Essenziale di economia
Stanley L. Brue, Campbell R. McConnell, Sean M. Flynn
Copyright © 2010 – The McGraw-Hill Companies srl
SOLUZIONI DEGLI ESERCIZI DI FINE CAPITOLO 12
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Le due fasi principali dei cicli economici sono le espansioni e le recessioni. Durante una fase
espansiva, il PIL reale aumenta, si verifica inflazione e la disoccupazione diminuisce. Durante una
fase recessiva, il PIL reale diminuisce, la disoccupazione aumenta e l’inflazione è bassa (talvolta
negativa) e generalmente in riduzione.
(a) Forza-lavoro = 500 – 120 – 150 = 230
(b) Tasso di disoccupazione ufficiale = (23/230) x 100 = 10%
I tre tipi di disoccupazione sono: frizionale, strutturale e ciclica. Nonostante la disoccupazione sia
solitamente un fenomeno indesiderato, la disoccupazione frizionale è desiderabile in quanto il
processo di ricerca e di avvicendamento sul posto di lavoro permette alle persone di trovare quelle
professioni per cui sono più portate (e nelle quali sono probabilmente anche più produttive e, in
definitiva, meglio retribuite). Questo fenomeno genera un maggiore reddito per i lavoratori, una
migliore allocazione della manodopera e una maggiore produzione di beni e servizi per l’economia
nel suo complesso.
Il CPI si costruisce a partire da un “paniere di beni” che rappresenta i beni e servizi che vengono
acquistati con maggiore frequenza dal consumatore mediano. I prezzi dei beni presenti nel paniere
vengono aggiornati con frequenza mensile e ponderati per l’importanza che il bene ha nel paniere (le
auto sono decisamente più costose del pane ma, di solito, si compra più pane che auto).
L’inflazione riduce il potere di acquisto della moneta: prezzi più elevati con lo stesso numero di euro
comportano che, con questo dato ammontare di denaro, si possono ora comprare meno beni rispetto
a prima.
Il tasso di inflazione misurato dal CPI fornisce una misura approssimativa della differenza tra il tasso
d’interesse nominale e il tasso d’interesse reale. Un tasso di interesse nominale del 10% con
un’inflazione del 6% implica che il tasso d’interesse reale è circa il 4%.
La deflazione comporta la riduzione del livello dei prezzi, mentre l’inflazione implica invece il suo
aumento. La deflazione è un fenomeno poco gradito perché la riduzione dei prezzi comporta che
anche i redditi stanno diminuendo, così riducendo la spesa, la produzione, l’occupazione e, a sua
volta, il livello dei prezzi (si tratta di una spirale negativa). Un tasso di inflazione contenuto (< 3%) è
in genere considerato tollerabile, nonostante su questo punto non esista un consenso unanime da
parte degli economisti.
Il tasso di inflazione di quest’anno è [(121 – 110)/110] x 100 = 10%.
Dividendo per 70 il tasso annuo di crescita di una qualunque variabile (per esempio: il tasso di
inflazione o il tasso di crescita della popolazione) si ottiene una stima del numero di anni necessari
perché quella variabile raddoppi.
(a) 35 anni(= 70/2); (b) 14 anni (= 70/5); (c) 7 anni (= 70/10).
Si verifica inflazione da domanda quando i prezzi aumentano a causa di incrementi della spesa
aggregata non accompagnati da un corrispondente aumento della produzione aggregata. Talvolta si
dice che c’è “troppa spesa a caccia di troppo pochi beni”. L’inflazione da offerta è data da episodi
inflattivi provocati dall’aumento dei costi di produzione unitari.
Quando il PIL cresce rapidamente è più facile che si verifichino episodi di inflazione da domanda;
l’inflazione da offerta avviene in genere durante periodi di riduzione del PIL.
L’inflazione fa sì che gli euro restituiti da chi ha preso ha prestito valgano di meno rispetto agli euro
inizialmente prestati dal creditore; chi dà a prestito riceve infatti degli euro il cui potere di acquisto è
stato eroso dall’inflazione. Se il tasso di inflazione supera il tasso d’interesse nominale, il creditore
perderà (in termini reali) denaro dal prestito che ha concesso.
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Se l’inflazione è inaspettata, il tasso di interesse nominale stabilito all’inizio sarà troppo basso. Se il
tasso di interesse è fissato in termini nominali, il creditore ci perderà di più rispetto all’adozione di
un tasso d’interesse variabile che può essere adattato all’inflazione. Anche con tassi d’interesse
variabili, i prestatori stanno comunque meglio se possono “anticipare” l’inflazione e correggere i
tassi d’interesse prima che i prezzi aumentino. Quando l’inflazione è perfettamente anticipata, i
creditori possono evitare o lenire le conseguenze negative che l’inflazione sortisce sul reddito reale.