
mentre l'indice differito (lagging index) è segnalato in calo a 112,9 da 113,9, indicano
un peggioramento delle prospettive per i prossimi 12 mesi.
Elementi congiunturali
Sempre più deboli i consumi in Giappone. Secondo quanto reso noto dal Ministero del
Commercio Internazionale e dell'Industria (METI), le vendite al dettaglio sono scese
per il sesto mese consecutivo, riportando ad agosto una flessione del 2,1% su base
annua dopo il -0,2% di luglio. Su base mensile, invece, le vendite risultano in calo
dell'1,1%. La debole spesa delle famiglie giapponesi rappresenta un ostacolo alla
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crescita della terza economia più grande al mondo. Gli economisti, citano la mancanza i
significativi aumenti salariali e i persistenti effetti dell'aumento delle tasse nel 2014.
In calo ad agosto i prezzi dei servizi in Giappone. Il dato comunicato dalla Bank of
Japan indica su base mensile un calo dello 0,3%, dopo il +0,4% rivisto di luglio. La
variazione annuale mostra un +0,2% dopo il +0,3% precedente.
Negativi i conti con l'estero del Giappone ad agosto, con le importazioni ed
esportazioni in discesa. Secondo il Ministero delle Finanze del Giappone (MOF), la
bilancia commerciale ha chiuso con un deficit di 18,711 miliardi di yen, rispetto al
surplus di 513,5 miliardi del mese precedente e al disavanzo di 567,541 miliardi dello
stesso mese del 2015. Gli analisti stimavano un surplus di 202,3 miliardi. Le
esportazioni sono scese per l'undicesimo mese di fila, evidenziando una riduzione del
9,6% a 5.316 miliardi di yen, contro il -4,8% previsto dal mercato. Anche importazioni
hanno segnato una forte discesa del 17,3% a 5.335 miliardi, rispetto al -17,8% atteso
dal mercato.
Calano a luglio gli ordini di macchinari in Giappone. Il totale degli ordinativi al settore
privato ha registrato un calo dell'1,2%, dopo il +6,9% precedente. L'indicatore è stato
pubblicato dall'Istituto di Ricerca Economica e Sociale del Giappone (ESRI). Il dato
core, al netto delle componenti volatili, ha invece registrato un aumento del 4,9% dopo
il +8,3% del mese precedente. Il dato complessivo (che include anche gli ordini
governativi ed esteri) registra un calo del 2,8% dopo il +10,1% precedente.
Segnali di stabilizzazione giungono dall'attività industriale giapponese. La
produzione industriale giapponese mostra a luglio una variazione mensile nulla dopo
l'accelerazione del 2,3% in giugno, secondo i dati diffusi dal ministero dell'Economia,
del Commercio e dell'Industria. La lettura si confronta con una stima media di un
sondaggio Reuters tra gli economisti per un incremento dello 0,8%. Gli industriali
interpellati dal ministero prevedono attualmente per agosto un rimbalzo del 4,1%,
seguito da un nuovo ripiegamento dello 0,7% in settembre.
Secondo mese consecutivo di progresso per le partite correnti del Sol Levante che
si attestano sui livelli più elevati per luglio addirittura dal 1985, da quando esistono
dati comparabili. Secondo quanto comunicato dal ministero delle Finanze nipponico,
infatti, la lettura per il mese di luglio è di un progresso annuo dell'8% (dopo il balzo
dell'80,1% registrato in giugno) a quota 1.938 miliardi di yen (sostanzialmente il doppio
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rispetto ai 974,4 miliardi di giugno). Il dato è comunque inferiore ai 2.073 miliardi del
consensus.
Calano a luglio gli ordini di macchinari in Giappone. Il totale degli ordinativi al
settore privato ha registrato un calo dell'1,2%, dopo il +6,9% precedente. L'indicatore
è stato pubblicato dall'Istituto di Ricerca Economica e Sociale del Giappone (ESRI).
Il dato core, al netto delle componenti volatili, ha invece registrato un aumento del
4,9% dopo il +8,3% del mese precedente. Il dato complessivo (che include anche gli
ordini governativi ed esteri) registra un calo del 2,8% dopo il +10,1% precedente.
Quinta contrazione consecutiva a luglio per i prezzi al consumo core in Giappone.
Un dato che aumenta la pressione dell'istituto centrale affinché espanda
ulteriormente il massiccio programma di stimolo monetario. L'indice nazionale dei
prezzi al consumo core, che esclude gli alimentari freschi ma comprende i carburanti,
è sceso dello 0,5% su base annua, mentre la mediana delle attese degli analisti
prospettava un ritmo di caduta pari allo 0,4%, come a giugno. Più ampia delle attese
anche la contrazione dei prezzi al consumo dell'area di Tokyo, dato che anticipa
l'andamento nazionale: ad agosto sono scesi dello 0,4%, mentre il consensus si fermava
a un calo dello 0,3%.
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Germania
Previsioni
Il ritmo di espansione dell'economia tedesca potrebbe aver subito un rallentamento
nel corso del terzo trimestre, in primo luogo a causa della debolezza della domanda
estera di prodotti manifatturieri. Lo scrive il bollettino mensile Bundesbank, che
dipinge un quadro meno positivo per la prima economia della zona euro dopo una serie
di numeri macro inferiori alle attese.
L'istituto guidato da Jen Weidmann spiega che il rallentamento dell'economia
riflette il deterioramento significativo della fiducia delle imprese, ma anche dati
economici deboli all'inizio del trimestre, in particolare nel settore manifatturiero.
Tuttavia, la banca conferma che "l'andamento di fondo dell'economia dovrebbe
rimanere molto forte grazie a fondamentali favorevoli" nonostante "l'attuale
ridimensionamento dell'attività manifatturiera". La produzione industriale di luglio ha
subito la maggior battuta d'arresto da 23 mesi, mentre l'indice ZEW, un indicatore
anticipatore del sentiment dell'economia, per i prossimi mesi, è rimasto stabile a 0,5
punti, deludendo le attese degli analisti che erano per una crescita robusta fino a 2,5
punti.
I principali istituti per la ricerca economica hanno corretto, al contrario, al rialzo
la proiezione per la crescita del Pil tedesco di quest'anno, portandola da 1,6% a
1,9%. Lo scorso anno si è chiuso con il prodotto interno lordo tedesco in espansione
dell'1,7%. Le stime degli istituti costituiscono la base per quelle ufficiali del governo.
Consuntivo
Nel secondo trimestre del 2016 l'economia tedesca cresce ma ad un ritmo più
lento di quello registrato ad inizio anno. Il PIL, infatti, ha registrato un aumento
dello 0,4% rispetto ai tre mesi precedenti, confermando la stima preliminare e
mostrandosi in linea con le attese degli analisti. Nel primo trimestre l'economia aveva
registrato un incremento dello 0,7%. Su base annua, la crescita è stata del 3,1%,
in accelerazione rispetto al +1,5% dei tre mesi precedenti e perfettamente in linea con
la stima preliminare ed il consensus. Lo annuncia l'Ufficio statistico federale tedesco.
A sostenere il PIL è stata la bilancia commerciale, con le esportazioni di beni e
servizi cresciute dell'1,2% e le importazioni diminuite dello 0,1%. Segnali contrastanti,
invece, dalla domanda interna. I consumi sono saliti dello 0,6% a livello pubblico, mentre
a livello privato si è registrato un incremento dello 0,2%.
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Anticipatori
L'umore dei consumatori tedeschi si deteriora leggermente in vista del mese di
ottobre. L'indice calcolato dal Gfk è sceso a 10,0, da 10,2 del mese precedente. Gli
economisti, secondo un sondaggio Reuters, stimavano una lettura stabile a 10,2.
GfK spiega che il lieve calo è legato al senso di incertezza per la minaccia di attacchi
in Germania e alle conseguenze della Brexit.
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La crescita del settore privato tedesco ha rallentato al minimo di 16 mesi a
settembre, zavorrata dalla debolezza della produzione nei servizi. La stima flash
del 'Purchasing Managers Index' (Pmi) composito di Markit, che monitora l'andamento
del manifatturiero e dei servizi, è scesa a settembre a 52,7 da 53,3 di agosto.
La lettura si è attestata al di sotto della stima Reuters per 53,4 pur mantenedosi oltre
la soglia di 50 che separa la crescita dalla contrazione.
Nel settore manifatturiero la crescita ha accelerato al massimo di tre mesi, mentre la
produzione nei servizi è scesa a sorpresa al minimo di oltre tre anni.
Cresce la fiducia delle imprese in Germania, segnalata dall'indice IFO e l'ottimismo
domina anche per lo scenario futuro. Secondo i dati diffusi dall'IFO Institute,
l'omonimo indice si è attestato a 109,5 punti, in aumento rispetto ai 106,3 rivisti del
mese precedente. Il dato sorprende in positivo gli analisti che stimavano un livello a
106,4. Il sottoindice relativo alle condizioni attuali è salito a 114,7 punti da 112,9
precedenti (dato rivisto da 112,8 punti). Il dato è migliore delle attese di 113 punti.
L'indice sulle aspettative è migliorato a 104,5 punti dai 100,1 precedenti, risultando
anche in questo caso al di sopra del consensus (100,2).
Né migliorano né peggiorano a settembre le aspettative di crescita dell'economia
tedesca. L'indice ZEW, un indicatore anticipatore del sentiment dell'economia nei
prossimi mesi elaborato dallo ZEW Institute, è rimasto stabile a 0,5 punti, come ad
agosto, deludendo le attese degli analisti che erano per +2,5 punti. Da rilevare che
l'indice relativo al sentiment sulla situazione economica attuale è sceso a 55,1 punti
dai 57,6 precedenti, risultando sotto le stime che erano per 56 punti.
L'indice del clima relativo alla Zona Euro è salito invece a +5,4 punti dai 4,6 punti
precedenti, risultando anche in questo caso inferiore al consensus di 6,2 punti.
Elementi congiunturali
Continua la crescita degli occupati in Germania, confermando l'ottimo stato di salute
del mercato del lavoro tedesco. Nel mese di agosto, i residenti in Germania in attività
lavorativa si sono attestati a 43,6 milioni di unità, in aumento di 505 mila rispetto allo
stesso periodo dell'anno precedente (+1,2%). Tale crescita, sottolinea l'Ufficio
statistico federale, è accompagnata da un timido recupero occupazionale su base
mensile, pari a 19 mila occupati contro la media dei 66 mila occupati degli ultimi cinque
anni. Secondo i dati forniti da Destatis, il numero di disoccupati è pari a 1,8 milioni di
persone, con un decremento di 21 mila unità rispetto allo stesso mese dell'anno
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precedente (-1,1%). Il tasso di disoccupazione destagionalizzato resta stabile al 4,2%,
come nel mese precedente.
Resta ferma la disoccupazione in Germania. Secondo il Federal Labour Office, il
tasso di disoccupazione destagionalizzato è rimasto stabile al 6,1%, risultando così in
linea con le attese degli analisti. Parallelamente, i disoccupati sono aumentati di 1.000
unità dopo che ad agosto c'era stato un calo rivisto di 6 mila unità (-7 mila la prima
lettura). Le attese degli analisti erano per un calo dei senza lavoro di 5 mila unità.
Sale nel mese di settembre dello 0,1% mensile l’inflazione in Germania. Il dato
segno un incremento dello 0,7% anno in Germania, secondo i dati preliminari appena
diffusi. I dati sono leggermente superiori alle attese. Attesa in recupero l'inflazione
in Germania, che torna positiva a settembre, dopo la pausa estiva. I prezzi hanno fatto
segnare un aumento tendenziale dello 0,7%, in deciso aumento rispetto al +0,4% del
mese precedente. Le stime degli analisti erano per una salita dello 0,6%.
Su base mensile, invece, il dato è atteso in crescita dello 0,1% dopo il dato invariato di
agosto e risulta superiore al consensus che indicava una crescita zero dei prezzi. Il
dato preliminare sull'inflazione è stato diffuso dall'Ufficio Federale di Statistica
(Destatis), sulla base delle risultanze dell'indagine condotta sui Lander tedeschi.
Quanto all'inflazione armonizzata, alla luce della debole dinamica inflazionistica nella
zona euro, è attesa invariata su base mensile, in linea con le attese, ed in aumento dello
0,5% su base annua, in armonia con le previsioni.
Prezzi in caduta nell'industria. I prezzi alla produzione in Germania decelerano
leggermente il passo ad agosto rispetto al mese precedente. Secondo l'Ufficio
Federale di Statistica tedesco, i prezzi alla produzione sono scesi dello 0,1% a livello
mensile, dopo il +0,2% di luglio, risultando leggermente sotto le attese degli analisti
che avevano previsto un dato invariato. Rispetto allo stesso mese dell'anno precedente
i prezzi hanno segnato invece una diminuzione dell'1,6% dopo il -2% di luglio. I prezzi
dell'energia hanno registrato un calo del 5,5% rispetto ad agosto 2015, così l'indice
dei prezzi alla produzione depurato della componente energetica avrebbe evidenziato
una contrazione dello 0,3%.
In Germania l'Ufficio Federale di Statistica (Destatis) ha reso noto il dato definitivo
relativo all'inflazione di agosto. L'indice dei prezzi al consumo è rimasto invariato
su base mensile ed è aumentato dello 0,4% su base annuale, confermando la lettura
preliminare. L'indice armonizzato è diminuito dello 0,1% su base mensile ma è cresciuto
dello 0,3% su base annua.
Cala il surplus della bilancia commerciale tedesca a luglio, mentre l'export scende.
L'avanzo commerciale si è attestato a 19,4 miliardi di euro, rispetto all'attivo di 21,4
35
miliardi rivisti del mese precedente (21,7 mld la prima lettura). Le attese degli analisti
erano per un surplus a 22 miliardi. Secondo i dati pubblicati dall'Ufficio Federale di
Statistica (Destatis), le esportazioni sono scese del 2,6% dal +0,3% di luglio, mentre
le importazioni sono scese dello 0,7% contro il +0,3% stimato dal mercato.
L'industria tedesca perde nuovamente slancio, a luglio, annullando il recupero messo
in atto nel periodo precedente, a causa di una forte riduzione della produzione
manifatturiera (-2,3%). Si tratta del peggior dato degli ultimi due anni. Per contro,
l'attività edilizia ha segnato un progresso dell'1,8%. Secondo l'Ufficio di statistica
tedesco Destatis, la produzione ha evidenziato un decremento dell'1,5% dopo il +1,1%
rivisto di giugno (+0,8% la prima lettura). Il dato è decisamente peggiore delle stime
degli analisti, che si attendevano un incremento marginale dello 0,2%. Il dato che
esclude l'energia e le costruzioni ha segnato un calo del 2,3%. La produzione di energia
è salita del 2,6% mentre quella nelle costruzioni è cresciuta del 2,8%. A livello
tendenziale l'attività produttiva tedesca ha segnato un decremento dell'1,2%.
Salgono leggermente gli ordinativi all'industria in Germania. Il dato di luglio ha
registrato una salita dello 0,2% dopo il -0,3% rivisto di giugno (il dato preliminare era
-0,4%). Il dato, comunicato dall'Ufficio Nazionale di Statistica (Destatis), è peggiore
delle stime degli analisti che avevano previsto un incremento dello 0,5%. Gli ordini
dall'estero sono saliti del 2,5% mentre quelli domestici sono scesi del 3%. Gli ordinativi
da parte dei Paesi dell'Eurozona sono saliti del 5,9%, mentre quelli dagli altri Paesi
sono saliti dello 0,6%.
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Francia
Previsioni
Si attende una ripresa per l'economia francese nel 3° trimestre. A dirlo è la Banque
de France, nel consueto bollettino mensile sulla fiducia delle imprese, confermando la
stima preliminare. La Francia dovrebbe così tornare a vedere un PIL positivo dello
0,3%, dopo la stagnazione registrata nel secondo trimestre, tornando in linea con i
tassi di espansione dell'Eurozona. Il report conferma che la fiducia delle imprese in
Francia è rimasta invariata a 98 punti ad agosto e quella dei servizi a 96 punti, mentre
segnala un netto miglioramento della fiducia nelle costruzioni a 98 punti, ai massimi
dall'ottobre 2011.
Fra otto mesi ci saranno le elezioni presidenziali in Francia e il ministro delle Finanze
francese, Michel Sapin, annuncia un maxi piano di alleggerimento fiscale a favore
delle famiglie appartenenti alla classe media e ai pensionati. L'idea portante è
"restituire ai francesi una parte dei sacrifici fatti" ha spiegato Sapin. Chi beneficerà
dei tagli fiscali annunciati dal governo? Il piano prevede una riduzione di imposta sul
reddito che riguarderà 5 milioni di famiglie e porterà nelle loro tasche un importo
medio di 200 euro.
La nuova misura, sarà a regime nel 2017. Per i pensionati, con il solo reddito da pensione,
viene introdotto un credito di imposta da 1,3 miliardi che si rivolge a una platea di 1,3
milioni di beneficiari. Quanto alle imprese di piccole e medie dimensioni, la tassazione
sugli utili scenderà al 28% dal 33% rispettivamente dal 2017 e dal 2018. Per le grandi
imprese è stato deciso un alleggerimento del costo del lavoro sui compensi superiori
2,5 volte al salario minimo, una misura che vale circa 3,3 miliardi.
Tutte queste misure, non graveranno sul bilancio pubblico, ha assicurato Sapin. Resta
dunque confermato l'obiettivo di ridurre, il prossimo anno, il rapporto deficit/PIL al
2,7%. "Abbiamo assunto questo impegno di fronte al Parlamento e alle autorità europee
e lo manterremo", ha assicurato il Ministro della finanze e dell'economia.
Secondo la Banque de France, il PIL nel 2017 crescerà all'1,5% a un ritmo più
contenuto rispetto al +1,6% stimato in precedenza. L'istituto ha confermato, invece,
le previsioni sul Prodotto Interno Lordo per l'anno in corso, stimando un'espansione
all'1,4%. Netta sforbiciata ai prezzi al consumo, previsti in aumento solo dello 0,2%
quest'anno e all'1,1% nel 2017, rispettivamente da +1% a +1,5%, previsti lo scorso
dicembre. I deboli prezzi del petrolio e l'incertezza sulle prospettive per l'economia
mondiale sono stati i fattori che hanno portato la Banque de France a rivedere al
ribasso le proprie stime di crescita.
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Il governo francese è deciso a portare il rapporto deficit/PIL sotto il 3%, nel
2017, attualmente al 3,3%, condizione "si ne qua non" per essere sentiti e
ascoltati in Europa.
Il Fondo monetario, che ha rivisto al ribasso per la quarta volta consecutiva in un
anno le proprie previsioni di crescita mondiale, ritiene che il Pil francese crescerà
di 1,1% quest'anno e di 1,3% il prossimo.
La Commissione Europea nelle Winter Economic Forecasts, conferma che - a politiche
invariate - Parigi non riuscirà a rispettare il sentiero concordato di riduzione del
disavanzo, attestandosi al 3,4% del rapporto deficit/PIL nel 2016 e al 3,2% nel 2017.
La spesa pubblica è aumentata dell’1,6% nel 2015 (+1,7% nel 2014), e dovrebbe
crescere - al netto delle misure una tantum - dell’1,2% nel 2016. Lo stock di debito
pubblico è previsto in ulteriore aumento (96,8% del PIL nel 2016; 97,1% nel 2017), per
quanto con un incremento meno marcato rispetto alle precedenti previsioni.
Consuntivo
Il prodotto interno lordo francese mostra nei tre mesi al 30 giugno una contrazione
di 0,1% rispetto al primo trimestre. Lo dicono i dati definitivi a cura dell'istituto
nazionale di statistica Insee, da confrontare con una prima lettura che dava una
variazione trimestrale nulla. Per la seconda economia della zona euro si tratta della
prima contrazione dal primo trimestre 2013, da legare principalmente al crollo delle
scorte. Nel primo trimestre la congiuntura era cresciuta al ritmo congiunturale di
0,7%. Il rallentamento è stato guidato da un forte calo delle scorte, che ha pesato
sul prodotto interno lordo per 0,7 punti, mentre il commercio estero ha contribuito
positivamente per 0,6 punti e la domanda interna per 0,1 punti.
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Anticipatori
Stabile la fiducia dei consumatori francesi nel mese di settembre. Il relativo indice,
comunicato dall'Ufficio Statistico Nazionale francese (INSEE), è rimasto a 97 punti,
confermando il dato di agosto. Centrate in pieno le stime degli analisti che avevano
indicato un livello di fiducia a 97 punti. L'indice relativo ai cambiamenti degli standard
di vita degli ultimi 12 mesi scende a -55 punti da -53 mentre quello relativo alle
condizioni future dei prossimi 12 mesi si porta a -31 punti da -34.
L'indagine congiunturale che misura la fiducia delle imprese francesi mostra in
settembre un miglioramento, da mettere in relazione in primo luogo al rimbalzo del
settore manifattura che procede in parallelo al recupero dei servizi. A cura
dell'istituto nazionale di statistica Insee, l'indice elaborato sondando i vertici
aziendali evidenzia un miglioramento di un punto a 102, poco sopra la mediana di lungo
termine pari a 100. Quanto ai singoli settori, l'indice sul manifatturiero migliora di due
punti a 103, riportandosi sui livelli di luglio, a fronte di un consensus per 101.
Progresso di un punto per l'indicatore sul terziario a quota 102; stabile invece a 95 per
il quinto mese consecutivo quello sul settore costruzioni.
Nell'insieme, commenta Insee, gli indici segnalano un clima congiunturale ancora
improntato a incertezza.
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Elementi congiunturali
Accelera l'inflazione in Francia a settembre. Come previsto, l'indice dei prezzi al
consumo è cresciuto dello 0,4% su base annua, dopo l'incremento dello 0,2% del mese
di agosto. E'quanto emerge dalle rilevazioni preliminari diffuse dall'istituto di
statistica Insee. L'incremento deriva dal rialzo dei prezzi dei servizi e da una flessione
più contenuta dei prezzi dell'energia. Su base mensile, il progresso è stato dello 0,2%.
Ancora il calo la produzione industriale e manifatturiera francese, proseguendo il
trend negativo avviato a maggio. L'output complessivo della seconda economia europea,
a luglio, ha mostrato un decremento dello 0,6% dopo il -0,7% rivisto del mese
precedente (-0,8% il preliminare). Il dato, comunicato dall'Ufficio di statistica
nazionale (INSEE), risulta sotto le stime degli analisti, che indicavano un incremento
dello 0,2%. Su base annua si è registrato un decremento dello 0,2%. Frena anche la
produzione manifatturiera, che evidenzia una discesa dello 0,3% dopo il tonfo dell'1,1%
riportato a giugno. A livello tendenziale si è registrato un calo dello 0,1%.
Confermata la moderata crescita degli occupati del settore privato non agricolo in
Francia. Nel 2° trimestre si è registrato un aumento dello 0,2% rispetto al trimestre
precedente. Il dato conferma la stima preliminare dell'Istituto di Statistica Nazionale
francese (INSEE) e corrisponde ad un incremento di 29.500 unità in termini assoluti
e si confronta con un +0,1% registrato il trimestre precedente. Su base annua si è
registrato un aumento dello 0,8%, pari a 121.300 posti di lavoro in più rispetto allo
scorso anno. La crescita, in base al dato definitivo, è stata favorita dalla ripresa
dell'occupazione nei servizi, mentre l'industria e le costruzioni continuano a
distruggere posti di lavoro.
Peggiora la situazione dei conti con l'estero per la Francia, che mostra a luglio un
deficit della bilancia commerciale pari a 4,5 miliardi di euro, dal rosso di 3,5 miliardi
rivisto a giugno (3,4 miliardi la prima lettura). Secondo quanto comunicato dall'Ufficio
doganale francese, l'export è rimasto fermo a 36,9 miliardi mentre le importazioni
sono leggermente salite a 41,4 miliardi. Di conseguenza, secondo quanto rilevato dalla
Banque de France, le partite correnti hanno evidenziato, sempre a luglio, un deficit di
2,6 miliardi di euro, dopo il rosso di 0,8 miliardi rivisto di giugno (0,8 miliardi la prima
lettura).
Confermata la moderata crescita degli occupati del settore privato non agricolo in
Francia. Nel 2° trimestre si è registrato un aumento dello 0,2% rispetto al trimestre
precedente. Il dato conferma la stima preliminare dell'Istituto di Statistica Nazionale
40
francese (INSEE) e corrisponde ad un incremento di 29.500 unità in termini assoluti
e si confronta con un +0,1% registrato il trimestre precedente.
Su base annua si è registrato un aumento dello 0,8%, pari a 121.300 posti di lavoro in
più rispetto allo scorso anno.
Buone nuove dal mercato del lavoro francese. Nel mese di luglio il tasso di
disoccupazione relativo al secondo trimestre dell'anno ha registrato un calo al
9,9% dal 10,2% del 1° trimestre. Lo rende noto l'Ufficio di statistica nazionale
(Insee). Centrate in pieno le attese degli analisti. Il numero dei disoccupati nelle aree
metropolitane si è attestato a 2,767 milioni, 74.000 in meno rispetto al trimestre
precedente, con un significativo decremento tra i giovani. Tra i disoccupati almeno 1,2
milioni di persone stanno cercando un lavoro da almeno un anno. Il tasso degli occupati,
invece, è salito al 64,7%.
41
Regno Unito
Previsioni
Oltre al taglio dei tassi ed all'aumento del programma di acquisto di asset di 70 miliardi
di sterline sino ad un importo di 435 miliardi, la Bank of England ha ridotto le stime
sul Prodotto Interno Lordo britannico. La banca per il 2017, ha stimato un PIL in
rialzo dello 0,8% dal +2,3% e per il 2018 da +2,3% a +1,8%. Confermate le
previsioni di crescita per il 2016 al 2%. In scia all'indebolimento della sterlina, la
BoE si attende ora un rialzo dell'inflazione all'1,9%. In questo caso si tratta di una
stima al rialzo rispetto al +1,5% della precedente previsione. Nell'arco di 2-3 anni, la
banca centrale britannica prevede un tasso di inflazione in aumento fino al 2,4%.
L'economia continua peraltro a crescere nel II trim.2016 ad un ritmo più veloce
rispetto ai trimestri precedenti, nonostante i rischi posti dalla Brexit, l'uscita del
Paese dall'UE decisa con il referendum. Nel 2° trimestre del 2016 il PIL del Regno
Unito ha evidenziato un incremento dello 0,7% su base trimestrale, dopo aver
registrato una crescita dello 0,4% nei tre mesi precedenti. Il dato risulta superiore
alle attese degli analisti e conferma una forte accelerazione dell'economia. Secondo i
dati dell'ONS (Office for National Statistics), che ha fornito le stime preliminari,
la crescita tendenziale accelera al 2,2% contro il 2% precedente ed atteso.
La Commissione Ue ha rivisto al ribasso le stime di crescita della zona euro e della
Gran Bretagna dopo il voto britannico a favore dell'uscita dall'Unione europea. Il
Regno Unito sarà il Paese più colpito, con un impatto cumulato negativo sul Pil
dell'1/2,5% di qui al 2017. La Commissione aveva stimato in precedenza una crescita
dell'1,8% quest'anno e dell'1,9% il prossimo.
La zona euro dovrebbe invece vedere una riduzione della crescita tra 0,2% e 0,5%
entro il 2017 sempre causa Brexit, ha detto Pierre Moscovici, commissario agli Affari
economici della Ue. Le stime diffuse per l'area della moneta unica erano +1,6% nel 2016
e di +1,8% nel 2018.
La Gran Bretagna deve fare più tagli alla spesa pubblica per rimettere a posto i
propri libri contabili. Lo ha detto George Osborne, ministro delle Finanze britannico
citando il deterioramento delle prospettive per l'economia mondiale rispetto alle
previsioni annunciate l'ultima volta, ovvero lo scorso novembre. Il cancelliere dello
Scacchiere ha spiegato che il Regno Unito ha bisogno di nuovi tagli per centrare
l'obiettivo di equilibrare i conti entro il 2020.
42
Osborne ha preannunciato che nei prossimi quattro anni, la spesa pubblica sarà
tagliata di un ulteriore 0,5% per far tornare le finanze pubbliche in attivo della
Gran Bretagna. Le osservazioni del ministro arrivano in un contesto di crescita a
macchia di leopardo dell'economia globale e di instabilità dei mercati finanziari che
stanno mettendo a dura prova i responsabili politici di tutto il mondo.
Non sarà una recessione come molti analisti avevano paventato, ma la Brexit, stando
agli ultimi segnali provenienti dalla Camera di commercio britannica (Bcc), non potrà
che impattare negativamente la crescita del Regno Unito nei prossimi anni. La Bcc ha
appena rivisto al ribasso, infatti, le previsioni per il Pil britannico nei prossimi tre anni:
le stime per l’anno in corso passano dal 2,2% all’1,8%, dal 2,3% all’1% nel 2017 e dal
2,4% all’1,8% nel 2018. Sono numeri che, per quanto le previsioni possano, com’è ovvio,
rivelarsi sbagliate, danno la chiara percezione della sfiducia da parte delle imprese
britanniche sugli affari.
Sì, la svalutazione della sterlina potrà aiutare le esportazioni delle merci, ma la gran
porzione del Pil britannico è costituita dai servizi: la Brexit potrebbe minare ad
esempio l’accesso dei servizi finanziari nell’Unione Europea (anche se non è ancora
chiaro se sarà effettivamente così, visto che è il tema più caldo dei negoziati fra Ue
e Regno Unito, assieme all’immigrazione).
“L’aumento dell’incertezza è probabile che metta un freno agli investimenti, mentre ci
si aspetta che la crescente inflazione e il mercato del lavoro moderatamente più debole
possa inibire la spesa per consumi”, scrive Suren Thiro, capo economista della Bcc, “il
lato positivo è che la posizione commerciale netta del Regno Unito sarà migliorata dalla
caduta della sterlina post-referendum”. I dati in merito sembrano già confermarlo.
“Nonostante il probabile miglioramento nella posizione commerciale, gli squilibri che il
Regno Unito sta affrontando persisteranno nel periodo oggetto di previsione, con una
crescita che rimarrà eccessivamente poggiata sui servizi e sulla spesa relativa ai
consumi”.
Consuntivo
L'economia britannica accelera nel 2° trimestre confermando l'espansione prevista
in precedenza. Secondo i dati diffusi dall'ufficio statistico ONS, il PIL del Regno
Unito relativo al 2° trimestre del 2016 è cresciuto del 2,1% rispetto al +1,9% della
stima preliminare (rivista da +2,2%) e il +2,2% del consensus.
Anche su trimestre il PIL è stato ritoccato all'insù: +0,7% da +0,6% e in linea con le
stime di consensus.
43
Fonte: Ons
Anticipatori
La fiducia dei consumatori in Gran Bretagna continua a migliorare, dimostrando
come la Brexit non faccia più così paura. Secondo il sondaggio dell'istituto Gfk, la
fiducia dei consumatori inglesi è ancora migliorata a settembre, balzando in avanti di
ben 6 punti e dunque attestandosi a -1 punti dai -7 punti di agosto. L'aumento è stato
superiore alle attese degli analisti che si aspettavano un -5 punti.
L'indice che misura l´andamento delle vendite al dettaglio in Gran Bretagna
preparato dalla CBI (Confederation of British Industry), la locale Confindustria,
a settembre è passato da 9 a -8 punti. Gli analisti avevano previsto 8 punti.
L'indice Pmi servizi della Gran Bretagna elaborato da Markit si è attestato ad
agosto a 52,9 punti dai 47,4 del mese precedente. Il dato risulta superiore alle
attese che erano ferme a 50 punti. Si ricorda che un livello di quest’indicatore
inferiore a 50 segnala una contrazione del settore terziario mentre un livello superiore
indica una crescita. L'indice Pmi manifatturiero della Gran Bretagna si è attestato
ad agosto a 53,3 punti, evidenziando un aumento di 5 punti dai 48,3 punti di luglio,
subito dopo il referendum sulla Brexit (dato rivisto dal precedente 48,2 punti). Si
tratta dei livelli massimi degli ultimi dieci mesi e del balzo mensile più alto nei 25 anni
44
di rilevazione Markit. A sostenere l'attività manifatturiera della Gran Bretagna è
stata la debolezza della sterlina, che ha spinto al rialzo le esportazioni.
Elementi congiunturali
Frenano i consumi in Regno Unito nel pieno dell'estate come previsto. Secondo
l'Office for National Statistics, le vendite al dettaglio espresse in volume, ossia in
base alla quantità di merce acquistata, hanno evidenziato ad agosto un decremento
dello 0,2% su mese dal +1,9% del mese precedente (dato rivisto da un preliminare
+1,4%). Il dato però risulta migliore delle attese degli analisti che si attendevano un
calo più ampio dello 0,4%. Le vendite al dettaglio su anno hanno mostrato invece un
incremento del 6,2% rispetto al +6,3% del mese precedente (rivisto da un preliminare
+5,9%). Anche in questo caso il dato risulta superiore al consensus pari a +5,4%.
Le vendite al dettaglio core, che escludono i carburanti, sono scese dello 0,3% su mese,
dopo il +2,1% del mese precedente ed a fronte del -0,6% del consensus. Su anno le
vendite core hanno segnato un +5,9% rispetto al +5,8% precedente ed al +5% atteso.
Prezzi in aumento nel Regno Unito, ma ancora lontanissimi dal target del 2% fissato
dalla Bank of England. Secondo l'Office for National Statistics (ONS), ad agosto i
prezzi al consumo hanno registrato un incremento dello 0,6% su base annua, come
nel mese precedente, risultando poco sotto le attese degli analisti che erano per un
+0,7%.Su base mensile i prezzi al consumo sono saliti dello 0,3%, dopo il -0,1% del mese
di luglio. Le attese degli analisti erano +0,4%. A sostenere la crescita sono stati
soprattutto l'aumento dei prezzi alimentari, delle tariffe aeree e una flessione
modesta dei prezzi dei carburanti rispetto a un anno fa. Queste pressioni al rialzo sono
state compensate dalla caduta dei prezzi degli hotel, oltre al timido aumento dei prezzi
di alcolici, abbigliamento e calzature rispetto a un anno fa.
Segnali di recupero giungono dalla produzione nel Regno Unito, che ancora non
sembra subire le ripercussioni della Brexit, votata lo scorso giugno. Gli ultimi dati
diffusi dall'Istituto Nazionale di Statistica della Gran Bretagna (ONS) segnalano che
l'indice della produzione industriale ha registrato, nel mese di luglio, un incremento
dello 0,1% su mese come il mese precedente a fronte di un calo dello 0,2% atteso dagli
analisti. Il dato tendenziale evidenzia, invece, un'accelerazione del 2,1% dopo il +1,4%
rivisto del mese precedente (+1,6% la prima lettura). Il consensus stimava +1,9%. Resta
in panne, invece, la produzione manifatturiera, che mostra una discesa mensile dello
0,9% dopo il -0,2% rivisto di giugno (-0,3% la lettura preliminare) e contro il -0,4% del
45
consensus. A livello annuale, si registra una variazione positiva dello 0,8% (+1,7% le
attese del mercato) dopo il +0,6% rivisto di giugno (+0,9% la prima lettura).
Il tasso di disoccupazione in Gran Bretagna si attesta al 4,9% sui tre mesi a fine
luglio, secondo la rilevazione dell'Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro),
rimanendo stabile rispetto al mese precedente. Il dato è in linea con le attese degli
analisti.
Cresce il deficit della bilancia commerciale dei beni della Gran Bretagna,
attestandosi a 12,4 miliardi di sterline rispetto al passivo rivisto di 11,5 miliardi
registrato nel mese precedente (9,8 mld la prima lettura). Le attese erano per un calo
del deficit fino a 10 miliardi. Il dato reso noto dall'Office for National Statistics della
Gran Bretagna (ONS) fa riferimento al periodo che ha preceduto il referendum
britannico sulla Brexit e, proprio in vista del voto, il commercio è stato condizionato e
frenato dall'incertezza per l'esito referendario. In particolare, il commercio dei beni
verso i Paesi dell'UE ha generato un deficit di 8,3 miliardi, in aumento dai 8 miliardi
del mese precedente, mentre il disavanzo con i Paesi terzi è salito a 4,2 miliardi da 3,6
miliardi rivisti di maggio (2,5 miliardi la prima lettura). Per quanto riguarda la bilancia
commerciale complessiva, che include anche i servizi (surplus a 7,3 miliardi), il deficit
si attesta a 5,1 miliardi dai 4,2 miliardi precedenti.
Scende a 32,6 miliardi di sterline il deficit delle partite correnti in Gran Bretagna
relativo al 1° trimestre del 2016 rispetto a disavanzo di 34 mld del 4° trimestre. Il
dato, comunicato dall'Office for National Statistics del Regno Unito, si rivela
superiore al rosso di 27,1 mld atteso dagli analisti. Il deficit corrente si attesta così
al 6,9% del PIL in calo dal 7,2% del quarto trimestre.
46
1.3 Area Euro
Previsioni
Prosegue la ripresa economica nell’area dell’euro. Nel secondo trimestre del 2016
l’aumento del PIL in termini reali dell’area stato pari allo 0,3 per cento sul periodo
precedente, dopo lo 0,5 del primo trimestre. L’andamento è stato sospinto dalle
esportazioni nette e dal contributo ancora positivo della domanda interna. I dati
più recenti segnalano il protrarsi della crescita nel terzo trimestre dell’anno, con un
tasso all’incirca simile a quello del secondo trimestre.
La domanda interna continua a essere sorretta dalla trasmissione delle misure di
politica monetaria all’economia reale. Le favorevoli condizioni finanziarie e il
miglioramento delle prospettive della domanda e della redditività delle imprese
seguitano a promuovere la ripresa degli investimenti. I sostenuti incrementi
dell’occupazione, che beneficiano anche delle passate riforme strutturali, e i prezzi
ancora relativamente bassi del petrolio forniscono un ulteriore sostegno al reddito
disponibile reale delle famiglie e di conseguenza ai consumi privati. In aggiunta, si
prevede che l’orientamento fiscale nell’area dell’euro sia lievemente espansivo nel 2016
e che divenga sostanzialmente neutro nel 2017 e nel 2018.
Tuttavia, ci si aspetta che la ripresa economica nell’area sia frenata dalla
persistente debolezza della domanda estera, parzialmente connessa all’incertezza
in seguito all’esito del referendum nel Regno Unito, nonché dagli aggiustamenti di
bilancio necessari in diversi settori e dalla lenta attuazione delle riforme
strutturali.
Le proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate in settembre dagli
esperti della BCE indicano un incremento annuo del PIL in termini reali dell’1,7 per
cento nel 2016, dell’1,6 nel 2017 e dell’1,6 nel 2018. Rispetto all’esercizio condotto
in giugno dagli esperti dell’Eurosistema, le prospettive per l’espansione del PIL in
termini reali sono state riviste leggermente al ribasso. Secondo la stima rapida
dell’Eurostat, i tassi di inflazione dovrebbero aumentare ulteriormente nel 2017 e nel
2018. Il tasso annuo di inflazione misurato sullo IAPC è stimato dello 0,2 per cento nel
2016, dell’1,2 nel 2017 e dell’1,6 nel 2018. Rispetto all’esercizio di giugno condotto dagli
esperti dell’Eurosistema, le prospettive per l’inflazione armonizzata sono rimaste
sostanzialmente stabili.
47
In termini di anticipatori
Flash PMI Composito della Produzione nella zona Euro(1) a 52.6 (52.9.ad agosto).
Valore minimo su 20 mesi.
Flash PMI delle Attività Terziarie nella zona Euro(2) a 52.1 (52.8 ad agosto). Valore
minimo su 21 mesi.
Flash PMI del Manifatturiero nella zona Euro(3) a 52.6 (51.7 ad agosto). Valore
massimo su 3 mesi.
Flash PMI della Produzione Manifatturiera nella zona Euro(4) a 54.0 (53.3 ad agosto).
Valore massimo su 9 mesi.
Alla fine del terzo trimestre si assiste ad un leggero rallentamento della crescita
dell’economia dell’eurozona. Settembre segna il più lento aumento della produzione
congiunta del manifatturiero e del terziario da gennaio 2015.
48
La stima flash PMI® sulla Produzione Composita dell’eurozona di Markit è scivolata a
52.6, in flessione da 52.9 di agosto, indicando il valore minimo in 20 mesi. L’indice medio
del terzo trimestre (52.9) risulta inferiore a quello del secondo (53.1), indicando come
l’economia stia perdendo slancio, anziché guadagnarlo.
Guardando più attentamente, l’indice ha evidenziato tendenze di crescita contrastanti
tra settore manifatturiero e terziario. L’attività dei servizi è aumentata al tasso più
debole dalla fine del 2014, mentre la produzione manifatturiera ha indicato
l’espansione più rapida da dicembre dello scorso anno.
Le imprese manifatturiere hanno beneficiato della crescita più rapida sia dei nuovi
ordini (record su tre mesi) che delle esportazioni, queste ultime riportando lo slancio
più netto in due anni e mezzo.
A livello nazionale, la crescita della produzione tedesca è rallentata ai minimi su
16 mesi, riflettendo principalmente il netto rallentamento del terziario. La Francia,
nel frattempo, ha indicato il suo più rapido tasso di espansione economica da giugno
2015, superando la Germania per la prima volta in più di quattro anni. Sempre in
Francia, la crescita del settore dei servizi ha toccato a settembre un record su 15
mesi, controbilanciando ancora di più l’ulteriore stagnazione della produzione
manifatturiera. Il tasso di espansione generale al di fuori delle due principali nazioni
ha indicato un rallentamento ai minimi su 21 mesi
49
Consuntivo
Secondo l'Ufficio Statistico Europeo, (EUROSTAT), la seconda stima del PIL del
2° trimestre indica un incremento dello 0,3% su trimestre e dell'1,6% su anno.
Tali previsioni confermano la stima preliminare e sono in linea con le attese. Nel primo
trimestre dell'anno si era registrata una crescita più forte dell'economia dello 0,5%
su base trimestrale e dell'1,7% tendenziale. Nell'intera Unione Europea (UE)
l'economia ha registrato un progresso dello 0,4% congiunturale da un +0,5%
precedente, mentre rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente si è avuto uno
scatto avanti dell'1,8% dopo il +1,9% precedente.
Fonte:Eurostat
Anticipatori
In marginale miglioramento la fiducia dei consumatori di Eurolandia, anche se il
sentiment si conferma tendenzialmente negativo. Lo rivela l'ultimo sondaggio
condotto dalla Direzione Generale degli Affari Economici e Finanziari della Comunità
europea (DG ECFIN). La stima flash del dato sulla fiducia dei consumatori indica per il
mese di settembre un aumento a -8,2 punti rispetto al dato di agosto di -8,5. Il dato
risulta in linea con le attese degli analisti. Invece, nel complesso dell'Unione Europea
l'indicatore ha evidenziato un aumento più incisivo di 1,3 punti a quota -6,4.
La fiducia degli investitori della zona euro è ulteriormente migliorata in settembre.
50
L'indice elaborato dalla società di ricerca tedesca Sentix è infatti salito a 5,6 da 4,2
battendo le attese che convergevano su 5. "Con il secondo aumento consecutivo gli
indici economici Sentix hanno digerito lo shock della Brexit quasi completamente".
Alla fine del terzo trimestre si assiste ad un leggero rallentamento della crescita
dell’economia dell’eurozona. Settembre segna il più lento aumento della produzione
congiunta del manifatturiero e del terziario da gennaio 2015.
La stima flash PMI sulla Produzione Composita dell’eurozona di Markit è scivolata a
52.6, in flessione da 52.9 di agosto, indicando il valore minimo in 20 mesi. L’indice medio
del terzo trimestre (52.9) risulta inferiore a quello del secondo (53.1), indicando come
l’economia stia perdendo slancio, anziché guadagnarlo.
Elementi congiunturali
La produzione industriale, nei Paesi dell'Eurozona, ha registrato in media a luglio
una flessione dell'1,1% rispetto a giugno, quando era cresciuta dello 0,8%. Lo ha
reso noto Eurostat confermando l'andamento altalenante registrato da questo
importante indicatore economico negli ultimi mesi. Rispetto a un anno fa l'indice ha
segnato un calo dello 0,5%. Nel contesto dell'Eurozona l'Italia registra una crescita
dello 0,4% a luglio e una flessione dello 0,3 su base annua. Nell'insieme dei 28
Paesi Ue, la produzione industriale è diminuita dello 1% a luglio (era cresciuta dello
0,7% a giugno) e dello 0,1% rispetto a un anno fa. Tra i Paesi dell'Eurozona a pesare
di più sul calo dell'indice di luglio sono stati i risultati registrati in Slovacchia (15,9%), Repubblica Ceca (-9,7) e in Olanda (-5,8).
Si contrae il surplus della bilancia commerciale della Zona Euro nei confronti del
resto del mondo. A luglio si è registrato un avanzo di 25,3 miliardi di euro, in calo
rispetto ai 29,2 miliardi di giugno ed in aumento rispetto ai 31,1 miliardi di luglio 2015.
Il dato, reso noto dall'Istituto di statistica dell'Unione Europea, Eurostat, risulta
migliore delle stime degli analisti che avevano previsto un calo fino a 25 miliardi. Le
esportazioni sono scese del 10% a 167,2 miliardi di euro mentre le importazioni sono
calate dell'8% a 185,4 miliardi. L'interscambio commerciale all'interno dell'area
della moneta unica è sceso del 7% a 147,5 miliardi. Per l'intera Unione Europea (EU28) si è registrato surplus di 3,8 miliardi di euro, in calo rispetto al surplus di 12,7
miliardi registrato a luglio 2015. Le esportazioni e le importazioni sono scese
rispettivamente del 13% e dell'8%.
Confermata in leggera crescita l'inflazione dell'Eurozona, dopo i segnali di
deflazione arrivati nei mesi precedenti sulla scia della caduta delle quotazioni del
petrolio. Secondo l'Ufficio statistico europeo (Eurostat), nel mese di agosto, i prezzi
51
al consumo sono saliti dello 0,2% su base tendenziale, come indicato nella stima flash
di fine agosto e dal consensus. Nel mese di luglio si era registrato un rialzo dello
0,2%.Su base mensile i prezzi al consumo sono saliti dello 0,1% dopo il -0,6% di luglio.
Anche in questo caso, il dato centra le previsioni del mercato. L'inflazione core
(depurata dalle componenti più volatili quali cibi freschi, energia, alcool e tabacco)
evidenzia un incremento dello 0,8% su base annua, come a luglio, lontano dal target del
2% fissato dalla BCE.
Cresce il tasso di occupazione della Zona Euro nei secondi tre mesi del nuovo anno,
allo stesso ritmo dei tre mesi precedenti, ossia dello 0,4%. A livello tendenziale
l'occupazione è salita invece dell'1,4% dopo il +1,4% del trimestre precedente,
deludendo le attese degli analisti che erano per un +1,6%. Il dato è stato reso noto
dall'Istituto di Statistica dell'Unione Europea (Eurostat). Nell'intera Unione Europea
(UE28) il numero degli occupati è salito dello 0,3% su base trimestrale, registrando
una variazione positiva dell'1,5% su base tendenziale. L'Eurostat stima che nel secondo
trimestre del 2016, 232,1 milioni di uomini e donne sono stati impiegati nell'Intera
Unione Europea, registrando il livello più alto mai registrato; 153,3 milioni sono stati
occupati nella zona euro, livello più alto dal quarto trimestre del 2008.
Più vendite in Europa a luglio. Dopo il collasso del mese di giugno, perlopiù causato
dallo choc della Brexit, i consumatori europei sono tornati a spendere a luglio. Secondo
l'Eurostat, le vendite al dettaglio sono rimbalzate dell'1,1% dopo che il mese
precedente erano scese dello 0,1% (invariato il dato preliminare). Il dato si rivela
superiore alle attese degli analisti, che avevano stimato una crescita dello 0,6%. Su
base annua le vendite hanno evidenziato un aumento del 2,9%, superiore al +1,7% di
giugno, risultando anche in questo caso superiore alle previsioni del mercato che erano
per un +1,9%. Le vendite nell'Europa a 28 hanno registrato una variazione pari a +1%
su base mensile (-0,2% a giugno), mentre su base annua hanno riportato un +3,5%
(+2,5% il mese precedente).
Il tasso di disoccupazione della zona euro a luglio è rimasto stabile al 10,1%,
secondo i dati diffusi dall'ufficio statistico Eurostat. Il consensus raccolto in un
sondaggio Reuters convergeva su una lieve riduzione del tasso di disoccupazione, al
10,0%. Per quanto riguarda i 28 paesi dell'Unione europea, il mese scorso il tasso di
disoccupazione si è attestato all'8,6%, anche in questo caso stabile rispetto a giugno.
52
Indicatori finanziari
M3
L’espansione monetaria è rimasta robusta nel secondo trimestre 2016, in luglio e
in agosto. La crescita dei prestiti ha inoltre continuato a evidenziare una graduale
ripresa. Ancora una volta, le fonti interne di creazione di moneta sono state la
principale determinante della crescita dell’aggregato monetario ampio. I bassi tassi di
interesse, nonché gli effetti delle misure non convenzionali di politica monetaria della
BCE, continuano a favorire le dinamiche monetarie e creditizie.
Le banche hanno trasmesso le proprie condizioni favorevoli di finanziamento
abbassando i tassi attivi e allentando i criteri di affidamento, sostenendo così la
ripresa della crescita dei prestiti.
Si stima che nel secondo trimestre 2016 il flusso annuo dei finanziamenti esterni totali
alle società non finanziarie (SNF) sia aumentato.
L’aggregato monetario ampio ha continuato a crescere a un ritmo sostenuto. Il tasso
di crescita sui dodici mesi di M3 è lievemente diminuito, al 4,8 per cento nel luglio di
quest’anno, dopo essersi collocato intorno al 5,0 per cento a partire da aprile 2015.
L’espansione di M3 ha continuato a essere trainata dalle sue componenti più liquide,
sullo sfondo di un basso costo‑ opportunità di detenere depositi liquidi in un contesto
caratterizzato da tassi di interesse molto bassi e da una curva dei rendimenti piatta.
La crescita robusta di M3 riflette inoltre l’impatto delle misure non convenzionali di
politica monetaria, in particolare gli afflussi collegati alla vendita di titoli da parte del
settore detentore di moneta nell’ambito del programma di acquisto di attività (PAA) e
le operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT) dell’Eurosistema.
Il tasso di crescita di M1 è andato riducendosi negli ultimi mesi, dopo il picco toccato
nel luglio 2015, ma resta comunque elevato.
Nel mese di agosto, i prestiti alle famiglie hanno registrato una crescita annua
dell'1,8% e quelli alle imprese sono aumentati dell'1,9%: entrambi risultano sugli
stessi livelli del mese precedente. Facendo il paragone con il mese precedente, i
finanziamenti alle famiglie sono aumentati di 7 miliardi di euro (meno dei 9 miliardi del
mese prima), mentre quelli alle imprese sono calati di 1 miliardo (+11 miliardi a luglio).
L'aggregato della massa monetaria M3, che comprende depositi e prestiti ha
accelerato leggermente al 5,1% dal 4,9% precedente.
53
Bilancia dei pagamenti – Partite correnti
A luglio i flussi di investimenti nella zona euro hanno segnato un incremento ma il saldo
positivo delle partite correnti si è ridotto, in buona parte per il calo del surplus
commerciale. Il surplus delle partite correnti destagionalizzato è infatti sceso a 21
miliardi di euro da 29,5 miliardi di euro di giugno, mentre i flussi d'investimento
diretti/portafoglio sono balzati a 72,1 miliardi di euro da 6 miliardi di euro del mese
precedente.
54
Bollettino BCE
Settembre 2016
La crescita mondiale è rimasta moderata nella prima metà del 2016. In prospettiva,
dovrebbe mostrare una graduale ripresa. I bassi tassi di interesse, i miglioramenti nei
mercati del lavoro e il clima di fiducia più positivo sostengono le prospettive per le
economie avanzate, benché nel Regno Unito l’incertezza generata dal referendum sulla
permanenza nell’UE graverà sulla domanda nazionale. Quanto alle economie di mercato
emergenti, è atteso un rallentamento dell’attività economica in Cina, mentre le
prospettive per i grandi esportatori di materie prime rimangono modeste malgrado
qualche timido segnale di stabilizzazione. I rischi per le prospettive dell’attività
mondiale restano orientati verso il basso.
Tra gli inizi di giugno e i primi di settembre i mercati finanziari dell’area dell’euro e del
resto del mondo si sono mantenuti relativamente calmi, fatta eccezione per il periodo
circoscritto intorno alla data del referendum britannico. A ridosso del voto del 23
giugno si è osservato un incremento della volatilità nei mercati finanziari mondiali, con
un picco all’indomani della consultazione. La volatilità è quindi diminuita e gran parte
delle categorie di attività ha recuperato le perdite subite. Al tempo stesso, nell’area
dell’euro i rendimenti delle obbligazioni a lungo termine sono rimasti su livelli
significativamente inferiori a quelli registrati prima del referendum e le azioni bancarie
hanno continuato a evidenziare una performance più negativa rispetto all’indice di
mercato generale.
Prosegue la ripresa economica nell’area dell’euro. Nel secondo trimestre del 2016
l’aumento del PIL in termini reali dell’area stato pari allo 0,3 per cento sul periodo
precedente, dopo lo 0,5 del primo trimestre. L’andamento è stato sospinto dalle
esportazioni nette e dal contributo ancora positivo della domanda interna. I dati più
recenti segnalano il protrarsi della crescita nel terzo trimestre dell’anno, con un
tasso all’incirca simile a quello del secondo trimestre.
In prospettiva, il Consiglio direttivo si attende che la ripresa economica proceda a un
ritmo moderato ma costante. La domanda interna continua a essere sorretta dalla
trasmissione delle misure di politica monetaria all’economia reale. Le favorevoli
condizioni finanziarie e il miglioramento delle prospettive della domanda e della
redditività delle imprese seguitano a promuovere la ripresa degli investimenti. I
sostenuti incrementi dell’occupazione, che beneficiano anche delle passate riforme
strutturali, e i prezzi ancora relativamente bassi del petrolio forniscono un ulteriore
55
sostegno al reddito disponibile reale delle famiglie e di conseguenza ai consumi privati.
In aggiunta, si prevede che l’orientamento fiscale nell’area dell’euro sia lievemente
espansivo nel 2016 e che divenga sostanzialmente neutro nel 2017 e nel 2018. Tuttavia,
ci si aspetta che la ripresa economica nell’area sia frenata dalla persistente
debolezza della domanda estera, parzialmente connessa all’incertezza in seguito
all’esito del referendum nel Regno Unito, nonché dagli aggiustamenti di bilancio
necessari in diversi settori e dalla lenta attuazione delle riforme strutturali.
Le proiezioni macroeconomiche per l’area dell’euro formulate in settembre dagli
esperti della BCE indicano un incremento annuo del PIL in termini reali dell’1,7 per
cento nel 2016, dell’1,6 nel 2017 e dell’1,6 nel 2018. Rispetto all’esercizio condotto
in giugno dagli esperti dell’Eurosistema, le prospettive per l’espansione del PIL in termini
reali sono state riviste leggermente al ribasso. Secondo la valutazione del Consiglio
direttivo, i rischi per le prospettive di crescita dell’area dell’euro rimangono orientati
verso il basso e sono principalmente riconducibili al contesto esterno.
Secondo la stima rapida dell’Eurostat, i tassi di inflazione dovrebbero aumentare
ulteriormente nel 2017 e nel 2018. Il tasso annuo di inflazione misurato sullo IAPC è
stimato dello 0,2 per cento nel 2016, dell’1,2 nel 2017 e dell’1,6 nel 2018. Rispetto
all’esercizio di giugno condotto dagli esperti dell’Eurosistema, le prospettive per
l’inflazione armonizzata sono rimaste sostanzialmente stabili.
56
NEWS dal mondo
(fonti: varie, ICE, Farnesina)
Europa
Portogallo
Il programma di salvataggio da parte dei creditori internazionali Ue e Fondo
monetario internazionale messo a punto dal Portogallo va considerato un "successo
relativo", che ha permesso a Lisbona di tornare a fare raccolta sui mercati ma lasciato
un debito elevato, un settore bancario debole e un tasso di disoccupazione ancora
alto.
Nella valutazione Fmi sul programma di complessivi 78 miliardi di euro, erogati tra il
2011 e il 2014, cui l'organizzazione basata a Washington ha contribuito per un terzo,
si legge che il percorso di consolidamento fiscale non è stato portato completamente
a termine e il livello del debito non si è stabilizzato, come invece i creditori
auspicavano. "Il programma è stato un successo relativo", scrive il Fondo, precisando
che gli aiuti internazionali hanno comunque contenuto la crisi del debito ed evitato il
collasso delle banche.
"Al Portogallo resta però ancora da fare: il debito pubblico e quello privato
rimangono elevati, i bilanci delle banche continuano a mostrare punti di debolezza,
il tasso di disoccupazione è a due cifre e il differenziale di competitività si è
chiuso soltanto parzialmente".
Finlandia
L'economia finlandese ha davanti a sé anni di bassa crescita dopo una stagnazione
durata circa un decennio. E' quanto prevede il ministero delle Finanze, che stima un
incremento del Pil di 1,1% quest'anno e di 0,9% nel 2017.
Nel 2018, secondo le proiezioni del ministero, la crescita dovrebbe riaccelerare
lievemente, segnando +1,1%, mentre nel biennio successivo si dovrebbe attestare a
+1,3%.
Spagna
L'economia spagnola continua a crescere a ritmi sostenuti, marciando un passo
avanti alla florida Germania. La lettura definitiva del PIL spagnolo del 2° trimestre,
pubblicata dall'Istituto Nazionale spagnolo (INE), ha superato i dati preliminari
(+0,7%) e segnala un aumento su base trimestrale dello 0,8%, come nel trimestre
57
precedente. Su base annua il Prodotto Interno Lordo ha registrato un incremento del
3,2%, che conferma la prima lettura, risultando in lieve decelerazione rispetto al +3,4%
del primo trimestre.
Grecia
Il Prodotto Interno Lordo cresce a un tasso di espansione inferiore a quanto
stimato dall'Ufficio Nazionale di Statistica. A metà agosto, infatti, era stata
prevista una crescita del PIL dello 0,3%, nel secondo trimestre, mentre il dato
definitivo ha evidenziato un'espansione solo dello 0,2%. Nel primo trimestre, il PIL
ellenico aveva registrato una contrazione dello 0,2%. Su base annua, il PIL è sceso dello
0,9% più del -0,7% indicato nella stima preliminare. Secondo le ultime previsioni della
Commissione Europea, l'economia della Grecia dovrebbe restare in recessione per
l'intero 2016.
Esattamente un anno fa, tra il 14 e 15 agosto, l’Unione Europea approvò il terzo
“bail-out” per la Grecia, un pacchetto di aiuti da 86 miliardi che portò il totale di
fondi destinati al paese nel corso degli ultimi cinque anni a un totale di 326 miliardi di
euro, la più grande operazione di salvataggio della storia. Un anno dopo l’economia
greca sembra mostrare tenui segnali di ripresa: nel secondo trimestre del 2016 il PIL
è cresciuto leggermente più delle aspettative, mentre Commissione Europea e agenzie
di rating stimano che l’anno prossimo il paese crescerà di circa il 2,5 per cento. Ma
nonostante le speranze delle istituzioni, per i greci la situazione continua ad essere
molto complicate. La corrispondente da Atene del Guardian, Helena Smith, ha scritto
in un recente articolo che ormai, tra i greci, «Il fatalismo sta rapidamente prendendo
il posto del pessimismo».
Lo scorso maggio i ministri delle Finanze dell’area euro hanno deciso di “alleggerire”
il debito greco, una scelta che secondo il Fondo Monetario Internazionale e
moltissimi esperti è necessaria per rimettere in sesto l’economia del paese.
Alleggerire significa ritardare le scadenze dei pagamenti sui debiti che la Grecia ha
contratto con gli altri paesi europei. Per anni l’alleggerimento è stato politicamente
impraticabile, in particolare per l’opposizione della Germania, che temeva di creare un
incentivo perverso ad altri paesi europei.
Al momento l’alleggerimento è previsto per il 2018, quando terminerà il programma
di aiuti in corso. In cambio, la Grecia dovrà implementare nuove e costose riforme e
mantenere un elevato tasso di crescita, in modo da non avere bisogno di nuovi aiuti
oltre a quelli che ha già concordato. Se queste condizioni non dovessero verificarsi, ai
governi europei e greci rimarranno poche alternative: alleggerire immediatamente il
debito, concordare un nuovo piano di aiuti in cambio di altre riforme oppure far uscire
la Grecia dall’euro, con tutte le imprevedibili conseguenze che questo avrà tanto per la
Grecia stessa quanto per il resto dell’Europa.
58
Russia
Il prodotto interno lordo della Russia ha segnato una contrazione tendenziale dello
0,6%% nel secondo trimestre, con una flessione meno accentuata di quella registrata
nei primi tre mesi, fatto che lascia intravedere una stabilizzazione progressiva
dell'economia dopo un anno e mezzo di crisi. Il dato e' stato diffuso da Rosstat,
agenzia federale statistica, e risulta in linea con le stime del Ministero dell'Economia.
Nel primo trimestre, il pil aveva segnato un arretramento tendenziale dell'1,2%. La
flessione dei prezzi del petrolio e le sanzioni economiche imposte dall'Occidente per
la crisi ucraina hanno determinato la difficile congiuntura economica russa: si e'
trattato della recessione piu' lunga degli ultimi sedici anni. In un rapporto pubblicato
all'inizio di questa settimana, la banca centrale russa ha stimato per il pil nel secondo
trimestre una crescita congiunturale dello 0,2%-0,3%, affermando che "la recessione
e' alle spalle" anche se il prossimo futuro riserva solo una modesta crescita economica.
Svezia
Secondo trimestre consecutivo di frenata per l'economia svedese. Secondo quanto
comunicato venerdì da Statistiska centralbyrån, l'ufficio di statistica di Stoccolma, il
Pil della Svezia ha infatti registrato nel secondo trimestre un progresso dello
0,3% su base sequenziale rettificata stagionalmente, contro lo 0,4% segnato nei primi
tre mesi del 2016 (e l'1,6% del quarto trimestre 2015), rivisto dallo 0,5% preliminare.
Si tratta della lettura più debole dal declino dello 0,3% del secondo trimestre 2013 e
si confronta con il progresso dello 0,6% atteso dagli economisti. Su base annuale la
crescita del Pil, rettificata per numero di giorni lavorati, è stata del 3,1% contro il
4,2% del primo trimestre (4,9% nell'ultimo periodo del 2015) e il 3,6% del consensus.
Turchia
Il Fondo Monetario Internazionale si aspetta che la crescita del Pil turco restera'
pari al 3,8% nel 2016, come lo scorso anno, per poi rallentare al 3,4% nel 2017. Per
l'Fmi, si legge nel World Economic Outlook, il significativo aumentodel salario minimo
sta sostenendo la domanda interna, compensando glieffetti negativi dell'incertezza
geopolitica, della debole domanda estera e del rallentamento della crescita del credito.
Sempre sul fronte macroeconomico, il Fondo vede l'inflazione al 9,8% nel 2016 e
all'8,8% nel 2017 e la disoccupazione al 10,8% quest'anno e al 10,5% il prossimo.
Svizzera
Il "divorzio" britannico dall'Unione europea avrà ripercussioni sull'economia
elvetica. Ne è convinta la Banca cantonale di Zurigo (ZKB) che ha abbassato le
59
previsioni per l'anno corrente riguardanti il Pil dall'1,2% all'1,1%. Il rallentamento
congiunturale sulla scia della "Brexit" dovrebbe proseguire anche l'anno prossimo,
secondo la maggiore banca cantonale svizzera: invece dell'1,1% stimato in precedenza,
ora gli esperti pronosticano un +0,9%.
Le moderate previsioni di crescita vengono giustificate dall'istituto soprattutto con
l'apprezzamento del franco. Appena noti i risultati del referendum britannico, la
moneta nazionale si è apprezzata sull'euro; il franco rimane ancora per molti investitori
la moneta rifugio per eccellenza. Un franco forte rappresenta una palla al piede per
l'industria di esportazione elvetica. Ciò spiega anche gli interventi della Banca
nazionale svizzera sul mercato dei cambi.
Nonostante queste azioni "tampone", la ZKB stima un ulteriore apprezzamento del
franco dopo la "Brexit": il cambio dovrebbe attestarsi a 1,07 franchi per un euro. Prima
del voto, la banca prevedeva ancora un rapporto 1:1,10 franchi. L'ulteriore rincaro del
franco dovrebbe presto ripercuotersi sull'economia, secondo gli esperti. A questo
effetto monetario si dovrebbe aggiungere verso la fine dell'anno anche un
indebolimento della domanda da parte dei mercati europei.
La ZKB è il primo istituto che ha abbassato le previsioni del Pil dopo la consultazione
degli elettori britannici. A ruota potrebbe seguire il KOF del Politecnico federale di
Zurigo. Venerdì scorso, il direttore del centro di ricerca congiunturale, Jan-Egbert
Sturm, ha dichiarato che una simile decisione avrebbe costretto l'istituto a rivedere
le proprie prospettive. Diverso invece l'atteggiamento di UBS: la grande banca non
intravvede per il momento alcun motivo per modificare le proprie previsioni.
Islanda
C'è un Paese che non sembra assolutamente accusare l'attuale rallentamento della
crescita globale: l'Islanda. La Banca Centrale del Paese nordeuropeo ha alzato i tassi
di interesse di 0,25 punti percentuali al 5,75% per scongiurare un'eccessiva crescita
dell'inflazione nel lungo periodo dovuta a sua volta dal boom economico.
Quest'anno il PIL dovrebbe crescere del 4,6%, circa mezzo punto percentuale in
più rispetto a quanto previsto dallo stesso Istituto lo scorso mese di agosto, grazie
all'accelerazione dei consumi privati, visti in aumento del 7%.
Quanto all'inflazione, secondo la Banca Centrale islandese, detta Sedlabanki, per ora
i prezzi sono più bassi di quanto stimato ad agosto e ancora sotto il target,
principalmente a causa del continuo declino dei prezzi di greggio e commodities e del
deprezzamento della corona. Tuttavia nel lungo termine i prezzi dovrebbero balzare
ben al di sopra del target, spinti dal forte incremento salariale, e non dovrebbero
tornare nei ranghi prima del 2018.
60
Finlandia
Spirano venti di burrasca, in Finlandia. Il Governo del Paese, da tempo alle prese
con una serie di misure per porre fine alla lunga recessione che lo scorso anno ha
causato la perdita della Tripla A, ha annunciato le misure forse più impopolari in
assoluto: una serie di tagli ai benefici dei lavoratori. Ad essere sforbiciati saranno il
costo unitario del lavoro, le retribuzioni per i lavori straordinari e domenicali, i giorni
festivi e alcune festività retribuite nel settore bancario.
Inoltre il primo giorno di malattia non sarà retribuito. Queste decisioni, volute dal
Governo del neoeletto Premier Juha Sipila, hanno immediatamente generato
malcontento tra i lavoratori. Secondo i sindacati impatteranno negativamente
soprattutto sulle donne e sui lavoratori con salari più bassi. Si calcola una perdita
annuale di 1.500 euro, che aumenta nel caso di lavori in cui vi sono numerose presenze
domenicali e straordinari. Sipila ha tentato di placare gli animi, spiegando che il taglio
costo unitario del lavoro aumenterà l'occupazione di 2,5 punti percentuali, che si
traduce in 50 mila nuovi posti di lavoro.
In cambio dell'austerity l'Esecutivo promette di ridurre la pressione fiscale sui redditi
da lavoro di ben 1 miliardo di euro.
America del nord
Canada
Segnali positivi giungono dal Canada dove il Prodotto Interno Lordo registra
un'espansione più del previsto. A giugno, il PIL canadese ha messo a segno un
incremento mensile dello 0,6% contro attese degli analisti per una crescita più
contenuta, ovvero dello 0,4%. A luglio, la Bank of Canada ha lasciato invariati i tassi di
interesse centrando le attese del mercato, e replicando il copione dei mesi precedenti.
In quell'occasione, l'istituto guidato da Stephen S. Poloz, ha tagliato le previsioni di
crescita stimando un PIL in crescita dell'1,3% per l'anno in corso, a fronte del +1,7%
indicato in precedenza.
Asia e Oceania
Malesia
La disoccupazione in Malesia non solo è cresciuta, nel mese di agosto, ma è risultata
anche superiore alle attese degli economisti, che indicavano un livello stabile del tasso
dei senza lavoro. Secondo l'ufficio statistico malese, il tasso di disoccupazione ha
61
registrato un aumento di 1 punto base, attestandosi al 3,5% dal 3,4% del mese
precedente.
Nuova Zelandia
Crescita ancora sostenuta per la Nuova Zelanda nel 2° trimestre, grazie al buon
andamento del settore costruzioni, che ha contribuito al valore aggiunto del PIL, ed
alla forte crescita dell'export e della domanda interna. Nel 2° trimestre c'è stata una
espansione del PIL dello 0,9%, inferiore all'1,1% atteso dagli economisti, mentre su
base tendenziale il prodotto interno lordo è aumentato del 3,6%, poco sotto il 3,7%
del consensus. Questa evoluzione, pur inferiore alle attese, stempera le attese di un
nuovo taglio dei tassi della banca centrale.
Australia
Si rafforza l'economia australiana grazie soprattutto al ritorno agli acquisti da parte
dei consumatori. Nel secondo trimestre, il PIL è salito del 3,3% rispetto al +3%
dello stesso trimestre di un anno fa, centrando le stime degli analisti. Su base
trimestrale il progresso è stato dello 0,5%. Ottimista sull'economia dell'Australia è
l'agenzia di rating Moody's, che ha confermato il giudizio "AAA" con un outlook
stabile. Il debito del Paese si è aggiudicato il massimo rating per via della "resilienza"
della sua economia in un ambiente globale incerto e il suo "quadro istituzionale molto
forte", spiegava l'agenzia nella nota diffusa lo scorso agosto. la Reserve Bank
d’Australia ha lasciato invariati i tassi di interesse dopo il taglio deciso ad agosto.
Il costo del denaro resta così al minimo storico, ovvero all'1,5%. L'ultimo ritocco, al
ribasso, era arrivato lo scorso mese, quando la RBA aveva tagliato il costo del denaro
dello 0,25 per cento portandolo ai nuovi minimi storici. Per Glenn Stevens si è
trattata dell’ultima riunione come governatore. Sotto di lui i tassi sono scesi dal 6%
all'1,5%. Il prossimo 17 settembre, il banchiere lascerà il suo incarico dopo ben 10 anni,
lasciando spazio all'attuale vice governatore Philip Lowe.
62
Previsioni dei principali Istituti
(CE, FMI, OCSE, BCE)
63
OCSE settembre 2016
64
FMI Luglio 2016
Pil reale
65
Banca Mondiale
Pil giugno 2016
66
Pil
OCSE giugno 2016
67
Commissione europea
Maggio 2016
68
FMI
Aprile 2016
69
Ocse
Marzo 2016
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2. ECONOMIA INTERNA
Sommario
2.1 Indicatori di Economia reale
2.2 Indicatori di Economia finanziaria
2.3 Previsioni
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1. Economia Interna
L'Italia torna alla crescita zero, dopo il piccolo segnale di recupero di inizio anno, in
linea con il rallentamento dell'economia mondiale, ma peggio della Germania, che ha
mantenuto un solido tasso di crescita anche a metà anno, e dell'Eurozona, che mostra
una moderato tasso di espansione. Secondo l'Istat, nel 2° trimestre il PIL è rimasto
invariato rispetto al trimestre precedente (dato corretto per gli effetti di calendario
e destagionalizzato). Su base annua è aumentato dello 0,7%.
Clima di fiducia consumatori e imprese Istat. Il clima di fiducia dei consumatori
passa da 109,1 a 108,7. L'indice composito del clima di fiducia delle imprese,
invece, registra un aumento, passando da 99,5 a 101 e si attesta sui livelli dello
scorso giugno. Il clima economico e quello futuro, dopo il peggioramento registrato
nei mesi precedenti, tornano a crescere, seppure con intensità diverse: il primo sale
da 125,7 a 128 mentre il secondo passa da 112,2 a 112,8.
Fatturato e ordinativi. A luglio, rispetto al mese precedente, nell'industria si rileva
un incremento del 2,1% per il fatturato, mentre gli ordinativi segnano una flessione (10,8%). L'aumento del fatturato sia dovuto al positivo andamento del mercato interno
(+3,2%), mentre il mercato estero è rimasto stabile. L'indice grezzo del fatturato
cala, in termini tendenziali, del 6,7%. Nel confronto con il mese di luglio 2015,
l'indice grezzo degli ordinativi segna un calo dell'11,8%.
Attività Produttiva. Accelera l'attività industriale italiana a luglio, scacciando i
dubbi sulla forza della ripresa economica in atto. A luglio 2016 l’indice
destagionalizzato della produzione industriale è aumentato dello 0,4% rispetto a
giugno, con variazioni congiunturali positive in tutti i principali raggruppamenti.
Il dato della produzione industriale risulta invece in calo a livello tendenziale, dello
0,3%.
Prezzi al consumo Nel mese di agosto 2016, l’indice nazionale dei prezzi al consumo
per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,2%
su base mensile e una diminuzione dello 0,1% su base annua facendo registrare lo
stesso tasso tendenziale di luglio. La stima preliminare è confermata.
Il prolungarsi della flessione dei prezzi su base annua è la sintesi di dinamiche di segno
opposto che, in gran parte, si compensano.
Occupati e disoccupati Ad agosto la stima degli occupati registra un lieve
incremento rispetto a luglio (+0,1%, pari a +13 mila unità), dopo il calo registrato
il mese precedente (-0,3%). Il tasso di occupazione è stabile al 57,3%. Il tasso di
disoccupazione, pari all’11,4%, è invariato rispetto al mese precedente.
72
2.1 Indicatori di Economia reale
Pil reale II° trim.2016
L'Italia torna alla crescita zero, dopo il piccolo segnale di recupero di inizio anno, in
linea con il rallentamento dell'economia mondiale, ma peggio della Germania, che ha
mantenuto un solido tasso di crescita anche a metà anno, e dell'Eurozona, che mostra
una moderato tasso di espansione. Secondo l'Istat, nel 2° trimestre il PIL è rimasto
invariato rispetto al trimestre precedente (dato corretto per gli effetti di
calendario e destagionalizzato). Su base annua è aumentato dello 0,7%. Entrambi
i dati offrono un chiaro segnale rallentamento rispetto alla crescita del trimestre
precedente. Il secondo trimestre del 2016 ha avuto una giornata lavorativa in più del
trimestre precedente e una giornata lavorativa in più rispetto al secondo trimestre
del 2015. La variazione acquisita per il 2016 è pari a +0,6%.
La variazione congiunturale è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei
comparti dell’agricoltura e dei servizi e di una diminuzione in quello dell’industria.
Dal lato della domanda, vi è un lieve contributo negativo della componente nazionale (al
lordo delle scorte), compensato da un apporto positivo della componente estera netta.
Fonte Istat
Nello stesso periodo il PIL è aumentato in termini congiunturali dello 0,6% nel Regno
Unito e dello 0,3% negli Stati Uniti, mentre ha segnato una variazione nulla in Francia.
In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 2,2% nel Regno Unito, dell’1,4%
in Francia e dell’1,2% negli Stati Uniti.
Nel complesso, secondo la stima diffusa il 29 luglio scorso da Eurostat, il PIL dei paesi
dell’area Euro è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dell’1,6%
nel confronto con lo stesso trimestre del 2015.
73
Prospettive di breve termine (Istat)
L'economia italiana ha interrotto la fase di crescita, la fiducia dei consumatori
da inizio anno è andata via via deteriorandosi e lo scenario per i prossimi mesi non
lascia ipotizzare recuperi significativi della dinamica dei prezzi. A fotografare tale
situazione economica italiana è l'Istat che, nei giorni scorsi, ha certificato la crescita
zero del Belpaese, nel secondo trimestre, dopo il recupero registrato nei trimestri
precedenti. Nella nota mensile sull'andamento dell'economia tricolore, l'Ufficio
nazionale di statistica, spiega che l'indicatore anticipatore dell'economia rimane
negativo a luglio, suggerendo per i prossimi mesi un "proseguimento della fase di
debolezza dell'economia italiana". Quanto alle aspettative dei consumatori, hanno
segnato un "generale peggioramento" come sintesi di giudizi negativi sul clima
economico e sulla disoccupazione. La fiducia dei consumatori ha evidenziato una nuova
contrazione dopo il parziale recupero del mese di luglio: da gennaio l'indicatore ha
perso circa 9 punti.
Anticipatori
Zew. L'indice di fiducia di analisti e investitori sulle prospettive dell'economia
italiana risale ancora dopo il calo di agosto, ma resta in territorio negativo. E' quanto
emerge dall'indagine congiunturale a cura dell'istituto di ricerca tedesco Zew, sulla
base della quale viene elaborato l'omonimo indice italiano, passato a -0,5 da -4,9 di
agosto. Più marcato il rimbalzo rilevato nella zona euro, dove l'indice si è portato a +5,4
da +4,6.
74
PMI Markit. L’indice Pmi dei servizi in Italia è salito a 52,3 punti dai 52 di luglio e
meglio dei 51,9 attesi dal consensus. Tuttavia l’indice PMI composite, che comprende
sia l’indice Pmi manifatturiero che quello dei servizi scende a 51,9 dai 52,2 di luglio
L'indice Pmi servizi, elaborato da Markit/Adaci, è salito a 52,3 in agosto da 52,0 del
mese precedente, distanziandosi ulteriormente dalla soglia dei 50 punti che separa le
rilevazioni di crescita da quelle di contrazione del settore.
Le attese degli economisti, elaborate da Reuters, erano per un indice in lieve calo, a
quota 51,9. Risulta comunque in calo, in agosto, il Pmi composito italiano, che
combina le indicazioni giunte dal settore servizi e da quello manifatturiero: l'indice
passa a 51,9 punti dai 52,2 di luglio. L'economia italiana, uscita nel 2015 da un
triennio di recessione, ha progressivamente rallentato negli ultimi trimestri, fino a
fermarsi nel secondo del 2016.
Clima di fiducia consumatori e imprese, Istat. Il clima di fiducia dei consumatori
passa da 109,1 a 108,7. L'indice composito del clima di fiducia delle imprese,
invece, registra un aumento, passando da 99,5 a 101 e si attesta sui livelli dello
scorso giugno . Lo rivela l'ISTAT che spiega che tra le componenti del clima di fiducia
dei consumatori quella personale e quella corrente diminuiscono, mentre il clima
economico e quello futuro, dopo il peggioramento registrato nei mesi precedenti,
tornano a crescere, seppure con intensità diverse: il primo sale da 125,7 a 128 mentre
il secondo passa da 112,2 a 112,8.
I giudizi dei consumatori riguardo la situazione economica del Paese registrano un
miglioramento (il saldo passa da -60 a -53) mentre le aspettative si confermano in
discesa per il quinto mese consecutivo (da -15 a -18 il relativo saldo).
Per quanto riguarda le imprese, nel mese di settembre si registra un diffuso
miglioramento della fiducia: il clima sale in tutti e quattro i settori considerati. La
crescita è più marcata nel commercio al dettaglio (l'indice sale da 97,4 a 102) e più
lieve negli altri settori: nella manifattura l'indice passa da 101,1 a 101,9, nelle
costruzioni da 123,5 a 125,3 e nei servizi di mercato passa da 102,5 a 103,7.
Le attese sull'andamento dell'economia in generale rimangono stabili (il saldo si
attesta a quota 3). Nel commercio al dettaglio migliorano sia i giudizi sulle vendite
correnti (il saldo passa da -4 a 3) sia le attese sulle vendite future (da 17 a 24). Il
saldo sulle scorte di magazzino rimane invariato a quota 14.
Elementi congiunturali
Fatturato e ordinativi
E' contrastata la situazione dell'industria italiana che vede gli ordinativi in calo,
confermando la fase di difficoltà dell'economia e il fatturato in crescita.
75
A luglio, rispetto al mese precedente, nell'industria si rileva un incremento del 2,1%
per il fatturato, mentre gli ordinativi segnano una flessione (-10,8%). Lo rivela l'
ISTAT che spiega come l'aumento del fatturato sia dovuto al positivo andamento del
mercato interno (+3,2%), mentre il mercato estero è rimasto stabile.
L'indice grezzo del fatturato cala, in termini tendenziali, del 6,7%. Il contributo
negativo più ampio viene dalla componente interna dei beni intermedi.
Nel confronto con il mese di luglio 2015, l'indice grezzo degli ordinativi segna un
calo dell'11,8%. L'incremento più rilevante si registra nei prodotti elettronici
(+20%), mentre la flessione maggiore si osserva nella fabbricazione di mezzi di
trasporto (-35,6%) e in particolare nel settore della cantieristica.
Fonte: Istat
Attività Produttiva
Accelera l'attività industriale italiana a luglio, scacciando i dubbi sulla forza della
ripresa economica in atto. A luglio 2016 l’indice destagionalizzato della produzione
industriale è aumentato dello 0,4% rispetto a giugno, con variazioni congiunturali
positive in tutti i principali raggruppamenti.
Il dato della produzione industriale risulta invece in calo a livello tendenziale, dello
0,3%: l'indice generale corretto per gli effetti di calendario appare condizionato dal
marcato calo del comparto dell’energia (-10,1%). Aumenti si rilevano invece in tutti gli
altri principali comparti: beni intermedi, 1,7%; beni strumentali, +1,1%; beni di consumo,
+0,2%. Nella media dei primi sette mesi dell’anno la produzione è aumentata dello 0,6%
rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
76
Fonte: Istat
Vendite del commercio fisso al dettaglio
A luglio 2016 le vendite al dettaglio registrano una diminuzione congiunturale dello
0,3% sia in valore sia in volume. Lo rivela l'ISTAT che spiega che la flessione è
imputabile ai prodotti non alimentari, le cui vendite calano dello 0,5% in valore e
dello 0,4% in volume. Al contrario, crescono quelle di beni alimentari che mostrano
una salita dello 0,3% in valore e dello 0,1% in volume.
Rispetto a luglio 2015, le vendite diminuiscono complessivamente dello 0,2% in
valore e dello 0,8% in volume. Rispetto a luglio 2015 si osserva un incremento del
valore delle vendite nella grande distribuzione (+1,1%), a fronte di una flessione (-1,2%)
per le imprese operanti su piccole superfici.
Immatricolazioni auto (motorizzazione)
La Motorizzazione ha immatricolato - nel mese di agosto 2016 – 71.576 autovetture,
con una variazione di +20,12% rispetto ad agosto 2015, durante il quale ne furono
immatricolate 59.587 (nel mese di luglio 2016 sono state invece immatricolate 136.953
autovetture, con una variazione di +3,37% rispetto a luglio 2015, durante il quale ne
furono immatricolate 132.485). Nello stesso periodo di agosto 2016 sono stati
registrati 271.586 trasferimenti di proprietà di auto usate, con una variazione di
+16,39% rispetto ad agosto 2015, durante il quale ne furono registrati 233.338 (nel
mese di luglio 2016 sono stati invece registrati 382.689 trasferimenti di proprietà di
auto usate, con una variazione di -5,88% rispetto a luglio 2015, durante il quale ne
furono registrati 406.614). Nel mese di agosto 2016 il volume globale delle vendite
77
(343.162 autovetture) ha dunque interessato per il 20,86% auto nuove e per il 79,14%
auto usate.
Retribuzioni orarie contrattuali
Ad agosto in Italia le retribuzioni contrattuali orarie sono rimaste invariate su
mese mentre sono cresciute dello 0,6% su anno. Lo rende noto Istat, aggiungendo
che complessivamente nei primi otto mesi del 2016 la retribuzione oraria media è
aumentata dello 0,7% rispetto al corrispondente periodo del 2015. L'indice Nic dei
prezzi al consumo ad agosto è salito dello 0,2% su mese ed è sceso dello 0,1% su anno.
Con riferimento ai principali macrosettori, ad agosto le retribuzioni contrattuali orarie
registrano un incremento tendenziale dello 0,8% per i dipendenti del settore privato
(0,4% nell'industria e 1,2% nei servizi privati) e una variazione nulla per quelli della
pubblica amministrazione. Complessivamente i contratti in attesa di rinnovo sono 49
(di cui 15 appartenenti alla pubblica amministrazione) relativi a circa 8,8 milioni di
dipendenti (di cui circa 2,9 milioni nel pubblico impiego).
Occupati e disoccupati
Ad agosto la stima degli occupati registra un lieve incremento rispetto a luglio
(+0,1%, pari a +13 mila unità), dopo il calo registrato il mese precedente (-0,3%).
Dinamiche positive si rilevano per la componente femminile, le persone di 50 anni o più,
i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato.
Il tasso di occupazione è stabile al 57,3%. I movimenti mensili dell’occupazione
determinano complessivamente nel periodo giugno-agosto 2016 un aumento degli
occupati (+0,3%, pari a +76 mila unità) rispetto al trimestre precedente, con segnali di
crescita per i lavoratori dipendenti, sia permanenti sia a termine e che coinvolgono
entrambi i generi.
La stima mensile dei disoccupati ad agosto è ancora in lieve diminuzione (-0,1%,
pari a -3 mila), dopo il precedente calo di luglio (-1,3%). La diminuzione interessa
esclusivamente gli uomini ed è estesa a tutte le classi di età ad eccezione degli over
50. Il tasso di disoccupazione, pari all’11,4%, è invariato rispetto al mese
precedente.
Dopo l’aumento di luglio (+0,4%), ad agosto la stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni
rimane sostanzialmente invariata, sintesi di un aumento tra gli uomini e un calo tra le
donne. Il tasso di inattività è stabile al 35,2%.
78
Fonte:Istat
Forze di lavoro II trim.2016
Nel secondo trimestre del 2016 si è registrato un aumento del numero degli
occupati, un calo del tasso di disoccupazione ed una contrazione dei Neet, persone
non impegnate nello studio, né nel lavoro e né nella formazione.
Le dinamiche tendenziali manifestatesi tra il secondo trimestre del 2016 e lo stesso
periodo dell'anno precedente corrispondono a una crescita complessiva di 439 mila
occupati su base annua; un aspetto rilevante dell'espansione occupazionale è dato
dalla significativa crescita degli occupati giovani di 15-34 anni (+223 mila su basa
annua) che si affianca al perdurante incremento degli over 50. La crescita, spiega
l'Istat, è più accentuata per i dipendenti, sia a tempo indeterminato (+308 mila) sia a
termine (+72 mila), ma torna ad interessare anche il lavoro indipendente,
esclusivamente tra gli autonomi senza dipendenti. L'incremento è consistente sia per
il tempo pieno sia per il lavoro a tempo parziale, soprattutto quello di tipo volontario.
La crescita è sensibile anche per la componente femminile (+180 mila) concentrata
soprattutto nel Nord del Paese. L'occupazione complessiva cresce in modo sostenuto
anche rispetto al trimestre precedente (+0,8%, 189 mila), con una dinamica positiva
che, con diversa intensità, riguarda tutte le tipologie: i dipendenti a tempo
indeterminato (+0,3%), quelli a termine (+3,2%) e gli indipendenti (+1,2%).
79
A livello territoriale, l'aumento è maggiore nel Mezzogiorno (+1,4%) in confronto al
Centro (+0,8%) e al Nord (+0,6%). Il tasso di occupazione sale di 0,5 punti, soprattutto
per i 15-34enni (+0,8 punti) e per i 50-64enni (+0,6 punti). Le tendenze più recenti,
misurate dai dati mensili relativi a luglio 2016 mostrano, al netto della stagionalità,
un'interruzione della tendenza positiva registrata nei quattro mesi precedenti, con un
calo degli occupati concentrato nella componente indipendente, a fronte di una
sostanziale stabilità dei dipendenti.
Prosegue a ritmi più sostenuti il calo, sia congiunturale sia tendenziale, degli
inattivi (in termini assoluti e di incidenza), soprattutto per la componente degli
scoraggiati. Il tasso di disoccupazione, dopo la stabilità congiunturale dei due trimestri
precedenti, diminuisce in lieve misura (-0,1 punti) rispetto al trimestre precedente e
di 0,6 punti rispetto allo stesso trimestre del 2015 con un calo tendenziale di 109 mila
disoccupati. La maggiore partecipazione dei giovani al mercato del lavoro è
testimoniata anche dalla diminuzione tendenziale (-252 mila) della componente delle
persone Not in Education, Employment or Training (Neet).
Tra gli occupati aumentano le transizioni verso il lavoro a tempo indeterminato, in
particolare per i dipendenti a termine e per i collaboratori. Inoltre, cresce il flusso
dalla disoccupazione verso l'occupazione, soprattutto verso i dipendenti. L'incremento
dei passaggi dalla disoccupazione all'occupazione riguarda maggiormente gli uomini, i
giovani 25-34enni, i residenti nel Nord e i diplomati.
Dal lato delle imprese si confermano ma con minore intensità i segnali di crescita della
domanda di lavoro, con un aumento meno marcato, rispetto al trimestre precedente,
sia delle posizioni lavorative dipendenti sia delle ore lavorate per dipendente; continua
inoltre a ridursi il ricorso alla Cassa integrazione. L'aumento delle posizioni lavorative
è sintesi della stabilità dell'industria in senso stretto e dell'incremento dei servizi; il
tasso dei posti vacanti diminuisce di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali
mentre è stabile su base annua. Per quanto riguarda il costo del lavoro, si
affievolisce la diminuzione degli oneri sociali (-0,1%), effetto della riduzione
contributiva associata alle nuove assunzioni a tempo indeterminato.
Prezzi alla produzione
Nel mese di agosto 2016 l’indice dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali
diminuisce dello 0,2% rispetto al mese precedente e dell’1,1% nei confronti di
agosto 2015. I prezzi dei prodotti venduti sul mercato interno diminuiscono dello
0,3% rispetto a luglio e dell’1,1% su base tendenziale. Al netto del comparto energetico
si registra un aumento dello 0,1% in termini congiunturali ed una diminuzione dello 0,5%
rispetto ad agosto 2015.
I prezzi dei beni venduti sul mercato estero rimangono invariati sul mese precedente
(con aumenti dello 0,1% per l’area euro e nulli per quella non euro). In termini
80
tendenziali si registra un calo dello 0,9% (-0,8% per l’area euro e -1,0% per quella non
ziale dei prezzi dei beni venduti sul
mercato interno proviene dal comparto energetico (-0,8 punti percentuali).
Fonte: Istat
Prezzi al consumo
Nel mese di agosto 2016, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera
collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,2% su base
mensile e una diminuzione dello 0,1% su base annua facendo registrare lo stesso
tasso tendenziale di luglio. La stima preliminare è confermata.
Il prolungarsi della flessione dei prezzi su base annua è la sintesi di dinamiche di segno
opposto che, in gran parte, si compensano. Se da una parte, infatti, si attenua il calo
tendenziale dei prezzi degli Energetici non regolamentati (-7,0%, da -8,0% di luglio) e
accelera la crescita di quelli degli Alimentari non lavorati (+2,4%, era +1,5% il mese
precedente), dall’altra i prezzi dei Servizi relativi alle comunicazioni registrano
un’inversione di tendenza (-1,4%, era +0,4% a luglio) e si azzera la crescita di quelli dei
Servizi relativi ai trasporti (era +0,7% il mese precedente).
L’indice dei prezzi al consumo armonizzato (IPCA) diminuisce dello 0,1% su base
sia mensile sia annua (la stima preliminare era pari a zero in entrambi i casi),
attenuando la flessione registrata a luglio (-0,2%
81
Fonte: Istat
Rapporti con l’estero (UE+Extra-UE)
A luglio 2016 il surplus commerciale è di 7,8 miliardi (+8,1 miliardi a luglio 2015).
I flussi commerciali mostrano andamenti congiunturali divergenti, con un calo delle
esportazioni (-0,6%) e un aumento delle importazioni (+0,5%).
La flessione congiunturale dell'export è la sintesi di un calo delle vendite verso i mercati
Ue (-1,1%) e di un lieve aumento di quelle verso l'extra Ue (+0,2%). I prodotti energetici
registrano una marcata diminuzione (-13,1%), mentre i beni di consumo durevoli (+1,6%)
e i beni intermedi (+0,5%) risultano in crescita.
La marcata flessione tendenziale dell'export (-7,3%), di ampia intensità sia per l'area
extra Ue (-8,8%) sia per l'area Ue (-6,1%), è significativamente condizionata dalla
differenza nei giorni lavorativi (21 a luglio 2016 contro i 23 di luglio 2015). Al netto di
questo effetto, si rileva una contenuta flessione tendenziale (-0,9%), sintesi di un calo
dell'export per l'area extra Ue (-3,2%) e di un aumento per l’area Ue (+1,1%).
A luglio 2016 le esportazioni verso Belgio (-26,4%), paesi MERCOSUR (-22,2%) e paesi
OPEC (-17,5%) registrano un marcato calo tendenziale. Si segnala invece la crescita
verso Cina (+4,7%) e Giappone (+4,0%).
A luglio 2016 la diminuzione tendenziale dell'import (-8,3%) è determinata sia dall'area
extra Ue (-11,1%) sia da quella Ue (-6,3%).
Extra-Ue
Il surplus commerciale (+2.127 milioni) è superiore a quello dello stesso mese del
2015 (+1.383 milioni). Ad agosto 2016, rispetto al mese precedente, entrambi i flussi
presentano un incremento, con un aumento più marcato per le importazioni (+2,5%) che
per le esportazioni (+0,9%). Lo rivela l'ISTAT che spiega come l'incremento
82
congiunturale delle vendite verso i paesi extra Ue è diffuso a livello settoriale, con un
unico calo per le vendite di beni di consumo durevoli (-5,2%). Dal lato dell'import, la
crescita congiunturale è estesa a tutti i raggruppamenti principali di beni, a esclusione
dell'energia (-12,5%). I beni di consumo non durevoli (+10,3%) e i beni strumentali
(+8,2%) registrano una crescita rilevante.
Bilancia dei pagamenti
Partite correnti
La componente corrente della bilancia dei pagamenti mostra un attivo a luglio 2016
di (9.418) ml di euro, (luglio 2015: 8.881 ). La componente capitale è negativa per (5) ml. (lug.2015: 18 ml).
Il cumulato lug’15-lug’16 è positivo rispettivamente per (48.988) ml (lug’14-lug.15
33.986ml).
Partite finanziarie
La componente finanziaria evidenzia a luglio un positivo di (2.740) ml di euro
(lug.’15: 5.398 ml.). Nell’ambito dell’aggregato le riserve ufficiali segnalano una
riduzione di base monetaria di (94) ml), (lug.’15 -324 ml incremento di base
monetaria).
Il cumulato lug.’15-lug.’16 è positivo per (58.555) ml (lug.15- lug.16 27.558 ml.).
Errori ed omissioni
Il dato compensativo della somma algebrica delle due componenti (conti correnti e
finanziari), è negativo per (-6.673) ml di euro. Il cumulato segnala un positivo
negativo per (6.358)ml..
83
Bilancia dei pagamenti
ml di euro agosto 2016, Fonte: Banca d’Italia
84
2.2 Indicatori finanziari
Fabbisogno del settore statale (dati MEF)
(Il saldo del Settore Statale è un dato di cassa, che tiene conto anche delle variazione presso la Tesoreria
dello Stato delle disponibilità dell’UE (passività dello Stato secondo le regole del SEC 95) e delle giacenze
dei correnti postali intestati a Poste S.p.A e ad altri soggetti privati. E’ un aggregato più ristretto rispetto
a quello della Pubblica Amministrazione definito dai criteri della contabilità europea. Il saldo del settore
statale, pertanto, non è rilevante ai fini della verifica del rispetto dei parametri europei, mentre lo è
l’indebitamento netto elaborato dall’Istat).
Migliorano ad agosto i conti pubblici italiani. Nel mese di agosto si è realizzato un
fabbisogno del settore statale pari a circa 6.700 milioni. Il dato si confronta con un
fabbisogno di 7.819 milioni nel corrispondente mese del 2015. Lo rivela il Ministero
dell'Economia e Finanze (MEF) che spiega come il "fabbisogno dei primi otto mesi
dell'anno in corso si attesti sui 30.123 milioni, con una riduzione di circa 2.000 milioni
rispetto al corrispondente periodo del 2015".
Il Tesoro spiega che "il miglioramento di circa 1.100 milioni del saldo del settore statale
ad agosto 2016 rispetto al corrispondente mese del 2015 è legato a maggiori incassi,
solo parzialmente compensati da maggiori pagamenti.
Gli interessi sul debito pubblico hanno evidenziato un aumento pari a circa 1.000 milioni
dovuto esclusivamente alla calendarizzazione delle scadenze. I rimborsi fiscali sono
risultati in aumento di circa 500 milioni rispetto ad agosto dello scorso anno. Gli altri
pagamenti hanno invece registrato una significativa contrazione, prevalentemente a
causa dei minori prelevamenti effettuati dall'INPS dai conti di tesoreria. L'Istituto
nazionale di previdenza nel mese di agosto 2015 aveva erogato circa 1.600 milioni di
arretrati sui trattamenti pensionistici, spesa che quest'anno non si è avuta. L'aumento
degli incassi totali, a fronte di una sostanziale stabilità delle entrate fiscali, è legata ad
introiti non tributari, fra i quali maggiori contributi dall'Unione Europea"
Fabbisogno del settore statale
(dati provvisori, fonte MEF, md.euro)
Gen-ago.2015
Gen-ago.2016
32,13
30,13
85
Entrate tributarie e contributive
Le entrate tributarie e contributive nei primi sette mesi del 2016 evidenziano nel
complesso un aumento dell'1% (+3.754 milioni di euro) rispetto allo stesso periodo
dell'anno precedente.
Il dato tiene conto dell'aumento dello 0,8% (+1.941 milioni di euro) delle entrate
tributarie e della crescita delle entrate contributive in termini di cassa che aumentano
dell'1,5% (+1.840 milioni di euro). I numeri sono stati resi noti dal Ministero
dell'Economia e Finanze (MEF).
Il gettito delle imposte contabilizzate al bilancio dello Stato registra una salita del
3,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (+8.901 milioni di euro). Sale del
2,4% anche il gettito dei ruoli incassati (+117 milioni di euro). In flessione del 12,3% le
entrate degli enti territoriali (-3.912 milioni di euro).
Le poste correttive, che nettizzano il bilancio dello Stato, risultano in crescita
rispetto al periodo gennaio-luglio 2015 (3.192 milioni di euro, 17,3%).
Nel periodo gennaio-luglio 2016 il gettito derivante dai ruoli è salito del 2,4% a 4.941
milioni (+117 milioni di euro). Di questi 2.961 milioni di euro sono affluiti dalle imposte
dirette e 1.980 milioni di euro dalle imposte indirette. La crescita è più sostenuta se
si considerano le entrate da "collaborazione volontaria" (voluntary disclosure) che nei
primi sette mesi dell'anno ammontano a 1.369 milioni di euro.
della diversa modalità di scomputo dell'imposta di bollo, il cui gettito mostra nel
periodo gennaio-giugno una diminuzione del 29,8% rispetto allo stesso periodo
dell'anno precedente, a seguito delle modifiche del profilo mensile dei pagamenti
dell'imposta. Per l'anno corrente, i minori versamenti in acconto nel mese di aprile (1.834 milioni di euro) saranno recuperati nel corso dell'anno". Neutralizzando gli
effetti sul gettito dei versamenti dell'imposta di bollo e di quelli del canone televisivo,
che sarà versato dopo luglio, la crescita delle entrate tributarie nel periodo in esame
risulta pari a + 6,1%. Le imposte dirette registrano un gettito complessivamente pari
a 111,7 miliardi di euro, in aumento del 4,6% (+4.894 milioni di euro) rispetto allo stesso
periodo del 2015. Le entrate IRPEF ammontano a 86,4 miliardi (+ 5,1%) per effetto
principalmente dell'andamento positivo delle ritenute da lavoro dipendente del settore
privato (+6,7%). Il gettito IRES registra un incremento di 1,4 miliardi (+15,9%).
Prosegue il trend di crescita delle entrate dell'IVA che ammontano a 53,7 miliardi di
euro (+8,5%).
Banca d’Italia: Entrate contabilizzate in bilancio
(I dati pubblicati dall’Istituto riguardano i flussi delle entrate tributarie, rilevati al momento della
contabilizzazione in bilancio, non contestuale al versamento. Avvenendo in tempi diversi i dati
contabilizzati e quelli di cassa possono non coincidere).
86
A luglio le entrate tributarie contabilizzate nel bilancio dello Stato sono state pari
a 38,6 miliardi (37,8 miliardi nello stesso mese del 2015); nei primi sette mesi del
2016 esse sono state pari a 236,0 miliardi, in crescita del 4,9 per cento rispetto al
corrispondente periodo del 2015; al netto di alcune disomogeneità contabili e temporali
(riguardanti principalmente l'IVA, le ritenute Irpef, il canone Rai e l'imposta di bollo
virtuale), si può stimare che la crescita sia stata sensibilmente inferiore.
Debito delle Amministrazioni Pubbliche
Il debito pubblico italiano è aumentato a luglio arrivando a 2.252,2 miliardi di euro,
3,4 miliardi in più rispetto al mese precedente. Lo rende noto la Banca d'Italia nel
supplemento di finanza pubblica al bollettino statistico.
L'incremento è inferiore a quello delle disponibilità liquide del Tesoro (8,5 miliardi, che
le porta a 101,0 miliardi), riflettendo l'avanzo di cassa (5,4 miliardi). L'effetto
complessivo degli scarti e dei premi di emissione, della rivalutazione dei titoli indicizzati
all'inflazione e della variazione del tasso di cambio dell'euro hanno aumentato il debito
per 0,2 miliardi.
Nei primi sette mesi del 2016 il debito delle amministrazioni pubbliche è aumentato di
80,5 miliardi.
L'incremento riflette il fabbisogno (19,4 miliardi) e l'aumento delle disponibilità liquide
del Tesoro (65,3 miliardi); complessivamente gli effetti dell'emissione di titoli sopra la
pari, della rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e della variazione del tasso di
cambio dell'euro hanno invece ridotto il debito per 4,1 miliardi.
Finanziamenti al settore privato
Ad agosto 2016 l'ammontare dei prestiti alla clientela erogati dalle banche
operanti in Italia, 1.807,6 miliardi di euro è nettamente superiore (oltre 136
miliardi) all'ammontare complessivo della raccolta da clientela, 1.671,3 miliardi di
euro.
Nello stesso periodo, in lieve miglioramento, ancorché su valori prossimi allo zero lo
stock dei finanziamenti in essere a famiglie e imprese, con una variazione annua pari a
-0,3% nei confronti di agosto 2015, valore migliore rispetto al -0,6% di luglio e al 4,5% di novembre 2013, quando raggiunse il picco negativo, ritornando ora sui valori di
maggio 2012.
In aumento l'ammontare complessivo dei mutui alle famiglie. Sulla base degli ultimi dati
ufficiali disponibili, relativi a luglio 2016, l'ammontare complessivo dei mutui in essere
delle famiglie ha registrato un variazione positiva di +1,8% nei confronti di fine luglio
87
2015 (quando già si manifestavano segnali di miglioramento). Il dato conferma la
ripresa del mercato dei mutui, colta inizialmente con l’impennata dei nuovi mutui.
E' quanto rivela l'Associazione Bancaria Italiana (ABI) nel Rapporto mensile del mese
di settembre.
Il totale prestiti all'economia (che include le famiglie, le imprese e la pubblica
amministrazione) ha segnato una variazione prossima allo zero (-0,2%). Dalla fine
del 2007 ad oggi, i prestiti all'economia sono passati da 1.673 a 1.807,6 miliardi di
euro, quelli a famiglie e imprese sono cresciuti da 1.279 a 1.404 miliardi di euro.
Scendono i tassi di interesse sui prestiti. Ad agosto 2016, il tasso medio sul totale
dei prestiti è risultato pari al 2,98%, toccando il nuovo minimo storico (3% il mese
precedente; 6,18%, prima della crisi, a fine 2007).
Il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese si è collocato
all'1,65%, nuovo minimo storico, 1,71% il mese precedente, (5,48% a fine 2007).
Il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni si è attestato al 2,20%
(2,09% il mese precedente, minimo storico; 5,72% a fine 2007). Sul totale delle nuove
erogazioni di mutui circa i due terzi sono mutui a tasso fisso.
Guardando alle sofferenze nette (cioè al netto delle svalutazioni già effettuate dalle
banche con proprie risorse) a fine luglio 2016 sono pari a quasi 85 miliardi di euro
rispetto a 83,7 miliardi di giugno.
Il rapporto sofferenze nette su impieghi totali è risultato pari al 4,76% a luglio 2016,
4,66% a giugno 2016 (4,93% a fine 2015; 0,86%, prima dell'inizio della crisi).
A fine agosto 2016, i depositi (in conto corrente, certificati di deposito, pronti contro
termine) aumentano di oltre 58 miliardi di euro rispetto all'anno precedente (su base
annua, +4,6%; +5% a luglio). Sempre su base annua, è in diminuzione la raccolta a medio
e a lungo termine cioè tramite obbligazioni. (Agosto 2016: -15,5%, segnando una
diminuzione su base annua in valore assoluto di quasi 62 miliardi di euro).
Nello stesso mese, l'andamento della raccolta complessiva (depositi da clientela
residente + obbligazioni) registra un calo dello 0,2% su base annua. Dalla fine del 2007
ossia prima dell’inizio della crisi ad oggi, la raccolta da clientela è passata da 1.513 a
1.671,3 miliardi di euro. In valore assoluto è aumentata di oltre 158,5 miliardi.
Il tasso di interesse medio sul totale della raccolta bancaria da clientela (somma di
depositi, obbligazioni e pronti contro termine in euro a famiglie e società non
finanziarie) in Italia si è collocato all'1,04% (1,06% il mese precedente; 2,89% a fine
2007).
88
Il tasso praticato sui depositi (conti correnti, depositi a risparmio e certificati di
deposito) si è attestato allo 0,42% (0,43% il mese precedente), quello sui Pronti Contro
Termine (PCT) a 1,36% (1,38% il mese precedente).
Il rendimento delle obbligazioni è risultato pari al 2,84%, 2,86% il mese precedente.
Lo spread fra il tasso medio sui prestiti e quello medio sulla raccolta a famiglie e
società non finanziarie permane in Italia su livelli particolarmente bassi. Ad agosto
2016 è risultato pari a 194 punti base (194 punti base anche il mese precedente). Prima
dell’inizio della crisi finanziaria lo spread superava i 300 punti (329 punti a fine 2007).
89
2.3 Previsioni
Confindustria
L'economia italiana mostra una debolezza superiore al previsto e crescono i rischi
per la crescita nel 2017, segnala Confindustria, che torna a chiedere più investimenti.
Il Centro studi di Confindustria ha rivisto leggermente al ribasso il Pil per il 2016
(+0,7% da 0,8%) e 2017 (+0,5% da 0,6%), dopo il deciso taglio delle stime elaborato
a luglio in seguito al voto sulla Brexit.
Il rapporto deficit/Pil è confermato al 2,5% nel 2016 e 2,3% nel 2017, il debito
è rivisto al 133,3% per quest'anno (da 133,4% di luglio) mentre è confermato al 134%
per il prossimo.
Il tasso di disoccupazione resta all'11,5% quest'anno, sale invece all'11,2%
(dall'11,1%) nel 2017.
"L'economia italiana presenta una debolezza superiore all'attesa... I rischi si
mantengono verso il basso. La crescita indicata per il 2017, sebbene già del tutto
insoddisfacente, non è scontata e va conquistata", rileva il Csc nel rapporto periodico
sugli scenari economici.
FMI
Resta ottimista il Fondo monetario Internazionale sull'Italia, mantenendo previsioni
più alte di quelle di altre istituzioni economiche nazionali e sovranazionali, che
recentemente hanno tagliato le stime di crescita. E' quanto contenuto nell'ultimo
rapporto sulla missione a Roma.
Secondo l'Istituto di Washington, l'Italia crescerà quest'anno dell'1,1%, per
allungare all'1,3% nel 2017 e 2018. La ripresa dovrebbe essere trainata soprattutto
dalla domanda interna, che è vista in crescita dell'1,3% lungo tutto il periodo, mentre
l'export dovrebbe accelerare solo nel 2017. L'inflazione è a zero ma potrebbe dare
qualche segno di vitalità nel 2017 (0,7%), mentre la disoccupazione dovrebbe
continuare a scendere attestandosi al 10,9% l'anno venturo.
Restano ovviamente dei fattori di incertezza, tanto che l'FMI parla di sfide
strutturali "significative" e di rischi al ribasso, citando fra gli altri il problema dei
rifugiati, la volatilità dei mercati ed il rallentamento del commercio mondiale ora
condizionato anche dalla Brexit. In questa situazione, l'Italia dovrà accelerare sulle
riforme (PA, fisco, lavoro, banche) approfondendo e portando a compimento gli sforzi
avviati in quest'ultimo biennio. Vi sono in proposito anche fattori positivi, che
potrebbero accelerare e ridurre il costo delle riforme: basso costo materie prime,
misure di allentamento monetario, inflazione bassa ecc. Il Fondo ha anche affrontato
90
un tema critico per l'Italia: la soluzione al nodo dei crediti deteriorati delle banche,
stimati in 360 miliardi di euro. Ricordando che per la regolamentazione europea on si
può far ricorso ai classici strumenti di contrasto - inflazione e aiuti pubblici - bisogna
far leva su misure che ne consentano lo smaltimento: dall'incoraggiamento alle fusioni,
allo snellimento delle procedure di insolvenza, passando anche per un ampliamento della
dotazione del fondo Atlante.
Banchitalia
L’istituto centrale ha rivisto al ribasso le stime di crescita dell'Italia, anche a
causa della Brexit, che secondo l'istituto di vigilanza potrebbe aumentare in modo
"rapido e considerevole" i rischi per l'economia italiana ed europea, specie se
emergessero difficoltà nel sistema bancario e non si reagisse "tempestivamente" per
tutelare la stabilità finanziaria. Le stime contenute nell'ultimo bollettino economico di
Palazzo Koch indicano una crescita poco sotto l'1% quest'ano e attorno all'1% nel 2017.
Si tratta di un leggero taglio rispetto a quelle precedenti, che indicavano un +1,1% per
il 2016 e un +1,2% per il 2017 e il 2018. Recentemente altri uffici studi hanno ridotto
le prospettive di crescita dell'Italia e dell'UE.
Quanto al rapporto della Banca d'Italia, segnala che la ripresa dell'economia
italiana, sulla base delle informazioni disponibili, è rallentata nel secondo trimestre
e continua con "gradualità", sostenuta dalla domanda interna, nonostante le
esportazioni risentano della debolezza dei mercati extra-UE. In particolare restano
alti i consumi delle famiglie, che beneficiano dell'incremento del reddito disponibile e
del miglioramento delle condizioni occupazionali. E proprio dal mercato del lavoro
arrivano buone notizie: per l'Istituto guidato da Ignazio Visco l'occupazione ha
continuano a crescere anche nel primo trimestre dell'anno, nonostante il venir meno di
parte degli incentivi, mentre il tasso di disoccupazione è rimasto stabile grazie ad una
maggior partecipazione al mercato del lavoro. Altro tema clou il settore bancario, in
particolare le trattative Italia-UE per ripulire i bilanci dalla mole di sofferenze
per i crediti deteriorati. A questo proposito, Bankitalia ha detto la sua, ricordando
che la normativa europea prevede la possibilità di interventi dello Stato per motivi
precauzionali, nel caso sia a rischio la stabilità finanziaria.
Prometeia
Gli economisti di Prometeia hanno tagliato le stime sul PIL, indicando una crescita
dello 0,8% nel 2016 anziché dell'1% e dello 0,9% per il 2017 invece che dell'1,1%. Nel
2018 l'Italia accelererà e vedrà una crescita dell'1% anche se ad oggi il PIL italiano è
ancora inferiore di otto punti percentuali rispetto ai livelli pre-crisi. La causa del taglio
delle previsioni è sempre l'incertezza politica, che rischia di deprimere i prezzi delle
attività finanziarie con impatti negativi sull'economia reale.
91
Prometeia ha anche quantificato l'effetto della Brexit, escludendo una recessione del
Regno Unito, ma misurando l'impatto negativo in 2,3 punti di PIL nel 2016 e 2017:
dimezzate le stime del 2016 da +1,8% a +0,9% e tagliate quelle per il 2017 da +1,8% a
+0,4% e per il 2018 da +2,3% a +1%.
OCSE
Quest'anno l'Italia crescerà dell'1%, secondo le ultime stime dell'OCSE, che vede
una crescita che "riprende slancio" e che accelererà nel 2017 con un +1,4%.
L'Organizzazione che ha sede a Parigi ha pubblicato i il suo Economic Outlook, da cui
emerge anche che il tasso di disoccupazione è atteso sotto l'11% l'anno venturo e
l'occupazione è vista in crescita dello 0,6% e dello 0,7% rispettivamente nel 2016 e
nel 2017. Quanto ai ratio del debito, l'OCSE stima una stabilizzazione al 132,8%
quest'anno ed un lieve calo al 131,9% il prossimo, mentre il deficit scenderà al 2,3%
nel 2016 ed al 2% nel 2017. Saranno i consumi a sostenere la crescita, forti del
miglioramento del mercato del lavoro e della crescita dei redditi delle famiglie. La
domanda interna sarà dunque l'elemento chiave del PIL tricolore, a fronte di un
commercio internazionale meno brillante, che vedrà crescere le importazioni più delle
esportazioni. Quanto gli investimenti, dipenderanno dall'andamento del mercato del
credito, che a sua volta sarà condizionato dalla soluzione del nodo delle sofferenze
delle banche. Esistono poi dei rischi di natura geopolitica, e dei rischi legati alla crisi
dei migranti, ma anche rischi di natura più economica, come la questione della Brexit:
secondo l'OCSE in caso di uscita del regno Unito dalla UE, l'Italia verrebbe
"contagiata" dalle turbolenze dei mercati, con un aumento dello spread e degli interessi
pagati sul debito, e risponderebbe con un ritorno di austerità.
92
Previsioni dei principali Istituti
(MEF, Banca d’Italia, CE, FMI, OCSE, BCE)
93
Nota di aggiornamento al DEF 2016 (settembre 2016)
Fonte: MEF
94
DEF 2016
Fonte:MEF
95
Nota di aggiornamento DEF settembre 2015
Fonte: MEF
96
2.4 Evoluzione della finanza pubblica
Italia
Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (DEF) 2016
Area euro
(fonte:BCE)
Andamento della finanza pubblica nell’area euro
97
Italia
Il Consiglio dei Ministri, ha approvato la Nota di Aggiornamento al Documento di
Economia e Finanza (DEF) 2016. La Nota, propedeutica alla legge di bilancio che dovrà
essere presentata in Parlamento entro il 20 ottobre, aggiorna le stime del Governo sul
quadro macroeconomico per l’anno in corso e il triennio successivo nonché gli obiettivi
programmatici. Su questi, modificati rispetto a quelli indicati nel Documento dell’aprile
scorso, dovranno esprimersi le Camere, alle quali il documento viene trasmesso.
Fonte MEF
EVOLUZIONE DEL RAPPORTO DEBITO/PIL
Le revisioni effettuate dall’ISTAT sul PIL14, e dalla Banca d’Italia sul valore nominale
dello stock del debito delle Pubbliche Amministrazioni15, hanno determinato una
riduzione del rapporto debito/PIL per gli anni 2014 e 2015 rispetto ai valori pubblicati
98
nel DEF di aprile. In particolare, per il 2014 la nuova stima è pari a 131,9 per cento, con
una riduzione dello 0,6 per cento rispetto al dato precedente, mentre per il 2015 il
consuntivo del rapporto debito/PIL si attesta al 132,3 per cento, anche in questo caso
con una riduzione rispetto al valore di aprile (0,4 punti percentuali). I nuovi livelli del
rapporto debito/PIL sono determinati principalmente all’aumento del PIL, che incide
per lo 0,7 per cento nel 2014 e per lo 0,5 per cento nel 2015; d’altra parte le revisioni
in aumento del valore nominale del debito comportano un incremento del rapporto dello
0,1 per cento su entrambi gli anni, a parità di livello del PIL. Per il 2016 si stima che il
rapporto debito/PIL si attesti al 132,8 per cento, un livello superiore al dato
programmatico pubblicato nel DEF di aprile, pari al 132,4 per cento. Tale variazione è
dovuta sia all’evoluzione più modesta attesa per il PIL nominale, che passa dal 2,2 per
cento all’1,8 per cento, sia alla riduzione significativa degli introiti previsti dalle
privatizzazioni per l’anno in corso. Tali effetti sono stati in parte mitigati da numerosi
collocamenti di titoli di Stato durante l’anno effettuati a prezzi sopra la pari, a causa
dell’andamento decrescente dei tassi d’interesse che ha caratterizzato l’anno in corso.
D’altra parte il Fabbisogno del Settore Pubblico è stimato attestarsi su un livello
sostanzialmente in linea con la previsione di aprile senza quindi svolgere alcun ruolo
significativo nell’aggiornamento al rialzo della stima.
99
Il profilo del rapporto debito/PIL inizia a ridursi dal 2017, per raggiungere un livello
pari al 126,6 per cento nel 2019, con una velocità di discesa che è solo marginalmente
inferiore a quella prevista ad aprile. In particolare, nel 2017 il rapporto debito/PIL è
previsto attestarsi al 132,5 per cento, in riduzione di circa 0,3 punti percentuali
rispetto al 2016. Nel DEF questa riduzione risultava più ampia, nell’ordine di 1,5 punti
percentuali, a causa principalmente di una diminuzione più accentuata del Fabbisogno di
cassa del Settore Pubblico e di una dinamica del livello del PIL nominale
significativamente superiore. Nel 2018 il rapporto debito/PIL programmatico è stimato
in ulteriore discesa al 130,1 per cento. Anche in questo caso la riduzione rispetto al
2017 è meno marcata nel confronto con il DEF di aprile, anche se in questo caso il divario
è meno ampio (2,9 punti percentuali nel DEF contro gli attuali 2,4). La crescita del PIL
nominale è infatti sostanzialmente in linea a quella prevista ad aprile, mentre la
riduzione del Fabbisogno di cassa del settore pubblico, pur significativa, è prevista
essere lievemente inferiore. Nell’anno finale di previsione, il 2019, il rapporto continua
a ridursi in modo sostanziale rispetto all’anno precedente, per circa 3,5 punti
percentuali, grazie ad un’evoluzione attesa del PIL nominale e del Fabbisogno di cassa
del settore pubblico programmatici sostanzialmente in linea con quella prevista ad
aprile.
100
Area euro
Il disavanzo di bilancio nell’area dell’euro dovrebbe continuare a scendere
nell’orizzonte temporale di proiezione (2016‑ 2018), principalmente a causa di una
minore spesa per interessi e di condizioni congiunturali favorevoli. Secondo le
proiezioni, in termini aggregati l’orientamento delle politiche di bilancio per l’area
dell’euro sarebbe espansivo nel 2016, per poi diventare pressoché neutro nel
2017‑ 2018. Sebbene i dati suggeriscano un calo del rapporto aggregato debito
pubblico/PIL durante il periodo di riferimento, sussistono ampie differenze tra paesi.
In particolare, i paesi con alti livelli di indebitamento dovrebbero compiere ulteriori
sforzi di risanamento per imprimere al rapporto debito/PIL una solida dinamica
discendente, mentre altri paesi con margine di intervento sui conti pubblici dovrebbero
ricorrere a questo spazio di manovra per sostenere la domanda.
Il disavanzo di bilancio delle amministrazioni pubbliche dell’area dell’euro dovrebbe
ridursi con gradualità nell’orizzonte temporale di proiezione. Stando alle proiezioni
macroeconomiche di settembre 2016 formulate dagli esperti della BCE1, il
disavanzo di bilancio scenderebbe dal 2,1 per cento del PIL nel 2015 all’1,5 per
cento del PIL nel 2018. Nel 2016 il minor esborso per interessi, unitamente a condizioni
congiunturali favorevoli, dovrebbe più che compensare l’allentamento delle politiche di
bilancio. Nel 2017 e nel 2018 si prevede che i bassi interessi passivi rimangano una
determinante importante della riduzione del disavanzo. Rispetto alle proiezioni di giugno
2016, le prospettive di bilancio si mantengono sostanzialmente invariate nell’orizzonte
101
di proiezione. Informazioni più dettagliate sui conti pubblici del 2017 saranno disponibili
solo quando i paesi dell’area dell’euro avranno presentato i loro documenti programmatici
di bilancio entro metà ottobre.
L’orientamento delle politiche di bilancio nell’area dell’euro sarebbe espansivo nel 2016
per poi diventare sostanzialmente neutro nel 2017 e nel 20183. Nel 2016 l’allentamento
delle politiche di finanza pubblica, in termini aggregati, riflette l’impatto delle misure
espansive dal lato delle entrate, quali la riduzione delle imposte dirette e dei contributi
previdenziali in vari paesi dell’area. L’orientamento espansivo verso i conti pubblici può
nel complesso ritenersi appropriato in vista della necessità di trovare un equilibrio tra
il sottoutilizzo della capacità produttiva nell’economia e il ridotto margine di intervento
di bilancio, quest’ultimo nei paesi con elevato debito pubblico. Quanto al periodo
2017‑ 2018, le proiezioni indicano un orientamento pressoché neutro, dato che le
misure dal lato delle entrate con effetto di incremento del disavanzo saranno
probabilmente controbilanciate da voci della spesa pubblica primaria con una crescita
meno pronunciata. Queste ultime comprendono, in particolare, i redditi da lavoro
dipendente e i consumi intermedi, che evidenzierebbero una crescita inferiore alla
crescita tendenziale del PIL nominale, mentre altre voci, come i trasferimenti sociali e
gli investimenti pubblici, sono previste in crescita al di sopra del potenziale.
In base alle aspettative, i livelli elevati di debito pubblico nell’area dell’euro
dovrebbero scendere ulteriormente. Stando alle proiezioni, il rapporto debito
pubblico/PIL per l’area dell’euro, che ha raggiunto il suo livello massimo nel 2014, si
ridurrebbe con gradualità dal 90,3 per cento del PIL nel 2015 all’87,0 per cento del PIL
entro la fine del 2018. Questo calo del debito pubblico sarebbe sostenuto da vari
fattori, tra cui un’evoluzione favorevole del differenziale fra crescita e tassi di
interesse riconducibile alle migliori prospettive macroeconomiche e ai bassi tassi di
interesse ipotizzati. Contribuiranno al miglioramento delle prospettive per il debito
anche modesti avanzi primari e raccordi disavanzo‑ debito negativi. Rispetto alle
proiezioni di giugno 2016, ci si attende che il rapporto debito/PIL nell’area dell’euro
diminuisca in qualche misura entro il termine dell’orizzonte temporale di proiezione,
specie per via della netta revisione al rialzo del PIL nominale irlandese per il 20154. A
livello di paese, i dati sul rapporto debito/PIL dovrebbero mantenersi eterogenei, con
oltre la metà dei paesi dell’area che superano la soglia del 60 per cento entro la fine del
periodo di riferimento. In alcuni paesi, inoltre, ci si attende un ulteriore incremento
dell’incidenza del debito nell’arco del periodo.
102
103
2.5 Politica delle riforme
Consiglio dei ministri n.126,125,124
RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
1) Riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche
(decreto legislativo – esame definitivo);
2) Modifica e integrazione del codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo –
esame definitivo);
3) Codice della giustizia contabile, raccolte tutte le tipologie di giudizi che riguardano la
Corte dei conti (decreto legislativo – esame definitivo);
4) Disciplina della dirigenza della Repubblica (decreto legislativo – esame preliminare)
104
Consiglio dei ministri n.126,125,123
RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
1) Riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni
pubbliche (decreto legislativo – esame definitivo)
Il Consiglio dei ministri ha approvato, in esame definitivo, il decreto legislativo
del testo unico in materia di società a partecipazione pubblica.
Nello specifico il testo unico prevede la drastica riduzione delle società partecipate,
con particolare riferimento alle scatole vuote, alle società inattive, alle micro e a quelle
che non producono servizi indispensabili alla collettività. Sono introdotti interventi di
razionalizzazione dei compensi degli amministratori. Per il futuro sono individuati i
criteri chiari sulla base dei quali sarà possibile costituire e gestire le società
partecipate. Il decreto ha anche ottenuto il secondo esame delle competenti
Commissioni parlamentari, secondo quanto previsto espressamente dalla legge delega
di riforma della Pubblica Amministrazione.
2) Modifica e integrazione del codice dell’amministrazione digitale (decreto
legislativo – esame definitivo)
Il Consiglio dei ministri ha approvato, in esame definitivo, un decreto legislativo
recante norme di attuazione dell’articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124,
recante modifica e integrazione del codice dell’amministrazione digitale (CAD) di
cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Nello specifico il cambiamento
strutturale del rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione è affidato a
un’identità digitale, attraverso cui accedere e utilizzare i servizi erogati in rete dalle
pubbliche amministrazioni, e al domicilio digitale (SPID), in collegamento con l’anagrafe
della popolazione residente. SPID sarà l’identificativo con cui un cittadino si farà
riconoscere dalla pubblica amministrazione, mentre il domicilio digitale sarà l’indirizzo
on line al quale potrà essere raggiunto dalle pubbliche amministrazioni. Sono stati
recepiti gran parte dei suggerimenti della Conferenza unificata e del Consiglio di Stato
e sono state integralmente accolte le condizioni contenute nei pareri delle Commissioni
parlamentari.
3) Codice della giustizia contabile, raccolte tutte le tipologie di giudizi che
riguardano la Corte dei conti (decreto legislativo – esame definitivo)
Il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Matteo Renzi ha approvato, in
esame definitivo, il decreto legislativo relativo al Codice di giustizia contabile adottato
ai sensi dell’articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124.
105
Nel Codice, la cui delega ed i principi e criteri direttivi sono contenuti nell’art. 20 della
L.124/2015 (delega Madia), sono racchiuse le disposizioni processuali di tutte le
tipologie di giudizi che si svolgono davanti alla Corte dei conti, dai più noti giudizi di
responsabilità erariale, ai giudizi di conto, a quelli sanzionatori e pensionistici.
Non ci si è limitati ad una raccolta organica e alla sistematizzazione delle norme
esistenti ma, sulla base degli anzidetti principi e criteri direttivi, è stato predisposto
un articolato che contiene significativi elementi di novità, soprattutto sul fronte dei
giudizi di responsabilità per danno erariale. In questi giudizi, sono stati recepiti i
principi del “giusto processo”, ed in particolare quello della parità delle parti. Sono
stati disciplinati i poteri del pubblico ministero, al quale si chiede di svolgere attività
di indagine non solo per provare gli elementi costitutivi della responsabilità erariale,
ma anche per accertare gli elementi che escludono tale responsabilità; è stato previsto
l’obbligo di motivazione degli atti istruttori e introdotta, in difetto, una specifica causa
di nullità; sono state valorizzate le tutele difensive sin dalla fase istruttoria; sono
stati introdotti riti alternativi e semplificati, con l’obiettivo di ridurre il volume del
contenzioso senza trascurare le finalità risarcitorie, in parallelismo con gli analoghi
sistemi deflattivi del contenzioso introdotti per i giudizi ordinari; sono state dettate
norme per rendere più certa l’esecuzione delle sentenze di condanna. In sintesi, il
processo contabile, fin qui disciplinato da norme risalenti molte addirittura agli anni
‘30, diventa più celere, le garanzie della difesa sono adeguatamente rafforzate, il
principio del giusto processo permea tutti gli istituti processuali. Obiettivo raggiunto
senza perdere di vista l’interesse pubblico al ristoro del danno erariale e al contrasto
agli sprechi e alla corruzione.
Queste alcune delle più significative novità:
l’invito a dedurre, cioè il tipico atto attraverso il quale un presunto responsabile è reso
edotto del fatto che è stata effettuata un’indagine per danno erariale, viene arricchito
di contenuti informativi per consentire al destinatario di comprendere la portata delle
contestazioni a suo carico e argomentare la propria difesa;
la parte ha diritto di essere sentita (audizione personale) con l’assistenza dell’avvocato
e, dopo l’invito a dedurre, ha diritto di accedere a tutti gli atti del fascicolo istruttorio;
il p.m. può accede agli atti sui siti delle Pubbliche amministrazioni che, in particolare
dopo gli ultimi interventi normativi (vedi FOIA), consentono di verificare online la
maggior parte dei documenti che caratterizzano l’attività di una P.A.
4) Disciplina della dirigenza della Repubblica (decreto legislativo – esame
preliminare)
Il Consiglio dei ministri, ha approvato, in esame preliminare, un decreto legislativo
recante disciplina della dirigenza della Repubblica ai sensi dell’articolo 11 della
legge 7 agosto 2015, n.124.
106
Nello specifico, il sistema della dirigenza è costituito dal ruolo dei dirigenti statali, dal
ruolo dei dirigenti regionali e dal ruolo dei dirigenti locali. Ogni dirigente può ricoprire
qualsiasi ruolo dirigenziale; la qualifica dirigenziale è infatti unica. Alla dirigenza si
accede per corso-concorso o per concorso. Le graduatorie finali sono limitate ai
vincitori e non comprendono gli idonei. La Scuola nazionale dell’amministrazione (Sna)
è trasformata in Agenzia senza maggiori o nuovi oneri per la finanza pubblica, è
sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, svolge funzione di
reclutamento e formazione del personale della PA. Ha come obiettivo quello di
assicurare una formazione omogenea della dirigenza.
Presso il Dipartimento della funzione pubblica è istituita la Commissione per la
dirigenza statale (analogamente è istituita anche la Commissione per la dirigenza
regionale e la Commissione per la dirigenza locale). La Commissione, costituita entro
90 giorni dall’entrata in vigore del decreto, opera in piena autonomia e con indipendenza
di giudizio e di valutazione. In particolare, preseleziona i candidati ai fini del
conferimento degli incarichi dirigenziali generali ed effettua la valutazione ex post
delle scelte effettuate dalle amministrazioni per altri incarichi.
Gli incarichi dirigenziali hanno durata di 4 anni e possono essere rinnovati per altri 2
nel caso di valutazione positiva o per il periodo necessario al completamento delle
procedure per il conferimento del nuovo incarico. I dirigenti privi di incarico, concluso
il mandato, devono partecipare ad almeno 5 interpelli all’anno; in assenza di incarico, il
primo anno percepiscono il trattamento economico fondamentale e il secondo anno lo
stesso decurtato di un terzo. Successivamente il Dipartimento della funzione pubblica
li può collocare d’ufficio in posti vacanti. Il dirigente a cui è revocato l’incarico per
inadempienza ha un anno di tempo per avere un nuovo incarico altrimenti scatta la
licenziabilità.
107
3. Mercati finanziari
- Sommario
- Analisi del mese
108
Sommario
FED Non è ancora il momento giusto per intervenire sui tassi di riferimento.
L’economia americana sta crescendo a un ritmo meno intenso delle previsioni,
costringendo la Federal Reserve a rivedere al ribasso le stime sul Pil e ad annunciare
che i rialzi dei tassi di interesse saranno meno frequenti delle attese. Pur esprimendo
fiducia nell’economia numero uno al mondo, i membri del board della Federal Reserve,
divisi sulla decisione sul costo del denaro, hanno fatto sapere che la crescita economica
sarà meno vivace quest’anno e anche sul lungo termine, motivo per cui l’appuntamento
con la stretta monetaria, la seconda in dieci anni, è stato ancora una volta rimandato.
“La nostra decisione non rispecchia la mancanza di fiducia nell’economia”, ha detto
Janet Yellen, “è sempre meglio sbagliare per eccesso di prudenza”.
BCE "Continuiamo ad aspettarci di mantenere i tassi invariati, mentre il
Quantitative Easing (QE) durerà almeno fino a marzo 2017, oltre se necessario".
E' con queste parole che Mario Draghi, Governatore della Banca Centrale Europea
(BCE), ha iniziato la conferenza stampa che illustra i motivi per cui la Banca Centrale
Europea ha lasciato il costo del denaro fermo a zero. Una decisione che era nell'aria.
"Lo scenario di base rimane soggetto a rischi al ribasso", ha detto Draghi.
Tuttavia, il Governatore dell'Eurotower ha sottolineato: "continuiamo ad attenderci un
PIL in crescita moderata ma costante. Il Consiglio continuerà a monitorare lo scenario".
Mercati azionari. Recupera la fiducia degli operatori borsistici nel mese di
settembre, gettando una luce positiva sull'andamento dei mercati globali. Secondo
l'indagine condotta da State Street sul sentiment degli investitori e sulla loro
attitudine al rischio, l'indicatore globale si è attestato a 95,5 punti, in aumento di 5,8
punti rispetto agli 89,7 punti del mese precedente. Il miglioramento è stato trainato
soprattutto dal clima di fiducia in Nord America (a 92,3 da 89,6) e in Asia (a 118,6 da
105,9), mentre in Europa è peggiorato il sentiment (a 84,9 da 86,8).
Mercato dei cambi. Sulla divisa unica pesano le preoccupazioni sullo stato di salute
del settore bancario e le aspettative di politiche espansive della Banca centrale
europea. L’euro si è indebolito contro tutte le principali valute seppur con variazioni
contenute. L’euro ha toccato i minimi da circa due mesi contro il franco svizzero poco
sopra 1,08 punti. Poche novità sul mercato valutario con il cross Eur/Usd che continua
a restare sulla parte alta del trading range laterale di medio periodo compreso tra 1,05
ed 1,15 punti con oscillazioni intorno a 1,12 punti.
109

Mercati finanziari
FED Non è ancora il momento giusto per intervenire sui tassi di riferimento.
L’economia americana sta crescendo a un ritmo meno intenso delle previsioni,
costringendo la Federal Reserve a rivedere al ribasso le stime sul Pil e ad annunciare
che i rialzi dei tassi di interesse saranno meno frequenti delle attese.
Pur esprimendo fiducia nell’economia numero uno al mondo, i membri del board della
Federal Reserve, divisi sulla decisione sul costo del denaro, hanno fatto sapere che la
crescita economica sarà meno vivace quest’anno e anche sul lungo termine, motivo per
cui l’appuntamento con la stretta monetaria, la seconda in dieci anni, è stato ancora
una volta rimandato.
“La nostra decisione non rispecchia la mancanza di fiducia nell’economia”, ha detto
Janet Yellen, “è sempre meglio sbagliare per eccesso di prudenza”.
Sono stati tre gli esponenti del direttorio a dissentire, esprimendosi a favore di un
aumento immediato dei tassi. Per quanto riguarda le proiezioni, la Fed ha ridotto sia le
stime di crescita e sia quelle di crescita potenziale. Coerentemente, il livello di tassi
considerato come neutrale è sceso dal 3% di giugno al 2,875%.
In questo contesto di consolidamento dell’attività e continua accelerazione
dell’inflazione, dice Keith Wade, Chief Economist e Strategist di Schroders,
“dovremmo essere avviati verso un aumento dei tassi a dicembre di 25 punti base”.
Durante la conferenza stampa successiva alla decisione (attesa) sui tassi, Yellen ha
risposto di si a un giornalista che le chiedeva se era preoccupata per la creazione di
bolle nell’economia a causa del periodo prolungato di tassi di interesse bassi. Ma non
ha saputo offrire una soluzione al problema.
“Ovviamente siamo preoccupati del fatto che si possano venire a creare bolle
nell’economia e per questo monitoriamo costantemente le valutazioni degli asset
finanziari”, ha detto Yellen. “Se da un lato nessuno può dire con certezza quando le
valutazioni sono tanto alte da rappresentare una bolla, monitorando le misure per
quantificare i prezzi, abbiamo osservato che le valutazioni nel mercato immobiliare
commerciale sono elevate“.
BCE "Continuiamo ad aspettarci di mantenere i tassi invariati, mentre il
Quantitative Easing (QE) durerà almeno fino a marzo 2017, oltre se necessario".
E' con queste parole che Mario Draghi, Governatore della Banca Centrale Europea
(BCE), ha iniziato la conferenza stampa che illustra i motivi per cui la Banca Centrale
Europea ha lasciato il costo del denaro fermo a zero. Una decisione che era nell'aria.
"Lo scenario di base rimane soggetto a rischi al ribasso", ha detto Draghi.
Tuttavia, il Governatore dell'Eurotower ha sottolineato: "continuiamo ad attenderci un
PIL in crescita moderata ma costante. Il Consiglio continuerà a monitorare lo scenario".
110
Draghi continua a rassicurare i mercati dicendo: "agiremo con tutti gli strumenti che
sono disponibili nel nostro mandato, anche perché i rischi restano orientati al ribasso".
Guardando avanti ci aspettiamo che la ripresa economica continui. "La ripresa - ha
spiegato Draghi- continua ad essere appesantita dalla domanda estera in particolare
dopo la Brexit. La ripresa è frenata anche dalle riforme strutturali che non hanno
prodotto gli effetti sperati. Il Governatore BCE ha auspicato che l'implementazione
delle riforme strutturali venga fatta in fretta per aumentare la crescita. Guardando
la futuro, spiega che i tassi d'inflazione rimarranno bassi nei prossimi mesi, almeno
fino al 2016: "Appoggiati dalle nostre misure di politica monetaria i tassi d'inflazione
dovrebbero crescere nel 2017 nel 2018".Per quanto riguarda la crescita economica sul
2017 e 2018, la BCE prevede un +1,6% di un decimale di punto inferiori alle stime
diffuse tre mesi fa. La previsione sul 2016 è stata invece leggermente alzata
all'1,7%.Nei verbali della riunione del 21 luglio scorso, la BCE aveva già manifestato
un'aumentata preoccupazione per l'attuale livello dei prezzi e per la ripresa troppo a
rilento dell'Eurozona, sulla quale pesano anche fattori esterni quali il rallentamento
delle economie emergenti.
3.2 Nulla di fatto per i tassi
Federal Reserve. La Federal Reserve ha deciso di lasciare i tassi di interesse fermi
tra lo 0,25 e lo 0,50 per cento. È quanto si legge nel comunicato finale della due giorni
del Fomc, il braccio monetario della Banca centrale Usa. La decisione era attesa dai
mercati.
111
Una decisione non presa all’unanimità, tre membri della Fed hanno infatti votato contro,
il numero più alto dal 2014. La Fed prevede due aumenti dei tassi di interesse nel 2017,
uno in meno rispetto ai tre stimati in giugno. È quanto emerge dalle tabelle, i cosiddetti
`dot plot´, che accompagnano il comunicato finale con le decisioni di politica monetaria
diffuso al termine della due giorni di riunione. La Fed prevede tre aumenti dei tassi nel
2018.
BCE Il Consiglio direttivo ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse di
riferimento della BCE e continua ad attendersi che rimangano su livelli pari o inferiori
a quelli attuali per un prolungato periodo di tempo, ben oltre l’orizzonte degli acquisti
netti di attività da parte dell’Eurosistema. Quanto alle misure non convenzionali di
politica monetaria, il Consiglio direttivo ha confermato l’intenzione di condurre gli
acquisti mensili di attività per 80 miliardi di euro sino alla fine di marzo 2017, o anche
oltre se necessario, e in ogni caso finché non riscontrerà un aggiustamento durevole
dell’evoluzione dei prezzi, coerente con il proprio obiettivo di inflazione.
Bank of England (BoE ). - Come previsto, la Bank of England (BOE) ha lasciato invariati
i tassi di interesse e il piano di acquisto asset (Quantitative Easing). Lo ha annunciato
oggi la banca guidata da Mark Carney, al termine della riunione di politica monetaria.
Lo scorso agosto, la BOE ha tagliato i tassi di interesse, mostrandosi anche più
interventista del previsto con una estensione del piano di Quantitative Easing. Il
Monetary Policy Committee (MPC) ha deciso di lasciare il tasso sulle operazioni di
rifinanziamento principale allo 0,25% e confermare il piano di QE a 435 miliardi di
sterline. Nessuna sorpresa, quindi, visto che la decisione era ampiamente attesa.
Bank of Japan (BoJ). Buone nuove dalla Bank of Japan, che conferma la piena
disponibilità a combattere la deflazione, con qualsiasi mezzo. A parlare è stato
direttamente il governatore della banca centrale, Haruiko Kuroda, nel primo intervento
che segue la riunione di politica monetaria della banca centrale, in cui non è stato
ampliato il piano di quantitative easing, ma solo i parametri cui agganciare le decisioni.
Kuroda, parlando dinanzia alla comunità degli impenditori di Osaka, ha assicurato che
la BoJ è "pronta ad usare qualsiasi strumento per centrare il target di inflazione", che
viene indicato al 2%. "Non c'è migliore opportunità di quella attuale per uscire
completamente fuori dalla deflazione", ha detto. Il governatore ha precisato che,
sebbene si stiano valutando gli effetti delle misure di stimolo sui profitti bancari, ciò
non impedirà all'autorità di politica monetaria di espandere ancora gli stimoli, se
l'economia giapponese ne avrà bisogno.
3.3 L’ultima settimana del trimestre si chiude con i listini azionari in negativo
sulla scia dei timori circa la solidità delle banche europee.
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Recupera la fiducia degli operatori borsistici nel mese di settembre, gettando una
luce positiva sull'andamento dei mercati globali. Secondo l'indagine condotta da
State Street sul sentiment degli investitori e sulla loro attitudine al rischio,
l'indicatore globale si è attestato a 95,5 punti, in aumento di 5,8 punti rispetto agli
89,7 punti del mese precedente. Il miglioramento è stato trainato soprattutto dal
clima di fiducia in Nord America (a 92,3 da 89,6) e in Asia (a 118,6 da 105,9), mentre
in Europa è peggiorato il sentiment (a 84,9 da 86,8).
L’ultima settimana del trimestre si chiude, peraltro, con i listini azionari in
negativo sulla scia dei timori circa la solidità delle banche europee. L’intesa
dell’Opec sui tagli alla produzione che ha favorito i titoli energetici non ha ridotto il
nervosismo degli investitori e gli indici europei chiudono con una variazione intorno al
3,0%; prime prove di tenuta del supporto a 16mila punti per il FtseMib mentre
l’Eurostoxx si conferma sotto i 3mila punti ed il Dax si avvicina a quota 10mila.
Pesano le notizie sulle banche tedesche ed in particolare su Deutsche Bank che
negli scambi intraday ha toccato il nuovo minimo storico sotto i 10 euro. Il settore
da inizio anno è in calo di oltre il 30% con l’indice che continua a restare in prossimità
dei minimi segnati a giugno in occasione dell’esito del referendum su Brexit.
3.4 Il dollaro resta non molto lontano dai massimi di periodo nei confronti del
paniere di valute principali.
Sulla divisa unica pesano le preoccupazioni sullo stato di salute del settore bancario
e le aspettative di politiche espansive della Banca centrale europea. L’euro si è
indebolito contro tutte le principali valute seppur con variazioni contenute.
L’euro ha toccato i minimi da circa due mesi contro il franco svizzero poco sopra 1,08
punti. Poche novità sul mercato valutario con il cross Eur/Usd che continua a restare
sulla parte alta del trading range laterale di medio periodo compreso tra 1,05 ed 1,15
punti con oscillazioni intorno a 1,12 punti. Anche il cross Eur/Jpy è in una fase di
assestamento intorno ai 113 punti all’interno di un canale ribassista di lungo periodo da
circa tre anni che ha avuto come minimo quota 110 punti in occasione del referendum
su Brexit.
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