e n n o D r e i s s Do La donna presenza preziosa nella Chiesa e nella società L a Festa della Donna, meglio definita come Giornata internazionale della Donna, risale ai primi anni del ’900. A Copenaghen un centinaio di donne provenienti da 17 paesi volle istituire tale Giornata col fine di promuovere l’uguaglianza sociale tra uomo e donna, rivendicandone pari opportunità. L’Organizzazione delle Nazioni Unite accoglierà le tante istanze di protesta femminile in Europa, designando il 1975 quale Anno internazionale delle Donne e scegliendo l’8 marzo quale data commemorativa. La scelta di questo giorno in particolare nasce da un evento drammatico, ritenuto da alcuni un falso storico, accaduto l’8 marzo del 1908 a New York: il proprietario della fabbrica tessile Cotton punì le sue operaie, in sciopero da giorni per protestare contro le condizioni in cui erano costrette a lavorare; rinchiuse nello stabilimento, ben 129 di loro morirono a causa di un incendio divampatosi all’interno. L’8 marzo divenne dunque la data simbolo per ulteriori manifestazioni di protesta in merito al lavoro e alla rivendicazione sociale e per ulteriori riflessioni sulle precarie condizioni della donna nei diversi ambiti della comunità civile . La scelta del fiore-simbolo risale al 1946: l’Unione Donne Italiane (UDI) scelse la mimosa perché il colore giallo del fiore esprime forza, vitalità e gioia; il giallo inoltre è il colore che rappresenta il passaggio dalla morte alla vita e ricorda le donne che si sono battute per la nascita di un mondo giusto. La storia del ventesimo secolo attesta la volontà della donna di riappropriarsi di se stessa, della propria dignità, di occupare il posto che le compete nella società, di scoprire il compito fondamentale che le è proprio, di valorizzare le competenze specifiche e le attitudini naturali che ne esaltano l’originalità. Intervenendo al Quirinale, nella celebrazione della Giornata mondiale della Donna, il Ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna ha auspicato che «l’Italia brilli per il riconoscimento delle pari Una foto della mimosa, pianta simbolo della festa della donna © E. Vita opportunita’ e per l’esaltazione dei diritti delle donne, avendo come obiettivo il superamento di tutti quegli ostacoli che complicano la vita della donna in ogni fase della sua esistenza». E il Presidente della Repubblica, esaltando la Costituzione italiana come fautrice dei diritti più preziosi per le donne, quali «libertà, emancipazione, partecipazione attiva alla vita sociale e civile, uguaglianza di opportunità, pieno riconoscimento, a parità con gli uomini, dei talenti e dei meriti», ha messo in risalto la possibilità che le donne hanno di rendere vitale la stessa Costituzione, attraverso le loro capacità o, potremmo dire, grazie al loro “genio femminile”. La Costituzione avvalora la donna e questa rende vivi e attuabili i principi costituzionali. Napolitano non ha mancato di ricordare e condannare con forza i tristi episodi di recente cronaca che parlano di violenza, di abusi e soprusi sulle donne. In molte città italiane, le donne sono scese in piazza per denunciare le violenze maschili e tante sono state le iniziative per sensibilizzare contro questa piaga sociale di dimensioni preoccupanti. Anche Sua Santità Benedetto XVI, dopo la recita della preghiera dell’Angelus, ha invitato alla riflessione sulla condizione della donna, affinché «sempre e dovunque ogni donna possa vivere e manifestare in pienezza le proprie capacità ottenendo pieno rispetto per la sua dignità». Ha assicurato la sua preghiera per tutte le donne, «perché siano sempre più rispettate nella loro dignità e valorizzate nelle loro positive potenzialità». La parola del Magistero della Chiesa ha elevato la donna e ne ha esaltato il ruolo e la vocazione. Paolo VI, l’8 dicembre del 1965, nei Messaggi della Chiesa al mondo scrisse alle donne di ogni condizione sociale, affidando loro il compito di “salvare la pace nel mondo” e di “riconciliare gli uomini con la vita”. Il servo di Dio, Giovanni Paolo II, dedicherà una Lettera apostolica sulla dignità e vocazione della donna, la Mulieris Dignitatem (1988), nella quale ha voluto renderle omaggio, contribuendo così a rafforzare la sua dignità e la sua missione nella vita della Chiesa e nella società. In essa, Giovanni Paolo II, a nome della Chiesa, «ringrazia per tutte le manifestazioni del genio femminile apparse nel corso della storia, in mezzo a tutti i popoli e Nazioni». Tale gratitudine è ribadita nella Lettera alle donne (1995): il grazie del Papa è anche per la donna impegnata nella vita sociale, politica, culturale, artistica, capace di portare ricchezza di umanità nell’ambito politico ed economico. Egli stesso auspica una maggiore presenza della donna nella vita sociale, una presenza tanto preziosa da «far esplodere le contraddizioni di una società organizzata su puri criteri di efficienza e produttività e … riformulare i sistemi a tutto vantaggio dei processi di umanizzazione che delineano la “civiltà dell’amore”». Anna Rita Lamendola «Le donne di San Paolo». Sempre al suo fianco nell’annuncio della Parola S abato 7 marzo, vigilia della Festa della donna, a Salice Salentino, presso la Chiesa S. Maria Assunta, si è svolto un interessante incontro dal titolo “Le donne di San Paolo”. Tale appuntamento ha costituito un’ulteriore tappa del cammino di approfondimento che tale comunità parrocchiale sta effettuando, appunto sulla figura dell’Apostolo, nell’anno a lui dedicato. Relatore è stato don Alberto Diviggiano, il quale di fronte ad una platea per lo più femminile, ha commentato i passi di alcune Lettere di S. Paolo, ove in maniera più diretta viene affrontato il tema del ruolo della donna, nella famiglia e nella comunità ecclesiale. I contenuti di alcuni brani che sono stati riportati sono sicuramente noti, altri un po’ meno. Certo è che ad una prima lettura, poteva apparire non del tutto infondata l’accusa di misoginia mossa all’apostolo. Alcune affermazioni, in effetti, hanno lasciato un po’ interdetta l’assemblea: “Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l’uomo…”; “…Ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo la proprio capo, perché è lo stesso che se fosse rasata”; “…Non l’uomo deriva dalla donna, ma la donna dall’uomo; né l’uomo fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo” (1a Corinzi 11, 3.5.8-9); e ancora, in 1a Corinzi 14, 34: “Come in tutte le comunità di fedeli, le donne nelle assemblee tacciano perché non è loro permesso di parlare; stiano invece sottomesse, come dice anche la legge”; per finire con Efesini 5, 22: “Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore”. Sicuramente, può non apparire giusto accostarsi alla Parola estrapolando solo alcuni passi, ma tale espediente è servito da provocazione per l’intervento di don Alberto, il quale ha evidenziato come tali affermazioni vadano comprese tenendo conto della mentalità presente al tem- po di San Paolo. Egli infatti, ha sottolineato don Alberto, non vuole porsi contro le tradizioni radicate nelle varie comunità, le quali ad esempio, impongono alla donna di portare il velo, come segno di rispetto ma anche di riconoscimento. Ed inoltre, viene sottolineato il fatto che in alcune realtà come quella di Corinto, fosse necessario riportare un certo ordine all’interno di assemblee che apparivano alquanto indisciplinate. Ad ogni buon conto, don Alberto riesce a fugare nei presenti i “sospetti” che le affermazioni sopra riportate avevano fatto sorgere, sottolineando altri passi degli stessi brani che ci riconciliano con la figura dell’apostolo delle genti. In 1a Corinzi 11, 11-12 leggiamo: “Tuttavia, nel Signore, né la donna è senza l’uomo, né l’uomo è senza la donna; come infatti la donna deriva dall’uomo, così l’uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio”; e ancora, in Galati 3, 28: “…non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù”. Inoltre lo stesso don Alberto ha evidenziato come, durante la sua missione, S. Paolo abbia sempre riconosciuto l’importanza di tante figure femminili che sono state al suo fianco nell’annuncio della Parola e che lo hanno sostenuto con coraggio e intelligenza, serbando nei loro confronti sentimenti di gratitudine. Possiamo, dunque, sicuramente mettere da parte le accuse di misoginia che sono state ingiustamente e affrettatamente mosse all’apostolo. L’intervento di don Alberto è stato sicuramente illuminante, come sono stati preziosi gli altri incontri vissuti in precedenza; ed è auspicabile che si continui ad approfondire lo studio e la conoscenza di S. Paolo, con tutti gli strumenti che la Chiesa mette a disposizione dei fedeli in quest’anno particolare. Laura Margherito