PERCHÈ SCEGLIERE L’EUROPA Documento informativo ad uso esclusivo dei promotori finanziari e dei private banker La tesi a favore dell’Europa L’Europa è composta da mercati finanziari liquidi e ben regolamentati, dove sono rappresentati tutti i principali settori. Sebbene negli ultimi anni la regione sia stata chiamata ad affrontare sfide di natura politica ed economica, è importante ricordare che economia e mercati azionari non sono la stessa cosa. La profondità e la portata dei mercati finanziari europei, con le loro variazioni regionali, offrono agli investitori moltissime opportunità spesso mal valutate nell’intera gamma di capitalizzazione. Di seguito proponiamo una panoramica dei principali driver di mercato e analizziamo opportunità e rischi. Progresso economico vs. incertezza politica Dati manifatturieri resilienti I segnali di un miglioramento economico, l’insorgenza di pressioni inflazionistiche e una ripresa tardiva degli utili societari sono stati stati offuscati dalla decisione della Gran Bretagna di abbandonare il mercato unico europeo (Brexit). Sebbene l’esito del referendum porti l’UE in un territorio inesplorato, per il momento nulla è cambiato e poco si sa riguardo all’avanzamento dei negoziati. Un contagio politico su più ampia scala rimane uno dei rischi più significativi per le sorti del progetto comunitario, con i partiti “antieuropeisti” di estrema destra destinati a guadagnare moltissimi voti, ad esempio attraverso politiche contrarie all’immigrazione. Gli indici PMI in Europa hanno toccato un record quinquennale a gennaio 2017, come raffigurato nel Grafico 2, e i prestiti bancari continuano a trovare sostegno in una domanda crescente. All’indomani del voto per la Brexit, gli indici PMI manifatturieri e dei servizi britannici sono scesi per un breve periodo sotto la soglia del 50, per poi riprendersi in modo incisivo. Questi sondaggi riflettono le effettive condizioni delle aziende, ma capita talvolta che siano influenzati dal sentiment prevalente. A parte l’impatto incerto sul fronte politico, la ripresa dell’Europa sembra costante, come dimostrano le stime di consenso che parlano di una crescita economica dell’1,5% nel 2017. Difficilmente la Banca Centrale Europea (BCE) abbandonerà la sua politica monetaria accomodante nel breve termine e un miglioramento del clima economico potrebbe stimolare una spesa pubblica più disinvolta. Nel gennaio 2017, anche il tasso di disoccupazione nell’Eurozona è sceso al livello minimo dal 2009. Questa contrazione nel mercato del lavoro rende più difficile per le aziende reclutare personale - un fattore che tende a spingere al rialzo salari e stipendi, ma dovrebbe anche sostenere la spesa dei consumatori. Nell’ultimo decennio, l’economia europea ha subito la pressione di forze deflazionistiche, che tuttavia sembra stiano scomparendo. A gennaio 2017, l’inflazione dei prezzi al consumo nell’Eurozona ha segnato un record quadriennale dell’1,8% (su base annua): il livello massimo dal febbraio 2013. Spingere l’economia europea verso l’inflazione è stata una sfida per la BCE, ma un periodo prolungato di stimoli e interessi praticamente nulli sui prestiti sembrano aver finalmente fornito lo slancio necessario. Anche l’elezione di Trump negli USA ha alimentato le speranze di misure politiche favorevoli. Tutto questo trova sostegno nei tassi swap d’inflazione 5 anni/5 anni - un tipico indicatore del livello medio di inflazione prevista a lungo termine (cinque anni) - sebbene l’Europa sia ancora ben lontana rispetto a USA e Regno Unito nel vedere tali pressioni inflazionistiche riflesse sull’economia reale. (si veda Grafico 1). Grafico 1- Indicatore d’inflazione: aumento dei tassi breakeven 5 anni/5 anni Regno Unito USA Eurozona 4.5 65 60 55 50 45 Eurozona Italia Regno Unito 40 Germania Francia Spagna 35 L’inflazione è tornata nel sistema? % 5.0 Grafico 2 – Espansione dei PMI manifatturieri 4.0 30 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 Fonte: Bloomberg, dal 31 febbraio 2007 al 31 gennaio 2017. Un PMI superiore a 50 suggerisce un’espansione dell’attività manifatturiera - un indicatore chiave dello stato dell’economia in generale. La Brexit influenzerà il PIL regionale? Inizialmente gli economisti hanno faticato a concordare sull’impatto a breve termine della decisione della Gran Bretagna di abbandonare l’UE, ma le stime di consenso suggeriscono ora un rallentamento della crescita nel prossimo futuro (si veda Grafico 3), seppure non ai livelli di crisi temuti da molti. Dopo il voto al referendum del giugno 2016, la crescita del Regno Unito è stata più resiliente del previsto e questa situazione è proseguita anche all’inizio del 2017. Gli indicatori sono positivi anche per l’Europa, con un impatto della Brexit sull’economia regionale meno avverso del previsto. Tuttavia, queste stime non tengono conto delle potenziali ripercussioni di negoziati difficili sul commercio e su altri fattori. Grafico 3 – Crescita nel Regno Unito più resiliente del previsto % 4 3 2 3.5 1 3.0 0 2.5 2.0 1.5 -1 Provisione minima -2 Provisione media -3 Provisione massima -4 Effettivo -5 1.0 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 Mar 08 Mar 09 Mar 10 Mar 11 Mar 12 Mar 13 Mar 14 Mar 15 Mar 16 Fonte: Bloomberg, dal 13 febbraio 2008 al 13 febbraio 2017. Fonte: Bloomberg, crescita del prodotto interno reale, su base annua, al 22 febbraio 2017. Basato sulle stime degli oltre 50 economisti che collaborano con Bloomberg. La tesi a favore dell’Europa Sostegno dalla persistente debolezza delle valute Piattaforma per la crescita degli utili in Europa Considerato l’intenso programma di quantitative easing a lungo termine varato da Mario Draghi, l’euro è molto più debole rispetto al dollaro USA di quanto non fosse all’inizio del 2014. Questo fattore si conferma molto positivo per l’Eurozona, che ha registrato un aumento delle esportazioni su scala globale. A fornire un’ulteriore spinta a questa tendenza è l’aumento della domanda di beni e servizi nelle parti a più rapida crescita del mondo. Sebbene l’impatto relativo di un indebolimento valutario si sia ormai dissolto, i tassi di cambio correnti rimangono un fattore positivo per alcuni segmenti dell’economia. Una delle sfide più importanti per i mercati europei è l’effettivo concretizzarsi del tanto atteso passo avanti sulla crescita degli utili societari, che giustificherebbe un aumento delle valutazioni. Malgrado le aspettative elevate nel 2015 e nel 2016, gli utili societari in Europa non sono riusciti ad abbandonare un intervallo ristretto, sottoperformando di gran lunga le controparti statunitensi dal 2012 (si veda Grafico 6). Ad ogni modo, il quarto trimestre del 2016 è stato caratterizzato da alcuni dei risultati migliori degli ultimi sei anni, il che ha ravvivato l’ottimismo per il 2017. La speranza è che il pacchetto di stimoli di QE della BCE, di pari passo con la svalutazione dell’euro e sostenuto dal miglioramento dei prestiti bancari, da un aumento degli utili legati alle materie prime e dall’incremento della crescita globale, possa fornire impeto al rialzo per gli utili societari. Grafico 4 – La debolezza dell’euro favorisce le esportazioni 1.8 Da USD a EUR (WMR&DS) Tasso di cambio Grafico 6 – L’Europa aspetta ancora una ripresa degli utili 140 1.6 Trailing EPS - Indice MSCI Europe (EUR) Trailing EPS - Indice S&P 500 (USD) 120 1.4 100 80 1.2 60 40 1.0 Feb 07 Feb 09 Feb 11 Feb 13 Feb 15 Feb 17 20 0 1988 Fonte: Thomson Reuters Datastream, dal 22 febbraio 2007 al 21 febbraio 2017 Politica monetaria accomodante Sotto la guida del Presidente Mario Draghi, la BCE tiene fede alla sua azione decisiva di stimolo alla crescita nella regione, soprattutto attraverso l’ampliamento della base totale di attivi, come raffigurato nel Grafico 5. L’intervento si è concentrato su misure straordinarie di politica monetaria, come il rilancio del programma di acquisto di titoli, ridotto di recente da €80 a €60 miliardi al mese (ma prolungato fino al dicembre 2017), le Operazioni di rifinanziamento mirate a lungo termine (TLTRO), le Operazioni monetarie definitive (OMT), tassi di deposito negativi e prestiti alle banche. In vista delle elezioni europee nel 2017 si potrebbero osservare anche allentamenti di natura fiscale, che potrebbero fornire un ulteriore impulso alla crescita economica nella regione. “I Paesi che dispongono di un margine fiscale devono utilizzarlo. E la Germania è uno di questi”, ha dichiarato Mario Draghi a settembre 2016. Queste misure di stimolo dovrebbero sostenere una buona ripresa regionale. Inizio QE LTRO 1& 2 Tassi dei depositi negativi TLTRO1 3000 2000 2003 2006 2009 2012 2015 2016 Grafico 7 – Le azioni europee offrono rendimenti competitivi 8 Rendimento (%) QE2 + TLTRO2 1997 I rendimenti sui titoli a reddito fisso di alta qualità rimangono sottotono e gli investitori cercano fonti di guadagno altrove. I rendimenti da dividendo sulle azioni europee sono ancora favorevoli rispetto alla media di lungo termine (3,3% al 22 febbraio 2017 vs. media a 20 anni del 3,0%). Si tratta di un rendimento ben superiore al livello offerto dai Bund tedeschi (0,3%) o dalle obbligazioni societarie europee con rating BBB (1,5%) (si veda Grafico 7). In un mondo da tempo caratterizzato da una scarsa crescita, dove il reddito è a premio, questo scenario continua a sostenere le azioni europee. Estensione QE e tapering 4000 1994 Reddito scarso Grafico 5 – Attivi totali della BCE (miliardi di euro) 5000 1991 Fonte: Henderson Global Investors, Thomson Reuters Datastream, dal 17 gennaio 1988 al 17 gennaio 2017. EPS = utili per azione. 7 Rendimento bund tedeschi decennali 6 Rendimento obbligazioni societarie euroepee BBB Rendimento dividendi FTSE Europe 5 4 3 2 1 0 2000 -1 2010 1000 Gen 07 Gen 08 Gen 09 Gen 10 Gen 11 Gen 12 Gen 13 Gen 14 Gen 15 Gen 16 Gen 17 Fonte: Henderson Global Investors, dal 31 dicembre 2007 al 31 dicembre 2016. “QE” sta per quantitative easing. La linea arancione rappresenta una stima basta sul valore degli acquisti di attivi previsti. 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 Fonte: Henderson Global Investors, Thomson Reuters Datastream, dal 22 febbraio 2010 al 22 febbraio 2017. La tesi a favore dell’Europa L’Europa continua a offrire valore relativo A quanto ammonta davvero la volatilità? Le azioni europee non sono più scontate rispetto ai dati storici. Basandosi sul rapporto prezzo/utili atteso a 12 mesi, l’Indice MSCI Europe scambia a un multiplo di 14,9x (al 27 febbraio 2017), rispetto a una media storica di 14,0x, con i rialzi maggiori ascrivibili ai titoli “bond proxie” di qualità migliore dall’inizio del 2015. Ciononostante, le azioni europee continuano a presentare valutazioni interessanti rispetto ad altre regioni e asset class (nella fattispecie gli USA), come illustrato nel Grafico 8. Molti investitori mantengono un sottopeso nella regione, a riprova delle aspettative riposte nella domanda futura. Un eventuale miglioramento della crescita degli utili in Europa dovrebbe fungere da catalizzatore anche per i profitti. La volatilità del mercato azionario europeo – misurata dall’Indice Euro Stoxx 50 Volatility (VSTOXX) – rimane al di sotto della media di lungo termine, come raffigurato nel Grafico 9. Inoltre si conferma di gran lunga inferiore al livello raggiunto durante il collasso dei mercati finanziari nel 2008/2009 e durante la crisi del debito sovrano nel 2011. Grafico 8 – L’Europa è più interessante degli USA 50 Grafico 9: I mercati europei non sono poi così volatili 30 Premio: 14.3% 20 % 100 90 10 80 Media:10.6% Crisi finanziaria 70 0 Volatilità (%) Premio sull'azionario US (%) 40 Per gli investitori che adottano una strategia di portafoglio a lungo termine, l’incertezza di mercato nel breve periodo potrebbe rappresentare un’opportunità piuttosto che un rischio da rifuggire. Considerato il nervosismo degli azionisti, le correlazioni dei prezzi a breve termine tendono ad aumentare, poiché la “mentalità del gregge” prende il sopravvento e la propensione al rischio svanisce. In questo contesto, le società valide vengono spesso punite insieme a quelle di scarsa qualità. Questo errore di valutazione può creare interessanti opportunità per gli investitori a lungo termine concentrati sui fondamentali societari. -10 -20 Crisi del debito sovrano 60 50 Brexit 40 30 2016 2012 2014 2010 2008 2006 2004 2002 2000 1998 1996 1994 1992 1990 1988 -30 Fonte: Thomson Reuters Datastream, dal 22 febbraio 1988 al 22 febbraio 2017. Il premio è calcolato utilizzando i rapporti P/E anticipati a 12 mesi per l’Indice S&P 500 Composite e l’Indice MSCI Europe. Media a 10 anni 20 10 0 Feb 07 Feb 08 Feb 09 Feb 10 Feb 11 Feb 12 Feb 13 Feb 14 Feb 15 Feb 16 Feb 17 Fonte: Bloomberg, Indice EuroStoxx 50 Volatility (VSTOXX), dal 22 febbraio 2007 al 22 febbraio 2017. Sintesi Sebbene ci siano buone ragioni per essere ottimisti riguardo alle sorti a lungo termine delle azioni europee, rimangono comunque dei rischi che gli investitori non dovrebbero sottovalutare. Tra questi si annovera l’incertezza riguardo al potenziale impatto della Brexit sull’economia europea e al contagio politico, con una serie di altri paesi della regione interessati da un’ascesa dei movimenti di “estrema destra”. A prescindere da ciò che accadrà, è importante ricordare che l’economia e i mercati azionari non sono la stessa cosa e che una buona selezione dei titoli resta un driver essenziale dei rendimenti a lungo termine per gli investitori. L’Europa ospita un’ampia gamma di società in vari paesi e settori, molte delle quali non sono adeguatamente comprese o non sono oggetto di ricerca, e che sono abituate ad operare all’interno di un contesto politico incerto. Inoltre, molte aziende europee quotate in borsa generano una parte sostanziale dei propri ricavi dal mercato globale, fornendo così esposizione a temi di crescita su più ampia scala. I rendimenti passati non sono indicativi di quelli futuri. Il valore degli investimenti e il reddito da essi derivante possono diminuire o aumentare, ed è possibile che agli investitori non venga restituita l’intera somma originariamente investita. Contatti Telefono: +39 02 7214 731 E-mail: [email protected] Sito web: henderson.com Informazioni importanti Il presente documento è destinato esclusivamente a soggetti residenti in Italia che siano investitori professionali ai sensi dell’art. 26, comma 1, lett. d) del regolamento adottato dalla Consob con delibera n. 16190 del 29 ottobre 2007 e successive modifiche e non rappresenta parte integrante di alcuna offerta o invito a sottoscrivere od effettuare alcun investimento, né costituisce consulenza di alcun genere. Gli investitori sono pertanto tenuti a rivolgersi al proprio consulente finanziario e, prima dell’adesione, a leggere attentamente il Prospetto accompagnato dai relativi KIID, disponibili in Italia sul sito internet www. henderson.com dell’offerente. Henderson Global Investors Limited non sarà responsabile per la distribuzione del presente documento a soggetti diversi da quelli cui le informazioni sono rivolte. Henderson Global Investors Limited è una società autorizzata e regolata dalla Financial Services Authority con sede legale in 201 Bishopsgate, London EC2M 3AE, che agisce in qualità di Gestore degli Investimenti e Distributore per Henderson Horizon Fund e Henderson Gartmore Fund. Henderson Horizon Fund e Henderson Gartmore Fund sono a loro volta due società di investimento di tipo aperto costituite in Lussemburgo come “société d’investissement à capital variable” (SICAV) rispettivamente il 30 maggio 1985 ed il 26 settembre 2000. Sono organismi di investimento collettivo autorizzati alla commercializzazione delle proprie azioni in Italia e sono soggette alla supervisione dell’autorità lussemburghese CSSF. 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