Enrico Foschi - Petrus Paulus

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CONVERSAZIONI SUL GIORNALISMO
Seconda
*
Enrico Foschi
DALL'ALBA DEL GIORNALISMO
ALLE PUBBLICAZIONI
CON LICENZA DE’ SUPERIORI
*
Nella prima conversazione abbiamo tentato di accennare a quello
che deve o dovrebbe essere il giornalista e di spiegare come dovrebbe essere la
notizia.
In questa seconda Conversazione proveremo a raccontare la storia di
quello che comunemente si definisce la stampa: dall'alba del giornalismo alle
pubblicazioni “con licenza de’Superiori”.
Noteremo che molti problemi sorti nel passato sono ancora quelli di oggi
e, quindi, attendono ancora di essere risolti. Ciò è dovuto al fatto che il
giornalismo non è cosa facile da praticare. Infatti, l'informazione è potere. E’ un
potere che non rimane in possesso dei giornalisti, ma si trasferisce ai lettori o
radio-video-ascoltatori. Si da il caso, infatti, che più siamo informati più
abbiamo la capacità di scegliere tra ciò che è bene e ciò che è male; tra quello
che ci interessa e quello che dovremmo rifiutare; di fare oculate le nostre scelte
religiose, istituzionali, culturali, politiche e amministrative.
Se non siamo bene informati, non possiamo nemmeno trovare un
indirizzo, né siamo in grado di saper fare un buon acquisto al mercato.
Ecco, dunque, il potere che si acquisisce con l'informazione. Per questo il
giornalismo viene considerato e temuto come il "quarto potere", dopo quello
legislativo, giudiziario ed esecutivo.
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Purtroppo, c’è il rovescio della medaglia: oltre al potere della
Informazione, c’è l’informazione del Potere. Infatti, attraverso il controllo o la
gestione dell’informazione, del giornalismo o della stampa, il Potere può
indirizzare le nostre scelte nella direzione diversa o contraria ai nostri interessi.
Ma torniamo al tema di questa seconda Conversazione, tenendo presente
il duplice accomodamento dell’informazione.
"Il giornale ed il giornalismo - notava lo storico friulano Carlo Rinaldi da
Sedegliano - sono espressioni e fenomeni propri dell'età moderna, ma se si
considera l'esigenza che ne è alla radice, quella cioè di comunicare qualcosa
che serva agli altri, allora le origini risalgono nei secoli e si perdono nella notte
dei tempi".
Per non perderci nella notte dei tempi in questa nostra seconda
Conversazione sul giornalismo, noi cominceremo dai primi secoli della storia
del mondo occidentale.
Allora scopriamo che il primo giornalista europeo fu il cittadino romano
Sallustio Crispo, il quale ebbe una idea semplice, meravigliosa e… fruttuosa!
Foro Romano. Quasi certamente da una delle Botteghe adiacenti alla attività sociale che di si svolgeva nelle
vie del Foro e nel vicino Campidoglio, Sallustio Crispo, dopo aver attinto notizie sulla vita pubblica e sui
pettegolezzi cittadini, redigeva le Tavolette Cerate inviate settimanalmente ai lettori residenti nelle Province.
Dopo essersi assicurata la protezione ed essersi garantita l'autorizzazione
di Cesare - il Potere -, Sallustio Crispo prese a far redigere il
COMMENTARIUM RERUM URBANARUM che fu, appunto, il primo
giornale. Non era più scritto sui fogli di pietra di cui abbiamo parlato nella
prima Conversazione, ma su Tavolette Cerate che costituivano uno strumento
riutilizzabile. Costituivano, quindi, un mezzo più moderno per comunicare
rispetto anche alle Tavolette d’argilla in uso nelle civiltà che avevano preceduto
quella romana.
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Il COMMENTARIUM venne diffuso in tutte le Province dell’Impero.
Sallustio Crispo però si rese subito conto che non poteva farcela da solo poiché
la richiesta delle Tavolette Cerate, nelle quali si leggevano le informazioni che
vi redigeva, divenne subito crescente. Allora pensò bene di chiedere in prestito
ben 300 Liberti Scriba, a Lucio Licinio Lucullo (106 a.c.).
Avvalendosi del lavoro dei numerosi Liberti Scriba, Sallustio Crispo poté
facilmente a pubblicare ogni sette giorni, nel dì sacro a Mercurio, il
COMMENTARIUM RERUM URBANARUM. In altre parole, aveva dato vita
al primo settimanale che riportava le informazioni dalla capitale dell'Impero
Romano.
Ciascun Liberto riusciva a scrivere ben cinque copie al giorno del
COMMENTARIUM. A conti fatti, da Roma, poteva diffondere ogni settimana
ben 10 mila e 500 copie del COMMENTARIUM RERUM URBANARUM in
tutto il territorio dell'Impero. Copie che erano avidamente lette da tutti i
Cittadini sparsi per l'Impero, interessati a conoscere quanto accadeva, o veniva
deciso, in quella che allora era considerata la città "Caput Mundi".
Le informazioni diffuse da Roma con il COMMENTARIUM RERUM
URBANARUM riguardavano sia l'attività politica, sia quella legislativa e
amministrativa, nonché la moda ed i pettegolezzi sulla Corte cesarea, sul Senato
e, soprattutto, le indiscrezioni sulla vita, le abitudini ed i costumi delle Matrone
romane più in vista ed il comportamento dei rispettivi consorti… e non.
Naturalmente, il signor Sallustio Crispo aveva pensato di ottenere anche
un certo ricavo economico dalla pubblicazione del COMMENTARIUM
RERUM URBANARUM. Per ogni copia, egli intascava una dracma. Ciò gli
permetteva di ricavare un utile netto di 40 mila dracme il mese, dedotte le due
mila dracme che destinava alle spese per il vitto, alloggio e per elargire un
modesto compenso pecuniario agli Scriba.
Valutata in un anno, Sallustio Crispo poteva contare su una rendita di ben
480 mila dracme, rispetto alla quale Cesare, il Potere, chiudeva più di un
occhio per convenienza politica che gli derivava da quel genere di
informazione. Quella rendita era così considerevole da essere all’epoca più
consistente di quanto un Proconsole intascava nell'amministrare una ricca
provincia asiatica, "senza essere un ladro come Verre". Questo Verre era un
amministratore pubblico che imponeva “tangenti” e che Marco Tullio Cicerone,
nonostante la sua indiscussa abilità accusatoria, non riuscì mai a far
condannare.
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I primi giornalisti, più tardi, furono coloro che portavano le notizie da un
luogo all'altro, da una città all'altra, da una istituzione o corpo sociale all'altro.
Dapprima - in mancanza delle Tavolette Cerate provocata dalla dissoluzione
dell'Impero Romano, cui aveva fatto seguito anche una regressione della
estensione della cultura - le notizie erano diffuse "a voce". Poi, inviate
attraverso "Lettere private". Quindi, con i cosiddetti "Avvisi". Successivamente,
arrivavano con le "Novelle a mano" poiché la stampa tipografica non era stata
ancora inventata.
Il MENANTE, cronista, “reporter” o pellegrino che va in cerca di notizie da un luogo all’altro e che poi riferisce
o racconta in un luogo o nell’altro, così come lo vedevano nel XV° secolo. La figura è tratta da un acquerello
su carta del 1456. Biblioteca Universitaria di Bologna.
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Sul principio del '300, ad esempio, a Bologna c'era un cartolaio, tale
Pietro Villola. Giorno dopo giorno, costui scriveva in un gran libro che teneva a
bottega, le notizie sugli “avvenimenti spiccioli”, la cronaca, della città. Il libro
delle notizie era a disposizione di tutti i più curiosi. Costoro, a loro volta, vi
iscrivevano le informazioni cittadine di cui erano a conoscenza o protagonisti.
Questa, si dice, essere la più antica cronaca scritta sui fatti di una città del
mondo occidentale.
La bottega del cartolaio Villola. Qui i cittadini bolognesi e del contado, convenivano per leggere e scrivere nel
“LIBRONE” da lui preparato, la cronaca della città e del suo territorio circostante. Biblioteca Universitaria di
Bologna, codice 1456.
Le "Novelle a mano", poco dopo, furono il mezzo scelto da coloro che
utilizzarono la scrittura per far conoscere le cose degli uomini, soprattutto di
quelli al potere. Cominciò così una professione che procurava, a pagamento,
informazioni ai rispettivi clienti.
E' a questo punto che nasce il mestiere del "Menante".
Il vocabolo - menante - all'origine, avrebbe avuto due significati. Il primo,
benevolo, vuole che si definiscano Menanti i giornalisti di allora perché, svelti
nello scrivere, menavano velocemente la mano. Il secondo significato, più
cattivo, sostiene che i giornalisti venivano additati Menanti perché, con i loro
scritti, minavano l'onorabilità e la reputazione di taluni uomini.
Ancora oggi, si discute quale dei due significati interpreti l'esatta origine
del vocabolo.
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“AVVISO” manoscritto del ‘500. La sua data – leggibile in alto a destra – è: marzo 1555. Museo Correr,
Venezia.
Il potere temporale della Chiesa - da tenere ben distinto da quello della
fede, poiché verso la fine del Medioevo, per l'assenza o la latitanza delle
Autorità civili, la Chiesa fu chiamata anche a governare direttamente o
indirettamente talune istituzioni pubbliche - non gradiva l’attività dei Menanti.
Con i loro Fogli volanti spesso scritti in termini sibillini, diffondevano secondo i burocrati del potere temporale - notizie diffamatorie.
A Roma, ad esempio, i Menanti distribuivano i Fogli manoscritti con la
designazione del luogo e del tempo cui si riferiva la informazione, ma
omettevano il nome del compilatore e qualunque altro riferimento alla fonte
della notizia. In altre parole, le notizie diffuse erano anonime.
La rete di informazione che faceva capo ai Menanti, divenne presto molto
vasta. Il loro servizio era ricercato, e pagato, dalle Cancellerie delle Città, dei
Principati e da quanti esercitavano attività pubbliche, sociali e commerciali. Si
trattava, come si verifica tutt’oggi, di personalità interessate a raccogliere, o a
diffondere, notizie attraverso l’opera dei Menanti.
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Il primo numero de I SUCCESSI DEL MONDO, una delle prime Gazzette stampate “essendosi compiaciuta
Madama Reale per solo motivo della sua real benignità di concedere privilegio”. E’ datato primo febbraio
1645. Va tenuto in mente, però, che Madama Reale, la Regina Cristina, se scopriva una pubblicazione
stampata senza la sua benigna autorizzazione e privilegio, provvedeva semplicemente ad impiccare il
Giornalista.
Erano i tempi della Inquisizione. Ed era anche il tempo di Frà Antonio
Ghisleri: grande Inquisitore, domenicano, teologo. Un uomo rigido con sé
stesso, per imporre severità nei costumi agli altri. Un Inquisitore che lottò
contro il nepotismo, le raccomandazioni di allora. Un Inquisitore che riformò il
clero romano, che certamente ne aveva bisogno. Una personalità così forte che
se da una parte si intromise nelle manovre politiche degli Stuart per assicurare
la successione nel trono inglese di un cattolico, dall'altra fermò militarmente
l'invasione dell’Islam in Occidente con la vittoriosa battaglia navale di Lepanto.
Frà Ghisleri – in quanto rappresentante del Potere civile - ha un posto
importante nella storia del giornalismo mondiale.
Appena eletto Papa col nome di Pio V°, per prima cosa ordinò di trovare
ed arrestare i Menanti. E quando venivano scoperti, i Menanti erano cacciati in
prigione, sottoposti a qualche tratto di corda e qualcuno anche impiccato. Così
capitò a Niccolò Franco, uno dei Menanti più ricercati dell'epoca.
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GIORNALE DE’ LETTERATI D’ITALIA. Fondato da Apostolo Zeno nel 1710 “con licenza de’ Superiori e
Privilegio” di Sua Altezza Serenissima Ferdinando III principe di Toscana, ma stampato a Venezia presso il
tipografo Gio. Gabbriello Ertz. Imitando gli ACTA ERUDITORUM di Lipsia, il Giornale si riprometteva “di
fare in Italia qualche cosa che si elevasse al di sopra dei Fogli letterari sino allora comparsi”.
Ma già a quei tempi, succedeva ciò che, tutto sommato, sarebbe avvenuto
oggi.
Prima di prendere una decisione e di adottare sanzioni, Pio V° discusse il
caso dei Menanti in una riunione di Concistoro: l'Assemblea dei Cardinali
presieduta dal Papa, convocata per l'esame di problemi rilevanti. Il Papa
raccomandò a tutti i Cardinali partecipanti il massimo riserbo sui lavori del
Concistoro. Ciò nonostante, il 22 marzo 1572, un Foglio stampato a Venezia
riportò la notizia delle decisioni adottate nella Assemblea cardinalizia.
Il Menante scriveva quella notizia nel modo che riferisco testualmente:
"Lunedì fu Concistoro, dove Nostro Signore parlò assai acerbamente contro
quegli che scrivono le nove, rivelando li segreti, dicendo che scrivevano delle
imperfezioni altrui et che vi mescidavano molte bugie et con non poco
scandalo: cosa che non era da tollerare, et che voleva mandar fuori una
proibizione penale sopra loro, come poi ha fatto. Et esortò li cardinali a non
penetrare questo alli lor famigli".
Nonostante il divieto del Pontefice, dunque, la notizia sui lavori e le
decisioni del Concistoro, venne fuori. Il che sta a provare che, come avviene
oggi, qualcuno degli autorevoli partecipanti parlò, rivelando tutto al Menante.
E' da escludere, infatti, che il delatore fosse un Menante che lo stesso Pio V°
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avesse ammesso a seguire i lavori del Concistoro.
Pio V° non si perse d'animo. Poco dopo, in tutti “i luoghi noti” - come si
usava dire in quel tempo per indicare gli ingressi delle Chiese - fece affiggere la
bolla CONSTITUTIO CONTRA SCRIBENTES.
La GAZZETTA VENETA. Fondata da Gaspare Gozzi con lo scopo sia di informare i lettori “dei fatti e delle
cose della città”, sia per “dilettare e benevolmente ammaestrare”. Nel sottotitolo della testata, infatti, si legge
che il Foglio contiene ”tutto quello ch’è da vendere, da comprare, da darsi a fitto e le cose ricercate, le
perdute, le trovate, in Venezia, e fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore dei cambi, ed altre notizie,
parte dilettevoli, e parte, utili al Pubblico”. In altre parole, è uno dei primi tentativi di rendere indipendente il
Giornale sia dal potere finanziario, sia da quello istituzionale. Nella foto è riprodotto il primo numero posto
in vendita il 6 febbraio 1760.
Dopo la proibizione, o proprio a cagione di essa, il servizio del Menante sia per la dovizia e la qualità, vera o calunniosa, delle informazioni messe in
circolazione - venne ancora più ricercato, e remunerato, da quanti erano
interessati a conoscere gli avvenimenti politici, commerciali e mondani che
capitavano anche in casa altrui.
Le notizie che diffondevano i menanti erano redatte, una dopo l'altra, in
modo chiaro e conciso: appena poche righe.
Ne cito due, tratte a caso, ma sempre di una certa attualità, dalla prima
pagina di un "Avviso a mano" del 1555, conservato nel Museo Correr di
Venezia.
Prima notizia: "Roma et Pescara - per lettera, dì 2 marzo 1555 - Quel
missier Ambroso (o Ambrogio), medico, mandato da senesi a Fiorenza per
trattar l'accordo col Duca, si era partito per tornar in Siena, et se giudicava
che non s'aveva concluso cosa alcuna...". Era tornato, in pratica, con le pive
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nel sacco.
Seconda notizia: "Il Pontefice, oppresso dalla gotta et da gravissima
febbre, era constituito in manifesto pericolo della morte, et che se li dava certa
sino a sera...".
Ma quel Pontefice, a dispetto della informazione del Menante, superò la
serata e continuò a vivere.
NOVELLE LETTERARIE, fondato nel 1740 da Giovanni Lami, filologo, teorico, storico, già direttore, in Firenze,
della Biblioteca Riccardiana. Il Foglio divenne subito “specchio” non solo dello sviluppo culturale della
Toscana, ma anche delle maggiori città italiane. Gli articoli sociali, teologici, metafisici ed i riferimenti alle
opere dei letterati, degli scienziati e archeologi, suscitarono grande interesse e diffusero la rinomanza del
giornale. Le polemiche con la Compagnia di Gesù e la difesa di Dante, però, allontanarono molti collaboratori
da NOVELLE LETTERARIE. Si giustificavano i transfughi: scrivere per quel Foglio, “comportava molto
pericolo”. Si diceva che NOVELLE LETTERARIE era il Foglio del Gruppo Toscano dei giansenisti e del vescovo
giansenista Scipione Ricci. Il Lami, in verità, non sosteneva il giansenismo. Se aveva simpatia per i
“perseguitati” dai gesuiti, nello stesso tempo definiva “scellerate” le idee di Voltaire e condannava
pubblicamente “ogni atto che significasse ribellione di cattolici di fronte al Papato, a danno dell’unità della
Chiesa cattolica”. Il Foglio, in particolare, contribuì a “svecchiare” il Giornalismo erudito, animandolo di un
pensiero “franco, inquieto e generoso”. Dopo la morte del Lami, NOVELLE LETTERARIE continuò ad essere
stampato sino al 1792 sotto la direzione del canonico Lastri. Giusto in quegli anni, in Toscana, viene
pubblicato TOELETTE (1770), seguito da la BIBLIOTECA GALANTE (1775) e dal GIORNALE DELLE DONNE
(1781). Erano Fogli per le Dame. Cominciava a farsi strada una educazione più libera da quella che le donne
ricevevano nei Conventi. Nei salotti e nei convegni dell’enciclopedismo, si agitavano i “diritti della donna”.
Sosteneva, però, il fondatore di NOVELLE LETTERARIE, Lami: “Bisogna avvezzare le giovani, a mettere a
profitto anche il tempo che impiegano per loro passatempo”.
Con la istituzione o il ripristino dei servizi postali, dagli “Avvisi” si passò
alla redazione dei "Fogli di viaggio". Il successo e l'interesse per i Fogli di
viaggio, trasformò i Menanti in "Novellisti".
Per la raccolta delle notizie, gli Osservatori migliori - o le fonti - a
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quell'epoca erano:
Roma, quale centro delle relazioni religiose, dalle quali si potevano
attingere anche notizie politiche provenienti da Paesi lontani.
Poi c'era Venezia, che costituiva il crocevia tra il continente europeo e
l'Oriente.
Quindi Milano, punto di arrivo e di partenza, da e per i Paesi germanici.
Ancora Genova, le rotte marittime percorse da quella città consentivano
di avere notizie dalla Spagna e dalla Francia.
Infine Napoli, porta di arrivo e di accesso alle vie per l'Africa.
Due immagini del CRACAS, come lo chiamavano comunemente i lettori, ovvero DIARIO ORDINARIO
D’UNGHERIA e poi DIARIO ORDINARIO. Era il Foglio più letto nella Roma papale, insieme a LE NOTIZIE DEL
MONDO e al diffusissimo settimanale GAZZETTA DI FULIGNO. Il CRACAS, edito “con licenza de’ Superiori”, era
anche in lettura nelle sale del Caffè del Veneziano, ritrovo preferito dell’alta società romana, di poeti
(Metastasio), di uomini di spirito, delle Dame più eleganti nonché dei “musichi” (castrati) più in voga per la
loro voce dolcissima, come il Marchesi ed il Velluti. Nel primo periodo (1716), il CRACAS (dal nome del
tipografo Giovanni Francesco Cracas) riportava notizie dal campo di Vienna sulla guerra fra gli Imperiali ed i
Turchi. Subito dopo (1719), il Foglio divenne la Gazzetta della Corte pontificia, restringendo la testata in
DIARIO ORDINARIO. Diffuse informazioni, lungo tutto il ‘700.
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Il Quartiere dei Banchi di Roma - situato circa a mezza strada tra Piazza
Navona ed il Vaticano - ospitava, durante i Conclavi (le Assemblee dei
Cardinali convocate per eleggere il nuovo Papa) anche numerose istituzioni ed
imprese che oggi chiameremmo finanziarie e commerciali.
Nel periodo dei Conclavi, spesso molto lungo, il Quartiere dei Banchi,
costituiva il punto terminale, o centrale, dove affluivano e da dove si
diffondevano - tramite gli “AVVISI” - le notizie non solo di carattere politico e
finanziario, ma anche di carattere mondano, di natura tendenziosa e, talvolta,
anche volgare, per denigrare o mettere in cattiva luce, questo o quel
personaggio che dava fastidio ad un altro.
Presso la Biblioteca Vaticana, si trovano delle raccolte di “AVVISI”
provenienti da altre città o inviati da Roma alle loro lontane destinazioni. Così
come altre copie di “AVVISI”, si trovano negli archivi di molti Paesi europei.
I Menanti o Novellisti - va detto - impararono presto a "penetrare i piani
più celati dei negozi" politici e commerciali.
I Principi, i Sovrani e i Governi, dal canto loro, "tentarono in ogni modo
di ostacolarne l'opera".
Così alla prima CONSTITUTIO CONTRA SCRIBENTES, seguì una
seconda bolla CONTRA FAMIGERATORES ET MINANTES, emanata da un
altro Papa, Clemente VIII° (1602).
E poiché sembrò che questi provvedimenti “una tantum” non bastavano,
Principi, Sovrani e Governi fecero loro ed attuarono, il provvedimento
suggerito da Clemente VIII° per mettere un freno continuativo alla attività dei
Famigeratores et Minantes. Imposero cioè la Licenza o autorizzazione del
potere civile, per poter scrivere e diffondere le notizie.
E' di questo periodo che a Venezia, i Menanti pubblicavano un “AVVISO”
che si chiamava - nessun riferimento al significato attuale della parola - IL
BROGLIETTO. Questo foglio riportava le confidenze che si scambiavano i
Patrizi veneziani nella piazza antistante il Palazzo Ducale, prima di radunarsi in
Consiglio.
Sembra quasi che non ci sia alcuna differenza su quanto, alcuni giornali
o notiziari di radio e tv, riportano oggi circa le confidenze che si fanno, o fanno,
gli uomini politici nel Transatlantico di Montecitorio.
Ma giusto nell'epoca della affermazione della Licenza, comincia ad essere
utilizzata, su vasta scala, una invenzione fatta 30 anni prima della scoperta
dell'America e - per la verità - molto più importante. Una invenzione
attualmente data per scontata, accettata e comunemente usata, ma che ha reso
tutti gli uomini più liberi e nello stesso tempo più asserviti: la stampa
tipografica.
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Macchina per la stampa a caratteri mobili di Johann Gensfleisch von Gutenberg.
Magonza. Museo Gutenberg
Il nuovo modo di stampare, utilizzando il torchio ed i caratteri tipografici
mobili, era stato trovato, dopo tanti studi e ricerche, da Giovanni Gennfleisch di
Gutemberg.
Prima di questa scoperta, bisognava incidere in negativo su legno quello
che si voleva poi leggere su un foglio di pergamena o di carta. Gutemberg
aveva ben acquisito questa esperienza attraverso la fabbricazione dei cosiddetti
“specchi” e cioè di quei libretti che si vendevano nelle fiere e nelle feste
paesane.
Johann Gutenberg. Al tipografo tedesco Johann Gutenberg si deve l'introduzione della tecnica della stampa a
caratteri mobili. L’invenzione rivoluzionò la produzione dei libri e facilitò la diffusione delle idee e delle
notizie in tutta l'Europa.
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Gutemberg aveva ricevuto una formazione culturale dai francescani. Sin
dal principio, aveva installato un suo laboratorio tipografico nel Monastero di
Sant'Arbogaste, per mantenere segreto il nuovo procedimento di stampa.
Quando l'Elettore di Sassonia mise a sacco la città di Magonza,
Gutemberg ed i suoi lavoranti, fuggirono per mettere in salvo almeno la vita.
Tre anni più tardi Gutemberg ritornò a Magonza, ma gli altri suoi
lavoranti tipografi che si erano sparsi per l'Europa decisero di rimanere nelle
città che li avevano accolti. Fu così che venne via via divulgato il segreto
tipografico della stampa a caratteri mobili.
Per soddisfare una curiosità, si può dire che - secondo fonti attendibili
degli enciclopedisti francesi - il primo libro stampato, ma non finito, con la
scoperta di Gutemberg fu un Messale a due colonne. Seguì l'edizione di una
Bibbia a caratteri gotici su 42 righe, ordinate anch'esse in due colonne - detta
Bibbia Mazarina -: una meraviglia per quei tempi e per i nostri!
Bibbia di Gutenberg. Edizione latina della Bibbia, stampata nella città renana di Magonza tra il 1450 e il
1456. Fu il primo volume a essere stampato con l'impiego di caratteri mobili. Si ritiene che il lavoro sia stato
terminato e perfezionato da Peter Schoeffer, aiutante di Gutenberg, per interessamento Johann Fust,
l'avvocato che aveva finanziato la fondazione della stamperia e che aveva vinto una causa per il sequestro
dell'intero materiale. La prima copia di quella Bibbia fu scoperta nella Biblioteca del cardinale e statista
francese Giulio Mazzarino. Da qui deriva il nome di "mazarina" dato all'esemplare della Bibbia anche detta
"delle 42 linee", poiché ogni pagina è composta da due colonne di 42 righe ciascuna. Delle pochissime copie
tuttora esistenti, quella oggi meglio conservata fu acquistata dalla Library of Congress di Washington nel
1930. Esistono solo altre due copie equivalenti: una presso la Bibliothèque Nationale di Parigi e l'altra alla
British Library di Londra.
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Tuttavia, la Licenza per diffondere le notizie non venne istituita solo per
frenare l'attività dei Menanti e dei Novellisti. Un altro motivo ben più grave,
impose questo provvedimento.
A Roma, come a Milano,Venezia, Firenze, Bologna e Genova, le lotte
politiche e l'elezione ai grandi uffici pubblici, favorivano sfacciatamente la
diffusione di notizie libellistiche a danno ora degli uni, ora degli altri.
"Piaccia o non piaccia - è stato detto - il flagello dei Principi", Pietro
l'Aretino, "deve essere annoverato tra i precursori dei giornalisti"; e non solo
italiani. I pettegolezzi, le sferzanti pasquinate composte durante il Conclave
seguito alla morte di Leone X°, gli scandali, i segreti descritti dall'Aretino "con
singolare astuzia", erano "avidamente letti, e più avidamente ricercati".
A Rialto, ad esempio, la vendita delle notizie di Pietro l'Aretino era
addirittura pubblicizzata dagli strilloni. Ma gli strilloni non pubblicizzavano
solo gli scandali riferiti dall'Aretino.
Una antica “RELATIONE” impressa in una tipografia di Trento ed è datata 7 giugno 1474. “Signor del ciel
benigno e cortese pien di clemenza e pien d’ogni bontà – esordisce il Menante dell’epoca - grazia mi presta
che io mostri palesi in tutto il mondo la più crudeltà…” che si era verificata durante i combattimenti
nell’assedio di Caffa (Crimea).
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A Roma gli strilloni pubblicizzarono un Centone - un libretto redatto
con idee rubacchiate altrove - scritto dal prete fiorentino Giuliano Dati. Questo
prete aveva avuto la possibilità di leggere una copia della lettera con la quale,
Cristoforo Colombo, informava il Re di Spagna sulla scoperta del Nuovo
Mondo. Lettera che i Sovrani spagnoli, molto riservatamente, avevano fatto
pervenire in copia al Pontefice.
Il prete Giuliano Dati, dopo aver letto quella lettera, ne scrisse un
riassunto, il Centone appunto. Gli strilloni romani lo pubblicizzarono per le
strade e le piazze a gran voce, per diffonderne quante più copie possibile. Così
come sino all'ultimo dopoguerra, gli strilloni pubblicizzavano a squarciagola
per le strade soprattutto i quotidiani del pomeriggio.
La nuova scoperta della stampa si diffuse rapidamente anche in Italia
dove, ai tempi cui ci riferiamo, il Cinquecento, lavoravano oltre cento Officine
tipografiche a caratteri mobili.
Nel solo Triveneto, ce n'erano ben 17. Ad Udine, ad esempio, la prima
tipografia risale al 1476 ed era diretta dal maestro dell'arte della stampa
Gabriele Petri. A Cividale del Friuli, il fiammingo Gherardo di Fiandra aprì la
sua tipografia a caratteri mobili nel 1480. Per quegli stessi anni, si può leggere
una autorizzazione rilasciata per installare una tipografia a San Daniele del
Friuli. La concessione era stata richiesta alla Repubblica della Serenissima da
un non meglio identificato messer Natalini.
Gli Editori tipografi, per trarre maggiori profitti, insieme ai libri
cominciarono a stampare anche i Fogli che contenevano notizie sugli
avvenimenti più recenti. Per risvegliare maggiore interesse nei potenziali lettori,
per quei Fogli - titolati LETTERA o AVVISO – si pensarono nuove
intestazioni: DIARIO, DISTINTO RACCONTO, RELATIONE. Poi per
aumentare ancora la propria attendibilità, un Foglio ebbe addirittura l’idea di
presentarsi come CERTISSIMO AVVISO!
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Molti di questi fogli portavano impressa anche una incisione raffigurante,
in modo abbellito e fantasioso, il volto o la figura dell'uomo politico del tempo
più in vista o la figura di una istituzione più degna di cronaca, per attrarre
l’immaginario del lettore.
Dalla diffusione della stampa dei Fogli "una tantum" alla pubblicazione
periodica dapprima annuale, poi semestrale, quindi mensile e infine
settimanale, non passò molto tempo.
Cominciò così la divulgazione dei resoconti sui fatti più importanti
accaduti in Italia.
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Il Granduca di Firenze, concesse il "privilegio" di stampare una
pubblicazione. Il primo a beneficiarne, fu il tipografo Carlo Gigli che diffuse
un notiziario settimanale. Il periodico, portava ben impressa e bene in vista
sulla prima pagina, la dicitura "Con licenza de' Superiori" oppure "Con licenza
de' Superiori e privilegio".
Anche a Venezia si editò un Foglio che poi prese il nome di Gazzetta.
L’Osservatore Veneto, altro Foglio nell’esemplare del 1761, fondato e stampato in Venezia da Gaspare
Gozzi. Con questo ed altri F0ogli, il Gozzi dimostrò di essere vero giornalista: volle essere popolare,
scrivendo in forma semplice, utilizzando piacevoli dialoghetti per censurare la vita gaudente e pettegola
veneziana. I suoi Fogli, tuttavia, finivano per essere sempre un’opera educativa dei lettori.
E’ proprio a Venezia che si trovano le prime tracce di notizie scritte a
stampa con caratteri mobili.
E’ importante notare che, il primo ad utilizzare il nuovo modo di
comunicare, non fu un privato Menante o Novellista, ma addirittura il Potere, in
altre parole il Governo della Repubblica di Venezia. Era l’effetto di una
decisione del Senato veneziano. Dopo un ampio dibattito, in quella Assemblea
si era raggiunta la convinzione che, attraverso la stampa, il Governo della
Repubblica aveva la possibilità di far conoscere - così si apprende testualmente
da quegli atti istituzionali – soltanto "quello che più gli garbava" alla
Serenissima.
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Le notizie stampate che il Governo della Repubblica veneziana metteva a
disposizione di tutti, contenevano informazioni commerciali, politiche e
militari. Ma potevano essere lette soltanto in un locale espressamente designato
dal Senato. Per entrare in quel locale, si doveva versare una modesta moneta di
bassa lega: la gazzetta. Col tempo, il nome di quella deprezzata moneta, la
gazzetta, finì per identificarsi con il Foglio delle notizie stampate. Tant'è che
già poco dopo, con la intestazione di "Gazzette", vennero stampati Fogli
pubblici del Potere istituzionale non solo in altri Stati della penisola italica, ma
anche in Francia, in Inghilterra, Germania ed in altri Paesi.
La prima serie di gazzette, purtroppo di breve durata, che si conserva a
Venezia, riporta corrispondenze dalla Toscana, da Roma, Milano, Napoli e da
Parigi.
Il primato della pubblicazione di Fogli stampati, cioè i Giornali,
spetterebbe però - secondo altre fonti - a Firenze ove, dal 1579 si pubblicavano
sia Bollettini settimanali, sia una Gazzetta edita dalla tipografia Massi e Landi.
A Roma, la prima Gazzetta venne fuori nel 1640. A Milano, nel 1641. A
Genova, nel 1642.
Un caso a parte deve essere considerata la pubblicazione della prima
Gazzetta a Torino. In quella che poi divenne la prima capitale d'Italia, Torino,
la regina Cristina concesse il permesso di stampare un giornale al tipografo
Pietro Antonio Soncino. Correva l'anno 1645. L'autorizzazione recitava:
"Essendosi compiaciuta, Madama Reale, di concedere privilegio che si possano
stampare in questa città ragguagli delle occorrenze quotidiane del mondo,
tanto più volentieri si intraprende questo assunto, quanto che col mezzo di
gratia così singolare e senza esempio, si potranno pubblicare al mondo le
maniere soavi e prudenti con che Sua Altezza Reale regge e governa questi
popoli".
Si tratta della concessione di una autorizzazione alla diffusione di notizie
in maniera veramente grazioso, come si addiceva ad una vera Signora insignita
della qualifica di Altezza Reale. Solo che, colui che veniva sorpreso a stampare
quelle che Madama Reale definiva "le occorrenze quotidiane del mondo", cioè
le notizie, senza l'indispensabile permesso, era costretto a subire "le maniere
soavi e prudenti" di Sua Altezza Reale… con la impiccagione!
Il primo Giornale munito di una testata - IL SINCERO - fu pubblicato nel
1648 a Genova, da Luca Ascarino. Tuttavia - secondo un dispaccio inviato
dall'Agente diplomatico Foscarini al Senato della Repubblica di Venezia sempre a Genova, già si stampava una Gazzetta segreta.
Bisognerà attendere ancora poco meno di 200 anni, per veder apparire in
Friuli la prima stampa periodica. Essa porta la data del 19 dicembre 1806,
quando venne diffuso il primo numero de IL GIORNALE DI PASSARIANO.
Seguirà L'AMICO DEL CONTADINO, pubblicato nel 1841.
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Personalmente, ho avuto in visione il numero uno ed il numero 36 di
questi due Fogli. Il primo annunciava così l'arrivo ad Udine di S. A. I. Eugenio
Napoleone:
"Il nostro Vice Re, il degno, l'augusto figlio di quel Grande, che il Cielo
ha inviato a ricompor l'Universo, è fra noi... Arrivò S. A. I. in questa Città il dì
14 corrente alle ore 9 pomer. Andò a smontare nell'apparecchiato e grandioso
Palazzo Antonini sulla Piazza dell'Arcivescovado".
Il secondo, L'AMICO DEL CONTADINO, era un giornale stampato su
due colonne e si apriva con un articolo di fondo dal titolo: "La malattia delle
patate".
I due giornali costituiscono una importante tessera, nel mosaico della
storia politica ed economica della Patria friulana, da non dimenticare.
GIORNALE DI PASSARIANO. Foglio ufficioso del Regime napoleonico. Ebbe breve vita, circa un anno e
mezzo: dal 1806 al 1808. Gli successe il conformista FOGLIO DEL DIPARTIMENTO DI PASSARIANO a sua
volta obbediente alle direttive di Vienna.
Ritornando al tema della nostra seconda Conversazione, possiamo
affermare che è con le Gazzette che comincia a nascere il giornalismo, così
come oggi noi lo conosciamo. Alla regolare periodicità delle pubblicazioni, si
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affianca la tempestività delle notizie.
Da questo periodo politici, governi e sovrani – che rappresentano il
Potere - faranno a gara per ottenere dal giornalismo due prestazioni: da una
parte, quelle che vengono definite "preziosi servigi"; dall'altra, indurre gli stessi
giornalisti ad adattarsi alle loro esigenze.
Perché un così pressante interessamento? Forse, perché le Istituzioni
avvertirono subito e prima dei Menanti, dei Novellisti e degli stessi Giornalisti,
il potere persuasivo della verità o del “richiamo” racchiuso nelle notizie allora
scritte e diffuse con la stampa delle Gazzette, ed oggi con gli altri mezzi di
comunicazione.
Per dimostrare il potere persuasivo, o del “richiamo”, proprio della
stampa, scrutiamo tre brevi notizie pubblicate a Venezia da una delle prime
Gazzette:
Prima notizia: "Martedì primo d'anno, fu celebrata a San Giovanni e
Paolo la festa del Nome di Dio".
Seconda notizia: "Mercoledì, furono bandite, sotto grave pena, le
maschere".
Terza notizia: "Giovedì, fu retenuta in casa propria Angela di Nobili,
famosa corteggiana, sendola dalli sbirri portati via tutti li mobili di casa".
Queste tre brevi notizie, a distanza di 450 anni, ci suggeriscono,
descrivendolo magistralmente con fatti ed un “richiamo”, il mondo di allora.
Che poi, a pensarci bene e cambiando appena alcuni personaggi, non è che sia
gran che diverso dai protagonisti che affollano il tempo in cui viviamo. (e.f.)
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