Analogie tra filosofia della fisica, semantica e filosofia della

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Analogie tra filosofia della fisica,
semantica e filosofia della
matematica
Dagli isomorfismi a ontologie di
strutture?
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Struttura e finalità del seminario
• Il seminario è diviso in cinque parti
• Nelle prime tre sono sinteticamente illustrate:
 la problematica del hole argument
 la caratterizzazione degli enti matematici data da Dedekind ed
Hilbert
 le tesi dell’inscrutabilità del riferimento e della relatività
ontologica di Quine
• Quarta e quinta parte espongono le analogie nelle
questioni esposte e nelle soluzioni adottate, intendendo
indagare un eventuale schema argomentativo comune in
quelle soluzioni e fornire spunti per una eventuale
riflessione critica comune su di esse
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I. La problematica del hole argument
• Siamo qui nell’ambito
della filosofia e dei
fondamenti della fisica
• La problematica del
hole argument è situata
nel contesto della teoria
della relatività generale
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I. La problematica del hole argument
• Tale problematica
riguarda la natura dello
spaziotempo e dei suoi
elementi, i punti-evento
• E’ dunque nell’ambito
dell’ontologia collegata
alla teoria della
relatività generale
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I. La problematica del hole argument
• Vi è tuttora
dibattito in
filosofia e
fondamenti della
fisica circa la
natura e
l’ontologia dello
spaziotempo
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I. La problematica del hole argument
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I. La problematica del hole argument
• Il hole argument è una problematica che si
presenta già ad Einstein negli anni
dell’elaborazione della teoria della relatività
generale, in relazione all’invarianza che egli
voleva fosse attuata in tale sua teoria: la
covarianza generale, cioè l’invarianza per
diffeomorfismi, o per trasformazione
diffeomorfa delle coordinate della varietà
(manifold) che viene utilizzata per
rappresentare lo spaziotempo
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I. La problematica del hole argument
• Il problema consiste nel fatto che si vengono ad
avere, almeno a prima vista, diverse situazioni
fisiche (in corrispondenza con le varie
trasformazioni diffeomorfe) compatibili con la
teoria, la quale quindi:
 non dà una descrizione univoca della realtà fisica
che si propone di descrivere
 diventa, come mostra la costruzione del hole
argument, necessariamente indeterministica
(“indeterminismo radicale”)
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I. La problematica del hole argument
• Per questo, in un primo momento, Einstein
rinuncia, nella formulazione della sua teoria
della gravitazione universale, alla covarianza
generale, adottando nella formulazione
pubblicata nel 1913 insieme a Marcel
Grossmann, una restrizione che pone una
limitazione ai sistemi di coordinate ammessi,
introducendo – citando dallo storico e filosofo
della scienza Don Howard – il concetto di
“adapted coordinate system”
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I. La problematica del hole argument
• Ma, come sappiamo, poi Einstein, nel 1915,
sceglie la formulazione generalmente
covariante della teoria della relatività
generale, cioè invariante per diffeomorfismi
qualsiasi, per qualunque trasformazione
diffeomorfa di coordinate
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I. La problematica del hole argument
• Ciò lo mette in contrasto con quanto da lui stesso
elaborato un paio di anni prima, il hole argument
appunto, o, nella sua lingua, lochbetrachtung
C’è dunque, da parte di Einstein, contestualmente
all’adozione della formulazione generalmente
covariante della teoria relativistica della
gravitazione universale, la rinuncia al “Principio di
Eindeutigkeit” (univocità) – per dirla con quanto
evidenziato dal già citato Don Howard – e c’è
l’accettazione dell’ “indeterminismo radicale”?
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I. La problematica del hole argument
• No. C’è un’altra cosa.
C’è l’assunzione che un’intera classe di situazioni
spaziotemporali isomorfe (che si ottengono una dall’altra
per trasformazione diffeomorfa dei loro elementi, o delle
coordinate, e ridefinendo sulla varietà il tensore metrico, il
campo metrico) costituisca lo stesso spaziotempo, la
stessa situazione fisica spaziotemporale
E c’è, parallelamente, l’assunzione che un punto
spaziotemporale – un elemento dello spaziotempo – sia lo
stesso punto quando si trova nelle stesse relazioni
metriche con tutti gli altri; che questo sia ciò che ne fissa il
criterio di identità, non una presunta sua collocazione nello
spaziotempo colta da una coordinatizzazione della varietà
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I. La problematica del hole argument
• Ciò viene da Einstein stabilito con il suo
point-coincidence argument, che costituisce la sua soluzione alla
problematica rappresentata dal hole argument (lochbetrachtung)
per la teoria della relatività generale nella forma generalmente
covariante
• In esso Einstein sostiene che ciò che è fisicamente reale a livello
spaziotemporale è costituito dai punti d’intersezione (pointcoincidences) delle linee di universo dei punti materiali
• Questo insieme di oggetti è per Einstein, dunque:
 ciò che è fisicamente reale
 ciò che è osservabile (verificabile)
 ciò che è (fisicamente) invariante; rispetto alla stessa classe di
trasformazioni di coordinate che costituisce il gruppo di invarianza
per le soluzioni (matematiche) delle equazioni che esprimono le
leggi della teoria
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I. La problematica del hole argument
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I. La problematica del hole argument
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I. La problematica del hole argument
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I. La problematica del hole argument
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I. La problematica del hole argument
La problematica del
hole argument è stata
riproposta in tempi
più recenti come
sfida, nell’ambito del
realismo scientifico,
alla posizione
sostanzialista
riguardo allo
spaziotempo dai
filosofi della scienza
John Earman e John
Norton, dando vita ad
un ampio dibattito
sulla natura dello
spaziotempo
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I. La problematica del hole argument
La soluzione
riguardo alla
questione
dell’ontologia
dello
spaziotempo
costituita dal
realismo
strutturale è
nell’attuale
dibattito
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I. La problematica del hole argument
quella più
accreditata e
ritenuta
maggiormente
conforme alla
relatività
generale
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Un breve inciso di Wüthrich che introduce alla seconda parte
• Christian Wüthrich, che, come si può notare già
dal titolo stesso del suo articolo qui riportato, è
critico nei confronti del realismo strutturale
spaziotemporale, e in questo suo articolo
propone un’argomentazione che costituisce una
difficoltà per quella posizione, cita in esso
un’argomentazione che egli definisce pienamente
analoga alla sua, condotta contro lo
strutturalismo in filosofia della matematica da
Jukka Keränen
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Un breve inciso di Wüthrich che introduce alla seconda parte
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Un breve inciso di Wüthrich che introduce alla seconda parte
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Un breve inciso di Wüthrich che introduce alla seconda parte
• Vi sono attualmente matematici che si stanno
occupando della differenza tra il dire che due
strutture sono isomorfe e il dire che sono la
stessa e si stanno occupando della relazione fra
isomorfismo e identità
• Questa indagine, ad esempio, si trova all’interno
della nuova corrente fondazionale denominata
“Univalent Foundations” sostenuta dal
matematico russo Vladimir Voevodsky
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II.a. La caratterizzazione degli enti
matematici alla Dedekind e alla Hilbert
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II.a. La caratterizzazione degli enti
matematici alla Dedekind e alla Hilbert
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II.a. La caratterizzazione degli enti
matematici alla Dedekind e alla Hilbert
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II.a. La caratterizzazione degli enti
matematici alla Dedekind e alla Hilbert
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II.a. La caratterizzazione degli enti
matematici alla Dedekind e alla Hilbert
D.Hilbert, dal
Carteggio con
Frege,
Lettera del 29
dicembre
1899
«Certamente si comprende da sé che
ogni teoria è solo un telaio, uno
schema di concetti unitamente alle
loro mutue relazioni necessarie, e
che gli enti fondamentali possono
venir pensati in modo arbitrario. …
In altre parole: ogni teoria può
essere sempre applicata a infiniti
sistemi di enti fondamentali. Anzi
occorre soltanto applicare una
trasformazione biunivoca e
convenire che gli assiomi per gli enti
trasformati debbano essere uguali a
quelli che valgono per i loro
corrispondenti.»
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II.a. La caratterizzazione degli enti
matematici alla Dedekind e alla Hilbert
• L’esigenza di Dedekind ed Hilbert, dopo la crisi dell’intuizione nel
pensiero matematico a seguito della vicenda delle geometrie non
euclidee, è dare una caratterizzazione degli oggetti della
matematica che non dipenda più dall’intuizione della specifica
individualità di essi
• Così commenta Cassirer in Sostanza e funzione: «la struttura
relazionale come tale e non la natura assoluta degli elementi forma
il vero oggetto delle indagini matematiche» e alla pagina seguente:
«La natura degli oggetti geometrici primitivi viene determinata
esclusivamente dalle condizioni a cui essi obbediscono […] Il punto
e la retta significano per noi nient’altro che figure le quali si trovano
con altre simili in rapporti che sono definiti mediante certi gruppi di
assiomi» [corsivo mio]
• Ed ancora in Sostanza e funzione: «La determinazione
dell’individualità degli elementi non sta quindi all’inizio bensì alla
fine dell’evoluzione concettuale; …» [corsivo nell’originale]
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II.a. La caratterizzazione degli enti
matematici alla Dedekind e alla Hilbert
In Introduction to
Mathematical
Philosophy di Russell
(1919) troviamo la
descrizione di questa
concezione dei
numeri naturali come
infinite differenti
interpretazioni degli
assiomi di Peano per
l’aritmetica, con
diverse
esemplificazioni
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II.a. La caratterizzazione degli enti
matematici alla Dedekind e alla Hilbert
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II.a. La caratterizzazione degli enti
matematici alla Dedekind e alla Hilbert
• In generale abbiamo quella che viene oggi chiamata una struttura di
Peano:
(M, s, 0)
dove M è un insieme, s è un’applicazione da M in M che ci dà il successore
e 0 è un elemento di M corrispondente allo 0 degli assiomi di Peano
• Come, si costruiscono, in generale, altre strutture di Peano (a partire da
una data), quali ad esempio i diversi esempi forniti da Russell?
 E’ sufficiente prendere un insieme X qualunque che sia in corrispondenza
biunivoca con M;
 l’esistenza di tale corrispondenza biunivoca (sia f) garantisce l’esistenza di una
relazione funzionale s' da X in X indotta dalla corrispondenza biunivoca
stessa tale che
s(m1, m2) sse s'( f(m1), f(m2))
nonché l’esistenza di un elemento 0', che svolge il ruolo di primo elemento
rispetto alla relazione funzionale indotta s'
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II.b. La caratterizzazione di tipo strutturale
degli enti matematici
P.Benacerraf,
“What numbers
could not be”,
1965
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II.b. La caratterizzazione di tipo strutturale
degli enti matematici
P.Benacerraf,
“What numbers
could not be”,
1965
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II.b. La caratterizzazione di tipo strutturale
degli enti matematici
• Benacerraf inizia il suo articolo “What numbers could not
be” con la citazione di un passo di Richard Martin in cui
quest’ultimo confronta l’atteggiamento del matematico,
che è interessato soltanto alla struttura matematica e non
alle caratteristiche interne, alla natura individuale («inner
character») ed allo status ontologico («ontological status»)
dei suoi oggetti, con l’atteggiamento del filosofo che invece
si pone tali domande, non soddisfatto dal fatto che gli
venga detto meramente che certe non meglio specificate
entità presentano una certa struttura o un’altra
• e B. torna, al punto cruciale del suo lavoro,
immediatamente prima della ‘Conclusione’, su quella
citazione, per argomentare che il filosofo è in errore nel
porsi quelle domande
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II.b. La caratterizzazione di tipo strutturale
degli enti matematici
• Benacerraf nega, intanto, che, come nella concezione fregeana, i numeri
siano insiemi, sulla base dell’argomentazione che non c’è un resoconto di
essi in termini di insiemi che possa essere stabilito ad esclusione di tutti gli
altri e possa quindi risolvere la questione di quali insiemi i numeri
realmente siano, questione che si pone necessariamente in quanto, se i
numeri sono insiemi, devono essere particolari insiemi, essendo ogni
insieme un qualche particolare insieme
(Benacerraf ha mostrato precedentemente che d’altra parte non può
essere neanche che resoconti in termini di insiemi diversi possano
coesistere contemporaneamente)
• ma questa è solo una parte della sua argomentazione, e non quella
essenziale. Estendendo questa prima conclusione, infatti, egli intende
negare proprio che i numeri siano oggetti tout court, di qualsiasi tipo: è
sulla base di questo che può giudicare erronea la domanda (la domanda
stessa e non una particolare risposta) del filosofo su che oggetti siano i
numeri
• Egli procede come segue:
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II.b. La caratterizzazione di tipo strutturale
degli enti matematici
• Richiamando che ogni sistema di oggetti che formi una
progressione ricorsiva (come gli esempi visti di Russell)
è adeguato nel soddisfare le leggi in forma assiomatica
dell’aritmetica (assiomi di Peano), nota che, perciò, ciò
che importa non è una condizione sugli oggetti, ma
sulla relazione in base alla quale essi formano tale
progressione
o, in altri termini, ciò che importa non è l’individualità
di ciascun elemento, ma la struttura che essi
congiuntamente presentano
• È soltanto la struttura nel suo complesso che compie il
lavoro; l’oggetto, singolarmente, non compie nulla
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II.b. La caratterizzazione di tipo strutturale
degli enti matematici
• Per questo motivo non ci può essere più ragione
nell’identificare un singolo numero con un
oggetto anziché con un altro; non ha senso,
perché non è lì il punto di cosa significa svolgere il
lavoro del numero
• e dall’insensatezza di porre la questione per ogni
singolo numero – sostiene Benacerraf – deriva
l’insensatezza di porsi la questione per (l’insieme
di) tutti i numeri, cioè l’insensatezza della
domanda di che oggetti sono i numeri
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II.b. La caratterizzazione di tipo strutturale
degli enti matematici
• D’altra parte – continua Benacerraf – le proprietà che potrebbero
selezionare, come numero, un oggetto anziché un altro potrebbero
essere solo le proprietà che non derivano dalle relazioni che i
numeri hanno in virtù dell’essere sistemati in una progressione (che
soddisfi gli assiomi di Peano)
• Ma tali proprietà non hanno alcuna importanza ai fini aritmetici
• Quindi, se per caratterizzare i numeri come oggetti noi usiamo
proprietà che non hanno alcuna importanza ai fini aritmetici, ciò
significa che i numeri non sono oggetti
• E così si è arrivati appunto alla concezione dei numeri come posti in
una struttura, anziché come specifici oggetti individuali
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III. Le tesi quiniane dell’inscrutabilità del
riferimento e della relatività ontologica
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III. Le tesi quiniane dell’inscrutabilità del
riferimento e della relatività ontologica
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III. Le tesi quiniane dell’inscrutabilità del
riferimento e della relatività ontologica
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III. Le tesi quiniane dell’inscrutabilità del
riferimento e della relatività ontologica
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III. Le tesi quiniane dell’inscrutabilità del
riferimento e della relatività ontologica
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III. Le tesi quiniane dell’inscrutabilità del
riferimento e della relatività ontologica
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III. Le tesi quiniane dell’inscrutabilità del
riferimento e della relatività ontologica
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III. Le tesi quiniane dell’inscrutabilità del
riferimento e della relatività ontologica
Dalla traduzione italiana: «W. V. O. Quine e
Nelson Goodman, in modi differenti, hanno
entrambi sviluppato una posizione che implica
un rifiuto esplicito del principio di
Eindeutigkeit. Quine con le sue dottrine
dell’imperscrutabilità del riferimento e con la
relatività ontologica (cfr. ad esempio Quine,
1968), …» [nota n. 12 a pag. 257]
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III. Le tesi quiniane dell’inscrutabilità del
riferimento e della relatività ontologica
• In apertura di “Ontological Relativity” ed alla base di
tutta l’elaborazione teorica di esso troviamo
l’affermazione di Quine che il significato è
fondamentalmente («primarily») una proprietà del
comportamento e deve essere studiato nello stesso
spirito empirico che anima la scienza naturale
• Il riferimento a questa forte e pregnante concezione di
Quine, che riguarda non solo il significato – come egli
stesso nota, sempre in “Ontological Relativity” – , ma
più in generale il linguaggio, ed anche la mente,
costituisce per questo seminario un collegamento
significativo al tema del ciclo di cui esso fa parte, sul
rapporto tra scienze della natura e scienze umane
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III. Le tesi quiniane dell’inscrutabilità del
riferimento e della relatività ontologica
• E alla base della teorizzazione quiniana di
“Ontological Relativity” troviamo anche
l’affermazione che il linguaggio, al cui interno
sono primariamente i significati, è un’attività
sociale («social art») e non ci può essere un
linguaggio privato
richiamo al rifiuto wittgensteiniano di un tale
linguaggio privato
citazione del passo di John Dewey in cui egli afferma:
«Soliloquy is the product and reflex of converse with
others»
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III. Le tesi quiniane dell’inscrutabilità del
riferimento e della relatività ontologica
• Quando si assume questa concezione comportamentista del
significato, secondo Quine, si abbandona quello che lui
chiama il mito del museo, proprio della semantica acritica;
museo nel quale avremmo i significati come gli oggetti
esibiti (ma lo stesso vale per i riferimenti) e le parole come
etichette
• e si abbandona anche ogni assicurazione di determinatezza
• Secondo il naturalismo quiniano e la concezione
comportamentista del significato, l’avere o meno lo stesso
significato non ha altro senso di quello che si può stabilire
empiricamente sulla base delle disposizioni dei parlanti
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III. Le tesi quiniane dell’inscrutabilità del
riferimento e della relatività ontologica
• Il punto è allora che, nell’individuazione dell’interpretazione
semantica di un linguaggio, o schema di riferimento (l’assegnazione
di determinati riferimenti ai termini del linguaggio), sulla base
dell’evidenza empirica concernente il comportamento verbale dei
parlanti, si hanno sempre diverse alternative possibili in quanto un
cambio (permutazione) degli oggetti che costituiscono il
riferimento, unito ad «aggiustamenti compensativi» in quello che
Quine definisce l’apparato di individuazione (1), produce
comunque un accordo con l’evidenza empirica
(1) L’apparato di individuazione è definito da Quine come l’insieme
interconnesso di particelle e costruzioni grammaticali,
comprendenti terminazioni plurali, pronomi, numerali, l’ ‘è’
dell’identità, in particolare nei suoi usi («adaptations») con ‘lo
stesso’ e con ‘un altro’. Apparato nel quale la quantificazione logica
diventa di importanza centrale quando al linguaggio venga imposta
una regimentazione logico-formale
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III. Le tesi quiniane dell’inscrutabilità del
riferimento e della relatività ontologica
• Solo relativamente ad un linguaggio di sfondo
(«background language») ha senso per Quine il
concetto di riferimento. In assoluto non ha senso,
esattamente tanto quanto non ha senso la
nozione di velocità assoluta (ma soltanto quella di
velocità rispetto a un sistema di riferimento)
• Quindi abbiamo «a relational theory of what the
objects of theories are», analoga alla dottrina
relazionale dello spazio («relational doctrine of
space»)
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III. Le tesi quiniane dell’inscrutabilità del
riferimento e della relatività ontologica
• «The point is […] that things are indistinguishable except by
their properties», quindi eccetto che rispetto a (leggasi per
Quine relativamente a) un linguaggio, una teoria di sfondo,
pena il regresso all’infinito, o la circolarità
• E poco oltre Quine afferma: «What makes ontological
questions meaningless when taken absolutely is not
universality, but circularity» [corsivo mio]
• E qui mi viene in mente un collegamento col passo in cui
Hilbert, nella sua polemica epistolare con Frege, difende la
sua impostazione dalle pesanti critiche di quest’ultimo
affermando che se si tenta di dare delle definizioni di cosa
sono gli oggetti di cui tratta la matematica nella loro
individualità «tutto degenera in un giocare a rimpiattino»
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IV. Analogie
• Le questioni centrali nelle tre problematiche
esposte sopra possono essere sintetizzate come
segue:
 cos’è il punto-evento, cioè l’elemento dello
spaziotempo, nel senso di cos’è che identifica un
punto evento come lo stesso attraverso i diversi
modelli diffeomorfi
 cos’è il numero, l’elemento della serie dei numeri
naturali (stando all’aritmetica)
 cos’è il riferimento, l’elemento nella
interpretazione semantica del linguaggio
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IV. Analogie
• E le risposte che abbiamo visto direi che si
possono sintetizzare così:
 per Einstein (e poi per il realismo strutturale
spaziotemporale), un posto nella struttura
metrica
 per Benacerraf (preceduto da Dedekind), un
posto nella struttura delle progressioni ricorsive
 per Quine, un posto nella struttura
dell’interpretazione semantica, o schema di
riferimento del linguaggio; nella rete delle
relazioni deduttive fra gli elementi linguistici
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IV. Analogie
• Le concezioni dalle quali si sviluppano queste risposte direi
che sono costituite rispettivamente da:
 la ricerca della covarianza generale da parte di Einstein per
la sua teoria della gravitazione universale
 la caratterizzazione puramente formale delle teorie
matematiche a seguito della crisi dell’evidenza intuitiva
determinata dalla vicenda delle geometrie non euclidee
 l’empirismo di Quine verso il linguaggio («naturalistic view
of language») e la sua concezione comportamentista del
significato («behavioral view of meaning»); e aggiungerei la
posizione per cui «There is no place for a prior philosophy»
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IV. Analogie
• C’è, nelle tre questioni esaminate, un meccanismo fondamentale
che agisce in modo analogo nei tre diversi contesti. Le strutture
isomorfe (e/o equivalenti) sono sempre create attraverso un
procedimento in cui la trasformazione è un passaggio, però non è
tutto, ma solo uno di due momenti. Abbiamo sempre una
trasformazione del dominio della struttura isomorfa + una
ridefinizione delle relazioni fra gli elementi di tale dominio,
rappresentate, nei tre ambiti, rispettivamente da:
 diffeomorfismo + drag along (trasformazione, contestuale alla
trasformazioni sui punti della varietà spaziotemporale, del campo
del tensore metrico)
 isomorfismo (nella struttura di Peano) + relazione funzionale
indotta
 permutazione nei riferimenti dell’interpretazione semantica +
«aggiustamenti compensativi» nell’apparato di individuazione
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IV. Analogie
• Questo meccanismo – mi pare si possa notare – è reso
possibile dal livello crescente di astrazione che si è
venuto ad attuare nel pensiero matematico e logico
 con la nozione matematica di varietà (o manifold), in
cui la metrica (il campo metrico stabilito dal tensore
metrico) è matematicamente in qualche modo “libera”,
svincolata da un legame necessario con lo spazio a cui
è riferita, astratta
 con la nozione di modello utilizzata da Beltrami nella
sua dimostrazione della coerenza della geometria non
euclidea (che può essere considerato l’atto fondativo
della teoria dei modelli)
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V. Spunti di riflessione critica comune
• Gli spunti di riflessone critica a partire da quanto ho fino ad
ora elaborato nell’esplorazione delle analogie fra le
questioni considerate di questi tre differenti ambiti
• sono spunti indirizzati, in sostanza, alla riflessione critica
sull’adeguatezza e validità della posizione strutturalista ,
• che direi si può descrivere come un percorso dagli
isomorfismi alle ontologie di strutture, o comunque, in
modo più attenuato, secondo certe forme di strutturalismo
“moderato”, di ontologie strutturaliste, caratterizzate dal
fatto che gli elementi che si trovano in tali strutture, i
relata, non hanno alcuna proprietà intrinseca, alcuna
proprietà che non dipenda dalla struttura, dalla rete di
relazioni (non sono niente in se stessi)
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V. Spunti di riflessione critica comune
• Ebbene, questi spunti sono una riflessione soprattutto
su quel percorso (hanno direi un carattere
metodologico), e sicuramente sono maggiormente
improntati all’ambito di cui mi sto occupando
maggiormente fra i tre considerati, quello della
filosofia della fisica, e in particolare dello spaziotempo
nel contesto della relatività generale
• Mi pare che siano da tenere presenti nelle
considerazioni ontologiche due idee che sono state
elaborate, rispettivamente, dal fisico teorico italiano
Massimo Pauri e dal filosofo della scienza statunitense
Lawrence Sklar
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V. Spunti di riflessione critica comune
• Pauri nel suo saggio “Realismo” strutturale dello
spaziotempo (2006) parla di ontologia ridotta adottata
nell’impresa scientifica ed afferma che se «la riflessione
filosofica non può non tener conto dei risultati dell’indagine
scientifica, anzi lo deve» [corsivo dell’autore], lo deve però fare
«senza ignorare le limitazioni metodiche della fondazione
della descrizione fisica del mondo»
• Sklar ha elaborato il principio di MIMO (Metaphysics In,
Metaphysics Out) secondo cui nel trarre conseguenze
metafisiche dalle teorie scientifiche occorre avere molta
cautela in quanto presupposizioni filosofiche possono
essere state utilizzate nella costruzione della teoria stessa.
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V. Spunti di riflessione critica comune
• Scrive infatti Sklar, dopo aver ricordato che è
stato sostenuto che la teoria della relatività
generale abbia risolto la questione della
natura dello spazio: «But in looking at what
physics tells us about philosophical questions,
we must always be careful to ask if
philosophical presuppositions have been built
into the theory itself»
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