Dicembre 1974 18. Bologna 1 LA RIVITALIZZAZIONE DEL CENTRO STORICO DI BOLOGNA di GIOVANNI ALESSANDR I A Bologna, nella mozione conclusiva del secondo simposio organizzato dal Consiglio .d'Europa (l) dal 22 al 26 ottobre 1974 nel quadro delle iniziative per l'« Anno europeo del patrimonio architettonico 1975 », è stato ribadito il principio sottolineato nel primo simposio, ad Edimburgo, nel gennaio 1974: «Gli Europei hanno il dovere, sia dal punto di vista sociale che economico, di salvaguardare il loro patrimonio architettonico, bene insostituibile che va rapidamente scomparendo. La vita sociale e comunitaria appare meglio salvaguardata n egli edifici restaurati che neJle nuove costruzioni; inoltre, i costi e le incidenze sociali del restauro, confrontati con quelli delle nuove costruzioni, potrebbero costituire ulteriore argomento in favore del restauro ». La scelta di Bologna come sede di questo secondo simposio, al quale hanno partecipato un centinaio di ospiti dei diciassette Paesi membri del Consiglio piìt alcuni osservatori dell'Europa orientale, è motivata dall'accuratissimo piano per il suo centro storico, risultato di 1 ' ( l) D Consiglio d'Europa, con sede a Strasburgo, organizza la cooperazione degli Stati europei nella. maggior p a rte del settori che Interessano Il cittadino, eccettuata la difesa.; primo In data tra gli organismi politici europei (1949), abbraccia con 1 suoi 17 Paesi membri la più estesa superficie e Il campo di azione più vasto. Il Simposio di Bologna era. stato p revisto nel quadro dell'anno del Patrimonio architettonico europeo (1975) lanciato dal Consiglio stesso col motto << un futuro per Il nostro passato >> ed aveva. come tema generale « Il costo sociale della conservazione del centri storici >> ; temi specifici: « Adattamento , attraverso l'lndividuazione del bisogni della popolazione, d elle case antiche all'attuale modo di abitare nel l'lspetto della struttura o della tlpologla originale degli Immobili » (relatore: C. de Angells, controrelatore: J. Eckhardt-Han sen ); «Adattamento del patrimonio architettonico In vista della su a destinazione ad uso pubblico con finalità soclo-culturall realizzato attraverso la partecipazione della p opolazione » (relatore: R. Scannavini, controrelatore: E. Martin): « Compatibilità delle condizioni economiche degll a bitanti del centro storico In ordine sia al costo sociale del restauro che al costo delle realizzazioni di nuove zone di espanalone » (relatore: P. L . Cervellati, controrelatore: J. Houlet). -737- dieci anni di studio, e che, secondo il parere del Consiglio stesso, « applica in modo particolarmente rigoroso » il « principio della conservazione integrata dei centri storici». IL PROBLEMA DEl CENTRI STORICI I centri storici - identificati con le parti più antiche della città -, nella diffusa prassi urbanistica che considera lusso superfluo la preoccupazione dell'ambiente e della «qualità di vita>> per tutti i cittadini, appaiono o abbandonati a progressivo degrado, o deplorevolmente manomessi in massicce operazioni di « restauro » che riducono l'ambiente antico a pura apparenza esterna a servizio di attività terziarie (uffici professionali, banche, sedi di grandi società, ecc.) sempre più congestionanti, o destinati a residenza per ceti privilegiati della popolazione. I costi sociali ed economici che conseguono a tali operazioni sono l'increm ento dello sviluppo anarchico delle gra ndi città, l'aggravio dei bilanci pubblici - per le maggiori distanze di impianto delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria -, e la distruzione a raggio sempre più vasto del verde agricolo, per l'espandersi delle periferie anonime, carenti di servizi adeguati e mal collegate con le altre parti della città, costruite per accogliere i ceti a medio e basso reddito sistematicamente espulsi dai centri storici. I centri storici costituiscono le preesistenze fisiche di un dialogo tuttora in corso tra l'uomo e lo scena rio della sua vita: contesto di strutture urbanis tico-architettoniche, stratificate nel tempo, che vivono nella vita totale della città al punto che qualunque intervento inteso ad isolare da q uel contesto un edificio ritenuto particolarmente « significativo», con demolizione e ricostruzione della cosiddetta edilizia minore, equivale a distaccare quell'edificio dalla vita e dargli sapore di cosa morta. Inoltre, perchè un centro. sia vivo bisogna che lo sia in permanenza e per tutti; e ciò implica conservazione delle componenti sociali ivi residenti e recupero di residenze di livello sociale variato oltre che scelta oculata delle attività da mantenervi, in funzione di una equilibrata ripartizione delle attività stesse fra · centro storico e centri secondari dispersi nel resto dell'agglomerato. Quanto l'animazione del centro storico sia legata alla presenza di residenti dei diversi ceti sociali in abitazioni integrate con uffici, comn'lerci e servizi culturali si è avuto modo di constatarlo sia a Parigi, dove il ministro della Pianificazione territoriale cerca di scoraggiare le deroghe alle prescrizioni del 1943 che limitavano le superfici da trasformare da abitazioni in uffici e negozi, sia a Londra, dove si tenta di ripopolare la «ci ty» diventata quasi deserta, con tendenza a spopolarsi ulteriormente, ridotta com'è a vivere 1,micamente d'una animazione diurna altamente congestionata. La conservazione della vitalità -738- 18. Bologna Dicembre 1974 2 urbana comporta la possibilità per ogni uomo di ritrovarsi con altri uomini, responsabili, ciascuno in modo diverso, di una parte della civiltà. Il simposio del Consiglio d'Europa ha inteso denunciare (linea che sa rà ripresa nei futuri simposi a Krems in Austria nell'aprile prossimo e ad Amsterdam in ottobre) la stortura in atto in molte città europee dove si continua a dare priorità a l rinnovo e a lle costruzioni nuove m entre si trascura il recupero del patrimonio edilizio esistente secondo c riteri storico-critici e in a lte rnativa a lla scelta della crescita indiscrimina ta delle città. In una lis ta di 44 progetti di intervento che fanno parte del programma europeo di rea lizzazioni esemplari vengono studiate situazioni che appaiono utili a lla discussion e dei modi di intervento nei centri storici. IL PIANO DI RESTAURO DEL CENTRO STORICO DI BOLOGNA l. Nel 1958 era stato approvato il piano regolatore generale di Bologna che sanciva, tra l'altro, una indifferenziata espansione urbana senza alternative alla struttura monocentrica della ci ttà, un Hve llo ins ufficiente di attrezzature e la previsione di un milione di a bitàn ti. Nel 1962 veniva affron tato, con lo studio di a lcune variazioni, il problema del nuovo piano regola tore: tra le varianti, una più ragionevole previsione di 550-600.000 abitanti. Tra il 1960 e il 1963 veniva iniziato, con lo studio dell'ambiente storico della città, il discorso sul "ripristino" o "risanamento conservativo del centro storico»: si intendeva garantire nel tempo la continuità di quel tessuto urbano, mantenutosi quasi intat to ma lgrado poche superfetazioni r ecenti, che si era venuto strut turando in un processo reso unitario dalla cos tanza di modi e stile del vivere e dell'operare, e che costituiva ancora un punto di riferimento mora le e cultura le per tutti i bolognesi; v'era connessa l'intenzione di scoraggiare la speculazione sulle aree fabbricabi li, di alleggerire l'ammin istrazione pubblica di abnormi c non giustificati costi di urbanizzazione e, soprattutto, di m antenere integra la struttura sociale risultante dalla presenza di componenti complementari dei vari ceti. Nell'ambito del perimetro in cui il tess uto urba no della città a ntica si è conservato a bbastanza completo, furono individua ti dalle Commissioni urbanistiche dei Consigli di quartiere (2) tredici « comparti » ur(2) Il nucleo più antico del centro storico d i Bologna s i andò formando Intorno al 1000 sull'Impianto a scacchiera di età romana; l caratteri di omogeneità e compattezza del nucleo storico più antico sembrano dovuti, almeno tn parte, al !atto ch e , nel 1181, Immediatamen te dopo Il grande Incendio, si Incominciò quel rinnovamento edilizio che avrebbe conferito a Bologna Il t ipico - 739- banistici d'intervento, vere isole di edilizia degradata: la struttura edilizia prevalente risultò caratterizzata da un assetto assimilabile, oggi, alle case operaie, artigiane e mercantili, articolata in tipi di base e in associazioni tipologiche varie; le tipologie residenziali originarie furono individuate attraverso il rilievo diretto confrontato con la documentazione di archivio integrata con il metodo analogico; fonte preminente sono stati i «Libri delle case, (catasto descrittivo tenuto dal 1500 al 1700 e comprendente case e beni dell'Abbazia dci santi Nabore e Felice): vi si ritrovano pianta e assonometria delle singole case con numerose annotazioni sulle destinazioni d'uso, sui vicini, sugli spazi privati e pubblici. Una categoria di t ipi edilizi, su cui si articolava parte del tessuto abitativo urbano, era originariamente a sviluppo in profondità, con i due lati più lunghi ciechi e un lato-modulo di fronte minimo sulla strada, con due camere per piano, illuminate dall'esterno, e un blocco-scala per accedere ai singoli piani; vi abitava una sola famiglia, con attività artigiana o « fondaco, a piano-terra ed abitazione negli altri piani. Attualmente le strutture distributive interne sono state generalmente alterate con suddivisione, attraverso tramezzature, dell'unico alloggio in nuclei familiari diversi; i locali a piano-terra sono restati, in genere, adibiti ad attività artigianali o commerciali, o a magazzini; superfetazioni sono state attuate con aggiunte nei piani alti e a livello di cortili e di orti. Il ripristino, a livello tipologico-funzionale, intende applicare un metodo di ricomposizione delle singole unità, riferite all'insieme di appartenenza, ispirato a motivazioni di ordine culturale operativo coerente con l'attuale momento storico e perciò « reinterpretativo, dell'elemento casa in quanto costante aggregativa - fisica c funzionale - dell'architettura della città; lo standard abitativo è ipotizzato in 34 metri quadrati per abitante. L'intenzione è di adeguare l'alloggio alle funzioni che gli sono proprie, esaltando, per contrapposizione, le funzioni integrative degli spazi collettivi, dci servizi comuni e · delle attrezzature, nella visuale di un supcramento dell'individualismo in una nuova, necessaria - anche se di sapore utopico allo stato attuale dello sviluppo sociale - concezione della socialità dell'uomo. Concezione nçm nuova, in assoluto, del carattere della vita urbana, visto che la si ritrova sostanzialmente nel quartiere s tesso della città medievale con i suoi vasti spazi pubblici (chiesa e sagrato, mercato, piazza, municipio, ecc.). aspetto eli città. turrlta; una distinzione tuttora valida tra la città. vecchia, a planlmetrla pollgonale, e le aree di espansione periferica e di suburbio è segnata dal viali di circonvallazione sistemati all'esterno della terza cinta murarla urbana del 1380, abbattuta In gran parte nel 1901. Amministrativamente Bologna è stata suddivisa nel 1964 In 18 quartieri, ognuno del quali !a capo a un aggiunto del Sindaco, tramite fra Il Comune e gli a bitanti. -740- 18. Dicembre 1974 Bologna 3 Si concretò cosl il piano regolatore per il centro storico, adottato nel 1969, che proponeva una reale a lternativa alla indiscriminata espansione urbana con il recupero del centro storico alla prevalente funzione residenziale mista. Nel 1973 veniva adottato il piano PEEP (Piano per l'edilizia economico-popolare): piani particolareggiati, di iniziativa pubblica, per l 'attuazione del piano per la conservazione del centro storico, concernenti i primi cinque comparti di intervento, con l'impiego di fondi per l'edilizia economico-popolare in applicazione della legge n. 865 del 1971 sulla casa. Per le operazioni di risanamento l'amministrazione comunale aveva la scelta tra la via dell'esproprio e quella della utilizzazione dell'intervento privato attraverso convenzioni: è ricorsa a quest'ultima, riservandosi il ricorso alla prima, come esposto più oltre. Va rilevato, a questo proposito, che l'articolo 16 della legge n. 865 sulla casa consente che nei centri storici si facciano espropriazioni solo per servizio pubblico, c quindi anche per l'edilizia economica e popolare che è servizio pubblico essendo attività esplicata da Enti pubblici, con pubblico danaro e in base a leggi dello Stato (3). L'intervento di risanamento a Bologna viene realizzato attraverso convenzioni che consentono la partecipazione diretta dei privati proprietari: la formula adottata dal Consiglio comunale il 7 marzo 1973 è quella della convenzione venticinquennale per i proprietari che lo desiderino (con esclusione di qualsiasi società speculativa o ente); la partecipazione dei privati viene favorita attraverso mutui agevolati e garantiti dall'amministrazione comunale stessa, a patto che i proprietari di case in affitto si impegnino a mantenere gli inquilini anche a lavori eseguiti, a rispettare i progetti esecutivi approvati dal Comune e ad applicare un equo canone; per i proprietari residenti che sono in disagiate condizioni economiche, le agevolazioni del Comune possono giungere al finanziamento totale; per 25 anni il Comune ha diritto di prelazione nell'acquisto della casa; è previsto l'esproprio n ei confronti di proprietari che vendano sottobanco la casa restaurata o anche di proprietari che non rispettino altre clausole della convenzione; il Comune si addossa l'onere delle case-albergo per la sistemazione temporanea degli abitanti dei singoli comparti nel corso dei lavori di ripristino. Il primo intervento concreto- per quanto inteso come esperimento nella linea del riutilizzo e delle implicazioni che questo comporta interessa il comparto San Leonardo nel quartiere Imerio con modeste case di origine rinascimentale degradate in tuguri dietro facciate in (3) C!r. A . PREDIERI, L 'espropriazione dt tmmobtlt nel centri stortct per L'edilizia residenziale plLbbllca secondo la Legge n . 865 del 1971 , In Bologna : politica e metodologia del restauro, a cura di P. L. CERVELLATI e R. ScANNAVINI, ed. n Mulino, Bologna 1973, pp. 41-90 - 741 - discrete condizioni; su un'area spianata dai bombardamenti del periodo bellico, di proprietà comunale, sta sorgendo una casa-albergo dove, a partire dal gennaio prossimo, saranno temporaneamente ospitati gli inquilini delle abitazioni in zona San Leonardo man mano che le loro case saranno sottoposte a risanamento. L'operazione-Centro è intesa anche a realizzare mini-appartamenti per studenti fuori-sede: d'intesa con l'Università degli studi si vorrebbe realizzare un piano a lungo termine che prevede l'acquisizione di grandi palazzi nobiliari nel centro storico, nell'ambito di una politica di riqualificazione e rinnovo delle attrezzature universitarie da estendere a l reperimento di alloggi per gli studenti fuori-sede al fine di stroncare il mercato speculativo degli affittacamere (4) . Viene cosl riproposto il problema della collocazione dell'università rispetto alla città, vale a dire del come esprimere una vita sociale nella quale studio e studente abbiano un inserimento ben preciso e niente affatto pleonastico. La scoperta della «vita" suppone la presenza nella città o almeno la relazione con la città (e soprattutto con la «grande città "• se si vuole evitare la «fagocitosi" della città da parte dell'università, cioè, in pratica, la devitalizzazione della città in quanto tale). con le sue attrezzature di agevole accesso, con la sua attività di cui ci si senta corresponsabili e con le sue opzioni offerte alla scelta responsabile (5). 2. Con il piano-programma comunale 1973-75 il Comune di Bologna ha avviato la realizzazione di una politica dei servizi e dei consumi sociali a supporto e complemento della politica della casa; premessa operativa è l'acquisizione da parte del Comune stesso di palazzi, complessi architettonici e soprattutto ex-conventi di cui è costellato il centro storico (6): destinati ad essere utilizzati come «contenitori» di servizi (4) E' noto che lo c Studio» di Bologna, fondato da lrnerlo e Pepone, data dall'anno 1088. Sin dagli Inizi attrasse studenti sempre più numerosi, spesso ricchi c h e vi si recavano con servitori e cavalli e spendevano largamente . n problema dell'alloggio fu perciò sempre molto Incisivo: se Il Comune - che nacque, crebbe e decadde con lo Studio - rispettò sempre l particolari privilegi di cui godevano gll « scolari » per l contratti di pensione e di affitto delle case, le università degli « scolari » dovettero amdare a del « taxatores • da loro eletti la tutela loro, del maestri e delle loro famiglie dalle varie forme di speculazione sull' alloggio e sul vitto. (5) SI veda, su questo argomento: AA. VV., L'università tn un mondo tn trasformazione, In Il Mulino, n. 210, (luglio-agosto 1970), pp. 27-165. (6) Una caratteristica bolognese è la presenza rilevante di conventi nel centro storico : alcuni erano luogo di Incontro per gli scolari delle « università» del leglstl e degll artisti, altri vere e proprie scuole fiorite all'Interno delle comunità claustrali: molte scuole sl configuravano come Studi Generali del rispettivi Ordini, frequentati pure da altri religiosi, chierici e studenti lalcl. L 'abbazia dl San Procolo fu la plù antica sede dell'università degli c scolari " : Intorno alla metà del secolo XII sl stablll presso quella chiesa una comunità di benedettini: a partire dal secolo XIV l'università del leglstl si radunò In san Domenico e quella degli artisti In San Francesco; collegi universitari erano, tra altri: Il Collegio spagnolo ( 1364) per « scolari » di famiglie no bill e cospicue di Spagna, 11 Collegio gregoriano (1370) per giovan i d isagiati e volenterosl, Il Collegio ancarano -742- Dicembre 1974 18. Bologna 4 sociali per il quartiere e la città. « Il progetto di accogliere diverse attività sociali - osservava l'architetto Scannavini nella sua relazione al Simposio - , dalla scolastica alla ricreativa, dalla culturale a quella assistenziale, e di servizio di quartiere, in un unico complesso architettonico, riconoscendo negli spazi architettonici la vocazionalità intrinseca, oltre che superare il triste espediente di utilizzare comunque la disponibilità offerta da queste preesistenze, porta a compiere esperienze nuove nel campo del restauro attivo ». E' in atto il restauro e la rifunzionalizzazione di un complesso architettonico in Via Pietralata; per altri complessi sono già pronti i progetti esecutivi. La restituzione alla città antica della sua intrinseca efficienza funzionale prevede anche il decentramento dei « generatori di direzionalità», riconosciuti incompatibili con la struttura antica, mediante la creazione di nuove aree di sviluppo terziario esterne al nucleo antico. Per la zona Nord (intesa, in un primo tempo, come zona di sviluppo residenziale, impiego e servizi per 100.000 abitanti) furono commissionati al giapponese Kenzo Tange ed al suo gruppo di lavoro una struttura direzionale (incarico del Comune di Bologna) , il piano particolareggiato del distretto fieristico nell'ambito della stessa zona Nord (incarico dell'Ente « Finanziaria Fiere») ed il progetto di un centro religioso sempre nell'ambito della zona Nord (incarico del card. Lercaro); le proposte elaborate dal gruppo Tange a partire dal maggio 1968 (in stretto contatto con i tecnici che parallelamente studiavano il nuovo piano regolatore generale) furono presentate all'« assemblea dei 70 » dei comuni del piano intercomunale bolognese nell'aprile 1970: e in quella sede se ne ridimensionò la scala per non squilibrare l'insieme urbano. 3. Il tentativo di salvare la dimensione umana dell'ambiente viene integrato, a Bologna, da un corrispettivo sociale: l'assistenza agli anziani e all'infanzia. Il problema degli anziani è stato affrontato scartando il ricovero in quei «parcheggi di attesa» che sono gli ospizi; è stato redatto un programma di mini-appartamenti destinati agli anziani nelle zone stesse in cui son sempre vissuti, in modo da dar loro la consapevolezza di non essere emarginati, ma presenti, attivi, autonomi; il Comune integra la pensione per i pensionati che vivono soli; i quartieri sono attrezzati di poliambulatori gratuiti per gli anziani (otto già funzionanti) che integrano l'assistenza mutualistica e sono affiancati da un Centro di assi(1414) per « scolari» poveri; con la costruzione dell'Achlglnnaslo (1663, architetto Il Terrlbllla, prolegato pontificio san Carlo Borromeo) furono riunite In quella sede le scuole degli artisti e del leglstl, mentre l'Insegnamento teologico continuò a tenersi nel conventi; dopo l'esproprio napoleonlco ( 1796) numerosi conventi vennero demanializzati o venduti a. privati. -743- stenza domiciliare; gli anziani usufruiscono di tessera gratuita di circolazione sui trasporti urbani. Sui pitt di 17.000 bambini bolognesi fra i 3 e i 6 anni, 13.300 frequentano la << scuola materna, o « dell'infanzia » (come si preferisce chiam arla) e vi restano sino all'ora di chiusura degli uffici e delle fabbriche; la refezione scolastica costa modestamente e per i bambini di famiglie a basso reddito è gratuita; la media di frequenza è del 76% ed il traguardo che s'è prefisso il Comune è dell'SO%; molti degli edifici adibiti per le scuole dell'infanzia sono di non recente costruzione, ma riadattati, ristrutturati, trasformati da un gruppo di architetti e di tecnici comunali per l'arredo. VALUTAZIONI L'esperimento in corso a Bologna per la salvaguardia e rivitalizzatione del suo centro storico ha suscitato, ovviamente, nei convenuti al Simposio non soltanto sinceri consensi per lo sforzo di « rompere il circolo vizioso di uno sviluppo urbano che rende sempre più disumane le città ''• ma anche delle riserve. Ed era scontato: finalità dei simposi è di contribuire a far nascere ogni scelta di fondo nello sviluppo della città da un dibattito, il più esteso possibile, con gli ambienti direttamente interessati. Da tutti i convenuti (e non soltanto per correttezza di ospiti) è stata favorevolmente sottolineata la validità dell'impegno assunto dall'Amministrazione bolognese di mantenere viventi gli edifici del suo centro antico non privandoli de l loro intorno immediato che ne costituisce l'unità e non turbando l'equilibrio della stra tificazione sociale ivi esistente: ogni edificio è ricco di ciò che gli sta accanto ed il contesto vive della continua presenza nella vita vissuta, particolarmente quando il cont esto è quello di una « città cordiale » come Bologna, per « uomini di cuore » quali sono i bolognesi. L'architetto danese J. Eckhardt-Hansen, illustrando gli analoghi interventi di salvaguardia in corso per E lsinore in Danimarca, ha messo in guardia i pianificatori bolognesi dalle conseguenze negative di un sistema di parcheggi per i residenti nel nucleo storico previsto « limitrofo al cen tro storico», entro un raggio di 500-800 metri, e h a richiamato l'attenzione sull'orientamento della moderna struttura del commercio a favore dei grandi supermercati: sono elementi che potrebbero aver un loro peso nel declino sociale del nucleo storico. L'architetto svizzero E. Martin, da parte sua, raffrontando i dati statistici sulla popolazione del centro storico bolognese del 1961 con quelli del 1971, ha rilevato una diminuzione di residenti addetti all'industria o all'art igianato ed un aumento di impiegati, quadri superiori -744- Dicembre 1974 18. Bologna 5 e indipendenti; inoltre, la ·popolazione del centro storico stesso è diminuita, nel decennio, da 93.000 a 80.000 abitanti con abbassamento dell'indice di occupazione degli appartamenti a 0,69 persone per locale. Le cause di tali fenomeni possono essere diverse; si profila, tuttavia, l'interrogativo della rispondenza del modo di abitare nel centro storico - sia pure risanato, attrezzato e restaurato - «ai fabbisogni attuali, soprattutto fut uri, di una popolazione in progressivo mutamento, che cerca di migliorare sotto tutti i punti di vista la sua condizione » e che forse non è più disposta ad accettare, per viverci, gli spazi angusti del vecchio ambiente urbano. Si potrà giungere a realizzare proficue compatibilità fra esigenze di salvaguardia socio-culturale, bisogni di mobilità e mutazioni dovu te all'attuale dinamica? Più forte mente critico, il francese J. Houlet si è dich iarato insoddisfatto del computo - a lui apparso generico e improbabile - presentato da Cervellati sui costi socio-economici del restauro rispetto a quelli di costruzione del nuovo in periferia (7) : Houlet non sembrava tener conto dei maggiori costi per opere di urban izzazione primaria e secondaria conseguenti alla crescita indiscrimin ata della città ed alla necessità di adeguamento dei servizi alle maggiori distanze delle periferie rispetto al centro già in gran parte attrezzato; inoltre non sembrava riflettere alla economicità insita in una migliore utilizzazione di risorse abitative altrimenti votate al degrado, fisico e sociale, e nella conservazione di destinazioni d'uso di zone urbane e delle stratificazioni sociali presenti in esse, che rim uovono i pericoli d i ghetli interni per classi abbienti e periferici per emarginati, con tutti i conflitti che ne emergono. Le sue critiche, però, si appun tavano soprattutto sulla convenzione venticinquennale tra Comune e privati proprietari per il restauro degli edifici di loro proprietà nel centro storico: egli tacciava di « contratto leonino >> la convenzione stessa, perch è imposta sotto la m inaccia della « spada d i Damocle della spoliazione" resa applicabile per l'arlicolo 16 della legge n. 865 sulla casa. Ma Houlet, che pure non ha mancato di stigmatizzare le manovre speculative sulle aree u rbane che imperversano in Francia (8) non meno che da noi, non ha indicato altro mezzo per venirne a capo. (7) Per quanto riguarda le nuove costruzioni In periferia: da recenti appalti, l costi risulterebbero di 218.0 00 !Ire al mq di supertlcle abitabile; se si considera una superficie di 30-35 mq per abitante, Il costo pro capite sarebbe di 6,5 - 7,5 milioni; aggiungendo, per spese di urbanlzzazlone primaria (strade, fogne, luce, ecc.) e secondaria (scuole, verde, attrezzature sportive, ecc.), rispettivamente 400.000 e 600.0 00 lire per abitante, si hanno, per ogni cittadino lnsedlato In periferia, 7,5 - 8,5 milioni. Per quanto Invece concerne Il restauro-rlsanamento: gli appalti più recenti danno 200.000 lire al mq: l'urbanJzzazlone primaria é già. esistente e quella secondaria è da realizzare In parte. (8) Cfr. O. ALESSAN DRI, La speculazione fondiaria nelle ~one urbane, In Aggiornamenti SoclaU, (maggio) 1974, pp. 345- 354, rubr. 18. -745- Che l'inizia tiva del Comune di Bologna di rivita lizzare il centro storico della città non sia perfetta, è ammesso dagli stessi ammin istratori che ne hanno iniziato l'attuazione in via sperimentale. Va tuttavia dato atto, agli amministratori bolognesi, di aver « preso una inWativa », anche se questa ha bisogno di essere precisata e calibrata. Chi ha avuto modo di confrontare previsioni ed esiti negli interventi di sistemazione urbana, sa bene che la logica della vita vissuta raramente - e molto spesso per caso - collima con la logica delle previsioni. Ciò non toglie che incombe su tutti l'impegno di contribuire a risolvere, nei limiti consent iti a ciascuno, i problemi della vita di tu tti. è disponibile in estratto ACHILLE ARDIGO' Evoluzione, crisi e prospettive della presenza politico- sociale dei cattolici in Italia pagine 25 - L. 300 Richiedere a: Centro Studi Sociali P.za S. Fedele, 4 - 20121 Milano - c.c.p. 3/33402 - 746-