ricorso avviso accertamento - Studio Legale Bruno ed Associati

STUDIO LEGALE BRUNO ED ASSOCIATI
CORSO UMBERTO I, 61 - Avellino
Tel e Fax 0825/756566 – 0825/461343
[email protected] – www.studiolegalebruno.net
COMMISSIONE TRIBUTARIA
PROVINCIALE DI
AVELLINO
RICORSO
E
ISTANZA DI SOSPENSIONE URGENTE AI SENSI DELL’ART 47 COMMA 3
D.LGS. 546/92
**********
ISTANZA DI DISCUSSIONE IN PUBBLICA UDIENZA
Per: ______ ______, nata in Avellino il __________ (_________________) e
residente in Avellino alla __________, rappresentata e difesa dall’avvocato
Francesco Ettore Bruno e dal dott. Enea Corrado in virtù di procura a
margine del presente atto
CONTRO
Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Avellino, Centro
Direzionale, Collina Liquorini 83100 Avellino
IN RELAZIONE
PROCURA AD LITEM
Sig.ri
Avv. Francesco Ett. Bruno
Dott. Enea Corrado
Vi nomino miei avvocati e
procuratori sia
congiuntamente che
disgiuntamente nel presente
giudizio, conferendoVi,
all’uopo, le più ampie
facoltà di legge.
Ai sensi del D.lgs. n.
196/2003, espressamente
acconsento al trattamento
dei miei dati personali per
l’espletamento del presente
incarico e per i fini di cui
alla ricevuta informativa.
Eleggo domicilio come in
atti
all’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate di Avellino n.
TFK050402678/2010, emesso in data 21.10.2010 e notificato alla
contribuente in data 29.10.2010, con il quale l’Agenzia ha richiesto alla
è autentica
contribuente il pagamento di:
a) € 11. 133,00, (oltre interessi per € 1.506,78) a titolo di imposte sul
reddito (tassazione separata ai sensi
dell’art. 17 T.U.I.R. 917/86 nella
misura del 23,20%) sulla plusvalenza accertata relativamente alla vendita
della quota pari a 198,75/3000 del terreno sito in Avellino alla C.da
Sant’Oronzo riportato in catasto al fl. 27, p.lle 42, 230 e 420 effettuata con
atto per notar Piroli del 05/05/2005 registrato in Avellino il 25/05/2005;
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______–Agenzia/Ricorso
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b) € 11.133,20 a titolo di sanzione per “presentazione di dichiarazione infedele
per l’indicazione di un reddito imponibile inferiore a quello accertato o di un’imposta
inferiore a quella dovuta”
FATTO
1. Con atto pubblico per notar ______ del 05/05/2005 registrato in
Avellino il 25/05/2005, i sig.ri ______ ______, ______ ______, ______
______, ______ Maria ______, ______ Renata, ______ Giovanni, ______
Mira
_________
____________________________________________________________
____________________________________________________________
_____________________________, ______ Maria, hanno venduto alla
“___________.” il terreno sito in Avellino alla C.da Sant’Oronzo riportato
in catasto al fl. 27, p.lle 42, 230 e 420 (all. 1).
Il prezzo della vendita è stato pattuito in € 127,89 al mq.
La ricorrente, proprietaria per la quota di 198,75/3000, ha ricevuto il
corrispettivo di € 217.435,00 a mezzo di n. 4 assegni circolari.
Gli assegni di cui sopra sono stati versati sul c/c n. __________________
intestato alla ricorrente presso il Banco di Napoli s.p.a., e sul c/c n.
____________ intestato alla ricorrente presso la Credem s.p.a. (cfr. all. 2 e
3).
2. Con avviso di accertamento n. 20052V000103000, l’Agenzia delle
Entrate di Avellino ha richiesto alla ricorrente, quale coobligata in solido
con gli altri venditori e con il compratore, il pagamento della somma di €
31.237,69 a titolo di “maggiore imposta di registro e interessi” relativamente
all’atto di compravendita, rilevando che il valore del terreno compravenduto
fosse pari ad € 220,00 al mq.
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Il suddetto avviso di accertamento è stato prontamente opposto dalla
ricorrente e da altri venditori. Il relativo giudizio è stato iscritto al R.G.n.
1822/06 della Commissione Tributaria di Avellino.
3. Il compratore, invece, ha deciso – per suo interesse personale – di aderire
all’accertamento con adesione, pattuendo con l’Ufficio un valore di €
160,00 al mq.
4. Nell’ambito del giudizio instaurato dalla odierna ricorrente, ______
______, all’udienza del 26.02.2007, il difensore della stessa ha preso atto
della intervenuta adesione da parte del venditore sul valore del bene
compravenduto pari ad € 160,00 al mq e del pagamento da parte del
medesimo venditore della differenza dell’imposta di registro.
Con sentenza n. 64/05/07 la Commissione Tributaria di Avellino ha
dichiarato la cessazione della materia del contendere.
5. In data 2.11.2010, l’Agenzia delle Entrate ha notificato l’avviso di
accertamento oggi impugnato, contestando alla ______ il mancato
pagamento dell’IRPEF sul maggior valore del bene rispetto a quello
dichiarato nell’atto per notar ______.
Il suddetto avviso di accertamento si basa sulla considerazione che
l’acquirente, “_________” ha definito in sede di “accertamento con
adesione” con l’Agenzia delle Entrate l’avviso di accertamento relativo
all’imposta di registro, dichiarando che il valore del bene immobile
comprato è pari ad € 160,00 al mq, e che tale valore si è reso definitivo
anche per i venditori.
Nell’avviso di accertamento si legge, infatti, che il valore di € 160 al mq,
dichiarato dal compratore, corrisponderebbe “al valore confermato dalla
sentenza della C.T.P. di Avellino n. 64/05/2007, che ha dichiarato cessata la
materia del contendere a seguito della definizione in adesione”; ed ancora che “tale
sentenza, non essendo stata appellata dalla contribuente, si è resa definitiva”.
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Il suddetto provvedimento impositivo è nullo o comunque ingiusto ed
illegittimo per i seguenti
MOTIVI
A) DEL VALORE DELLA QUOTA DI PROPRIETÀ VENDUTA DALLA ______
6. Preliminarmente è opportuno esaminare le considerazioni svolte
dall’Ufficio in ordine al valore della quota del bene compravenduto di
proprietà della ______.
L’Ufficio afferma che il valore della quota dichiarato nell’atto di
compravendita pari ad € 127,89 al mq non è veritiero, e che, invece, lo
sarebbe quello di € 160,00 al mq dichiarato dal compratore in sede di
accertamento con adesione relativo all’Imposta di registro.
L’Ufficio afferma, infatti, che “il valore dichiarato in atto definito in adesione in
€ 160,00, corrisponde al valore confermato con sentenza della CTP di Avellino n.
64/05/2007, che ha dichiarato la cessata materia del contendere a seguito della
definizione in adesione. Tale sentenza non essendo stata appellata dalla contribuente
si è resa definitiva” e che “il valore definito della quota ( ndr venduta dalla
ricorrente) corrisponde ad € 272.028,00”.
Le considerazioni svolte dall’Ufficio nell’avviso di accertamento oggi
impugnato contengono un evidente errore di diritto, da rinvenirsi nella
locuzione valore definito.
7. Il valore del bene, infatti, non è per nulla stato definito dalla ricorrente,
bensì dal compratore, e la ricorrente non ha mai prestato alcuna adesione.
Presupponendo che con l’espressione “si è resa definitiva” l’Ufficio voglia
intendere “passata in giudicato”, deve rilevarsi che, per giurisprudenza
costante della Suprema Corte1, le sentenze che dichiarano la cessazione
della materia del contendere, essendo di carattere meramente processuale,
sono inidonee al passaggio in giudicato.
1
Ex pluribus Cass. civ. Sez. III, 06/05/2010, n. 10960
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Va, poi, aggiunto che – come precisato sempre dalla Suprema Corte –il
pagamento da parte di un coobbligato in solido di un atto impositivo ha
come conseguenza automatica la cessazione della materia del contendere nel
giudizio proposto da altro coobligato.2
La ricorrente, quindi, non aveva alcun interesse giuridico a proseguire il
giudizio, né ad appellare la eventuale sentenza, che, non essendo suscettibile
di passare in giudicato, non può avere prodotto effetti giuridici in capo alla
______.
In ultimo nella denegata e non creduta ipotesi in cui la Corte ritenga che le
considerazioni suesposte non siano sufficienti, deve rilevarsi che, in ogni
caso, il difensore costituito in giudizio per la ______ non aveva alcun
mandato a transigere controversie o ad accettare alcunché, avendo
sottoscritto la ______ solo ed esclusivamente una procura ad litem e, di
conseguenza, ogni eventuale accettazione non sarebbe in alcun modo
opponibile alla ______.
8. Tali considerazioni sono state svolte per sgombrare il campo da una
intenzione che sembra “serpeggiare” nelle motivazioni dell’avviso di
accertamento e cioè che la ricorrente, o il suo difensore, abbiano in qualche
modo accettato il valore della quota stabilito in sede di accertamento
riguardante l’Imposta di Registro.
In ogni caso è opportuno precisare che l’accertamento riguardante l’imposta
di registro ha ad oggetto il valore di mercato della quota, mentre
l’accertamento oggetto del presente ricorso, riguardando imposte dirette,
deve avere ad oggetto il prezzo effettivamente percepito dalla ricorrente.
2
Cass. civ. Sez. V, 05/03/2010, n. 5393 secondo cui “… la produzione del provvedimento con
cui uno dei coobbligati al pagamento dell'imposta è stato ammesso alla definizione della lite
fiscale pendente, ex art. 16 della legge n. 289 del 2002, determina la cessazione della materia del
contendere nel giudizio relativo all'impugnazione proposta da altro coobbligato avverso il
medesimo atto impositivo, in quanto, ai sensi del comma 10 del citato art. 16, la definizione della
lite effettuata da parte di uno dei coobbligati esplica efficacia anche a favore degli altri”
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L’art. 68 del DPR 917/86 recita testualmente che “le plusvalenze di cui alle
lettere a) e b) del comma 1 dell’art. 67 sono costituite dalla differenza tra i
corrispettivi percepiti nel periodo di imposta ed il prezzo di acquisto o costo di
costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene
medesimo”.
Il corrispettivo percepito non ha nulla a che vedere con il valore del bene ai
fini dell’imposta di registro.
La Suprema Corte, con giurisprudenza costante, ha da sempre affermato
che “i principi relativi alla determinazione del valore di un bene che viene trasferito
sono diversi a seconda dell'imposta che si deve applicare, sicché quando si discute di
imposta di registro si ha riguardo al valore di mercato del bene, mentre quando si
discute di una plusvalenza realizzata nell'ambito di un'impresa occorre verificare la
differenza realizzata tra il prezzo di acquisto ed il prezzo di cessione del bene
medesimo.”3
In particolare riguardo al caso oggi esaminato la Corte di Cassazione ha
affermato che “in tema di imposte sui redditi d'impresa, per la determinazione della
plusvalenza realizzata con la vendita di un immobile, ai sensi dell'art. 54 del d.P.R.
22 dicembre 1986, n. 917, in base all'inequivoco significato del termine
"corrispettivo", occorre avere riguardo alla differenza fra il prezzo di cessione e quello
di acquisto, e non al valore di mercato del bene, come per l'imposta di registro,
essendo i principi relativi alla determinazione del valore di un bene che viene
trasferito diversi a seconda dell'imposta da applicare.”4
B) DELLA APPLICAZIONE GIURISPRUDENZIALE DEL PRINCIPIO DI DIRITTO E
DELL’ONERE
DELLA
PROVA
GRAVANTE
SULL’AMMINISTRAZIONE
FINANZIARIA
9. Tale principio di diritto è stato, da sempre, recepito dalle Commissioni
Tributarie Provinciali e Regionali, con ragionamenti del tutto condivisibili.
3
Cass. civ. Sez. V, 30/01/2006, n. 2005. Nello stesso senso vedi anche Cass. civ. Sez. V,
06/11/2000, n. 14448
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La Commissione regionale dell’Emilia Romagna in una recente pronunzia
ha svolto, in proposito, le seguenti considerazioni.
“L'Ufficio perviene, con una creativa interpretazione, ad affermare la coincidenza
tra valore accertato ai fini delle imposte indirette e corrispettivo ai fini delle imposte
dirette.
La metodologia accertativa è da considerarsi priva di qualsiasi logica. Errata. Del
tutto censurabile, in diritto ed in fatto.
Il principio secondo il quale il valore accertato ai fini dell'imposta di
registro (accertamento normativizzato dall'articolo 51 del DPR 131/86)
dovrebbe coincidere con il corrispettivo ricevuto, è giuridicamente
infondato.
Un principio che sconvolge alla radice la logica giuridica in materia; confliggente, per
di più, con una normativa sulla quale, sin dalla nascita della riforma del 73, vi è
mai stata conflittualità tra fisco e contribuente.”
Ed ancora.
“L'atto impugnato è frutto di grave violazione ed errata applicazione dell'art. 82
D.P.R. 917/86, in relazione alla determinazione del prezzo di vendita. E' stato
assunto, come prezzo di vendita, il valore accertato ai fini dell'imposta di registro e
non, invece, come la norma richiede, il "prezzo reale conseguito", senza alcuna
motivazione né alcuna indagine su eventuali movimenti di danaro.
Solo e soltanto il prezzo realmente conseguito dalla vendita, costituisce
unico ed essenziale motivo per la effettiva quantificazione della
plusvalenza; solo e soltanto il reale incasso del corrispettivo giustifica la
plusvalenza realizzata; non già il valore del bene accertato ai fini del
registro.
Insomma: occorrono ulteriori elementi che comprovino il maggior corrispettivo
dichiarato; servono sostanzialmente altri indizi o presunzioni che l'Ufficio ha l'onere
4
Cass. civ. Sez. V, 08/08/2005, n. 16700
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di produrre. Per operare una rettifica del corrispettivo sono del tutto necessarie la
gravità, precisione e concordanza. Si deve tener conto del prezzo effettivamente
percepito dal contribuente. Ma v'è di più. La stessa Agenzia delle Entrate, a livello
centrale, proprio con riferimento alle transazioni immobiliari, con la risoluzione
170/E del 2007 afferma che, persino la determinazione del "valore normale"
rappresenta una presunzione relativa che consente all'Amministrazione finanziaria,
"purché insieme ad altri elementi disponibili o acquisibili mediante un corretto
utilizzo dei poteri di controllo (!)", di considerare il corrispettivo indicato nell'atto
come non corrispondente al prezzo effettivamente pagato.”5
Anche la Commissione Regionale del Lazio, in una pronuncia ancor più
recente, ha espresso il principio secondo cui “in tema di IRPEF è illegittimo
l'accertamento che recuperi a tassazione una plusvalenza relativa alla vendita di un
immobile sulla scorta del valore accertato ai fini dell'imposta di registro. Non può
infatti attribuirsi all'originario accertamento di valore il carattere di prova legale in
grado di invertire l'onere della prova contraria”6.
10. Da ultimo anche la Suprema Corte di Cassazione, con una Ordinanza
recentissima, ha recepito tale interpretazione giuridica, affermando il
principio secondo cui: “compete all'Amministrazione finanziaria non
soltanto l'onere della prova dell'ammontare del corrispettivo della vendita
assunto diverso da quello dichiarato in funzione dell'accertamento
operato ai fini dell'imposta di registro ma anche la valutazione della
circostanza della qualificazione del cespite in forza dello strumento urbanistico
generale e della impossibilità di procedere a qualsivoglia sfruttamento a fini
edificatori”7
C) DELL’ACCERTAMENTO INDUTTIVO E DELLA PROVA CONTRARIA
5
6
7
Commiss. Trib. Prov. Emilia-Romagna Reggio Emilia Sez. I, Sent., 12-03-2009, n. 57
Commiss. Trib. Reg. Lazio Roma Sez. IV, 19/01/2010, n. 4
Cass. civ. Sez. V, 30/09/2010, n. 20496
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11. E’ noto a questa difesa che vi è un ulteriore orientamento della Suprema
Corte (con riferimento a dire il vero ad una ipotesi non proprio analoga a
quella oggetto del presente ricorso, trattandosi di vendita di azienda), che ha
affermato un altro principio di diritto e cioè che “in tema di plusvalenze
patrimoniali di un'impresa, l'amministrazione finanziaria è legittimata a procedere
in via induttiva all'accertamento della plusvalenza di cessione di un bene sulla base
dell'accertamento di valore effettuato in sede di applicazione dell'imposta di registro,
ed è onere probatorio del contribuente (anche con ricorso ad elementi indiziari)
superare la presunzione di corrispondenza del prezzo incassato con il valore di
mercato accertato in via definitiva in sede di applicazione dell'imposta di registro,
dimostrando di aver in concreto venduto a prezzo inferiore.”8
Tale principio di diritto, che, in linea teorica può essere condivisibile,
diventa del tutto assurdo in pratica, quando si confronta con le norme del
processo tributario.
Ed infatti la giurisprudenza costante delle Commissioni Tributarie
Provinciali e Regionali, come visto al capo precedente, tende, nel caso
concreto, a non seguire tale indirizzo e da ultimo anche la stessa Corte di
Cassazione lo sta sconfessando.
Il primo muro con cui si scontra è quello della prova. Non è un caso, infatti,
se la Suprema Corte ha fatto riferimento – per superare la presunzione di
corrispondenza – a “elementi indiziari”.
Il contribuente dovrebbe fornire la prova di aver ricevuto un determinato
prezzo. Nel caso di specie la ______ dovrebbe fornire la prova di aver
ricevuto € 217.435,00.
A tal fine la ricorrente produce con il presente ricorso l’atto pubblico di
compravendita, copia degli estratti conto bancari e copia degli assegni
circolari pagati al momento del rogito notarile e, anche, il bilancio della
società ______ s.p.a. (che nel 2005 ha incorporato la ______ s.p.a. all. 4)
8
Cass. civ. Sez. V, 28-10-2005, n. 21055
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Queste sono le uniche prove del prezzo incassato che la ______ può dare,
perché nel processo tributario non sono ammissibili prove costituende.
Le norme del processo tributario prevedono la possibilità di proporre la
querela di falso in via principale dinanzi alla Giustizia Ordinaria. La
ricorrente ha anche vagliato la possibilità di proporre una querela di falso
sulle dichiarazioni rese dal compratore in sede di accertamento con
adesione relativo all’imposta di registro ed, a tal fine, ha richiesto
all’Agenzia delle Entrate di Avellino l’accesso alla documentazione
riguardante l’accertamento con adesione tra il compratore e l’Ufficio, non
ricevendo, però, alcuna risposta (all. 5).
La considerazione cui l’Agenzia delle Entrate si è sempre “appigliata” in
ipotesi analoghe a quella oggetto del presente giudizio, ricevendo man forte
dalla Corte di Cassazione, è quella secondo la quale la differenza di prezzo
potrebbe essere stata pagata “a nero”.
12. E qui il principio espresso dalla Suprema Corte si scontra
inevitabilmente con la realtà. La prova che dovrebbe fornire il contribuente,
infatti, dovrebbe essere quella di non aver ricevuto somme “a nero” e,
quindi, si tramuterebbe in una prova negativa.
Come si può fornire la prova di un fatto negativo ?
Nel diritto romano tale prova non era ammessa. L’antico brocardo latino
recita, infatti, “negativa non sunt probanda”.
Nel nostro Ordinamento la dottrina e la giurisprudenza hanno chiarito che
la prova negativa è ammissibile, ma entro limiti ben determinati.9
La giurisprudenza, in proposito, ha precisato che “la prova del non
accadimento non è inammissibile, ma può essere fornita sia attraverso la prova del
9
G. GRASSELLI, L’istruzione probatoria nel processo civile, p 40, in Sapere Diritto, CEDAM
2009 secondo cui: “E’ in genere controversa la proponibilità di un aprova negativa, ma il
concetto va chiarito in questi limiti: in effetti l’attore non può fondare la propria pretesa se non
mediante l’offerta di un aprova positiva della circostanza di cui è riconosciuta l’esistenza e non
mediante l’allegazione di una circostanza affermata come non vera e pertanto con una prova
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fatto positivo contrario, sia mediante presunzioni, le quali, a loro volta, se di regola
sono basate sulla prova di fatti positivi contrari al fatto negativo, possono fondarsi
anche su fatti positivi che, per quanto non esattamente contrari a quello negativo,
siano pur tuttavia idonei, a norma dell’art. 2729 c.c., a desumere il fatto
negativo”.10
Nel caso di specie il fatto positivo contrario è il pagamento di € 217.435,00,
che – è bene ribadirlo – nel processo tributario può essere provato solo
documentalmente ed, a tal fine, la ricorrente ha prodotto sia l’atto pubblico
di compravendita, sia gli estratti conto bancari dai quali si evince l’accredito
delle somme.
Ove tale prova non dovesse essere ritenuta soddisfacente si deve ricorrere,
come specificato dalla Suprema Corte, ad indizi che possano integrare una
prova per presunzioni.
La Corte afferma, dunque, che per superare una presunzione (perché
l’accertamento induttivo non è altro che una presunzione) bisogna far
ricorso alla prova per presunzioni. Ci si dovrebbe interrogare sul fatto che
tale principio – come, peraltro chiarito da alcuni giudici di merito – porta a
conseguenze aberranti !
A tal fine sembra opportuno sottoporre all’attenzione della Ecc.ma
Commissione una considerazione.
L’atto pubblico di compravendita è stato stipulato dalla ___________
(compratore) da una parte e da ben ventisei persone (venditori) dall’altra.
E’ del tutto inverosimile che il compratore sia riuscito ad accordarsi con
ventisei persone per un pagamento “a nero” del prezzo del bene.
Come l’Ecc.ma Commissione potrà verificare dall’atto pubblico, peraltro,
molti alienanti risiedono fuori provincia (Bolzano, Bologna, Roma, Siena
etc).
negativa, e ciò per la semplice ragione che un fatto costitutivo di un diritto non può essere un
non fatto. …”
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Ma, ancora, più inverosimile è il prezzo che, secondo la presunzione
dell’Ufficio, sarebbe stato pagato in nero.
Nell’atto di compravendita è indicato il prezzo totale di € 4.568.358,69.
Secondo l’accertamento dell’Ufficio, se il bene fosse stato venduto al prezzo
di € 160,00 al mq, il prezzo totale sarebbe stato di € 5.715.360,00.
Il compratore avrebbe dovuto versare “a nero” più di un milione di Euro !
(due miliardi delle vecchie lire !).
E come avrebbe pagato questo prezzo residuo? Portando una valigetta piena
di banconote al momento della stipula dell’atto di compravendita dinanzi al
Pubblico Ufficiale ? O, ancora, mandando un rappresentante in giro per
l’Italia (Roma, Bolzano, Siena Bologna, Salerno etc) con valigette piene di
soldi ?
E ancora. Dove avrebbe preso questi soldi la società e come li avrebbe
giustificati in bilancio ?
Tale circostanza è del tutto inverosimile e per questo si chiede che la
Commissione voglia valutarla come indizio (è bene ricordare che è la stessa
Cassazione a parlare di prova indiziaria) del fatto che un pagamento a nero
non c’è mai stato.
D) CONCLUSIONI
13. In conclusione si chiede che la Ecc.ma Commissione voglia – recependo
l’indirizzo giurisprudenziale da ultimo espresso dalla recentissima Ordinanza
della Suprema Corte n. 20486 del 30.09.2010 – dichiarare la illegittimità
dell’accertamento effettuato, perché sprovvisto di prova.
Nella denegata ipotesi in cui la Ecc.ma Commissione voglia ritenere
legittimo l’accertamento induttivo operato dall’Ufficio, si chiede che voglia
valutare la circostanza che la contribuente ha fatto tutto ciò che è in suo
potere – in considerazione degli stretti limiti di manovra consentiti dalla
10
App. Milano, 30.06.2004, Redaz Giuffrè 2005.
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legge sul processo tributario – per provare che non ha ricevuto alcuna
somma in più di quella indicata nell’atto pubblico di compravendita e
voglia, quindi, valutare gli indizi proposti come sufficienti a vincere la
presunzione operata dall’Agenzia.
Infine, anche per evitare che l’Amministrazione Finanziaria possa, prima
della risoluzione della complessa vicenda, sottrarre ingiustamente alla
contribuente somme alquanto rilevanti, si chiede che la Commissione valuti
l’opportunità di sospendere l’efficacia esecutiva dell’avviso di accertamento
impugnato.
P.T.M.
______ ______, come sopra rappresentata, domiciliata e difesa conclude
perché la CTP adita voglia così provvedere
In via preliminare
 Sospendere ai sensi dell’art. 47, comma 3 D.lgs. 546/92 – ricorrendone
i giusti motivi sia in tema di fumus (per quanto detto nell’atto) che di
periculum (essendo somme rilevanti per un privato contribuente) – l’efficacia
esecutiva dell’avviso di accertamento notificato
Nel merito
 Dichiarare
la
nullità
dell’accertamento
induttivo
effettuato
dall’Agenzia delle Entrate di Avellino, in quanto non vi è alcuna prova che
la ricorrente abbia incassato somme maggiori di quelle dichiarate nell’atto
di compravendita per notar Piroli del 05.05.20050, e che, comunque, gli
indizi indicati dalla ricorrente sono in grado di vincere al presunzione
contenuta nell’accertamento effettuato dall’Agenzia in via induttiva.
 Condannare l’Agenzia delle Entrate di Avellino al pagamento delle
spese di giudizio
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______–Agenzia/Ricorso
STUDIO LEGALE BRUNO ED ASSOCIATI
CORSO UMBERTO I, 61 - Avellino
Tel e Fax 0825/756566 – 0825/461343
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Il presente ricorso vale anche come istanza di pubblica udienza a mente
del D.Lgs. 546/92
I sottoscritti difensori attestano, ai sensi dell’art. 22, III co. d. lgs. 546/92,
che la presente copia è conforme all’originale notificato all’Agenzia delle
Entrate di Avellino il _______________ con ric. n. _________ che si allega
in copia.
Allegati depositati all’atto della costituzione in giudizio ai sensi dell’art. 22
D.Lgs 546/92:
1. atto pubblico per notar _______ del 05/05/2005;
2. estratto storico relativo al c/c n. _______ intrattenuto dalla ricorrente
presso il Banco di Napoli s.p.a.;
3. estratto storico relativo al c/c n. _______ intrattenuto dalla ricorrente
presso la Credem s.p.a.;
4. bilancio ______ s.p.a.;
5. istanza di accesso depositata all’Agenzia delle Entrate il 09.12.2010.
Avellino, 20.12.2010
avv. Francesco Ettore Bruno
dott. Enea Corrado
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