Filosofia e Insecuritas: Frammenti, orizzonti e

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Filosofia e Insecuritas: Frammenti,
orizzonti e relazioni sulla Cura, di
ANNA CAPRIATI
Anna Capriati
Filosofia e Insecuritas: Frammenti,
orizzonti e relazioni sulla Cura
“Si ha sempre bisogno di qualcuno che ha bisogno di noi”.
(Todorov)
Perché filosofare ancora oggi? Le possibili risposte a tale domanda, per
coincidere in qualche modo con la filosofia occidentale, non sono
assolute ma già il dirsi “oggi” ne attesta il luogo di applicazione.
Seppur la sua funzione necessitante sembra quasi smarrita dall’esplosione
mass-mediologica, rimane comunque la possibilità presente della filosofia
e, forse, la sua prospettiva futura. A siffatti progetti già il porsi
delle domande e il tenere alta la posta in gioco affinché ne valga la
pena, rendono inesauribile il lavoro della filosofia. Nel Timeo, Platone
definisce la filosofia come un “massimo dono”: essa non deve solo
scaldare i cuori dei filosofi, bensì anche chiarire il compito “etico”
della filosofia come infinita ricerca, difficile perché trae senso dalla
propria impossibilità. La consapevolezza “im-possibile” del suo farsi
nasce da un lungo processo storico e con ciò la prassi filosofica, legata
alla sua storicità, è definibile come assoluta alterità, nei confronti
dell’esistenza e della sua temporalità. In Essere e tempo, è centrale il
tema della temporalità dell’esserci, e Heidegger scrive: “(..)il nuovo
corso della filosofia, la cui necessità deriva dalla centralità della
scienza nel mondo contemporaneo e, prima di tutto, dal mutamento da essa
subìto, grazie alla tecnica, da schema della contemplazione in schema
della produzione e della trasformazione del mondo”[1]. Su questo versante
heideggeriano, si inserisce un’altra questione fondamentale, ossia la
differenza di genere stabilita dal costituirsi della scienza, uno strappo
rispetto alla filosofia, già legittimata e conferita di normatività
positiva nell’empirico, vale a dire il progresso nel reale. E, questo,
non già solo per l’ovvia contestazione che vuole gli scienziati privi di
filosofia, in realtà preda della filosofia peggiore (inconsapevole); ma
dalle differenti forme dello stesso genere “filosofia”, come genere
autonomo ed irrimediabilmente frammentato. D’altronde, l’essenza delle
cose non è nella loro origine, la filosofia muta e si dispiega nel tempo
rispetto ai suoi inizi. La trasformazione non è riferita ad una
evoluzione o involuzione, ma al “dato” che costituisce una struttura come
fondamento delle sue coordinate interpretative: valori morali, estetici,
speranze e angosce delle esistenze individuali.
Il riferimento alla
storia del tempo e al processo di secolarizzazione è inevitabile,
delineando certe questioni cruciali al pensiero e alla sua connessione
con l’altro da sé. Il tempo, come il pensiero, come il soggetto, non può
smarrirsi sotto il peso di un passato omogeneo, né dispiegarsi nei sogni
di una futura progettualità. Ci si chiede allora, dove finisce il futuro,
o meglio, l’avvenire di ciascuno di noi? Heidegger tenta una risposta:
“L’avanti-a-sé si fonda nell’avvenire” cioè “l’avanti non significa un
oltre ora nel senso di un ora non ancora ma poi si”[2].
*
E’ a questo punto che interviene l’idea
dell’essere come a-venire non assicurato, soggetto alla possibilità del
nulla, potrà essere annientato dalla presenza di un orizzonte che
accoglie lo slancio riflettendolo all’indietro. Questo atteggiamento
heideggeriano lascia un abisso e una certa “insicurezza” nella propria
esistenza, rischiando la disperazione e la rinuncia ad una aspirazione,
ad una responsabilità o ad un destino. Giuseppe Semerari, nella
Introduzione ad Insecuritas, Tecniche e paradigmi della salvezza (testo
del 1982 ma per certi versi attuale su alcuni temi) de-costruisce il
pensiero heideggeriano e il ruolo che assegna alla filosofia è nella
possibilità di passaggio dalla assunzione della insicurezza esistenziale
ad un percorso verso “tecniche di rassicuramento” che tendano ad un
rapporto razionale con la natura e con gli altri, quindi un rapporto
all’interno del quale sia possibile partecipare in maniera responsabile.
Si tratta, dice Semerari in Strategie del rassicuramento umano, di una
filosofia che ritrovi il proprio fondamentale rapporto con la
insecuritas, un tentativo dall’insicurezza alla sicurezza, ossia come
possibilità del venire ad essere della responsabilità. L’importanza al
ruolo della filosofia che non detiene eterni valori, ma è l’individuo ad
essere un “universale”, perché necessita di cura, “pure la filosofia può
fallire” sottolinea Semerari, impazzisce senza promesse future e i
percorsi dell’essere umano non portano in alcun posto se si perdono
“nell’intricato e sterminato bosco dell’insecuritas senza vie d’uscita .
Non esiste un tempo dell’essere ma il tempo del venire ad essere a
partire dall’uomo e dalla donna, tempo umano che è contingente della
irreversibilità e della finitudine. La “cura” intesa da Semerari non
simboleggia solo i bisogni primari tra cui l’accudimento o
l’accompagnamento, bensì una Cura che connota la vulnerabilità della
condizione umana e il richiamo ad un sostegno, ma anche, definire se
stessi nella capacità di “prender-si cura”. La relazionalità all’interno
della cura, fonda anche il rispetto dell’autonomia e del diritto di
ciascuno, incluso il diritto alla cura. La cura non è solo terapia, ma è
anche una delle tante modalità di rapportarsi all’alterità: Heidegger non
intendeva il solo prendersi cura delle cose del mondo, ma aver cura degli
altri, in maniera autentica, nel loro percorso libero di esseri-nelmondo; questa forma di partecipazione è emozione e sentimento, oltre alla
“gettatezza” nello stare assieme tra “atti particolari o di tendenze,
come il volere, il desiderare, l’impulso o l’inclinazione” . In questo
Semerari in Insecuritas ripensa al termine filosofia, non genericamente
come amore ma, più dettagliamente, come desiderio e ricerca, un
comportamento agente che richiede l’essere in tensione, rivolgendosi alla
sicurezza piuttosto che alla verità. Esistono “frammenti” temporali, qui
ed ora, che nell’atto di com-prendersi all’in-finito, riconoscono anche
il senso della filosofia. Se oggi ci sentiamo sempre meno assoggettati a
una morale basata su principi indiscutibili e universalmente validi,
forse è proprio questo che rende urgente l’esigenza di una nuova etica
della cura di sé . Per Zygmunt Bauman, la postmodernità rappresenta una
insecuritas legata ad una indifferenza reciproca degli uomini e delle
donne, infatti scrive che “abbiamo perso l’umanità, il fascino e il
calore che i nostri antenati esibivano con naturalezza ”, inoltre minacce
e pericoli sembrano colpire “le vittime separatamente”, come se dovessero
essere subiti in solitudine”. D’altronde, le sofferenze individuali non
sono più sincronizzate, le catastrofi “scelgono” a quale porta bussare,
siamo isolati e i nostri tormenti, afferma Bauman, lacerano “il tessuto
delicato delle solidarietà umane”. I sogni rassicuranti di Semerari non
coincidono più con questo “futuro-minaccia” che è l’epoca del “non
ancora”. Per quante difficoltà ed ostacoli presenti il superamento della
situazione dell’indifferenza, occorre anche evitare che tali difficoltà e
ostacoli possano essere fatti giocare come alibi per non agire. Infatti
nelle parole di Bauman, per quanto sia vero che “la prospettiva di agire
moralmente in un tipo di mondo che promuove e incoraggia attivamente
l’egoismo e non è particolarmente propenso alla condotta morale, alla
[3]
[4]
[5]
[6]
cura degli altri, sia vicini che lontani, e resta quindi sordo allo
spirito di fratellanza che si basa sull’accettazione della reciproca
responsabilità”
simile a Semerari, l’agire morale individuale rimane
limitata e non realizzerebbe alcun cambiamento essenziale dell’esistente.
Bisognerà allora usufruire della riflessione, costruire forme di
collettività e delineare spazi politici di relazione, confronto e condivisione. Per concludere con Platone, se la filosofia come eros rifugge
“dalla solitudine che è morte”, allora “l’io ritrova la possibilità del
colloquio con il tu e il loro dialogare si potenzia” nel senso vivo e
“immediato del noi. La riscoperta della filosofia è riscoperta della
vita” .
[7]
Note.
[1]
Heidegger, Sein und Zeit, tr.it. di P.Chiodi, Essere e Tempo, UTET, Torino
1969, p. 32. Cfr. Semerari, Insecuritas. Tecniche e paradigmi della salvezza,
Spirali, 1982, cit., p.166.
[2]
Heidegger, Sein und Zeit, cit., p. 167.
[3]
Semerari, Strategie del rassicuramento umano, Fasano 1992, cit. p.29
[4]
Heidegger, Essere e tempo,cit. tr. It, p.476
[5]
Su questo tema, Foucault, La cura di sé, in particolare il capitolo
L’ermeneutica del soggetto, a cura di F.Gros, Feltrinelli, Milano 2003, cit.
pp. 238-253
[6]
Bauman, La solitudine del cittadino globale, Feltrinelli, Milano 2004, pp.
60-61
[7]
Simposio, Platone cit. da Semerari in Insecuritas, p.35.
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