1 RECENSIONE pubblicata in Rivista di Ascetica e Mistica 3 (2014) GUIDALBERTO BORMOLINI, I santi e gli animali. L’eden ritrovato Jole D’Anna Guidalberto Bormolini, I santi e gli animali. L’Eden ritrovato, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 2014, pp. 337, €. 18,00. ISBN 978-88-6500-091-5 Questo nuovo libro del p. Guidalberto Bormolini vuole rendere testimonianza al rapporto tutto particolare che esiste tra il mondo animale e il vissuto dei santi, nell’ambito di una visione spirituale della creazione, fuori dalla quale non è possibile cogliere questa relazione. D’altronde, è la stessa Scrittura che apre alla dimensione cosmica di questo rapporto quando con le parole di Giovanni afferma che “tutto è stato fatto per mezzo di Lui … e tutto sussiste in Lui”. Questa rapporto specifico che il p. Bormolini intende fare emergere viene supportata dalla legge divina che nell’ordine cosmico riguarda tutte le creature viventi, compresi gli animali che la seguono secondo l“impronta” data loro dal Creatore. Non si tratta di un rapporto strumentale, occasionale o semplicemente affettivo, quanto piuttosto di una compartecipazione all’amore con cui lo stesso Dio ha amato le sue creature. In forza di tale relazione, nei santi affiora con una sorta di “naturalezza” la capacità di comunicare con il mondo animale che spesso sul piano spirituale si traduce in quello che agli occhi dei profani appare come una sorta di “dialogo”. E tuttavia non si tratta di quelle forme di “relazione” naturalistiche diventate familiari a tutti dopo gli studi di Conrad Lorenz, ma di una condizione spirituale solidale con lo speciale stato di grazia propiziato da ogni percorso ascetico. I santi, infatti, riescono a comprendere il linguaggio degli animali in forza della loro 2 speciale condizione di godimento effettivo della grazia che permette di “superare” il livello della corporeità nella quale si esaurisce la normale esistenza umana e di “entrare in relazione” con la stessa dimensione archetipica dalla quale scaturiscono le singole specie animali. Il testo del p. Bormolini è ricco di racconti e aneddoti edificanti relativi a un gran numero di santi che fanno comprendere come il loro percorso di santità sia stato in vario modo caratterizzato da una qualche vicenda collegata al mondo animale o ad un contatto speciale con la natura. Il loro rapporto con gli animali scaturisce da uno stato interiore ordinato, orientato in modo insaziabile verso l’amore di Dio. Questo stato interiore purificato e arricchito dal corollario delle virtù che sono fondamentali per la stabilità, il dominio interiore e la purezza del cuore, permette loro di scoprire tutti i gradi nei quali si dispiega il cosmo e di agire in piena sintonia con la natura e con le sue leggi. In loro si realizza il fine autentico della vita spirituale, la partecipazione alla natura divina, la trasfigurazione in una creatura nuova capace di “riflettersi” nel cosmo intero e di comprendere perciò, quasi come una conseguenza non ricercata, lo stesso linguaggio degli esseri animali. Il numero elevato dei santi che nel corso dei secoli ha avuto un rapporto di “amicizia” col mondo animale, un rapporto che costituisce solo una parte del patrimonio di santità di tutti i tempi, attesta come questo fenomeno non sia circoscritto ad una sola epoca. Su questo aspetto l’Autore presenta un excursus che addirittura include le religioni antiche, attraversa il mondo greco classico, percorre l’Islam e arriva fino all’Estremo Oriente. E a supporto di questa sua tesi l’Autore riporta numerose testimonianze lasciate sugli straordinari rapporti tra i santi, gli asceti e gli animali. La ricerca del p. Bormolini ,inoltre, evidenzia il rapporto speciale di intere comunità religiose con il regno della natura e con il mondo animale in particolare, a partire dagli ambienti eremitici, dal monachesimo dei Padri 3 del deserto o dal monachesimo celtico. La letteratura dei Padri del deserto appare ricchissima di leggende che raccontano le modalità nelle quali si attuava questa “comunicazione” fra asceti e animali, e questi racconti sono ripresi, descritti e analizzati nei loro contenuti più ricchi di simboli e di riferimenti spirituali. Dal mondo degli antichi Celti emerge invece quella straordinaria facoltà che “trasferiva” negli animali alcune peculiarità della vita di grazia e per questo nelle leggende dei santi di area celtica appaiono spesso figure di animali che riproducono nel loro comportamento i modi e persino i valori tipici della vita eremitica. I monaci celti manifestavano un amore per tutte le creature alla luce della visione mistica di cui la loro spiritualità era interamente permeata. Sono comunque i Padri della Chiesa, con una insistenza che oggi lascia sorpreso l’osservatore, che hanno continuato ad affermare per secoli la bontà intrinseca del mondo animale ed hanno avuto una visione della realtà spirituale strettamente legata a quella materiale la quale spesso era semplicemente percepita come una mera forma di manifestazione della dimensione divina. L’Autore non trascura di evidenziare come tutte le civiltà tradizionali abbiano spesso paragonato l’ascesi ad un combattimento interiore contro i nemici dell’anima che si presentano sotto varie forme di animali “immateriali” o comuni, simbolicamente rappresentati come animali mostruosi. Negli animali feroci che vanno affrontati si possono riconoscere le forze spirituali pervertite. Il disordine interiore è alle origini della tensione conflittuale e dell’oscurità che promana dall’anima e dal corpo di chi vive in un modo disarmonico. Per cui è fondamentale riuscire a domare “la bestia interiore” per poi essere in grado di domare le bestie feroci. Nella Filocalia si legge che quando una persona tenta di rientrare in se stessa incontra quasi immediatamente gli spiriti tenebrosi coi quali deve lottare prima di raggiungere la méta. Solo dopo che le passioni sono state vinte ed educate si può vivere in pace e in perfetta armonia anche con gli animali selvatici. Negli uomini spirituali c’è sempre la 4 consapevolezza che il dominio interiore riporta l’uomo ad uno stato di armonia nel quale nulla di esterno può nuocere. Così come i mistici affermano, quando l’uomo ha ristabilito l’ordine interiore e vive in familiarità con le potenze spirituali, quando ha purificato il proprio cuore e vive secondo i suoi ritmi spirituali, vi scopre le schiere celesti, le gerarchie angeliche, la dimensione spirituale che distrugge ogni ignoranza e in certi casi consente di oltrepassare i limiti della stessa condizione umana. Il ristabilimento dell’armonia che alle origini esisteva tra quelle che i mistici hanno chiamate le “potenze dell’anima” e i ritmi che regolano il mondo esterno, trasforma totalmente l’anima nella quale risiede lo Spirito di Cristo e fa dell’abituale vita una condizione vissuta ad immagine dell’Eden. Riconquistare l’Eden perduto è un impegno che inizia quando si riesce a ritrovare la strada del proprio cuore, a ritrovare la quiete interiore che permette la purificazione dell’anima e l’armonia delle “potenze” che in essa operano. Ritrovare la strada del proprio cuore significa rientrare nella propria interiorità, là dove al suo interno soffia lo Spirito che allontana la tenebra delle passioni che la offusca e impedisce di volgersi interamente a Dio, nella santità della vita. La purificazione interiore porta alla compartecipazione di ogni ordine del creato e alla comprensione del significato ultimo di tutti gli esseri che vi abitano. Se l’uomo è un microcosmo, nel ripercorrere la via verso l’Eden deve attraversare tutti i regni della natura che in principio sono effettivamente presenti nel suo essere e nel suo cuore perché tutto ciò che è stato creato da Dio nelle diverse forme della natura concorre nell’uomo per formare una perfezione unica, quella che risuona nelle parole del Redentore: “Siate perfetti com’è perfetto il Padre mio nei cieli”. Attraverso la stretta relazione tra i santi e gli animali si può comunque intravedere nel testo uno schema di fondo sul quale però l’Autore non ha voluto soffermarsi in forma diretta. La presentazione dell’armonia cosmica propone un inno di lode al Creatore con la partecipazione di tutto il 5 creato. Questo cenno apre uno squarcio sulla vita spirituale al cui centro si trova il santo che ha ricostruito in sé e attorno a sé la solidarietà primordiale con le creature, così come era prima della ribellione di Adamo, quando gli uomini e gli animali parlavano ancora un “linguaggio” comune e vivevano di ritmi e modi appartenenti ad una vita di grazia che copriva l’intero creato. E’ grazie a questa condizione originaria che ogni animale, istintivamente e secondo un ordine stabilito, ritrova nell’uomo ritornato in una condizione “edenica”, nel santo, un significato completo alla propria esistenza e può perciò “comunicare” con lui. Questa specifica relazione è possibile solo in virtù della santità proveniente dall’uomo inabitato dallo Spirito che lo eleva verso uno status esistenziale e spirituale simile a quello goduto dall’uomo prima della caduta originale. Jole D’Anna