Cappella paolina restaurata
Michelangelo
un diario spirituale
Riapre dopo cinque anni la piccola cappella vaticana.
Gli ultimi affreschi del maestro. Tormento e speranza.
di
Mario
Dal Bello
Città nuova • n.18 • 2009
a giovane, avrebbe
impiegato quattro
mesi per dipingere i
due grandi riquadri con la
Caduta di san Paolo e la
Crocifissione di san Pietro.
A settant’anni, malato,
oberato di lavoro, oppresso da una vera “notte spirituale”, Michelangelo vi lavora per sette anni, fino al
1550. Si prende delle pause, poi riappare sui ponteggi, da solo: qualche figura scontornata, come un
pensiero sulla parete umida. E alla fine le note del
diario del vecchio ostinato
si schiudono, a rivelare il
libro della sua anima.
La intravedo dalla porta socchiusa, la capella
D
64
parva, destinata da Paolo
III Farnese al conclave e
alla liturgia privata dei
pontefici (com’è tuttora).
E subito scorgo l’azzurro
oltremarino del cielo,
quasi velato, dato a larghe
campiture. Quando poi
la porta si spalanca e si
entra nell’ambiente – riportato alla sistemazione
di Gregorio XIII, a fine
Cinquecento –, si resta
senza fiato.
L’avevo vista un decennio fa, la Paolina, con
i colori bassi, le luci
smorte: una desolazione
immensa. Ora la ritrovo
con un cromatismo forte,
corpi di una plasticità esi-
bita: il ricordo del Giudizio nella “cappella magna”, la Sistina, a pochi
metri di distanza, è immediato. Eppure, qualcosa è cambiato in Michelangelo. Il discorso ora si
fa intimo, senza per questo cessare di essere universale. I colori sono
morbidi: le gradazioni
del viola sono struggenti.
Le scene si svolgono su
paesaggi astratti. C’è rumore e silenzio insieme.
Ci sono figure che accennano col dito al silenzio,
o riflettono, o scendono
le scale dall’altura su cui
si sta per inchiodare Pietro. È accaduto o sta per
accadere qualcosa di
grande, cui nessuno può
restare indifferente.
La Conversione di Paolo, dipinta per prima, si
incentra sul gigantesco
apostolo che frana a terra, soccorso da un servo:
gli occhi già ciechi, sotto
un Cristo in picchiata dal
cielo lasciando una scia
bianca: è la luce della
grazia che atterra Paolo.
Basta sottomettersi a
questa, abbandonarvisi
per trovare pace? Il Cristo-Giove attorniato da
nuvole di giovani ignudi
– la creazione rinnovata –
è forte: non si sente la
sua “voce”, se ne scorgono gli effetti. Paolo abbattuto, il gruppo dei
soldati stordito: chi fugge, chi si tura le orecchie.
Intorno, un deserto metafisico, con Damasco,
apparizione lontana, di-
ARTE E SPETTACOLO
pinta all’ultimo momento sopra il paesaggio. C’è
agitazione, ma Michelangelo blocca i corpi, le
espressioni fra l’attonito
e l’incerto. Ferma il nitrito del cavallo imbizzarrito che “sfonda” la parete.
Il restauro infatti ha rivelato l’eccezionale profondità del dipinto, che scala
dalla dimensione gigantesca in primo piano a
quelle minori sul fondo,
perdendosi poi in un
paesaggio che sbianca
nell’infinito.
Ogni figura è un pezzo
di diario, la nota di un
giorno (le “giornate” dell’affresco infatti sanno di
rapidità saltuaria), di un
Michelangelo che oscuramente cerca i bagliori
della grazia.
A destra dell’entrata,
Crocifissione di Pietro.
Sotto un cielo solcato da
una nube grigia, l’altura
con la folla che assiste al
martirio. Ma Michelangelo, genialmente, non raffigura la crocifissione (i
chiodi sono un’aggiunta tardiva, lasciata dai restauratori in ossequio alla
“tradizione”), bensì
l’attimo in cui l’apostolo si stende
volontar iamente
sulla croce, che i
soldati stanno sollevando con sforzo
evidente, per cui il
corpo oscilla, senza
cadere. Il pittore ha
bloccato il momento in cui Pietro si
offre alla morte:
l’attende dondolando paurosamente –
ma non cade – ed
ha il tempo per voltarsi e fulminare
con lo sguardo chi
sta entrando: essere
cristiani – e pontefici – significa dare
la vita…
Nella fissità di
una sacra rappresentazione “eterna”,
Michelangelo vede i
soldati salire le scale
verso il monte, altri
fermarsi a chiedere
o a pregare o a rabbrividire attorno al
santo. Guarda il
gruppo che scende,
e in particolare il
gigante pensieroso:
un autoritratto spirituale del pittore?
Verso di noi, alla
base dell’affresco, un
gruppo di donne
dolenti ci osserva,
gli occhi sbarrati, o
dà un ultimo sguardo al martire. È una vecchia, che anticipa le donne rugose di Caravaggio,
e che il restauro ha rivelato essere l’estrema figura
dipinta da Michelangelo.
Nell’assordante silenzio di questo teatro dell’anima, anche Michelangelo, vecchio, guarda alla
croce: è qui la salvezza,
65
Presunto
autoritratto
di Michelangelo ne
“La crocifissione
di san Pietro”;
a sin.:
parte centrale
dell’affresco,
dipinto per primo,
de “La conversione
di san Paolo”
(a fronte per intero
e un particolare
del Cristo).
Città nuova • n.18 • 2009
Michelangelo, un diario spirituale
Lo scomparto
centrale de
“La crocifissione
di san Pietro”
e particolari
del guerriero
riflessivo
e del gruppo
di donne (sotto),
le ultime
pennellate
dell’artista.
Gli affreschi
furono dipinti
tra il 1543 e il 1550.
come dice nei versi e negli schizzi di questi suoi
anni solitari, in cui gli affetti più cari (Vittoria
Colonna, il gruppo degli
“Spirituali”, il fedele servo
Urbino, il “suo” papa
Paolo III) vanno scomparendo. Lui, il pittore, che
forse si ritrae nell’uomo
accanto al capitano a cavallo sulla sinistra, vive in
una tensione terribile. Ci
sono occhi sbarrati o
adombrati nei personaggi
circostanti. Pietro sta per
morire. È solo, di Cristo
nessuna traccia visibile.
Ci sarà poi la salvezza?
Michelangelo ci costringe a riguardare Paolo, l’accecato, lo stremato
dalla grazia. È allora nella
sola fides che ci si può abbandonare senza rimanere delusi. Oltre le varia-
zioni dei colori che trasmigrano gli uni sugli altri, c’è un mondo astratto dove ogni figura è un
moto dell’anima, in cui
ciascuno si ritrova, perché il cuore del vecchio
Michelangelo si va allargando, nel dolore, ad acCittà nuova • n.18 • 2009
66
cogliere tutti nel suo vastissimo paesaggio.
Ma non c’è soltanto
tormento. Michelangelo,
che lotta con Dio e non
più con gli uomini – come ha sempre fatto durante la sua vita tempestosa –, sa che deve cede-
re e lasciarsi ghermire dal
Cristo immenso, per ripercorre con lui la scia di
luce che ha travolto Paolo. Perciò i due affreschi
rappresentano un testamento spirituale del
Maestro, che ripercorre
con i suoi giganti ogni
emozione umana di fronte alla morte e al divino.
Fa soffrire la miopia
dei censori preoccupati
di fornire perizoma e
chiodi ad un Pietro che si
immola, senza intendere
che nel martire Michelangelo aveva espresso la
XXXI, Luglio-Ottobre 2009/4-5, n. 184-185
SOMMARIO
Editoriale
PER UNA CULTURA DELLA RISURREZIONE – Giuseppe Maria Zanghì propone la prospettiva peculiare
del cristianesimo – evidenziata dal carisma di Chiara
Lubich – da cui poter guardare tutta la realtà e su cui
fondare una cultura pienamente cristiana: il mistero
della Croce, in cui la Verità di Dio si rivela come dono
assoluto, manifestandosi nell’apice del suo amore.
nudità interiore dell’uomo che si arrende alla
grazia, ponendo fine ad
una irrequietezza che noi
del secolo ventunesimo
possiamo comprendere,
perché ci appartiene. Ma,
prima di noi, lo ha capito
un altro Michelangelo, il
Caravaggio, che nella romana chiesa di Santa
Maria del Popolo ha ripreso le due scene, ravvicinandole alla nostra
portata.
Uscendo dalla cappella vaticana, ci si sente traballare e nello stesso
tempo sazi. La verità del
diario di Michelangelo è
troppo grande per venire
riassorbita in fretta e
troppo universale per essere solo nostra. Egli, infatti, nell’aria rarefatta di
questi dipinti che alla fine ci inteneriscono per il
dolore che vi è sparso e la
fatica della ricerca, sembra avere davvero colloquiato con Dio.
Mario Dal Bello
Nella luce dell’ideale dell’unità
RIVISITARE IL PARADISO ’49 DI CHIARA LUBICH ALLA LUCE DELLA LETTERA AGLI EFESINI. II. La filiazione divina – di Gérard Rossé – L’autore si addentra
sempre più nel tema della Trinità, evidenziando dapprima la relazione di figliolanza dell’umanità con
Dio, realizzata attraverso Gesù e misticamente esperita da Chiara, per poi passare all’analisi del ruolo
delle Persone divine in relazione al Disegno di Dio su
tutto il creato: un Dio che, svelatosi comunione, imprime questa sua impronta trinitaria in ogni tipo di
rapporto. Anche l’esperienza della Lubich si è realizzata sulla base di un rapporto di comunione profonda, che le ha fatto sperimentare, nel modo che Dio
ha voluto, la dinamica dei rapporti trinitari. L’Autore
infine introduce, sulla base di alcuni testi del ’49, all’“incontro/conoscenza” con la prima delle tre Persone Divine, quel “Sole” che tutto avvolge e genera,
dentro e fuori di Sé: il Padre.
Saggi e ricerche
IL CINEMA “SOCIALE” ITALIANO DEL DUEMILA –
di Mario Dal Bello – In dieci capitoli si affrontano, esemplificandoli con film più o meno noti, temi
come emigrazione, disorientamento affettivo, paura
della malattia, precarietà lavorativa. Come sono gli
italiani oggi? Dei nichilisti blandi, con un misto di
buon cuore e di furberia, secondo il regista Veronesi. Ma i giovani sanno anche lottare e sperare. Il cinema lo racconta.
LA FORZA DEL SUBLIME – di Viviana De Marco –
Questo studio si propone di vedere se oggi è possibile “pensare oltre” le avanguardie e recuperare il
bello attraverso la dimensione del sublime che sembra essere particolarmente consona con l’epoca
contemporanea.
L’AMORE RECIPROCO COME PRINCIPIO ONTOLOGICO
IN MAURICE NÉDONCELLE – di Tomáš Tatranský –
L’essere nella sua purezza assoluta non è tanto una sostanza statica e chiusa in sé o un’essenza impersonale, quanto la relazione d’amore interpersonale, il movimento circolare del reciproco donarsi dell’uno all’altro.
UN APPROCCIO OPERATIVO DELLA PSICOLOGIA DELLA PROSOCIALITÀ AL RUOLO E ALLA PARTECIPAZIONE POLITICA – di Roberto Roche-Olivar – Con
questa nuova applicazione del modello prosociale alla dimensione politica, Roche si pone in sintonia con
le ricerche contemporanee sulla dimensione politica
della fraternità, i cui contenuti egli interpreta e traduce in termini universali.
FALSO E VERO GESÙ ABBANDONATO – di Giovanni
Casoli – La verità più grandiosa e profonda del cristianesimo è Cristo, il Dio uomo totalmente aperto
sulla croce ad abbracciare ogni realtà umana. L’autore cerca, tracciando anche autobiograficamente un
percorso di approfondimento spirituale, di comunicare al lettore questa meravigliosa scoperta.
Incontri con i contemporanei
DOTTRINA SOCIALE CRISTIANA, STORIA, DIALETTICA. INTERVISTA A JEAN-YVES CALVEZ – a cura di
Antonio Maria Baggio – L’intervista tocca alcuni dei
punti focali della ricerca condotta da Jean-Yves Calvez
e indica i punti deboli della dottrina sociale contemporanea, sui quali è necessario un forte impegno della
Chiesa e degli studiosi delle nuove generazioni.
Spazio letterario
LE NOZZE DEL RINNEGATO – di Jean-Paul Teyssier
Libri
I “COLLOQUI” DI PASQUALE FORESI – Una raccolta di
dialoghi dell’autore, in contesti diversi e sulle più varie
tematiche, affrontati tutti dalla prospettiva dell’unità.
«LA LUCE DELLA PERLA» – di Jesús Morán – Analisi del testo di Lucía Vantini, in cui l’autrice ci fa conoscere alcuni dei lati più intimi, meno noti, della filosofa-mistica María Zambrano.
PARABOLE, SPIRALI, SPIRABOLE: FORME BREVI E
“GRANDI NARRAZIONI” – Antonio Zimarino presenta
l’originale logica del racconto breve nelle Spirabole
di Stefano Redaelli.