Chi salverà i giovani italiani?

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[email protected] - ph: Ivano Di Maria
Editoriale | Franco Mosconi
Chi salverà i giovani italiani?
È gravissimo il problema dell’aumento della disoccupazione giovanile
e femminile in Italia. Un deterioramento del mercato del lavoro che si ripercuote
pesantemente sul tessuto sociale. Le nuove generazioni meritano di più
dell’egoismo e dell’inefficienza presenti in tanti strati della società italiana
ono molti gli interventi autorevoli, negli ulBeninteso, nelle ricche province emiliane la sitimi mesi con toni sempre più preoccupati,
tuazione del mercato del lavoro in tutte le sue
sulla «generazione tradita» (o «sprecata»).
sfaccettature è migliore del dato medio nazionale.
Dai saggi e dalle inchieste giornalistiche alle paMa siamo ancora sicuri di vivere nell’«Emilia
role dei vescovi, a cominciare dal presidente della
felix»? O non sono piuttosto visibili anche da noi i
Cei cardinal Angelo Bagnasco, fino al governatosegni del deterioramento del mercato del lavoro e,
re della Banca d’Italia Mario Draghi. La portata
quindi, del tessuto sociale? Anche da noi, sebbene
del fenomeno è descritta dall’Istat nel suo «Rapin misura inferiore rispetto all’Italia nel suo
porto Annuale 2010».
insieme, sono i giovani lavoratori atipici (o precaI numeri parlano da soli. Primo, i giovani occuri) le persone che stanno portando il peso maggiopati (18-29 anni) diminuiscono «di quasi 500.000
re della crisi.
Lungo la via Emilia
unità nel biennio 2009-2010»; nel 2010 era occuPerché questo gigantesco tema della giustizia
la situazione
pato circa un giovane su due nel Nord e meno di
intergenerazionale non sia diventato in questi anoccupazionale
tre su dieci nel Mezzogiorno. Secondo, «si allunni un’autentica emergenza nazionale rappresenè migliore
gano i tempi della disoccupazione» ed è aumentata uno di quei misteri dolorosi che accompagnano
del dato medio
to considerevolmente il numero di persone che fanla storia del nostro amato Paese. Vi concorrono
nazionale.
no parte della zona grigia di chi, per scoraggiamolte cause, a cominciare dall’«adeguatezza»,
Ma siamo sicuri
mento, non cerca più attivamente un lavoro. Terzo,
come la intendeva il grande banchiere Raffaele
di vivere ancora
«ci sono meno chance di lavoro fisso per i giovaMattioli, della classe dirigente. Un responso
nell’«Emilia felix»?
ni», ovvero ogni 100 giovani con un contratto atiunico ed esaustivo probabilmente non c’è, mentre
pico soltanto 16 sono occupati stabilmente l’anno
un tentativo di risposta rimanda ai caratteri prodopo. Quarto, «neanche l’istruzione più elevata ha protetto i gio- fondi della società italiana; è una risposta che va ben al di là delvani dagli effetti della recessione»: il tasso di occupazione, infatti, l’economia, ma anche della sociologia e della politologia.
è diminuito sia per chi ha un titolo di studio basso sia per diplomaRiflettiamo dunque sulle parole che Claudio Magris sul «Corti e laureati. La conclusione è sconsolante: nel 2010, scrive l’Istat, riere della Sera» ha dedicato alle virtù del «capitalismo renano»,
«è aumentato il numero delle persone tra 15 e 29 anni fuori dal cir- che oggi ha di nuovo nella grande Germania il suo esempio ideale:
cuito formativo e lavorativo. Si tratta di 2,1 milioni di giovani».
«Alla base di tutto ciò v’è l’idea che la qualità di vita di un indiviC’è in verità un quinto fatto, che introduce nel discorso il vitale duo, il suo benessere, comprende pure l’ambiente in cui egli vive e
tema del lavoro delle donne: sempre nel 2010 «a fronte della stabi- il livello (umano, civile, sociale) delle persone che vivono intorno a
lità dell’occupazione femminile, è peggiorata la qualità del lavoro lui e formano il tessuto della sua esistenza». Sono parole di un
delle donne: è diminuita, infatti, l’occupazione qualificata, tecnica grande scrittore italiano che ci parlano di «solidarietà, efficienza,
e operaia ed è aumentata quella a bassa specializzazione». E anco- comunità e modernità». Tutto il contrario dell’egoismo, dell’ineffira: «il 40 per cento delle laureate ha un lavoro che richiede una qua- cienza, del culto dell’immagine e del provincialismo che attraverlifica più bassa rispetto al titolo posseduto». Infine, l’Istat rileva sano tanti strati della società italiana, a cominciare dalle sue élite.
per molte donne «un vero e proprio aut aut tra maternità e lavoro».
I nostri giovani meritano qualcosa di più e di diverso.
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L’autore insegna Economia industriale all’Università di Parma e European Industrial Policy al Collegio Europeo di Parma, dove siede nel comitato scientifico.
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